|
A.R.I.R.I.
|
Guido Medri
Elementi fondamentali di psicoterapia psicoanalitica
|
Relazione tenuta al Corso di Aggiornamento ARIRI "Aggiornamenti in Psicoterapia Psicoanalitica" a Bari il 14 giugno 2003
Anni fa ho tenuto una relazione sui modelli impliciti che guidano la pratica del terapeuta. Sandler sosteneva che gli analisti seguono nel loro lavoro dei modelli clinico pratici che si erano venuti formando nella loro mente a livello preconscio e che differivano da quelli in letteratura. Ero anchâio di questa opinione e argomentavo che le teorie ufficiali, a partire dallo stesso Freud che non si comportava affatto come aveva scritto si dovesse fare, non corrispondono a quelle cui
lâanalista fa riferimento nel sua prassi. A quei tempi avevo lâidea che potesse essere molto utile se ognuno di noi avesse fatto il tentativo di riflettere sul modo in cui lavorava davvero e poi di dichiararlo apertamente e credo che questo progetto che non ho mai portato avanti sia stato sollecitato di nuovo dallâoccasione di questa relazione per le giornate residenziali .In qualità di formatore di tanti giovani avverto fortemente la loro esigenza di avere delle indicazioni a proposito di ciò che è importante o meno. La letteratura analitica è sterminata, di una vastità terrificante. Solo lo studio di Freud porta via degli anni e poi rimangono decine di altri autori. Ho pensato quindi che poteva essere interessante per voi sapere quali sono per me i punti, gli aspetti più caratterizzanti della mia pratica clinica e intanto io avrei fatto lo sforzo di capire meglio come lavoro, i principi teorici cui faccio riferimento. Ecco come avrei dovuto intitolare la relazione: Gli elementi per me fondamentali di psicoterapia psicoanalitica. Si tratta poi naturalmente di non essere troppo esigenti e pretendere magari che si possa pensare di chiudere il discorso. Non câè nessuna teoria che copra il campo della clinica afferma Friedman nel suo monumentale lavoro ãAnatomia della psicoterapiaä e io sono pienamente dâaccordo. Per giunta io stesso sono un clinico in continua evoluzione. Cremerius diceva che col tempo si era venuto formando nella sua mente un insieme integrato di nozioni, qualcosa che gli sembrava una specie di palla per cui poteva insegnare. Non è il mio caso purtroppo e posso solo fermare alcuni concetti, quelli che troppo spesso mi si propongono per non essere considerati qualcosa di stabile. Ma tutto il resto è in discussione.
Forse il modo più semplice e chiaro per dare unâidea di come la penso è quello di fare riferimento a quei testi che per me sopra tutti gli altri sono stati veramente importanti. Ne citerò in particolare cinque, due di Freud , uno di Loewald, uno di Racker e lâultimo di Reich.
Partiamo da Inibizioni sintomi e angoscia del 1925.
Freud discutendo del sintomo del piccolo Hans e dellâuomo dei lupi, arriva alla conclusione che la fobia di entrambi è il sostituto deformato della angoscia di evirazione. Il cavallo che morde Hans e il lupo che divora il russo sono raffigurazioni della figura del padre e di un suo eventuale attacco. I due fantasticano della violenza paterna in relazione a ciò che provano per lui. Hans è in piena fase edipica e prova aggressività verso il suo rivale, lâuomo dei lupi al contrario è mosso da sentimenti di tale tenerezza da supporre di non essere un maschio. La fobia esprime il conflitto relazionale in forma travestita e soprattutto ha la funzione di nascondere il tanto temuto moto pulsionale nei confronti del padre. Essa è quindi al servizio della rimozione e poiché , come abbiamo detto, è lâangoscia che la provoca, ne consegue allora che è lâangoscia a far sì che scatti la rimozione. La teoria prima sosteneva esattamente il contrario ossia che la libido rimossa si trasformasse in angoscia, il che comportava che lâangoscia fosse in conseguenza della rimozione e Freud non può che ammettere , cosa che fa con la massima franchezza , di avere sbagliato.
Le conseguenze di questo nuovo modo di vedere sono di enorme portata . Renik ad es. afferma che con Inibizione sintomo e angoscia Freud riesce a liberarsi dalle pastoie del modello idraulico per cui gli impulsi mentali erano simili a correnti dâacqua che possono essere deviati o arginati o mandati indietro o straripare e dare in questo caso ansia e a passare ad un modello della mente concepita come apparato per elaborare ed apprendere informazioni. A me pare anche che Freud avesse in mente un modello di tipo medico vecchia maniera. Câè uno stato di infiammazione che cronicizza e di tanto in tanto torna a riacutizzarsi, produce del pus cioè lâansia o il sintomo che cerca di imbrigliarla. Si tratta allora di fare un intervento chirurgico, arrivare allo ascesso ed aprirlo. Viene da qui la metafora dello analista chirurgo che deve asportare il male senza tanto badare al pt e alle sue lamentele. Lâagente infiammatorio, i batteri, i virus sono i ricordi o le esperienze o i desideri del passato arginati, pressati dentro il mondo interno.
Comunque è ovvia lâimportanza di questo scritto.
Ridefinisce il come e il perchè della rimozione e aggiunge quindi un tassello fondamentale alla teoria, se è vero che la rimozione è, come dice Freud , la pietra angolare della psicoanalisi. Le spiegazioni di prima erano deboli e anche contradditorie. Si trattava di idee, quelle rimosse, incompatibili con quelle consce o socialmente accettate e dunque erano rifiutate. Ma questa è una tautologia, erano rifiutate perché non erano accettabili. Oppure la libido era in contrapposizione con le pulsioni dellâIo, di autoconservazione. Ma Freud stesso finiva nel 14 con lâIntroduzione al narcisismo, per assimilare queste ultime alla libido, quella narcisista. Oppure la libido si scontrava con Thanatos. Ma quello di pulsione di morte è un concetto troppo astratto . Oppure la lotta è fra Es e Superio, fra natura e cultura. Per carità, è tutto interessante e magari anche vero, la teorizzazione analitica infatti si sviluppa in gran parte nel tentativo di dare una connotazione alle forze in conflitto, visto che comunque câè un conflitto, ma ci si pone in una dimensione teorica che finisce per avere un carattere speculativo Adesso invece si afferma che si ha paura che il moto pulsionale provochi una reazione da parte dellâoggetto con un danno per il soggetto oppure, , nel caso del senso di colpa, che provochi un danno allâoggetto. La rappresentanza pulsionale insomma evoca un pericolo e bisogna difendersene, rimuoverla. Eâ esattamente quello che ormai pensiamo tutti, qualcosa che ci appare autoevidente. La naturalità, lâistintualità del bambino deve adattarsi allâambiente nel quale si trova per motivi ne più ne meno che di sopravvivenza. Per alcuni aspetti câè una negoziazione, un dialogo, una accettazione, per altri la risposta è quella del rifiuto, della repressione e quindi si riceve una frustrazione. Quelle aspettative che non possono venire accolte è meglio allora disconoscerle, occorre metterle da parte, rimuoverle. Dunque questâopera ci sgrava dal peso di troppe ipotesi metapsicologiche e ci fornisce una teoria semplice e convincente. Ancora di più se ci si sbarazza del termine pulsione che si riferisce ad un impianto teorico oggi decisamente in discredito.
Altrettanto importante sul piano teorico è che finalmente lâoggetto trova il posto che gli spetta. La teoria infatti si fa relazionale. Freud non completa in tal senso le sue argomentazioni, ma, se ciò che scatena lâansia è la risposta de4l padre al moto aggressivo o tenero che gli viene rivolto, siamo ormai ad un passo per portare allâoggetto lâattenzione che si merita. E dunque pulsione e oggetto vanno studiati e capiti insieme, il soggetto è una persona che vive con unâaltra che la intenziona a sua volta.
Ma lo scritto è per me fondamentale anche dal punto di vista clinico.
In primo luogo lâangoscia non è più il prodotto di qualcosa dâaltro , ma le si attribuisce un ruolo chiave nel determinare il comportamento; ed è esattamente quello che ci dicono i pt i quali non fanno altro infatti che evitare situazioni che la provochino. Ne consegue che si tratta come sempre di far capire, ma ciò che guida il gioco è lo stato affettivo del paziente ed è questo il primo dato da considerare. Lo stesso vale per il senso di colpa.
In secondo luogo si evidenzia lâerrore del funzionamento nevrotico con evidenti ricadute sul piano tecnico. Il segnale ansioso dovrebbe avere una funzione adattativa in quanto ci indica il pericolo affinchè lo si eviti. Ma in questo caso scatta per così dire in automatico in relazione ad un pericolo che non câè più con il risultato che si arriva ad evitare proprio ciò che più si desidera.
Il motivo principale però è ancora un altro. Prima si considerava che il moto pulsionale libidico andasse frustrato così che crescesse dâintensità e diventasse sempre più evidente. In questo modo lo si poteva mostrare al pt e interpretarlo affinchè potesse liberarsene. Da qui la linea tecnica dellâastinenza, neutralità, anonimato, le metafore dellâanalista specchio, dellâanalista chirurgo, insomma la posizione dellâanalista distante e bloccato, fuori dallâinterazione. Lâidea era di rinforzare la diga affinchè lâinvaso si riempisse ancora di più. Adesso una posizione del genere appare assurda, non ha più alcuna base teorica. Se la rimozione è messa in moto dallâansia che il moto pulsionale provoca in relazione allâattesa della frustrazione, se esso viene nuovamente frustrato si rinforzerà ulteriormente la rimozione. La strada quindi non può essere che quella opposta, cioè far sì che il moto pulsionale si attivi nella relazione con lâobiettivo che il paziente si renda conto che esso non comporta il pericolo temuto. Ad es. nel caso dellâuomo dei lupi che si può amare teneramente lâanalista come era stato un tempo per il padre senza per questo perdere la propria identità maschile. Il fuoco sotto le ceneri deve tornare vivo se si vuole che diminuisca la paura di scottarsi. Un lavoro di desensibilzzazione, come dice Watchel, che paragona questa operazione a quella del comportamentista che aiuta il paziente a padroneggiare la paura avvicinandolo a gradi, a piccoli passi al pericolo. Dunque è essenziale che lâanalista non si sottragga al gioco relazionale, al desiderio di transfert, ma semmai anzi lo alimenti. Si tratta come vedete di un vero e proprio cambio di paradigma, Freud con la seconda teoria dellâangoscia ci offre un quadro esplicativo che ci permette di lavorare in un modo completamente diverso da prima
Riprenderò tutto questo a partire da unâaltra angolatura più centrata sul tema della relazione.
La psichiatria definisce la nevrosi a seconda dei sintomi e dei comportamenti. Potremmo anche descriverla da un punto di vista psicodinamico come un insieme di meccanismi di difesa, o di relazioni oggettuali interiorizzate o di parziali arresti dello sviluppo psicosessuale e via dicendo. Però per chi lavora con il pt il dato essenziale è un altro. Nevrosi per lui significa ripetizione, la patologia si manifesta tramite la messa in atto di relazioni conflittuali già vissute nella realtà o in fantasia nel passato. Mi riallaccio ad un altro scritto di Freud, il più importante dei suoi lavori sulla tecnica analitica, Ricordare ripetere rielaborare del â14. Che cosa viene ripetuto? Ciò che in lui è inconscio e che non ha altro modo per esprimersi, dice Freud. Giusto, nella relazione ripete il desiderio transferale e le resistenze ad esso ,ossia quella relazione che gli fa male e di cui vuole liberarsi Tutto questo, lo abbiamo detto prima, sotto lo stimolo del campanello di allarme della angoscia, per evitare che si ripeta la vecchia frustrazione. Se ad esempio vuole una presenza costante, un accudimento sicuro perché da piccolo si è sentito abbandonato, è possibile che faccia di tutto per mettere a soqquadro il setting e anche farlo saltare al fine di evitare la frustrazione intollerabile che sia lâaltro a lasciarlo. Vedi il pt che non torna dopo le vacanze del terapeuta o che se ne va via prima ecc.. Occorre sottolineare che la ripetizione difensiva si presenta come un modo di stare con lâaltro del tutto ovvio, egosintonico, si riproduce automaticamente e non presenta una causalità che il pt può afferrare e proporre in termini dubitativi. Può sembrare che se ne renda conto , soprattutto allâinizio quando parla dei suoi problemi, ma non è così. Questo fatto si evidenzia nel modo più impressionante nel caso della vera e propria coazione a ripetere, la versione maligna della tendenza a ripetere. Ricordo un pt che si lamentava di quanto avesse sofferto nei suoi anni trascorsi in collegio e di come gli fosse sempre mancata la fam., finchè si è ritrovato senza lavoro e ha quindi abbandonato la terapia perché non aveva soldi. Lui sapeva di essere stato abbandonato, ma la ripetizione stava altrove, nel modo in cui fronteggiava il problema, ossia abbandonando lui gli altri ed egli non era per nulla in grado di fronteggiarla.
Prendiamo un altro es. Si tratta di un pt che viene perché non sa relazionarsi con una donna in modo soddisfacente e costruttivo, pur avendone avute moltissime. In analisi si evidenzia lâaltra parte del problema, del tutto al di fuori dal fuoco della sua attenzione, quella del rapporto con lâuomo. In famiglia la madre era onnipresente mentre il padre era una persona brillante e seduttiva che però si assentava continuamente per motivi di lavoro, aveva avuto varie vicissitudini ed era stato anche in prigione. Il figlio non lo aveva mai stimato e lo rimproverava di non averlo aiutato abbastanza. In un sogno si ferma ad un distributore in un paese straniero, vuol fare benzina ma ha timore che il benzinaio lo freghi sul prezzo approfittando del fatto che non ha dimestichezza con la moneta di quel paese. Eâevidente che non si fida di me. Gli succede poi nella realtà qualche giorno dopo, di fare benzina nel chiosco sotto il mio studio e ha il dubbio di non avere pagato. Torna allora dal benzinaio e verifica che è proprio così , è partito senza pagare. Alla fine del mese mi da lâassegno e in banca non me lo incassano perché·.non era firmato. Tutto si ripete. Io non sono affidabile, lui non è affidabile, ci parliamo dâaccordo, ma la fregatura è sempre dietro allo angolo.
Come si fa terapia in una situazione del genere? Abbiamo a che fare con una persona impaurita e che si considera lui stessa inaffidabile. Con le donne o non le sa amare e le tradisce o viene abbandonato. Il rapporto con i superiori è tutto fondato sullâipocrisia. Si tratta di una struttura rigida, gli affetti profondi sono bloccati. In un altro sogno un grande stallone cerca di montare la cavalla del pt e questi inorridito si frappone fra i due. Teme dunque che lo sodomizzi sia perché ci sono in ballo valenze omosessuali o come unâaltra versione della solita fregatura. Se interpreto i suoi comportamenti facendoli risalire ai vissuti che ne sono alla base gli do un grande aiuto perchè si capisce e così da un lato sdrammatizza il pericolo che egli è per gli altri e gli altri per lui e dallâaltro può incominciare a chiedersi perché lui è così. Qui infatti sta la grande efficacia terapeutica delle interpretazioni. Inoltre gli mostro implicitamente che siamo in una situazione diversa da quella che egli intende e quindi gli insegno come le cose stanno in realtà e posso mostrargli i suoi fraintendimenti come il prodotto delle sue fantasie. Già tutto questo rappresenta una grande novità, ma io mi chiedo, è sufficiente? In fondo non farei altro che dirgli che sbaglia e dargli unâimmagine criticabile di se. Eâ possibile che qualcuno venga da me per anni solo per farsi dire dei suoi errori e che deve correggersi? E poi come fa a cambiare e crescere? Tutto questo preambolo per arrivare a quello che per me è la chiave della terapia, lâincontro con il nuovo oggetto.
Mi rifaccio ad un articolo che è stato per me veramente di grande importanza, quello di Loewald comparso sullâ International Journal nel 1960 dal titolo On the therapeutic action of psychoanalysis. Ve lo riassumo in due parole e molto, molto liberamente. Ciò che più mi aveva colpito tanti anni fa è che non si parla dellâanalisi come la messa in discussione del vecchio, di ciò che è stato, ma che lâanalista viene definito come un nuovo oggetto con cui si ha una relazione nuova. Affinchè questo succeda occorre paradossalmente che sia quello vecchio cioè che lâanalista sappia porsi al posto dellâoggetto dellâinfanzia, altrimenti sarebbe estraneo, alla vicenda affettiva in corso, ne rimarrebbe fuori. A partire dal prima succede poi qualcosa di diverso nel presente perché lâanalista non è quello di un tempo Eâ così che il paziente cresce e cambia , perché gli viene data la possibilità di riprovare gli antichi affetti e di riesperimentarli , questa volta in chiave positiva in una relazione, la nuova relazione. Le ipotesi che percorrono tutto lo scritto sono : 1) Il transfert non è un anacronismo, ma la domanda di aiuto su una base realistica da parte di un adulto che sa di avere fallito in qualche aspetto del suo sviluppo e dunque regredisce per ripartire e 2) Lâanalista capisce la potenzialità alla crescita del paziente che sta nel desiderio transferale e le accoglie nella relazione affinchè esse si sviluppino offrendo a tale scopo le sue superiori capacità elaborative e di organizzazione . Fa cioè qualcosa di più e di diverso rispetto alla interpretazione. Loewald rifacendosi alla figura dello scultore che opera per ãvia di levareä obietta a Freud, preoccupato che lâanalista nulla aggiunga a quello che il paziente è , che lo scultore dà forma e spessore ad una figura perché la intenziona, già la vede nel blocco di marmo che gli sta di fronte.
A mio parere questo scritto insieme a I, S, A che lo ha preceduto di 35 anni ha gettato le basi per il grande cambiamento tuttora in corso verso lâottica relazionale in psicoanalisi. Eâ stata la sua lettura che ha stimolato il mio interesse per Stone e soprattutto Kohut. Penso però che a partire da qui occorra fare un ulteriore passo avanti: lâanalista, ossia il nuovo oggetto, offre quelle funzioni e quelle qualità che mancavano allâ oggetto del passato e che il paziente va cercando.
Per esemplificare , torniamo al pt. Eâ giusto che gli dica del fatto che non si fida, che gli si parli del transfert negativo, delle resistenze, della sua distruttività e onnipotenza( in un sogno si raffigura come un gigantesco uomo vestito di nero con una grande testa di rapace che passa di campo in campo e gode nel distruggere il raccolto).
Il dato centrale tuttavia , così come compare nel sogno, è che la sua auto è senza benzina e lui si ferma da un benzinaio. Questa è la domanda di transfert ed è una domanda realistica per due motivi, il primo perché al secco di benzina la macchina non può andare e il secondo perché lâunico che possieda quel tipo di benzina di cui lui ha bisogno è lâanalista. Il mio compito appare allora ovvio: si tratta di dargliela o, se ci riferiamo al sogno dei due cavalli, di penetrarlo. Essendo il paziente in analisi gli porremo mille domande su questa aspettativa che andrà così via via svelandosi come il filo rosso che attraversa e spiega tutta la sua storia, , ma sulla legittimità della richiesta non si discute , nel senso che non si elabora analiticamente perché essa è niente altro che il motivo per cui il paziente è in terapia. Lo stesso vale per la risposta: mentre faccio la parte del benzinaio che offre quello che ha, non mi interrogo sul mio agito perchè esso corrisponde esattamente alle funzioni di cui mi sono fatto carico nel momento in cui ho dichiarato al paziente che gli avrei fatto lâanalisi.
Le ragioni per cui il paziente formula la sua domanda sono ovvie: il rapporto con il padre non gli ha dato abbastanza energia, la forza per sentirsi maschio e allora la chiede a me. Dunque sono chiamato a svolgere una funzione suppletiva al di la della mera comprensione in termini analitici. Che cosa poi nel mio dire o nel mio fare significhi dargli benzina , come io gliela dia, questo è un problema tecnico , forse il problema tecnico più appassionante dellâanalisi. Dipende dal contesto, dal tipo di patologia, dalla personalità dellâanalista, insomma da molte variabili. Fra gli autori recenti che più si sono interessati di questo tema vanno citati ad es. Mitchell, Hoffman, Stern e coll. Si tratta di un argomento di così vasta portata che non posso fare altro che richiamarlo alla vostra attenzione. Per come la penso io ogni paziente (vale per tutti, anche per i meno gravi) è alla ricerca di un aiuto assolutamente specifico quanto concreto (la benzina nellâesempio di questo caso) e va ribadito che la risposta è allo stesso livello e dunque non può che trattarsi della messa in atto di un un moto affettivo che ha ormai gettato l'analista nella relazione .ä Checchè se ne dica nulla può essere battuto in absentia o in effigieä, ci dice Freud e se questo vale per il paziente lo è altrettanto per lâanalista.
Altri AA hanno parlato diffusamente della terapia come una nuova esperienza. Fra questi il primo è stato Alexander che lâha definita esperienza emozionale correttiva. Sostanzialmente Alexander intende mostrare al pt la realtà della situazione così da smentire le sue proiezioni. Un approccio razionalistico ed ingenuo, sono dâaccordo in questa critica con Friedman. Un altro, attualissimo, è Weiss , il quale sostiene che il pt è dominato da credenze patogene e le sottopone allâanalista nella relazione facendogli dei test nella speranza che questi li superi. Ad es una pt si critica nella speranza che questi la smentisca. Se questo succede la pt fa un passo avanti. Poiché è rassicurata nella relazione attuale ossia il terapeuta è altro rispetto alle sue proiezioni, può parlare a questo punto del fatto che lei si critica come la criticava il papà. Alcuni aspetti di questa teoria sono per me di grande interesse. Ad es. è un dato clinico che prima di parlare del problema bisogna averlo in parte già superato ed è verissimo che spesso alcune posizioni che il paziente assume sembra proprio che siano messe lì apposta per essere smentite. Anzi più il tempo passa più mi succede di agire in questo modo e con ottimi risultati, soprattutto con pazienti che seguo con frequenza ridotta. Dâaltro canto Weiss afferma che non câè differenza fra psicoterapia e psicoanalisi , un punto questo che anchâesso merita grande attenzione. Tuttavia il procedimento nel suo complesso mi sembra troppo razionale.
Per spiegarmi meglio faccio riferimento allâultimo testo che vi volevo proporre, quello di Racker dal titolo Studi sulla tecnica psicoanalitica -ed. Armando. Racker commenta con grande finezza lâaccadimento analitico fino ad affermare una verità che Cremerius nei suoi seminari ci ha più volte ripetuto e cioè che non si tratta di un rapporto fra un pt ed un medico, ma fra due persone malate, nel senso che anche il terapeuta è agito dallâinconscio, la differenza fra i due essendo essenzialmente che questi ha già fatto unâanalisi e dunque è più strutturato, più informato, è più in grado di capire, compito che in effetti spetta soprattutto a lui. La lezione di Racker che a me è più servita sta però nelle sue riflessioni sul controtransfert. Dopo aver ribadito di essere del parere di Paula Heiman che il controtransfert permette di capire il transfert, egli distingue nella risposta del terapeuta due momenti emotivi che chiama identificazione concordante e complementare. La prima è lâidentificazione con il pt, la seconda è lâidentificazione con i suoi oggetti interni, essenzialmente con il suo superio. A mio parere il lavoro analitico dalla parte dellâanalista sta nella dialettica fra questi due momenti. Vi porto un esempio curioso e divertente tratto da una supervisione . Eâil caso di un pt lasciato da una compagna fallica che lo ha costruito come un uomo di successo per poi andarsene quando lui si è trovato in difficoltà. La terapeuta lo segue una volta la settimana in un servizio publico. Le consiglio di accogliere il pt per quello che è, nel suo stato di impotenza e depressione. La terapeuta si sente però dire dal tutor di fare delle interpretazioni. Torna allora da me per farsi ridire che lâobiettivo è una terapia dâappoggio e nulla più. Ma lâaltro insiste nel prescrivere un atteggiamento interpretativo. La collega è interessata dal confronto fra le due tecniche, ma ciò che accade veramente è che lâaltro le suggerisce di mettersi al di sopra del pt facendo sì che lui capisca, esattamente come faceva la donna che lo ha lasciato mentre io le propongo di stare con il pt nel suo bisogno di sentirsi accolto nella sua incapacità e nei suoi fallimenti. Una identificazione complementare la prima, concordante la seconda. La discussione a distanza fra me e lâaltro in realtà è un dialogo interno controtransferale. Sembra quello che dice Weiss, il pt, con la dichiarazione della sua impotenza si aspetta una donna dominante e spera, senza dirlo ovviamente, di essere accettato per quello che è. La differenza però sta nel fatto che si capisce come fare non con una strategia impostata a tavolino, dallâesterno ma attraverso una duplice identificazione che porta il terapeuta dentro il contesto emotivo della relazione e la risposta al pt quindi attraversa prima il vissuto controtransferale.
Provo ora a concentrare in una formula quello che ho detto. Fare analisi significa ridare al paziente gli affetti che sono andati perduti. Il desiderio di transfert è il motore della terapia . Lâanalisi finirà quando il paziente saprà utilizzarlo come il motore della sua vita. Fare analisi dalla parte dellâanalista non significa solo mostrare al paziente che vuole quel buon genitore, ma anche esserlo.
A questo punto vi chiederete che fine ha fatto le frustrazione. Câè pure quella e vorrei vedere che non ci sia, non fosse altro per il fatto che una delle funzioni essenziali di un buon genitore è di saper essere frustrante quando è il momento di esserlo. Questo argomento mi dà lâopportunità di richiamarvi lâultimo autore citato Wilhem Reich nel suo importante libro lâanalisi del carattere. Mi riferisco naturalmente alla prima parte perché la seconda tratta di altre cose. Reich ci dà preziose indicazioni su come individuare e trattare il transfert negativo latente ed è il primo analista che punta specificamente la sua attenzione sul narcisimo difensivo, un tema di oceanica vastità e sempre più attuale ora che sempre più ci si rende conto di quanto sia periglioso il percorso analitico e sempre in forse i risultati . A partire da lui ne hanno parlato molti altri come Kemberg, Rosenfeld, Baranger, Steiner, Zapparoli, Green, ecc. In sostanza il pt avverte la relazione con lâanalista come un pericolo per le compensazioni che si sono venute creando in seguito alla frustrazione subita. Lâanalista infatti mentre ricostruisce i primi moti affettivi verso lâoggetto non può che confrontare le aspettative onnipotenti che li percorrono con la realtà della sua figura Il trattamento di questi nuclei narcisistici qualifica lâintervento come propriamente psicoanalitico. Se si resta al di qua si fa della psicoterapia. Ho toccato un argomento di vitale importanza, ma non lo posso per ovvie ragioni di tempo sviluppare. Dâaltra parte ero partito con lâintenzione di scrivere una relazione il più possibile snella e mi pare che ne sia venuta fuori unâaltra piuttosto impegnativa da seguire.
Bibliografia
- Alexander, F., French, T. et. Al. (1946)Pschoanalytic Therapy: Principles and Applications, New York: Ronald Press. Trad. it. dei capitoli 2, 4 e 17: Lâesperienza emozionale correttiva, Psic. Sc. Um. , 1993, 2: 85-101.
- Freud S.(1914) Ricordare, ripetere e rielaborare, OSF, vol. 7
- Freud S(1925)Inibizione, sintomi e angoscia, OSF, vol. 10
- Loewald, H. W. (1960) On the therapeutic action of psychoanalysis. Int. J. of
Psychoanal., 41: 16: 33.
- Racker, H.(1968) Transference and countertransference. London: The Hogarth Press. Trad. it. Studi sulla tecnica psicoanalitica. Roma: Armando. 1970
- Reich W. , Character Analysis, Noonday Press, New York 1949 (Trad. it. Analisi del carattere, SugarCo, Milano 1978)
- Weiss J.(1993) How Psychotherapy Works. Process and Technique. The Guilford Press. Trad. it.Come funziona la psicoterapia. Torino: Bollati Boringhieri (1999)
Guido Medri
Via A.Doria 2
Milano
PM
--> HOME PAGE ITALIANA
--> ARGOMENTI ED AREE
--> NOVITÁ
--> PSICOSOMATICA
|