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Pietro Roberto Goisis e Gioia Gorla
UNO SPAZIO PER TOMMASO SENISE

1.3. I'intervento psicoanalitico breve con l’adolescente: caratteristiche e confronti del modello Senise



"Non possiamo dire che l’adolescente guarisce: l’adolescente non guarisce mai, è un adolescente e quindi ha una situazione particolare e quindi aver successo in una terapia con un adolescente significa aver rimesso in moto i suoi normali processi di evoluzione, che sono di per sé dei processi anomali rispetto a quelli dell’adulto"
(Seminario del 1981 a Villa Turro)

Il modello elaborato da Senise ed esposto nella sua forma compiuta nel manuale del 1990 può essere inteso nelle sue caratteristiche originali solo se si confronta con altre metodiche di consultazione o psicoterapia breve per adolescenti, come, ad esempio, quelle che sono state sviluppate a partire dagli anni Sessanta in due centri londinesi, il Brent Consultation Center e la Tavistock Clinic.
Iniziando col considerare il problema del setting, o, come preferisce designarlo Senise, lo "schema operativo ottimale", sappiamo nella sua metodica che esso si estrinseca operativamente in una successione ordinata di sette distinti momenti, ciascuno con proprie finalità e caratteristiche, ma che costituiscono l’uno la prosecuzione dell’altro, in una sorta di continuum evolutivo, quasi a suggerire che lo scopo centrale della psicoterapia breve di individuazione è " la ricostruzione psicoanalitica e genetica della storia del ragazzo" che lo aiuta " ad avere il senso della sua identità storica, a cominciare a capire che "ciò che lui è’ è il risultato di tutti i momenti vissuti in precedenza" (Aliprandi, Pelanda , Senise, 1990):
Richiesta telefonica della consultazione;
Colloqui con i genitori, insieme o separatamente;
Colloqui con l’adolescente;
Esami testologici, effettuati da uno psicologo con formazione psicoanalitica, possibilmente diverso dal terapeuta;
Restituzione all’adolescente dei risultati dell’indagine ed elaborazione con lui degli eventuali progetti di interventi e delle informazioni da dare ai genitori;
Colloquio di restituzione ai genitori, con o senza l’adolescente;
Colloqui con l’adolescente a commento del colloquio con i genitori.
Perché l’intervento possa piegarsi alla notevole diversità delle situazioni, a questo schema Senise non attribuisce un carattere rigidamente predefinito: è possibile, e talvolta opportuno, omettere taluni momenti, come, ad esempio, i primi colloqui con i genitori, accettando l’autoriferimento dell’adolescente. Non viene predeterminato il numero di incontri per ciascun momento, anche se si tratta di un numero molto contenuto (in genere, non più di tre).
La durata complessiva della psicoterapia breve di individuazione si avvicina perciò a quella adottata al Brent Consultation Centre, che prevede, a discrezione dell’operatore, un massimo di dieci colloqui (Hurry, 1986), mentre la consultazione breve adottata alla Tavistock Clinic e nei Centri che si ispirano a questo modello, come quello italiano collegato alla Università "La Sapienza" di Roma, prevede al massimo quattro incontri di un’ora ciascuno (Copley, 1976, Jaccarino, 1990,). A differenza invece sia del modello della Tavistock Clinic (Copley, 1976, Salzberger Wittenberg, 1990) che di quello del Brent Centre (Novick, 1977; Hurry, 1986) che prevedono soltanto colloqui con l’adolescente, di cui viene accettato l’autoriferimento, il modello di Senise comporta anche, all’inizio e alla fine dell’iter terapeutico, incontri con i genitori, che hanno lo scopo non solo di conoscere il modo in cui essi si pongono nei confronti del figlio, del tipo di investimento che fanno sui di lui e delle modalità di comunicazione all’interno della famiglia, ma anche di rendere meno acute le tensioni e le ansie di un momento di crisi che coinvolge l’intera famiglia.
I sostenitori dell’autoriferimento dell’adolescente, che è in linea con un modello psicoanalitico di tipo intrapsichico, lo motivano come l’accoglimento , da parte del terapeuta, di una scissione transitoria tra l’adolescente e i genitori, che insieme vanno considerata come un gruppo fondato su legami molto profondi, sia a livello interpersonale sia intrapsichico, basati su processi di identificazione sia del bambino con i genitori che viceversa. Questi legami sino a quel momento sono stati utili per la crescita, ma diventano un ostacolo quando l’adolescente deve effettuare il processo di separazione-individuazione. Si tratta di legami fondati su identificazioni proiettive incrociate, intese come modalità comunicative: è proprio questo "intrico di identificazioni proiettive che, spesso, rende problematico il trattamento di adolescenti basato sull’invio da parte dei genitori e conduce a fallimenti terapeutici" (Jaccarino, 1990). Senise ritiene invece che, proprio perché il disturbo nasce da un complesso intrecciarsi di relazioni interpersonali e di relazioni di oggetto a livello soggettivo e fantasmatico e dato che "Per l’adolescente l’evoluzione è molto legata alle sue relazioni intrafamiliari e alle opportunità che la realtà esterna gli offre per nuovi investimenti e identificazioni che possono favorire od ostacolare la sua maturazione" (Senise, 1985), i colloqui con i genitori sono un significativo punto di partenza e di conclusione della psicoterapia breve con l’adolescente, dato che hanno non solo la finalità di conoscere la situazione esistente, ma anche di mutarla. .
La tesi di un setting che preveda esplicitamente il coinvolgimento dei genitori è oggi accettata quasi unanimemente nella psicoterapia dell’adolescente orientata psicoanaliticamente, anche se si fa notare quali difficoltà esso comporti, a differenza di quanto avviene nella psicoterapia del bambino (AA. VV., 1998). Un problema particolarmente delicato è quello di evitare interferenze che turberebbero il lavoro terapeutico con l’adolescente. La modalità prevista da Senise di concedere inizialmente uno spazio ai genitori, accogliendone le difficoltà, e di incontrali ancora successivamente, per discutere con loro il progetto pensato per il figlio, in cui può anche rientrare un trattamento psicologico previsto soltanto per loro, collega strettamente il lavoro con i genitori e quello con l’adolescente: si possono così evitare interferenze e disturbi ma anche facilitare nei genitori il processo di separazione dal figlio non più bambino, aiutandoli a svolgere il loro ruolo nel modo che Winnicott ha definito "maturo", cioè in una posizione di separatezza e di ritiro. (Winnicott, 1968)
Il prevedere oltre ai colloqui con lo psicoterapeuta un momento valutativo in senso clinico affidato ad un altro professionista, con successiva restituzione all’adolescente della relazione psicodiagnostica, costituisce il tratto distintivo per eccellenza della metodologia di Senise, sin dal suo primo delinearsi come "psicoterapia psicodiagnostica dell’adolescente". Esso prospetta una soluzione, rigorosa e creativa insieme, al problema cruciale della valutazione della psicopatologia in adolescenza, quando la mutevolezza e la fluidità dei sintomi rispetto all’età adulta rende spesso arduo distinguere tra manifestazione di crisi evolutiva e patologie già strutturate o in fase di strutturazione. L’esigenza di un approfondimento, che solitamente si identifica con un bisogno del terapeuta, cui si oppone la volontà, consapevole o meno, dell’adolescente a restare segreto, nella metodologia di Senise si trasforma in un impegno dell’adolescente alla conoscenza di sé, a cui viene motivato nei colloqui iniziali con lo psicologo.
Inoltre, con l’introduzione, accanto al setting terapeutico, del setting diagnostico con le sue diverse caratteristiche, è anche possibile osservare come l’adolescente si pone in due situazioni diversamente strutturate, più libera e indeterminata l’una, centrata su di un compito la seconda e questo permette di mettere in evidenza aspetti diversi del funzionamento mentale dell’adolescente. Più in particolare, il passaggio ad un altro professionista costituisce nel divenire della terapia un’occasione in cui l’adolescente vive la separazione dalla prima figura che ha incontrato e che ha fatto oggetto dei suoi rapidissimi investimenti , evitando così il formarsi, prima della chiarificazione progettuale , di una coppia terapeutica "troppo fusa e stretta" (Mori Ubaldini, 1997) che Senise ritiene pregiudizievole per lo sviluppo dell’adolescente che deve vivere la sua vita.. Ovviamente, anche il terapeuta deve fare la rinuncia ad avere tutto per sé il suo paziente e accettare di "condividerlo" con un collega, rinunciando contemporaneamente alla pretesa di comprenderlo compiutamente da solo. Motivo non ultimo, questo - e Senise ne era ben consapevole- della difficoltà del suo metodo che richiede non solo competenze diverse e ugualmente raffinate da parte dello psicoterapeuta e dello psicologo clinico, ma anche che i due saperi concorrano ad un intervento profondamente unitario. Ma per questo non solo è indispensabile che lo psicologo clinico sia possibilmente egli stesso di formazione analitica e che pratichi egli stesso la psicoterapia di adolescenti, "che abbia cioè una formazione specifica, profonda e appassionata, che abbia il desiderio di capire, il desiderio di riuscire ad avere con gli adolescenti un rapporto che sia per loro di giovamento" ma anche che entrambi i professionisti siano disponibili ad una "collaborazione fondata sull’onestà intellettuale, il rispetto e la libertà" (Senise, 1992).
Un secondo aspetto importante da considerare è quello del transfert. E’ noto che nella psicoterapia con gli adolescenti il transfert presenta caratteristiche di immediatezza e di imprevedibilità e il ricorso a massicce resistenze che mettono a dura prova l’analista (vedi Adolescenza e psicoanalisi).Quando poi si tratta di interventi brevi orientati psicoanaliticamente, il problema va affrontato anche tenendo conto delle particolarità del setting. Così Beta Copley, che ha lavorato come Principal Child Psychoterapist e Visiting Teacher presso la Tavistock Clinic, giudica "intrusivo e non etico" usare interpretazioni di transfert in un trattamento a durata limitata ed inoltre inappropriato al fine della consultazione, che è quello di far emergere le parti più adulte dell’adolescente. "Cerco di riportare il materiale clinico emerso alle relazioni che il cliente intrattiene nel mondo esterno o, quando è il caso, a quelle che caratterizzano il suo mondo interno...ma senza lavorare apertamente sull’aspetto transferale in relazione a me stessa" (Copley, 1976). Anche Anna Hurry, membro dello staff del Brent Consultation Centre, ritiene che l’intervento più efficace nella consultazione sia quello che lavora all’interno della relazione con l’operatore, ma allo scopo di "liberare la persona dell’operatore da un’indebita relazione transferale cercando di "rendere l’adolescente consapevole del suo atteggiamento verso gli altri, delle sue aspettative nei loro confronti e delle sue reazioni ad essi" (Hurry, 1986)
Analoga è la posizione di Senise: le interpretazioni hanno lo scopo di collegare i rapporti dell’adolescente nel mondo esterno con il processo della sua crescita, con le sue difficoltà e incertezze in quanto interpretano " il significato delle emozioni, degli affetti, delle pulsioni che l’adolescente sviluppa nei confronti dei personaggi che di volta in volta porta in seduta." (Aliprandi, Pelanda, Senise, 1990). Solo nel caso che si verifichi una situazione chiaramente transferale il terapeuta utilizza il transfert, ma per "smascherarlo": "in linea di massima, interpreto quanto di transferale il paziente comunica, restituendo, immediatamente, l’emozione, l’affetto, la pulsione, traslati, all’oggetto originario cui si riferiscono, enfatizzando, se necessario, la mia estraneità e differenziazione da quell’oggetto." (Senise, 1983). Gli elementi transferali vengono quindi colti, ma non interpretati secondo una interpretazione di transfert oggettuale, bensì riportati al sé del paziente: in tal modo gli si mostra come opera il suo sé e lo induce ad investire sul suo funzionamento mentale (Giaconia, 1985)
Ciò che caratterizza l’intervento terapeutico con l’adolescente secondo Senise è un altro tipo di transfert: con l’estrema mutevolezza che caratterizza il suo modo di relazionarsi con gli altri, l’adolescente investe di volta in volta sul terapeuta parti di sé adulte o arcaiche; il terapeuta instaura con lui un rapporto di tipo speculare, nel senso che gli rimanda di volta in volta l’immagine che egli ha di sé e insieme le modalità investigative con cui è giunto a tale rappresentazione. Questa "duttilità empatica ", che si esprime anche nella scelta di contenuti ed immagini adeguati ora all’età reale dell’adolescente ora ad età molto precoci, favorisce nell’adolescente una controidentificazione col terapeuta identificato con lui, dando così luogo ad un "effetto specchio, già di per sé fondante per una relazione terapeutica" (Senise, 1983).
Va infine notato che ad un trattamento breve con l’adolescente ne può seguire un altrodi lunga durata. ..Nel caso del modello di Senise, tra i progetti con cui si può concludere il colloquio, o i colloqui, di restituzione ci può essere quello di un ulteriore intervento a lungo termine, che si tratti di una psicoterapia psicoanalitica, da condursi, secondo Senise, sulla base di un rapporto identificatorio-controidentificatorio, come la breve, o, in rari casi dell’analisi. A entrambi questi interventi la psicoterapia breve costituisce un’utile preparazione, perché permette al ragazzo di fare un’esperienza positiva del rapporto con l’adulto che lo predispone ad un lavoro su di sé di più lungo impegno. Nasce tuttavia il problema di far accettare all’adolescente il passaggio ad un altro terapeuta, vincendo le sue resistenze ma talvolta si ottiene un netto rifiuto. La posizione di Senise concorda su questo punto con quella adottata nei servizi londinesi, dove esiste la possibilità che terapeuti sperimentati o analisti si occupino a lungo termine dell’adolescente. . In entrambi i Centri la consultazione breve viene distinta da un eventuale successivo trattamento psicoterapeutico o psicoanalitico, che verrà sempre affidato ad altro professionista, dato che si ritiene che la tecnica della psicoterapia breve differisca profondamente da quella dell’analisi o di una psicoterapia a lungo termine. " Con alcuni clienti- scrive Beta Copley- ...si sarebbe tentati di proseguire il lavoro più a lungo. Penso che il farlo costituirebbe un errore, fondamentalmente perché significherebbe tentare di fare un lavoro analitico senza adoperare l’equipaggiamento psicoanalitico del transfert. Probabilmente, si verrebbe anche percepiti. e giustamente, come un oggetto che si lascia allettare ed indurre ad oltrepassare i propri confini" (Copley, 1976). Anna Hurry ritiene che il sapere sin dal primo colloquio che un’eventuale futura psicoterapia sarà effettuata con un’altra persona pone le premesse perché un adolescente possa scegliere la terapia non al fine di prolungare una relazione di dipendenza dall’operatore che effettua i colloqui, ma perché è consapevole dell’esistenza, dentro di sé, di qualcosa che desidera cambiare, e spera di realizzare questo cambiamento. Ciò equivale ad optare attivamente per il trattamento, piuttosto che passivamente per la dipendenza. " (Hurry, 1986).

Ritroviamo quindi vicine al modello Senise tutte quelle posizioni che ritengono indispensabile operare profonde e significative modificazioni della tecnica psicoanalitica classica per poter trattare gli adolescenti. Modificazioni che, per lo meno per quanto riguarda il primo approccio al paziente adolescente, crediamo siano di fatto condivise da tutti coloro i quali si occupano realmente di adolescenti (ossia di persone tra i 13 ed i 19 anni). Alcuni autori preferiscono chiamare questo tipo di intervento "consultazione"; Senise, e noi con lui, la definisce come "psicoterapia breve (psicoanalitica ci viene da aggiungere) di individuazione".
Ma ci sembra anche importante osservare che questa modalità di intervento con gli adolescenti rientra in una tendenza, che si è venuta sempre più diffondendo a partire dagli anni sessanta e settanta del Novecento,.a sviluppare tecniche brevi di intervento psicoanalitico con pazienti adulti, dando luogo alla corrente delle cosiddette psicoterapie psicoanalitiche a breve termine, su cui ormai esiste una ricchissima letteratura a livello mondiale. Al loro sviluppo ha dato un profondo impulso il profondo cambiamento economico e socioculturale degli ultimi decenni del secolo scorso, che ha posto in primo piano il rapporto costi-benefici e quello tempo-efficacia, determinando una sempre più sostanziale modifica nell’atteggiamento, sia dell’utente sia del terapeuta, nei confronti dell’intervento psicoterapeutico, non più dominato dall’idealizzazione del principio che «più é comunque meglio».
Dal punto di vista teorico e tecnico uno dei più interessanti sviluppi delle psicoterapie brevi riguarda l’utilizzazione dei modelli che hanno come orientamento il processo di sviluppo e il ciclo di vita, ben testimoniata ad esempio da un recentissimo libro di Maria Clotilde Gislon, (Gislon, 2001). La psicoterapia breve è indicata quando l’individuo non é in grado di superare le crisi e diventa una sorta di «psicoterapia intermittente durante il ciclo di vita» nella quale terapeuta e paziente siano in grado entrambi di accettare con autentica convinzione il limite del tempo ed il terapeuta ponga di continuo l’accento sulle potenzialità del paziente verso l’autonomia e l’emancipazione, e quindi non incoraggi una posizione di dipendenza e lo sviluppo del transfert. In questo senso il problema del termine non è vissuto dal paziente come un processo penoso o difficile, ma piuttosto come la prova di un passo progressivo importante verso l’indipendenza, dato che aumenta il suo senso di autonomia e sicurezza. Crediamo che venga facile ed immediato il riferimento alle condizioni ed agli approcci che spesso caratterizzano gli interventi terapeutici con gli adolescenti, che hanno indubbiamente influenzato questa corrente psicoterapeutica.
Per quanto in particolare riguarda il modello Senise, questo tipo terapie brevi ne riprende in maniera significativa alcune delle caratteristiche essenziali anche quando si riferisce ai criteri di indicazione, che sono così riassunti:
un orientamento individuale prevalente verso il futuro, in grado di staccarsi dal passato e dai propri modelli infantili ormai fallimentari;
capacità di vivere nel presente, nell’attualità dei propri bisogni;
possibilità di rinarrare la storia della propria vita in un modo condensato;
condizioni che possono essere definite come un disturbo evolutivo adolescenziale, che può essere più o meno grave ma che, una volta verificatosi, si amplifica nelle sue conseguenze sintomatiche e può dare luogo a diversi tipi di manifestazioni psicopatologiche.
La psicoterapia breve di individuazione messa a punto da Senise e dai suoi collaboratori si colloca perciò con sue caratteristiche originali all’interno della corrente degli interventi brevi per gli adolescenti di matrice psicoanalitica e insieme, in un momento storico-sociale in cui i disturbi dell’individuazione ed i di casi di cosiddetta "adolescenza prolungata" si vengono moltiplicando, suggerisce efficaci stimoli sul piano teorico e clinico anche in altri settori della psicoterapia di matrice psicoanalitica.

Bibliografia

Aliprandi M., Pelanda E., Senise T: (1990), Psicoterapia breve di individuazione. La metodologia di Tommaso Senise nella consultazione con l’adolescente, Milano, Feltrinelli

AA. VV:, Esiste una specificità nella formazione al lavoro psicoanalitico con gli adolescenti? In "Richard e Piggle", 5, 1997, pp. 52-74

Copley B. (1976), Lavoro breve con adolescenti e giovani adulti in un Servizio di Counselling, trad. it. in Adamo S. M. G. (a c. di) (1990), Un breve viaggio nella propria mente, Bari, Liguori

Giaconia G. (1983), Intervento, in AA.VV., Il setting, , Roma, Borla

Gislon M.C: (2001), Trattato di psicoterapia breve integrata, Bergamo, Dialogos Edizioni

Hurry A. (1986), Lavoro in un Centroi di consultazione per adolescenti, in Adamo S. M. G:, cit:

Iaccarino B. (1990), L’autoriferimento nella Consultazione Breve con gli adolescenti, in Adamo S. M. G., cit.

Mori Ubaldini A (1997), Tommaso Senise supervisore: un insegnamento terapeutico in "Quale adolescente per la psicoterapia? Quale psicoterapia per l’adolescente?", Giornata di Studio in ricordo di Tommaso Senise organizzato dall’Istituto di Psicoterapia del Bambino e dell’Adolescente, Milano, 15 novembre 1997 , 11-13

Salzberger Wittemberg I. (1990), Transfert e controtransfert nel lavoro breve con i giovani, in Adamo S. M. G:,. cit.

Senise T. (1983) Per l’adolescenza: psicoanalisi o analisi del Sé? In Lanzi G. (a c. di), L’adolescenza. Psicologia, psichiatria, sociologia, Roma, Il pensiero Scientifico

Senise T. (1985), Il setting nella" presa in carico" psicodiagnostica dell’adolescente, in AA.VV:, Il setting, Roma, Borla

Senise T. (1992), Mortificazione e riparazione del Sé, in "Quaderni dell’Istituto di Psicoterapia del Bambino e dell’Adolescente, 2, 11-29

Winnicott D. W. (1968), Adolescenza: il dibattersi nella bonaccia, trad. it. in La famiglia e lo sviluppo dell’individuo, Roma, Armando, 1974


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