Presentazione:
(di Bruno Moroncini - comparsa recentemente sullUnità come commento a un recente libro del filosofo Nancy:)
La tecnica dei trapianti solleva, come recenti polemiche hanno dimostrato, una serie di problemi etici, oltre che giuridici, non indifferenti. Primo fra tutti quello dellaccertamento senza ombra di dubbio della morte.
Anche a non voler considerare lantico e forse insopprimibile terrore della morte apparente resta vero che datare la morte continua ad essere qualcosa di molto difficile: quando si muore? e che cosa significa morire? Domande queste esattamente speculari a quelle che sinterrogano sullinizio della vita, sullistante a partire dal quale sia possibile parlare della presenza di una vita umana. Ma i trapianti spingono a porre anche altre domande, altrettanto decisive: cosa vuol dire avere un corpo e in che senso il corpo è il corpo proprio? E con quale logica dovremmo interpretare il fenomeno del rigetto, la necessità dellabbassamento delle difese immunitarie per cercare di evitarlo, le conseguenze - malattie di vario tipo fra cui anche il tumore - che quasi inevitabilmente ciò produce? Ed infine quale tipo di comunità verrà ottenuta dallinnesto nel proprio corpo dellorgano di un altro, da questi scambi di organi e di corpi?
In un piccolo ma folgorante libretto la cui intensità emotiva è pari alla pro-fondità dellelaborazione concettuale che vi è messa in opera, Jean-Luc Nancy (LIntruso, ed. it. a cura di Valeria Piazza, Cronopio, Napoli 2000) lega lesperienza di chi, come lui, ha subito un trapianto di cuore al grande tema etico-politico dellospitalità: laccoglienza con la quale il nostro corpo si dispone a ricevere il cuore di un altro equivale allospitalità che dimostriamo nei confronti dello straniero che arriva alla frontiera. E come questultimo si scinde nella doppia figura dellimmigrato legalizzato e familiare e di quello pericoloso e clandestino, così lorgano che viene ad abitare il nostro corpo coniuga in sé i tratti di unestraneità cui ci riesce di fare labitudine e di unintrusione che rappresenterà per la nostra intimità sempre un fastidio e un disordine. Nello straniero, scrive Nancy, cè sempre un che dintruso, un tratto furtivo e imprevedibile.
La riflessione su ciò che può significare subire un trapianto di cuore costituisce per Nancy unoccasione per ribadire una posizione già espressa in altre opere come ad esempio Corpus (ed. it. di Antonella Moscati, Cronopio, Napoli 1995), in cui si sosteneva non solo che noi siamo il nostro corpo, per cui cade ogni distinzione dessenza fra questultimo e lanima o la psiche, ma soprattutto che ben lungi dallessere il fondamento della nostra intimità e della nostra identità, il corpo proprio costituisce al contrario il principio stesso dellesteriorizzazione, che il corpo cioè è quellalterità che ci affetta da sempre, da prima ancora che un altro ci costringa a fare i conti con essa e con il suo carattere perturbante. In altri termini, il corpo è laltro che è in noi e che permette il rapporto con laltro in generale.
Ciò è dimostrato dal fatto che non si sarebbe arrivati al trapianto come unica possibilità di sopravvivenza se il cuore di Nancy, il suo cuore naturale e originario, non avesse incominciato a perdere colpi, se il suo cuore non si fosse manifestato come un intruso che andava espulso al più presto dal cerchio dellintimità. La morte quindi non viene tanto da ciò che ci è estraneo e sconosciuto, ma si annida in ciò che ci è più proprio, abita dentro di noi, nel nostro corpo, e la possibilità della sopravvivenza è affidata paradossalmente non solo e non tanto alla morte dellaltro ma anche e soprattutto alla propria. Fra le pagine più suggestive di Nancy vanno annoverate quelle in cui viene descritta la tecnica delloperazione: il torace viene completamente aperto, il sangue circola in modo extracorporeo, il corpo è totalmente estroflesso. Durante questo periodo la vita è sospesa, si è come morti, mantenuti in vita solo da un apparecchiatura tecnologica. E questa sospensione della continuità del proprio essere, questa quasi-morte in cui si sprofonda, questo passaggio nel nulla, sono la condizione per sopravvivere, per accedere ad una forma di vita che non ha nulla di naturale se la natura propria del nostro corpo ci avrebbe consegnati solo pochi anni fa alla morte certa senza lintervento del trapianto.
La conseguenza è che i concetti della vita e della morte perdono i contorni certi e sfumano luno nellaltro: ciò che crediamo vita è una morte strisciante e quel che ci sembra morte è un modo della sopravvivenza. La comunità che attraverso i trapianti si costitui-sce fra i donatori e i riceventi non è quindi fondata sulla solidarietà o sul sacrificio. Se essa realizza una forma di fraternità lo fa a partire dal fatto che nel trapianto dorgani ciò che viene condiviso e comunicato è appunto questo elemento incomunicabile e irrapresentabile: la coappartenenza di vita e morte, lintreccio inestricabile dellidentico e dellaltro, dello straniero e dellintruso. La comunità non è leffetto di una scelta, ma di unimposizione. Al rapporto comunitario, qualunque sia la sua forma, si deve essere costretti: una terapia anti-immunitaria, abbassando le difese dellorganismo ed esponendolo al rischio di altre malattie, lo obbliga quasi ad entrare in comunione con il cuore dellaltro e a sopportare il suo carattere intrusivo. Il paradosso della comunità consiste quindi nel fatto che più riduco limmunità che mi protegge dallaltro, più questultimo sinstalla nella mia casa, e più aumenta a dismisura il tasso dellestraneità in generale con cui ho a che fare. Più laltro è in me, più io divento altro a me stesso, come se infine fossi io il vero intruso, lindecidibile coincidenza di me stesso e altro, dintimità e intrusione.
Programma provvisorio
Sabato 10 novembre
Ore 9.30 - Saluti vari e Introduzione ai lavori da parte della redazione della Rivista Materiali per il piacere della psicoanalisi.
Ore 10.30 - G. Rupolo, Padova (Rianimatore e psichiatra- responsabile 3Trapianti2 Regione Veneto)
Ore 11.00 - Bruno Moroncini, Napoli(Filosofo - docente Università di Caserta).
Ore 11.30 - Intervallo
Ore 11.45 - Discussione - Introduce la discussione un redattore
Ore 13.00 - Pausa pranzo
Ore 15.00- G.Politi, Pavia (Psichiatra e psicoanalista S.P.I.)
Ore 15.30 - F.Mosca, Pisa (Chirurgo- Università di Pisa)
Ore 16.00 - Intervallo
Ore 16.15 - C.Cattelan, Padova (Neuropsichiatra Infantile, psicoterapeuta)
Ore 16.45 - Discussione - Introduce la discussione un redattore
Ore 18.30 - Fine della giornata
Domenica 11 novembre
Ore 9.30 Tavola rotonda Ospitare lintruso. Interverranno: G.del Soldato (psicoanalista S.P.I.- Firenze) A. Ferruta (psicoanalista S.P.I- Milano) Filipponi (Chirurgo Pisa ) A.Lo Cascio (psicologo analista A.I.P.A.- Roma ) - Moderatore A.Schon (psicoanalista S.P.I.- Padova). E inoltre prevista la presenza di un personalità religiose.
Iscrizione:
Il convegno è a numero chiuso. Chi è interessato può mettersi in contatto con un membro della redazione.
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