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Rivista

Medicina Psicosomatica

Organo Ufficiale della Società Italiana di Medicina Psicosomatica



U Menichini, E Rasore, G.Infante, F Moscato, M Giusti *
Clinica Psichiatrica I, Dipartimento di Scienze Psichiatriche, Università di Genova
* D.I.S.E.M. Università di Genova

IL PROBLEMA DELL'IDENTITÀ DI GENERE: UNA CASISTICA CLINICA.

THE PROBLEM OF GENDER IDENTITY DISORDERS: A CLINICAL REVIEW.

Pubblicato su: Medicina Psicosomatica, Vol.43, n.4, 1998
(Società Editrice Universo, Roma)

Riassunto

Gli Autori esaminano in questo contributo un campione composto da 8 Transessuali M-F e 5 F-M in trattamento presso l'Istituto di Endocrinologia dell'Università di Genova. Sono state effettuate valutazioni anamnestiche, cliniche, psicometriche e catamnestiche. I dati più significativi emersi sono stati i seguenti.

1) Tutti i pazienti presentano transessualismo primario e non hanno psicopatologie associate.

2) Per i pazienti ancora in terapia ormonale appaiono evidenti disagi e ambivalenze in relazione al proposito di una riassegnazione chirurgica, effettuata da solo 2 dei pazienti del campione.

3) Le valutazioni psicometriche, più che i risultati dell'intervista clinica, identificano le problematiche inconsce sottese all'espressività clinica del disturbo.

4) L'iter verso la riassegnazione, per quanto riduca i disagi dei pazienti, non sembra in alcuno dei casi consentire il recupero di una relazionalità affettiva positiva e gratificante.

5) Il transessualismo può essere visto, in una dimensione psicosomatica, anche come espressione della mancata integrazione delle parti maschili e femminili quando non è stata possibile l'introiezione di una buona relazione genitoriale.

Summary

In this paper the authors present a sample of 8 M-F and 5 F-M transexuals treated in the Istituto di Endocrinologia of the University of Genoa. Anamnestic, clinical, psychometric and catamnestic factors have been evaluated. The most important data are the following:

1) All the patients present typical gender identity disorders without other psychopathological troubles.

2) The patients with hormonal treatments present discomforts and ambivalences towards sex reassignment surgery undertaken only by two of them.

3) Psychometric evaluations, more then clinical interview, have identified the unconscious problems related to clinical features.

4) The itinerary towards sex reassignment can not allow the patients to recover good affective relationships.

5) The transexualism may also be considered as a psychosomatic problem. When a good parental relatiponship has not been introjected, a good integration between male and female parts in the mind would not be possible.

I. Scopo della ricerca - Materiale e metodo

Abbiamo effettuato una serie di valutazioni cliniche e psicometriche su un campione di pazienti transessuali che si trovano a vari livelli nell'iter di cambiamento di sesso. Lo studio rappresenta la fase iniziale di un'indagine che si estenderà nel tempo e che prevede controlli di follow-up a lungo termine. Ognuno dei pazienti presi in esame è stato sottoposto ad una intervista guidata per valutare aspetti della storia personale e familiare, con particolare riferimento alla storia del disturbo di identità di genere e all'iter terapeutico fino ad oggi seguito. Per i pazienti che lo hanno ultimato ed hanno effettuato la riassegnazione chirurgica è stata effettuata un'indagine catamnestica sull'adattamento realizzato. Per la valutazione psicometrica della tipologia sessuale è stato utilizzato un questionario autosomministrato, il "Bem Sex Role Inventory", per quella delle dinamiche familiari un test proiettivo, "Il disegno della famiglia".

Tutti i pazienti, afferenti all'Istituto di Endocrinologia dell'Università di Genova per i trattamenti ormonali previsti dall'iter di cambiamento, informati dello scopo della ricerca, hanno dato il consenso. Fino ad oggi ne sono stati intervistati 13, 8 transessuali biologicamente maschi e 5 biologicamente femmine.

II. I risultati dell'intervista guidata

Dati socio-anagrafici

Il campione, composto da otto uomini e cinque donne, è concorde con la predominanza di transessuali con identità biologica maschile sempre descritta in letteratura. L'età è giovanile adulta, il livello culturale elevato e buono l'adattamento lavorativo. Undici pazienti sono celibi e due coniugati. Dieci non hanno relazioni affettive stabili. Undici stanno praticando terapie ormonali nella prospettiva, almeno dichiarata, dell'intervento chirurgico. Due hanno già ultimato l'iter di riassegnazione da femmina a maschio.

La famiglia d'origine

Tre pazienti sono figli unici; degli altri, quattro sono ultimogeniti, due primogeniti, i rimanenti in vario ordine di genitura. Tutti i padri eccetto uno sono viventi: tre svolgono attività lavorativa, nove sono pensionati. Le madri sono tutte viventi, tre pensionate, cinque occupate, tre casalinghe; una è invalida grave, una è affetta da psicosi schizofrenica, una presenta problemi di tossicodipendenza. Tutti i fratelli e le sorelle dei pazienti sono viventi, in buona salute fisica; sono però segnalati due casi di tossicodipendenza e uno di disturbo di personalità. Nessuno ha manifestato disturbi dell'identità di genere. Ci pare da segnalare la singolare presenza di padri precocemente pensionati, cui si contrappongono madri che paiono maggiormente attive. In un solo caso è descritta una situazione familiare di grave disgregazione.

Dati anamnestici generali

Solo due pazienti dichiarano alterazioni dei primi atti fisiologici: in un caso ritardo della deambulazione per ittero neonatale con complicanze neurologiche, di cui porta ancora gli esiti; nell'altro un ritardo del linguaggio per cause imprecisate. Dieci pazienti non segnalano malattie fisiche gravi; uno presenta sieropositività HIV, un altro, è affetto da criptorchidismo.

Sono stati riferiti questi precedenti psichiatrici: un tentativo di suicidio in adolescenza, un caso di alcoldipendenza, una reazione depressiva imprecisata; inoltre un caso di balbuzie ed uno di alopecia. Attualmente due pazienti presentano problemi psichiatrici nell'ambito delle patologie da abuso (alcool e oppiacei). In nessuno caso è segnalata o riscontrabile una patologia di portata psicotica. In maggioranza sono descritti trattamenti psicoterapici, molto più raramente anche terapie farmacologiche: entrambe consigliate in relazione al problema dell'identità di genere e alla prassi medico-legale circa l'iter di riassegnazione, o per più generali problemi di disadattamento. Segnaliamo poi alcuni ricoveri per alcooldipendenza, e un trattamento in comunità.

Il Disturbo dell'Identità di Genere nell'infanzia e nell'Aadolescenza

L'età di esordio dei problemi di identità di genere è precoce, tra i 4 e i 12 anni, in accordo con quanto segnalato in letteratura per il transessualismo primario (dei tre pazienti che "non ricordano" l'età di esordio, due hanno già ultimato l'iter di riassegnazione e forse sentono il bisogno di rimuovere il passato e la precedente identità). L'esordio non viene collegato a motivi scatenanti, salvo il caso di una riferita esperienza omosessuale infantile, anche questo in accordo con la diagnostica del disturbo. Nessuno dei pazienti ricorda giochi e amicizie infantili consone al sesso biologico: le loro preferenze erano invece consone al sesso desiderato, in pochi casi non caratterizzate. Lo sviluppo sessuale è avvenuto per tutti in epoca normale. Otto pazienti poi descrivono disagi emozionali o franche anomalie comportamentali riferibili ad un breakdown evolutivo adolescenziale. Già nelle prime fantasie e abitudini sessuali si manifestano preferenze per giovani del proprio sesso; solo tre pazienti riferiscono, nel periodo dell'adolescenza, esclusiva attrazione eterosessuale o attrazione sessuale indifferenziata. Ricordiamo che la scelta omosessuale originaria sarebbe un indicatore prognostico favorevole nei casi di successiva riassegnazione (vedi "aspetti catamnestici").

Il Disturbo dell'Identità di Genere in età adulta

Degli undici pazienti che stanno seguendo l'iter di riassegnazione, sei hanno abbigliamento e abitudini di vita consoni al sesso desiderato; due hanno abbigliamento "unisex" e abitudini di vita sia maschili che femminili; tre alternano abbigliamento maschile e femminile. I pazienti che lo hanno già concluso sono, per i parametri esaminati, sintonici al nuovo sesso. Per quanto concerne le relazioni affettive passate prevalgono decisamente quelle omosessuali (otto casi); negli altri casi o non vi è stata nessuna relazione, o relazioni omo ed eterosessuali. La vita affettiva attuale viene così descritta: dei due pazienti con sesso riassegnato uno ha contratto nuovo matrimonio, l'altro non ha nessuna relazione. Degli undici pazienti con iter in corso, sei non hanno relazioni affettive, quattro hanno relazioni omosessuali, uno ha una relazione eterosessuale.

Abbigliamento ed abitudini di vita indicano come il campione sia fortemente orientato verso il rifiuto del sesso biologico e dei conseguenti ruoli sociali, in accordo con le notizie anamestiche già riferite. I casi con alternanza di abbigliamento e di ruoli sarebbe indicatori di situazioni più conflittuali e sforzi di adattamento e normalizzazione; i casi con abbigliamento unisex e abitudini di vita meno tipizzate in relazione al sesso sembrano forse approdati (dopo varie conflittualità) ad una sorta di aggiustamento "androgino" di compromesso del cui possibile significato discuteremo più avanti.

La maggioranza dei pazienti ha alle spalle una vita affettiva abbastanza ricca che contrasta con il prevalente "vuoto affettivo" attuale. I casi con matrimonio contratto nel passato sembrerebbero espressione di tentativi autoterapici normalizzanti. Il vuoto affettivo attuale di tutti i pazienti fa pensare che l'iter di cambiamento abbia per ora più complicato la loro vita che non appianato le personali difficoltà relazionali. Il fatto che siano segnalate solo in pochissimi casi esperienze di prostituzione delinea il campione come ben diverso rispetto allo stereotipo del transessuale descritto dai media.

L'iter verso la Riassegnazione

Abbiamo scelto di considerare a parte i due pazienti che hanno ultimato l'iter di riassegnazione, perciò i dati che descriveremo sono riferiti solo a undici pazienti.

I pazienti si sono rivolti al centro di Endocrinologia o di loro iniziativa, o su consiglio del medico di base, oppure per suggerimento di amici, di un legale, di un medico specialista. Nessuno ha saputo indicare un evento significativo determinante nel prendere la decisione e anche le poche motivazioni addotte sembrano banali o di copertura. Si delineano comunque due gruppi in relazione al tempo trascorso dall'inizio dell'iter: sei pazienti lo hanno intrapreso da pochi mesi, gli altri cinque da diversi anni (da 3 fino a 6), ancora incapaci di risolvere perplessità e ambivalenze davanti ad una scelta definitiva. Tutti, salvo uno che sta per iniziare, praticano la terapia ormonale anche se a volte con perplessità (quali il timore di perdere il piacere sessuale); due pazienti che la considerano preparatoria all'iter di riassegnazione sono in trattamento da 4 e 6 anni! I due pazienti che per ora non contemplano l'intervento chirurgico e sono in trattamento solo da pochi mesi, sembrano più consapevoli delle proprie perplessità e ambivalenze, mentre i nove pazienti che dichiarano di volerla praticare, di cui cinque in trattamento da molti anni, non lo paiono altrettanto.

Lo stato attuale degli 11 pazienti che non hanno ultimato l'iter di riassegnazione

Sette pazienti dichiarano una condizione esistenziale migliore dopo l'inizio dell'iter, tre si dicono incerti, uno si sente invariato. Le dichiarazioni positive suscitano qualche perplessità visto i dati riferiti prima circa la vita affettiva (prevalente vuoto affettivo rispetto al "prima"). Sei pazienti hanno informato i genitori della loro condizione, due hanno cercato l'alleanza di una sorella, uno della moglie. Si sono quasi tutti sentiti approvati o almeno accettati per le loro condizioni, solo uno descrive una aperta disapprovazione. Due pazienti non hanno invece informato alcuno dei familiari: in un caso per la completa mancanza di relazioni fra loro; nell'altro per la certezza che gli essi avrebbero impedito od ostacolato le sue decisioni.

Le osservazioni dei pazienti ci pare che testimonino innanzitutto della loro sofferenza in questo lungo percorso (l'importanza della determinazione, l'umiliazione provata per la curiosità che suscitano - non esclusa la nostra indagine -, il rifiuto per una vita affettiva e sessuale, il disagio per lo stereotipo del transessuale "vistoso" o "equivoco" dei media, ecc.), nonché talvolta di aspetti perversi (fantasie di ermafroditismo o di manipolazione di e da parte di altri). Solo in un caso le osservazioni sono adeguate a quelle che ci si potrebbe aspettare da chi sta finalmente realizzando un cambiamento fantasticato fin dall'infanzia ("mi sento completamente donna").

Nell'aspetto esteriore 9 degli 11 pazienti non propongono, con l'abbigliamento e lo stile comportamentale, nulla che evochi un'ambiguità sessuale: sembrano cioè ben identificati con il sesso desiderato. Un paziente è eccessivamente caratterizzato in senso femminile, con trucco e abbigliamento vistosi, un altro è decisamente bizzarro, presentandosi con abiti metà maschili, metà femminili.

L'adattamento dei pazienti che hanno ultimato l'iter di riassegnazione

Due pazienti hanno ultimato l'iter di riassegnazione già da 5 anni; uno si sente pienamente identificato nel nuovo sesso, l'altro si dice solo in parte identificato. Entrambi hanno cambiato lavoro e residenza. Quello che si definisce meglio adattato non ha avuto l'appoggio della famiglia di origine; l'altro, meno adattato, ha avuto l'appoggio della madre. Nessuno dei due ha richiesto cure psichiatriche, prima o dopo il cambiamento di sesso, anche se il secondo ha avuto un appoggio psicologico durante l'iter.

III - Il Bem Sex Role Inventory: una valutazione psicometrica della tipologia sessuale dei pazienti.

Il Bem Sex Role Inventory (1) è un questionario autosomministrato composto di 60 items con un punteggio variabile da 1 a 7. Ciascuno è costituito da un aggettivo o una breve frase designante 20 caratteristiche di personalità stereotipicamente maschili e 20 femminili; altri 20 items, non altrettanto tipizzati secondo il sesso, hanno una funzione contestuale alle 2 scale principali. Il test fornisce risultati numerici quantificati in un punteggio grezzo (P.G.) e standard (P.S.) di femminilità e mascolinità (a e b rispettivamente), nonché un punteggio differenziale algebrico (a - b) grezzo e standard, indicativo della tendenza alla tipizzazione sessuale. Punteggi elevati positivi o negativi indicano una forte tendenza alla tipizzazione sessuale rispettivamente femminile e maschile. Il range dei punteggi è previsto da - 50 (massima tipizzazione maschile) a + 50 (massima tipizzazione femminile). La classificazione dei soggetti in femminili, maschili, androgini e indifferenziati avviene per confronto dei punteggi grezzi (a-b) con la mediana del campione normativo previsto dal test stesso (4,51 per la mascolinità, 4,57 per la femminilità), per cui i soggetti maschili avranno alti M e bassi F, i femminili bassi M e alti F, gli androgini alti F e alti M, gli indifferenziati bassi F e bassi M.

I punteggi riportati al B.S.R.I.

Casi/SessoTipologia SessualeTipizzazionea-b
1. MFemminileFemminile modesta+ 8
2. F IndifferenziataMaschile modesta -6
3. MAndroginoMaschile modesta -2
4. MAndroginoMaschile discreta-15
5. MFemminileFemminile buona +28
6. MFemminileFemminile discreta+18
7. MFemminileFemminile modesta+7
8. MAndroginoFemminile molto modesta+4
9.FAndroginoMaschile modesta-13
10. FMaschileMaschile modesta-12
11. FAndroginoMaschile modestissima-4
12. MFemminileFemminile buona+32
13. FMaschileMaschile discreta-14

Alcune considerazioni.

Come si vede in nessun caso la tipologia sessuale è congrua con il sesso biologico: in sette pazienti lo è col sesso desiderato, in cinque è androgina, in un caso è indifferenziata. In undici pazienti la tipizzazione maschile o femminile è congrua al sesso desiderato ( in due casi buona, in nove da molto modesta a discreta); nei due rimanenti la tipizzazione è modestamente orientata verso il sesso biologico.

Queste le differenze osservate fra i due sessi. Nei 5 casi di transessualismo F-M, due pazienti hanno tipologia sessuale congrua al sesso desiderato, due tipologia sessuale androgina, una paziente tipologia sessuale indifferenziata. ( In particolare dei tre pazienti con iter di riassegnazione completato da tempo o quasi ultimato - casi 2,9,10 - solo uno presenta tipologia sessuale maschile, congrua cioè con il sesso riassegnato). Negli 8 casi di transessualismo M-F , in cui nessuno ha completato l'iter di riassegnazione, 5 hanno tipologie sessuali femminili congrue al sesso desiderato, 3 tipologie sessuali di tipo androgino.

I risultati del test confermano, per tutti i pazienti, un'identificazione sessuale diversa da quella biologica, in accordo del resto con la determinazione che tutti propongono nel perseguire l'iter di cambiamento, che sembra però più correlata ad aspetti bio-psicologici individuali che non alla riassegnazione avvenuta.

IV . La famiglia del transessuale: un test proiettivo

Oltre l'intervista guidata e il Bem Sex Role Inventory, a ciascuno dei pazienti è stato proposto un test proiettivo, il Disegno della famiglia, di cui riportiamo i risultati più significativi.

Caso 1. M. Il disegno mostra un triangolo con una figura a mezzo busto, che emerge e sovrasta uno dei lati. Il paziente è la sola figura con sembianze umane, emergente da un triangolo familiare (mezzo cancellato nel disegno), trasparente rappresentazione di una triangolazione edipica. Ci pare che possa superare, attraverso meccanismi di negazione maniacale, competitività e conflittualità edipiche irrisolte. Di fatto è un transessuale atipico: uomo che indossa indumenti intimi femminili e rivolge la sua attenzione alle donne, non agli uomini, alle quali fantastica di potersi avvicinare solo attraverso quest'identità imprecisata e ambigua, una sorta di terzo sesso con connotazioni megalomanico-onnipotenti.

Caso 2 .F. Il disegno propone cinque figure corrispondenti ai vari componenti della famiglia, disegnate con tratti infantili e tutte sorridenti. L'insieme sembra più un gruppo di bambini che non una famiglia con ruoli definiti e differenti e fa pensare ai disegni appesi negli asili o nelle prime classi delle elementari. La rappresentazione è consona alla dimensione aconflittuale e aproblematica che propone per il suo problema di identità, visto solo nei suoi aspetti biologici: i suoi genitali, errore della natura, sono corpi estranei da eliminare senza titubanze né conflitti. Il gruppo di individui sorridenti che ha disegnato, senza distinzione di ruolo fra figli e genitori, farebbe immaginare un'originaria carenza di valide figure genitoriali identificative, del resto pienamente in accordo con la "cecità" al suo problema che la famiglia ha sempre manifestato. Di remoti bisogni insoddisfatti può esservi traccia nell'attuale relazione con una donna-madre più anziana di lui, che lo vorrebbe senza pene per paura della penetrazione. Vengono in mente in proposito le osservazioni della Chiland, già citate, sulla ricerca, da parte del transessuale femmina-maschio, di una relazione con la donna che escluda la penetrazione, in un processo che nega evoluzione e crescita.

Caso 3. M. Il disegno rappresenta i tre componenti della famiglia: un padre ragazzino, una madre vecchia e invalida seduta sulla sua seggiola, alle sue spalle il figlio, semisdraiato e con lo sguardo rivolto altrove. I tre personaggi sono isolati e molto diversi, non fanno pensare ad una famiglia. La cornice intorno rende il tutto ancor più statico e immodificabile. Nella realtà, infatti, il paziente è approdato ad un aggiustamento di compromesso con la scelta di un aspetto e di un ruolo femminili, ma con la ferma intenzione di conservare i genitali maschili. Ha una relazione con un uomo che però lo dovrebbe accettare come una donna con il pene. Nel disegno si rappresenta in un modo non caratterizzato, coi capelli lunghi, ma nessun altro tratto femminile; un braccio, privo di mano, posato nel grembo, sembra proteggere i genitali, ma può alludere anche alla masturbazione. Un padre ragazzino e una madre invalida non hanno probabilmente potuto fornire buoni modelli identificativi.

Caso 4. M. Un disegno molto accurato (i personaggi sembrano figurini di una rivista di moda) rappresenta padre, madre e fratello, ma esclude il paziente. Il padre sembra un ragazzino, sia per dimensioni che per abbigliamento, la madre arcigna e severa lo sovrasta anche fisicamente e, se pur con abiti femminili, ha tratti francamente mascolini; il fratello (minore nella realtà) è la figura più imponente, molto tipizzata in senso maschile (baffi, sigaro in mano) e tiene un braccio possessivo sulle spalle della madre; diremmo che sia lui il padre se il paziente non avesse scritto chiaramente sulla sua testa "fratello". Il disegno suggerisce problemi identificativi con la figura del padre ragazzino, la centralità della figura materna e il bisogno di fuggire dalla competitività con un fratello secondogenito che si è impadronito di lei. La transessualità del paziente, vissuta senza dubbi o incertezze, sembrerebbe la naturale conclusione di tale caratterizzazione familiare. Il fatto che il paziente non si rappresenti fa immaginare che anche lui guardi le altre figure della sua famiglia con gli occhi dell'osservatore, se ne senta distaccato, forse escluso, o addirittura minacciato dagli sguardi del fratello e della madre; il piccolo padre soccombente ha una cicatrice sulla guancia, forse testimonianza di una passata sconfitta; ora il maschio dominante è il fratello e il paziente, per non soccombere, deve forse trasformarsi in donna. In questo senso non stupirebbe che tutto avvenga senza conflittualità e con l'amorevole supporto della madre.

Caso 5. M. Nel disegno il paziente si rappresenta come una bambola, in abiti succinti e provocanti ma con una grande bocca da uomo, che afferma: "Tutto il mondo sono io". Lo guarda perplessa una sorella decisamente più femminile, anche se in pantaloni e abbigliamento meno vistoso, che tiene in mano una foto dei genitori, due figure sorridenti che salutano con la mano. Completano il disegno due cornici vuote appese al muro, un cane con l'aria un po' triste, come la sorella, un gatto vanitoso e scodinzolante come il paziente-bambola. (Nella realtà il paziente ha sempre vissuto con le sorelle, la madre psicotica spesso ricoverata, il padre ben poco presente). Il disegno sembra rappresentare una fuga maniacale da una realtà familiare invivibile per un figlio maschio, candidato a sostituirsi a entrambi i genitori e di cui porta comunque mischiati i tratti, marcatamente femminili nel corpo, francamente maschili nel viso nonostante il trucco vistoso. La perplessità nell'espressione della sorella, come anche del cane, è forse quella che il paziente nega e rimuove; i genitori sorridenti nella foto, che fanno "ciao" con la mano, propongono distanza e scarsa consapevolezza critica. Le due cornici vuote appese al muro confermano la loro assenza e rimarcano i vuoti affettivi che nessuno ha potuto colmare, neppure il cane e il gatto stereotipi della famiglia felice. Se la sorella rimane in casa a fare tristemente la "donnina", altrettanto tristemente il paziente si avvia a diventare una donna-bambola di plastica e quindi fasulla. Il cane e il gatto così ben disegnati, se richiamano da una parte alla contrapposizione tra la faticosa dipendenza fonte di sicurezza e di normalità cui è candidata la sorella e un'indipendenza "autistica" cui si direbbe candidato il paziente, dall'altra suggeriscono anche immagini genitoriali tra loro così lontane e inconciliabili da far pensare ad una relazione molto problematica e carica di aggressività: una madre-cane dipendente e bisognosa di protezione e di amore e un padre-gatto che ritorna solo per la "stagione degli amori".

Caso 6. M. Il disegno rappresenta solo un punto esclamativo nel mezzo di una pagina bianca: il paziente ha poi precisato che raffigura così la famiglia di origine, perché per quella di procreazione disegnerebbe un grande cuore. Ci sembra che abbia voluto segnalare, pur in modo simbolico e bizzarro, la contrapposizione fra la non accettazione stupita della famiglia d'origine e l'accettazione enfatizzata di quella di procreazione. Lo stupore proposto da punto esclamativo del disegno è quello che il paziente con la sua immagine caricaturale e con la sua bizzarra situazione esistenziale sembra voler continuare ad evocare negli altri; d'altra parte egli è inconsciamente e penosamente alla ricerca di un contatto, di un'attenzione che non gli sembrano possibili. Sembra indicare il desiderio di una nuova vita in cui si possa confondere con le altre donne, mentre, al contrario, stimola attenzione, stupore o repulsione. Il punto esclamativo potrebbe anche richiamare ad un vuoto di figure parentali, che sono riuscite a vederlo solo quando con la sua "mostruosità" è riuscito a stupire; come d'altra parte ricorda un omino stilizzato perso in uno spazio vuoto e alla ricerca di altri che non ci sono e da cui è impossibile farsi vedere.

Caso 7. M. Il disegno della famiglia, con tratti incerti e infantili, rappresenta un'automobile, con quattro persone stilizzate e senza caratterizzazione sessuale a bordo, che si avvicina ad una casa dalle finestre aperte, ma con la porta chiusa. Il camino fuma, sullo sfondo si vedono solo due alberi. Pare la rappresentazione di un percorso in cui muovendo da un paesaggio desolato si può approdare alla stabilità e al calore di una famiglia in cui non sarà facile entrare. L'assenza di caratterizzazione delle figure umane richiama alla realtà di indifferenziazione sessuale del paziente che, più che desideroso di mutare il sesso biologico, sembra voler attenuare la propria mascolinità in un processo di indifferenziazione regressiva: all'approdo della casa-famiglia si può giungere solo ritornando bambini. Ci sembra congruo con le ipotesi che il suo disegno suscita: più che un adulto che sta percorrendo un faticoso cammino evolutivo, richiama ad un angioletto asessuato al di fuori del tempo e dell'evoluzione.

Caso 8. M. Il disegno rappresenta quattro figure molto ravvicinate, che occupano solo la parte centrale del foglio. Vicino ad una madre e a un padre stanno rispettivamente un figlio ed una figlia. La madre ha una faccia quasi maschile, stringe fra le mani una borsetta e con il suo corpo nasconde il bambino che le sta dietro e un po' anche il padre che le sta vicino. Solo la figlia femmina è fisicamente distaccata dal gruppo dei tre, mentre non è rappresentata l'altra sorella. Il disegno propone una certa anonimia (forse una famiglia qualunque più che quella del paziente) e tradisce intenti difensivi. Il figlio maschio, nascosto dalla mamma, appare ancora invischiato in stretti nodi relazionali con la coppia genitoriale, a differenza della femmina che sembra essersene emancipata: il transessualismo del paziente parrebbe allora il tentativo di realizzare una separazione altrimenti impossibile.

La staticità delle figure umane rappresentate richiama ancora a ruoli così rigidamente fissati in un processo di "proiezione maligna" (il bambino destinato ad essere sempre tale, la femmina che può staccarsi), per cui l'intervento chirurgico che il paziente si prospetta assume metaforicamente il significato di "togliersi d'addosso" cose che non gli appartengono.

Caso 9. F. (Riassegnato al sesso maschile). Non è riuscito a disegnare la sua famiglia, riproponendo forse quel bisogno di cancellare il passato già espresso nei frequenti "non ricordo" dell'intervista guidata. E' probabilmente il paziente con la storia familiare più dolorosa (lontananza della figura materna, tentativi di suicidio in epoca adolescenziale, etc.). I due matrimoni contratti richiamano anche ad una faticosa ricerca di figure genitoriali, a patto di una manipolazione "magica" della realtà (anche la sua attività lavorativa si svolge nel campo dell'occultismo). L'iter di riassegnazione chirurgica ha avuto risultati in parte invalidanti di cui peraltro sembra poco preoccupato, perché al disagio fisico contrappone la soddisfazione per "essersi finalmente realizzato".

Caso 10. F . (Riassegnato al sesso maschile). Il disegno rappresenta il paziente e i suoi genitori. Le tre figure più che ad esseri umani fanno pensare a dei burattini inanimati, riposti appesi ai loro fili; le braccia e le gambe, rigide e distese, non hanno mani né piedi, ma terminano tutte con una sorta di cappuccio rotondeggiante, di forma francamente fallica. Nel mezzo sta la madre con braccia-peni decisamente più grandi delle altre figure e caratterizzata in senso femminile solo per i capelli. Ai lati e molto distanziati stanno un padre ragazzino con un'espressione stolida e il paziente, che si raffigura con barba, baffi, occhiali, una grossa testa sproporzionata al corpo, un pene un po' finto fuori dei pantaloni; tutta la sua figura è disegnata con tratti più marcati rispetto a quelle dei genitori. L'insieme non suggerisce l'immagine di una coppia di genitori con figlio, ma quella di un genitore con una coppia di figli. Il disegno sembra riproporre lo sforzo verso la completa mascolinizzazione compiuto dal paziente, che ha ultimato da diversi anni l'iter di riassegnazione. La discrepanza tra la grossa testa e il piccolo pene "finto" sembra indicare la maggior importanza di una Identità di Genere "mentale" rispetto a quella biologica; d'altra parte le figure genitoriali così rappresentate non richiamano certo ad una relazionalità genitale, ma piuttosto ad una relazionalità fallica. La desolazione evocata da questi tre burattini può richiamare a quella del paziente: egli sembra essersi rifugiato nella nuova identità sessuale maschile che tanto gli complica le relazioni con l'altro sesso, solo perchè lo preserva da una relazionalità sessuale "pericolosa".

Caso 11. F. Il disegno della famiglia rappresenta il ritratto - incorniciato, con vetro rotto e appeso al muro sotto un orologio - del paziente e dei suoi genitori. Spiega di non aver disegnato la famiglia ma una fotografia della famiglia con il vetro rotto per indicare la rottura con il passato ed ha aggiunto l'orologio per ribadire il tempo trascorso. I tre volti raffigurati non sono facilmente identificabili nei rispettivi ruoli: all'estrema destra sembra stare il padre; al centro probabilmente è la madre, un volto dai tratti maschili, capelli più lunghi degli altri, forse con orecchini e un ovale del viso tanto marcato che sembra abbia la barba; all'estrema sinistra, più piccolo degli altri, disegnato con tratti meno definiti e più sfumati, sta probabilmente il volto del paziente, anch'egli con fisionomia francamente maschile. Le venature del vetro rotto coprono e "sfregiano" il volto dei tre personaggi. La madre, figura di centro, appare, per come è disegnata, in primo piano rispetto agli altri due volti, più sullo sfondo. Come in altri casi non esiste relazione tra le tre figure disegnate, in più il fatto che esse vengano proposte incorniciate e sotto un vetro rotto ne aumenta il senso di immobilità cristallizzata e fragile. Considerate le fattezze di una madre così poco femminile di fronte ad un padre maschile nei tratti, ma dall'espressione più bonaria, non è difficile immaginare le difficoltà identificative della paziente alle prese con figure genitoriali che sembrano invertite nei loro ruoli. Disegnando l'orologio il paziente aveva parlato del tempo che passa, al contrario a noi pare che le lancette ferme proprio sul 3 e sul 33, così come anche la cornice e il vetro rotto, rimandino piuttosto a qualcosa di fisso e immutabile, come un'originaria triangolazione edipica mai risolta. L'unica possibilità di uscita in tali condizioni dove sono inibite evoluzione e crescita potrebbe essere uno sforzo eccezionale come la riassegnazione di sesso.

Caso 12. M. Il disegno propone più che la famiglia reale del paziente (gravemente conflittuale e da tempo disgregata) una famiglia ideale e un po' stereotipa. Vi sono infatti rappresentati ai lati i volti della madre e del padre, al centro quelli di una bambina di 3-4 anni e di un fratellino neonato. I personaggi non hanno corpo, sono privi di qualunque base di appoggio, vicini ma separati. La madre è una giovane donna sorridente, femminile e semplice, il padre con barba e occhiali ha tratti più sfumati, è più piccolo e più sullo sfondo. La bambina nella quale il paziente si raffigura ha i "codini" ben pettinati dalla madre amorevole, un'espressione sorridente e felice; il fratellino con il ciucciotto in bocca, con guance paffute, sembra altrettanto sereno e curato. L'insieme suggerisce l'immagine stereotipa e "pubblicitaria" di una famiglia felice; la mancanza di appoggio nel mezzo dello spazio bianco del foglio, ne sottolinea maggiormente la dimensione irreale e quasi onirica. Sembrerebbe che il paziente più che alludere al cambiamento di sesso, si rappresenti come collocato fin dall'infanzia nel sesso desiderato, forse in una dimensione infantile che consenta ancora la possibilità di recuperare o ricreare "ciò che non ha mai avuto". E' significativo in proposito il fatto che, pur desiderando la riassegnazione, precisi che di "un pene così come di una vagina non saprei che farmene".

Caso 13. F. Il disegno della famiglia rappresenta sei figure molto stilizzate e del tutto simili che indicano i diversi membri della famiglia. La figura del padre è la più grande e un po' distaccata dalle altre; la madre e i figli sono più o meno delle stesse dimensioni e fattezze; nelle figure non sono riconoscibili caratterizzazioni di età o di sesso: le teste come palle con una bocca sorridente, i corpi ridotti a cinque linee che rappresentano il tronco e gli arti. Solo la paziente e il fratello si toccano, le altre figure sono separate. Il disegno, infantile e provocatorio, indica un rifiuto ad esprimere dinamiche relazionali e familiari evidentemente inquietanti; tutto viene banalizzato in questa grafica povera ed essenziale. Qualcosa però forse sfugge alle difese: il padre, distinguibile per le dimensioni, più che un adulto appare un bambino più grande degli altri; la madre è addirittura più piccola dei primi due figli, il contatto tra la paziente e il fratello è probabilmente indicativo di un legame preferenziale, forse correlato ai suoi problemi di identità di genere. Il disegno ben si accorda con le modalità con cui la paziente si propone: un'adolescente in grande difficoltà che abusa di alcolici e si presenta ora come maschio rude e prepotente, ora come femmina dolce e affettuosa che adora i bambini. Considerate le caratteristiche genitoriali, anche in questo caso ci pare che i problemi dell'identità di genere della paziente possano rimandare sia alle carenze di modelli identificativi, sia alla mancata integrazione tra femminilità e mascolinità. Le sei figure del disegno forse possono stare insieme solo in quanto pupazzetti asessuati.

V - Conclusioni

Le osservazioni che proporremo, proprio per come è stata strutturata l'indagine, rimandano in parte a valutazioni più strettamente psichiatrico-cliniche, in parte a valutazioni psicodinamiche.

Il campione è composto di pazienti da inquadrare, per le caratteristiche di esordio del disturbo, per il suo andamento, per l'assenza di psicopatologia manifesta concomitante, nell'ambito dei Disturbi dell'Identità di Genere ed in particolare del transessualismo primario. La composizione del campione (8 M-F, 5 F-M) è in accordo con la riconosciuta prevalenza del disturbo nei soggetti maschi. Notiamo, però, pur nell'esiguità del nostro campione, che gli unici che hanno ultimato o stanno ultimando l'iter di riassegnazione sono tre transessuali F-M. Gli otto transessuali M-F, tutti in terapia ormonale, a volte da molti anni, sembrano meno determinati e più ambivalenti.

Non esistono, salvo il solo caso già segnalato, costellazioni familiari vistosamente atipiche; non vi sono state in particolare vere assenze di figure genitoriali (tutti i genitori sono viventi eccetto un padre), né vengono riferiti disturbi dell'identità di genere nei genitori o in altri componenti della famiglia. Abbiamo già rilevato comunque la singolarità di un elevato numero di padri precocemente pensionati, spesso a fronte di madri che hanno ancora un lavoro attivo (tab. 2).

Nelle diverse storie psicopatologiche si segnalano, in alcuni casi, difficoltà inquadrabili nell'ambito delle Reazioni di adattamento collegate al manifestarsi del Disturbo dell'Identità di Genere; in altri due casi invece problemi di alcoldipendenza e tossico-dipendenza da oppiacei. Eventuali terapie psichiatriche e/o psicoterapiche sono state intraprese in relazione al Disturbo dell'Identità di Genere, salvo nei casi già indicati in cui ci sono stati ricoveri ed esperienze comunitarie.

I dati anamnestici circa l'esordio del "Disturbo dell'Identità di Genere" sono quelli tipici del transessualismo primario.

Abitudini di vita, abbigliamento, orientamento omosessuale prevalente confermano, nella storia di tutti, il rifiuto per il sesso biologico con conseguente bisogno di adeguarsi al modello esistenziale tipico del sesso desiderato. Coesiste con tale preciso orientamento verso il sesso desiderato una rilevante problematicità della vita affettivo-sentimentale, che diventa persino più evidente con il consolidarsi dell'identificazione nel sesso desiderato: spesso anche i pazienti che riferivano di buone relazioni affettive, dopo aver iniziato l'iter di cambiamento, vivono esperienze di maggior solitudine. I due matrimoni contratti in accordo con il sesso biologico richiamano a sforzi autoterapici di recupero di "normalità"; l'unico matrimonio contratto dopo la riassegnazione fa pensare, più che a una buona relazionalità affettiva, ad un bisogno di ufficializzazione autoconfermante di una nuova identità forse non così stabile.

Per gli undici pazienti ancora in terapia ormonale, si nota il contrasto tra una dichiarata volontà di un futuro cambiamento definitivo tramite la riassegnazione chirurgica ed un iter di terapia ormonale spesso talmente lungo da indicare invece disagi ed ambivalenze al proposito. Del resto per alcuni pazienti già la terapia ormonale, che pure ha effetti reversibili, ha risonanze emotive inquietanti. Lo stato attuale dei pazienti testimonia di un adattamento discretamente buono all'identità desiderata, anche se i commenti e le osservazioni fanno intuire, al di là di dichiarazioni soggettive di benessere, il persistere di un disagio. Abbigliamento e stili comportamentali sono in nove casi consoni al sesso desiderato, senza vistosità, eccessi o bizzarrie, che invece si rilevano negli altri due casi.

L'equilibrio raggiunto dai due pazienti che hanno completato la riassegnazione sembra abbastanza stabile; in particolare non ha comportato né scompensi psicopatologici, né richieste di cure psichiatriche, né vistosi rimpianti. L'assetto affettivo di entrambi, per come descritto, non richiama però ad una relazionalità affettiva positiva e gratificante.

E' nostra impressione, anche riguardo al dibattuto problema circa il favorire o meno l'iter di cambiamento, che la determinazione dei pazienti nel perseguirlo non avrebbe consentito percorsi alternativi atti a recuperare l'accettazione di quel sesso biologico da sempre rifiutato.

I dati ottenuti al Bem Sex Role Inventory confermano quelli dell'intervista guidata sulla diagnosi di transessualismo primario per tutti i pazienti del campione. L'identificazione sessuale non è in nessun caso congrua con l'identità biologica: in un caso è un'identità indifferenziata, in 7 casi è consona al sesso desiderato, in 5 casi è di tipo androgino (in accordo con osservazioni che proporremo più avanti circa la ricerca di un "Terzo sesso" come movens più o meno consapevole nell'iter di cambiamento di alcuni pazienti). L'identificazione con il sesso desiderato sembra indipendente, almeno nella nostra casistica, dal dato concreto di una riassegnazione al sesso desiderato già o non ancora completata.

I dati dell'intervista guidata, pur raccolti nel corso di uno o più colloqui psichiatrici e quindi con una certa attenzione agli aspetti emozionali implicati nella relazione, se ci sono stati utili per delineare il problema nei suoi aspetti clinici, epidemiologici e catamnestici, non hanno consentito di cogliere, anche nel rispetto delle difese dei pazienti, conflittualità e problematiche più profonde. Il Bem Sex Role Inventory ci ha solo fornito, in quanto strumento psicometrico, una definizione dell'identità sessuale dei pazienti più oggettiva e quantificata. Gli aspetti conflittuali e difensivi sono invece emersi molto più apertamente nel test proiettivo della famiglia. In contrapposizione ad una certa anonimia dei dati dell'intervista ed ad una ricorrente pretestazione di aproblematicità, il disegno della famiglia riporta direttamente in una dimensione emozionale arcaica, carica di angosce inquietanti. La problematica edipica non risolta è ricorrente ed in molti disegni è rappresentata in maniera manifesta e conclamata. Il Disturbo dell'Identità di Genere assume in questo senso significati difensivi diversi. Questi i più ricorrenti: la negazione maniacale della competitività edipica; il rifiuto-evitamento della stessa attraverso la fuga nel cambiamento di sesso; la realizzazione, ancora attraverso il cambiamento di sesso, di una relazionalità edipica non pericolosa che ripropone un'antica indifferenziazione dei ruoli familiari. A simili problematiche sono ancora da riferire le rappresentazioni ricorrenti di padri ragazzini, di madri mascoline o dominanti, di genitori bambini o assenti, di fratelli "grandi" e rivali, ecc.

Altro aspetto di rilievo è l'enfasi caricaturale con cui molti pazienti rappresentano i propri caratteri sessuali secondari, che rimanda ad una sessualità fallica ricercata in contrapposizione ad una sessualità e relazionalità genitali temute. Ricorrono inoltre bambole e burattini, che fanno pensare ad una magica manipolazione del corpo, come tentativo di modificare la realtà. Come già nell'intervista era prevalente l'attenzione all'immagine esteriore e poco presente invece la preoccupazione per gli inevitabili limiti della riassegnazione, anche in questo caso i nostri pazienti sembrano più animati dall'intento di attenuare una "parte sessuale" pericolosa e ritornare ad essere bambini asessuati, piuttosto che realizzare un vero cambiamento di sesso. La transessualità in quest'ottica richiamerebbe più che a conflitti di identità sessuale biologica, a ben più complessi problemi di identità. In accordo con le fantasie regressive di un "bambino asessuato" sono anche le rappresentazioni delle famiglie di alcuni pazienti più sofferenti che ricostruiscono nel disegno lo stereotipo di famiglia felice che non hanno mai avuto e in cui il cambiamento di sesso consente forse, nell'immaginario, una sorta di "rinascita" in una realtà nuova, diversa da quella vissuta e sperimentata.

Altro aspetto ricorrente, oltre all'asimmetria delle figure genitoriali, è la loro mancanza di relazionalità. Si direbbe, ricordando ancora le osservazioni di Chiland (2) sui rapporti del bambino con la coppia genitoriale, che il cambiamento di sesso rimandi alla fantasia di asportare parti estranee del proprio corpo e della propria mente, nell'intento di evitare una relazionalità interna intollerabile tra oggetti inconciliabili.

Ciò richiama anche a quella ricerca di un terzo sesso né maschile, né femminile apertamente proposto da uno solo dei pazienti, ma forse inconsciamente perseguito anche da altri (ricordiamo che solo due pazienti hanno completato l'iter e un terzo lo sta ultimando, tutti gli altri parrebbero accontentarsi della terapia ormonale). Anche le bambole ed i burattini di cui abbiamo già detto, potrebbero esserne indicatori. Questa sorta di "terzo sesso" più o meno consapevolmente ricercato fa pensare alla figura mitica dell'androgino di cui parla Platone nel "Simposio" (cit. in 3) "individui discendenti dalla luna e poi tagliati in due da Giove per costruire il maschio e la femmina", ma anche ai reali cambiamenti avvenuti nei ruoli maschile e femminile, oggi meno rigidamente differenziati che in passato. Osserva Zolla (4)"L'archetipo dell'androgino si aggira per la terra. Gli uomini, toccati dalla sua ombra, si addolciscono e allentano la presa sui loro rudi e contratti ruoli e convincimenti maschili. Le donne si risvegliano a nuovi spazi, nitidi e glaciali, a piani di precisa coordinazione in cui cominciano a tracciarsi con calma il loro cammino. (...) Quando la mente si innalza al di sopra dei nomi e delle forme, non può che toccare il punto in cui anche le divisioni sessuali vengono superate". La dimensione androgina, intesa come minor differenziazione psicologica e di ruolo maschile e femminile, potrebbe avere nel transessuale una ritraduzione nella manipolazione del corpo e negli organi del corpo, con una certa analogia col pensiero concreto dello psicotico

Il corpo del transessuale, contenitore sbagliato di una mente più complessa e sfaccettata, testimone di parti femminili o maschili da celare e minimizzare, ricorda - mutatis mutandis - quello dell'anoressica, divenuto, in una sorta di paranoia intrapersonale, l'unico persecutore (5). La prevalenza del transessualismo nel sesso maschile sembra speculare a quella dei disturbi del comportamento alimentare nelle femmine, con una matrice comune da ricercarsi nella mancata sintonia tra un corpo biologico sessualmente differenziato e una mente di più complessa e articolata definizione. Il transessualismo in questo senso acquisterebbe anche una dimensione psicosomatica: sintomo e caso limite della mancata integrazione del maschile e del femminile in un'armoniosa relazionalità interna, agevole quando è stata introiettata una buona relazionalità parentale, al contrario difficile o impossibile, quando, come nei nostri transessuali, questo non è avvenuto.

BIBLIOGRAFIA

1. De Leo D., Villa A. Il problema del rilevamento delle tipologie sessuali ed il Bem Sex Role Inventory, Organizzazioni Speciale - Firenze 1986

2. Chiland C. Changer de sexe, Editions Odile Jacob, Paris 1997

3. Zolla E. Incontro con l'androgino, Red Edizioni, Como 1995 (1o ed. 1978)

4. Palazzoli Selvini M. L'anoressia mentale, Feltrinelli, Milano 1973.


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