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Seminari
di Neuropsichiatria, Psicoterapia e Gruppo Analisi
2008 - 2009


"L’inconscio Sociale Italiano". "La socioterapia"

Rocco Antonio Pisani, Aldo Lombardo
Coordinatore Dr. Domenico Surianello
(r) elaborazione testi delle presentazioni e dialogo da registrazione vocale a cura della Dr.ssa Antonella Giordani



Il Dr. D. Surianello, coordinatore dell’incontro, introduce il Prof. R.Pisani che parlerà dell’ “Inconscio Sociale Italiano” e il Dr. A. Lombardo che parlerà della “Socioterapia”.

Presenta il Dr. Aldo Lombardo che è medico, formatosi in psicoterapia in Inghilterra. In Italia conduce una comunità terapeutica di socioterapia integrata, con sede a Marino (RM).

Presenta poi il Prof. Pisani e sottolinea che è riconosciuto come il nostro maestro. Molti dei presenti, infatti, seppur in tempi diversi, si sono formati con lui ai principi della psicoterapia gruppoanalitica, nella clinica delle malattie nervose e mentali.

(r)[ Il Prof. Pisani ringrazia tutti i presenti, in particolare il Prof. B. Callieri, rimasto unico grande maestro di psichiatria in Italia e uno dei più famosi psichiatri italiani all’estero. La sua presenza l’onora insieme a quella del Dr.I. Majore, uno dei primi psicoanalisti della Società Italiana di Psicoanalisi, di cui è stato il più giovane psicoanalista didatta.

Il tema che tratterà stasera: “L’Inconscio sociale italiano”, ha un antefatto. Due gruppoanalisti della Group Analytic Society di Londra stanno preparando un testo sull’inconscio sociale e, a maggio dell’anno scorso, gli hanno chiesto se volesse scrivere il capitolo sull’inconscio sociale italiano. Lui ha accettato perché possiede molto materiale sull’argomento.

E’ stato un tema che ha poi trattato al “Simposio Europeo di Gruppoanalisi” di Dublino, nell’agosto ‘ 08. Pisani informa che, oltre la trascrizione in italiano di quanto riuscirà a dire stasera in 25 minuti, la relazione completa in lingua inglese, verrà pubblicata nel sito di PSYCHOMEDIA, la rivista telematica diretta da Marco Longo.

Il Prof. Pisani fa presente che, per parlare dell’inconscio sociale, dobbiamo rifarci ai concetti psicoanalitici e gruppoanalitici. Quando parliamo d’inconscio, in genere ci riferiamo all’inconscio psicoanalitico; l’inconscio gruppoanalitico è qualcosa di diverso. Precisa che la gruppoanalisi è un indirizzo di studio, di ricerca e di applicazione terapeutica che consiste nel mettere continuamente in relazione l’inconscio individuale con l’inconscio sociale, in un continuo e dinamico influenzamento reciproco.

Il concetto foulkesiano è che l’inconscio individuale verticale- genetico, s’incrocia continuamente con l’inconscio orizzontale del sociale.

Propone delle definizioni. Per inconscio individuale dobbiamo intendere gli impulsi istintuali dell’Es: l’ Eros e il Thanatos, la libido e la destrudo, il principio di vita e quello di morte, che giacciono nell’inconscio; poi i meccanismi di difesa e poi l’inconscio rimosso, cioè tutto ciò che nella nostra vita abbiamo nascosto. L ’inconscio sociale ha a che fare con gli archetipi dell’inconscio collettivo, con i meccanismi di difesa sociali e con l’inconscio sociale rimosso. L’inconscio sociale contiene modelli biologici e culturali che non possono essere separati, ma sono costantemente interagenti.

I modelli biologici vanno da un modello istintuale pre-edipico a un modello istintuale edipico di genitori e fratelli, fino a modelli di tipo archetipico. I modelli culturali tipici della cultura di una data società, egli li definisce il collettivo inconscio, che è culturale, differenziandolo così dall’ inconscio collettivo,che è biologico. Il collettivo inconscio è espressione dei meccanismi di difesa sociali e dell’inconscio sociale rimosso e si rivela attraverso gli usi, i costumi, le tradizioni, le leggende, i miti, il folclore, le leggi, le superstizioni, le religioni e così via.

L’inconscio sociale coincide col concetto di matrice foulkesiana la quale non è altro che una rete di relazione e di comunicazione che implica l’integrazione di tutto ciò che abbiamo in comune, sia a livello biologico che culturale.

Pisani si riferisce ad uno schema, consegnato ai partecipanti, dal titolo “Group matrix” (Matrice di gruppo), che illustra la rete di relazioni e comunicazioni a più livelli. Si parte dal livello più superficiale, che si basa sulle esperienze di vita corrente, per scendere ad un livello più basso che è il livello di transfert, inteso in senso psicoanalitico, che ha a che fare con le relazioni che abbiamo nel contesto sociale con gli oggetti maturi. Il gruppo, da questo punto di vista, rappresenta la famiglia con padre, madre, fratelli, cugini ecc. A livello un pochino più basso, troviamo il livello proiettivo: è il livello degli specchi, quello a cui oggi ci si riferisce a proposito dei “neuroni specchio”. Gli altri membri sono parte del Sè, dal punto di vista psicologico, ma anche parte del corpo. Non solo, ma il livello proiettivo contiene anche le relazioni con gli oggetti interni, in senso kleiniano. Possiamo dire che il livello di transfert è il livello freudiano, quello proiettivo è kleiniano. Il livello più profondo è quello dell’ inconscio collettivo degli archetipi (livello junghiano). Ribadisce che non si tratta di divisioni a compartimenti stagno, ma di livelli continuamente interagenti l’uno con l’altro.

L’inconscio sociale dell’Italia ha a che fare con la matrice di base. Egli ha studiato la matrice di base attraverso una continua correlazione tra i gruppi analitici intermedi di circa 20 persone,che rappresentano di fatto una comunità, da lui condotti dal 1991 al 2003 (a cui molti dei presenti hanno partecipato) e l’antropologia culturale. Si collega a relatori, a partire da Luigi Lombardi Satriani presentato dalla Dr. M.A. Ferrante, che hanno tenuto dei bellissimi seminari sull’antropologia culturale dell’Italia meridionale.

A completamento del concetto foulkesiano di matrice di gruppo, presenta il concetto della mente del gruppo di P. de Marè.

Per P.de Marè :”la cultura del gruppo è la mente del gruppo”. Egli divide questa mente in tre parti: la Biocultura, che è l’equivalente dell’Es individuale; la Sociocultura, che è l’equivalente del Super-Io individuale e la Idiocultura, che è l’equivalente dell’ Io individuale. Da questo punto di vista Biocultura, Sociocultura, Idiocultura sono continuamente interagenti con l’Es, il Super­-Io e l’Io individuali.

La Biocultura ha a che fare con i livelli di sviluppo psicosessuale, trasferiti dal livello individuale a livello sociale. Abbiamo, per esempio, delle culture in cui l’oralità è in primo piano, come nelle popolazioni mediterranee. La Biocultura di tipo anale, ha molto a che fare con i paesi nordici. La cultura genitale personalmente non la conosce e non può darne alcun esempio, ma esiste una cultura fallica che è la cultura degli invasori; i prototipi sono i romani di antica data, ma anche altri invasori più moderni.

L ’inconscio sociale rimosso dell’ Italia centro-meridionale è espresso attraverso modelli biologici e culturali che spaziano da modelli pre-edipici ed edipici, fino a modelli archetipici e si manifestano attraverso usi e costumi, come dimostrano le ricerche accurate a proposito di usanze, folclore, cerimoniali, condotte da lui e dai suoi collaboratori tra cui la Dr.ssa Ferrante.

Pisani specifica che altamente diffuso è il tema della fertilità. Molti rituali si basano sull’ansia relativa alla capacità riproduttiva negli individui e nella natura circostante. A livello più profondo però la figura dominante è la madre, spesso sentita come onnipotente e iper-protettiva. La madre è la figura dominante nei costumi, nelle cerimonie, nelle immagine iconografiche; spesso sentita come arcaica, cioè onnipotente ed iper-protettiva, dal punto di vista della nutrizione, ma anche diabolica e divorante. La dipendenza dalla madre, profondamente radicata nella cultura dell’Italia centro-meridionale, si esprime in due maniere: attraverso la paura di separazione-perdita e attraverso la paura della fusione divorante. Il legame ancestrale, profondo e arcaico con la madre, significa sottomissione nei suoi confronti, perchè impedisce la separazione; l’ansia di fusione riguarda gli aspetti negativi e aggressivi dell’archetipo della grande madre che, in questo senso, si esprime sotto forma della strega che divora i bambini. Per il bambino maschio la possessività è all’origine della passività; per la bambina è all’origine di un circolo vizioso che, prima è di masochistica sottomissione alla madre, successivamente di identificazione sadica. Tale possessività è chiamata anche amore materno. Questo circolo vizioso è all’origine del conflitto tra i sessi che appartiene all’inconscio sociale ed è espresso da riti, cerimonie, ecc.

L ’inconscio sociale rimosso della matrice di base dell’Italia centro-meridionale, è espresso attraverso: il livello edipico, che corrisponde al livello di transfert; pre-edipico, che corrisponde al livello proiettivo e il livello archetipico, cioè il livello primordiale (con riferimento allo schema sulla matrice di base), con i rispettivi meccanismi di difesa.

Ad esempio a livello di transfert/livello edipico, i sentimenti di colpa e l’ansia di castrazione sono espressi attraverso riti di inseminazione, di riproduzione e riti espiatori. A livello di transfert i più comuni meccanismi di difesa, ampiamente condivisi sono: rimozione, formazione reattiva, regressione, conversione, somatizzazione.

A livello proiettivo, i sentimenti di colpa e l’ansia di separazione- individuazione, prevalentemente legati ad impulsi di tipo orale o anale, sono manifestati attraverso l’avidità, l’invidia e la gelosia

e sono espressi attraverso riti magici. A questo livello entrano in gioco i meccanismi con ansia persecutoria, colpa e depressione cioè il diniego, la scissione, la proiezione, l’identificazione proiettiva ed introiettiva. A questo riguardo il Prof. Pisani, apparentemente scherzando, afferma che il “malocchio” esiste. Spiega che in senso psicologico- scientifico e non magico, il “malocchio” ha a che fare con l’invidia che è proiettata all’esterno: essa implica il meccanismo dell’identificazione proiettiva.

A livello primordiale, la dipendenza dalla grande madre primordiale, è l’archetipo dominante. La grande madre, nella sua versione positiva, appare come la madre buona che nutre e sostiene i suoi bambini; nella sua versione negativa come avida, arida e divorante. A questo livello i meccanismi di difesa condivisi si basano su meccanismi fallici e su riti magici ed esorcistici.

La mafia è l’espressione più drammatica di questo fenomeno. In Sicilia la famiglia ha un ruolo fondamentale: offre protezione e sicurezza in cambio di sottomissione, fedeltà, obbedienza e dipendenza. Ogni tradimento o trasgressione è punito severamente, fino alla morte. La cultura materna spinge i bambini in uno stato di dipendenza dalla famiglia, di fedeltà ed obbedienza che soffocano l’individualità. Il ricatto e la minaccia di morte impediscono il raggiungimento dell’individualità. Nel mondo mafioso famiglia d’origine e mafia quasi sempre coincidono; il boss mafioso è chiamato “mamma santissima” oppure “padrino”:la famiglia mafiosa sostituisce la famiglia originaria. La mafia è una madre fusionale, super-possessiva e divorante che annulla i suoi membri bambini; si tratta di una relazione simbiotica tipica della madre mediterranea in cui madre e bambino sono la “stessa cosa”: una relazione che si ripete in “cosa nostra”.

La mafia è la rappresentazione dell’aspetto negativo dell’archetipo della grande madre mediterranea. La madre mafia, onnipotente e fallica, continua a vivere nell’inconscio sociale.

Il Prof.Pisani si riferisce al secondo schema, fornito ai presenti, dal titolo “Il circolo vizioso: divorare o essere divorati” col sottotitolo “Biocultura”, che richiama il concetto di P. de Marè. La biocultura è un circolo vizioso che, in termini junghiani, è quasi un uroboros.

La dipendenza dalla madre possessiva e divorante, ha a che fare con gli aspetti negativi dell’archetipo della Grande Madre. Questa dipendenza si esprime sotto forma di ansie di separazione e fusionali che sono tanto più forti quanto più il padre è assente, insignificante o, ancora peggio, diabolico e distruttivo. L’angoscia di separazione e di fusione è alla base di un’incompleta identità maschile e femminile, riferita ai bambini, che si esprime con due modalità: l’angoscia di castrazione nei maschietti e il complesso di virilità, detto anche “invidia del pene”, nelle femmine che ha a che fare con difese di tipo fallico. Questi due soggetti infantili, incompleti si scontrano fra di loro e questa storia è alla base del conflitto tra i sessi in età adulta, che si manifesta con due modalità: rendere l’altro passivo ad un livello genitale (reciproca castrazione) oppure, ad un livello ancora più profondo, divorare l’altro a livello orale. Il circolo si chiude potenziando gli aspetti negativi della Grande Madre arcaica. In conclusione il Prof. Pisani mostra delle immagini relative all’argomento trattato.]

(r)[ Prende la parola il Dr. A.Lombardo sul tema che tratterà “ La Socioterapia”. Ringrazia Pisani per questa opportunità che coincide con il grandissimo lavoro per l’allestimento della nuova sede della comunità da lui diretta.

Considera che, ogni volta sente parlare in questi termini di letture dell’inconscio, gli viene in mente la barzelletta dell’ubriaco che torna a casa al buio, che racconta. “L’ubriaco cammina, poi finalmente s’appoggia ad un palo della luce: sembra disperato. Qualche passante gli chiede cosa abbia fatto e lui ”sono disperato perché ho perso le chiavi!” Il passante gli chiede dove. E lui (indicando lontano) risponde “ Là” . E il passante: “ma allora perché le cerchi qui?” E lui “ma perché è qui che c’è la luce!”. Questo per dire che spesso, se noi abbiamo degli strumenti psicoanalitici, cerchiamo di leggere tutto in quella chiave. Riferisce di avere una formazione psicoanalitica pura, condotta per anni, ma l’esperienza nella Comunità Terapeutica l’ha costretto ad inserire nuove informazioni nelle sue conoscenze analitiche, per cui gli si sono aperti nuovi orizzonti come, ad esempio, quello della socioterapia. Lombardo sottolinea la necessità di chiedersi come mai delle persone che non possono essere trattate individualmente, con problemi ossessivi, problemi d’agito impulsivo, antisociali, dette anche “Borderline”, con disturbi dell’umore gravissimo, come mai queste persone, senza un rapporto analitico uno a uno, cambiano? La spiegazione a questa domanda, che si pone ormai da 15 anni, comincia piano… piano ad arrivare grazie alle conoscenze che emergono, non solo dai neuroni mirror, ma dalle intelligenze artificiali, cioè dalle reti neurali di cui dà un accenno perchè possono spiegare che noi siamo fatti d’istinti, che non sono altro che reti neurali, che in milioni di anni hanno sviluppato vari algoritmi.

Se noi guardiamo all’evoluzione dell’uomo, non possiamo considerarlo solo sotto l’ambito individuale: lo scopo della sopravvivenza ci costringe a metterci in gruppo, ad organizzarci.

In milioni e milioni di anni si sono sviluppati metodi per risolvere dei problemi di sopravvivenza, che sono diventati in tutto e per tutto dei programmi. Potrebbe spiegare come fa un’ esperienza a trasformarsi in programma, in circuiti neurali, ma richiederebbe del tempo. Accenna però che la stimolazione ripetuta di neuroni associa un certo “peso” al tipo di input, di stimolo. Questo crea nel tempo delle vie preferenziali che, di fronte a certe situazioni, possono attivare un programma di reazione, che, se è risultato soddisfacente, è ricordato e attivato automaticamente come memoria procedurale di efficienza; se non funziona, spinge a trovare altre vie. Quindi diciamo che le reti neurali sono quel gruppo di neuroni che riesce a programmare risposte adatte ai problemi della sopravvivenza. In milioni di anni si sono formati cinque istinti principali che noi sfruttiamo quando vogliamo fare socioterapia: attaccamento, accudimento, cooperazione, competizione e sessualita’. Se noi vediamo un soggetto con patologia del comportamento, osserviamo dei difetti in questi algoritmi, in queste espressioni. Ad es. i borderline hanno un problema di attaccamento: non hanno avuto abbastanza dati per attivare l’algoritmo dell’attaccamento che, da milioni e milioni di anni, si aspetta di trovare certi segnali adatti nell’ambito di una relazione di dipendenza. Pertanto, se questi segnali che l’istinto è in attesa di elaborare non arrivano, l’istinto non si attiva, non guida, non funziona e in relazione al gruppo sociale si manifesta un problema di mal funzionamento sociale. Lo stesso dicasi della competizione che serve a far trovare un proprio ruolo in un gruppo da difendere e mantenere. Un ricercatore ha lavorato con le galline e ha scoperto che sono in grado di riconoscere ben trentacinque ruoli gerarchici; il che depone per il bisogno etologico di trovare il proprio ruolo. C’è poi Caesar Millon un “riabilitatore” di cani che non fa diremmo una terapia comportamentale individuale col soggetto dal comportamento patologico, ma di gruppo perchè i cani trovando subito il loro posto nella gerarchia del branco, si tranquillizzano e si “riabilitano”. La socioterapia sfrutta questi aspetti etologici della nostra parte animale, che e’ sociale, per poter di nuovo arricchire la personalità, normalizzare o armonizzare lo sviluppo degli istinti del soggetto disturbato attraverso l’esposizione ad ambiente sociale idoneo a sviluppo psicoaffettivo armonico. La socioterapia non fa altro che fornire ruoli di responsabilità ai partecipanti di un gruppo di media grandezza e, in più, passa dei valori che sono le esperienze che danno peso a certi comportamenti. Il peso è dato dalla qualità affettiva che una certa esperienza comporta.

Il Dr. Lombardo parla di una ricerca che ha svolto sugli autori che si sono allontanati dalla psicoanalisi, per entrare nel campo del sociale. La persona che gli piace più di tutti è Erich Fromm che ha scritto il famoso “L’arte d’amare”. Fromm parla di un aspetto affrontato anche da Foulkes il quale parla d’inconscio sociale, come qualcosa che è si fuori della coscienza, ma non rimosso. Per Lombardo i concetti utilizzati da Pisani vanno bene se riferiti al singolo individuo. Foulkes stesso dice che a differenza dell’inconscio freudiano che è sia rimosso, sia inconscio, l’inconscio sociale non è rimosso. Come Fromm sostiene che è determinato solo dall’esperienza. Lombardo sottolinea l’ importanza della similitudine di pensiero tra Foulkes e Fromm. Gli è piaciuto che Fromm sostenga che sebbene non riusciamo a conoscere tutto l’inconscio, che è fatto di istintualità, la nostra istintualità può essere condizionata dalle esperienze ambientali, dall’incontro con la società; ci sono delle pretese, delle condizioni economiche che piano, piano, fanno in modo di alienarci dai nostri istinti primitivi che vorrebbero invece farci affidare alle persone, legarci ad esse, competere per mantenere una nostra posizione sociale, senza sopraffare l’altro. Fromm parla di alcuni filtri che ci impediscono di esercitare la consapevolezza di quanto l’ambiente sociale possa condizionare i nostri istinti; fa riferimento al linguaggio e al tipo di logica che si usa, riferibile sempre alle modalità con cui le reti neurali apprendono e si modificano, per dare valore nuovo ad esperienze nuove che però ci alienano, cioè ci allontanano da quello che sarebbe il nostro sviluppo normale. Per tornare alla socioterapia, spiega che nella comunità terapeutica usano un atteggiamento democratico e molto liberale, che permette alle persone di fare esperienza e d’apprendere la modalità adatta per vivere bene in un gruppo, grazie al “permesso” di commettere errori per poi poterli discutere. Per questo fanno grandi gruppi e gruppi piccoli dove si ha la possibilità di correggere i due aspetti dell’identità: quella personale e quella sociale. L’identità personale è quella intima che ha a che vedere con i significati personali, che subisce le rimozioni e tutte le conseguenze psicodinamiche individuali; quella sociale invece ha a che vedere con abilità che sviluppiamo in varie circostanze, nelle relazioni con gli altri membri del gruppo al quale apparteniamo. Quindi la socioterapia viaggia su queste due modalità d’intervento, per cui si hanno grandi gruppi o gruppi intermedi per l’apprendimento di concetti e abilità sociali e piccoli gruppi per l’introspezione: per dare significato emotivo ed individuale ai vissuti delle persone.

Per riassumere: socioterapia significa cambiamento attraverso l’approccio sociale ovvero inserire persone, che hanno difficoltà nei rapporti con se stesse e con gli altri, in un contesto sociale ove abbiano la possibilità di apprendere nuovi modi di relazionarsi con altre persone e sviluppare una consapevolezza di che cosa fa star bene, cosa è conveniente per l’individuo, in relazione all’esperienza di vivere nell’ambiente sociale.]


Fa seguito alla relazione il dialogo tra i partecipanti:


(r)[ Il Prof. Pisani aggiunge che la socioterapia è una modalità per cambiare le persone da un modello sociale archetipico, pregenitale ed edipico ad un livello genitale adulto. Egli, che ha osservato direttamente il lavoro del Dr. Lombardo su pazienti psicotici molto gravi che ha visto cambiati (tra l’altro una sua paziente che è cambiata nel giro di un anno), sottolinea che la socioterapia stimola ad uscire da una posizione di tipo narcisistico e a passare ad una posizione relazionale che è una posizione più matura: quella definita cultura genitale.

Lombardo, riguardo la paziente di Pisani riferisce che si sente così cambiata, da voler fare un piano di uscita.

Pisani ricorda che aveva fortissime angosce di tipo suicidario.

Lombardo aggiunge che aveva attacchi di tipo isterico con grida, convulsioni; soffriva di allucinazioni visive del persecutore, perchè abusata da piccola, che vedeva dappertutto. Adesso non prende più farmaci antipsicotici, tranne un equilibratore dell’umore, ma si sente così cambiata che vuole esporsi alla vita reale perché ha imparato tecniche nuove per leggere i propri disturbi, il proprio malessere, ma soprattutto perché si sente a proprio agio nei rapporti con gli altri e nelle situazioni frustranti.

Il Dr. D.Surianello, a proposito della famiglia mafiosa di cui ha parlato Pisani, specifica che la famiglia mafiosa siciliana è formata da persone provenienti da diverse famiglie; la vera famiglia mafiosa è quella calabrese della andrangheta dove i componenti appartengono tutti alla stessa famiglia e, mentre nella famiglia mafiosa siciliana è possibile entrare per scardinarla e tirare fuori qualche pentito, in quella della ndrangheta non si può entrare. Chiede poi al Dr. Lombardo, a proposito dei gruppi, se i pazienti passano prima nel gruppo piccolo per poi accedere a quello grande o viceversa.

Il Dr. Lombardo spiega che la partecipazione ha luogo in parallelo. Nel grande gruppo s’impara soprattutto a dialogare dello svolgimento di attività sociali utili alla comunità. Per esempio si sviluppa la capacità di prendere decisioni insieme agli altri. La posizione conflittuale del prendere decisioni costringe a seguire nuove vie, altri modi per raggiungere un compromesso tra subire quel che dicono gli altri, magari contro il proprio interesse, oppure opporsi, per difendere il proprio interesse personale. Imparare a farsi valere col consenso è una sofferenza ma riuscire a trovare il modo di dialogare è un esercizio di alcune parti del cervello che possiamo chiamare parti egoiche.

Il Prof. Pisani, a proposito della mafia-famiglia, evidenzia che nel momento in cui arrivano nuovi adepti che, in base alle sue letture, sono soggetti con una profonda insicurezza personale e un Sé estremamente fragile, per cui aderire ad una associazione di questo genere significa entrare in un contesto di contenimento e di rafforzamento del proprio Sé, il nuovo adepto è sottoposto ad un cerimoniale che è identico a quello del battesimo col giuramento di fedeltà, di obbedienza, di sottomissione.

Surianello ribadisce che nella ndrangheta è molto peggio perchè il giuramento avviene all’interno dei componenti della stessa famiglia.

Il Dr. Lombardo è stato influenzato dalla lettura di un libro dal titolo “La scimmia che siamo” di Frans De Waals, da cui ha tratto che quando c’è ignoranza, cioè quando la parte più evoluta del nostro cervello non è nutrita di simboli e simbolismi, e quindi di capacità di astrazione, si tende a funzionare secondo le spinte etologiche degli istinti primitivi. Egli vede il clan dei mafiosi, tranne il capo che può essere intelligente, pervaso da una grandissima ignoranza, una coesione dettata dall’istinto del branco delle scimmie, dove ci sono tutte le gerarchie. Il branco si sente al sicuro proprio in virtù dell’avere una posizione gerarchica all’interno del clan.

Il Prof. Pisani, a proposito dei soggetti primitivi, in occasione del capitolo che ha scritto sull’inconscio sociale e della relazione che ha tenuto al simposio di Dublino, ha fatto una ricerca più approfondita nel senso che il livello archetipico della dipendenza dalla grande madre, che è una dipendenza ambivalente di sottomissione da una parte e di odio feroce dall’altra, ha moltissimo a che fare, nella scala evolutiva, con l’organizzazione sociale specie degli insetti. Per esempio le formiche bianche o tremiti, hanno un’ organizzazione sociale basata sulla regina madre che tiene tutti in pugno; gli altri sono o operai o soldati. È un ‘organizzazione sociale identica a quella delle api, in cui c’è l’ape regina e poi tutto il resto. Anche se, dal punto di vista scientifico, non possiamo dire che l’organizzazione arcaica primordiale nell’evoluzione si ripeta, possiamo però riconoscere che è estremamente suggestivo.

Il Dr.Lombardo evidenzia come questo dimostri che si sviluppa un algoritmo di sopravvivenza che fa uso di più membri della specie per mantenerne la sopravvivenza. Riferisce un interessantissimo esperimento fatto 25 anni fa circa, dove si mettevano sotto il microscopio diecimila amebe e si scattavano fotogrammi ogni 15 secondi. Quando si guardava il filmato, si poteva osservare come pian piano, le amebe si organizzassero fra loro trasformandosi in un piccolo vermiciattolo di un millimetro e mezzo, con una bocca, delle zampine: ogni ameba, trasformata, aveva preso posto in questa struttura più evoluta. Anche i linfociti del sistema immunitario, non è detto che non funzionino allo stesso modo, cioè che si comportino come un’organizzazione tipo rete neurale, che cerca l’ algoritmo corretto per impegnare l’antigene. Il sistema immunitario svolge questo compito attraverso un calcolo computazionale per notare la differenza tra tutto ciò che appartiene al corpo e tutto ciò che ad esso è estraneo. Altro aspetto interessante è il fenomeno del matriarcato. Nel Tibet la tribù dei Moro che hanno il matriarcato. Una ricercatrice ha fatto molte foto in quei luoghi parlandone in termini entusiastici. Il Dott. Lombardo pensa che la lettura psicodinamica del sociale possa arrivare fino ad un certo punto: essa va sposata con l’etologia, la biologia e soprattutto con la scienza delle reti neurali. Disciplina che nata nel ’43 si ferma nel ‘65 e riparte nell’85.

Pisani evidenzia che uno dei maestri di Foulkes sia stato Kurt Goldstein, grande neurologo tedesco. Lombardo ha il sospetto che l’idea foulkesiana di rete sia derivata un po’ da lì.

La Dr.ssa A.M.Meoni ha la sensazione di essere passata attraverso diversi stimoli. Inizia dall’argomento mafia, a proposito della quale stava riflettendo di cosa si stia parlando: della mafia come organizzazione criminale in Sicilia? Della mafia come organizzazione criminale calabrese: la Andrangheta? Oppure della mafia come atteggiamento mafioso dei gruppi sociali? Non sa se quest’ultimo, che viene riconosciuto come un modo di essere, abbia relazione con la mafia come organizzazioni sociali criminali. Crede però che l’organizzazione criminale abbia in comune, con l’atteggiamento mafioso, la presenza di un conflitto di potere: è il caso tipico della mafia criminale e del suo conflitto con lo stato, la sua tendenza a comandare al posto di altri. Nell’ambito di un gruppo sociale anche molto più semplice, ad esempio una classe scolastica, possono esserci atteggiamenti di stampo mafioso con un beneficio immediato, che non è solo comandare per comandare. Non è come un capo gerarchico di un gruppo animale che ha il compito di guidare il gruppo verso la sopravivenza: il gruppo mafioso non guida verso la sopravvivenza, ma per raccogliere cose oggettivamente palpabili, che lo interessano, essenzialmente denaro, tre o quattro individui si coagulano per ottenere tutto, senza darsi nemmeno reciproco aiuto.

Pisani ne sottolinea il livello orale-cannibalico.

La Dr.ssa Meoni motiva queste riflessioni con l’esigenza di distinguere tra diversi livelli epistemologici, che se associati possono generare confusione. Ad esempio la gerarchia dal punto di vista etologico o sociale e la grande madre terrifica e non salvifica e i diversi aspetti di leadership del gruppo (che però non sono stati trattati). Altro aspetto riguarda le funzioni che non sono coscienti, non sono consapevoli. Tolto quello che è cosciente, c’è questo mondo dell’inconscio, definito dal punto di vista psicoanalitico e variamente precisato a seconda delle impostazioni analitiche, o poetiche, o filosofiche, o religiose. In questo mondo la psicoanalisi pone in maniera ortodossa-freudiana, quella che si chiama la libido, gli impulsi. Le sono però venute in mente le magnifiche relazioni del Prof. Rossi che ci rappresentava, in termini scientifici, quelle equivalenze con impulsi, Es, che etologicamente andiamo a cercare nel mondo animale e che è un mito: il mito del selvaggio così come noi ce lo rappresentiamo. Ricordava questa rappresentazione di osservazione fedele e biologica del comportamento animale, degli insetti o di animali più evoluti, dove si dice che ci sono comportamenti non inconsci, ma innati; comportamenti geneticamente predeterminati con cambiamenti difficilmente osservabili nel singolo individuo, ma nella specie. Ricorda la storia dell’insetto che batte sempre contro l’ostacolo e dell’altro insetto che ha un diverso comportamento geneticamente predeterminato: sono due gradi diversi della evoluzione della specie, che determinano due animali diversi. Si domanda quanto questo abbia a che vedere con l’apprendimento delle reti neurali. Personalmente pensa di no perché, in base a quanto detto da Rossi, c’è una impostazione deterministica, per cui il mondo è fatto da oggetti geneticamente predeterminati a cui noi attribuiamo una scala sociale evolutiva, se non altro perché compaiono nel corso del tempo.

Il Dr. Lombardo osserva che questo modo di vedere le cose non dà speranza. Riporta l’esempio dei clan degli scimpanzé, gli animali più vicini all’uomo nei quali si è osservata un’ evoluzione. Gli scimpanzé, per difendere i propri geni uccidevano i neonati di altri maschi. L’evoluzione e passaggio alla nuova specie dei Bonobo è consistita nell’escamotage, trovato dalle femmine, di non rimanere fedeli ad un solo maschio, ma di essere molto promiscue, così che il maschio, non sapendo operare una distinzione dalla fisionomia dei piccoli, non li uccide più; questo ha reso meno dominante il ruolo del maschio. Quindi i Bonomo sarebbero l’evoluzione matriarcale dell’atteggiamento degli scimpanzé. Chiarisce che voleva sapere qualcosa di più sul matriarcato umano e sui suoi aspetti positivi.

Pisani sottolinea che la grande madre mediterranea è un archetipo matriarcale.

Lombardo riferisce che la divinità venerata dalla tribù matriarcale dei Moro, non è una grande madre, ma una bellissima giovane così perfetta nelle sembianze, ma soprattutto nelle abilità di disegnare, ricamare e manipolare la natura, tanto da fare invidia agli dei che se la portano via. Pisani evidenzia che anche la maga Circe era bellissima.

La Dr.ssa Lisa Di Gennaro, a proposito di branco chiede al Dr. Lombardo, cosa abbia sollecitato la similitudine tra il branco e il gruppo di psicotici, tra l’etologia e la terapia di gruppo allargato.

Il Dr. Lombardo evidenzia che il punto cruciale di un soggetto che ha perso il senno e non sa più bene chi sia, è l’identità; non sapere come relazionarsi con gli altri genera paura. Se a queste persone, tuttavia, messe insieme a persone meno gravi si offre una giornata strutturata, dei tempi scanditi e a tutti dei ruoli con l’affiancamento di operatori, in quanto persone socialmente più competenti, il “fare con” aiuta molto a fornire un nuovo senso d’ identità. La socioterapia, non è psicoterapia: è fare cose insieme. Come sosteneva Foulkes prima fai, prima cambi e poi capisci. L’esperienza riguarda la parte sociale che è la parte carente nello psicotico: mancano delle abilità sociali e non ci sono schemi di funzionamento e modelli d’identificazione validi. La psicoterapia individuale nello psicotico non si può fare. Più avanti, se con terapia farmacologica riusciamo a controllare i disturbi dell’umore il paziente può mantenere abbastanza attenzione da poter lavorare psicologicamente. Negli ultimi anni ha scoperto che la psicoterapia nel gruppo piccolo e medio si adatta ai disturbi di personalità; con psicotici e persone con un disturbo cognitivo è necessario invece proporre attività espressive e modelli di comportamento efficaci attraverso il fare cose insieme. La cosa bella è che dopo tre anni, vedi psicotici gravissimi cambiare. Presenta un paziente che dice “oggi sto un po’ male… le voci” : è diventato consapevole dei propri disturbi; sa che le voci lo disturbano, ma riesce a parlarne, non lo tiene come un segreto e, malgrado le voci, riesce a svolgere il compito impegnativo di presiedere un meeting, cioè seguire il protocollo di un’ agenda di argomenti da discutere; riesce a stoppare una persona che va fuori tempo; riesce a ricordare che una persona non ha cambiato le lenzuola e in sostanza “funziona”.

Il Prof. Pisani usa il termine di P. De Marè, per cui la struttura sociale costruisce l’Idiocultura, costruisce ed alimenta la cultura dell’Io.

La Dr. G. Valacca chiede in che modo si riesca a conciliare concetti che riguardano l’etologia, disciplina che studia il comportamento animale per il quale poco è il valore dato al senso al simbolo ma piuttosto all’agire, per passare da questo al comportamento esteriore di cui ha necessità lo psicotico per organizzarsi e ritrovare un po’ di ordine. Ora fra i due ambiti: quello dell’etologia, comportamento come studio etologico e il comportamento organizzato che sollecitiamo nei soggetti psicotici, c’è il problema del senso. Lo psicotico fa delle cose che servono per la sua sopravvivenza, per portare avanti la giornata, in termini operativi utili a sé e al gruppo in cui sta. Ma il senso? Il problema del senso è enorme e non sa quanto l’etologia ci aiuti.

Il Dr. Lombardo risponde di aver scoperto che il senso non serve.

Questa affermazione trova in completo disaccordo la Dr.ssa Valacca.

Il Dr. Lombardo spiega che per la riabilitazione di pazienti che hanno disturbi del comportamento, dell’identità , lì per lì, il senso non serve. Si può sviluppare dopo che le capacità di ragionare e di connettere sono ritornate, ma quando non ci sono bisogna svilupparle. Porta l’esempio di come il senso che un bambino di 8 anni può dare a certe esperienze sia limitato dal suo sviluppo cognitivo. La Dr.ssa Valacca sottolinea che però ce l’ha.

Per Lombardo ce l’ha, ma non lo cerca: è generato intuitivamente dalla organizzazione delle informazioni nelle reti neurali deputate. Chiarisce che le reti neurali ci che permettono d’intuire cosa ci sia ora, nella mente della Valacca, mentre pone questa domanda o d’intuire cosa ci sia nella mente dell’interlocutore quando risponde con un determinato tono di voce. Questa capacità d’intuire e di dare significato allo stato mentale dell’altro è un aspetto più sofisticato che, se andiamo a ricercare di proposito, possiamo anche trovare grazie all’esercizio, la formazione, il gergo; per quanto riguarda la vita quotidiana, invece, il bisogno di sopravvivere, di vivere bene insieme agli altri, il “senso”, il “significato” non è così determinante: è più importante per i terapeuti che devono orientarsi nella comprensione di comunicazioni fuori dalla norma delle interazioni sociali.

La Dr.ssa Valacca fa una distinzione netta tra senso e significato che non sono sovrapponibili: il significato è generale, il senso riguarda un ambito della semantica più soggettivo. A parte questo, il problema del senso lo si ritrova anche nel bambino piccolo dai due anni in poi. È il senso legato alle emozioni. Un bambino, più o meno piccolo, non può far nulla se non c’è un senso che nasce dalla relazione. Quando dici al bambino “facciamo questo…” capirà o no, parlerà o no, è comunque preso da una spinta ad agire, a comunicare nei modi appropriati, collegati alla sua età. Questa forma di comunicazione ha un senso soggettivo. Ritiene che non si possa trascurare il senso, anche in un gruppo di psicotici.

Il Prof. Pisani sottolinea come si stia cercando di mettere insieme l’inconscio sociale con la socioterapia che dovrebbe essere lo strumento per portare alla luce l’inconscio sociale, elaborarlo con varie modalità non necessariamente psicoanalitiche e perciò sostanzialmente basate sul transfert, ma che si basano su altre modalità di tipo operativo. Reputa determinante provocare una trasformazione del contesto sociale che implica la trasformazione di quel individuo che fa parte di quel contesto sociale.

Il Dr. Lombardo pensa di aver colto quanto cercato dalla Dr.ssa Valacca ed afferma che il senso emotivo lo si trova nell’esperienza quotidiana in relazione all’ambiente e alle persone. Questo senso però si percepisce, non si verbalizza. Nell’approccio socio terapico l’atmosfera di solidarietà, di aiuto reciproco, di scelta deliberata di offrire sostegno a chi lo chiede (perché questo tipo di approccio ha la prerogativa di poter chiedere sostegno quando non ci si sente bene), il modo di accettare e non criticare in maniera distruttiva, sono tutte cose che danno un senso alla persona. Secondo Lombardo per i pazienti gravi il significato di per sé è qualcosa che non ha importanza principale nella terapia: per pazienti gravemente disturbati, che non possono vivere da soli, è più importante il senso di appartenenza, il senso di utilità, il senso di non essere soli, il senso di valere qualcosa.

Il Dr M. D’Alessandro si riferisce alla sollecitazione che gli è derivata dall’immagine dell’ameba nell’ esperimento etologico, riportato da Lombardo. L’ha collegato al concetto di campo che ha una direzione, ha una sua auto-organizzazione e determina il senso delle relazioni e delle dinamiche che ci sono al suo interno. Questa immagine, emersa in relazione a quanto affermato da Pisani, gli ha lasciato sospesi due elementi: da una parte c’è l’auto-organizzazione di un campo, dall’altra una mente collettiva. Vuole sapere come i relatori vedano l’unione di questi due elementi nel processo di trasformazione che avviene durante la terapia.

Il Prof. Pisani evidenzia come il campo che viene creato in terapia, sia un campo progettato per trasformare le modalità relazionali inconsce, arcaiche, in modalità sempre più consce, sempre più mature e sempre più fondate sull’idiocultura. Ribadisce che l’idiocultura è la cultura che serve per maturare le persone, rafforzare l’io, che è mediatore tra le parti biologiche e la realtà esterna, e determinare l’affermazione del Sé, l’affermazione della propria persona, in un contesto relazionale. A livello arcaico il campo è pre-genitale e Bion ne ha fatto una bella descrizione: i gruppi si riuniscono per difendersi dalla morte. Ci mettiamo insieme, chi fa il medico, chi lo scalpellino, chi fa il macellaio, chi il fornaio­ etc: è la forma più matura di mettersi insieme. La forma più arcaica è mettersi insieme a livello essenzialmente narcisistico; proiettiamo la grandiosità, il senso di onnipotenza sul grande capo o sulla grande capa, e ci massifichiamo: la massa è massa narcisistica; oppure ci organizziamo per andare ad attaccare e distruggere il nemico che ci ha fatto il malocchio, oppure ci mettiamo insieme per valorizzare la pulsione di vita: ci accoppiamo maschi e femmine per creare nuove generazioni. Questo è il gruppo arcaico che fa parte dell’inconscio sociale arcaico. Pisani osserva che una struttura tipo quella di Lombardo, sconvolge questa modalità perché dice “guardate qui ci dobbiamo mettere in condizioni di costruire un gruppo più maturo, democratico, in cui ognuno abbia la possibilità di esprimere se stesso nella relazione con l’ altro: praticamente è un gruppo de-fusionale. Chiede il punto di vista di Lombardo.

Il Dr. Lombardo dice di essersi un po’ allontanato dalle letture dei significati dei fenomeni sociali in termini solo psicodinamici; è andato oltre e vede le cose dal punto di vista della qualità delle informazioni che nutrono i sistemi algoritmici istintivi. È quello che avviene per la retina: se colpisce l’occipitale nei primi sei anni, la stimola; se invece hai un occhio che non invia il segnale, resti cieco.

Per Pisani si tratta del correlato biologico.

Lombardo sottolinea che, per non farci trasportare dalle intellettualizzazioni e sedurre dalle ipotesi psicologiche conviene tenere i piedi per terra legandoci alla neurobiologia che adesso, davvero, comincia a sostenere la validità di certi concetti psicoanalitici e che pure, in parte, li ridimensiona.]

Note di redazione:

(r) registrazione della lettura presentata così come il dialogo nel dibattito a seguire la registrazione vocale degli interventi dei partecipanti rivisti dai relatori.

Antonella Giordani agior@inwind.it e Anna Maria Meoni agupart@hotmail.com



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