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A. M. P.
SEMINARI
di Neuropsichiatria e Psicoterapia
Tavola Rotonda 2003
Maria Antonia Ferrante

Psicopedagogia nelle scuole



Introduco il tema che tratterò nel breve lasso di tempo concessomi comunicando un concetto dello psicologo-sociologo e pedagogo Kurt Lewin:
“Il pensiero, i sentimenti e il comportamento degli individui sono influenzati dalla presenza reale, immaginaria od implicita di altri esseri umani”.
Niente di nuovo; è, questo, un concetto familiare a molti, ma nell’ambito della presente relazione esso assumerà un’importanza fondamentale in quanto mi appresto a parlare di preadolescenti e di adolescenti, gruppo( di persone) più vulnerabile, di quanto non sia un gruppo di adulti, nel condizionamento da parte di modelli comportamentali negativi.
Nella famiglia, prima di tutto, e successivamente nell’ambito delle prime relazioni extrafamiliari e nell’ambito scolastico, si pongono le basi sulle quali i nostri giovanissimi ragazzi edificano le loro ideologie, le loro credenze, i loro principi etici
Qualche breve nota sulla preadolescenza e sull’adolescenza favorirà la comprensione degli interventi da me adottati, nel corso di gran parte dell’anno scolastico 2OO2-2OO3 nell’intento di aiutare i ragazzi, che ho seguito e che continuo a vedere,a capire i loro problemi ed a tentare, insieme a loro, alle famiglie ed agli insegnanti, di risolverli più o meno radicalmente.
Il pre-adolescente, come pure l’adolescente (età compresa fra i 12 ed i 16 anni, più o meno), in virtù del periodo di pieno sviluppo evolutivo, tende ad ampliare il suo spazio di vita, non solo socialmente, ma spesso anche geograficamente essendo il nostro periodo storico caratterizzato da un dinamico flusso di immigrazione, soprattutto, ma anche di emigrazione verso aree più o meno distanti dal luogo di nascita di molti ragazzi.
Ciò induce a confrontarsi con luoghi sconosciuti, con culture diverse, spesso con un’altra lingua. L’adattamento è lungo e non facile.
Il corpo del pre-adolescente tende a mutare e nell’adolescenza appaiono già chiari i segni di una fisionomia nuova che spesso si accetta con difficoltà, risultando difficile anche il farla accettare agli altri. I lineamenti del volto si assestano in nuove espressioni, la voce dei maschi cambia tono, compaiono i peli e la peluria, il corpo delle ragazze, spesso, si arrotonda con il sopraggiungere del menarca.
Posto fra l’infanzia e la giovinezza, il preadolescente, come l’adolescente, deve attraversare uno spazio cronologico insidioso che anticamente richiedeva, per questi ragazzi, la pratica dell’iniziazione. Attraverso rituali magico-religiosi si poneva il ragazzo nella condizione di sperimentare la difficoltà, anche dolorosa, del passaggio da una età all’altra.
Venuta meno l’esperienza iniziatica, a parte i casi fortunati, molti ragazzi praticano l’autoiniziazione. I giochi rischiosi, come quello di sfidarsi nelle corse con il motorino sul quale si viaggia anche in due, i video-giochi violenti, la play-station, il tatuaggio, le varie forme di percing, nonché la frequenza di luoghi interdetti, il fumo, la droga e le pratiche sessuali premature danno la misura del mondo dei giovanissimi, soprattutto di quelli stanziati con le famiglie nelle aree periferiche, sovraffollate, delle città, dove scarseggiano le strutture sportive.
e ricreative.
In tali condizioni i rischi che i preadolescenti e gli adolescenti corrono sono:la disistima per il giudizio emesso nei loro confronti, in special modo dagli adulti, l’insicurezza, l’uso inadeguato dell’aggressività, che non divenendo adattiva, genera processi involutivi fino allo stato patologico
Passo ora a dirvi dell’intervento, in atto,che, conduco presso una Scuola Media di periferia. Mi asterrò dal nominarla affinché non ci sia alcuna identificazione. Tale scuola è periferica, sovraffollata e con un alto tasso di presenza di extracomunitari, soprattutto di Cinesi, Peruviani e immigrati del Bangla-Desh. Il numero degli alunni, per ogni classe, è piuttosto elevato. Di questo, 5 o 6, ma anche di più, nella Scuola Succursale,sono stranieri.
Notevole è anche il numero dei genitori, i cui figli frequentano questa Scuola, che sono separati o divorziati e che hanno trovato una nuova compagna o compagno generando altri figli. Molto spesso le madri, alle quali generalmente i figli sono affidati, lavorano dalla mattina alla sera e pertanto i ragazzi, uscendo dalla scuola intorno alle 13,30, devono autogovernarsi con qualche vantaggio, come quello, che in un certo senso, favorisce l’autonomia, ma con gli svantaggi relativi alla solitudine.
E’ chiaro che comunico questi dati generalizzando, in quanto, come è presumibile supporre, non mancano in questo spazio di tessuto cittadino, delle famiglie unite o genitori che quantunque separati, provvedono adeguatamente ai propri figli.
Il mio intervento in questa scuola ha avuto inizio nel mese di gennaio di questo anno. Le ore settimanali del lavoro che ivi svolgo sono distribuite fra la sede centrale e una delle sedi succursali .Ci sarebbe bisogno di interventi più ravvicinati, ma per questo anno sembra che non si sia potuto fare di più.
Il modello operativo da me adottato potrei definirlo”circolare”, nel senso che, dopo la segnalazione di un insegnante circa le difficoltà di uno o di più di uno dei suoi alunni, e dopo l’autorizzazione dei genitori, o almeno di uno dei due, io vedo il ragazzo. Posso anche iniziare a colloquiare con i parenti dell’alunno, qualora venga espresso tale desiderio Dopo aver ultimato questa prima fase di intervento, incontro l’insegnante o gli insegnanti dell’alunno per informarli e programmare insieme, sempre se sono collaborativi, delle strategie di intervento, le mie e le loro, in sintonia
Definisco il mio apporto psicologico presso le scuole sunnominate di due livelli perché mi sono avvalsa non solo della comunicazione verbale come mezzo per permettere agli allievi di esprimersi, ma anche di mezzi, direi ludici, che divertono mirando a promuovere riflessioni, domande ed a sollecitare l’acquisizione delle regole, almeno minime, di un buon comportamento.
Tale livello, sebbene io l’abbia utilizzato anche per le sedute individuali, ha trovato una sua ottima collocazione nel piccolo gruppo della scuola succursale formato da sei allievi,quattro stranieri e due italiani, di età compresa fra i 12 e i 16 anni.
L’adozione del “mimo”, la tecnica che si avvale della gestualità, più che della parola, ha dato buoni risultati .Soprattutto agli stranieri, due dei quali sono giunti a Roma da pochi mesi. Con i gesti, questi ragazzi sono riusciti ad esprimere molte emozioni. Non conoscendo che poche parole della lingua italiana si bloccano ogni qual volta sono costretti ad usare il nostro vocabolario, terrorizzati dal fatto che i colleghi italiani ridono ad ogni loro errore .I giochi che definisco di carattere correttivo-pedagogico-didattico sono molto semplici; essi rientrano nella vasta casistica dei giochi di gruppo che i ragazzi praticavano quando la televisione e il computer non avevano ancora spiazzate le antiche modalità ricreative.
Dire il contrario di una parola o di una frase, cerare il nome di un fiore, di un animale di un fiume o di una città, recitare una piccola poesia nella propria lingua, sono sistemi che impegnano il gruppo ed ogni suo elemento a conservare l’ordine, ad abituarsi alla pausa, necessaria per riflettere per poi rispondere. Con questi giochi, l’alunno apprende nozioni, ma soprattutto entra in comunicazione collaborativi con gli altri, in un clima che esclude la critica distruttiva, che guarda con indulgenza all’errore, trasformando il momento difficile, causato a volte dall’attacco punitivo dell’un ragazzo verso l’altro, in un clima di ironia benevola o addirittura comica.
Il gruppo si è espresso anche a livello grafico, disegnando, inventando storie rese con il fumetto, attività, questa, che mi ha aiutato ad esplorare il mondo familiare dei ragazzi. Un esempio è il seguente. Carmen una ragazza peruviana di 16 anni, da poco in questa scuola, insieme alla sorella gemella, non è mai riuscita a dire una parola circa l’Italia, circa la differenza fra il suo e il nostro paese, mai una parola,né di compiacimento, né di delusione. Nel periodo delle feste pasquali lei, la gemella e la sorella maggiore sono andate a Venezia. Carmen non ne ha parlato, ma per più e più volte ha disegnato paesaggi veneziani e soprattutto la cupola di San Marco.
Angelica, una delle due italiane, refrattaria al gruppo,si è proposta quale mia aiutante quando abbiamo proiettato delle diapositive e quando abbiamo deciso,utilizzando delle maschere facciali di realizzare delle scenette il cui tema è stato, per parecchie sedute,”L’angelo e il diavolo .Il bene e il male.”Un solo, sufficiente indicatore, mi ha convinta dell’efficacia del modello”Parola ed azione”;ogni qualvolta la seduta di gruppo finiva,spesso dopo due ore, i ragazzi, tutti, insistevano affinché si prolungasse.
A chiusura di questa relazione darò la prova, né so quanto possa essere generalizzata, della perfetta correlazione che spesso corre fra il comportamento di una madre e quello, mascherato e controllato, a causa di forte ansia, di conflittualità e di paura, del figlio; nel nostro caso di una figlia .Anna, il nome è alterato, svolge nei seguenti termini una parte del tema assegnato in classe dall’insegnante di lettere. Titolo:”Prova ad inventare una fiaba, oppure modifica una tra quelle che hai letto cambiando i ruoli dei personaggi, il luogo e il tempo in cui si svolgono i fatti, o riscrivendo il finale.”
Anna scrive, a conclusione del tema “Cappuccetto Blu”; questo il nuovo titolo che Anna ha dato alla ben nota fiaba”.”Cappuccetto, uscita dalla pancia del lupo, uccise suo nono con il fucile e poi tornò a casa, e poi( ricopio senza apportare correzioni) prese il coltello e tagliò la pancia della nonna, prese il fegato, prese una padella, lo cuosse( l’insegnante corregge,”lo cosse”) e se lo mangiò. Poi andò a prendere il nonno e lo seppellì. Poi entrò dentro casa e prese la nonna e seppellì anche lei. Poi ritornò, da sua madre e gli rompe(l’insegnante corregge”le ruppe”)un vaso in testa. Poi Cappuccetto Blu si impiccò all’albero della foresta e morì. Questa è la storia di Cappuccetto Bleu.
E’ superfluo sottolineare la drammatica sequenza, senza respiro, di queste immagini di morte, a catena. Ci siamo chiesti io e l’insegnante da dove potesse aver avuto origine tanta fantasia distruttiva in una bambina di 12 anni, per altro molto docile ed educata, come mi ha informata il suo professore, prima che la conoscessi. Una esuberanza immaginativa indirizzata maleficamente, oppure l’indizio di una grande sofferenza, di un disagio e di un grosso conflitto familiare?La risposta l’ha fornito l’incontro che ho avuto con la madre, alla presenza dell’alunna: La signora si è presentata al colloquio dimostrando immediatamente un’inappropriata aggressività rivolta soprattutto contro il corpo docente che la convocava senza averla avvertita antecedentemente del motivo della convocazione. Ho messo in atto, per colloquiare serenamente, tutte le strategie utili a calmarla, aiutata da Anna che ripetutamente diceva” mamma, ora non ti agitare”. Supponendo che fosse stata convocata per qualche manchevolezza della bimba, o per un suo scarso rendimento scolastico, e su ciò l’ho prestamente rassicurata, sono stata costretta a non rivelare il vero motivo dell’incontro, il tema. La signora è apparsa, durante l’ora in cui si è trattenuta, aggressiva ad alto livello. Ha impedito che la figlia rispondesse liberamente alle domande che le ho rivolto circa gli interessi, le amicizie,le difficoltà scolastiche. La madre, o rispondeva al posto della ragazzina, oppure le preparava la risposta da fornirmi. Ho osato rivolgere ad Anna, questa sola domanda indagatrice:” Vai più d’accordo con la mamma oppure con papà?”La bimba alza gli occhi verso la madre ed in essi mi sembra di scorgere un lampo di sfida. “Vado più d’accordo con papà, mamma pratica la faide, se le fai un piccolo sgarbo si vendica troppo” .La signora si lascia sfuggire un sorriso di soddisfazione ed aggiunge: Non mi fido di nessuno, solo di me stessa, non ho amici e non ne voglio”. Inutile dirvi quanti altri indizi ho potuto raccogliere su questa donna circa la quale mi permetto di dire, sebbene l’abbia appena incontrata che è portatrice di un disturbo della personalità riconosciuto o meno,recente o antico, non lo so, bisognerebbe incontrarla ancora e per molte sedute .Con l’insegnante di Anna, in accordo con tutto il corpo docente, compresi i bidelli che rappresentano una fonte di informazioni preziose in quanto vedono ogni giorno alunni e famiglie, di rinviare il possibile recupero della bimba e della madre al prossimo anno scolastico essendo mancato attualmente il tempo.
Vi mostro un disegno di Anna relativo ad un compito di carattere mitologico; la leggenda di Enea e Didone. Non sappiamo esattamente chi, in questa immagine,Anna abbia voluto rappresentare, ma al di là del soggetto reale, è interessante vedervi la proiezione della madre, fra le nuvole fuori della realtà terrestre, occhi grandi, quasi senza pupille, bocca serrata, a taglio e le mani che impugnano due oggetti che sembrano essere un coltello ed una sega. Quanto detto conferma l’ipotesi che dall’analisi dei disegni dei ragazzi, soprattutto, ma anche dall’analisi di ogni attività che impedisca loro la messa in atto di difese camuffate è possibile entrare nel mondo dei giovanissimi ed abituarli, dopo, all’uso della parola libera.

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