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L. Palagi e M.L Paoletti
Psiconeuroendocrinologia |
Stimoli fisici, chimici, emozionali ecc. sono percepiti dal nostro organismo attraverso le informazioni raccolte dai cinque organi di senso convenzionali : questi eventi, recepiti ed interpretati dal sistema nervoso centrale, costituiscono gli “stimoli cognitivi”. Il sistema immunitario in grado di riconoscere particolari sostanze endogene ma estranee all’organismo, quali virus, batteri ecc. elabora a sua volta “stimoli non cognitivi”, (stimoli antigenici). I vari tipi di stimolo, esogeni (cognitivi) ed endogeni, afferiscono in ultima analisi all’ipotalamo, zona che li relaziona con il resto dell’organismo. Nel sistema nervoso centrale non
esistono aree delle quali sia possibile dimostrare anatomicamente ed istologicamente
il coinvolgimento nella regolazione di una specifica secrezione ipotalamica.
Quasi tutte le sostanze per le quali è stato proposto il ruolo di neurotrasmettitore, catecolamine, indolamine, acetilcolina, istamina,
GABA ecc. sono state identificate a livello ipotalamico e specialmente a
livello dell’eminenza mediana, ma a tutt’oggi non esiste un accordo
completo riguardo agli effetti di uno specifico neurotrasmettitore su uno
specifico “fattore” od
“ormone” ipofisiotropo. La stimolazione ipotalamica
sembra essere la conseguenza degli effetti integrati di vari neurotrasmettitori e neuropeptidi, stimolatori od
inibitori, influenzati dal pH, dalla concentrazione locale di diversi ioni e
dai livelli degli ormoni delle ghiandole bersaglio, nonché dagli ormoni
ipofisari. Comunque tanto gli stimoli cognitivi che quelli endogeni, non cognitivi, convergono verso l’ipotalamo e sono in grado di provocare da parte delle cellule secretrici ipotalamiche, prevalentemente localizzate nelle regioni parvicellulari dei nuclei paraventricolari, la liberazione di ormoni ipofisiotropi : TRH, GnRH, SRIF, CRH, GRH che hanno un ruolo fondamentale nelle comunicazioni dall’ipotalamo alla ipofisi ed alle ghiandole periferiche. A questi secreti ipotalamici
è stato dato il nome di “releasing” perché sono in grado di promuovere la
liberazione degli ormoni ipofisari, ma, di fatto intervengono anche nella
sintesi di questi ed hanno un effetto trofico su le cellule ipofisarie. I vari
releasing sono polipeptidi composti da un numero variabile di aminoacidi (tre
per il TRH, quarantuno per il CRH, dieci per il GnRH, quaranta il GRH, quattordici per la SRIF ; i releasing
sono indicati con la lettera F, fattore, quando la loro struttura non è
perfettamente definita e con la lettera H, ormone, quando al contrario la loro struttura è nota).
Il sistema immnunitario, riconosciuti gli stimoli antigenici, non cognitivi,
non soltanto elabora le risposte di difesa relative ( ad es. produzione di
anticorpi e varie sostanze citotossiche)
ma, attraverso la produzione di particolari sostanze (le citochine ed altri
peptidi (CRH ecc), contatta la filiera ipotalamo-ipofisaria e la stimola alla
produzione dei relativi ormoni che a loro volta, attraverso le ghiandole
endocrine periferiche ad es. surrene (cortisolo), modulano la risposta
immunitaria. Un’altra ghiandola endocrina,
l’epifisi, ghiandola pineale,
attraverso la sintesi di melatonina, modula tanto la secrezione ipotalamica,
interferendo nei ritmi circadiani ed infradiani, che la risposta immunitaria. Che il Sistema Nervoso Centrale possa
influenzare la risposta immunitaria è largamente dimostrato. Lesioni
dell’ipotalamo anteriore ad es. modificano l’asma; i ratti con
deficienza ereditaria di CRH, che come è noto regola la secrezione di
ACTH, sono più vulnerabili ai processi infiammatori inclusa
l’artrite e l’encefalite autoimmune. La distruzione sperimentale
dell’innervazione sensitiva delle articolazioni riduce
l’intensità del processo infiammatorio articolare indicando che
peptidi o neurotrasmettitori rilasciati localmente possono modificare il
processo infiammatorio. Le modificazioni della funzione immunitaria dopo
alterazioni del sistema nervoso centrale suggeriscono che la immunocompetenza possa essere regolata dal cervello. Sembra, ad
esempio, che i ragazzi mancini e dislettici abbiano una maggiore incidenza di
malattie autoimmuni. Il sistema nervoso può modulare
il sistema immunitario in molti
modi. Ciascuno degli ormoni dell’ipofisi anteriore è controllato
dall’ipotalamo e la loro secrezione può essere influenzata da
stimoli di origine sopra-ipotalamica come ad esempio il ritmo del sonno e
stimoli fisici ed emozionali. D’altra parte ciascuno di questi ormoni ha
un effetto, diretto o indiretto, sulla risposta immunitaria attraverso la
secrezione delle rispettive ghiandole dipendenti. Il più convincente
esempio di neuro-immuno-modulazione è l’attivazione della
secrezione adrenocorticale che si verifica in risposta a stimoli antigenici o
infiammatori. Le cellule immunocompetenti sono coinvolte dall’ormone
dell’accrescimento e dalla prolattina. I recettori del GH sono presenti
sui linfociti; gli animali deficitari di GH hanno atrofia del timo e sono
immunodeficienti ed inoltre la immunodeficienza si corregge in seguito al
trattamento con GH. La prolattina, oltre ad essere un essenziale fattore di
accrescimento in una linea di cellule linfoidi, si lega a specifici recettori
di varie classi di linfociti e ne stimola
la secrezione di citokine. La ciclosporina, una sostanza
immunosoppressiva, lega i recettori della prolattina. Il trattamento con
bromocriptina, sostanza che inibisce la secrezione di prolattina, migliora
l’encefalite sperimentale autoimmune e, limitatamente agli studi condotti
nell’uomo, migliora varie malattie autoimmuni incluse la psoriasi,
l’iridociclite e l’irite. Gli estrogeni secreti dall’ovaio
aumentano l’incidenza delle malattie autoimmuni. Una seconda via di regolazione nervosa
della funzione immunitaria è quella che si realizza attraverso il
sistema nervoso simpatico mediante liberazione di catecolamine a livello delle
terminazioni nervose autonomiche e della midollare del surrene.
L’attivazione del sistema nervoso simpatico o l’iniezione di
adrenalina causa leucocitosi, linfopenia (per sequestro) e inibizione dell’attività
delle cellule natural-killer. I principali organi inmmunoregolatori (linfonodi,
timo, milza e placche intestinali di Peyer ) sono abbondantemente innervate da
fibre del sistema autonomico e la immunosoppressione periferica indotta
dall’iniezione intracerebroventricolare di CRH è parzialmente
inibita dal blocco autonomico periferico. I neuroni sensitivi contengono una
varietà di neurotrasmettitori e neuropeptidi che possono influenzare la
funzione linfocitaria, la sostanza P, il polipetdine intestinale vasoattivo
(VIP), l’angiotensina II, la somatostatina ed infine il peptide
calcitonina gene-correlato. Il timo secerne anche molti peptidi
immunoregolatori e la secrezione
di alcuni di essi è direttamente regolata dal sistema nervoso autonomico
(o indirettamente attraverso gli ormoni ipofisari). La sostanza P e la sostanza
K, secrete dalle terminazioni delle vie afferenti sensitive, stimolano le
cellule immunocompetenti a secernere le citochine infiammatorie. L’integrazione,
a livello ipotalamico, di stimoli provenienti dal sistema nervoso, da quello
endocrino e da quello immunitario è dunque evidente :
l’ipotalamo è il crocevia attraverso il quale gli stimoli
cognitivi possono influenzare vari aspetti della patologia internistica (manifestazioni vegetative, patologia tiroidea,
funzioni genitale, l’apparato cardiovascolare, la coagulazione, la
trombolisi, la malattia ulcerosa, l’asma bronchiale, le mesenchimopatie
reattive, ecc.). Comunque,
durante la fase acuta della risposta agli stimoli endogeni, le citochine,
contribuiscono a stimolare le cellule neurosecretrici ipotalamiche alla
secrezione del CRH ( la posta acuta è sostenuta, in questo caso, dal sistema
delle citochine, Il-1, IFN-gamma , TNF-alfa, e Il-6 prodotte sia nel SNC che nei linfociti periferici ) LA RISPOSTA ALLO STRESS Lo stress è la risposta dell’organismo a
particolari stimoli indicati come stressors. Si tratta di stimoli cognitivi e
non cognitivi in grado di evocare, attraverso la produzione ipotalamica dei
vari releasing, un aumento della produzione e della liberazione ipofisaria di
varie tropine tra le quali soprattutto lo ACTH (ormone che stimola la zona
corticale delle ghiandole surrenali). Come abbiamo già detto le
sostanze ipofisiotrope ipofisarie sono numerose, ma quella che tra loro assume
la importanza maggiore nella risposta da stress è, senza dubbio, il CRH (o CRF), un peptide a quarantuno aminoacidi che si trova
soprattutto nell’ipotalamo ma anche in aree cerebrali extraipotalamiche
oltre che in numerosi siti periferici (placenta, cellule immunitarie,
testicolo, neoplasie ecc.). Le variabili in grado di condizionare questa
risposta sono la durata e la qualità dello stimolo e la valutazione cognitiva che ne viene
fatta dal sistema nervoso centrale: la risposta può essere di breve
durata (acuta) o, al contrario, persistere nel tempo (cronica). Nel corso della risposta acuta, il
releasing corticotropinico (CRH), provoca attraverso la stimolazione del locus
ceruleo, la liberazione di importanti
quantità di noradrenalina, il neurotrasmettitore responsabile di
caratteristiche modificazioni comportamentali (attivazione adrenergica):
ipervigilanza, abbassamento della soglia dei riflessi, anoressia, riduzione
della libido, tachicardia, ipertensione arteriosa sistemica. La
principale azione del CRH è tuttavia quella di determinare la secrezione
da parte dell’ipofisi della
corticotropina ipofisaria o ormone adreno-cortico-tropo, ACTH, l’ormone che induce la zona corticale delle
ghiandole surrenali alla produzione di cortisolo ed altri steroidi e di altri derivati della proopiomelanocortina (probabilmente
questa azione si esplica attraverso un meccanismo cAMP dipendente).
IMMUNITARIO Il cortisolo, raggiunto un determinato livello ematico,
inibisce la produzione di ACTH e quindi la stimolazione della corteccia
surrenalica (feed-back negativo). La stimolazione surrenalica, in molte
condizioni assume un aspetto persistente nel tempo; le conseguenze a medio e
lungo termine
dell’ipercorticosurrenalismo, oltre alla riduzione delle difese
alle aggressioni esterne, sono rappresentate da alterazioni vascolari, ipertensione arteriosa, alterazioni
metaboliche complesse ecc.. Su i
meccanismi attraverso i quali particolari stimoli cognitivi, ad es.
psicosociali, possono sostenere una stimolazione persistente (cronica) del
sistema ipofisi- surrene, può essere interessante ricordare
l’ipotesi di Laborit, secondo il quale l’inibizione dell’azione avrebbe da sola questa capacità.
L’inibizione dell’azione si realizza quando una pulsione non può arrivare ad esprimersi
per una mancata identificazione sia degli stimoli che dei modelli cognitivi di
riferimento. Afferma Laborit
“quando non si possono realizzare né ricompense, né
fuga, né lotta ... si ha un incremento a feed-back positivo di ACTH e
cortisolo, che si mantiene
fin tanto che non interviene l’atto gratificante in grado di
spezzare il circolo
vizioso”. Il feed-back positivo tra ACTH e cortisolo, e pertanto la persistente condizione di ipercortisolemia, sarebbe responsabile, attraverso l’inibizione delle interleuchine, della riduzione delle difese immunitarie, dell’ipertensione arteriosa sistemica oltre che di complesse alterazioni metaboliche.
INTERAZIONI TRA GLI ORMONI PEPTIDICI ED IL SISTEMA
NERVOSO Esistono prove che gli ormoni
peptidici ipofisari ed in particolare lo ACTH, la Beta endorfina, lo MSH e la vasopressina, hanno, nel
ratto, spiccati effetti sull’apprendimento e sul comportamento. E’ stato anche dimostrato che frammenti di
questi peptidi, privi dell’azione ormonale, conservano gli stessi
effetti. Il frammento più piccolo che si è dimostrato efficace
nei processi di apprendimento è la sequenza aminoacidica da 4 a 7 della
molecola dello ACTH ; gli
effetti su la memoria possono essere esercitati dal frammento 4-10. E’
stato ipotizzato che queste sostanze agiscano sull’apprendimento
aumentando lo stato di veglia. La
b endorfina ed alcuni frammenti oppiacei più
piccoli, come anche le encefaline, mostrano effetti sul comportamento. Un
effetto facilitante l’apprendimento è stato anche descritto per le
a e b endorfine
mentre la g endorfina avrebbe effetto contrario. Sul fatto che la somministrazione di
ACTH 4-10 sia in grado di migliorare il livello di attenzione e la
discriminazione visiva, i risultati degli studi, condotti in genere su
volontari sani, sono contrastanti. La somministrazione di lisinvasopressina (e
di un analogo di sintesi) sembra determinare un miglioramento nelle prestazioni
di alcuni test atti a misurare la memoria a lungo termine. Si sono anche ottenuti miglioramenti in soggetti affetti da amnesia
retrograda. EFFETTI DEGLI ORMONI DELLE GHIANDOLE PERIFERICHE SU LA FUNZIONE DEL SNC Disturbi sia delle funzioni
cognitive che affettive sono stati descritti in molte malattie di interesse
endocrino. I pazienti con insufficienza surrenalica cronica (morbo di Addison) presentano spesso
confusione mentale e depressione; qualche volta la depressione si manifesta
negli stadi iniziali dell’iperfunzione surrenalica, ma è frequente
quando l’iperfunzione, in seguito a trattamento, è trasformata in
ipofunzione. L’euforia è un sintomo comune in corso di terapia
cortisonica ed in questi pazienti
sarebbero frequenti le psicosi. Il 50% dei pazienti con iperparatiroidismo
mostra alterazioni cognitive, il 10% andrebbe incontro a
psicosi ed il 30% a sintomi
psichiatrici inclassificabili . Gli ipotiroidei, ed anche in misura minore gli ipertiroidei, manifestano deterioramento della memoria a breve
termine e difficoltà di concentrazione. In circa il 50% dei pazienti in
stato di psicosi acuta si trovano elevati livelli ematici di tiroxinemia che
ritornano generalmente alla norma senza alcun trattamento specifico. Possiamo ricordare le
alterazioni del comportamento in relazione al ciclo mestruale. La sindrome della tensione premestruale è
stata ripetutamente descritta. Sebbene sia variabile, i sintomi più
frequentemente riportati sono : cefalea, depressione, nausea, alterazioni
del desiderio sessuale, irritabilità. Si è ritenuto che fosse in
rapporto con una riduzione dei livelli plasmatici di progesterone o con una
aumentata concentrazione delle MAO, ma le ipotesi debbono essere confermate. Altro esempio di queste relazioni
è rappresentato dalle modificazioni comportamentali che si osservano al
momento della pubertà nei soggetti con deficit della 5-a reduttasi (soggetti geneticamente maschi, con
fenotipo femminile fino alla pubertà, che modificano il loro
comportamento sessuale in seguito all’aumento della secrezione di
testosterone che si realizza nell’età puberale ). RELAZIONI TRA SINDROMI PSICHICHE E
SISTEMA ENDOCRINO Diversi studiosi hanno trovato
una corrispondenza tra livelli di corticotropine releasing hormon (CRH)
liquorale, attività dell’asse ipotalamo-ipofisi-surrene (HPA) e
sindromi psichiche. Esiste un’associazione tra
patologie infiammatorie autoimmunitarie e sindrome depressiva, essendo entrambe
le condizioni caratterizzate da un deficit di risposta al CRH. Una difettosa
responsività ipotalamica potrebbe essere alla base di patologie
psichiche ed immunitarie. Tali considerazioni sono alla base di interventi di
tipo neurofarmacologico nell’approccio terapeutico verso alcune malattie
come ad es. l’artrite reumatoide : agenti capaci di determinare un
incremento di CRH ipotalamico ( ad
es. farmaci serotonino agonisti, o sostanze che interferiscono su le influenze
inibitorie a livello dei neuroni CRH secernenti, come ad es. naloxone) sono
impiegati, talora con vantaggio, nella patologia infiammatoria e nella sindrome
depressiva. D’altra parte è noto che i
pazienti con depressione unipolare
secernono più cortisolo, hanno un maggior numero di episodi secretori,
un tempo di secrezione attiva maggiore di giorno e di notte, ed un ritorno alla
normalità con la scomparsa della sintomatologia depressiva. I soggetti
depressi sono resistenti al test di soppressione con desametazone (il
desametazone inibisce la secrezione ipofisaria di ACTH per un tempo più
breve). Dopo brusca sospensione del trattamento cortisonico (anche dopo
surrenectomia, irradiazione ipofisaria o ipofisectomia) è frequente una
sindrome depressiva che risente del trattamento costisonico (euforia, più o meno
accentuata si osserva spesso con l’inizio della terapia cortisonica).
Negli stati depressivi si può talora notare una ridotta concentrazione di somatotropina. Il nanismo psicosociale (sindrome da deprivazione emotiva) è caratterizzato da bassi livelli di ormone
dell’accrescimento (GH) e di corticosteroidi che tornano rapidamente alla
norma in seguito ad adeguate
modificazioni ambientali. La possibilità che alcuni
aspetti della personalità, del comportamento od anche alcuni stati
emozionali possano influenzare il decorso delle malattie è conosciuta. Si è sostenuto di poter ottenere,
con mezzi psicologici, la remissione di una spondilite anchilosante; la stessa
possibilità è stata sostenuta a riguardo di alcune neoplasie:
l’inibizione della funzione neuroendocrinoimmunitaria potrebbe
influenzare l’incidenza o il decorso della neoplasia causando una perdita
della sorveglianza immunitaria o riducendo la produzione o la funzione di
cellule natural-killer . Certe forme di stress sembrano
influenzare la salute e la funzione immunitaria nell’uomo. I parenti di
pazienti con demenza hanno una compromessa reattività linfocitaria come
molte persone che risiedevano nell’area del “Three Mile Island
Nuclear Disaster”. La produzione da parte dei linfociti di
interferone e l’attività delle cellule natural- killer è
ridotta negli studenti di medicina durante il periodo degli esami. In uno studio condotto su uomini
“gay” per determinare le conseguenze neuroendocrine e immunologiche
del rendere loro noto lo stato di sieropositività HIV, si è
rilevato che la reattività linfocitaria praticamente raddoppiava dopo
che a queste persone era stato notificato di non essere infetti. La possibilità che il decorso ed
anche il verificarsi di neoplasie possa essere modulato da meccanismi
psiconeuroimmuni è stata recentemente avanzata. Un gruppo di ricercatori
ha istruito i pazienti con cancro a visualizzare i loro globuli bianchi
nell’atto di distruggere le cellule maligne e molti altri hanno
sottolineato l’importanza dell’atteggiamento nel decorso del cancro.
In supporto dell’opinione che fattori emozionali possono influenzare il
decorso del cancro sono gli studi del comportamento e della depressione e
dell’influenza di consulenza di psicoterapia su un gruppo di pazienti con
metastasi. La risposta linfocitaria ai mitogeni è
diminuita nei vedovi e questa anormalità può persistere per oltre
un anno; dopo la morte delle mogli
si osserva un aumento di
mortalità tra i vedovi. Numerosi studi sono stati condotti
sull’effetto della depressione sulla funzione immunitaria. In una
revisione di ventidue di questi studi Stain et al. hanno concluso che la
depressione non è associata con immuno-soppressione. Comunque in alcuni
studi sarebbe stata fornita la dimostrazione di una ridotta immunità naturale nella depressione:
l’attività delle cellule natural-killer sarebbe ridotta soltanto
nell’uomo e non nella donna e sarebbe inversamente correlata con il grado
dell’insonnia ma non con l’intensità della depressione. La
psicoterapia e l’uso di terapia di supporto di gruppo migliorerebbero il
decorso dei pazienti con cancro e prolungherebbero la sopravvivenza in pazienti
con metastasi di cancro della mammella o di melanoma maligno. L’aumento
dell’attività delle cellule natural-killer è stato rilevato
in pazienti con melanoma maligno che hanno partecipato a sedute di “group counseling”. Le caratteristiche psicosociali non
sono predittive della sopravvivenza nei pazienti affetti da cancro, la
personalità premorbosa non predice il verificarsi del cancro e la
sintomatologia depressiva non è correlata con il rischio di cancro. I pazienti con AIDS sono un gruppo nel
quale gli effetti della depressione sulla funzione immunitaria potrebbero
essere importanti. Sintomi depressivi non sono correlati con CD 4 o CD 8
linfociti. RELAZIONI
SISTEMA IMMUNITARIO E SISTEMA ENDOCRINO Le citochine agiscono sulla
secrezione di GnRH,
inibendola; probabilmente questa
azione si esplica attraverso il CRH, lo ADH, la noradrenalina, le
prostaglandine e le endorfine ; gli effetti delle citochine a livello
dell’asse ipofisi-testicolo sono complessi, inibenti e stimolanti a vari livelli,
tuttavia è noto che nei pazienti cronicamente malati le gonadotropine ed
il testosterone sono ridotti (ipogonadismo ipogonadotropo secondario a malattia
cronica). Per quanto riguarda
l’ovaio, esiste un completo
sistema di agonisti ed antagonisti e recettori delle citochine ; i
vari studi suggeriscono che la IL-1 partecipi alla crescita ed alla maturazione
del follicolo, alla crescita del corpo luteo ed alla successiva luteolisi.
Tuttavia , nonostante il loro ruolo nella normale ovulazione, le citochine
presentano un generale effetto inibitorio su la produzione di gonadotropine che
può spiegare la presenza di ipogonadismo ipogonadotropo, la
anovulazione, la oligoamenorrea e la infertilità nel corso di malattie
infiammatorie ed in seguito a stress fisici e psichici. La IL-1 , la IL-6 ed il
TNF-alfa esercitano effetti
stimolanti sia sul GHRH che sulla somatostatina ed effetti stimolanti
sullo stesso GH; ne deriva che i
livelli di GH sono elevati durante la fase acuta dello stress, come nel corso
di malattie infiammatorie. Tuttavia in clinica il ritardo di crescita che
generalmente segue a prolungati periodi di flogosi suggerisce che la risposta
acuta possa causare una resistenza al GH ed al IGF-1. La IL- 1, attraverso
l’azione della dopamina, del VIP e del TRH, inibisce la secrezione di prolattina. La IL- 1 sembra infine
aumentare la secrezione di ADH
(ormone antidiuretico, adiuretina) verosimilmente nel tentativo di ripristinare
pressione e volume ematici ridotti
in corso di shock settico) ed incrementa la produzione di ossitocina. Molte citochine interferiscono
col sistema Renina-Anagiotensina-Aldosterone a vari livelli. Tanto la IL-1 che il TNF-alfa stimolano la secrezione reninica attraverso meccanismi prostaglandino-dipendendenti e non
dipendenti. L’IL-6 insieme con i glicocorticoidi, ma non da sola, esalta
la sintesi dell’angiotensinogeno epatico. La IL-1 sembra sinergica con
l’ACTH nello stimolare la sintesi dell’Aldosterone ma, in
contrasto, ambedue, la IL-1 ed il TNF-alfa , attenuano il rilasciamento
dell’angiotensina II indotta dall’Aldosterone attraverso la via
delle prostaglandine. Le prostaglandine sono anche coinvolte nell’attenuazione
del feed-back negativo dell’Angiotensina II sulla secrezione reninica. In pazienti criticamente malati
si può osservare una iper-reninemia con inappropriatamente bassi livelli
di aldosterone. In sintesi l’effetto predominante delle linfochine su
questo sistema è stimolare la secrezione reninina ed inibire la sintesi
dell’aldosterone . In conclusione, le
citochine pro-infiammatorie attivano l’asse ipotalamo-ipofisario
surrenalico, stimolano l’ADH e l’ossitocina e la secrezione
reninica ma inibiscono il GH, la PRL e l’aldosterone ed hanno complessi
effetti sull’asse ipotalamo-gonadico. Diverse condizioni, come
l’ipogonadismo ipogonadotropo, l’infertilità, i ritardi di
accrescimento e l’ipoaldosteronismo iper-reninemico, possono essere il
risultato di una prolungata produzione di citochine. Una squilibrata produzione di citochine può
essere implicata nella produzione di adenomi pituitarici. Le citochine, in particolare la
IL-1 ed il TNF-alfa, inibiscono il rilasciamento del TRH e
stimolano la liberazione di somatostatina e di dopamina, inibendo fortemente la
sintesi del TRH. In contrasto, sulle cellule ipofisarie alcune citochine
stimolano la liberazione di TSH. Comunque, gli effetti sul TRH sono
probabilmente dominanti
perché il TSH plasmatico è basso durante la fase acuta
della risposta. A livello della tiroide, basse concentrazioni di IL-1 stimolano
ed alte concentrazioni inibiscono la funzione dei tireociti. Le cellule
tiroidee esprimono molte citochine e recettori per le citochine, indicando che
queste ultime servono come regolatori autocrini della funzione tiroidea. Le citochine inibiscono
l’espressione della perossidasi tiroidea. In aggiunta, la IL-6 inibisce
l’espressione della TBG nelle cellule epatiche , in accordo con i ridotti
livelli di TBG trovati nelle malattie non tiroidee. In sintesi, l’effetto
prodominante delle citochine sull’asse ipofisi-tiroide è
inibitorio; esse probabilmente contribuiscono alla cosidettta “sick
euthiroid syndrome”,
caratterizzata, come è noto, da bassi o normali valori di TSH ,di T3 e
di T4 e da alti valori di r-T3. Come è stato accennato, i
tireociti, se appropriatamente stimolati, sono capaci di produrre varie
citochine, ancora più delle altre cellule endocrine. La produzione di
citochina da parte del tireocita è soggetta ad una complessa
regolazione: ad es. tireociti normali, come anche il tessuto tiroideo del Morbo
di Graves e delle Tiroidite di
Hashimoto, producono la IL-6. La produzione di IL-6 è
indotta da concentrazioni sub-letali di fattori
del complemento, da IL-1 , dal TNF-alfa, dall’INF-gamma , dal TSH e da vari fattori che aumentano il contenuto del tireocita in
c-AMP. NEUROREGOLATORI E RECETTORI COMUNI ALLE CELLULE IMMUNOCOMPETENTI E NEUROENDOCRINE. Le cellule immunocompetenti contengono
molti peptidi, ormoni, e recettori classicamente associati al tessuto nervoso
ed alle ghiandole endocrine. Il sistema immune dell’intestino è
innervato da fibre simpatiche e parasimpatiche, un gruppo delle quali contiene
VIP. Il VIP secreto dai nervi nelle placche di Peyer può modulare la
funzione immunitaria regolando il traffico delle cellule immunocompetenti
attraverso l’intestino tenue. I linfociti contengono proopiomelanocortina
mRNA, che codifica la corticotropina, le endorfine e l’ormone a-melanocitostimolante e l’immunoreattività corrispondente
a ciascuno di questi peptidi. I linfociti possiedono anche recettori
per questi peptidi, glucocoricoidi e ormone CRH. L’espressione del gene
proopriomelanocortina nei linfociti come nei corticotropi ipofisari, è
aumentata dal CRH e ridotta dai glicocorticoidi. Il CRH è anche secreto
dai monociti dell’infiammazione ed ha proprietà infiammatorie. È probabile che i peptidi propriomelanocortina-derivati
abbiano un ruolo nell’infiammazione. Per es. la somministrazione
cerebrale di a-MSH inibisce la febbre indotta
dall’interleuchina 1 e può inibire la produzione di plostaglandina
E attraverso i fibroblasti stimolati dall’interleuchina 1. Se la
corticotropina derivata dai linfociti sia importante nell’aumentare la
secrezione della corticale dei surreni
è ancora controverso, tuttavia ne è stata riferita un
osservazione in un caso di sindrome di Cushing da secrezione ectopica di
corticotropina. I linfociti conterrebbero tireotropina
immuneoreattiva la cui secrezione, come nell’ipofisi, è attivata dal TRH e inibita
dall’ormone tiroideo ed anche mRNA codificante per l’ormone
dell’accrescimento e per la prolattina (PRL). La secrezione di PRL da
parte dei linfociti assume un rilievo particolare in quanto, gli anticorpi
anti-PRL sono in grado di
inibire la risposta linfocitaria
in vitro. Tuttavia, benché la secrezione di neuropeptidi e di
neurotrasmettitori da parte dei linfociti possa esercitare importanti effetti
paracrini ed autocrini, se queste secrezioni possano agire a livello sistemico
resta da stabilire. TAB.I- PEPTIDI DEI SISTEMI NEURO - ENDOCRINO - IMMUNITARIO
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