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di Neuropsichiatria, Psicoterapia e Gruppo Analisi |
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Psicopatologia di un caso di tossicodipendenza. Considerazioni psicodinamiche
Marcello Muscara, Salvatore Zipparri Il Dr. V. Lusetti, coordinatore dellincontro, presenta i relatori: Il Dr. Marcello Muscarà è neurologo. Ha lavorato per molti anni nella marina militare. Svolge la propria attività nella ASL di via Appia Antica. Presenterà il caso di una paziente tossicodipendente eroinomane, che sta seguendo. Il Dr. Salvatore Zipparri psicologo, analista, che ha già presentato altri lavori, in base alla sua esperienza a Rebibbia, stasera ci parlerà della personalità tossicomania . È un argomento inedito perché generalmente si parla di disturbi di personalità, associati al comportamento tossicomanico. Dà quindi la parola al Dr.Muscarà per la presentazione del caso clinico. (r)Marcello Muscarà ricorda che nell80, presso la ASL di via Appia Antica, furono istituiti i primi SERT verso i quali erano rivolte minacce di morte sia a chi si drogava, sia a chi li aiutava. In quegli anni iniziò questo servizio da cui ha tratto molti insegnamenti. Il caso che presenta e che segue da poco tempo, ha un precedente: è una ragazza inviata da una signora che ha perso un figlio per overdose e che, alla morte del figlio diciannovenne, ha pubblicato tre libri. È lei che lo ha ritenuto adatto a seguire la ragazza. Dall 80 al 2000 ha visto molti casi, ma è rimasto colpito da questa ragazza, che è una studentessa universitaria, dotata di una bella mente e sa molte più cose di lui. Da quando ha iniziato a trattarla, nei pochi incontri avuti, gli ha portato films quali Ritorno dal nulla, Cristiana F, Trasporting e il libro Lo zoo di Berlino che ha una bella postfazione di V. Andreoli. Non è stato lui a parlare alla ragazza, ma la ragazza a parlare con lui, portandogli tutte queste notizie. Egli ha riflettuto sulla necessità di parlare perché le cose le sentiamo, le studiamo, leggiamo, vediamo, diciamo, ma non bastano a colmare i non detti, la solitudine e lincomunicabilità. La ragazza sa meglio di lui le cose, ma resta il dolore. Chiarisce che la complessità del caso, non gli ha permesso di farne una sintesi esplicativa. Ritorna ai libri del ragazzo diciannovenne morto di overdose. Sono poesie da cui emerge la cultura, la consapevolezza, le emozioni, i sentimenti, ma non sono bastati rispetto a tutto il dolore provato, che traspare. La cosa assurda è nellossessione del male, nel non senso: il confronto è proprio con il non senso ed è facile trovare nella cronaca dello sviluppo di questa adolescenza tanti piccoli episodi, segnali di fronte ai quali i neuropsichiatri affermano linevitabilità della caduta nelluso delle sostanze. Riferisce come Andreoli sintetizzi la difficoltà ad aiutare una persona che coglie già nellinsicurezza degli adulti, genitori o professori, le ragioni per andare a fare una bella corsa a Tor Bella Monaca, dove con 20 ¤ è facilissimo acquistare una dose. Noi sappiamo che il divieto non serve. Il paradosso è che per aiutarli veramente, non serve parlare di queste difficoltà coinvolgendoci, perchè percepiscono il nostro dolore o l impotenza. Il problema è allora riportare un discorso terapeutico, di sostegno scansando i dont e ricostruire lentamente quel vissuto di maternage, come se il terapeuta potesse reinventare un seno che non sia la polvere pura come la neve per strada,come dice il protagonista del Ritorno dal nulla. Sarebbe stato utile estrapolare dai films, gli episodi principali che riportano storie autenticamente vissute. Ribadisce che nella situazione di realtà del SERT ha visto ragazzi convinti di farcela ad uscire che poi si sono rovinati, malgrado il metadone e i protocolli terapeutici previsti dai SERT stessi. Ribadisce che non lha colpito il caso in se, ma linvio da parte di una madre che ha perso il figlio e che non permette di liquidare il problema affermando che i genitori non sanno fare i genitori e che per i figli è più facile risolvere il problema con luso di una sostanza. Il problema, come dice Andreoli, non è la sostanza. Fare le conferenze sui danni cerebrali da droghe per dire quanti neuroni si sono bruciati, è importante per i neurologi per conoscere, attraverso le attuali metodiche, i danni prodotti dalle sostanze, ma non basta perchè il danno è soprattutto la solitudine che è stata trasmessa, non da un educazione imperfetta, né in casi di maltrattamento o di ragazzi che vivono nei ghetti: è la solitudine che troviamo anche in situazione di protezione, come quella del ragazzo. Conclude leggendone una poesia dal titolo Due maledizioni: Maledetta portatrice di nulla . Ora rivoglio il mio dolore. Laspetterò tutta la notte Per montarlo fino alla rabbia. Maledetti ladri del mio tempo che avete avuto quello che volevate, ma che non sapete nulla di ciò che avete rubato. ] (t)Segue lintervento del Dr. S. Zipparri dal titolo La Personalità Tossicomanica 1. Premessa. Benché lipotesi di una personalità tossicomanica trovi parecchio disaccordo tra gli studiosi, cercherò ugualmente di esporre qui di seguito gli argomenti a sostegno di un punto di vista così controverso. Generalmente, infatti, si parla più facilmente di disturbi di personalità associati al comportamento tossicomanico. Viceversa la posizione che si vuole qui sostenere si collega alla possibilità che esista una specifica organizzazione di personalità che si ritroverebbe più o meno invariabilmente in tutti coloro che sono inclini a fare ricorso ad un uso smodato di sostanze tossiche. Il compito è estremamente arduo perché quasi tutte le ricerche tentate in questo senso (ma con eccezioni rimarchevoli!) hanno smentito la possibilità dindividuare una specifica personalità tossicomanica. Credo tuttavia che tali ricerche siano viziate da un presupposto errato che tende a confondere i patterns psicopatologici con quelli di personalità, trascurando il fatto che analoghe condizioni psicopatologiche (come per esempio la schizofrenia) possono manifestarsi in soggetti dalla personalità molto diversa (violenti o, allopposto, mansueti; creativi o affettivamente coartati; ecc.) e, viceversa, che determinate caratteristiche di personalità possono trovarsi invariabilmente in soggetti con le più diverse diagnosi psichiatriche. Se dunque, come risulta evidente dalla pratica clinica, la tossicomania è un comportamento che può trovarsi associato alle più varie condizioni psicopatologiche (si droga il nevrotico , lo psicotico, il borderline e, addirittura, persino la persona normale), questo ci autorizza ad escludere che possano ugualmente sussistere specifici tratti di personalità che tendono a riscontrarsi nei più diversi quadri sindromici? Dopotutto la personalità è solo in parte collegabile (o sovrapponibile) al disturbo psichiatrico di cui può essere affetto un determinato individuo: e se è lecito aspettarsi che un nevrotico ossessivo sia ordinato, preciso e meticoloso come tutti gli altri individui con il suo stesso disturbo, nondimeno per un altro verso questo stesso soggetto potrebbe avere in comune altri tratti (un interesse spiccato per gli argomenti di natura sessuale, per esempio!) con altre persone affette da un differente disturbo mentale. Tornando quindi alla tesi di questo lavoro, non è difficile constatare come, nonostante il comportamento tossicomanico si riscontri nella più grande varietà di condizioni cliniche, ugualmente e unanimamente è stato riconosciuto che le persone che fanno uso di sostanze siano accomunate da talune caratteristiche di personalità che tendono a presentarsi invariabilmente, indipendentemente da quanto diversi possano essere gli altri sintomi manifestati. Lindividuazione di uno specifico pattern di tratti condiviso da tali soggetti ci porterebbe così a convalidare lipotesi che una personalità tossicomanica effettivamente esista. Da ultimo intendo precisare perché preferisco parlare di personalità tossicomanica piuttosto che di personalità del tossicomane proprio per mettere in risalto come il comportamento di assunzione della sostanza sia in qualche modo secondario rispetto alla persistenza di questi tratti. Si tratta di un argomento squisitamente (e radicalmente!) psicologico che pone in primo piano la questione del lavoro psicoterapeutico necessario in questi casi anche dopo la scomparsa del comportamento di assunzione della droga e che va quindi ben al di là della cosiddetta dipendenza fisica cercando piuttosto di intervenire sulle condizioni organizzative della personalità che predispongono a fare uso di sostanze stupefacenti 2. Sigmund Freud e la cocaina. Nei suoi scritti Sigmund Freud ha solo sfiorato largomento della tossicomania, pur essendo notoriamente un tabagista accanito, vizio che gli causò un tumore osseo alla mascella. Si sa inoltre che faceva un uso personale di cocaina, anche se non si potrebbe affatto definirlo un cocainomane nel senso che si attribuisce oggi a questo termine. Non cè qui lo spazio per approfondire i numerosi ed interessantissimi spunti che possono essere collegati alla liason di Freud con la cocaina. Ci si può limitare a dire, però, che nella proposta contenuta negli scritti di un giovanissimo Freud (poi espunti da quasi tutte le edizioni ufficiali delle sue opere complete!) di un uso terapeutico della cocaina è possibile intravedere una preconizzazione ante litteram della moderna terapia antidepressiva in un periodo storico in cui questultima era ancora molto al di là da venire e la neuropsichiatria dellepoca praticava soprattutto la sedazione degli stati mentali morbosi mediante somministrazione di morfina e oppiacei. Contrariamente però a quello che ci si sarebbe potuti aspettare, date queste premesse, una delle poche volte che Freud parla di sostanze tossiche, nel Disagio della civiltà, esprime un giudizio tanto netto quanto ambivalente sulla soluzione tossicomanica, dicendo che .. quando si tratta di eliminare una situazione di sofferenza il più rozzo, ma anche il più efficace metodo per influire sullorganismo è quello chimico: lintossicazione. Quindi Freud considerava la soluzione tossicomanica efficace, ma rozza al tempo stesso. 3. Cenni sullabuso di sostanze. Se ora guardiamo ai nostri giorni, possiamo introdurre il discorso sulle dipendenze patologiche così come viene trattato nel DSM-IV che contempla da un lato lalcolismo e dallaltro le sostanze stupefacenti. Il DSM-IV distingue inoltre tra abuso e dipendenza. Nei criteri diagnostici forniti dal DSM IV per labuso di sostanze si parla di una modalità patologica di utilizzo di alcool o stupefacenti che porta ad uno o più dei seguenti disagi clinicamente significativi per almeno 12 mesi: incapacità a svolgere i compiti connessi al lavoro, a scuola o a casa; uso rischioso della sostanza (guidando lauto, lavorando a macchinari di precisione ecc.); conseguenze giuridiche e legali provocate o correlate alla condotta di abuso. Sarà il caso di notare che i medesimi criteri diagnostici possono caratterizzare anche il quadro clinico di quelle che oggi vengono definite nuove dipendenze non-tossiche (gioco dazzardo, sex addiction; internet addiction ecc.). Al contrario, se guardiamo a questi stessi criteri, dobbiamo necessariamente ridimensionare quel tipo di tossicodipendenze tra virgolette consistenti nellassunzione esagerata di caffeina, tabacco (tabagismo) o, addirittura, la cioccolata: questi abusi non portano mai a conseguenze così gravose! Tra le vere e proprie sostanze stupefacenti sono rubricate a) la cannabis e i suoi derivati, b) leroina, c) la cocaina, e d) le droghe sintetiche, tipo LSD, e quelle più recenti come lextasi e similari. A questo elenco, oggi, si potrebbe aggiungere anche luso tossico degli stimolanti a base di anfetamine a causa dellattuale e preoccupante fenomeno di abuso, da parte di ragazzi adolescenti normali che devono prepararsi agli esami, di farmaci la cui principale indicazione consiste nella cura dei decadimenti cognitivi connessi al morbo di Alzheimer. 4. Eziologia della dipendenza patologica. Naturalmente sono state proposte numerosissime ipotesi eziologiche per spiegare lo sviluppo della tossicodipendenza: ognuna di queste può tendere ad enfatizzare ciascuno dei complessi fattori che portano ad assumere sostanze stupefacenti e quindi ora lelemento organico, ora quello psicologico ora quello sociale ecc. Nella teoria psicoanalitica classica sono sempre state evidenziate le componenti pulsionali orali alla base della condotta tossicomanica (e questo anche quando la sostanza non è necessariamente assunta per bocca). Inoltre unipotesi centrale, per quella psicoanalisi che ha accettato lidea freudiana della pulsione di morte, è quella che fa riferimento al concetto di coazione a ripetere che, come recita il titolo del saggio freudiano in cui fu formulata per la prima volta, si pone per lappunto Al di là del principio di piacere. Tra gli autori di orientamento psicoanalitico che si sono interessati più recentemente della tossicomania, lelemento pulsionale orale è stato notevolmente (e non so quanto opportunamente!) ridimensionato a favore di una lettura del problema tossicodipendenza maggiormente centrata su manovre di tipo adattativo. Tra gli altri meritano di essere qui citati Olievenstein (Il destino del tossicomane) e Bergeret (Lo psicoanalista in ascolto del tossicomane) oltre a Freda (Psicoanalisi e tossicomania). Claude Olievenstein ha sottolineato che, se chiunque può fare un uso sporadico di sostanze stupefacenti senza per questo sviluppare necessariamente una tossicodipendenza, evidentemente ci deve essere qualcosaltro che porta solo alcuni individui a reiterare unesperienza che negli altri rimane circoscritta ad eventi episodici. Jean Bergeret ha invece ribadito come la tossicodipendenza possa svilupparsi allinterno delle tre grandi strutture di personalita a) nevrotica, b) psicotica e c) depressivo limite (cioè borderline). Ma nonostante questa premessa, così come si evince dallo stesso titolo di un altro suo libro sullargomento (Chi è il tossicomane), sotto differenti macro-strutture psicopatologiche di personalità risulterebbe comunque ugualmente possibile individuare, in chi fa abuso di sostanze, altre ulteriori caratteristiche di personalità, in qualche modo trasversali alle prime, che renderebbero molto più uniforme di quanto non sembri a prima vista il quadro di personalità del tossicomane. 5. La personalità tossicomanica. Da un punto di vista meno psicoanalitico e più descrittivo, esiste uno storico studio sullargomento che avrebbe individuato come il 78% dei tossicomani presentava un disturbo di personalità: in particolar modo il 14% aveva un disturbo borderline; il 10% un disturbo narcisistico ed il 55% un disturbo antisociale. Si può qui notare come questi tre disturbi di personalità appartengano tutti al cluster B, e quindi fanno riferimento ad uno o più fattori di personalità piuttosto costanti ed uniformi. Se perciò scorriamo la letteratura scientifica sullargomento ritroviamo alcune ridondanze nel modo in cui sono descritti i tossicodipendenti. Qualunque sia il quadro clinico-diagnostico della patologia preminente, ritroviamo quasi invariabilmente nelle persone che abusano di sostanze stupefacenti (o anche di alcool), la presenza di alcune caratteristiche. A parte la manipolatività, di cui si dirà nel successivo paragrafo, a proposito dellIo astenico dei tossicomani (che si accompagna alla mancanza di confini chiari tra Sé e mondo esterno) si parla spesso di debolezza dellio (di una struttura egoica fragile), di bassa autostima, incapacità di essere autonomi e totale dipendenza dagli altri. Un altro tratto che è stato evidenziato in maniera invariabile è quello della compulsività, che in termini freudiani si può collegare alla coazione a ripetere e quindi ai concetti di pulsione di morte e di autodistruttività. Una ulteriore caratteristica, evidenziata soprattutto da Bergeret, che probabilmente rende ragione anche della difficoltà di individuare uno specifico profilo di personalità del tossicomane, è lestrema mobilità psichica. Bergeret scrive in proposito che <<la psiche del soggetto tossicomane è in grado di imprimere accelerazioni e decelerazioni prodigiose a tutti quei processi che nelle altre strutture di personalità impiegano anni a strutturarsi o a destrutturarsi. [ ] Il tossicomane si trova a passare velocemente da una struttura ad unaltra, da un meccanismo psichico ad un altro (ciclo o rottura). Perciò il significato che può assumere lassunzione di droga può essere diverso per uno stesso individuo>>. Questa capacità o attitudine del tossicodipendente di riuscire a mutare rapidamente, ad organizzarsi e riorganizzarsi su aspetti di personalità differenti è un concetto difficile da comprendere e per esemplificare il quale io personalmente mi sono servito delle immagini del bellissimo film sul Dr Jeckill (nellinterpretazione celeberrima di Spencer Tracy) in cui il mansueto dottore si trasforma improvvisamente nel crudele e mostruoso Hyde. E già il solo fatto che questa trasformazione avvenga a seguito dellassunzione di una sostanza (si ricorderà che Jeckill comincia ad assumerla nel suo laboratorio chimico dopo averla preparata personalmente fra alambicchi e provette), rende lutilizzo delle qualità simbolicamente tossicomaniche di Jeckill quanto mai pertinenti nel contesto del discorso che stiamo qui facendo. Questa mobilità psichica repentina, questo improvviso e velocissimo cambiamento di personalità possono rendere ragione, oltre che della difficoltà riscontrata dagli studiosi a trovare un univoco modo di essere del tossicomane, anche della rapida mutevolezza con cui questi soggetti cambiano, assieme al loro quadro organizzativo, anche le loro idee, i loro valori o i loro propositi al punto che, quando promettono con sincera convinzione che smetteranno di farsi da quello stesso giorno, si può essere sicuri che, appena usciti dalla stanza, cominceranno a pensarla diversamente. A queste caratteristiche si può aggiungere ancora lautosensorialità, unaspetto studiato soprattutto nel caso dellautismo infantile. Consiste nella tendenza a ricercare sensazioni vitali, ripiegandosi su se stessi (come fanno i bambini autistici, per esempio, dondolandosi). Nella tossicomania (soprattutto in quella non socializzata) è stato spesso osservato un meccanismo simile. Quando invece la droga è assunta in gruppo questo meccanismo tende a ridimensionarsi a scapito di tendenze imitative, emulative ecc. Inoltre, a partire dallosservazione di quei ragazzi che usano le anfetamine per prepararsi agli esami, si potrebbe aggiungere unulteriore caratteristica di personalità, peculiarmente legata alla tossicomania, a cui darò il nome di: ricerca delleffetto doping. Si tratta della tendenza a falsificare le carte, a truccare il gioco e, in ultima analisi, anche se stessi: a presentare cioè unimmagine falsata di se stessi in grado di poter fare, proprio come uno sportivo dopato, qualcosa che normalmente non si saprebbe o si potrebbe fare. Ha certamente a che fare con linsincerità del tossicomane ma va ben al di là del semplice scarso amore per la verità concretizzandosi in una predisposizione allalterazione della realtà ed in una spiccata tendenza allartifizio. Riassumendo quanto siamo andati dicendo, in chi fa abuso di sostanze ed è portato a sviluppare una dipendenza da queste ultime, potremmo aspettarci di trovare i seguenti tratti di personalità, a costituire uno specifico pattern tossicomanico: debolezza dellIo; compulsività; manipolatività; estrema mobilità psichica; autosensorialità; ricerca delleffetto doping (artificialità). 6. La tossicodipendenza nellarte, nella mitologia ecc . A proposito di questultima tendenza allartifizio si potrebbero innanzitutto ricordare le pagine che Baudelaire, grande consumatore di vino e hashish oltre che di assenzio (leroina dei poeti maledetti!), ha dedicato ai paradisi artificiali. Soprattutto questa tendenza allartificiosa alterazione della realtà è esemplificata dalla figura di Dioniso, uno dei più importanti riferimenti mitologici per la tossicodipendenza. Nel dionisismo infatti, al di là dei molteplici significati simbolici che vi si condensano, è espressa in modo particolarmente efficace questa propensione alla falsificazione della realtà che è alla base delle categorie del teatro e della maschera (sappiamo che Dioniso è il dio del teatro, il dio del travestimento; nelle tragedie che lo vedono protagonista, come Le Baccanti, si trova sempre questa idea dellinganno e della menzogna espresse attraverso il mascheramento). Sembra, addirittura, che il vino servito nel corso delle feste dionisiache non fosse come quello dei nostri giorni, ma una bevanda che veniva alterata con laggiunta di sostanze tossiche che provocavano fenomeni allucinatori. Nel dionisismo troviamo espressa altrettanto bene lidea delliniziazione. Non dobbiamo sottovalutare, per il tossicodipendente, la problematica delliniziazione: lentrare a far parte di un gruppo col quale sperimentare insieme che cosa si prova veramente assumendo sostanze stupefacenti sembra riproporre una sorta di nuovo culto antropologico simbolicamente assimilabile a quellantica religione misterica che fu il dionisismo. Data lelevata correlazione tra abuso di sostanze e disturbi di personalità del cluster B, di cui si è già detto, non ci stupiremmo di trovare nel tossicodipendente la disonestà e la menzogna del disturbo antisociale; la cronica sensazione di vuoto e le condotte suicidarie del disturbo borderline e, infine, la mancanza dempatia caratteristica del disturbo narcisistico con il conseguente disconoscimento dei bisogni altrui e la tendenza a strumentalizzare gli altri. Sono caratteristiche che hanno genericamente a che fare con la manipolatività del tossicomane. Possono trovare una singolare coincidenza con la descrizione psicopatologica del caratteriale ostile-dipendente che vive sfruttando gli altri (come si vede dal suo comportamento, che non è solo manipolatorio, ma anche seduttivo e solo apparentemente ipersociale) e dipendendo da coloro con cui instaura un rapporto simbiotico-parassitario. Questo rapporto di dipendenza fondato sullo sfruttamento, sulla manipolazione e sullasservimento ci fa ritornare allipotesi psicoanalitica più antica sulla tossicodipendenza, quella basata sulloralità, di cui negli ultimi tempi si è parlato sempre meno, ma che al contrario meriterebbe di essere rivisitata e riproposta nella sua giusta collocazione. In realtà la dipendenza e molti degli altri tratti caratteristici del tossicomane riguardano proprio loralità. Soprattutto unoralità di tipo parassitario che è sadica ma, al tempo stesso, passivo-dipendente. Forse nessunaltra figura letteraria o cinematografica si presta altrettanto bene ad esemplificare questo sadismo orale e dipendente del tossicocomane come la figura del vampiro che ricorda un drogato per più di un aspetto, primo fra tutti quello della compulsività e della reiterazione notte dopo notte, a cicli regolari, dello stesso comportamento stereotipato finalizzato allapprovigionamento della sostanza tossica. Questa, consistente nel sangue della vittima, viene letteralmente assunta attraverso un atto cannibalico (il morso sul collo) che oltre a ribadire loralità sadico-dipendente che tossici e vampiri sembrano avere in comune, ci dice molto anche del comportamento distruttivo di tali sanguisughe verso gli oggetti con cui stabiliscono il loro legame, le loro vittime, che è contemporaneamente autodistruttivo, dato che le vittime sono nello stesso tempo anche le persone da cui dipendono per la loro sopravvivenza, molto più di quanto non avvenga negli stessi rapporti sado-masochistici. Che dire poi di questa condizione perennemente in bilico tra la vita e la morte che accomuna ancora una volta tossici e vampiri e che tanto ricorda le figure spettrali uscite dalla penna di quellalcolista autodistruttivo che fu Edgar Alan Poe? Esiste un film di qualche anno fa che sembra aver colto intuitivamente molte delle assonanze che sussistono tra vampiri e drogati: si tratta di The Hunger (in italiano fu presentato con il titolo Miriam si sveglia a mezzanotte) dove David Bowie e Catherine Deneveu interpretano due vampiri dei giorni nostri, vestiti in maniera punk, che a mezzanotte in punto escono dalle discoteche a caccia delle loro vittime cui succhiare il sangue, proprio come noi potremmo immaginarci che facciano i tanti tossici che girovagano nelle nostre metropoli alla ricerca della loro dose. Per finire, rimanendo nellambito delle suggestioni culturali, vorrei qui citare una frase tratta dallo Zibaldone di Giacomo Leopardi che, anche se non parla direttamente di tossicomania, centra comunque la questione dell artificiosità contrapposta allautenticità e mi sembra quanto mai adatta a concludere le considerazioni sulla personalità tossicomanica che ho cercato di proporre in questa sede. Scrive Leopardi: I mezzi più semplici e veri e sicuri sono gli ultimi che gli uomini trovano, così nelle arti e nei mestieri come nelle cose usuali della vita, e così in tutto. E così chi sente e vuol esprimere i moti del suo cuore l'ultima cosa a cui arriva è la semplicità e la naturalezza, e la prima cosa è l'artifizio e l'affettazione .. Come dire che la soluzione tossicomanica è la più rozza, la più immediata, quella che non presuppone nessuno studio, nessun percorso interiore: ed è la più artificiale, la più falsa e la più menzognera di tutte. Bibliografia American Psychiatric Association, Diagnostic and statistical manual of mental disorders, 4th edn.: APA: Washington, DC, 1994. Bergeret J., Lo psicoanalista in ascolto del tossicomane, Borla, Milano 1983. Cotrufo P. et al., Tossicomania e organizzazione di personalità:risultati preliminari, Psychofenia vol. VI, n. 9, 2003. Freda , Psicoanalisi e tossicomania, Mondatori, Milano 2001. Freud S., (1924-29)Disagio della civiltà in opere vol. X, Boringhieri., Torino, 1978. Kernberg O., Aggressività, disturbi di personalità e perversioni, Cortina, Milano 1993. Olievenstein C., Destin du toximane, Fayard, Paris, 1983. ] (r)Fa seguito alle relazioni il dialogo tra i partecipanti: Il Dr. Lusetti propone la riflessione su due punti: il primo riguarda laspetto rituale della tossicomania. Cè un pesante ritualismo nel tentativo di modificare laggressività attraverso luso delle sostanze. La parola eroina viene dal fatto che queste sostanze vennero inizialmente sperimentate su chi doveva andare in guerra, quindi luso era per padroneggiare la paura. Attraverso luso delle sostanze si cerca di controllare l aggressività, così come di stimolarla; anche lalcool viene assunto per poter compiere un atto delittuoso. Questo aspetto ha delle analogie con altri comportamenti rituali che conosciamo in psicopatologia. Si riferisce al caso dellanoressica, presentato da Zipparri in altro seminario, come esempio di modifica di un comportamento attraverso un altro comportamento. Le perversioni sessuali sono un altro esempio, da manuale, di manipolazione: il tentativo di padroneggiare laggressività, attraverso la sessualità. Chiede il parere di Zipparri sul peso esercitato, nella difficoltà del trattamento, perché il tossicodipendente ha già la ricompensa allinterno del suo comportamento rituale. Il secondo punto riguarda la citazione dei travestimenti dei tossicomani e del mito di Dioniso. Dioniso si traveste molte volte però poi viene preso dai Titani e fatto a pezzi e questo, cioè questi travestimenti vengono adottati per difendersi da una persecuzione (che gli sembra inviata da Era). Chiede se nel travestirsi del tossicodipendente ci sia un vissuto persecutorio, perché il tossico è sempre sotto una pressione persecutoria che agisce, ma che sente su di se. Il Dr. Zipparri chiarisce di aver presentato un lavoro estremamente teorico, basato sullesame della letteratura, pur considerando lesperienza clinica che ha avuto rispetto alla tossicodipendenza. Anche nella pratica privata ha contatto tossicodipendenti, più spesso per problemi collaterali che non per la tossicodipendenza vera e propria perché, come indicava Lusetti, nella tossicodipendenza si riscontra il maggior numero di insuccessi terapeutici soprattutto quando si tratta dintervento di tipo psicoterapico. Conviene sulla presenza dellaggressività e della persecutorietà. Il Dr.Muscarà sottolinea che il primo tratto notato nella sua paziente era questa invisibilità, l assenza didentità. Lassenza didentità ci fa facilmente mentire. La menzogna diventa una falsa maschera; un modo per dare unimmagine. Una personalità che non cè, indossa maschere a volte giocose, a volte drammatiche, proprio come la persona del teatro latino e greco che non voleva dire tanto mascherare, quanto amplificare unemozione o un sentimento. La maschera che si usava nel teatro greco e latino aveva la funzione di megafono. Quindi personalità significa saper mettere in risalto proprio quella parte della tua identità che o non hai o è insufficiente, per amplificarla. Luso delle sostanze sembra aiutare in questo passaggio dellassumere un ruolo che non ho o che non ho imparato. La paziente da bambina, si può dire che abbia avuto lezioni di perdita didentità.. ad es. le dicevano se ti guardi allo specchio, vedi il diavolo La bambina piccola non ci capiva niente e quando guardava la propria faccia nello specchio, forse ci vedeva il diavolo: questa è una sottrazione d identità. Dopo che abbiamo parlato, la ragazza prima di uscire, gli ha chiesto se credesse a tutto quello che lei gli aveva detto. Egli, volendola sostenere, si era posto in ascolto di quello che diceva, ma lei che è una ragazza preparata, intelligente e che vuole essere aiutata, in tutta onestà gli ha posto questa domanda. Con i genitori è più facile mentire portando scuse di varie genere per avere dei soldi da destinare ad altro uso. È una menzogna che viene perpetuata per continuare a mascherarsi; è una maschera fatta di menzogna, ma è fatale, necessaria, irrinunciabile. Adesso la paziente è partita da Roma e gli ha detto che in valigia avrebbe messo qualche busta deroina per tranquillità, altrimenti doveva andare a cercarla. Non gli ha promesso di non portarla, per poi comunque comprarla dove andava. Quindi è il conflitto dellessere costretti a mentire per difendere e tutelare una falsa identità. Il Dr. Zipparri vuole fare unautocritica sul come ha presentato la personalità tossicomanica che ha risentito di un controtransfert negativo. Ha parlato solo di qualità negative e la domanda di Lusetti gli serve per attutire quello che ha detto. La falsificazione nel SERT dove ha lavorato non era solo dei tossicomani, ma anche dei loro operatori che si prestavano a fornire certificazioni indulgenti per cercare di attenuare le pene detentive di questi soggetti. Spiega che così, invece di stare in carcere, potevano andare in comunità, con un alleggerimento della pressione carceraria. Rispetto allosservazione di Lusetti che tutto nasca da un vissuto persecutorio, pensa che il tossicomane sia una vittima della propria fragilità, vittima della mancanza di contenimento che la sua storia personale, la sua struttura costituzionale, gli ha dato. È una vittima che però tristemente fa altre vittime tra le figure che gli sono intorno: per questo gli è venuta in mente la metafora del vampiro. Il vampiro diventa tale per aver ricevuto un morso: allinizio è vittima, poi persecutore. Il Dr. Lusetti chiarisce che lo ha colpito laspetto del piacere nellessere aggressivo, cosa che non contribuisce a rendere il tossicomane simpatico. Zipparri attribuisce il tono negativo del proprio intervento al voler dire qualcosa di inusuale sul problema del tossicodipendente del quale si parla sempre e solo come vittima della società che è vero, ma che lo ha spinto a parlarne da un altro punto di vista. Il Dr. Muscarà evidenzia che laspetto trattato è di tipo caratterologico e ci riporta alla personalità psicopatica: colui che, poiché ha sofferto, ha come unica rivalsa il far soffrire gli altri. È così anche la cleptomania: rubare qualcosa anche se non serve, solo per infliggere nocumento alla vittima, tanto che spesso loggetto rubato poi viene buttato via. Così ci sono soggetti che rubano col certificato dello psichiatra in tasca. Riporta un episodio di pochi giorni fa dove i poliziotti hanno trovato in casa di un cleptomane una quantità di oggetti integri che aveva la compulsività di rubare, ma di cui poi non sapeva che fare. È il modo di difendersi dallansia, non del nevrotico, né dello psicotico. È il problema della caratteropatia che si esprime con la pulsione a. Il Prof. Pisani evidenzia che sono stati trattati aspetti estremamente interessanti a partire dalla diagnostica, modalità con cui anchegli si approccia ai tossicodipendenti. Lui preferisce continuare ad usare i criteri diagnostici di nevrotici, psicotici e disturbi di personalità o personalità psicopatica, perché una diagnosi di nevrosi e ancora meglio, di psicosi implica una prognosi tutto sommato più favorevole, mentre la diagnosi di disturbi di personalità, di personalità antisociale, come abbiamo sempre considerato la personalità psicopatica, comporta una prognosi sfavorevole. Altra riflessione è relativa al nostro Freud, genio di grandezza infinita. Certo che sintossicava col fumo fino a farsi venire il cancro, e non solo. Dopo che glielhanno diagnosticato, informandolo che il cancro dipendeva dal fatto che continuasse a fumare in modo così ossessivo, lui non ha smesso. È andato avanti per dieci anni ad abusare del sigaro fino a che ha chiamato Max Schur nel 1939 e gli ha ricordato che quando fosse arrivato il momento, sarebbe dovuto intervenire. Luso e labuso è perchè il povero Freud aveva una depressione ipocondriaca ed è il motivo per cui ha scoperto la psicoanalisi. Si è cominciato a chiedere come mai riscontrasse in se stesso molti disturbi che gli portavano i suoi pazienti; ne dedusse che non era diverso da loro e attivò lautoanalisi, prima della psicoanalisi. Quindi Freud aveva una depressione. Come è stato prima evidenziato, quando non si riesce a contenere i sintomi, in questo caso nevrotici, si può ricorrere alluso di sostanze. A quel tempo le sostanze disponibili erano il tabacco, la cocaina e la morfina. Lui si difendeva in questo modo; oggi probabilmente Freud si sarebbe curato con antidepressivi, con lanafranil, il laroxil, il tofranil. A livello psicodinamico è daccordo che in questi soggetti cè una forte fragilità dellIo e una marcata fragilità del Se, cioè del senso della propria identità, ma cè anche una fragilità del Super Io. Non a caso prima li mettevano nelle comunità dove Muccioli li picchiava e lincatenava. Così come ricorda, al Castello della Quiete, dove tanti anni fa egli ha lavorato, lintervento che consigliavano per i tossicodipendenti era quella dimbarcarli su una nave per un anno, sotto la guida impietosa del nostromo. Altro aspetto è quello delloralità. Unoralità cannibalica, ma che esprime anche la ricerca del piacere distruttivo, attraverso lassunzione di sostanze di morte. Quindi una specie di masochismo orale che ha molto a che fare col tradimento delle relazioni affettive. Pone una domanda rispetto al non aver chiaro perchè uno diventa tossicodipendente da alcool, uno diventa tossicodipendente da eroina, da cocaina, uno da giochi dazzardo o altro. Propone, insieme ad Anna Maria Meoni, per un seminario ad impostazione gruppale come questo, di sospendere la pratica della domanda e risposta e di avviare una discussione libera dove ognuno possa dire quello che pensa e i relatori se vogliono, intervengono. La Dr.ssa L.Di Gennaro, per scelta non si occupa di tossicodipendenze, però non le sembra che Zipparri abbia dato una descrizione troppo negativa, ma che sia stato molto realista. La sua curiosità è sul perchè abbia inserito tra le tossicodipendenze la sex-addition o linternet-addition, dove la tossicodipendenza è una patologia, mentre per le altre cè più che altro una compulsività. Vorrebbe capire come sia arrivato a metterle insieme. Il Dr. Zipparri risponde alla domanda chiarendo che, in riferimento alla propria formazione psicologica, ci tiene a ridimensionare i fattori organici. Pur non negandoli, non condivide la lettura della tossicodipendenza in chiave riduttivamente e esclusivamente organicistica che inscrive il bisogno di sostanze a livello genico del DNA. Ha voluto perciò mettere in evidenza lesistenza di un filone di ricerca che troverà espressione compiuta nella prossima edizione del DSM (il DSM-V) dove è allo studio lestensione delle sindromi di dipendenza, anche a situazioni non tossiche. Ci sono però delle analogie e delle differenze. Lautodistruttività nella sex-addition e nel gioco dazzardo è presente, anche se non ai livelli mortiferi della tossicodipendenza; tuttavia nella sex-addition cè gente che rischia la vita attraverso sessualità non protetta, aids etc. Non è quindi che non ci sia la morte, anzi secondo lui gran parte della sessuofobia è tanatofobia: non è che la gente abbia paura della vita, ma della morte. Sicuramente nelleroina questaspetto mortifero è immediatamente più evidente e più forte. Evidenzia però che a volte la ricerca delle assonanze avviene a discapito di eventuali distinguo. Contraddicendo tutto quello che ha detto, fa presente che esistono dei singoli profili di personalità per le singole tossicodipendenze, che un individuo può sviluppare. Così lalcolista è diverso dalleroinomane; sono accumulabili rispetto a certe caratteristiche come lio fragile, oralità etc, poi si cominciano a fare dei distinguo. Sicuramente lautodistruttività in certe dipendenze, come la sex-addition, è ridotta rispetto alleroina. Fa un distinguo tra cocaina e antidepressivo perché esiste una differenza sostanziale tra la cocaina che presa, anche a dosi terapeutiche, provoca lo sviluppo di una sindrome paranoide e lantidepressivo vero e proprio. Noi diciamo che anche la cioccolata provoca dipendenza, poi però in sede di analisi non la consideriamo tale. Può esserci un uso tossicomanico degli psicofarmaci; quello di Freud, allopposto, era uso terapeutico di una sostanza tossica come la cocaina. Il Dr. Muscarà riferisce di una paziente tossicodipendente che non aveva paura della busta deroina, ma del prozac che le avevano prescritto in un ambulatorio di servizio sociale, come trattamento di una componente bulimica: lei ha sofferto il prozac, non ha sofferto leroina. Fa una considerazione sul piano pratico e non teorico: nei venti anni che ha lavorato al SERT come neurologo, le uniche gratificazione le ha avute quando il paziente era un tossicodipendente psicotico: il metadone non gli faceva niente; il serenase però faceva migliorare tutto il quadro. Togliendo il nucleo psicotico, anche la compulsività tossicomanica si riduceva. Il paziente in genere diceva di non essere schizofrenico, ma tossicomane: la maschera che aveva indossato da tossicomane era per non essere pazzo. La Dr. M. Nocella riprende il discorso della ragazza che aveva paura del prozac e chiede quanto influisca il fatto che la droga la sceglieva lei, mentre lo psicofarmaco le veniva prescritto dal medico. Il Dr.Muscarà valuta che la paziente non si sentiva depressa. Il medico le aveva prescritto il prozac perché è notorio che, in caso di bulimia aiuta, ma era antitetico al suo profilo di personalità. La domanda posta è in realtà: perché si sceglie un eccitante o un sedativo? La tua personalità ha bisogno di essere contenuta o di essere stimolata? La scelta diventa di ordine psicologico. Bisogna parlare di psicofisiologia e di neurofisiologia. La Dr. A.M. Meoni in base alla propria esperienza, che non è selettiva sui tossicodipendenti, ma sugli psicotici adulti, reputa che uno psicotico non è tossicomanico tanto volentieri, spesso fa un incontro con le sostanze, lo stesso alcool, ma generalmente sta troppo male in relazione allassunzione di sostanze per sviluppare tossicomania o dipendenza. Altro problema diagnostico importante è invece quello di trovarsi di fronte a quadri psicotici secondari allassunzione di sostanze esogene, a principiare dallalcool. Non per essere organicisti, ma è una realtà che lassunzione e labuso di sostanze tossiche, induca una patologia psichiatrica. Racconta poi un aneddoto su un infermiere conosciuto nel manicomio del Veneto, quando lei era un giovane medico e lui stava per andare in pensione. Quando dal manicomio si passò al servizio di diagnosi e cura che accoglieva patologie non più selezionate e quindi anche tossicodipendenti, un giorno dopo un intervento di PS, le disse dottorè, mi sti drogai non me garba pè niente; letilista me fa pena perché beve pe lavorà; il drogà non me fa pena perché se droga per non lavorà. Questo ha importanza per una società come quella veneta dove bisogna lavorare, lavorare e lavorare. L intolleranza dellinfermiere, di fronte alla tossicodipendenza, era motivata dal rifiuto del drogato della società. Non avendo le forze, si drogava per una sua debolezza, per lincapacità di far fronte a richieste pressanti, sia di ordine affettivo, sia produttivo. Il Dr. Muscarà ricorda una delle prime lezioni in clinica sui meccanismi di difesa, in cui si parlò della psicosi schizofrenica come di un estremo meccanismo di difesa della natura che ti fa entrare nella psicosi per non distruggerti completamente. Unestrema difesa patologica. Lautismo come difesa dallinsopportabilità del reale. Nel tossicodipendente cè proprio questa insopportabilità dellessere una persona normale: un impiegato, operaio, infermiere, per cui i soldi che recuperano li trasformano nellunica medicina possibile che è la busta. Zipparri evidenzia che cè una grande distinzione da fare tra alcolisti e tossicodipendenti. Ci sono poi tanti profili di personalità, quante sono le sostanze. La cocaina viene presa da soggetti che vogliono superare sentimenti depressivi e dinadeguatezza. Leroina al contrario viene presa per avere situazioni di distensione. Poi ci sono altre droghe con effetti completamente diversi. È vero anche che le droghe slatentizzano delle patologie coperte. In contrasto con tutto questo, esiste poi il fenomeno della politossicomania, cioè soggetti che hanno la tendenza a sviluppare dipendenze dalle più varie sostanze. Dunque la realtà è molto più complessa di come cerchiamo di ridurla per unesposizione. Il Dr. Majore sottolinea la difficoltà a distinguere quanto sia dovuto alla struttura di personalità del malato e quanto invece dipenda dalla sostanza tossica. Vediamo persone che, fatte in un certo modo, dopo qualche tempo si modificano: appare la bugia, la copertura,la coazione. La sostanza tossica è potentissima: altera la personalità. Da una parte eccita, dallaltra abbatte; è generatrice di una confusione mentale per cui il tossicodipendente si attacca a quello che trova non solo fuori, ma anche dentro di sé. Ha visto persone che avevano nevrosi o psicosi normali, completamente trasformate per aver assunto sostanze. Stesso effetto anche con gli psicofarmaci. Riporta lesperienza di una collega che si era imbottita di psicofarmaci e che avevano fatto ricoverare per ben due volte. Era diventata unaltra persona: mendace, variabile nel comportamento, coatta. La descrizione del tossicodipendente qui presentata è molto bella, ma molti quadri che vengono fuori, sono dovuti propri allalterazione della sostanza. È vero che la sostanza tossica tira fuori cose che uno ha, ma è anche vero che altri aspetti li copre. Il Prof.Callieri sottolinea che gli sarebbe piaciuto sentire da Zipparri, qualche parola riguardo la totale diversificazione a seconda delle varie culture, come ad esempio la cultura che portò alla guerra delloppio. Sono culture socio-economiche tremende che portano a non abolire i campi di coltivazione di papavero e quindi tutte le collusioni socio-economiche che obbligano turbe di dipendenti a servirsi di quello che danno loro a meno prezzo. Quindi la dimensione principale, che non è stata sottolineta, è quella socio-economica e politica. Se non teniamo conto di questo aspetto, facciamo una serie di considerazioni riferite solamente alla nostra cultura occidentale, a seconda delle nostre provenienze: lo psicoanalista, il somatologo. Questo aspetto antropologico- culturale è utile, ma è laspetto socio economico che coagula in se tutti gli aspetti. Pensa che il territorio dazione di Zipparri possa darci molto, in merito alla possibilità di venire in contatto con persone di diverse provenienze culturali. Il Dr.Zipparri, che ha avuto in passato tale esperienza , non ha voluto esaurire con questa presentazione tutto quello che si può dire sulla tossicodipendenza. Ha cercato di tirar fuori comunque un profilo di personalità, senza escludere aspetti sociali, relazionali, anche se si fa la critica da solo: gli sembra che questo profilo di personalità sia una tautologia poiché si parte dalle caratteristiche di personalità e da esse si fa derivare il profilo. Evidenzia che esiste una marea di argomentazioni sulla droga, certamente più importanti, come quella evidenziate dal Prof. Callieri sugli aspetti economico-sociali . Conclude affermando che probabilmente il profilo di personalità non è elemento causale, ma consequenziale.] Note di redazione: (r) registrazione della lettura presentata così la registrazione vocale degli interventi dei partecipanti sono state riviste dai relatori. Antonella Giordani agior@inwind.it e Anna Maria Meoni agupart@hotmail.com Note di redazione (t+d): a cura di Antonella Giordani |
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