PSYCHOMEDIA --> HOME PAGE
A e P --> HOME PAGE --> N° 1 - Gennaio 2002




Anno II - N° 1 - Gennaio 2002


L’articolo del maestro




L’organizzazione istintuale preadolescente*

Peter Blos



Un assunto fondamentale della psicoanalisi è stato sempre quello di comprendere il comportamento umano, in qualunque periodo della vita, in rapporto con eventi precedenti, contemporanei e anticipati, così da considerarlo come un istante nel continuum dell’esperienza mentale. Questa concezione evolutiva ha illuminato quei complessi processi adolescenziali che, in un passato non troppo lontano, erano collegati unicamente all’avvento della maturazione sessuale.
L’approccio psico-genetico alla ricerca sull’adolescenza ha fatto sì che il comportamento adolescente, rivelando qualcosa della propria storia, potesse dire qualcosa della propria natura.
I “Tre saggi” (Freud, 1905b) fissarono le tappe progressive dello sviluppo psicosessuale e misero a fuoco la natura bifasica dello sviluppo sessuale come caratteristica dell’essere umano. Le fasi precoci dello sviluppo istintuale e dell’organizzazione zonale sono state esplorate accuratamente e quindi coordinate con maggiore esattezza con la formazione della struttura psichica. Quanto alla seconda, ampia fase dello sviluppo psicosessuale, la pubertà, sebbene sia stata esplorata in senso lato, attende ancora una teoria comprensiva e l’elaborazione delle varie fasi che vi si susseguono. In questo contributo io cercherò di integrare osservazione e teoria in un piccolo settore della psicologia dell’adolescente, e cioè la preadolescenza.
Il modo di dire corrente che l’adolescenza è una “seconda edizione” o “una ricapitolazione” dell’infanzia ha un suo senso in quanto sottolinea il fatto che l’adolescenza contiene elementi delle fasi precedenti dello sviluppo, così come qualunque altra fase dello sviluppo psicosessuale è significativamente influenzata dallo sviluppo precedente degli impulsi istintuali e dell’io. Il prerequisito per entrare nella fase adolescente dell’organizzazione istintuale e dell’io sta nel consolidarsi del periodo di latenza, altrimenti il bambino pubescente sperimenta un semplice intensificarsi delle caratteristiche anteriori alla latenza, mostrando comportamenti infantili tipici di un arresto dello sviluppo piuttosto che di una regressione.
Varrebbe la pena di definire quei traguardi essenziali della latenza che fungono da precondizioni per un progresso riuscito verso l’adolescenza. Nel lavoro analitico con gli adolescenti (prevalentemente primo-adolescenti) noi dedichiamo un’attenzione particolare a quei deficit della latenza che precludono i conflitti specifici dell’adolescente. Ogni volta che la latenza non si è instaurata in modo soddisfacente e il paziente mostra ritardi di sviluppo notevoli, noi associamo all’analisi (o la facciamo precedere da) sforzi educativi per raggiungere qualche essenziale traguardo della latenza. Nella pratica ciò avviene più spesso di quanto non si dica nel corso degli anni. L’alto numero di bambini con sviluppo ritardato o deviante dell’io è andato legittimando questo “allargamento degli scopi della psicoanalisi” nel senso della sua applicazione al lavoro analitico con bambini e adolescenti.

Esempio
Nel caso di un bambino di dieci anni che presentava difficoltà di apprendimento, inadeguatezza sociale e pensiero bizzarro, comparve bruscamente il desiderio esplicito di dormire nel letto della madre, e di tenere il padre lontano da lei. Le richieste di baci e carezze si alternavano al desiderio di essere preso in braccio dalla mamma come un bambino più piccolo o di poterle sedere in grembo.
La madre tendeva a cedere ai desideri del figlio. Sembrava essenziale che, proprio all’inizio dell’analisi del bambino, ella riuscisse a resistere agli approcci sessuali di suo figlio e ad imparare a frustrarlo, pur offrendogli gratificazioni adeguate alla sua età. Il fatto che fosse la madre e non il padre ad impedirgli attivamente di realizzare i suoi desideri edipici influenzò la reazione del bambino in modo decisivo.
Egli reagì alle proibizioni materne reprimendo i suoi desideri edipici ed esibendo una triste rassegnazione. Cominciò a preoccuparsi ossessivamente dei compiti, a riempire quaderni su quaderni di soluzioni, verificandole continuamente. Questo comportamento ossessivo serviva da difesa contro le fantasie anali di vendetta nei confronti della madre frustrante. Le fantasie venivano agite con le madri dei suoi compagni di scuola. Solo dopo che questa regressione e il relativo spostamento furono elaborati, emerse del materiale edipico e fu evidente l’angoscia di castrazione attraverso la negazione, la proiezione e il pensiero confuso. L’interesse del bambino si rivolse a temi di castrazione presi principalmente dalla Bibbia: l’uccisione di un agnello maschio per Pasqua, il Signore che “avrebbe colpito tutti i primogeniti del regno d’Egitto”, Erode che ordinava la strage dei bambini di Betlemme, la paura di un toro selvaggio nei pressi della casa di campagna. Credo che senza l’impiego accessorio di un intervento educativo (il rifiuto materno di gratificare i desideri sessuali del figlio) l’analisi di questo bambino non sarebbe stata possibile.

Passiamo ora all’aspetto tipico della preadolescenza che segna la conclusione del periodo di latenza. E’ ben noto che all’inizio della pubertà si osserva uno sviluppo psicologico ben diverso nel maschio e nella femmina. La differenza tra i sessi è evidente. La psicologia descrittiva ha dedicato molta attenzione a questo periodo e ha accumulato una gran quantità di dati osservativi importanti. Ciò che colpisce nel ragazzo è il suo percorso verso l’orientamento genitale, passando per l’investimento d’impulsi pregenitali. La ragazza si rivolge all’altro sesso in modo molto più pronto ed energico. Solo se ci si riferisce al ragazzo è corretto dire che l’aumento quantitativo dell’impulso istintuale nella preadolescenza porta ad un investimento indiscriminato della pregenitalità. Effettivamente nel maschio il risveglio della pregenitalità segna la fine del periodo di latenza. Nella femmina tale risveglio è di solito molto più modulato, fatto che rivela, attraverso le sue tattiche molto diversive, come questo passaggio evolutivo rappresenti una crisi più complessa per la ragazza che per il ragazzo.
In questa fase dell’adolescenza maschile osserviamo un aumento della motilità indifferenziata (irrequietezza, agitazione), dell’avidità orale, delle attività sadiche, di quelle anali espresse nel gusto per la coprofilia e nel linguaggio sporco. C’è trascuratezza della pulizia, attrazione per gli odori e virtuosismo nel produrre rumori onomatopeici. Un quattordicenne, che aveva iniziato l’analisi a dieci anni, disse bene nel riassumere retrospettivamente la sua esperienza: “A undici anni pensavo alla sporcizia, ora penso al sesso. E’ molto diverso”.
Abbiamo già accennato che la preadolescente femmina non presenta gli stessi tratti del maschio. Ella è un maschiaccio oppure una piccola donna. Il ragazzo tende a rifuggire da questa giovane Diana che sfoggia seduttivamente il proprio fascino mentre vaga nella natura selvaggia con una muta di cani. Uso questo riferimento mitologico per sottolineare l’aspetto difensivo della carica pregenitale del maschio e sopra tutto il suo evitare la donna castrante, la madre arcaica. Dalle fantasie e attività di gioco, dai sogni e dal comportamento sintomatico del ragazzo preadolescente sono giunto alla conclusione che l’angoscia di castrazione nei confronti della donna fallica non soltanto è un fenomeno universale della preadolescenza maschile, ma può essere considerato il tema centrale di essa.
Possiamo chiedere se questa osservazione ricorrente sia dovuta al fatto che vediamo in analisi tanti ragazzi primo-adolescenti con impulsi passivi che provengono da famiglie con madri forti, decise a formare i loro figli secondo le fantasie che le hanno accompagnate per tutta la vita. Possibilità di questo genere meritano la nostra attenta considerazione.

Esempio
Un undicenne obeso, sottomesso, inibito e ossessivo faceva parecchi sogni in cui appariva una donna nuda. Egli non ricordava bene e vedeva in modo vago le parti basse del corpo di lei. Il seno sostituiva il pene, come organo sia erettile che escretorio. I sogni erano sempre ispirati da esperienze che egli faceva in una scuola mista, in cui la competizione fra maschi e femmine gli forniva continuamente la prova della malizia, del gioco sleale e della malignità prepotente delle femmine. La rassicurazione ossessiva attraverso la masturbazione, una volta interpretata nel contesto di cui sopra, sfociò in un disturbo del sonno con l’idea prevalente che sua madre potesse ucciderlo durante la notte.

L’angoscia di castrazione, che aveva spinto la fase edipica di questo ragazzo verso il declino, rialzò la sua brutta testa con l’instaurarsi della pubertà. Nella fase preadolescente della pubertà maschile possiamo verificare che l’angoscia di castrazione è collegata alla madre fallica, ma è sperimentata verso la donna in genere. Le tendenze passive sono ipercompensate e la difesa contro la passività riceve generalmente un potente sostegno dalla maturazione sessuale stessa (A. Freud, 1936). Prima che avvenga una svolta riuscita verso la mascolinità, però, vi è un uso caratteristico della difesa omosessuale contro l’angoscia di castrazione. Nel ragazzo primo-adolescente assistiamo proprio a questa particolare e transitoria risoluzione del conflitto. La psicologia descrittiva ha definito questo tipico comportamento di gruppo “fase della banda”, mentre la psicologia dinamica si riferisce ad esso come alla “fase omosessuale” della preadolescenza.
Nella vita della ragazza non appare niente di simile. La dissimiglianza di comportamento fra maschio e femmina si intravvede nella massiva rimozione della pregenitalità che la ragazza deve effettuare prima di poter entrare nella fase edipica. Questa rimozione è un vero e proprio prerequisito per il normale sviluppo della femminilità. La ragazza, staccandosi dalla madre a causa della delusione narcisistica che sente per se stessa e per la condizione castrata della donna, reprime gli impulsi sessuali intimamente connessi alle cure materne e alle manipolazioni del corpo, che rappresentano lo scopo complessivo della pregenitalità. Ruth Mack Brunswick (1940) nel suo classico lavoro su “La fase preedipica dello sviluppo libidico” afferma: “Una delle maggiori differenze fra i sessi sta nell’enorme misura in cui la sessualità infantile è rimossa nella ragazza. Tranne che negli stati nevrotici gravi, nessun uomo ricorre ad una rimozione simile della sua sessualità infantile” (p. 246).
La ragazza che non riesce a mantenere rimossa la sua pregenitalità incontrerà difficoltà nel suo ulteriore sviluppo. Ne consegue che normalmente la ragazza primo-adolescente esagera i suoi desideri eterosessuali e si attacca ai ragazzi spesso in frenetica successione. Helene Deutsch (1944) nota che “Nella prepubertà delle ragazze l’attaccamento alla madre rappresenta un pericolo maggiore dell’attaccamento al padre. La madre è un ostacolo più serio rispetto al desiderio di crescere della ragazza, e noi sappiamo che la condizione di “infantilismo psichico” riscontrabile in molte donne adulte è il risultato di un attaccamento irrisolto alla madre durante la prepubertà” (p. 10).
Nel considerare le differenze tra la preadolescenza maschile e femminile è necessario ricordare che nella ragazza il conflitto edipico non è portato ad una conclusione così repentina e fatale come nel ragazzo. Freud (1933) afferma: “Le ragazze rimangono nella situazione edipica per un tempo indeterminato. Esse le demoliscono tardi e mai completamente” (p. 235).
Di conseguenza la ragazza lotta con l’angoscia di castrazione (paura e desiderio) in rapporto all’attaccamento con la madre. Infatti le azioni di distacco dalla madre, prolungate e dolorose, costituiscono il compito principale di quel periodo.
Come già detto, il ragazzo in preadolescenza lotta con l’angoscia di castrazione (paura e desiderio) in rapporto alla madre arcaica e di conseguenza rifugge dal sesso opposto. La ragazza invece si difende dall’attrazione regressiva per la madre preedipica mediante una svolta forzata e decisiva verso l’eterosessualità. In questo ruolo la ragazza preadolescente non può dirsi “femminile” perché è più che evidente che è quella che aggredisce e seduce nel gioco dello pseudo-amore. In effetti in questa fase la qualità fallica della sua sessualità è evidente e per un breve periodo le dà un insolito senso di adeguatezza e completezza. Il fatto che tra gli undici e i tredici anni l’altezza media della femmina sia maggiore di quella del maschio della stessa età non fa che accentuare la situazione. Benedek (1956) si rifà ai dati endocrini: “Prima che la funzione procreativa maturi, prima che l’ovulazione assuma una relativa regolarità, la fase estrogena domina, come per facilitare gli scopi evolutivi dell’adolescenza, sopra tutto quello di stabilire reazioni emotive con il sesso maschile” (p. 411). Helene Deutsch (1944) si riferisce alla “prepubertà” della ragazza come al “periodo di massima libertà dalla sessualità infantile”. Questa condizione è normalmente accompagnata da un energico “ritorno alla realtà” (Deutsch) che, secondo me, contrasta il risveglio dell’organizzazione istintuale infantile.
Il conflitto specifico della preadolescenza femminile rivela in modo particolare la sua natura difensiva in quei casi in cui non è stato mantenuto uno sviluppo progressivo. La delinquenza femminile, ad esempio, offre un’opportunità istruttiva per lo studio dell’organizzazione istintuale preadolescente nella donna. Ho già citato l’affermazione della Deutsch (1944) circa il maggior pericolo dell’attaccamento alla madre. Nella delinquenza femminile, che in senso lato rappresenta l’acting out sessuale, la fissazione alla madre preedipica gioca un ruolo decisivo. La delinquenza femminile è spesso precipitata da una forte spinta regressiva verso la madre preedipica e dal panico che questa resa implica. A prima vista l’abbandonarsi all’acting out eterosessuale sembra rappresentare la recrudescenza di desideri edipici. Secondo me invece ad un esame più attento risulta connesso a punti di fissazione più precoci, inerenti alle fasi pregenitali dello sviluppo libidico: l’eccessiva frustrazione, l’eccessiva stimolazione o entrambe. La pseudo-eterosessualità della ragazza delinquente serve da difesa contro la spinta regressiva verso la madre preedipica. Questa attrazione incontra resistenze così forti perché, se accolta, comporterebbe una rottura fatale nello sviluppo della femminilità, ricadendo su una scelta d’oggetto omosessuale. Una quattordicenne alla quale chiedevo perché avesse bisogno di dieci corteggiatori per volta, mi rispose indignata: “Devo fare così. Se non avessi tanti corteggiatori direbbero che sono lesbica”. Quelli che “direbbero” includono la proiezione di quei desideri sessuali che la ragazza si sforza di contraddire con tanta veemenza mediante il suo comportamento dimostrativo e provocatorio. La rottura del processo di sviluppo emotivo messo in moto dall’avvento della pubertà costituisce per l’integrazione della personalità della ragazza una minaccia più seria di quanto non sia per il ragazzo.

Esempio
Nancy, tredici anni, era una “delinquente sessuale”, perché aveva relazioni sessuali indiscriminate con adolescenti e tormentava la madre con i racconti delle proprie imprese. Biasimava la madre per la sua infelicità, avendo provato sentimenti di solitudine fin dall’infanzia. Nancy credeva che la madre non l’avesse mai voluta e le faceva incessanti e irragionevoli richieste. Era ossessionata dal desiderio di un bambino. Tutte le sue fantasie sessuali vertevano sul tema “madre-bambino” e, fondamentalmente su un’avidità orale travolgente. Fece un sogno in cui aveva rapporti sessuali con parecchi adolescenti: nel sogno aveva 365 bambini, uno al giorno per un anno, da un ragazzo che poi uccideva a risultato raggiunto.
L’acting out sessuale cessò completamente appena Nancy diventò amica di una ventenne, sposata, promiscua e incinta, che aveva già tre figli. Nel rapporto con questa amica-madre Nancy trovava la gratificazione dei suoi bisogni orali e materni, mentre era protetta dalla resa omosessuale. Faceva da mamma ai bambini, li accudiva affettuosamente mentre la loro madre batteva il marciapiede. Da questa amicizia Nancy venne fuori a quindici anni come una persona narcisista, piuttosto pudica, interessata alla recitazione di cui frequentava una scuola. Non era riuscita a portare avanti la ricerca di un oggetto eterosessuale.

Nello sviluppo femminile normale la fase dell’organizzazione istintuale preadolescente è dominata dalla difesa contro la madre preedipica, e ciò si traduce nei conflitti che sorgono tra madri e figlie in questo periodo. Un progresso vero e proprio verso l’adolescenza è segnato dalla comparsa di tendenze edipiche che sono dapprima spostate e alla fine esaurite da un “irreversibile processo di spostamento”, giustamente definito da Amy Katan (1951) “eliminazione dell’oggetto”, fase che però esula dallo scopo di questo lavoro.

Il caso di Dora
Avendo definito l’organizzazione istintuale preadolescente in termini di posizioni preedipiche, voglio ora riferire le mie osservazioni alla prima analisi di una ragazza adolescente, quella di Dora (Freud, 1905a). Dora aveva sedici anni quando incontrò Freud per la prima volta, e diciotto quando iniziò la terapia. Alla fine dello “stato clinico” Freud introduce un elemento che - egli confessa - “può servire solo a oscurare o cancellare i contorni del bel conflitto poetico che abbiamo potuto ascrivere a Dora . Infatti dietro la prevalente catena di pensieri che riguardava i rapporti di suo padre con la signora K. Si cela un sentimento di gelosia che aveva per oggetto quella signora, cioè un sentimento che poteva essere basato solo sull’affetto, da parte di Dora, per una persona del suo stesso sesso” (p. 349-350). Potremmo parafrasare l’ultima parte di questa frase dicendo: che poteva essere basato su un affetto da parte della ragazza, per sua madre. Si resta affascinati dal racconto di Freud circa la relazione di Dora con la sua governante, con sua cugina e con la signora K. . Freud notò che la relazione di Dora con la signora K. Aveva un “effetto patogeno maggiore” rispetto alla situazione edipica che “ella cercava di usare come schermo” del più profondo trauma di esser stata sacrificata dalla sua intima amica, la signora K. “senza la minima esitazione, affinché i suoi (della signora K.) rapporti con suo padre potessero restare indisturbati (p. 352). Nella sua conclusione finale Freud sottolinea che “la prevalente catena di pensieri di Dora circa i rapporti di suo padre con la signora K. Aveva lo scopo non solo di sopprimere il proprio amore per il signor K., che in passato era stato cosciente, ma anche di nascondere il proprio amore per la signora K., che era inconscio in senso più profondo” (p. 352).
E’ abituale osservare che in adolescenza le tendenze edipiche sono più ingenti e forti delle fissazioni preedipiche, che però hanno tanto spesso un potenziale patogeno più profondo. Nel caso di Dora l’analisi era finita “prima di poter gettare qualche luce su questo aspetto della sua vita mentale”. L’adolescente ci ripropone continuamente di avere un disperato bisogno di un punto d’appoggio a livello edipico - cioè un orientamento appropriato al suo sesso - prima che le fissazioni più precoci diventino accessibili all’investigazione analitica.
In questo quadro mi sembra legittimo il riferimento ad un primo-adolescente passivo. Nei primi tre anni di analisi (da undici a tredici anni di età) egli mantenne ostinatamente un’immagine di suo padre come uomo forte e importante nella famiglia. Il padre potente, figura illusoria della sua immaginazione serviva a questo ragazzo come difesa contro l’angoscia di castrazione preedipica. Egli non si permise mai di criticare l’analista, dubitare di lui o fargli domande. Alla fine l’analisi del transfert portò alla luce la paura che aveva dell’analista, paura di rappresaglia e di offesa. Allora l’analisi dell’angoscia di castrazione edipica poté aprire la strada alle angosce, molto più disturbanti, connesse alla madre preedipica. L’elaborazione di queste fissazioni precoci consentì una valutazione realistica, anche se deludente, di suo padre. La persistenza di una situazione “edipica illusoria” sembra mascherare una forte fissazione preedipica.

Conclusioni
In questa breve comunicazione mi sono soffermato sull’organizzazione istintuale preadolescente. Da questo punto in poi la strada conduce a cambiamenti dell’organizzazione istintuale che sono sempre più solidamente radicati nelle innovazioni biologiche della pubertà, in particolare nella scoperta del piacere orgastico.
Questa innovazione biologica richiede una sistemazione gerarchica delle molteplici posizioni infantili residue che, per motivi individuali restano tuttora investite e premono per trovare espressione e soddisfazione. Questa sistemazione finisce per tradursi in un quadro strettamente personale di piacere preliminare. Come sempre, il contemporaneo sviluppo dell’io prende lo spunto dall’organizzazione istintuale esistente e dalla sua interazione con l’ambiente. Conseguentemente in adolescenza possiamo osservare la tendenza verso una sistemazione gerarchica anche nell’organizzazione dell’io. Infatti ogni volta che ciò non si verifica, ne consegue una generica mancanza di scopi e di risorse che in molti casi preclude un impegno e un adattamento stabili nel lavoro. Secondo la mia esperienza in questi casi la patologia dell’organizzazione istintuale merita un esame accurato che può richiedere un lungo periodo di esplorazione clinica e di lavoro analitico.
Chiudo questo discorso prima che esso mi trascini oltre il limite di questo testo. Se mi sono soffermato su un piccolo aspetto dell’intero problema della psicologia dell’adolescente, l’ho fatto nella convinzione che, di rimando, gli esiti e le tendenze dell’adolescenza possano essere meglio conosciuti. Dal tempo dei “Tre saggi” (Freud, 1905b) la comprensione psicoanalitica dell’adolescenza è cresciuta costantemente. Però vale ancora la pena di ripetere le parole di Freud che figurano in “Le trasformazioni della pubertà” (1905b): “Il punto di partenza e lo scopo finale del processo É sono chiaramente visibili. I passaggi intermedi sono per molti versi ancora oscuri. Dobbiamo riconoscere che più d’uno rimane un enigma irrisolto”.
Oggi, come allora, il problema che reclama la nostra attenzione, è quello dei “passaggi intermedi”.

* Pubblicato nel Journal of the American Psychoanalytic Association 6:, 47-56, 1958 e successivamente incluso in The Adolescent Passage, International Universities Press, New York, 1979, p. 105-116. Ad entrambi gli editori esprimiamo la nostra riconoscenza.
Traduzione di Arnaldo Novelletto.

Bibliografia:

Benedek T. (1956) Toward the biology of the depressive constellation. J. Amer. Psychoanal. Assn., 4:389-427.

Brunswick R. M. (1940) The preoedipal phase of libido development. In: The Psycho-Analytic Reader, ed. R. Fliess. New York: International Universities Press, 1948, pp. 231-253.

Deutsch H. (1944) Psicologia della donna nell’adolescenza. Einaudi, Torino, 1957.

Freud A. (1936) L’Io e i meccanismi di difesa. Martinelli, Firenze, 1969.

Freud S. (1905a) Frammenti dell’analisi di un caso d’isteria. Opere, vol. IV, Boringhieri, Torino.

Freud S. (1905b) Tre saggi sulla teoria della sessualità. Opere, vol. IV, Boringhieri, Torino.

Freud S. (1933) Introduzione alla psicoanalisi. Opere, vol.11, Boringhieri, Torino.

Katan A. (1951) The role of “displacement” in agoraphobia. Internat. J. Psycho-Anal., 32:41-50.





PSYCHOMEDIA --> HOME PAGE
A e P --> HOME PAGE --> Anno II - N° 1 - Gennaio 2002