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Dibattiti svoltisi sulla Lista PM-SMC


Dibattito sulla Proposta di Legge Burani


lista PM-SMC - Settembre 2001

(Presentazione e Testo della Proposta di Legge)




Date: Mon, 17 Sep 2001 17:19:45 +0200
Sender: Psychomedia Salute Mentale e Comunicazione
<PM-SMC@LISTSERVER.SICAP.IT>
From: Marco Longo <m.longo@FLASHNET.IT>
Subject: [PM-SMC] Legge Burani e revisione della 180


cari colleghi,

ho ricevuto dal Prof Tonino Cantelmi, redattore di PSYCHOMEDIA,
questa comunicazione riguardante la sua nomina a Consulente presso la
Presidenza della Commissione Sanita' del Senato, all'interno della
quale tra pochi giorni iniziera' il dibattito sull'assistenza
psichiatrica e la Legge Burani, anche in vista di una possibile
revisione della 180

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From: "Tonino Cantelmi" <tcantelmi@getnet.it>
To: "M@rco Longo" <m.longo@flashnet.it>
Cc: "Rosalba Spadafora" <spadafora@usa.net>, "S.I.T.C.C." <sitcc@sitcc.it>
Subject: informazioni
Date: Sun, 16 Sep 2001 20:19:53 +0200
X-Priority: 3

Sono stato nominato Consulente dell'Ufficio di Presidenza della
Commissione Sanità del Senato per l'assistenza psichiatrica; sto
lavorando come tecnico per la Legge Burani (Norme per la
prevenzione e la cura delle malattie mentali) che prevede
l'abrogazione degli articoli 34, 35 e 64 della Legge 833 del 1978
(che recepiva la Legge 180). Ti allego un mio commento alla Legge
Burani. Ho ricevuto dall'On. Burani il compito di organizzare un
Tavolo per la discussione tecnica della Legge; tu e le tue liste
potete partecipare al Tavolo. Ogni contributo è gradito. Ciao Tonino

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PSYCHOMEDIA seguira' l'andamento dei lavori, pubblicando anche dei
documenti sul tema, a cominciare da un commento di Tonino alla Legge
Burani, che sara' on-line tra breve

spero la lista PM-SMC possa essere un luogo di sereno dibattito
scientifico e professionale (e non politico!) su temi anche
scottanti, ma sicuramente di grandissima attualita'

m@l


__________________________________________________________________

Marco Longo (Roma), Medico Spec. in Psicologia Clinica
Socio SPI (IPA) - IIPG (EFPP) - APG (COIRAG) - SPR-It - IAGP
Prof. a Contr. Scuola di Spec. in Psichiatria, Univ. di Palermo
Segretario Soc. It. di Psicotecnologie e Clinica dei Nuovi Media

Editor of PSYCHOMEDIA - http://www.psychomedia.it
The First Italian Portal (on-line since Jan 25 1996)
on Psychiatry, Psychology, Psychoanalysis, Psychotherapy

Via Dandolo 24, 00153 Roma, Italy - psychomedia@flashnet.it
Tel +39 06 5897607 - Fax +39 06 5803881 - GSM +39 335 6157876
__________________________________________________________________






Date: Tue, 18 Sep 2001 00:40:26 +0200
Sender: Psychomedia Salute Mentale e Comunicazione
<PM-SMC@LISTSERVER.SICAP.IT>
From: Andrea Angelozzi <andregio@TIN.IT>
Subject: [PM-SMC] L'Eterno Ritorno


Il testo di legge di modifica della 180 mostra alcuni aspetti veramente problematici ,
a mio parere per un incredibile miscuglio delle cose più varie.
Avevo pensato in origine di fare una serie di commenti ai vari commi. Scrivendoli mi
sono però accorto che ogni frase richiedeva un commento, e ne emergeva
qualcosa di estremamente pesante. Ho pensato pertanto ad un commento per
"concetti" che provo a formulare.

1) Si nota un allontanamento dalla nozione di sofferenze e cura ed una ricomparsa
del concetto di "pericolosità".
E confesso che mi turba ritrovare questa dizione, e più volte nel testo, dopo tanti anni...
Tutta la scoperta che era stata fatta della malattia mentale come sofferenza, scompare
così nella pura sragione, ove confina l'esigenza sociale e quella clinica. Aveva proprio
ragione Nietzsche con l'eterno ritorno!!
A questo si legano tutta una serie di aspetti, a cominciare da una riscoperta della
"responsabilità" del CSM, non più solamente clinica, ma anche legale, nei confronti
del paziente e di come costui agisce nell'ambito sociale. E' una logica di governo
della "sragione", affidata agli psichiatri, promossi (?) sorveglianti e questurini, che
rischia di vedere nel "grande internamento" di foucaultiana memoria l'unica soluzione
che garantisce legalmente in qualunque problema. E' interessante la frequenza con
cui ricorrono i termini "controllare", "ispezionare", quasi a ricordarci che non è di
cura che si sta parlando....
Una struttura regionale viene incaricata contemporaneamente di compiti ispettivi ed
epidemiologici, forse a suggerirci che anche l'epidemiologia deve diventare un
grande controllo.
A proporci il "grande internamento" del '700 è l'ampiamento delle strutture di
degenza, cui si possono aggiungere i "reparti" universitari. Ma ancora più interessante
è la divisione che viene proposta in vari reparti interni, per giovani, adulti e vecchi.
L'inserimento dei vecchi potrà finalmente risolvere i problemi delle famiglie di fronte
alle difficoltà di gestione per motivi sociali, di demenza ed altro. Già visto...
Più inquietante la divisione fra giovani ed adulti, che, certo forse protegge adolescenti
da pericolose commistioni, ma ingenera inevitabilmente altre categorie, come
recuperabilità, opportunità di investimento, ecc. Spero che, per i pazienti adulti,
ma dall'aspetto giovanile, vengano utilizzate specifiche casacche colorate, per
renderne più facile la individuazione.
D'altra parte le degenze per i pazienti gravi sono estraniate da una logica del territorio
diventando "3 per ogni regione". Nel Veneto i manicomi erano più decentrati, uno per
provincia...così è perfino peggio.
Anche dal punto di vista architettonico trionfa il manicomio, con la proposta di
raggruppare "Alcune o tutte le strutture del DSM ...in una unica zona o gruppo di
edifici, qualora questo realizzi una migliore efficacia nella continuità dei trattamenti
terapeutici" Peccato, proprio ora che le ex aree manicomiali sono state destinate ad
altri usi da parte delle ULSS!!! Pensare che era il modo migliore per consentire un
pieno reinserimento della malattia mentale nel territorio e togliere lo stigma. D'altra
pert l'art. 8 del testo ne prevede esplicitamente la possibilità di riutilizzo.

2) C'è un ruolo esaltato delle famiglie che non può non ricordarci il ruolo di tutela
dell'ordine familiare come viene descritto da Foucault nella nascita della psichiatria
nell'età classica.
Queste entrano nella scelta del Direttore del DSM, togliendo le ultime illusorie vestigia
di un qualche ruolo di competenza clinica (nessuno di sognerebbe di proporre questo
per il Direttore del Dipartimento di Chirurgia...). Così come entrano nella scelta del
modo e del luogo della cura, e rappresentano il grande referente per il terapeuta.
Non più il paziente, svuotato di ogni resto di ragione e non considerato pertanto
un interlocutore valido, ma soprattutto i familiari.

3) C'è una accentazione della questione del lavoro produttivo, che confonde in
maniera inestricabile aspetti clinici e di disagio sociale, banalizzando questi ultimi
con CSM trasformati in agenzie di lavoro. Come si può confondere in questa
maniera ambiti terapeutici, risocializzazioni discutibili, reinserimenti lavorativi
che ricordano il grande pozzo alla Salpetriere, del tutto inutile, ma continuato
per decenni, a scopo terapeutico?
E' affascinante quando compare che "Le strutture curative hanno l'obbligo di
supportare l'attività lavorativa del malato in modo che sia di utilità alla azienda in
cui è inserito."
Era ora!! manderò gli infermieri a controllare che lavorino e producano!! Anche
qui i riferimenti storici da eterno ritorno sono affascinanti. Nel '700 esistevano due
tipi di sragione: quella legata alla patologia, eticamente disdicevole perchè non
inseribile pienamente nel mondo del lavoro; e quella legata alla povertà che poteva
essere riciclata.
Produttiva per l'azienda non significa produttiva per il paziente: "Il malato di mente
deve ricevere dalla sua attività un emolumento corrispondente al valore economico
del lavoro effettivamente svolto. Da tale emolumento possono essere detratte le
spese per gli operatori adibiti alla cura del malato e per le strutture protette costituite
ai sensi del comma 2. Al malato deve comunque essere lasciato non meno di un
quarto degli emolumenti di sua competenza" che è esattamente quanto veniva dato
per i lavoratori del pozzo della Salpetriere nel '700.
Strano che manchi un articolo circa il rispristino della nave dei folli.

4) Vi è un commovente sottolineare la costante necessaria presenza di aspetti ricreativi,
confondendo riabilitazione e terapia con intrattenimento e scambiando il benessere
con la felicità ebete promessa dalle pubblicità di regime. Ma l'intrattenimento come
aspetto riabilitativo non doveva essere finito? Misureremo la qualità dei servizi sulla
base del numero di ping-pong o dei tornei di calcetto? .Cura del legislatore sono gli
spazi ricreativi, le possibilità ginniche e gli spazi verdi, oltre a regolamentare le ore di
libera uscita, così come si fa negli ordinamenti penitenziari.

5) Vi è una attenzione estrema alla obbligatorità delle cure, che permeano tutti i
possibili aspetti. Perfino le strutture residenziali, non distinguibili più in questa
maniera dal vecchio manicomio. O le visite al CSM. Pare che la psicoanalisi al
momento sia risparmiata, ma temo che gli emendamenti ipotizzino un lettino con i
CC al fianco. E' un curioso universo che sembra considerare come centro l'obbligo
alle cure e non la sofferenza, ed in cui qualunque terapia funziona in qualsiasi regime,
anche obbligatorio, in quanto tecnica, al di fuori di qualunque aspetto relazionale.
Così è l'universo dove scompare ogni ultimo barlume della possibilità di costruire
quella che si chiama relazione terapeutica, diventata un orpello sorpassato.
La stessa obbligatorietà cessa di essere un atto di rilevanza medica. Esso può essere
richiesto da "chiunque ne abbia interesse". Questa è appunto la mancata distinzione fra
un atto medico ed atto che opera sulla "sragione" sociale che trapela in questa legge e
che rappresenta un arretramento al grande internamento francese del '700. Mi immagino
già come dovrò correre con certificati e vigili fra vicini che litigano, mogli che si
sentono tradite, empi e sovversivi finalmente individuati. Almeno ora un filtro, ad
esempio del medico di base, lasciava la speranza che si trattasse di un atto medico per
la salute di qualcuno...
Il fatto che venga ulteriormente codificato che "Può essere effettuato anche in caso di
patologie fisiche che il malato rifiuta di curare", porta lo psichiatra ad arbitro etico del
bene e del male, del dovere di stare bene come è socialmente proposto. Ora finalmente
gli psichiatri possono dire agli altri come devono essere, nello spirito e nel corpo.
Qualunque residuo di libertà e buon senso abdica, sepolto da tanta confusione...
Anche i Vigili scompaiono per eseguire il ricovero. Solo in casi estremi di pericolosità
si può ricorrere alla forza pubblica. Per il resto deve essere il personale salitario, promosso
sempre più, dalla cura alla cattura, alla contenzione. L'esistenza dei Vigili aveva reso
superflua l'assunzione di infermieri a peso, rappresentando una ragionevole mediazione
nello spiegamento di forza di esquiroliana memoria. Se è un TSO il paziente per definizione
non è volontario. Questo vorrà dire che bisognerà sostituire una formazione degli infermieri
(e del medico) verso l'approccio psicoterapico e alla relazione interpersonale, con buoni corsi
di arti marziali. Come praticante da anni di Aikido non posso che esserne lieto e sperare
finalmente che la sudata cintura nera possa valermi qualcosa nel curriculum professionale.

6) In questa situazione "E' istituita presso ogni sede di giudice tutelare una commissione
per i diritti del malato di mente con funzioni ispettive e di controllo", a confermarmi che
si codifica sempre ciò che è morto. Ispezione e controllo, sorvegliare e punire...Tolto ogni
diritto, viene messa una commissione a tutela di questi....che tristezza!!
Commissione che comunque in questa situaizone di controllo sospettoso reciproco, deve
vigilare sui "reclami o le segnalazioni da parte di cittadini sul funzionamento delle strutture
che effettuano TSO operanti sul territorio, per gli eventuali opportuni procedimenti a carattere
civile o penale". Avevo sempre sospettato anch'io degli psichiatri...ora finalmente abbiamo
le prove!!

7) a completare una logica da calderone, compaiono inviti a cercare il consenso del paziente,
a rispettarne la personalità richiami a valutazioni farmacologiche di costi e benefìci,
università che devono assumere la direzione dei DSM prescindendo dalle altre realtà locali.

8) infine, la distruzione di una logica della solidarietà nata prima su basi religiose e poi su
una etica laica nel '700 sia in Francia che in Inghilterra. Vi è un famoso editto inglese,
che stabilisce il vantaggio di curare i pazienti a casa e non in ospedale, affidati alle famiglie.
Ora questo scompare per legge: " I familiari non possono essere obbligati alla convivenza
con malati di mente maggiorenni. "

Spero ancora in Pinel ed Esquirol, ma qualcuno mi ha detto che sono andati in pensione.

Andrea Angelozzi







Date: Tue, 18 Sep 2001 18:09:08 +0200
Sender: Psychomedia Salute Mentale e Comunicazione
<PM-SMC@LISTSERVER.SICAP.IT>
From: Marco Longo <m.longo@FLASHNET.IT>
Subject: [PM-SMC] riforma legge 180


reinvio in lista il forward di due messaggi di Mario Galzigna appena
spediti a psic-ita: il primo perche' contiene un chiaro accenno alla
mia mail di ieri, inviata a PM-SMC e poi forwardata anche su
psic-ita, l'altro perche' contiene una risposta all'interessante
messaggio spedito successivamente da Andrea Angelozzi a PM-SMC

buon lavoro (sperando che il dibattito in lista, anche su questo tema
acceso, resti sempre professionale e pacato: si puo' essere chiari e
incisivi anche senza trascendere, no? come appare proprio nei
messaggi di Galzigna e Angelozzi, che ringrazio)

m@l

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From: bio040@caronte.bio.unipd.it
Date: Tue, 18 Sep 2001 00:31:09 +0200
To: psic-ita@psichiatria.unige.it
Subject: [PSIC-ITA #1031] Risposta:: IL RITORNO DEL MANICOMIO?

UNO SPETTRO SI AGGIRA PER L'EUROPA
ovvero
IL RITORNO DEL MANICOMIO

At 16.37 17/09/01 +0200, you wrote:
Ho cercato il testo del progetto di legge (a cui si è fatto cenno ieri
in alcune mails di questa mailing list) inteso a riformare la cosiddetta
"180" o "legge Basaglia" (esso sarà discusso durante i prossimi giorni).
L'ho trovato nel sito della Camera dei deputati della Repubblica alla
pagina
http://www.camera.it/_dati/leg14/lavori/stampati/sk0500/articola/0174.ht
m.
Sono rimasto negativamente colpito dal comma 2 dell'art. 4.
Riporto integralmente il testo della proposta di legge.
Roberto Vescarelli

Cari amici della lista,
se Vescarelli dice di essere rimasto "negativamente colpito dal comma 2
dell'art. 4" della legge proposta, per parte mia posso solo aggiungere,
ora, un breve, provvisorio e schematico commento: il disegno di legge, nel
suo assieme, viene proposto - questa la mia prima impressione - a partire
da un'ottica politica di chiara matrice restaurativa e reazionaria.
Sarà nostro compito discuterlo nei dettagli, senza facili improvvisazioni:
l'invito di Marco Longo - generosamente teso a sollecitare un dibattito
scientifico e non politico in lista - mi sembra poco realistico, poichè la
proposta di legge in questione, come ogni proposta simile, obbedisce per
forza di cose ad una concezione della malattia e della sanità pubblica che
non è solo di matrice medico/scientifica.
Da epistemologo e da storico della psichiatria, rimango colpito dal
riemergere, all'interno di questa proposta di legge, di una visione
custodialista, neomanicomiale, pre-pineliana della malattia mentale.
Non so chi sia nè a quale formazione politica appartenga l'estensore della
proposta. Nè conosco i nomi degli esperti e dei consulenti convocati per
discutere la cosa (a parte Cantelmi).
Mi riprometto di intervenire puntualmente su questo tema scottante, anche
dopo aver maturato un'attenta riflessione ed un'analisi critica puntuale
del dettato legislativo. Questa iniziativa coinvolge - oltre che l'intera
classe medica ed i diversi operatori della salute mentale - tutti i
cittadini e tutti gli utenti della sanità pubblica.
Passo parola. Cordiali saluti.

Mario Galzigna
Coeditor di POL.it
http://www.pol-it.org
Docente di Epistemologia clinica e di Storia del pensiero scientifico -
Facoltà di Lettere e Filosofia - Università di Venezia

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From: bio040@caronte.bio.unipd.it
Date: Tue, 18 Sep 2001 01:18:22 +0200
To: psic-ita@psichiatria.unige.it
Subject: [PSIC-ITA #1032] [PM-SMC] L'Eterno Ritorno

Cari amici della lista,
sottoscrivo tutte le acute osservazioni dell'amico Andrea Angelozzi
(inviate alla lista di PM), che confermano la mia prima impressione -
subito dopo aver letto la proposta di legge - già da me espressa in questa
lista.
L'ottica della sicurezza sociale - che si impose tra gli "alienisti" a
partire dalla metà dell'800, parallelamente al prevalere di una teoria
organicista della malattia mentale - appare oggi dominante in ambito
psichiatrico.
Storicamente - nelle democrazie occidentali - la volontà di restringere le
libertà civili a partire dalla necessità di difendere la sicurezza sociale
si è imposta già nella prima metà del XIX secolo. Tocqueville, analizzando
la struttura della democrazia americana, fu uno dei primi a denunciare la
cosa (oltre a lui B. Constant). Il dispotismo dentro la democrazia. Il
vecchio regime dentro il nuovo. "Gli antichi colori dell'aristocrazia"
(sempre Tocqueville) dentro i nuovi regimi democratici, nati sulle ceneri
della Rivoluzione francese e dell'Impero. O, se preferite, per dirla con il
giovane Marx, il dipotismo come "vizio occulto" (versteckte Mangel) della
democrazia parlamentare...
La minaccia proveniente dal nemico interno e/o dal nemico esterno può
insomma - anche nel caso in cui si tratti di una minaccia reale (come
accade tragicamente oggi) - diventare un utile pretesto per quanti hanno a
cuore una involuzione autoritaria delle democrazie parlamentari.
I padri del pensiero liberale (Tocqueville e Constant), ancor prima di Marx,
misero in evidenza il problematico rapporto tra libertà e sicurezza
(ricordo che già Leonardo Montecchi, commentando a caldo l'attacco
terroristico di New York, mise giustamente in evidenza la necessità di
riflettere criticamente su queste due dimensioni della nostra vita civile e
politica).
A quanto sembra, si tende a vedere, oggi, nel malato mentale, un soggetto
pericoloso, più che un soggetto sofferente. Con tutte le conseguenze del
caso, che questo disegno di legge esprime molto chiaramente.
Cordiali saluti
Mario Galzigna






Date: Tue, 18 Sep 2001 19:06:48 +0200
Sender: Psychomedia Salute Mentale e Comunicazione
<PM-SMC@LISTSERVER.SICAP.IT>
From: Marco Longo <m.longo@FLASHNET.IT>
Subject: [PM-SMC] Proposta di Legge Burani


Aggiornamento Area "Modelli e Tecniche in Psichiatria" di PSYCHOMEDIA
http://www.psychomedia.it/pm/modpsy/modpsyndx1.htm

On. Maria Burani Procaccini - (PM, 17 Settembre 2001)
- Relazione introduttiva alla presentazione del progetto di Legge Burani
alla Commissione Affari Sociali della Camera
http://www.psychomedia.it/pm/modpsy/modtecpsy/burani.htm

Allegato: Testo della Proposta di Legge Burani
http://www.psychomedia.it/pm/modpsy/modtecpsy/leggeburani.htm








Date: Tue, 18 Sep 2001 20:13:48 +0200
Sender: Psychomedia Salute Mentale e Comunicazione
<PM-SMC@LISTSERVER.SICAP.IT>
From: Marco Longo <m.longo@FLASHNET.IT>
Subject: [PM-SMC] Fwd: lettera di Tonino Cantelmi


ricevo e volentieri diffondo in lista

m@l


From: "Tonino Cantelmi" <tcantelmi@getnet.it>
To: "M@rco Longo" <m.longo@flashnet.it>
Subject: grazie
Date: Tue, 18 Sep 2001 18:42:27 +0200

caro Marco,
grazie per aver avviato il dibattito. Se fosse possibile mi
piacerebbe che fosse reso disponibile il commento che ti ho inviato
come contributo al dibattito. Vorrei anche rassicurare tutti:
nessuno vuole i manicomi, ed è inutile ripresentare l'iconoclastia
dottrinale che ha pervaso gli ultimi anni verso ogni cosa che anche
lontanamente ricordasse i manicomi! Ho ricevuto l'incarico dall'On.
Burani, anche in qualità di Consulente della Commissione Sanità, di
aprire un "Tavolo" di discussione al fine di migliorare ogni aspetto
migliorabile di questa proposta. Vorrei evitare inutili
contrapposizioni ideologiche. Ho letto con attenzione quanto scritto
da Angelozzi, però ritengo che ancora tutto venga filtrato
attraverso lenti, perdonami, ideologiche: occorre portare dati,
evidenze, letteratura. Insomma vorrei augurarmi che finisca la
colpevole omissione sugli indicatori di esito. Attendo la
riflessione del Prof. Galzigna, che ringrazio per la pacatezza e che
sicuramente mi darà spunti di grande interesse.
Comunque Marco sei il primo ad alimentare un autentico dibattito e
te ne sono grato. Se lo ritieni opportuno anche questa mail potrebbe
essere un contributo al dibattito.
Sto per costituire questo "Tavolo": chiunque volesse parteciparvi
(oltre a tutto il contributo di Psychomedia) può farmelo sapere e
gli invierò una lettera di convocazione presso la Camera dei
Deputati. Questo per tranquillizzare tutti: non c'è nessuna voglia
di restaurazione. Le cose, così come sono, non vanno. Mi sembra che
i punti problematici (a mio avviso) siano affrontati con questa
legge. Discutiamone.
Tonino Cantelmi






Date: Wed, 19 Sep 2001 01:14:43 +0200
Sender: Psychomedia Salute Mentale e Comunicazione
<PM-SMC@LISTSERVER.SICAP.IT>
From: GENNARO ESPOSITO <genesp@FASTCOM.IT>
Organization: PSICOTERAPEUTA
Subject: [PM-SMC] commento alla legge Burani


-- Ho letto il commento del collega Cantelmi, dopo aver visionato
attentamente gli articoli della proposta di legge Burani. Ho apprezzato
sia gli articoli che il commento, a caldo. Mi sembra una proposta
"sensata", vista la realta' dell'assistenza psichiatrica almeno al Sud e
considerato i limiti che la 180 evidenzia.

Sintetizzo cosi' il mio giudizio: una proposta di legge che tutela
pazienti, familiari dei pazienti e operatori, almeno quelli che vogliono
lavorare seriamente. Sconfiggerebbe, se passasse l'esame delle Camere,
la stantia mentalita' post-sessantottina, intrisa di falsa idealita' di
impronta sociogenetica, CHE HA DURAMENTE ATTACCATO negli anni settanta
la ricerca psico-biologica, senza nulla togliere alla 180 e alla sua
funzione di rottura manicomialista.

la legge Burani non e' ne' manicomialista ne' Basagliana. E' una Legge
moderna che si adegua alla nostra societa' e mi sembra fondata sulla
evidence based medicine, nonche' su snelle direttive di managment
sanitario.

Unica notazione: non sono d'accordo sull'istituzione delle convenzioni
per alcune funzioni del DSM. D'accordo nel garantire la LIBERA SCELTA
DEL MALATO DI MENTE (pubblico-privato), ma bisogna una volta per tutte
separare cio' che e' pubblico da cio' che e' privato, in un regime di
sana concorrenza. Quindi DSM pubblici e DSM privati, e non DSM pubblici
con servizi privati da convenzionare all'occorrenza.

passo...

Dr.GENNARO ESPOSITO
Neurologo e Psicoterapeuta - Counselor online
Dirigente Medico Psichiatra UOSM di NOLA (ASL NAPOLI 4)
SAVIANO (NA),via Molino,6 telefax: 081-5113481
"mailto:genesp@fastcom.it"
Editorial Staff Member of "Psychiatry On Line Italia-POL.it"
http://www.psychiatryonline.it
Counseling Personal Home Page: http://www.fastcom.it/psico/freud.htm






Date: Wed, 19 Sep 2001 22:56:52 +0200
Sender: Psychomedia Salute Mentale e Comunicazione
<PM-SMC@LISTSERVER.SICAP.IT>
From: Andrea Mazzeo <a.mazzeo@TIN.IT>
Subject: Re: [PM-SMC] Proposta di Legge "Burani"


Credo occorra davvero discutere pacatamente i vari aspetti del
progetto di legge di modifica della 180, senza pregiudizi ideologici,
senza eccessivi timori fobici. Diciamocelo francamente: i manicomi,
usciti dalla porta sono rientrati dalla finestra. Questo non e' colpa della
180, non e' colpa delle famiglie, non e' colpa degli operatori: e' un fatto,
e dei fatti, della realta', dobbiamo tenerne conto; lo diciamo sempre ai
nostri pazienti, cerchiamo di farlo pure noi.

Veniamo alla proposta di legge; queste alcune mie osservazioni, ad una
prima lettura del testo.

Art. 1: OK

Art. 2:
- comma 3, punto b (quello delle SRA): toglierei la frase "pericolosi
per se' e per gli altri".
- comma 3, punto b: eliminerei il sotto-punto 3 ( "3) per anziani con
autosufficienza limitata o non autosufficienti"). Motivo: ritengo che gli
anziani debbano restare fuori del circuito assistenziale psichiatrico; anche
l'anziano psichiatrico. Utilizzerei i servizi geriatrici o psicogeriatrici,
per le pluripatologie quasi sempre presenti nell'anziano.
- comma 4: il raggruppamento in un'unica zona, se risponde ad ovvi
criteri di razionalizzazione dei servizi e di economicita' della spesa,
presenta il rischio di ricreare un polo psichiatrico che ricordi gli
ex-OOPP; da studiare meglio.

Art. 3, comma 2, punto a: toglierei la frase "Puo' essere richiesto da
chiunque ne abbia interesse". Se l'obiettivo e' sanitario, l'unico
interesse nel TSO e' quello del paziente, anche se non ne e' consapevole.
Toglierei ancora il periodo: "Puo' essere effettuato anche in caso di
patologie fisiche che il malato rifiuta di curare". Se vi sono patologie
fisiche il caso non e' di competenza psichiatrica, anche se il paziente
fosse in carico al DSM.

Art. 4:
- comma 4: toglierei la frase: "o il malato stesso non costituisca
pericolo per altri".
- comma 5: modificherei la frase "quattro ore giornaliere di libera uscita".
Il concetto e' chiaro, l'espressione e' poco felice.
- comma 7: dovrebbe essere meglio espresso il concetto del 2° periodo:
da un lato non bisogna sottrarre al DSM il potere organizzativo, dall'altro
bisogna rispettare la libera scelta del luogo di cura. I pazienti ed i loro
familiari potrebbero anche essere manipolati ed esprimere scelte
apparentemente libere ma in realta' pre-determinate da altri.

Queste le mie prime osservazioni; come giustamente notato dal collega
Cantelmi, non lasciamoci prendere la mano dagli ideologismi e discutiamone.

Andrea Mazzeo
-----------------------------------------------------------------
Redattore di Psychiatry On Line Italia
http://www.pol-it.org
Collaboratore precario della Piazzetta: http://piazzetta.sfera.net

E-MAIL < a.mazzeo@tin.it >
WEB < http://utenti.tripod.it/a_mazzeo/index.html >







Date: Wed, 19 Sep 2001 23:51:10 +0200
Sender: Psychomedia Salute Mentale e Comunicazione
<PM-SMC@LISTSERVER.SICAP.IT>
From: FABRIZIO RAMACCIOTTI <fabramac@TIN.IT>
Subject: [PM-SMC] Legge Burani


D'accordo,niente idelogie.
Parliamo di idee.
a mio parere,ovviamente di prima analisi,la legge ha alcune idee chiave
prevalenti che mettono in subordine o addirittura annullano idee della 180.
1)Tutela prevalente della sicurezza psicofisica delle famiglie
2)Tutela della sicurezza della società ristetto ad atti compiuti da "malati
di mente"
3)Obbligo alla tutela delle sicurezze di cui sopra per il paziente e per
gli psichiatri
4)ineluttabilità e incurabilità della malattia mentale
5)pervalenza dell'assistenza rispetto alla cura e alla riabilitazione
5)ripristino di valore tecnico dell'ergo terapia (pur in forma meno brutale)
6)desanitarizazione dell'ambito del trattamento
7)ridefinizione dell'ambito della salute mentale al controllo del
comportamento "pericoloso a se e agli altri"

Conosco l'ambiente in cui queste idee si sono formate,non credo che vi sia
una volontà necessariamente reazionaria,ma piuttosto una perversione
derivante da "carità cristiana".
un po'come quando si uccidevano gli indios dopo averli battezzati,in piena
buona fede di far loro un favore .
ma come quella volta qualcuno ci guadagnerà: chi è il re di spagna?
1) le opere caritatevoli e gli istituti religiosi pronti a riciclare
istituti desueti a "comunità"di 50 posti letto(provate a farci
riabilitazione) aperte a dementi,organici ed adolescenti
2)Cliniche private atte alla lungo degenza a basso costo e basso valore
sanitario.

Io riconosco la buona fede a tutti...ma l'Italia non è il Lazio.
Una legge del genere farebbe riprecipitare tutto il centro nord a prima
della 904(ma vi rendete conto che i reparti ospedalieri,se ci sono, hanno
non 30 giorni,ridateci il neurodeliri, ma 72 ore per decider la sorte,la
libertà,la sospensione gravissima dei diritti di cittadinanza di una
persona)e impedirebbe alle situazioni avanzate del sud di consolidarsi.
L'onorevole Zanella ,componente della commissione, mi ha telefonato oggi più
volte durante e dopo la relazione e mi autorizzato a mettere on line alcune
prime impressioni.
La proposta di legge è proposta di legge della maggioranza ,non dell'on.
burani a cui è stata data " carta Bianca".
Il Ministro della salute non risulta minimamente coinvolto
e,contattato,grosso modo è caduto dalle nuvole.
I membri della maggioranza hanno dimostrato nel loro insieme un certo
fastidio alla necessità della discussione.
Nella Presentazione è stato fortemente valorizzato un preteso elemento di
modernizazione con adeguamento al modello Americano.

Credo che qualunque persona che abbia un'idea laica dello stato(ancor più se
liberale),e che creda in una regionalizazione dell'offerta di salute debba
rifiuta re questa proposta in toto,in quanto non riformabile, guarda caso
elaborata all'università gregoriana in Roma
Uni cuique suum.
Pronti a ridiscutere la 180 che non è un testo sacro ma non le idee di
libertà di cittadinanza che hanno motivato il suo,troppo essenziale e datato
testo.
mi verrebbe voglia di costituire un comitato Pinel,non un comitato Basaglia
Saluti dal cittadino
Fabrizio Ramacciotti. .






Date: Thu, 20 Sep 2001 03:46:21 +0200
Sender: Psychomedia Salute Mentale e Comunicazione
<PM-SMC@LISTSERVER.SICAP.IT>
From: Antonio Augusto Rizzoli <aa.rizzoli@VE.NETTUNO.IT>
Subject: Re: [PM-SMC] Legge Burani


.Il dott. Fabrizio Ramacciotti ha scritto:
>un po'come quando si uccidevano gli indios dopo averli battezzati,in piena
>buona fede di far loro un favore .

Un po' come si lasciavano suicidare o si facevano uccidere o bruciare gli
ammalati mentali in virtù del principio che noi diamo tutta la psichiatria
necessaria dalla nascita fino alla morte (cito da G.G. Pullia) oppure noi
siamo i migliori e chi è contro di noi è fascista (cito Fabrizio Ramacciotti).

Nel frattempo prosperano le Case di Cura Private (Vedi "Park Napoleon" che
drena Veneto e Friuli) e i loro Primari (leggi Dott. U.Dinelli) scrivono a
raffica su "Il Gazzettino" amene considerazioni su temi come la filosofia
della psichiatria.Amene e divertenti, il quarto d'ora del dilettante.

Nel frattempo lavorano anche i Tribunali, I P.M. ed i periti (pure quelli
sotto inchiesta per falsa perizia, come si dà il caos lo sia una CT che
dichiarava dolosa l'origine di un incendio).

Sempre Fabrizio Ramacciotti ha scritto :

"L'onorevole Zanella ,componente della commissione, mi ha telefonato oggi più
volte durante e dopo la relazione e mi autorizzato a mettere on line alcune
prime impressioni."

E, per favore, non si faccia fare una brutta figura all'onorevole Zanella,
non fosse altro che per il nome che porta che mi ricorda quello dell'autore
della famosa poesia "Sopra un fossile psichiatrico".
.
Amicus Plato, sed magis amica veritas.


prof. dott. Antonio Augusto Rizzoli
Primario Psichiatra ULSS n.9, Treviso
Libero Docente in Fisiologia Umana
Specialista in Neurologia, Psichiatria,
Medicina del lavoro, Medicina legale.
Corresponding Member of APA
Venezia






Date: Wed, 19 Sep 2001 19:13:05 -0700
Sender: Psychomedia Salute Mentale e Comunicazione
<PM-SMC@LISTSERVER.SICAP.IT>
From: Leonardo Fei <leonardofei@INFINITO.IT>
Subject: Re: [PM-SMC] commento alla legge Burani


Il giorno 18-09-2001 16:14, GENNARO ESPOSITO, genesp@FASTCOM.IT
ha scritto:

> -- Ho letto il commento del collega Cantelmi, dopo aver visionato
> attentamente gli articoli della proposta di legge Burani. Ho apprezzato
> sia gli articoli che il commento, a caldo. Mi sembra ...
>
> passo...

Mi sento sostanzialmente d'accordo con Esposito col suo giudizio non
negativo sulla proposta di legge Burani. Vorrei però precisare
sinteticamente quanto segue:
- la struttura delle RSA dovrebbe essere attentamente disegnata nell'ottica
e nella prospettiva della riabilitazione. Mi direte: "ovvio!". Non credo: la
gestione di ambito per 50 utenti che, tra l'altro (non vorrei aver
frainteso) dovrebbe fare da volano ad una integrazione-superamento
dell'O.P.G. non mi sembra agevole né facilmente pensabile al di là di
specifici progetti ad hoc.
- mi complimento con Esposito per aver sollevato il problema delle
cosiddette "convenzioni": ci si convenziona se si mantengono gli STANDARD
del pubblico. A tutti i livelli (questo è, ovviamente, soltanto il mio
pensiero...): medici, infermieri, integrazione con gli altri servizi
psichiatria.......
Leonardo Fei
Psichiatra Psicoterapeuta
Firenze







Date: Thu, 20 Sep 2001 12:15:42 +0200
Sender: Psychomedia Salute Mentale e Comunicazione
<PM-SMC@LISTSERVER.SICAP.IT>
From: Tonino Cantelmi <tcantelmi@GETNET.IT>
Subject: [PM-SMC] R: [PM-SMC] Legge Burani


Caro Collega,
pur non condividendo le premesse che fai (sulle quali, se vorrai, potremmo
confrontare dati di letteratura), desidero però correggere una autentica
inesattezza: l'Università Gregoriana (nella quale insegno) non è c'entra
davvero nulla. Il progetto di legge da te esaminato è nato dopo un lungo
percorso e numerosi confronti (gli ultimi due sono avvenuti negli ultimi
mesi e vi hanno preso parte centinaia di colleghi); non c'è dubbio che
accoglie molte istanze avanzate dalle Associazioni dei familiari. Mi rendo
conto che alcune cose necessitano di chiarimento e di ulteriori
specificazioni. Per esempio: i gradi di obbligatorietà delle cure, la loro
motivazione e i sistemi di controllo. Mi farà piacere ricevere i tuoi
commenti, articolati sui contenuti e confrontati con la letteratura. Ti
pregherei anche di non interpretare "l'ambiente in cui queste idee si sono
formate": ti assicuro che l'area cattolica è molto variegata e, per quanto
mi riguarda, la mia appartenenza è un fatto personale e persino pieno di
contraddizioni e debolezze. Non giudico la tua appartenenza, nè tanto meno
il tuo percorso. Colgo questa occasione per chiedere a tutti, se posso, di
dibattere sui contenuti di una proposta e di produrre evidenze scientifiche
a sostegno di quanto affermato.
Circa il bisogno di residenzialità e la tutela delle famiglie chiederei di
prendere in esame il lavoro dei colleghi Sbrana e Garonna pubblicato
nell'editoriale del Giornale Italiano di Psicopatologia nel numero
6(3):353-358 del 2000.
I temi problematici e irrisolti innescati dalla cosiddetta legge 180 sono
numerosi (Scapicchio-Trabucchi, I servizi psichiatrici nella sanità
riformata, Il Mulino 1999), ne segnalo 4:
- la sottovalutazione ideologica degli esiti
- la negazione della cronicità
- la iconoclastia dottrinale per qualunque cosa che anche solo vagamente
ricordasse il manicomio (ignorando il problema della residenzialità)
- i limiti di un rigido modello psico-sociogenetico e il rifiuto di un
confronto con un modello scientifico in Italia (Meltzer 1992)
La legge Burani nasce da aspetti concreti, sicuramente discutibili.
Ne segnalo due, forse meno importanti.
I dati epidemiologici mostrano negli USA che il vero manicomio-contenitore è
il carcere. Anche in Italia il 40-50% della popolazione carceraria assume
psicofarmaci. La prospettiva è che i pazienti più gravi finiscano in
Carcere. Non ti sembra questo un problema, che dovrebbe farci riflettere sul
controverso tema della residenzialità?
Circa l'aggressività-pericolosità: sì il termine pericoloso evoca antiche
dizioni, ma perchè non apriamo un dibattito su questo? Possibilmente con
dati di letteratura?
Grazie per il contributo.
Tonino Cantelmi







Date: Thu, 20 Sep 2001 13:40:05 +0200
Sender: Psychomedia Salute Mentale e Comunicazione
<PM-SMC@LISTSERVER.SICAP.IT>
From: Mario Galzigna <bio040@CARONTE.BIO.UNIPD.IT>
Subject: [PM-SMC] Riflessioni notturne sulla "legge Burani"


Giro alla lista PM-SMC questa mail di discussione inviata ieri notte alla
lista psic-ita.
M. Galzigna

>Date: Thu, 20 Sep 2001 04:04:42 +0200
>To: psic-ita@psichiatria.unige.it
>From: bio040@caronte.bio.unipd.it
>Subject: Riflessioni notturne sulla "legge Burani"
>
>Cari amici della lista,
>a proposito della legge Burani ricorre frequentemente, nelle liste
psic-ita e PM-SMC, la giusta preoccupazione di evitare ideologie,
settarismi, partiti presi di carattere politico.
>Parliamo allora di idee, come è stato detto, non di ideologie. Tuttavia le
idee hanno comunque uno spessore storico, delle matrici, delle implicazioni
di carattere politico: non fanno ovviamente eccezione le idee che
presiedono alla gestione della sanità pubblica. Ma voglio tralasciare, per
ora, questo complesso nodo, che non può essere semplificato con sterili
volontarismi e con indebite rimozioni.
>Mi soffermo su un aspetto di questa proposta di legge, che emerge con
grande evidenza nell'articolo 3, dedicato soprattutto ai TSO.
>Prevale, qui, un'ottica che privilegia la sicurezza sociale - tema su cui
sono già intervenuto, in termini generali, su psic-ita - ed una concezione
della malattia intesa non come sofferenza, ma come "pericolosità": è malato
di mente colui che risulta "pericoloso a sè e agli altri".
>Essendo questo l'approccio prevalente nel disegno di legge, non fa
meraviglia che non vengane definite le articolazioni e le modalità della
"cura". Si parla di "cura" in termini generici, facendola coincidere,
fondamentalmente (vedi art. 2), con l' "assistenza" ed insistendo sulla
necessità di promuovere "attività ricreative e lavorative". Vengo, qui, al
punto che mi preme maggiormente sottolineare: nessun cenno, in questa
legge, alla complessa e difficile relazione tra cura farmacologica e
psicoterapia, individuale o di gruppo. Chi vive, oggi, la realtà quotidiana
dei servizi, sa bene che la psicoterapia - quando non sia del tutto assente
- viene spesso trascurata, oppure considerata un approccio inefficace, ed
in ogni caso troppo lungo e costoso per l'azienda sanitaria.
>Da una legge moderna, al passo con i tempi, poremmo aspettarci una chiara
presa di posizione sul tema: una precisa definizione, anche in termini di
etica professionale, di un vero e proprio "obbligo" alla cura relazionale,
alla psicoterapia, ed anche ad una sua armonizzazione con le terapie
farmacologiche.
>Nancy Andreasen - da sempre autorevole paladina della farmacoterapia -
difende a spada tratta, nel suo recentissimo libro ("The brave new brain"),
la necessità di una efficace integrazione tra i due livelli, sottolineando
che molto spesso la responsabilità del "riduzionismo farmacologico" è da
addebitare, più che agli operatori, ad una scorretta logica aziendalistica
che governa sovente la gestione della salute. La clamorosa svolta della
Andreasen (il cui libro è stato da me brevemente presentato nella sezione
recensioni di POL.it), è supportata anche da un puntuale confronto con le
recenti acquisizioni delle neuroscienze, dalle quali risulta evidente - lo
si sa - la legittimità teorica di una equiparazione, in termini di
efficacia, della farmacoterapia e della psicoterapia (penso, qui, a
neuroscienziati come Damasio, Edelman, Robertson, eccetera).
>Entro nel merito con una esemplificazione specifica e, a parer mio,
significativa. Durante quest'ultimo anno di presenza in un servizio
psichiatrico del padovano (a Camposampiero), ho potuto rendermi conto
dell'efficacia dei "gruppi verbali" svolti da psichiatri e psicologi
nell'S.P.D.C.:la costruzione, per il paziente, di un percorso terapeutico
successivo al ricovero in reparto si avvaleva, in maniera tutt'altro che
secondaria o surrettizia, dei risultati e delle conoscenze acquisite dal
gruppo dei curanti attraverso i gruppi verbali. Cito un'esperienza
particolare, di punta, per quel che mi risulta (nel succitato servizio i
gruppi verbali nell'S.P.D.C. sono iniziati nel 1980!): un'esperienza che
tuttavia si è dimostrata efficace e produttiva, quanto meno rispetto alla
definizione di un progetto terapeutico per il paziente ricoverato.
>Non tutti i servizi, lo si sa, sono in grado di offrire agli utenti
terapie relazionali e psicoterapie: ma si sa anche - la letteratura
scientifica è ricca di indicazioni al proposito - quanto risultino
produttive ed efficaci le strutture in grado di fornire al paziente una
terapia farmacologica combinata con terapie relazionali e psicoterapie. E
si sa anche, conseguentemente - se ne è discusso anche nelle liste di
POL.it e di Psycomedia - quanto dannosa possa essere per il paziente (nel
medio e lungo periodo) una cura esclusivamente farmacologica oppure una
mancata armonizzazione tra terapia del farmaco e terapia della parola.
>Non mi sembra "ideologica" la constatazione dell'assenza, nel disegno di
legge, di questa problematica: cioè di un puntuale riferimento alla
necessità di cure "integrate" (ogni condotta terapeutica "integrata" ha
bisogno di supporti istituzionali e finanziari adeguati: non può essere
affidata esclusivamente al coraggio, alla generosità umana ed alla
competenza di alcuni operatori, spesso ostacolati o isolati in questo
difficile ma doveroso percorso).
>Mi limito, per ora, a queste osservazioni - onde evitare inutili
prolissità - riservandomi eventualmente, più avanti, di intervenire ancora
sul tema della revisione della 180.
>Cordiali saluti
>







Date: Thu, 20 Sep 2001 14:39:20 +0200
Sender: Psychomedia Salute Mentale e Comunicazione
<PM-SMC@LISTSERVER.SICAP.IT>
From: Antonio Augusto Rizzoli <aa.rizzoli@VE.NETTUNO.IT>
Subject: [PM-SMC] Commenti di Cantelmi


Debbo precisare che la replica di Cantelmi mi è sembrata soddisfacente sotto
il profilo clinico psichiatrico, anche se, personalmente, ritengo valide
buona parte delle critiche di Angelozzi e, nel suo complesso, la proposta di
legge mi sia sembrata rozza, quando non apertamente demagogica.

Manca, come ho già scritto, un inquadramento giuridico.(che manca in realtà
anche alla proposta di legge).

Cantelmi si richiama all'evidence based medicine, anzi psychiatry : dottrina
che non ha molti seguaci e che, in Italia, è stata largamente negletta.
Ragione per cui ritengo là dove egli vuole argomentare su fatti ed esiti
vada a cacciarsi in una trappola, che è quella della totale carenza di dati,
sostituiti da quell'attitudine populista e ideologica, ampiamente
mistificatoria, che ha contraddistinto le pseudofocalizzazioni su "stati di
fatto", che sono costituite in buona realta da argomentazioni tautologico/
ideologiche (che io ho etichettato come talebaniche).

Queste argomentazioni ideologiche arrivano ad essere, comelo sono,
irritanti ed insopportabili anche nelle stolide allusioni cui fa cenno
Cantelmi. Mi rammarico, invece, che anche all'interno dell'area cattolica
vi siano personaggi che le sostengono e che affettano nei riguardi
dell'interlocutore di Cantelmi un atteggiamento di "cordialità" che è, in
realtà, la trasposizione del famoso "inciucio" che caratterizza l'attuale
politica italiana.

E' interessante anche notare che, in questa M-List, vi sono persone che
dissentono e che esprimono il dissenso inviando virus a chi, in modo più o
meno raffinato, fa dell'ironia sulle "strutture profonde" (in senso
eliottiano) che portano amabili interlocutori ad usare parole che ne
esprimono il vissuto profondo. In questo specificvo caso di morte violenta.

Il che testimonia anche livelli per i quali si capisce perché alcuni,
anziché inviare cachinni, prefersicano farsi cancellare dalle liste.

Antonio Augusto Rizzoli
(Venezia)







Date: Thu, 20 Sep 2001 18:27:29 +0200
Sender: Psychomedia Salute Mentale e Comunicazione
<PM-SMC@LISTSERVER.SICAP.IT>
From: GENNARO ESPOSITO <genesp@FASTCOM.IT>
Organization: PSICOTERAPEUTA
Subject: Re: [PM-SMC] commento alla legge Burani


Leonardo Fei wrote:
> ...la gestione di ambito per 50 utenti che, tra l'altro (non vorrei aver
> frainteso) dovrebbe fare da volano ad una integrazione-superamento
> dell'O.P.G. non mi sembra agevole né facilmente pensabile al di là di
> specifici progetti ad hoc.

Si puo' sempre decidere di ridurre questo numero, magari si decide per
30, 25; l'importante e' che non cambia il filo logico dell'intervento e
che non si confonda questo modo di organizzare le RSA con il manicomio,
luogo dove, come e' noto, non esisteva alcuna progettualita'
riabilitante per il malato.

> - mi complimento con Esposito per aver sollevato il problema delle
> cosiddette "convenzioni": ci si convenziona se si mantengono gli STANDARD
> del pubblico.

Io dico invece: chi gestisce il privato deve accreditarsi non
convenzionarsi. Io sono per il regime "misto" pubblico-assicurativo, nel
senso che i ricchi si pagheranno le spese sanitarie (comprese quelle
psichiatriche perche' no) con la polizza, mentre i poveri saranno
assisti dal pubblico senza problemi. In questo senso assume vitale
importanza la concorrenza "vera" tra DSM pubblico e privato: io devo
lavorare per offrire servizi "di qualita'" e superare in concorrenza il
privato, cercare di garantire la qualita' e abbattere nel contempo anche
i costi della prestazione. Mi rendo conto che e' dura capirlo (in
Italia) ma bisogna arrivarci altrimenti non c'e' "Burani" che tenga!








Date: Thu, 20 Sep 2001 19:13:14 +0200
Sender: Psychomedia Salute Mentale e Comunicazione
<PM-SMC@LISTSERVER.SICAP.IT>
From: GENNARO ESPOSITO <genesp@FASTCOM.IT>
Organization: PSICOTERAPEUTA
Subject: Re: [PM-SMC] Proposta di Legge "Burani"


Si, ho avuto anch'io l'impressione che la proposta di legge non e' stata
ancora visionata da uno psichiatra...mi sembra grezza, come scritta da
un profano della materia, i termini sono approssimativi (a me non piace
nemmeno "malato di mente", preferisco "paziente psichiatrico")

Andrea Mazzeo wrote:

> Art. 2:
> - comma 3, punto b (quello delle SRA): toglierei la frase "pericolosi
> per se' e per gli altri".

Proporrei "pazienti aggressivi" oppure "pazienti particolarmente
problematici" oppure "ad elevato rischio di drop-out comportamentale"

> - comma 3, punto b: eliminerei il sotto-punto 3... Utilizzerei i servizi geriatrici
o psicogeriatrici,
> per le pluripatologie quasi sempre presenti nell'anziano.

d'accordo

> - comma 4: il raggruppamento in un'unica zona, se risponde ad ovvi
> criteri di razionalizzazione dei servizi e di economicita' della spesa,
> presenta il rischio di ricreare un polo psichiatrico che ricordi gli
> ex-OOPP; da studiare meglio.

proporrei strutture raggruppate, ma con settori delineati, spazi e
setting diversificati a secondo dello stadio di cura.

> Art. 3, comma 2, punto a: toglierei la frase "Puo' essere richiesto da
> chiunque ne abbia interesse". Se l'obiettivo e' sanitario, l'unico
> interesse nel TSO e' quello del paziente, anche se non ne e' consapevole.

D'accordo. Il TSO va' sempre richiesto da un medico per una finalita'
medica.

> Toglierei ancora il periodo: "Puo' essere effettuato anche in caso di
> patologie fisiche che il malato rifiuta di curare". Se vi sono patologie
> fisiche il caso non e' di competenza psichiatrica, anche se il paziente
> fosse in carico al DSM.

Ma la legislazione sul TSO riguarda anche questa eventualità non
psichiatrica. Eccesso di zelo.

> Art. 4:
> - comma 4: toglierei la frase: "o il malato stesso non costituisca
> pericolo per altri".

meglio "o il paziente stesso non presenti comportamenti aggressivi o
violenti".

> - comma 7: dovrebbe essere meglio espresso il concetto del 2° periodo:
> da un lato non bisogna sottrarre al DSM il potere organizzativo, dall'altro
> bisogna rispettare la libera scelta del luogo di cura. I pazienti ed i loro
> familiari potrebbero anche essere manipolati ed esprimere scelte
> apparentemente libere ma in realta' pre-determinate da altri.


Ottima osservazione. Ecco perche' non sono per le convenzioni ma per una
REALE LIBERA SCELTA del cittadino. I DSM devono essere pubblici e
privati, ma obbligatoriamente ce ne deve essere almeno uno pubblico.








Date: Thu, 20 Sep 2001 21:33:11 +0200
Sender: Psychomedia Salute Mentale e Comunicazione
<PM-SMC@LISTSERVER.SICAP.IT>
From: Andrea Angelozzi <andregio@TIN.IT>
Subject: [PM-SMC] Eterno ritorno ed epistemologia


E' emerso talvolta nella discussione recente il richiamo alla letteratura, alla
scientificità e alla medicina delle evidenze.
Tali aspetti sono stati spesso contrapposti a posizione definite come ideologiche.
Si tratta di una questione molto importante, che merita qualche considerazione.
Uno dei meriti centrali della epistemologia anglosassone, da Popper in poi, è di
avere posto in evidenza come i fatti scientifici possano esistere solo all'interno di
una specifica teoria che permette di vederli come tali. L'esempio banale è sempre il
solito: mele ne sono cascate sempre, ma solo una teoria della gravitazione permette di
vederle come dato evidente delle esistenza della gravitazione. Questo vale sia per
quello che riguarda il contesto della scoperta, che deve attendere che un certo sapere
di sfondo sia pronto, perchè i fatti possano essere osservati, che nell'ambito della
formulazione e del controllo di una teoria. Questo ci spiega perchè fatti che ci
sembrano ora evidenti, in passato semplicemente non erano nemmeno visti. Tutti
sanno come Kuhn porti all'estremo queste posizioni di Popper nella nozione di scienza
normale e di paradigma, ove vengono ammessi nella ricerca solo i fatti che
appartengono alle teorie vigenti, e, ancor più da Feyerabend con il barare sui fatti da
parte degli scienziati per sostenere le loro teorie.
Questo barare sui fatti, negando un rapporto privilegiato con la verità a quelli che
mettono in crisi la teoria appare in qualche modo presente anche nel falsificazionismo
metodologico di Popper e ancor più nel procedere per programmi di ricerca in Lakatos.
Se Popper mescola analisi logiche a ricostruzioni storiche dell'operare degli scienziati,
le posizioni degli altri due sono molto più nettamente storiche. Come a dire, così operano
in genere gli scienziati, e che ciò che si confronta non sono mai i puri fatti, che
semplicemente come tali non esistono, ma le teorie, anzi, le ideologie su cui sono
costruite.
Popper, da buon logico, sostiene poi le sue posizioni storiche sulla base di una critica
analitica del concetto di induzione.
In questo quadro sostenere che da una parte esistono i fatti scientifici e dall'altra le
posizioni teoriche (che quindi diventano ideologiche) è qualcosa non facilmente
sostenibile.
Nell'ambito specifico della psichiatria, Foucault prima e Hacking poi ci mostrano
costantemente il costante intreccio fra le costruzioni nosologiche o terapeutiche e
l'universo sociale in cui avvengono. Testi come "I viaggiatori folli", o "La riscoperta
dell'anima" ci ricordano il susseguirsi delle diagnosi e delle terapie, non come
"progresso" verso una qualche verità ma come creazione di mondi possibili del
tutto temporanei e storicamente datati. Non fanno altro che proseguire in forma
analitica e rigorosa le intuizioni che Foucault sviluppa sulla base di una incredibile
conoscenza storica.
Ora si fa un gran parlare della medicina delle evidenze, portandola spesso come un
modello di rigore concettuale e pragmatico che è ben oltre quanto proposto dai suoi
stessi teorici fondatori.
Mi sono sempre domandato se l'elemento che viene portato a riprova della sua
rigorosità, cioè una selezione che salva solo il 2% della letteratura complessiva, sia
il punto di forza o di debolezza. Ci vorrebbe dire due cose:
- che il 98% dei ricercatori non seguono i suoi aspetti normativi, che il 98% della tanto
decantata letteratura è semplicemente da buttare
- che vi è un 2% che descrive in maniera asettica puri fatti.
Ora il mio sospetto è che la differenza sia che quel 98% rappresenti comunque la
costruzione di un sapere, ove vengono creati fatti che spesso si sa essere impregnati
(e quindi derivanti) da teorie, ove vengono avanzate ipotesi originali, non ancora
suffragabili, ove si tenta di mettere insieme i fatti in un contesto dotato di senso
(elemento questo per principio estraneo all'atteggiamento puramente pragmatico
che pretende la EBM).
Un elemento sottolineato la Lakatos, riprendendo il falsificazionismo metodologico
(e non ingenuo) di Popper, è proprio il fatto che non sempre all'inizio le
conseguenze di teorie importanti vengono confermate, ma non per questo la teoria è
falsa. Dice Lakatos che le teorie non vanno fatte morire di malattie infantili. E per
converso è inutile tenere teorie che hanno costanti conferme, ma non producono
alcun fatto "nuovo", cioè non consentono la messa in crisi e lo scivolamento di
paradigmi.
Ora, quel 2% è proprio il sapere rigoroso di conferma di un paradigma già stabilito,
una teoria cioè che crede di non essere tale e continua a produrre le sue conferme,
nè potrebbe fare diversamente.
La EBM è un interessante strumento, ma nulla di più, e risente ampiamente di
specifici modelli teorici ed ideologici...come tutto
Tutto questo per dire una cosa: non illudiamoci che esistano puri fatti e ci si possa
scientificamente basare su di essi, il presunto empirismo è profondamente intriso
di teoria, con l'aggravante che non sa di esserlo.
Come si può concludere senza ricordare Nietzsche?: "L'uomo ritrova infine nelle cose
solo ciò che egli stesso ha posto in esse: - il ritrovare si chiama scienza, l'introdurre
(si chiama) arte, religione, amore, fierezza."

Andrea Angelozzi







Date: Thu, 20 Sep 2001 22:16:58 +0200
Sender: Psychomedia Salute Mentale e Comunicazione
<PM-SMC@LISTSERVER.SICAP.IT>
From: Antonio Augusto Rizzoli <aa.rizzoli@VE.NETTUNO.IT>
Subject: Re: [PM-SMC] Eterno ritorno ed epistemologia


Andrea Angelozzi ha scritto (tra l'altro) :

>Tutto questo per dire una cosa: non illudiamoci che esistano puri fatti e
>ci si possa scientificamente basare su di essi, il presunto empirismo è
>profondamente intriso di teoria, con l'aggravante che non sa di esserlo.
>Come si può concludere senza ricordare Nietzsche?: "L'uomo ritrova infine
>nelle cose solo ciò che egli stesso ha posto in esse: - il ritrovare si
>chiama scienza, l'introdurre (si chiama) arte, religione, amore, fierezza."

Rispondo:

Inoppugnabile, ma quanto sopra è alla base di ogni ragionamento in
epistemologia. Mi meraviglio che si dica che l'empirismo "non sa di
esserlo", è un'affermazione che vorrei sustanziata da abbondanti
citazioni.E, tuttavia, dal non adottare un critico e consapevole empirismo,
allo stendere piani, ricerche e risultati a tavolino ne passa . E ne passa
alla grande.

Io vedo, ora, un ampio, diffuso e ridicolo falsificazionismo, che non credo
neppure possa chiamarsi scientifico, quanto, invece, politico, ma di una
politica bassa, ove l'interesse della società è subordinato ai molteplici
interessi di chi lo attua.

Spero nessuno osi pensare che esista una SOLA soluzione ai problemi
psichiatrici. Eppure queste sono le stupefacenti affermazioni che ho sentito
fare dagli unti del Signore, che, come ho già scritto, addirittura si
arrogavano una "presa in carico" dalla nascita alla morte, in una avvilente
prospettiva di Stato totalitario.

Così come, Vi prego, smettiamo ( o smettete) di pensare che una legge possa
alterare equilibri sociali.
In realtà è esattamente il contrario : sono i cambiati rapporti sociali che
creano nuove leggi. E la lettura di questa bozza di legge lo dichiara
apertamente ed anche un po' sinistramente, anche se di fronte alla realtà
noi ci ritroviamo ampiamente spiazzati ed in posizione necessariamente passiva.

Saluti.

AAR







Date: Fri, 21 Sep 2001 01:11:39 +0200
Sender: Psychomedia Salute Mentale e Comunicazione
<PM-SMC@LISTSERVER.SICAP.IT>
From: Antonio Gabriele Maone <maone@TIN.IT>
Subject: [PM-SMC] R: [PM-SMC] R: [PM-SMC] Legge Burani


Già dall'avvio di questo dibattito sulla proposta di legge
"controriformista", si profila chiaramente la complessità e la spinosità
delle questioni.
Fa bene Cantelmi ad invocare il riferimento costante alla "letteratura". Mi
pare che non ci sarebbe nemmeno bisogno di sottolinearlo.
Purtroppo, come ha ricordato qualcuno, le "evidenze" disponibili sono
limitatissime. Non per questo possono essere trascurate. Tuttavia esse si
riferiscono ad alcuni (pochi) approcci formalizzati, per lo più
statunitensi, che in effetti si basano su RCT replicati poi anche in più
parti del mondo, e che consistono nell'integrazione di interventi sottesi
comunque dal paradigma biopsicosociale della malattia mentale.
Ma la Proposta si Legge di cui stiamo trattando non riguarda l'applicazione
delle due o tre particolari pratiche formalizzate evidence-based, bensì la
riforma dei contesti organizzativi entro cui le varie pratiche si applicano.
Questa puntualizzazione mi pare essenziale.
In questo senso, l'Italia avrebbe potuto essere un laboratorio unico al
mondo (e per certi versi lo è stato e lo è: vedi l'interesse di tanti Paesi
stranieri verso il nostro "modello" di salute mentale). Ma l'occasione
"scientifica" è stata sostanzialmente mancata. Iniziative "serie", in questo
senso, ci sono state ad esempio in Gran Bretagna, come il progetto TAPS.
In Italia invece - con lo stile che ci contraddistingue - si è proceduto più
che altro navigando a vista, con scarsa produzione (salvo meritevoli ma
isolate eccezioni) dei "dati" che Cantelmi richiama come base di
discussione.
In assenza dei famosi "dati", la discussione rischia di procedere in modo
caotico. Interpretazioni politiche, filosofiche, epistemologiche, storiche,
autobiografiche, addirittura religiose, si intrecciano, si sovrappongono e
oscurano l'orizzonte.

Da circa 20 anni lavoro nei servizi. Non ho quasi mai goduto del necessario
conforto (in un compito che tutti noi sappiamo difficile e complicato) di
atteggiamenti collaborativi, interessati, motivati, da parte delle
amministrazioni. Le leggi, i decreti, le delibere, sono sempre state
intempestive, incongrue, come se venissero emesse da "profani" assoluti,
lontani anni luce dalla realtà dei "bisogni" dei pazienti, dei familiari,
degli operatori. SEmpre un procedere mettendo pezze, rinviando, tirando la
cinghia per poi magari improvvisamente aprire le borse con assunzioni
incontrollate di personale (forse per nutrire clientele) che poi non poteva
essere utilizzato perchè non c'erano più i soldi per le strutture, o
viceversa; eccetera, eccetera, eccetera.
In tutto questo certamente c'è stata la collusione di cecità ideologiche,
più o meno "integraliste". Ma il fattore determinante mi pare sia stato e
sia, banalmente, l'inefficienza, l'incapacità. Il cui germe maligno è
proprio il rifiuto di partire dai "dati", ancorchè elementari. Fosse anche
ammettere l'incertezza e l'impotenza, anzichè insistere nella presunzione.
Aloora: siamo proprio certi che la soluzione ancora una volta sia decretare
dall'alto cambiamenti organizzativi?

Perciò, che ora si voglia aprire un dibattito, una messa in questione, un
"serio" tentativo di miglioramento, non può che essere provvidenziale.
Ma è fondamentale procedere con ordine, con calma. Elencare i problemi
prioritari, provare a fare delle stime attendibili dei bisogni presenti e
futuri, dello stato reale delle cose, tentare di definire le annose
controversie fra "bisogni" sanitari e sociali, chiarire a quali "dati" e a
quale "letteratura" facciamo riferimento, ammettere i fallimenti... Insomma
fare un bilancio, ed averne il tempo.
Ma tutto questo richiede un respiro profondo, un polso fermo. Non la zuffa.
Nè l'inciucio. Nè il fiato sul collo di una legge che "sta per" essere
approvata.

Un cordiale saluto a tutti
Antonio Maone








Date: Fri, 21 Sep 2001 00:27:13 -0700
Sender: Psychomedia Salute Mentale e Comunicazione
<PM-SMC@LISTSERVER.SICAP.IT>
From: Leonardo Fei <leonardofei@INFINITO.IT>
Subject: Re: [PM-SMC] commento alla legge Burani


Il giorno 20-09-2001 9:27, GENNARO ESPOSITO, genesp@FASTCOM.IT ha scritto:

> Leonardo Fei wrote:
>> ...la gestione di ambito per 50 utenti che, tra l'altro (non vorrei aver
>> frainteso) dovrebbe fare da volano ad una integrazione-superamento
>> dell'O.P.G. non mi sembra agevole né facilmente pensabile al di là di
>> specifici progetti ad hoc.
>
> Si puo' sempre decidere di ridurre questo numero, magari si decide per
> 30, 25; l'importante e' che non cambia il filo logico dell'intervento e
> che non si confonda questo modo di organizzare le RSA con il manicomio,
> luogo dove, come e' noto, non esisteva alcuna progettualita'
> riabilitante per il malato.
>
>> - mi complimento con Esposito per aver sollevato il problema delle
>> cosiddette "convenzioni": ci si convenziona se si mantengono gli STANDARD
>> del pubblico.
>
> Io dico invece: chi gestisce il privato deve accreditarsi non
> convenzionarsi.

Sono totalmente d'accordo. Ho probabilmente utilizzato un termine desueto;
inoltre avrei dovuto aggiungere un "almeno" al mantenimento degli standard
del servizio pubblico. Ma, continuo a domandarmi, nel procedimento che porta
all'accreditamento, vi sarà la possibilità di valutare i presupposti
epistemologici della tipologia degli interventi e le finalità degli stessi
nonché la disponibilità ad entrare (con un ruolo senz'altro da definire) nel
circuito della salute mentale?
Leonardo Fei








Date: Fri, 21 Sep 2001 22:13:06 +0200
Sender: Psychomedia Salute Mentale e Comunicazione
<PM-SMC@LISTSERVER.SICAP.IT>
From: Andrea Mazzeo <a.mazzeo@TIN.IT>
Subject: Re: [PM-SMC] L'Eterno Ritorno


Questo, inaugurato da Angelozzi, lo vedrei come il tavolo ideologico,
metacomunicativo, che puo' ben affiancare quello operativo aperto da
Cantelmi.

La 180 va modificata? In varie legislature sono state presentate
proposte di legge per la modifica della 180 (ne ho una ricca collezione,
da qualche parte). L'attuale maggioranza parlamentare ritiene di dover
discutere una ennesima proposta di legge di modifica della 180. Credo sia
nel diritto di farlo.
Detto fra noi, penso che gli eventi internazionali di questi giorni
porteranno il parlamento a rinviare la discussione ad una data successiva;
ma non e' detto. E' possibile che la cosa rientri tra gli impegni assunti
dalla Casa della Liberta' in periodo pre-elettorale (non ho letto per
intero il programma elettorale). Penso che un nostro contributo per
migliorarla non sia una cosa sbagliata.
Se questa legge, sin dai suoi "primi passi", ha suscitato istanze di
modifica, e' segno che viene vista come una "incompiuta"; tra l'altro c'e'
un elemento paradossale nella sua storia. Varata da un governo di
centro-sinistra, se non vado errato, e' divenuta subito una bandiera della
sinistra e come tale difesa ad oltranza. Questo, come ex-democristiano, mi
fa piacere; ma mi chiedo pure: la sinistra ha cosi' poche idee da
abbarbicarsi tenacemente ad una legge che, tutto sommato, non e' un granche'?
Una legge "troppo arretrata per le realta' avanzate, e troppo avanzata
per le realta' arretrate" (lo disse Basaglia, o sbaglio?).
Le normative regionali successive sono state talmente differenti tra loro
da determinare un'autentica disparita' di diritti tra i cittadini delle
diverse regioni (non viene nemmeno garantito il livello minimo di assistenza
sul territorio nazionale), ma anche tra gli operatori psichiatrici delle
diverse regioni italiane (vi sono regioni con 7-10 primari per ogni DSM e
regioni con un solo primario per DSM). Questo non e' federalismo ma
semplicemente casino.
cITO A CASO la legge della Regione Puglia, la n° 72 del 1980: copiata
integralmente da quella della Regione Sicilia (ricordo che un collega
commento': "Si sono chiesti: come si organizza la mafia? Facciamo cosi'
pure noi." (quando copiavo i compiti, soprattutto quelli di matematica,
cercavo di copiare da quelli piu' bravi di me!!).
Poi accade che onesti lavoratori, con un figlio schizofrenico, debbano
chiudersi a chiave di notte in camera da letto, per non essere aggrediti
dal loro figlio; e' di sinistra questo? Accade che onesti lavoratori
vengano ricattati, per cui se vogliono che il loro figlio venga assistito
dalle strutture pubbliche debbono portarlo prima in visita privatamente
dagli stessi medici che lavorano nelle strutture pubbliche.
Cosa c'entra questo con la legge? Una legge che deresponsabilizza gli
operatori consente che cio' accada; una legge che non da' alle famiglie
strumenti da contrapporre al potere degli psichiatri consente alcune
porcherie. Per questo le famiglie sono esasperate; ma non denunciano perche'
hanno paura che il loro congiunto non venga piu' assistito, non si sentono
sufficientemente tutelate.
Altro aspetto: le leggi di solito si fanno anche per migliorare i livelli
occupazionali; la 180 e' forse l'unica legge che ha ridotto drasticamente i
posti di lavoro nelle strutture psichiatriche. Ma ci sono i progetti-obiettivo,
dira' qualcuno, che indicano i rapporti operatori/popolazione; si, ma non
sono legge per cui non e' obbligatorio rispettare quegli standard.
Non parliamo poi di cio' che accade dall'avvento dei Direttori Generali
(i novelli podesta'): le risorse degli ex-ospedali psichiatrici? Finiscono
dappertutto meno che nella psichiatria. I coordinatori che dovrebbero far
rispettare la norma? Sono supinamente proni alle voglie dei DG (parlo
ovviamente delle realta' che mi sono piu' vicine).
Una legge che modifichi la 180 serve anche per correggere queste porcherie.

Dovrei adesso replicare a quanto scrive Angelozzi, e la cosa non e'
affatto facile.

1)
- Concetto di pericolosita': e' anacronistico e va tolto dalla legge.
- Responsabilizzazione delle strutture e degli operatori: e' un atto
dovuto verso gli utenti e le famiglie; maggiore responsabilita' non puo'
mai significare maggiore potere.
- I termini "controllare" e "ispezionare" vengono utilizzati, se non erro,
verso le strutture psichiatriche ("controllare il rispetto dei diritti dei
ricoverati nelle strutture pubbliche e private" - "ispezioni biennali su
tutte le strutture pubbliche e private esistenti sul territorio regionale");
non mi sembrano concetti aberranti, anzi, tutt'altro.
- "le regioni hanno l'obbligo di istituire un ufficio di psichiatria con
*a)* funzioni ispettive, *b)* di stimolo e di indirizzo per tutte le ASL e
*c)* per la raccolta di dati epidemiologici"; mi sembra un po' diverso da
come lo vedi tu.
- Guarda che le strutture di degenza (anche se oggi le chiamano pomposamente
centri riabilitativi) sono gia' ampliate e proliferate al di fuori di qualsiasi
controllo pubblico (non so in Veneto, ma in Puglia e' cosi').
- Il discorso anziani e' da bloccare sin dall'inizio.
- SRA: "In ogni regione devono essere organizzate almeno tre SRA per accogliere
i malati più gravi"; e' un po' diverso da come lo poni tu. Non vieta di farne
300, *devono* essere *almeno* tre.
- Concentrazione delle strutture: nel Salento abbiamo una grossa struttura
che accoglie un centinaio di utenti, suddivisa al suo interno in case famiglia,
gruppi appartamento, ecc., ma tutti all'interno dello stesso recinto, con
ingresso sorvegliato. Questo concetto va bloccato.

2) Ruolo delle famiglie: e' un rischio concreto, quello che segnali.
Riporto la mia esperienza.
Nella provincia di Lecce, dove l'organizzazione del lavoro territoriale
non era (e non e') molto efficiente, spesso mi sono trovato in posizione
conflittuale con le famiglie rispetto alla gestione del caso (frequenti
richieste di ricovero, di istituzionalizzazione, ecc.). Quando ha lavorato
in provincia di Brindisi ho trovato una realta' completamente diversa; il
lavoro territoriale era ben organizzato, le famiglie erano alleate del
Servizio, il benessere e la qualita' di vita del paziente erano maggiori.

3) Lavoro produttivo: questi aspetti non mi sono molto chiari. Credo che
in questo settore i migliori risultati li abbiano dati le cooperative
sociali; bisognera' evidenziare meglio questi aspetti.

5) Obbligatorieta' delle cure: e' un aspetto evidenziato spesso dalle
famiglie. In effetti e' da decidere se il rifiuto del paziente a curarsi
sia una sua libera scelta oppure esso stesso un sintomo della malattia.
In ogni caso e' la relazione (come giustamente evidenzi) cio' che fa
la differenza tra la terapia ed il controllo.
Bisognera' far entrare questi concetti nella legge.

6) Commissione per i diritti del malato di mente: no la vedo male. In
passato avevo parlato di un'autority quale il difensore civico per gli
utenti del servizi psichiatrici e per le famiglie.
Come operatori non ci piacera', ma va istituita.

8) "I familiari non possono essere obbligati alla convivenza con malati
di mente maggiorenni."
Mettiamola cosi': i malati di mente non possono essere obbligati alla
convivenza con i loro familiari.

Andrea Mazzeo







Date: Sat, 22 Sep 2001 12:42:20 +0200
Sender: Psychomedia Salute Mentale e Comunicazione
<PM-SMC@LISTSERVER.SICAP.IT>
From: Andrea Angelozzi <andregio@TIN.IT>
Subject: Re: [PM-SMC] L'Eterno Ritorno


Le interessanti osservazioni di Mazzeo fanno riflettere, e mi spingono a un
ulteriore ragionamento.
Forse esistono appunto due piani del discorso, uno dei quali organizza per così
dire la filosofia di fondo di un modello di intervento, l'altro il modo in cui prende
forma concretamente. I due piani sono strettamente legati e devono procedere
parallelamente per evitare ad esempio che talune forme attuative operino in senso
diverso dalla filosofia esplicitata.
In questo senso a me non sembra vantaggioso discutere di aspetti meramente
terminologici senza affrontare il modello generale che prospettano.
Credo che una delle cose sensate del DSM IV è avere posto l'accento sulla questione
della malattia come sofferenza; è in questo ambito che avviene la distinzione fra una
psichiatria come ambito di cura e la psichiatria come eliminazione e controllo della
"sragione". Laddove la centralità logica del discorso è affidata alla pericolosità sociale,
l'aspetto della malattia e della cura passa in secondo piano e la psichiatria deve
confrontarsi con tutte le forme di pericolo sociale. Suppongo sia noioso il mio citare
Foucault, ma non vorrei trovarmi con i registri di ricovero, con diagnosi come
"non vuole andare a messa", "spende troppo in cavalli" come vi erano alla Bicetre a
Parigi (erano la pericolosità per la società e la famiglia di allora...). Mentre centrarsi
sulla malattia e la sofferenza deve tenere conto della aggressività o del disagio all'interno
della famiglia, centrarsi solo su questi ultimi rischia di portare la psichiatra a essere
la risposta, molto spesso del tutto errata, a comportamenti devianti che con la
psichiatria non hanno nulla a che fare. In questo senso la legge è demagogica e fuorviante.
Demagogica, perchè il criterio della aggressività esiste già adesso come uno dei criteri
per valutare la condizione di sofferenza; fuorviante, perchè ne fa il criterio essenziale,
scambiando la cura con la tutela. Attualmente nulla ostacola di considerare la
aggressività uno dei sintomi per la decisione di ricovero; con la proposta di legge
invece non potrei ricoverare obbligatoriamente persone in estrema condizione di
sofferenza che hanno la sfortuna di non essere pericolose.
Laddove mi si parla di famiglie che devono chiudersi in stanza, non penso ad una
legge carente, ma penso a un servizio che non funziona come potrebbe e come
dovrebbe. Laddove devono portare il paziente prima a una visita privata per essere
assistiti penso a un servizio che funziona in maniera delinquenziale. Cosa c'entra
la legge con tutto questo?. Pensiamo che togliendo la sofferenza e mettendo la
pericolosità la cosa cambi?
Pensiamo davvero che un ufficio ispettivo porti a un buon funzionamento?. Che i
servizi siano valutati sulla base dei risultati e della qualità: questa non si chiama
ispezione, che è un criterio poliziesco, ma si chiama funzionalità che è un criterio
organizzativo.
L'impianto della proposta di legge responsabilizza l'operatore dal punto di vista legale
e lo deresponsabilizza da quello clinico. In questo senso parlavo della trasformazione in
questurini e l'unico esito sarà che il proteggersi legalmente porterà ad una pletora di
ricoveri a durata infinita. E questo è appunto il manicomio, non inteso come mura,
ma come la scomparsa di qualunque progetto che non sia quello della tutela.
Siamo pienamente in accordo che vi è attualmente un problema di gestione della
cronicità, e che i suoi oneri sulle famiglie sono pesantissimi. Questa proposta di
legge però confonde gli ambiti. Si sofferma sulle acuzie, le risolve nel grande
internamento ed è l'unica cosa che sa proporre poi di fatto anche per la cronicità.
E questo mi sembra francamente inaccettabile.

La cronicità non si risolve con l'internamento, che aggiunge a quella "spontanea"
quella iatrogena. Così si risolve - forse - solo il problema delle famiglie. Ma allora
che venga detto esplicitamente e non chiamiamola psichiatria o cura.
E nemmeno si risolve con il il lavoro obbligatoriamente trovato dai CSM. Questa è
un completo misconoscimento su come proprio questi meccanismi di assistenza
globale a vita creano cronicità. Io cerco di aiutare i pazienti a trovarsi un lavoro da
soli, e questa la considero terapia, perchè le altre strade creano un vincolo con la
struttura che rischia di incatenarlo a vita ai servizi; se posso evitarlo, preferisco.
Forse sbaglio, ma ho sempre pensato che la cura sia aiutare il paziente a non avere
bisogno di me.
Ma poi comunque, per chi proprio non ce la fa da solo, queste cose esistono nei
servizi psichiatrici che funzionano, esistono i Servizi inserimento lavoro nelle ULSS,
i legami con le cooperative. In maniera analoga esistono CTRP e CA per consentire
un recupero (alleviando al contempo il peso delle famiglie). Con le leggi attuali le
ULSS hanno l'obbligo di costruire queste strutture e queste iniziative. Se non lo
fanno ora, non sarà certo un'altra legge a costringerle.
E' un po' come se si proponesse una legge perchè non si osserva quello che ha detto
la legge precedente. A me non pare molto sensato....

Andrea Angelozzi








Date: Sat, 22 Sep 2001 16:57:27 +0200
Sender: Psychomedia Salute Mentale e Comunicazione
<PM-SMC@LISTSERVER.SICAP.IT>
From: Tullio Carere <tucarere@TIN.IT>
Subject: Re: [PM-SMC] Riflessioni notturne sulla "legge Burani"


At 13:40 +0200 20-09-01, Mario Galzigna wrote:

>Da una legge moderna, al passo con i tempi, poremmo aspettarci una chiara
>presa di posizione sul tema: una precisa definizione, anche in termini di
>etica professionale, di un vero e proprio "obbligo" alla cura relazionale,
>alla psicoterapia, ed anche ad una sua armonizzazione con le terapie
>farmacologiche.

Caro Mario, mi sembra molto opportuno questo tuo suggerimento di rendere
centrale, e persino "obbligatoria", la cura relazionale o psicoterapia (a
proposito, non so per te, ma per me i due termini sono intercambiabili.
Anzi, terapia relazionale è persino meglio di psicoterapia, primo perché la
relazione non è solo "psico", secondo perché toglie di mezzo il vecchio
malinteso per cui la psicoanalisi sarebbe una cosa diversa dalla
psicoterapia).

L'obbligo per il servizio di fornire terapia relazionale farebbe da pendant
all'obbligo per l'utente di curarsi, quando il suo disturbo possa "arrecare
danno o pregiudizio al malato o a terzi", secondo la formula della proposta
di legge. In questa formula non vedo la prevalenza di "un'ottica che
privilegia la sicurezza sociale", come tu paventi. Al contrario, al primo
posto sta 'il malato', al secondo 'i terzi', nella preoccupazione del
legislatore. Che cosa si può obiettare? Che a una persona mentalmente
disturbata si debba riconoscere il diritto di danneggiare in primo luogo sé
stessa e in secondo luogo gli altri se non ha la coscienza o la volontà di
curarsi? Non credo che una persona sufficientemente sana di mente possa
sostenere una tesi del genere.

Mi stupisco, di conseguenza, della vibrante indignazione che vedo scorrere
in lista in relazione alla parola "pericolosità". Credo al contrario che il
concetto di pericolosità (inteso come sopra, cioé come capacità o
possibilità di provocare un evento dannoso per sé o per altri) sia e debba
essere centrale nell'organizzazione di un servizio di salute mentale. In
una società liberale ognuno deve avere il diritto di delirare o di
coltivare qualsiasi bizzarria, fintanto che la cosa non comporta serie
minacce all'incolumità psicofisica di lui stesso o di altri (non di rado è
proprio la strutturazione ben riuscita di un sintomo, anche psicotico, che
consente di salvaguardare l'integrità complessiva della persona e del suo
inserimento sociale).

La cura del disturbo "non pericoloso", cioè non potenzialmente dannoso per
il soggetto o per altri - motivata quindi non dalla volontà di prevenire un
danno, ma da aspirazioni come la crescita personale o la ricerca
dell'autenticità - è un lusso che pochi possono e vogliono permettersi, e
in ogni caso è ben al di là delle funzioni e delle risorse di un servizio
pubblico, almeno nel nostro tempo. Ti ringrazio per avere collegato i due
temi della terapia relazionale e della pericolosità, anche se il tuo modo
di collegarli è diverso dal mio.

Tullio Carere







Date: Sun, 23 Sep 2001 00:18:11 -0700
Sender: Psychomedia Salute Mentale e Comunicazione
<PM-SMC@LISTSERVER.SICAP.IT>
From: Leonardo Fei <leonardofei@INFINITO.IT>
Subject: Re: [PM-SMC] Riflessioni notturne sulla "legge Burani"


Il giorno 22-09-2001 7:57, Tullio Carere, tucarere@TIN.IT ha scritto:
>
> Mi stupisco, di conseguenza, della vibrante indignazione che vedo scorrere
> in lista in relazione alla parola "pericolosità". Credo al contrario che il
> concetto di pericolosità (inteso come sopra, cioé come capacità o
> possibilità di provocare un evento dannoso per sé o per altri) sia e debba
> essere centrale nell'organizzazione di un servizio di salute mentale. In
> una società liberale ognuno deve avere il diritto di delirare o di
> coltivare qualsiasi bizzarria, fintanto che la cosa non comporta serie
> minacce all'incolumità psicofisica di lui stesso o di altri (non di rado è
> proprio la strutturazione ben riuscita di un sintomo, anche psicotico, che
> consente di salvaguardare l'integrità complessiva della persona e del suo
> inserimento sociale).

Il concetto merita probabilmente un approfondimento ulteriore. Se delirare o
allucinare o ancora "coltivare qualsiasi bizzarria" presuppone di trovarci
di fronte all'ESITO di un percorso psicotico dove tali condizioni sono
niente altro che un'estrema difesa (è ben nota la valenza consolatoria di
molti deliri CRONICI), allora posso essere d'accordo: ricordo una
schizofrenica che nelle mani di un collega giovane (altrimenti sarebbero
state le classiche mani strappate alla vanga) vide peggiorare sul piano di
un'angoscia di frammentazione un quadro allucinatorio uditivo cronico in
quanto il giovanotto si ostinava da mesi a farle intendere che le voci
venivano da lei con la conseguenza che la paziente cominciò a pensare che le
nefandezze che "udiva" fossero vere....Ma se gli aggregati sintomatologici
di una psicosi sono l'esito della perdita dei confini dell'Io tipici della
fasi precoci o di stato, beh, allora non credo proprio che si tratti di un
problema di diritto alla psicopatologia, ma di salvaguardia della
normatività (alla Canguillhem per intendersi) e della capacità di
autodeterminarsi, come mente-corpo-condotta, messe in crisi dalla psicosi.
E il problema della "pericolosità" mi pare proprio sullo stesso piano: oltre
e PRIMA della salvaguardia degli altri sussiste il problema di mantenere il
paziente assolutamente normativo rispetto ad ogni risorse della sua vita di
relazione, ivi compresa, ahinoi, anche quella che fa parlare di "capacità di
reato" indubbiamente condivisa con l'area della cosiddetta normalità.
E' evidente che una voce imperativa che comanda un'aggressione o un impulso
clastico incontrollabile minano anzitutto la sua capacità di
autodeterminarsi e di percepire ciò che definiamo disvalore rispetto ai
propri atti. E' nostro dovere professionale anzitutto salvaguardarla e, se
necessario, reintegrarla. A partire da questo terreno possiamo vedere una
peculiarità del problema pericolosità in Psichiatria, ovvero di alcune
specifiche condizioni (paranoia inprimis). Altrimenti, su un piano di
allarme micro e macrosistemico, non vedo come si possa differenziare la
pericolosità di un paziente psichiatrico da quella di un soggetto sotto
l'effetto di sostanze o da quella insita alla criptopsicopatologia che
ognuno di noi porta dentro.
I fantasmi aggressivi abitano anzitutto dentro di noi, ma qui forse ricordo
cose note a tutti.








Date: Sun, 23 Sep 2001 18:17:39 +0200
Sender: Psychomedia Salute Mentale e Comunicazione
<PM-SMC@LISTSERVER.SICAP.IT>
From: Tullio Carere <tucarere@TIN.IT>
Subject: Re: [PM-SMC] Riflessioni notturne sulla "legge Burani"


At 0:18 -0700 23-09-01, Leonardo Fei wrote:
>Il concetto merita probabilmente un approfondimento ulteriore. Se delirare o
>allucinare o ancora "coltivare qualsiasi bizzarria" presuppone di trovarci
>di fronte all'ESITO di un percorso psicotico dove tali condizioni sono
>niente altro che un'estrema difesa (è ben nota la valenza consolatoria di
>molti deliri CRONICI), allora posso essere d'accordo: ricordo una
>schizofrenica che nelle mani di un collega giovane (altrimenti sarebbero
>state le classiche mani strappate alla vanga) vide peggiorare sul piano di
>un'angoscia di frammentazione un quadro allucinatorio uditivo cronico in
>quanto il giovanotto si ostinava da mesi a farle intendere che le voci
>venivano da lei con la conseguenza che la paziente cominciò a pensare che le
>nefandezze che "udiva" fossero vere....Ma se gli aggregati sintomatologici
>di una psicosi sono l'esito della perdita dei confini dell'Io tipici della
>fasi precoci o di stato, beh, allora non credo proprio che si tratti di un
>problema di diritto alla psicopatologia, ma di salvaguardia della
>normatività (alla Canguillhem per intendersi) e della capacità di
>autodeterminarsi, come mente-corpo-condotta, messe in crisi dalla psicosi.

Se il processo psicotico incide sulla "capacità di autodeterminarsi, come
mente-corpo-condotta", è ovvio il danno per il soggetto malato, e
potenzialmente per altri, che la cura deve cercare di prevenire o limitare
per quanto è possibile, con o senza il suo consenso.

Tullio Carere






Date: Wed, 26 Sep 2001 19:13:13 +0200
Sender: Psychomedia Salute Mentale e Comunicazione
<PM-SMC@LISTSERVER.SICAP.IT>
From: Andrea Mazzeo <a.mazzeo@TIN.IT>
Subject: Re: [PM-SMC] L'Eterno Ritorno


Replico partendo dalle ultime parole della mail di Angelozzi:

> E' un po' come se si proponesse una legge perche' non si osserva
> quello che ha detto la legge precedente. A me non pare molto sensato

Il problema, a mio parere, e' che la 180, poi ripresa dalla 833, non
dice proprio nulla sull'obbligo di realizzare strutture "alternative", o
altre iniziative; si intuiscono sullo "sfondo" della filosofia generale
che ispiro' la modifica della legge 36/1904, le intuivamo noi che eravamo a
conoscenza del lavoro alternativo fatto in alcune realta' avanzate, ma
scorrendo il testo di legge ci si fa l'idea che basta ricoverare per 7
giorni un paziente per risolvere tutti i suoi problemi.
Se a distanza di oltre 20 anni ci troviamo ancora a discutere sulla
difficolta' di applicazione della 180, evidentemente questa legge ha un
vizio congenito che non ne consente l'attuazione. Il lavoro anti-
istituzionale che porto' alla chiusura degli ospedali psichiatrici di Udine
e Trieste, e poi di numerosi altri, ha avuto dei tempi lunghi, il territorio
ha potuto attrezzarsi con le "alternative e le altre iniziative". Quella
normativa, calata nelle realta' meno avanzate, ha prodotto delle autentiche
nefandezze.
Perche' non proviamo a ridefinire il problema: non si tratta di
cancellare le conquiste della 180 (quali siano poi non si sa: gli SPDC?),
ma di darle degli strumenti di concreta attuazione, e la proposta di legge
Burani va, secondo me, in questa direzione.

Cosa non ha funzionato della 180? La risposta alla cronicita', la
risposta tempestiva nell'urgenza.

Quali obblighi prevede questa legge?

1) un servizio di pronto soccorso psichiatrico ogni 500.000 abitanti
(comma 7 dell'art. 2); e' sbagliato? non mi pare, e' una grossa carenza
della 180 che viene colmata dalla legge Burani;

2) ciascuna ASL deve dotarsi di almeno una struttura residenziale a
gestione pubblica (comma 1 dell'art. 5); anche per questo aspetto la 180
e' muta, o meglio afasica, nel senso che queste cose si intuiscono come
pensate ma non sono dette, o scritte).

3) collaborare con le autorita' scolastiche, ai fini preventivi e di
informazione (comma 5 dell'art. 2); non mi sembra poi tanto aberrante, e
forse e' la maniera migliore per cominciare ad eliminare lo stigma;

4) controllare ed ispezionare regolarmente tutte le strutture psichiatriche;
io dico finalmente!!

Le altre sono possibilita' che noi operatori avremo a disposizione; se
preferiremo ricoverare tutti sara' una nostra responsabilita', ma a questo
rischio la legge stessa pone rimedio quando prevede la commissione per i
diritti del malato di mente (era ora!) e quando prevede le consultazioni
con le associazioni dei familiari.

Piuttosto, credo stia sfuggendo un aspetto importante, che, forse, e'
la piccola grande rivoluzione di questa legge: che fine hanno fatto gli
SPDC?







Date: Fri, 28 Sep 2001 01:08:04 +0200
Sender: Psychomedia Salute Mentale e Comunicazione
<PM-SMC@LISTSERVER.SICAP.IT>
From: Albertina Seta <a.seta@MCLINK.IT>
Subject: [PM-SMC] Legge Burani


inoltro un messaggio a proposito del dibattito sulla legge Burani
Procaccini da parte del gruppo di Nuova Psichiatria di cui faccio parte.
Alcuni dei firmatari del messaggio sono collegati on-line e iscritti alle
liste di psic-ita e PM-SMC, per il prosieguo del dibattito, ma, data
l'importanza della circostanza della discussione della legge in commissione
sanità in questi giorni, abbiamo pensato fosse opportuno presentare un
primo intervento concordato tra tutti.
Un saluto
Albertina Seta

--------------------------------------------------------------------------------

cari colleghi,

Nuova Psichiatria è un'associazione che da circa un anno sta lavorando alla
elaborazione di un progetto di revisione della legge 23 dic 1978 n.833, più
nota come 180.

Abbiamo appreso con piacere dell'iniziativa dell'On. Burani Procaccini che,
innanzitutto, prima ancora di entrare nel merito dei suoi contenuti, ha
avuto il coraggio di sollevare il problema andando a toccare un vero e
proprio tabù.

Tutti coloro che hanno avuto la ventura di occuparsi di organizzazione dei
servizi psichiatrici, o che con questi servizi abbiano una qualche
dimestichezza, sanno che semplicemente parlare di riformare, rivedere,
cambiare qualcosa della 180 provoca puntualmente levate di scudi che non
ammettono repliche, inspiegabili ora che sono passati più di venti anni
dall'approvazione di quella legge e che certe battaglie, peraltro
giustissime, di difesa della dignità dei malati rischiano di diventare di
retroguardia, a fronte della situazione di generale disagio in cui versano
i malati, le loro famiglie, gli operatori della psichiatria.

La cosa si è ripetuta anche in questa occasione, come tutti abbiamo potuto
leggere sui giornali a proposito delle reazioni alla proposta di legge
dell'On.Burani. La discussione che si sta svolgendo in questa lista, sembra
invece testimoniare, sia pure con voci dissonanti, una diffusa esigenza di
ridiscutere, rivedere, riformare, cambiare qualcosa nell'organizzazione
della psichiatria.

Un secondo punto che ci vede d'accordo con l'iniziativa dell'On. Burani
Procaccini è rappresentato dalla necessità e dall'urgenza di una nuova
legge di riforma sull'assistenza psichiatrica, che abroghi le norme
palesemente distorte e ambigue della 833/180 e dia finalmente un modello di
servizio psichiatrico a misura del paziente venendo a configurare una
riforma psichiatrica in senso positivo e propositivo.
In altre parole, pensiamo che gli evidenti insuccessi della 180 non siano
dovuti a una sua incompleta o ritardata applicazione, ma a limiti
intrinseci alla legge e ai suoi stessi principi ispiratori.
Conseguentemente puntare a risolvere i problemi della psichiatria con il
semplice potenziamento dei progetti-obiettivo (che come si sa promettono di
tutto e di più in assenza di precise previsioni di spesa), come chi difende
l'intoccabilità della legge continua a sostenere, ci sembra un'operazione
illusoria, macchinosa e forse non del tutto limpida.
E' noto, infatti che alcuni istituti della 180 troppo spesso rendono
difficile se non impossibile un corretto intervento terapeutico e obbligano
gli operatori e gli organizzatori dei servizi a contorti equilibrismi per
aggirare la legge.
Nell'interesse di chi? Nel rispetto di quali principi?

Un terzo punto discriminante è rappresentato dalla questione della
obbligatorietà delle cure per il malato non consenziente. Su questo la
nostra posizione diverge da quella avanzata nella proposta di legge Burani.
A nostro avviso infatti la garanzia di poter curare anche i malati che non
accettano volontariamente la cura è fatto imprescindibile, ma il TSO va
comunque inquadrato come atto medico, giustificato da una diagnosi e da un
progetto di cura di cui il medico, secondo scienza e coscienza, si assume
l'intera responsabilità.
Al medico va data la possibilità di agire e il TSO rappresenta uno degli
strumenti della sua attività terapeutica.
Peraltro pensiamo che i principi informatori di una nuova legge sulla
psichiatria dovrebbero risiedere innanzitutto in un modello valido e
condiviso della malattia e della cura e nel ridare dignità allo psichiatra,
alla sua identità medica e alla sua formazione che riteniamo siano state
messe a grave rischio, se non compromesse del tutto, da venti anni di 180.
La negazione della malattia mentale e la conseguente abolizione del
concetto di terapia, surrettiziamente sostituito dall'ambiguo termine
assistenza-riabilitazione, rappresenta una delle principali cause del
disagio dei malati.
Proporre una nuova legge sulla salute mentale vuol dire fornire la concreta
possibilità di un agire terapeutico dal TSO d'urgenza (senza artificiali
limiti di tempo), con l'obbligo però di un ben definito progetto
terapeutico e la possibilità/necessità di una continuità terapeutica. E la
continuità terapeutica può ovviamente prevedere la necessità di prolungare
i termini del TSO secondo le esigenze cliniche del paziente e non in base a
concetti arcaici di pericolosità sociale o più moderni, ma fasulli,
principi di difesa della libertà del cittadino.
Un cittadino-paziente è portatore in primo luogo di un ulteriori diritto:
quello della possibilità della cura.
A partire da questo si possono poi definire le possibilità e le modalità di
una prevenzione che sono state totalmente disconosciute dalla 833/180.

Come quarto e ultimo punto vorremmo proporre il nostro giudizio critico
sulla proposta di riforma della 180 in questione. La proposta di legge
Burani - Procaccini, pur presentando elementi di indubbio interesse e
punti da discutere sui quali ci riserviamo di intervenire prossimamente ha
il difetto di presentarsi in una forma troppo articolata. Quella che oggi
si impone, a nostro avviso, come strumento efficace, è non già una legge
complessa e minutamente articolata, che pretenda di sciogliere alla radice
ogni problema relativamente a precisi standard di presidi. C'è oggi una
ragione profonda che rende difficilmente praticabile una legge di questo
tipo, che è il mutamento in atto del quadro normativo generale. Intendiamo
riferirci al sempre più netto spostamento di competenze dallo Stato alle
Regioni. Questa realtà rende più praticabile l'ipotesi di una Legge Quadro
ovvero di una proposta più snella e agile e forse, in virtù di queste
qualità, più incisiva e curata nei suoi principi informatori che devono
essere chiari, sintetici e improntati al principale interesse dei cittadini
che per noi deve essere quello della cura della malattia.

Chiudiamo qui per il momento il nostro contributo alla discussione
riservandoci ulteriori interventi su temi più specifici.
Cordialmente

Sandro Casini - Psichiatra, Primario Casa di Cura "Villa Armonia Nuova"
Paolo Di Benedetto - Psichiatra, Responsabile Area Riabilitativa DSM Rieti
Giorgio Guerani - Psichiatra, Responsabile Servizio Psich. Ospedaliero DSM RM/D
Giovanni Inzerilli - Psichiatra, già Direttore DSM Latina
Nicola Lalli - Psichiatra, Primario Dipartimento Psichiatria Università "La
Sapienza" mailto:nicola.lalli@uniroma1.it oppure mailto:n.lalli@flashnet.it
Carlo Lucarelli - Membro Direttivo ARAP (associazione Riforma Assistenza
Psichiatrica)
Albertina Seta - Psichiatra mailto:MD8639@mclink.it
Giuseppe Tropeano - Psichiatra, Responsabile Area ospedaliera DSM RM/D


dott.ssa Albertina Seta
mailto:a.seta@mclink.it

Studio di Psicoterapia Medica
Piazza S.Salvatore in Lauro, 13
00186 Roma
tel. ++ 39-06-6872992
Mobile 0335 - 7054256








Date: Fri, 28 Sep 2001 11:25:29 +0200
Sender: Psychomedia Salute Mentale e Comunicazione
<PM-SMC@LISTSERVER.SICAP.IT>
From: Andrea Mazzeo <a.mazzeo@TIN.IT>
Subject: Re: [PM-SMC] Proposta di Legge "Burani"


Credo che la discussione aperta possa essere l'occasione per meglio
disciplinare la materia del TSO.
Riscriverei il punto a) del comma 2 dell'art. 3, in questo modo:

=====================================================
a) TSO di urgenza. Puo' essere richiesto da chiunque ne abbia interesse,
per soggetti che presentino evidenti disturbi comportamentali, tali da
far supporre l'esistenza di alterazioni psichiche.
Deve essere convalidato da uno psichiatra, esercente la professione, in
relazione alla presenza di alterazioni psichiche che richiedano urgenti
interventi terapeutici e qualora gli stessi non vengano accettati dall'infermo.
Ha validita' massima di 72 ore e deve essere effettuato negli ospedali
generali o nelle cliniche psichiatriche sedi dei reparti di psichiatria.
Non e' rinnovabile.
I medici del reparto possono interrompere il ricovero, avvisando
tempestivamente il medico curante, i familiari ed il CSM.
Qualora il TSO d'urgenza venga richiesto per patologie fisiche che il malato
rifiuta di curare, o per soggetti anziani ultrasettantenni, la richiesta
medesima va inoltrata al Distretto Socio-Sanitario competente, che vi
provvede secondo la normativa prevista per le patologie fisiche e i soggetti
anziani ultrasettantenni, e con personale proprio.
Qualora il TSO venga richiesto per soggetti in stato di intossicazione da
alcool o droghe, la richiesta medesima va inoltrata al SERT competente, che
vi provvede secondo la normativa specifica e con personale proprio;
======================================================

Andrebbero anche chiarite le modalita' formali della richiesta del TSO,
ovvero per richiesta di TSO urgente si intende la proposta del medico curante,
(medico di medicina generale o medico di continuita' assistenziale?).
Per semplificare: chi richiede il TSO (familiari, enti vari, ecc.) si
rivolge al medico curante del paziente per il rilascio di una certificazione
attestante la presenza di disturbi comportamentali tali da far supporre
l'esistenza di alterazioni psichiche, oppure lo richiede direttamente al CSM?
Nel primo caso forse si perde il carattere dell'urgenza, quindi opterei
per la seconda possibilita': la richiesta va inoltrata direttamente al CSM.
Altra questione: e' necessaria una segnalazione scritta, un fax, o
basterebbe una telefonata o una segnalazione verbale? Forse per iscritto e'
meglio.

Mi sembra importante anche sollevare il CSM dall'incombenza di effettuare
TSO per motivi non strettamente psichiatrici; ovviamente il ricovero, in
attesa della emanazione di norme specifiche, dovra' continuare ad avvenire
nei reparti di psichiatria degli ospedali generali; e' auspicabile che la
questione venga affrontata in tempi brevi. Un ricovero di un anziano o di
un tossicodipendente in un reparto di psichiatria e' sempre un problema, per
gli operatori ma soprattutto per i pazienti.

Andrea Mazzeo







Date: Sat, 29 Sep 2001 00:38:25 +0200
Sender: Psychomedia Salute Mentale e Comunicazione
<PM-SMC@LISTSERVER.SICAP.IT>
From: Tullio Carere <tucarere@TIN.IT>
Subject: Re: [PM-SMC] Legge Burani


At 1:08 +0200 28-09-01, Albertina Seta wrote:
>inoltro un messaggio a proposito del dibattito sulla legge Burani
>Procaccini da parte del gruppo di Nuova Psichiatria di cui faccio parte.
>Alcuni dei firmatari del messaggio sono collegati on-line e iscritti alle
>liste di psic-ita e PM-SMC, per il prosieguo del dibattito, ma, data
>l'importanza della circostanza della discussione della legge in commissione
>sanità in questi giorni, abbiamo pensato fosse opportuno presentare un
>primo intervento concordato tra tutti.
>Un saluto
>Albertina Seta
...

>Un terzo punto discriminante è rappresentato dalla questione della
>obbligatorietà delle cure per il malato non consenziente. Su questo la
>nostra posizione diverge da quella avanzata nella proposta di legge Burani.
>A nostro avviso infatti la garanzia di poter curare anche i malati che non
>accettano volontariamente la cura è fatto imprescindibile, ma il TSO va
>comunque inquadrato come atto medico, giustificato da una diagnosi e da un
>progetto di cura di cui il medico, secondo scienza e coscienza, si assume
>l'intera responsabilità.
>Al medico va data la possibilità di agire e il TSO rappresenta uno degli
>strumenti della sua attività terapeutica.
>Peraltro pensiamo che i principi informatori di una nuova legge sulla
>psichiatria dovrebbero risiedere innanzitutto in un modello valido e
>condiviso della malattia e della cura e nel ridare dignità allo psichiatra,
>alla sua identità medica e alla sua formazione che riteniamo siano state
>messe a grave rischio, se non compromesse del tutto, da venti anni di 180.
>La negazione della malattia mentale e la conseguente abolizione del
>concetto di terapia, surrettiziamente sostituito dall'ambiguo termine
>assistenza-riabilitazione, rappresenta una delle principali cause del
>disagio dei malati.
>Proporre una nuova legge sulla salute mentale vuol dire fornire la concreta
>possibilità di un agire terapeutico dal TSO d'urgenza (senza artificiali
>limiti di tempo), con l'obbligo però di un ben definito progetto
>terapeutico e la possibilità/necessità di una continuità terapeutica. E la
>continuità terapeutica può ovviamente prevedere la necessità di prolungare
>i termini del TSO secondo le esigenze cliniche del paziente e non in base a
>concetti arcaici di pericolosità sociale o più moderni, ma fasulli,
>principi di difesa della libertà del cittadino.

Dunque il TSO va "inquadrato come atto medico". Una cura (che include
neurolettici ed eventualmente ricovero) sarebbe obbligatoriamente
somministrata non perché il malato la richiede, né perché esiste il
pericolo di danni psicofisici a lui stesso o altri, ma perché lo stabilisce
il medico, sulla base di una diagnosi e di "un ben definito progetto
terapeutico", nel quadro di un modello che vuole "ridare dignità allo
psichiatra".

La proposta mi sembra assai inquietante. Se mi metto nei panni di chi ha
bisogno di cure, io vorrei riceverle perché le chiedo, oppure perché sto
mettendo in pericolo me stesso o altri (anche se non me ne rendo conto).
L'idea che uno psichiatra (lo dico da psichiatra) abbia il diritto e magari
anche il dovere di impormi le sue cure - cure pesanti - non perché le
chiedo, né perché rischio di danneggiare me stesso o altri, ma perché lo
stabilisce lui, in base al fatto che rientro in qualche casella del DSM IV
o in qualche protocollo terapeutico empiricamente validato, è di quelle che
mi farebbero pensare seriamente a espatriare.

Tullio Carere







Date: Sat, 29 Sep 2001 19:17:10 +0200
From: Piero Petrini <pipetrin@tin.it>
Subject: [PM-SMC] la Consulta per la legge Burani Procaccini;
To: PM-SMC@LISTSERVER.SICAP.IT

> Informo gli iscritti alla lista che anch'io faccio parte dei colleghi scelti
> "per un luogo
> di discussione" da parte dell'on. Procaccini Burani, e la cosa mi ha
> sorpreso piacevolmente e un po' preoccupato;
> faccio presente che la mia posizione non è mai stata vicina ne' ai
> "talebani" della 180, ne' con i "nuoviriformisti a tutti i costi", ma mi
> muovo da tempo, con i miei amici, per
> una legge che, rivoluzionaria per il tempo, ha bisogno, a mio parere, di
> essere rivista in
> alcuni punti, per un rilancio del "primato della clinica e della cura",
> spesso
> calpestata dall'ideologie nella cura o nell'assistenza.
> Ci siamo attivati, con i gruppi di cui faccio parte, per delle riunioni di
> studio della proposta di legge Burani, della proposta del gruppo "c'è"
> (progetto di legge 152), che dicono sia integrata poi nella proposta
Burani,
> ma a me non sembra,
> e con il confronto con il P.O.N. (che lo ricordo ai distratti e poco
> attenti, è legge dello stato, e la 180. Le riunioni sono aperte.
> Seguo attentamente anche il dibattito nelle tre liste, e stralcio per
> conservare, avvertendo gli interessati, le critiche ed i
> consensi utili.
> Sono contento di avere Gennaro tra i "colleghi scelti" dall'On. Burani, in
> quanto, pur avendo idee diverse da me, si è sempre mostrato saggio e
> corretto.
> In sintonia con lui dico "stiamo a vedere", con un ruolo che, almeno da
> parte mia, ma credo anche da parte sua, non sarà
> assolutamente passivo.
> Chiunque voglia contattarmi, sono a disposizione, ma credo che Tonino
> (Cantelmi) sia un
> interlocutore più in vista e più valido, visto il ruolo, anche se, il suo
> pensiero sulla riforma è
> diverso dal mio.
> Ci confronteremo.
> Piero (Petrini)
>
> pipetrin@tin.it
>
> cell. 3356584709







Date: Sun, 30 Sep 2001 02:25:45 +0200
Sender: Psychomedia Salute Mentale e Comunicazione
<PM-SMC@LISTSERVER.SICAP.IT>
From: Mario Galzigna <bio040@CARONTE.BIO.UNIPD.IT>
Subject: Re: [PM-SMC] la Consulta per la legge Burani Procaccini;


At 19.17 29/09/01 +0200, Piero Petrini wrote:
>> Informo gli iscritti alla lista che anch'io faccio parte dei colleghi
>scelti
>> "per un luogo
>> di discussione" da parte dell'on. Procaccini Burani, e la cosa mi ha
>> sorpreso piacevolmente e un po' preoccupato;
>> faccio presente che la mia posizione non è mai stata vicina ne' ai
>> "talebani" della 180
...
Non ho parole!!! I "talebani" della 180?
Occorre davvero, in queste liste, ricorrere a pratiche denigratorie, di
pessimo gusto? Non è più corretto rispettare - e magari capire, se
possibile - le posizioni diverse dalle nostre? E se qualcuno dicesse, qui -
io non lo direi mai, ovviamente - i "fascisti" della legge Burani?
Un po' più di correttezza, signori!!! L'invettiva, l'insulto, l'amalgama
indèbito e semplificatore ( di staliniana memoria!), in luogo del giudizio,
anche severo, ma motivato ed argomentato: ecco, sono queste le cadute di
stile che non giovano alla serenità ed alla costruttività del dibattito.
Forse Petrini voleva solo ironizzare. Me lo auguro. Ma sarebbe auspicabile
l'abbandono, in queste nostre liste, di epiteti aggressivi ed offensivi,
assolutamente inutili alla crescita conoscitiva e professionale di tutti noi.
Cordiali saluti da un membro della lista "scelto" - pure lui - per "un
luogo di discussione", ma tutt'altro che sicuro di parteciparvi.







Date: Sun, 30 Sep 2001 00:57:32 +0200
Sender: Psychomedia Salute Mentale e Comunicazione
<PM-SMC@LISTSERVER.SICAP.IT>
From: Tonino Cantelmi <tcantelmi@GETNET.IT>
Subject: [PM-SMC] la Consulta per la legge Burani Procaccini;


AVVISO:
sono stati invitati alla Consulta Preliminare per dibattere sulla proposta
Burani (e non solo) innanzitutto tutti coloro che hanno manifestato la
voglia di farlo, senza alcuna preclusione circa passate o presenti
appartenenze. L'invito Ë stato esteso ad una decina di cattedratici, ai
Presidenti delle principali associazioni (es. SIP). Per ora, tra colleghi
che si sono generosamente proposti e colleghi invitati per motivi
istituzionali, il numero dei partecipanti Ë di circa 40 persone. Non Ë
necessario una Consulta oceanica, tuttavia in questa fase preliminare sono
benvenuti tutti, quindi se ci sono altre adesioni occorre comunicarlo a me
(Dr. Cantelmi, 333.6553208). Coloro gi‡ inseriti nella lista dei
partecipanti o altri che volessero aderire, riceveranno un fax
domani(necessario per entrare: per motivi di sicurezza i nomi debbono
essere confermati alcuni giorni prima) La prima riunione della Consulta
sar‡ l'otto ottobre pv, alle ore 13, presso la Camera dei Deputati. Il
programma Ë il seguente: accoglienza (mini-rinfresco), apertura dei lavori
(On. Burani e On. Guidi, attuale Sottosegretario al Ministero della
Salute), interventi liberi di tutti coloro che vogliono portare contributi,
proposte operative (gruppi di studio?). Il mio compito dovrebbe essere
quello di moderare la discussione, di raccogliere le proposte e di
organizzare una successiva operativit‡. Se il Prof. Galzigna (o chiunque
altro) per partecipare ha necessit‡ di sapere con esattezza i nomi degli
invitati, puÚ contattarmi telefonicamente e sarÚ lieto di trasmettergli le
informazioni necessarie. L'adesione dell'On. Guidi d‡ a questo incontro
preliminare una dimensione, per cosÏ dire, "istituzionale": infatti vi
partecipa come Sottosegretario del Ministero della Salute con delega per la
psichiatria. E' dunque la massima autorit‡ politico-istituzionale per i
problemi della psichiatria. Il dibattito su Psychomedia Ë stato sinora
davvero interessante e molte cose dette mi sono sembrate sensate e
sicuramente da considerare. Spero (chiedo) che il dibattito avvenuto su
questa lista possa essere messo a disposizione, attraverso un fascicoletto,
sia degli On. Burani e Guidi, che di tutti i partecipanti. Grazie ed un
cordiale saluto.

Tonino Cantelmi







Date: Sun, 30 Sep 2001 02:48:36 +0200
Sender: Psychomedia Salute Mentale e Comunicazione
<PM-SMC@LISTSERVER.SICAP.IT>
From: Antonio Gabriele Maone <maone@TIN.IT>
Subject: [PM-SMC] R: [PM-SMC] Legge Burani


A proposito di quanto scrive Tullio Carere:
La proposta mi sembra assai inquietante. Se mi metto nei panni di chi ha
bisogno di cure, io vorrei riceverle perché le chiedo, oppure perché sto
mettendo in pericolo me stesso o altri (anche se non me ne rendo conto).
L'idea che uno psichiatra (lo dico da psichiatra) abbia il diritto e magari
anche il dovere di impormi le sue cure - cure pesanti - non perché le
chiedo, né perché rischio di danneggiare me stesso o altri, ma perché lo
stabilisce lui, in base al fatto che rientro in qualche casella del DSM IV
o in qualche protocollo terapeutico empiricamente validato, è di quelle che
mi farebbero pensare seriamente a espatriare.

Aggiungo:
Credo che ci sia un margine sottile e sfuggente, all'interno della
particolare relazione che si realizza a partire dall'incontro fra uno
psicotico ed uno che di egli debba "occuparsi", o "preoccuparsi".
Su questo "incontro" certamente sono state scritte milioni di pagine. Ma il
margine a cui mi riferisco, o un crinale piuttosto, è quello che separa
l'uso dall'abuso della "obbligatorietà" del trattamento.
Sull'ultimo numero dell'Australian and New Zealand Journal of Psychiatry,
Julian Leff, in un articolo intitolato "Can we manage without the mental
hospital?", dice che sì, è possibile fare a meno dell'ospedale, ma resta
comunque una ristretta quota di pazienti "difficili", a cui la community
psychiatry non riesce a dare risposte adeguate.
E' su questi pazienti "difficili", che non sono quindi moltissimi ma su cui
molti operatori in questi anni si sono "bruciati" con scarsi risultati, che
l'attuale normativa non consente di agire in modo che per convenzione
definiamo "adeguato". Per molti altri pazienti, l'attuale sistema di salute
mentale produce risposte "abbastanza" corrette, dignitose, aderenti a quanto
attualmente si basa sulla "evidenza" o almeno su una maturata e riconosciuta
esperienza. Pensiamo per esempio ai 17.000 posti in strutture residenziali e
ai 7.000 pazienti dei Centri Diurni.
L'adesione dei pazienti a questi programmi terapeutici è resa possibile dal
loro consenso. Consenso che però spesso è il risultato di un lungo
"inseguimento" di una domanda di cura: processo questo che implica
temporaneamente un ruolo "tutorio" non espressamente richiesto dal paziente.
I pazienti che non aderiscono - per peculiari caratteristiche "cliniche"
limite, per "impazienza" o scarsa perizia dell'operatore nell'inseguimento
della domanda o del consenso: chi può dirlo? - continuano a rappresentare un
problema familiare e sociale.
La percezione di questo problema può essere poi interpretata come
1)ineluttabile conseguenza dell'intrattabilità (si può convincere - esempio
limite - un paziente con Alzheimer a "ragionare"?); 2)potenti collusioni
patologiche familiari (abbiamo visto, a volte, familiari che non riescono a
delegare la cura); 3) inefficienza del servizio (il cosiddetto funzionamento
"a macchie di leopardo" nelle varie aree italiane); 4)difetti nella legge
che disciplina gli interventi psichiatrici.

Leff pensa che per funzionare bene, la psichiatria di comunità debba
risolvere questo problema. Come? Ad esempio creando dei gruppi di lavoro
"altamente specializzati" per i c.d. casi difficili, con alto rapporto
operatori/utenti (per certi portatori di handicap non è previsto qualcosa di
altrettanto impegnativo?), e con frequente ricambio degli operatori, poichè
sottoposti a burn-out.

Ma per realizzare una cosa del genere, si dovrebbe ricorrere ad un'uso più
estensivo della "obbligatorietà". Oggi essa è limitata sostanzialmente
all'acuzie. E questo limite è nello stesso tempo il motivo che consente a
Carere di non essere costretto ad espatriare dall'Italia.

Dire: estendiamo l'obbligatorietà protratta a dopo l'acuzie limitatamente ai
casi che la richiedono, significa aprire quell'argine fra uso e abuso, con
scarse possibilità di controllo. L'attuale limite del TSO, è vero, consente
di mascherare la intrattabilità con una pratica di abbandono. Ma
l'estensione del limite darebbe luogo ad una discrezionalità troppo ampia.
Il fatto è che la trattabilità coincide proprio con l'emergenza del
consenso. Innescare processi di cura (cura a lungo termine) basati sulla
obbligatorietà significa creare le premesse per un definitivo tramonto della
possibilità di ottenere un consenso. In quanto l'obbligatorietà (quella
estesa, prolungata, non quella temporanea del TSO attuale) richiede
l'utilizzo di imposizioni e restrizioni prolungate. L'utilizzo (prolungato)
di queste misure finirebbe per caratterizzare fortemente i luoghi della
cura: chiavi, cancelli, guardiani, gerarchizzazione delle responsabilità,
omologazione, regole, divieti, permessi, sanzioni, ad incremento
progressivo. Cioè la custodia, anzichè il trattamento.

Ci sono vie di mezzo?
Controllare l'eventuale abuso con apposite "commissioni"?
"Differenziare" le strutture?

A. Maone







Date: Sun, 30 Sep 2001 13:12:21 +0200
Sender: Psychomedia Salute Mentale e Comunicazione
<PM-SMC@LISTSERVER.SICAP.IT>
From: Antonio Augusto Rizzoli <aa.rizzoli@VE.NETTUNO.IT>
Subject: Re: [PM-SMC] la Consulta per la legge Burani Procaccini;


>Cordiali saluti da un membro della lista "scelto" - pure lui - per "un
>luogo di discussione", ma tutt'altro che sicuro di parteciparvi.

>Mario Galzigna


Il professor Mario Galzigna si scandalizza per le parole.
Io mi scandalizzo per i - documentati - fatti. Fatti che, certo, non accrescono
la stima verso chi professa pratiche psichiatriche di tipo talebanico.
Lo dico e lo ripeto. E si vergogni chi si straccia le vesti, ipocrita.








Date: Mon, 1 Oct 2001 08:21:44 +0200
Sender: Psychomedia Salute Mentale e Comunicazione
<PM-SMC@LISTSERVER.SICAP.IT>
From: Andrea Mazzeo <a.mazzeo@TIN.IT>
Subject: Re: [PM-SMC] Legge Burani


Tullio Carere scrive:
> Se mi metto nei panni di chi ha bisogno di cure, io vorrei riceverle
> perche' le chiedo, oppure perche' sto mettendo in pericolo me stesso
> o altri (anche se non me ne rendo conto).

E' un grosso problema, con inevitabili risvolti etici, sociali, di
politica sanitaria.

La legge 36/1904 prevedeva il ricovero coatto per la custodia e la cura
nei manicomi delle persone "affette per qualunque causa da alienazione
mentale, quando siano pericolose a se' o agli altri o riescano di pubblico
scandalo e non possano essere convenientemente custodite e curate fuorche'
nei manicomi" (art. 1, legge 36).
Chiaramente (siamo nel 1904 ma il dibattito politico In Italia, su di
una legge per gli alienati ed i manicomi pubblici, comincio' a svilupparsi
subito dopo l'unificazione e giunse al Parlamento del Regno nel 1881 con un
disegno di legge presentato alla Camera dei Deputati dall'on.le Depretis,
Ministro degli Interni; il D.D.L. si basava su una precedente proposta
dell'on.le Nicotera che riprendeva delle norme in vigore in Toscana sin dal
1838 e probabilmente ispirate alla legislazione francese - Basaglia:
"Appunti su psichiatria e criminalizzazione del bisogno"), all'epoca non era
pensabile altro intervento che non fosse di pubblica sicurezza.

Il dibattito tra le forze politiche e sociali, avviato sin dagli anni
'50, dopo le scoperte della neonata scienza, la psicofarmacologia,
http://www.psychiatryonline.it/ital/180/bruno2.htm
porto' all'approvazione della legge 18 marzo 1968, n° 431 che consentiva il
ricovero volontario in manicomio (art. 4), prevedeva l'istituzione dei
Centri di Igiene Mentale provinciali (art. 3), contemplava il personale
addetto a questi nuovi servizi, fra cui gli psicologi, aboliva l'obbligo
dell'iscrizione del ricovero psichiatrico nel casellario giudiziario
(art. 11).
Cominciava a farsi strada il concetto che un ricovero psichiatrico
poteva avvenire anche per motivi sanitari (ricovero volontario) oltre
che di pubblica sicurezza (ricovero coatto).

Con la 180/78 si sanci' che anche il ricovero coatto, ora TSO poteva
avvenire:
1 - se vi sono alterazioni psichiche
2 - se le stesse sono tali da richiedere degli interventi terapeutici
3 - se tali interventi terapeutici sono ritenuti urgenti
4 - se il paziente li rifiuta
5 - se non vi sono concrete alternative extra-ospedaliere.

1 - il termine di alterazione psichica, nella sua genericita', e'
efficiente per far comprendere in quali casi si puo' pensare ad un
provvedimento di TSO;

2 - le alterazioni psichiche devono essere tali da richiedere degli
interventi terapeutici e 3 - tali interventi devono essere urgenti.
Per alterazioni psichiche che non richiedono interventi terapeutici
(penso ad es. al ritardo mentale, ma anche altre situazioni) non e'
proponibile un TSO, ma anche situazioni in cui gli interventi terapeutici
non sono urgenti non possono essere fatto oggetto di TSO.
Questi concetti, a mio parere, contengono intrinsecamente il concetto
di pericolosita', pur non facendone alcun cenno; difatti e' logicamente
conseguente che una persona con alterazione psichica che richieda urgenti
provvedimenti terapeutici si trovi anche in una condizione di pericolosita',
per se stessa o per gli altri.
Non a caso l'Italia e' la culla del diritto: abbiamo escogitato una
formula efficace che senza farne cenno, ci fa intuire, in background, il
medesimo concetto, la pericolosita', che informava la precedente
legislazione italiana e che informa tuttora la legislazione di altri paesi.

4 - rifiuto del paziente verso le cure urgenti: rafforza i concetti
precedenti. Il paziente che rifiuta le cure urgenti non e' consapevole
del suo stato di malattia e della conseguente potenziale pericolosita',
verso se stesso e verso gli altri, cui la malattia lo espone.

5 - alternative extra-ospedaliere, o non ospedaliere: oggi mi sembra
pleonastico (questi 20 anni un segno lo hanno lasciato), allora era
necessario perche' il ricovero ospedaliero era la prima risposta che veniva
in mente; ma il concetto esisteva gia' nella legge del 1904!








Date: Mon, 1 Oct 2001 08:22:15 +0200
Sender: Psychomedia Salute Mentale e Comunicazione
<PM-SMC@LISTSERVER.SICAP.IT>
From: Andrea Mazzeo <a.mazzeo@TIN.IT>
Subject: Re: [PM-SMC] Proposta di Legge "Burani"


Il punto a) del comma 3 dell'art. 2, lo vedrei cosi':

=================================================
a) centro di salute mentale (CSM): ha la responsabilita' del malato in
tutti i suoi aspetti medici, psicologici, sociali e legali; svolge
attivita' anche di urgenza, ha una apertura parziale 24 ore su 24 e deve
essere articolato su tutto il territorio nazionale. In particolare ha
il compito di:
1) curare il malato al suo domicilio assicurandogli terapie farmacologiche
e psicologiche necessarie al suo recupero;
2) assicurare al malato un'attivita' lavorativa e sociale compatibile con
le sue possibilita';
3) assicurare una adeguata attività di day-hospital, psicoterapia di gruppo
e centro diurno, anche attraverso convenzioni, comprendenti attivita'
ricreative e lavorative. I day-hospital devono essere dotati di almeno 10
posti ogni 100 mila abitanti e devono essere aperti per almeno 50 ore
settimanali;
4) ................. ecc. sino al punto 7
===================================================


Il punto b) del comma 3 dell'art. 2, invece:
===================================================
b) struttura residenziale con assistenza continuata (SRA): e' destinata ai
pazienti che necessitano di interventi terapeutici e riabilitativi,
volontari od obbligatori, non erogabili a domicilio o nei day-hospital.
Tali strutture devono essere dotate di adeguati spazi verdi e di ricreazione.
Le SRA devono assicurare al malato interventi medici diagnostici e
terapeutici, interventi psicologici psicodiagnostici e psicoterapici,
attivita' lavorative, ricreative e attivita' fisica. Deve essere assicurato,
tra strutture pubbliche e convenzionate, un numero di posti corrispondenti
ad almeno 80 ogni 100 mila abitanti. Ogni struttura non puo' avere piu' di
50 ospiti.
In ogni regione devono essere organizzate almeno tre SRA per accogliere i
malati piu' gravi o che rifiutino l'inserimento in comunita' aperte. I
malati destinati all'ospedale psichiatrico giudiziario sono ricoverati,
alla data di entrata in vigore della presente legge, in tali strutture
regionali. Le SRA sono suddivise in due gruppi:
1) per giovani da 15 a 25 anni, prevedendo l'accoglibilita' per i giovani
dai 14 ai 22 anni;
2) per adulti.
====================================================


Art. 4, comma 4 e comma 5:
===================================================
4. Il malato di mente ha diritto al rispetto della propria personalita'.
La sua situazione di abbandono non costituisce motivo di un inserimento
coatto in una struttura protetta, a meno che il proseguimento della sua
vita abituale non comporti un serio pericolo per la sua salute o per le
sue capacita' intellettive o i suoi comportamenti non costituiscano
pericolo per altri. La difesa degli interessi del malato puo' essere
demandata a persone allo scopo nominate.

5. Le strutture di terapia residenziale devono prevedere, pur nel rispetto
delle regole di vita comunitaria, dei permessi giornalieri di uscita
all'esterno della struttura, di almeno quattro ore, nonche' permessi
prolungati per viaggi o per visite presso familiari o amici, se da questi
esplicitamente accettati. Le disposizioni del presente comma non si
applicano in caso di TSO.
===================================================






Date: Mon, 1 Oct 2001 14:33:59 +0200
Sender: Psychomedia Salute Mentale e Comunicazione
<PM-SMC@LISTSERVER.SICAP.IT>
From: Piero Petrini <pipetrin@tin.it>
Subject: [PM-SMC] Legge Burani: risposta al dott. Galzigna ed eventuali scuse!


Sent: Sunday, September 30, 2001 11:30 AM
Subject: Legge Burani: risposta al dott. Galzigna


Egr. dott. Galzigna,
il termine, "tra virgolette" era chiaramente ironico, come ironico era
"scelto".
Il mio era un tentativo, come è nel mio stile, di ricondurre al dibattito
più persone (N.B. non ho detto colleghi o operatori!!), anche usando
termini "ironici" volutamente ad effetto.

E' necessario, a mio parere, e l'ho spiegato avanti nella E-mail,
coinvolgere più gente possibile nella rivisitazione o nel cambiamento di
questa legge, perchè il rischio di peggiorare le cose c'è, e se così fosse
mi troverei dalla parte del "mantenimento dello stato di cose presenti"(al
fianco dei "talebani della 180") piuttosto che dalla parte di chi vuole un
cambiamento a tutti i costi. C'è il rischio di un salto nel buio. C'è il
rischio di peggiorare l'assistenza al malato di mente!

E' necessario, era spiegato più avanti, sottolineare il "primato della cura
e della clinica" nella salute mentale, troppo spesso svalutato a favore di
qualche ideologia.
E' una mia idea, condivisa dagli amici del mio sindacato.
Ma era tutto già scritto nella mia E-mail, ripeto, qualche passo più
avanti.

Si, forse il termine "talebano" potrebbe risultare infelice e fastidioso
per
qualche collega; l'ho usato come sinonimo-ironico di rigida adesione ad una
ideologia;come provocazione; si, forse è infelice....ma rende ed
hoottenuto l'effetto voluto, anche con questa Sua E-mail!
Grazie di averla inviata.
Mi piacerebbe che i colleghi che definisco "talebani della 180" perchè
provocati lasciassero "l'Aventino", e scendessero in campo, non con una
difesa arroccata ed ideologica (talebana), ma con la "forza delle idee" che
gli ho sempre riconosciuto, (rivoluzionaria), con il racconto di fatti ed
esperienze, che mettano in evidenza dove la 180 può avere fallito, per
esempio nella mancata applicazione di alcuni punti ed alcune strutture, e
dove potrebbe essere migliorata; mi piacerebbe non poco (e sono certo che
lo faranno!) che contribuissero al miglioramento della legge e
dell'assistenza.

Quanto ai pre-"scelti", credo che il nostro compito sia quello di
contribuire, non solo come singoli, ma anche e specialmente attraverso
l'attivazione di "gruppi di studio" e attraverso le nostre organizzazioni
politiche, sindacali, di lavoro; attraverso i nostri gruppi di interesse, ad
aiutare, dicevo, se ci riusciamo, a migliorare una legge.

Grazie comunque della critica e chiedo scusa se l'ho offesa e se ho offeso
qualcuno in qualche modo;
il gesto aveva nobili intenzioni.

Piero






Date: Mon, 1 Oct 2001 21:16:46 +0200
Sender: Psychomedia Salute Mentale e Comunicazione
<PM-SMC@LISTSERVER.SICAP.IT>
From: Antonio Augusto Rizzoli <aa.rizzoli@VE.NETTUNO.IT>
Subject: [PM-SMC] Segnalazione sulla proposta Burani


"Il Sole- 24 Ore" di oggi lunedi 2 Ottobre 2001 dedica l'intera pagina11
("Norme e tributi") alle proposte di Legge Burani-Procaccini e Pdl-Cè (che
nessuno ha in lista menzionato).

Gli articoli di Chiara Bannella, Manuela Perrone e di Massimo Cozza sono
molti informativi.

A mio avviso l'apporto in tema di psichiatria del quotidiano economico è di
ottimo livello e vi invito a leggerlo.

Al di là di vari punti di vista la mia personale impressione è che la
proposta voglia finalmente tutelare i diritti anche dei parenti degli
ammalati mentali e che costituisca comunque una risposta politica a quei
movimenti che, in nome di una "180/833" , hanno utilizzato cospicue risorse
ed occupato, non sempre degnamente, posti di dirigenza e di potere a scopi
dichiaratamente psichiatrici, ma, in realtà, di controllo territoriale.

Ciò è avallato anche dal dispiegarsi di elucubrazioni pseudo-scientifiche
fatte da persone che nulla hanno a che fare con la pratica e la dottrina
della psichiatria e che costituiscono la copertura culturale dei suddetti
movimenti.

Ritengo, pertanto, che la 180/833 vada riformata, anche se in misura
inferiore al richiesto e proposto, e vada assegnata al medico una funzione
che non sia quella di polizia. La riforma della "180/833" sancirà anche la
fine delle inibizioni di coloro (e sono molti) che fino ad oggi
prudentemente tacevano di fronte alle enormità ed ai falsi in bilancio
(pubblico) che venivano ammanniti al parco buoi psichiatrico (chiamasi così
il gruppo dei piccoli azionisti di una grande società che assistono, inermi
ed imbelli, alle manovre spericolate di gruppi che non hanno neppure la
maggioranza, ma se la prendono).

Cordiali saluti.

Prof. Antonio Augusto Rizzoli




Date: Tue, 2 Oct 2001 13:59:06 +0200
Sender: Psychomedia Salute Mentale e Comunicazione
<PM-SMC@LISTSERVER.SICAP.IT>
From: Marco Longo <m.longo@FLASHNET.IT>
Subject: [PM-SMC] il dibattito Burani e' on-line


cari colleghi,

come promesso, abbiamo cominciato ad inserire on-line il dibattito
sulla proposta di legge Burani che e' in corso sulla lista generale
di PSYCHOMEDIA

lo trovate nella sezione "dibattiti on-line" di PM:

http://www.psychomedia.it/pm-lists/debates1.htm

alla pagina web:

http://www.psychomedia.it/pm-lists/debates/buranidib.htm

mentre, come gia' precedentemente comunicato, il testo della proposta
di legge Burani si trova alla pagina:

http://www.psychomedia.it/pm/modpsy/modtecpsy/leggeburani.htm

insieme al testo della relazione introduttiva dell'On. Burani-
Procaccini alla presentazione del progetto di Legge Burani alla
Commissione Affari Sociali della Camera

http://www.psychomedia.it/pm/modpsy/modtecpsy/burani.htm

man mano che il dibattito su PM-SMC proseguira' il suo corso,
aggiorneremo il file nella sezione dibattiti, il cui testo stampato
sara' anche messo a disposizione della Consulta di lunedi' prossimo

m@l





Date: Tue, 2 Oct 2001 17:16:58 +0200
Sender: Psychomedia Salute Mentale e Comunicazione
<PM-SMC@LISTSERVER.SICAP.IT>
From: Bosio Roberto <bosirob@TIN.IT>
Subject: [PM-SMC] Altra proposta legge salute mentale


PROPOSTA DI LEGGE n 844 d'iniziativa del deputato CENTO (Gruppo
Misto Il Girasole) in tema di tutela della salute mentale


XIV LEGISLATURA

Modifiche alla legge 13 maggio 1978, n. 180, concernente accertamenti e
trattamenti sanitari volontari e obbligatori, e alla legge 23
dicembre 1978, n. 833, concernente istituzione

del Servizio sanitario nazionale, in tema di tutela della salute mentale

Presentata il 14 giugno 2001






Date: Tue, 2 Oct 2001 17:24:00 +0200
Sender: Psychomedia Salute Mentale e Comunicazione
<PM-SMC@LISTSERVER.SICAP.IT>
From: GENNARO ESPOSITO <genesp@FASTCOM.IT>
Organization: PSICOTERAPEUTA
Subject: [PM-SMC] proposta di legge CENTO


-- Ho letto la proposta di legge "Cento" deputato della Margherita,
presentata a giugno 2001
(vedi
http://www.camera.it/_dati/leg14/lavori/stampati/sk1000/frontesp/0844.htm)

La proposta valorizza molto i termini di "dipartimento" e la
neuropsichiatria infantile e critica la mancanza in 20 anni e passa di
iniziative/strutture di riabilitazione per la psichiatria, anche e
soprattutto dopo la chiusura dei manicomi.

art.1
"... Gli interventi per la tutela della salute mentale sono svolti dai
servizi unici di psichiatria, di neuropsichiatria infantile e di
psicologia, istituiti presso ogni azienda sanitaria locale. Tali servizi
sono coordinati tra loro, con il servizio sociale del dipartimento per
la salute mentale delle aziende sanitarie locali e con gli altri che
siano ritenuti necessari. L'organizzazione dipartimentale deve prevedere
la costituzione di due gruppi interdisciplinari ed unici per l'intera
azienda sanitaria locale, dei quali
uno per la popolazione adulta ed un altro per la popolazione infantile,
integrati tra loro per garantire la continuità negli interventi di
prevenzione, cura e riabilitazione, relativi alle malattie mentali, nel
passaggio dall'età infantile all'adolescenza ed all'età adulta".

proposta di istituire "le comunita' socio-terapeutiche" dove saranno
effettuati i ricoveri volontari e obbligatori.

Art. 2.

(Presidio per il ricovero psichiatrico della
popolazione adulta).

"1. Il quarto comma dell'articolo 34 della legge 23 dicembre 1978, n.
833, è sostituito dai seguenti:
"Le regioni devono istituire, nel territorio di competenza del
dipartimento per la salute mentale, comunità
socio-terapeutiche per il trattamento sanitario, volontario ed
obbligatorio, dei pazienti le cui relazioni con l'ambiente familiare e
sociale appaiano gravemente compromesse in conseguenza della patologia,
al fine di promuovere il superamento della malattia e la piena
riabilitazione mediante la partecipazione e la corresponsabilizzazione
del paziente stesso alla vita della comunità, nonché una progressiva
riduzione del ricovero a tempo parziale...."

il numero dei pazienti per ogni comunita' va' da 15 a 20 unita'.
"...La comunità socio-terapeutica deve essere organizzata per ospitare
un numero di pazienti compreso tra i quindici e i venti in funzione
della popolazione servita dal dipartimento per la salute mentale..."

istituisce l'"Albo nazionale dei Formatori"

Art. 4.

(Formazione del personale).
1. Dopo l'articolo 34 della legge 23 dicembre 1978, n. 833, come
modificato dalla presente legge, è inserito il seguente:
"Art. 34-bis. - (Albo nazionale dei formatori)- 1. Il Ministro della
sanità istituisce, con proprio decreto, l'albo nazionale dei formatori,
al quale possono accedere coloro che dimostrano di possedere i requisiti
specifici ottenuti attraverso esperienze documentabili.

abroga l'articolo sulla dismissione degli ex O.P.

Art. 6.

(Abrogazione di norme).

1. L'articolo 8 della legge 13 maggio 1978, n. 180, è abrogato.

e regola il TSO, chiamandolo "Trattamento Sanitario presso la comunita'
socio-terapeutica".
Art. 7.

(Trattamento sanitario presso la
comunità socio-terapeutica).

1. Nei commi primo e secondo dell'articolo 35 della legge 23
dicembre 1978, n. 833, e nella rubrica e nei commi
secondo e terzo dell'articolo 2 della legge 13 maggio 1978, n. 180, le
parole: "trattamento sanitario obbligatorio", ovunque
ricorrano, sono sostituite dalle seguenti: "trattamento sanitario presso
la comunità socio-terapeutica".


Commeto: a parer mio e' una proposta che non "incide" in termini forti
sui bisogni del paziente psichiatrico e sugli obblighi delle regioni e
delle ASL, pur avendo in se' spunti corretti di approccio al problema
legato alla rete di interventi socio-sanitari. Non dirime il problema
della obbligatorieta' delle cure nei casi gravi.

passo...





Date: Tue, 2 Oct 2001 20:54:52 +0200
Sender: Psychomedia Salute Mentale e Comunicazione
<PM-SMC@LISTSERVER.SICAP.IT>
From: laura tidone <lauratidone@tin.it>
Subject: [PM-SMC] schizofrenia italiana


Nell'ambito delle discussioni sulla riforma della 180, nessuno continua a cogliere
la peculiarità italiana relativa alla scissione di tutta la patologia di abuso e dipendenza.
Partecipo, in questo periodo, ad una ricerca multicentrica europea del gruppo ECCAS,
finanziata dalla UE, finalizzata a rilevare, nei diversi paesi, la prevalenza di positività
ai cannabinoidi (primo gruppo), alle altre sostanze (secondo gruppo) e l'assenza di
riscontro tossicologico (terzo gruppi) nelle psicosi acute.
Lo studio è molto semplice: per un anno e mezzo consecutivo ogni centro arruola i
primi 100 ricoverati per ognuno dei gruppi, completa la diagnosi ed esegue il
follow-up con strumenti vari (SCID, SCL-90R, EUROSAAC).....
Fin qui tutto facile... MA
i colleghi di tutta Europa considerano routine l'esecuzione dell'analisi di sostanze
psicoattive all'ingresso di ogni ricovero per psicosi acuta, quanto per un ostetrico è
di routine l'esecuzione dell'emocromo in una gravida.
Nei nostri SPDC tutto ciò sembra essere di complicatissima esecuzione.. ricerche
tossicologiche per diagnosi differenziale? valutazione comorbidità con esami di
laboratorio all'ingresso?
La rimozione e la scissione della patologia PSICHIATRICA da dipendenza o abuso
e e di una buona fetta del DSMIV continuano e ci caratterizzano ovunque.
Che dire?
Laura Tidone





Date: Tue, 2 Oct 2001 22:58:03 +0200
Sender: Psychomedia Salute Mentale e Comunicazione
<PM-SMC@LISTSERVER.SICAP.IT>
From: FABRIZIO RAMACCIOTTI <fabramac@TIN.IT>
Subject: [PM-SMC] Fw: [PSIC-ITA #1277] schizofrenia italiana


Assolutamentew d'accordo con laura.
A Venezia da sei anni(ovviamente all'interno di quanto la legge sulla
privacy consente) tra i protocolli di diagnosi differenziale in SPDC vi è
anche quello della ricerca di sostanze psicoattive,ovviamente per pazienti
di nuovo contatto o per i pazienti in carico con probabilità di uso.

Grazie alla collaborazione con Fabrizio Schifano abbiamo compreso
l'utilità pratica di questa procedura(che ovviamente viene accompagnata da uno
specifico raccordo anamnestico)non solo per il trattamento in acuto ma
sopratutto per il trattamento territoriale delle psicosi dei consumatori
di lungo periodo di cannabis ed extasis.

Il risultato operativo è particolarmente soddisfacente.
Il problema è la non presenza nel DSM del SERT (per non parlare della NPI)
per cui il modello di consulenza fornito dal servizio di "seconda
diagnosi" a fronte di quello di "prima diagnosi" che dovrebbe attuare la presa
in carico spesso non funziona.

Chi ha in groppo il paziente spesso se lo tiene anche se dovrebbe solo
fare la consulenza.

La limitazione delle risorse e il loro spezzettamento tra agenzie diverse
su linee decisionali completamente autonome "fa gli uomini ladri".
La unità nel DSM di tutto lo PSI era una delle tesi rappresentate nella
stesura del P.O. vediamo se qualcuno si ricorda chi la chiedeva e perchè
non venne accettata.

la legge burani in questo è modernissima :al problema di funzionamento
risponde anzichè che con l'integrazione delle possibilità di cura
rieditando il contenitore indifferenziato del comportamento (così detto è più tecnico
ma si può anche dire manicomio)

Fabrizio Ramacciotti

P.S. tanto per capirci .come faremmo a fare questo se fossimo con l'SPDC
fuori dall'ospedale generale?





Date: Wed, 3 Oct 2001 11:31:04 +0200
Sender: Psychomedia Salute Mentale e Comunicazione
<PM-SMC@LISTSERVER.SICAP.IT>
From: "mantero mario" <manteromario@TISCALINET.IT>
Subject: [PM-SMC] pericolosità sociale e linee guida


Vorrei inserirmi con qualche considerazione sulla legge Burani o meglio sulle
ricadute che questa legge dovrebbe avere sul tema della pericolosità sociale e
sulla prevenzione della stessa.

Preciso che svolgo con regolarità da anni attività forense sia in ambito penale
che civile.

Ho un'intensa attività di scambio culturale con i colleghi stranieri.

Sono molto contento che dopo tanti anni si sia nuovamente messa mano alla
legislazione della psichiatria, la nostra povera e tormentata psichiatria Italiana.
Non povera di idee certamente giacchè il dibattito ricco e illuminato sulla legge
Burani dimostra esattamente il contrario, ma invece povera di mezzi e di capacità
operative.

Povera di sistemi di sicurezza che permettano a chi lavora nei servizi psichiatrici a
qualsiasi titolo la possibilità di godere di una relativa tranquillità e protezione da
ciò che può diventare , in un attimo anzi nella frazione di una attimo, il rapporto
umano con le persone sofferenti mentalmente: violenza .

Io non sono in grado di fornire in questo momento i cosiddetti "dati" sull'efficacia
di una più razionale organizzazione del lavoro sia dal punto di vista della topografia
dei servizi che per quanto attiene agli standard di sicurezza e di protezione ma credo
che la presenza stessa di un sistema di sicurezza qualsiasi renda il nostro lavoro
meno precario ed esposto.

Nella mia attività di psichiatra clinico e forense ho saputo, letto e lavorato sia sugli
aggressori che sulle vittime (gli psichiatri) e posso dire che nella maggior parte dei
casi non si è trattato nemmeno di un errore di "setting" o di "transfert" ma di una
esplosività aggressiva imprevedibile che trova la sua spinta nel mondo interiore
dell' "infermo di mente" e non ha nulla a che fare con la vittima.



Aggressioni violente e lesive che se denunciate in massa renderebbero il nostro
lavoro ben più di un "lavoro a rischio" ma addirittura un lavoro apertamente pericoloso.

Non c'è limite alla tipologia di aggressioni e alla motivazioni apparenti delle stesse.
I casi sono reali perché ad essi, quando denunciati, corrispondono fascicoli di
Tribunale e ,quando portati avanti , spesso il riconoscimento del danno.

Possiami difenderci pensando che capita "…ad un altro e non a me". Possiamo ,
magari inconsapevolmente, isolare il collega vittima , come ho visto fare , il "disgraziato",
ma si tratta di comportamenti di difesa patetici e miopi , anche se ben noti, specialmente
a chi si occupa di psicotraumatologia.

Il numero di "incidenti critici" nel nostro lavoro è allarmante e può comportare tra l'altro
conseguenze psichiche pesanti con riflessi negativi sulla carriera della vittima.

Secondo voi una persona che mentre lavora viene aggredita, che non trova in realtà
nessuna parola di confronto dal sistema nei giorni e nei mesi successivi all'evento,
che sa che la sua aggressione poteva essere prevenuta o stroncata se avesse avuto una
via di uscita, magari un modo per comunicare al di fuori della stanza, può tornare al
lavoro nel silenzio del post-trauma su quella stessa scrivania di quello stesso ufficio ed
essere ben disposto e presente ? Le modalità ordinarie del lavoro di "equipe" non
bastano quando si ha a che fare con lo "straordinario" ovvero l'evento critico.

In questo punto trovo un aspetto omissivo nella legge 180: abolendo il concetto di
pericolosità sociale "tout-court" questa legge ha aperto la strada alla emergenza
permanente senza reti di protezione, senza garanzie minime di sicurezza sul lavoro.
Io penso sia necessario promuovere e sostenere una cultura di prevenzione della violenza
in modo concreto e tangibile. Chi si occupa della proposta di legge Burani dovrebbe
occuparsi anche di questo.


Il secondo punto che vorrei la nuova proposta di legge potesse affrontare riguarda la
necessità di linee guida di comportamento clinico in modo che prima di giudicare
l'"Operatore" con il codice penale in mano lo si possa valutare sulla base di una ritrovata
professionalità : cosa fare in questa situazione? E in quell'altra? Non dovrebbero esserci
delle linee di condotta per aiutare ad esempio un Infermiere che ha ricevuto solo dieci ore
di "infarinatura" teorica di psichiatria chissà quanti anni prima?

Questo sentimento di incertezza di fondo che si avverte nei servizi non andrebbe contrastato
con qualche sicurezza procedurale, magari come fanno in altri paesi del vasto mondo?

Saluto e ringrazio tutti per l'attenzione ricordando che chi avesse desiderio di confrontarsi
su questi temi , parlare della propria esperienza personale di CPS , Pronto Soccorso o altro
è gradito in lista o privatamente a manteromario @tiscalinet.it


Mario Mantero
Editorial Staff Member of PSYCHOMEDIA




Date: Thu, 4 Oct 2001 14:04:16 -0700
Sender: Psychomedia Salute Mentale e Comunicazione
<PM-SMC@LISTSERVER.SICAP.IT>
From: Mario Puoti <mpuoti@YAHOO.COM>
Subject: [PM-SMC] c.etico umanistico e legge burani


DOTT. MARIO PUOTI PRIMARIO REPARTO PSICHIATRICO
OSPEDALE SAN GIACOMO
VIA CANOVA 19, ROMA TEL/FAX 06 36266227
COORDINAMENTO ETICO UMANISTICO PER LA PSICHIATRIA

PROPOSTA DI LEGGE 174 ìBURANI PROCACCINIî , RIFORMA
DELLE LEGGI PER LA PSICHIATRIA VIGENTI
La legge per líassistenza psichiatrica in vigore
attualmente (articoli 34, 35, 64 della 833, ex 180)
rappresenta a tuttíoggi un punto di riferimento
importante.
Prima dellíentrata in vigore della stessa legge,
líintervento era determinato dalla pericolosit‡
supposta del paziente psichiatrico, esso mirava alla
custodia nelle cittadine dei matti : i manicomi.
Con la legge 180 líattenzione si Ë spostata alla cura
della persona nella sua interezza, con interventi
integrati negli ospedali generali e sul territorio.
Purtroppo la genialit‡ dellíispiratore della legge
morto prematuramente, il Prof. Basaglia, non ha avuto
tutto il seguito che si ci aspettava, in quanto la
stessa andava rivista , sviluppata , sostenuta con
risorse economiche , con procedure applicative.
Senzíaltro ha contribuito una certa rigidit‡ di molti
dei suoi sostenitori, che lungi dallíaprirsi al
confronto ne hanno fatto una religione.
Ne Ë derivato un sistema disfunzionale sotto gli
occhi di tutti che vede soffrire pazienti e familiari
direttamente coinvolti .
Al manicomio di una volta si Ë sostituito il
manicomio dipartimento di salute mentale, dove
prevalgono le logiche del potere cui gli psichiatri
sono comunque inclini, chiuso al confronto con le
altre realt‡ mediche e sociali.
In particolare non si riconosce líesistenza di un
numero consistente di pazienti psichiatrici
effettivamente pericolosi a sÈ e/o agli altri che
richiederebbe interventi coattivi prolungati prima di
un gesto di rilevanza giudiziaria.
Si nega che numerosi pazienti psichiatrici cronici
gravi non siano in grado di gestire la propria cura e
tanto meno la propria vita e vivono nellíabbandono
totale nei nuovi manicomi urbani del barbonismo
obbligato.
Si nega il diritto ad un tentativo di cura prolungata
obbligatoria di quei pazienti che richiederebbero una
ricovero di alcuni mesi.
Non si Ë curata la diversificazione degli spazi
terapeutici. A tuttíoggi negli stessi Spdc, Centri
Diurni, Comunit‡ sono ospitati pazienti molto diversi
per et‡ , patologia, con stravolgimento del progetto
terapeutico del singolo.
Da anni era attesa una modifica della legge ma la
proposta attuale n.174 che in questi giorni assorbe
tempo di commissioni parlamentari, di psichiatri, di
familiari non sembra una risposta adeguata. Essa non Ë
nÈ di sinistra nÈ di destra, nÈ culturale nÈ tecnica.
Eí confusa, piena di confusivit‡ nelle sue istanze ed
obiettivi, rappresenta un salto indietro ad un
medioevo pieno di paure generiche e di streghe da
cacciare.
Al bisogno della cura o, meglio, dellíintervento
migliore per la persona si sostituisce la paura
generalizzata della malattia mentale. Oltretutto il
termine malattia mentale viene utilizzato
ripetutamente nel progetto senza precisare quali
disturbi psichici vengano identificati con esso.
Le famiglie dei pazienti psichiatrici vengono nominate
garanti degli interventi senza tenere conto degli
interessi frequentemente contrastanti dei pazienti con
i loro familiari. E non si intendono qui solo gli
interessi economici, ma anche le necessit‡ di
difendersi dalla propria follia interna, molto pi&Mac249;
frequente nei congiunti di pazienti gravi. Condizioni
queste che rendono non imparziale la partecipazione
dei familiari. Piuttosto la partecipazione dei
familiari come associazioni dovrebbe rimanere ad una
fase di progettazione di politica assistenziale e di
verifica della stessa.
Allíarticolo 2 della proposta viene rafforzata líidea
del dipartimento forte come il manicomio e garante di
una struttura senza vie di fuga e di confronti
(distretto socio sanitario).
Si enfatizza una cura al domicilio spesso inutile e
invasione dannosa se attuata diffusamente, senza una
attenta valutazione ed una strategia terapeutica.
Si enfatizza il trattamento dellíurgenza delle
situazioni difficili fuori dellíospedale.
Ne conseguirebbe una perdita di garanzia dei
procedimenti diagnostici e dei trattamenti, in
particolare della sicurezza di quelli farmacologici
intensivi (tali interventi se non avvengono in un
contesto ospedaliero, possono comportare gravi danni
alla salute.
Molto intelligente, invece, il punto 4 dello stesso
articolo che vede raggruppati alcuni presidi
(ambulatorio, ospedale, day hospital),il che
consentirebbe di risparmiare risorse di personale
(troppo spesso in giro da un presidio allíaltro) e
favorirebbe la continuit‡ del rapporto del paziente
con gli stessi operatori nelle diverse fasi della
patologia.
Allíarticolo 3 Ë da ritenere pericoloso un trattamento
sanitario venga proposto da ìchiunque ne abbia
interesseî.
Líinteresse non puÚ essere che del paziente anche
quando questo Ë pericoloso , solamente un medico puÚ
assumersi la responsabilit‡ di proporre provvedimenti
contro la volont‡ del paziente.
Le 72 ore del Tso sono un tempo ridicolo per una
valida valutazione psichiatrica.
Lo stesso articolo Ë permeato da un concetto di
pericolosit‡ automatica del paziente psichiatrico.
Al punto 11 viene nominata una commissione per la
valutazione dei Tso dove compaiono gli stessi
familiari anche se come associazione. Ripeto il
giudizio sul Tso non puÚ essere che tecnico. Le uniche
valenze tecniche sono del medico e del magistrato.
Concludo richiedendo che si apra un tavolo per la
revisione delle attuali leggi sulla assistenza
psichiatrica con chi ha effettivamente lavorato sul
campo e non con chi in tutti questi anni Ë rimasto
nelle stanze degli uffici della psichiatria o nelle
sagrestie dei partiti e sia disposto a confrontarsi
con le forze politiche e sociali, con le associazioni
dei familiari , con le associazioni di cittadinanza.






Date: Fri, 5 Oct 2001 18:25:14 +0200
Sender: Psychomedia Salute Mentale e Comunicazione
<PM-SMC@LISTSERVER.SICAP.IT>
From: rpiperno <rpiperno@IOL.IT>
Subject: [PM-SMC] considerazioni legge Burani
To: PM-SMC@LISTSERVER.SICAP.IT


Considerazioni sulla proposta di legge Procaccini Burani

Ruggero Piperno
Psichiatra, psicoterapeuta
Primario Responsabile ( da 2 anni)  del SPDC e DH e del Centro
per gli attacchi di Panico dell'ospedale Nuovo Regina Margherita ,
Roma Via Morosini 30
In precedenza ho sempre diretto Servizi Territoriali
Didatta presso l'accademia di Terapia Familiare a Roma
Roma via Monte Gemma 2 00141


Premessa

·        La legge 833 ha permesso il superamento del manicomio e l’istituzione
e la crescita dei Dipartimenti di Salute Mentale che hanno attivato una serie di servizi
che offrono una risposta differenziata alle esigenze di pazienti con gravi disturbi
mentali e dei loro familiari.

·        Tale filosofia che prevede strutture ambulatoriali, semiresidenziali e
residenziali a diverso livello di protezione deve essere mantenuta, razionalizzata,
ottimizzata e finanziata, in quanto il suo sviluppo appare eccessivamente
disomogeneo nel territorio nazionale e nell’ambito di una stessa Regione.

·        E’ tuttavia vero che in alcune situazioni di grave psicopatologia non è
facile instaurare e mantenere una relazione terapeutica - per un tempo sufficiente ad
ottenere un cambiamento terapeutico. Parliamo in questi casi di “pazienti non
collaborativi” (vedi appendice). Tale piccola ma significativa percentuale di persone
non trova la possibilità di essere gestita correttamente all’interno della legge 180.

·        Possiamo pertanto tranquillamente ammettere che esiste una ristretta
minoranza di situazioni che per la loro gravità, non ha consapevolezza di malattia
e può trarre vantaggio terapeutico da una “cura” complessiva di carattere farmacologico,
psicologico, relazionale e ambientale in strutture adeguate e per un tempo sufficiente
ad ottenere dei risultati terapeutici. Il termine situazione al posto di “casi” non è casuale
e vuole rimarcare che la sofferenza non è esclusivamente limitata al paziente, ma anche
ai suoi familiari e all’ambiente circostante che devono pertanto ricevere supporto
terapeutico anche attraverso la separazione del paziente dalla propria famiglia.
Separazione che non deve essere intesa né come abbandono, né come delega totale.

·        La proposta di legge Burani Procaccini, per quanto allo stato attuale appaia
confusa e non del tutto adeguata, può costituire un utile strumento per avviare una
discussione collettiva che abbia come obiettivo il miglioramento delle condizioni cliniche
e socio-esistenziali

Bisogna tuttavia prendere in considerazione alcuni fattori:

·        La legge nazionale è solo una delle componenti, per quanto importante, della
qualità della risposta sanitaria. Altri fattori, tecnici, culturali, sociali ed economici, non
direttamente considerati dalla legge, ed altri livelli di responsabilità politica: Regioni,
Comuni, Aziende Sanitarie Locali, incidono profondamente nella qualità della risposta.

·        E’ necessario poter prevedere non soltanto gli effetti positivi di una legge, ma
anche le conseguenze di una discrepanza temporale fra l’applicazione di una sua parte
abrogativa e la difficoltà, per i più svariati motivi, a portare avanti la parte attuativa.
Laddove questa discrepanza si è verificata ha comportato uno stato di abbandono del
paziente con eccessivo carico familiare

·        Non è ancora del tutto compiuta l’analisi dei motivi che hanno portato alla
degenerazione manicomiale. Questa carenza conoscitiva deve essere colmata per
impedire che si riverifichino modalità relazionali manicomiali anche al di fuori dei
manicomi.

Vorrei riportare di seguito i punti che mi sembra meritino una maggiore discussione.
Altri punti possono emergere nel corso della discussione.

Art. 2

2) Bisogna definire per legge la natura dei DSM a struttura o a funzione

3) Il recupero sociale deve prevedere un ente che abbia per mandato istituzionale di
vigilare sulla funzione sociale, sussidi, case famiglie, tempo libero, centri sociali, et.
Questo ente da individuare probabilmente con il Comune o con la Circoscrizione deve
lavorare in stretta collaborazione con il DSM che deve occuparsi essenzialmente degli
aspetti sanitari.

Le varie strutture devono prevedere un rapporto per popolazione e dei correttivi per densità.

a)                 Definire che il CSM ha responsabilità sociali e legali sul malato
è, a mio avviso fuorviante. In quanto la responsabilità sociale deve essere affidate all’ente
di cui sopra e per quanto riguarda la responsabilità legale bisogna distinguere Una
responsabilità sul patrimonio del paziente che deve essere affidata ad un tutore secondo
gli istituti di interdizione o inabilitazione o a un curatore estendendo l’art. 35 della legge
833 “Qualora ne sussista la necessità il giudice tutelare adotta i provvedimenti urgenti
che possono occorrere per conservare e amministrare il patrimonio dell’infermo.” anche
oltre il periodo del TSO.  Questo problema potrebbe essere superato dall’amministratore
di sostegno che tuttavia ancora non esiste. Bisogna inoltre prevedere una figura che in caso
di incapacità del paziente possa vicariarne alcune funzioni decisionali nell’interesse del paziente.

a)     1) curare il malato a domicilio qualora venga ritenuto necessario e opportuno

4) Per quanto riguarda la scelta  del luogo di cura riproporrei la dicitura dell’art. 33 “….
Compreso per quanto possibile il diritto alla libera scelta del medico e del luogo di cura”

7) Il discorso sull’intervento sull’urgenza e sul 118 merita un discorso a parte e andrebbe
pertanto modificato

b)  Si parla di RSA e si nominano le comunità aperte senza che poi

     vengano prese in considerazione fra le strutture del dipartimento

     cosi come mancano tutte le altre strutture di tipo sociale.

Le RSA dovrebbero essere specificate meglio ritengo indispensabile tenere divise le
strutture per giovani, per adulti e per anziani, di suddividere gli spazi abitativi fra donne
e uomini integrando gli spazi sociali di convivenza. Fisserei un limite di età che ritengo
non possa superare i 60-65 anni per cui toglierei la categoria anziani da queste strutture
dedicandogli delle strutture apposite.  Per quanto riguarda le attività fisiche, ricreative e
lavorative deve essere specificato che queste devono essere subordinate ad un progetto
terapeutico redatto per ogni paziente dal responsabile della struttura. Tale progetto
terapeutico dovrà prendere in considerazione anche la situazione familiare del paziente.

6) Non vengono definite le dimensioni (numero dei posti letto dei reparti psichiatrici)
negli ospedali, né il numero di posti relativo alla popolazione.

Art. 3

Non riesco a capire l’utilità del TSO d’urgenza, non sono comunque d’accordo che
la richiesta venga fatta da chiunque ne abbia interesse e che venga convalidata da uno
psichiatra non pubblico. Manterrei tre livelli: domanda fatta da chiunque ne abbia
interesse, proposta e convalida secondo le modalità attuali. Bisogna tuttavia specificare
che il paziente dopo la convalida del medico si trova di fatto in stato di TSO temporaneo
fino alla notificazione del Sindaco.

Per quanto riguarda le patologie fisiche bisogna specificare che devono essere di grave
entità da minacciare la vita o da rappresentare, se non curate, un esito di invalidità.

Ridurrei a 15 i giorni di durata del TSO, che comunque può essere rinnovabile e deve
essere rinnovato da uno psichiatra della struttura dove il paziente è ricoverato e da uno
psichiatra della struttura pubblica territoriale dove il paziente ha il proprio psichiatra di
riferimento. Questo permetterebbe almeno un consulto quindicinale

Art.4

Si parla di amministratore di sostegno che ancora non esiste.

Art.8

Le aree e gli edifici degli ex ospedali psichiatrici possono essere utilizzati per la costituzione
di RSA e comunità alloggio a condizione che il numero dei posti letto complessivo non
superi le 50 /100 unità in uno spazio residenziale sufficientemente esteso.

Art. 9

Le università possono avere la responsabilità di reparti ospedalieri integrati con i DSM

Accludo come appendice un documento che mi sembra del tutto attuale che ho inviato
in Regione nella precedente legislatura a proposito dei pazienti non collaborativi e che
può svolgere una funzione di cornice nel modificare la legge.

Considerazioni sulla non collaborazione terapeutica in psichiatria

Considerazioni generali

1.   Il concetto di Non Collaborazione (N.C.) in psichiatria non può essere visto come
una condizione stabile nel tempo, o legata esclusivamente al paziente. Al contrario deve
essere visto come una condizione oscillante e di    tipo relazionale, legata cioè
all’equilibrio di varie dinamiche che vede come attori il paziente, i suoi familiari, gli
operatori, il servizio e il contesto sociale.

2.   Alcune condizioni di N. C., anche se conseguenti ad una patologia psichica,
devono essere tollerate ed accettate. Anche quando i comportamenti e lo stile di vita
di chi sta male possono risultare non conformi alle aspettative familiari e sociali non
sempre vi è indicazione per effettuare un  intervento. In alcuni casi una vita
“sconclusionata”, scarsamente integrata, solitaria, improduttiva potrebbe essere il
migliore equilibrio possibile fra una serie di variabili individuali, sociali, patologiche
e familiari. Si vede dunque che l’equilibrio fra collaborazione e non collaborazione
non può sempre essere demarcato da una linea rigida e che le decisioni di intervenire
o meno e, in caso d’intervento, come intervenire, dovranno essere prese di volta in
volta possibilmente dopo una discussione collegiale. In alcuni casi, che dovranno
essere verificati di volta in volta, l’offerta di opportunità, la capacità da parte del
servizio di tenere a mente le varie sfaccettature della situazione,  le periodiche verifiche
della situazione  insieme ai familiari potrebbero rappresentare  l’atteggiamento
terapeutico più adeguato anche se insoddisfacente sul piano delle aspettative.
Laddove è possibile l’alleanza fra servizio e familiari può svolgere una buona condizione
di monitoraggio, nel rispetto della soggettività dei familiari che comunque non
devono essere abbandonati a consuetudini di vita troppo frustranti o faticose.

·     Esempio 1: Paola 35 anni, cronicamente delirante ma allo stesso tempo
sufficientemente in grado di gestirsi la realtà. Rifiuta una relazione terapeutica stabile.
Tuttavia in alcuni momenti si rivolge al servizio per ottenere un sussidio dichiarandosi
troppo malata per poter svolgere un lavoro proficuo, Sporadicamente chiede un
colloquio ad uno o l’altro dei vari operatori che la conoscono. In alcuni casi è lei stessa
a farsi ricoverare in ambienti medici o psichiatrici SPDC. Risponde in tono gentile
alle telefonate che le vengono. La madre, che è l’unico familiare che le sta vicino,
frequenta svariati “gruppi” nell’ambito del servizio, traendone “conforto” e
“competenza”.

3.    In alcune situazioni il problema della N.C. deve essere affrontato sul piano
sociale piuttosto che su quello psichiatrico. La presenza di spazi sociali, mense,
luoghi dove dormire non deve essere sempre confusa con una esigenza terapeutica
in senso stretto, anche se è ovvio che la mancanza di questi spazi  può peggiorare lo
stato mentale.

·     Esempio 2: “Barbone” non accetta nessuna regola sociale del tipo lavoro o
abitazione in condominio, girovaga per la città vivendo di espedienti. Non accetta di
venire al CSM ,né la possibilità di un alloggio. Quando dopo un TSO è stata messa
in una comunità è scappata perché si sentiva rinchiusa. Viceversa quando la si andava
a trovare in una sorta di capanna, che si era costruita vicino al Tevere, sembrava
soddisfatta. A suo modo era integrata in un mondo sociale di altre persone emarginate,
offriva il cibo che si era procacciata, trovandolo buono, contrariamente a quello che
le veniva offerto durante i ricoveri.

4.   Il problema della non collaborazione non deve essere confuso:

a)    con la crisi o l’eclatanza del comportamento che a volte sono un modo, per
quanto incongruo, di collaborare o chiedere aiuto.

Esempio 3: paziente in stato di eccitamento o in una crisi psicotica acuta. Con incapacità
acuta e momentanea di valutare la propria condizione e la necessità di aiuto. In questo
caso i disturbi del comportamento costringono l’operatore ad un intervento e quindi
“forzano” paziente e operatore all’interno di un incontro che potrà rivelarsi più o meno
importante e proficuo per il futuro del paziente.

b)  con uno stato di mancanza di coscienza o con un “restringimento dello stato di
coscienza. Tutte le volte che è escluso, per cause organiche o psichiche, lo stato di
soggettività non si può parlare di N.C. . Tuttavia non si può neanche dire che la N.C.
sia esclusivamente un fatto di volontà.

c)  con la resistenza ad entrare in una dimensione di intimità per la richiesta esasperata
di  rassicurazioni. In questi casi il rifiuto alla collaborazione, che generalmente non è
mai totale, va rispettato facendo attenzione agli spiragli che si aprono nel processo
di avvicinamento, che può a volte essere anche molto lungo.

Esempio 4: Paziente psicotico che all’inizio non ne vuole sapere di venire al CSM, né
di vedere gli operatori. Può tuttavia accettare che i genitori li accolgano mentre lui è in
casa, o può accettare di parlare con gli operatori attraverso la porta di casa.

d) con la difficoltà a collaborare per carenze strutturali del servizio, ad es. mancanza di
operatori, mancanza di strutture intermedie poiché in questi casi la soluzione del
problema è legata all’adeguamento dei servizi alle necessità del progetto terapeutico.

Da quanto abbiamo supposto in precedenza si può dedurre che per poter definire una
situazione di N.C. da parte del paziente o del suo contesto familiare devono verificarsi
due presupposti: 

·     che siano stati effettuati tutti i tentativi possibili da parte del servizio per convincere
il paziente ed i suoi familiari ad una collaborazione, compreso, in alcune situazioni, il TSO,

·     che si riscontri la necessità di una cura, che si pensi cioè che l’intervento terapeutico
possa comportare dei risultati soddisfacenti sia dal punto di vista clinico che di qualità
della vita.

·     si assume quindi come ipotesi operativa che anche in presenza di un ipotetico
dipartimento a regime con tutte le strutture previste attualmente dall’attuale organizzazione
e che metta in atto tutti gli interventi possibili per motivare un paziente alla cooperazione
terapeutica vi siano alcune  situazioni che non riescono ad essere agganciate nonostante
si ritenga opportuno di farlo.

Attualmente queste situazioni o non vengono gestite facendone gravare il peso sulle
famiglie e rinunciando ad una potenzialità che si presume migliorativa, o vengono
ricoverate in cliniche private dove, anche se vengono formalmente rispettati, i presupposti
giuridici della legge attuale, di fatto il contenimento e l’accettazione da parte del paziente
vengono ottenuti al di fuori di un contratto palesemente esplicito.

Le ipotesi che faremo si rivolgono pertanto a questa fascia d’utenza presupponendo che
sia possibile studiare delle modalità operative più consone alla loro terapia o comunque
al miglioramento della qualità sia della loro vita che di quella delle loro famiglie.

In sintesi ipotizziamo che la non collaborazione sia influenzata da una serie di fattori che
riassumiamo.

Fattori legati al paziente

·        Perdita dell’esame di realtà e disorganizzazione cognitiva

·        Stati emotivi non contenibili

·        Grave Struttura di personalità borderline uso di sostanze stupefacenti.

·        Sintomi psicopatologici gravi sia positivi che negativi

·        Difficoltà a sopportare alcuni effetti collaterali degli psicofarmaci

·        Ignoranza e pregiudizi sulla natura dei disturbi mentali e sulle possibili cure

Fattori legati all’èquipe

·        Atteggiamenti di non accettazione nei confronti di uno specifico paziente

·        Organizzazione del servizio inadeguata

·        Pessimismo terapeutico e mancanza di speranza in un cambiamento

·        Saturazione obiettiva e soggettiva

·        Mancato coinvolgimento del contesto familiare

Fattori legati alla famiglia

·        Famiglia iperprotettiva e fusionale

·        Mancanza di conoscenze realistiche sulla natura del disturbo

·        Psicopatologia franca dei familiari

·        Mancanza di un contesto familiare o assenza di almeno una figura di riferimento
che tenga a mente il paziente

Fattori legati al disturbo specifico

·        Particolarità del disturbo specifico con mancanza assoluta o parziale di
consapevolezza di malattia

·        Permanenza di parti sane non a servizio dell’alleanza terapeutica. 

Classe degli interventi possibili in psichiatria 

Gli interventi che si può considerare utile mettere in atto in psichiatria rientrano nelle
seguenti categorie:

·     Psicofarmacologica: l’operatore, dall’analisi del caso, può ritenere che
l’assunzione di un farmaco che il paziente non accetta possa migliorare la sua condizione clinica.

·     Relazionale: l’operatore può ritenere che la “costruzione” di una “relazione 
interpersonale terapeutica” sia un intervento necessario sul piano clinico e che il paziente
non sia, tuttavia, in grado di accettare, per il momento, questa proposta. L’imposizione
di una relazione, per quanto sia delicata e in molti casi discutibile, può rivelarsi una
modalità terapeutica insostituibile e per poterla realizzare è necessario che il paziente e
l’operatore siano costretti a condividere uno stesso spazio-tempo. L’esperienza mostra
come a volte una relazione terapeutica proficua sia una meta da raggiungere e che
richieda dei tempi in cui paziente e operatore devono entrambi essere forzati ad un incontro.

·     Ambientale: alcuni pazienti possono essere aiutati a trovare delle modalità esistenziali
più adeguate e, possibilmente, più autonome, attraverso la permanenza momentanea in
strutture più protette.

E’ possibile che alcuni pazienti collaborino ad un aspetto parziale del progetto terapeutico,
ad es. possono venire agli incontri ma non accettare i farmaci, o viceversa, possono
accettare i farmaci ma non l’inserimento in una comunità o in un centro diurno. Anche in
questi casi si dovrà valutare, di volta in volta, l’opportunità di rispettare il punto di vista
del paziente, i tempi e le modalità d’intervento.

Dal momento che la relazione interpersonale intesa in senso lato è l’elemento fondante e,
quindi, la cornice di tutti i possibili interventi, diviene molto difficile portare avanti un
progetto terapeutico in sua assenza. E’ importante tenere presente che la relazione terapeutica
necessita, per potersi esplicare, di una possibile dialettica e negoziazione fra le parti, che
a sua volta necessita uno spazio-tempo per potersi realizzare. La psicosi e le gravi condizioni
borderline  possono indurre modalità di relazione patologiche: relazioni perversamente e
violentemente asimmetriche, “fusionali”, o “siderali” fino al il rifiuto della relazione.

Nelle relazioni asimmetriche vi è un membro della relazione - che può essere l’istituzione
(vedi manicomio), un familiare o lo stesso paziente - che assume un atteggiamento dispotico
e tirannico che annulla ogni possibile negoziazione. 

Nelle relazioni “fusionali” vi è la perdita della libertà dei singoli che spesso riescono a
sopravvivere all’interno di una alleanza.

Le relazioni siderali sono costituite da una vicinanza fisica ma da una distanza affettiva
o da affetti di tipo critico e ostile. Il rifiuto della relazione può essere accettato quando
è inserito nell’ambito di una scelta e quando non comporti grave rischio per il paziente
e per coloro che gli stanno intorno. Viceversa deve essere trattato, e quindi non rispettato
(vedi TSO), quando si configuri agli occhi dell’operatore come grave condizione
sintomatica lesiva per il paziente e per il suo contesto.

Non collaborazione e diagnosi cliniche 

Nonostante la non collaborazione sia una condizione che attraversa  le diagnosi
psichiatriche trasversalmente può essere utile identificare le categorie diagnostiche
che più facilmente possono dare adito ad atteggiamenti non collaborativi in quanto
ognuna di esse pone problemi abbastanza specifici e modalità particolari di gestione.

Pazienti  confusi per motivi organici o psicotici

Dal momento che la confusione contrasta con la soggettività, in questi casi possiamo
trovarci di fronte ad una mancanza  di collaborazione ma non ad un rifiuto vero e proprio.
Generalmente questo fa sì che  non si pongano problemi di opportunità o di coscienza da
parte dell’operatore  che avverte lo stato confusionale più come un problema medico che
psicologico.

Pazienti con deficit intellettivi e psicosi d’innesto:

Vi è  una categoria di pazienti al limite fra la disabilità e la psicosi che pongono particolari
problemi di non collaborazione. Ci riferiamo ai deficit mentali con psicosi di innesto o
con psicosi legate all’interpretazione della realtà da un vertice di osservazione intellettivamente
deficitario. A volte questi pazienti richiedono una funzione vicariante che si deve
prolungare per tutta la vita. Sul piano assistenziale è necessario ipotizzare case famiglia
o comunità sufficientemente protette

Pazienti Psicotici con vissuti persecutori (paranoidei)

I pazienti psicotici si difendono con il diniego della realtà dal doppio rischio del pensiero
e degli affetti, o meglio dal rischio che questi due aspetti della realtà psichica provocano:
la sofferenza mentale. In linea generale la non collaborazione  è dunque il tentativo di
mettere una certa distanza dalla propria realtà psichica (o distruggerla) ed una pari distanza
dalla realtà psichica dell’altro. Sono pazienti che possono mettere in seria difficoltà gli
operatori, anche se in genere si riesce nel tempo a creare dei legami anche se parziali. Se
si lavora adeguatamente può succedere che il legame venga salvato dall’area persecutoria
più diffusa, e possa costituire un punto di riferimento per il paziente. Ci sembra che in
questi casi sia importante accettare che sia il paziente ad utilizzare questo riferimento secondo
le sue necessità piuttosto che secondo un’idea precostituita dell’operatore. Purtroppo i
legami tendono ad aumentare quanto più la struttura dell’Io tende a diventare fragile, per
cui è possibile che quanto  più aumenti la collaborazione tanto più ci si ritrova di fronte
ad una persona impoverita.

Strutture di personalità borderline.

Chiunque abbia avuto in terapia gravi pazienti borderline avrà probabilmente
sperimentato la spiacevole sensazione di vedersi sfuggire continuamente dalle mani
qualcosa che si pensava di avere saldamente afferrato. A volte questi passaggi sono
così repentini che nel corso di una stessa seduta si possono alternare momenti di
collaborazione e di assoluta non collaborazione. Si alternano atteggiamenti di
compiacimento e seduzione del terapeuta a rotture drammatiche e apparentemente
inspiegabili. Nei casi più gravi la non comunicazione sostiene l’illusione della
autosufficienza: se comunicare testimonia il bisogno o il desiderio dell’oggetto la
non comunicazione è l’unico modo per negare questa necessità. Quando questi aspetti
vengono agiti i pazienti tentano di mettere in atto con i familiari o con il servizio vere
e proprie relazioni tiranniche.

·     Esempio 4: una paziente  costringeva la madre a rovistare nella spazzatura alla
ricerca di oggetti che avrebbe potuto aver perso, un altro paziente che esigeva che la
madre lo guardasse per lunghi periodi in  un certo modo ma solo in quel modo che
implicava un’assoluta immobilità, adirandosi violentemente se percepiva un attimo di
distrazione o il più piccolo movimento. Altri pazienti  diventano padroni incontrastati
degli appartamenti dove vivono con i familiari, costringendo questi ultimi ad accettare
tutte le loro regole e le loro stranezze. E frequente che i genitori di questi pazienti siano
indotti ad eseguire e ripetere i più svariati e complicati cerimoniali.

Le aree dell’Io ancora funzionanti aumentano la problematicità dei pazienti borderline.
Nei casi più gravi certi pazienti tentano di ricreare attivamente gli affetti che hanno subito
passivamente generando nella relazione gli affetti di rabbia e paura sperimentati nei
riguardi degli oggetti primari. In questi casi la collaborazione è molto difficile per la
risposta contro-transferale degli operatori coinvolti nel progetto.

Pazienti nei quali prevalgono sintomi negativi

Sono quelli che pongono grandi problemi fra rispetto/richieste e fra limiti e difficoltà.
Spesso infatti non vengono tollerati i limiti di queste persone, disconoscendone  sia
l’aspetto di organicità che di difesa. La presenza di sintomi negativi a volte ricorda un
modello distimico: una entità che coinvolge la psiche del paziente ma che non sembra
generata da quest’ultima. In questi casi deve prevalere, da parte del terapeuta, un
atteggiamento teso a incrementare la tolleranza più che la comprensione.

Pazienti in stato di eccitamento maniacale

Pongono grossi problemi di collaborazione in quanto sono affezionati all’esperienza
esaltata, per quanto possano mantenere una valutazione critica. Sono tuttavia i classici
pazienti con i quali è possibile avere una buona relazione nelle fasi intervallari delle
crisi e per i quali risulta utile una conoscenza approfondita delle modalità precedenti di
comportamento nei momenti di eccitamento dato che le modalità di comportamento
durante le crisi rimangono abbastanza simili. Generalmente i pazienti nella fase maniacale
ripetono i comportamenti delle fasi maniacali precedenti viaggi, spese, rischi che possono
essere in qualche modo previsti tramite la conoscenza profonda e longitudinale della
situazione, e questo può permettere di scegliere l’intervento più appropriato.

Pazienti gravemente depressi

Non pongono generalmente grossi problemi perché accettano passivamente quello che
si propone loro mostrando indifferenza.


Possibili ipotesi operative

Visto che la terapia delle situazioni psicotiche si basa essenzialmente sulla relazione
terapeutica, e che questa deve essere un obiettivo da raggiungere e non sempre può
essere data per scontata fin dall’inizio del progetto terapeutico, tenuti in considerazione
i punti sopra citati, si può verificare la necessità che il paziente venga messo nella
condizione di incontrarsi con l’operatore anche se questo incontro gli può sembrare
non desiderabile. Una volta messe in atto tutte le modalità di avvicinamento in un arco
di tempo che si può considerare ragionevole, deve poter essere prevista l’obbligatorietà
dell’incontro e la negoziazione di un progetto esistenziale. A tal fine sono ipotizzabili
i seguenti interventi, che non mettono in discussione né lo spirito né la sostanza della
legge180.

·     Notifica al paziente della obbligatorietà alla cura.

Tale notifica può essere considerato un cerimoniale forte che il paziente può accettare,
ad es. per la rappresentatività di chi lo propone (Vigili Urbani) e può essere ripetuto
a scadenze prestabilite, ad es. per effettuare una psicofarmacologia Depot o per
stimolare una relazione. Una dicitura possibile potrebbe essere del tipo: La legge ci
obbliga ad incontrarci, obbliga me e lei ad un incontro nell’ambito dei nostri specifici
ruoli.

·     Ricovero in SPDC

con un progetto concordato fra gli operatori del CSM e dell’SPDC  in cui si cerca di
prolungare il ricovero per tutto il tempo necessario allo sviluppo di una minima alleanza
terapeutica. Quando i tempi per costituire questa alleanza terapeutica si protraggono la
struttura e l’attuale organizzazione degli attuali SPDC non sembra adeguata ad una
permanenza lunga.

·     Dovrebbe pertanto essere prevista una comunità terapeutica ad alta capacità di
contenimento probabilmente a bacino d’utenza dipartimentale o interdipartimentale.
Il concetto di alta capacità di contenimento  è abbastanza vago cercheremo pertanto di
enunciare i punti sui quali si dovrebbe svolgere una discussione collettiva::

Il primo punto è legislativo: se si decide che il paziente debba essere curato anche contro
la sua volontà si rientra a tutti gli effetti in uno stato previsto dal Trattamento Sanitario
Obbligatorio che per legge può essere prorogato anche se di settimana in settimana. Il
problema è che la legge, per quanto su questo punto lasci dei margini d’interpretazione,
prevede che il TSO in regime di ricovero venga effettuato in ospedale, si tratterebbe
pertanto di derogare e permettere di effettuarlo, mantenendo le stesse garanzie, nelle
comunità terapeutiche accreditate. Probabilmente una prassi di questo genere è meno
“ipocrita” e più funzionale al paziente dei cosiddetti TSO mascherati nelle cliniche private.

Il secondo punto deve riguardare l’organico degli operatori che per svolgere una funzione
così delicata  deve essere adeguato.

Il terzo punto deve riguardare gli spazi che dovranno anch’essi essere adeguati.

Il quarto punto è inerente all'organizzazione complessiva del servizio

Il quinto punto riguarda le garanzie di non degenerazione della qualità dell'assistenza

L’obiettivo è di rendere una relazione negoziale ed evitare quindi violenze da una parte e
dall’altra.

Ruggero Piperno



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