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Salute Mentale e Comunicazione |
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Dibattito sulla Proposta di Legge Burani lista PM-SMC - Settembre 2001 (Presentazione e Testo della Proposta di Legge) Date: Mon, 17 Sep 2001 17:19:45 +0200 Sender: Psychomedia Salute Mentale e Comunicazione <PM-SMC@LISTSERVER.SICAP.IT> From: Marco Longo <m.longo@FLASHNET.IT> Subject: [PM-SMC] Legge Burani e revisione della 180 cari colleghi, ho ricevuto dal Prof Tonino Cantelmi, redattore di PSYCHOMEDIA, questa comunicazione riguardante la sua nomina a Consulente presso la Presidenza della Commissione Sanita' del Senato, all'interno della quale tra pochi giorni iniziera' il dibattito sull'assistenza psichiatrica e la Legge Burani, anche in vista di una possibile revisione della 180 ---------------------------------------------------------------- From: "Tonino Cantelmi" <tcantelmi@getnet.it> To: "M@rco Longo" <m.longo@flashnet.it> Cc: "Rosalba Spadafora" <spadafora@usa.net>, "S.I.T.C.C." <sitcc@sitcc.it> Subject: informazioni Date: Sun, 16 Sep 2001 20:19:53 +0200 X-Priority: 3 Sono stato nominato Consulente dell'Ufficio di Presidenza della Commissione Sanità del Senato per l'assistenza psichiatrica; sto lavorando come tecnico per la Legge Burani (Norme per la prevenzione e la cura delle malattie mentali) che prevede l'abrogazione degli articoli 34, 35 e 64 della Legge 833 del 1978 (che recepiva la Legge 180). Ti allego un mio commento alla Legge Burani. Ho ricevuto dall'On. Burani il compito di organizzare un Tavolo per la discussione tecnica della Legge; tu e le tue liste potete partecipare al Tavolo. Ogni contributo è gradito. Ciao Tonino ---------------------------------------------------------------- PSYCHOMEDIA seguira' l'andamento dei lavori, pubblicando anche dei documenti sul tema, a cominciare da un commento di Tonino alla Legge Burani, che sara' on-line tra breve spero la lista PM-SMC possa essere un luogo di sereno dibattito scientifico e professionale (e non politico!) su temi anche scottanti, ma sicuramente di grandissima attualita' m@l __________________________________________________________________ Marco Longo (Roma), Medico Spec. in Psicologia Clinica Socio SPI (IPA) - IIPG (EFPP) - APG (COIRAG) - SPR-It - IAGP Prof. a Contr. Scuola di Spec. in Psichiatria, Univ. di Palermo Segretario Soc. It. di Psicotecnologie e Clinica dei Nuovi Media Editor of PSYCHOMEDIA - http://www.psychomedia.it The First Italian Portal (on-line since Jan 25 1996) on Psychiatry, Psychology, Psychoanalysis, Psychotherapy Via Dandolo 24, 00153 Roma, Italy - psychomedia@flashnet.it Tel +39 06 5897607 - Fax +39 06 5803881 - GSM +39 335 6157876 __________________________________________________________________ Date: Tue, 18 Sep 2001 00:40:26 +0200 Sender: Psychomedia Salute Mentale e Comunicazione <PM-SMC@LISTSERVER.SICAP.IT> From: Andrea Angelozzi <andregio@TIN.IT> Subject: [PM-SMC] L'Eterno Ritorno Il testo di legge di modifica della 180 mostra alcuni aspetti veramente problematici , a mio parere per un incredibile miscuglio delle cose più varie. Avevo pensato in origine di fare una serie di commenti ai vari commi. Scrivendoli mi sono però accorto che ogni frase richiedeva un commento, e ne emergeva qualcosa di estremamente pesante. Ho pensato pertanto ad un commento per "concetti" che provo a formulare. 1) Si nota un allontanamento dalla nozione di sofferenze e cura ed una ricomparsa del concetto di "pericolosità". E confesso che mi turba ritrovare questa dizione, e più volte nel testo, dopo tanti anni... Tutta la scoperta che era stata fatta della malattia mentale come sofferenza, scompare così nella pura sragione, ove confina l'esigenza sociale e quella clinica. Aveva proprio ragione Nietzsche con l'eterno ritorno!! A questo si legano tutta una serie di aspetti, a cominciare da una riscoperta della "responsabilità" del CSM, non più solamente clinica, ma anche legale, nei confronti del paziente e di come costui agisce nell'ambito sociale. E' una logica di governo della "sragione", affidata agli psichiatri, promossi (?) sorveglianti e questurini, che rischia di vedere nel "grande internamento" di foucaultiana memoria l'unica soluzione che garantisce legalmente in qualunque problema. E' interessante la frequenza con cui ricorrono i termini "controllare", "ispezionare", quasi a ricordarci che non è di cura che si sta parlando.... Una struttura regionale viene incaricata contemporaneamente di compiti ispettivi ed epidemiologici, forse a suggerirci che anche l'epidemiologia deve diventare un grande controllo. A proporci il "grande internamento" del '700 è l'ampiamento delle strutture di degenza, cui si possono aggiungere i "reparti" universitari. Ma ancora più interessante è la divisione che viene proposta in vari reparti interni, per giovani, adulti e vecchi. L'inserimento dei vecchi potrà finalmente risolvere i problemi delle famiglie di fronte alle difficoltà di gestione per motivi sociali, di demenza ed altro. Già visto... Più inquietante la divisione fra giovani ed adulti, che, certo forse protegge adolescenti da pericolose commistioni, ma ingenera inevitabilmente altre categorie, come recuperabilità, opportunità di investimento, ecc. Spero che, per i pazienti adulti, ma dall'aspetto giovanile, vengano utilizzate specifiche casacche colorate, per renderne più facile la individuazione. D'altra parte le degenze per i pazienti gravi sono estraniate da una logica del territorio diventando "3 per ogni regione". Nel Veneto i manicomi erano più decentrati, uno per provincia...così è perfino peggio. Anche dal punto di vista architettonico trionfa il manicomio, con la proposta di raggruppare "Alcune o tutte le strutture del DSM ...in una unica zona o gruppo di edifici, qualora questo realizzi una migliore efficacia nella continuità dei trattamenti terapeutici" Peccato, proprio ora che le ex aree manicomiali sono state destinate ad altri usi da parte delle ULSS!!! Pensare che era il modo migliore per consentire un pieno reinserimento della malattia mentale nel territorio e togliere lo stigma. D'altra pert l'art. 8 del testo ne prevede esplicitamente la possibilità di riutilizzo. 2) C'è un ruolo esaltato delle famiglie che non può non ricordarci il ruolo di tutela dell'ordine familiare come viene descritto da Foucault nella nascita della psichiatria nell'età classica. Queste entrano nella scelta del Direttore del DSM, togliendo le ultime illusorie vestigia di un qualche ruolo di competenza clinica (nessuno di sognerebbe di proporre questo per il Direttore del Dipartimento di Chirurgia...). Così come entrano nella scelta del modo e del luogo della cura, e rappresentano il grande referente per il terapeuta. Non più il paziente, svuotato di ogni resto di ragione e non considerato pertanto un interlocutore valido, ma soprattutto i familiari. 3) C'è una accentazione della questione del lavoro produttivo, che confonde in maniera inestricabile aspetti clinici e di disagio sociale, banalizzando questi ultimi con CSM trasformati in agenzie di lavoro. Come si può confondere in questa maniera ambiti terapeutici, risocializzazioni discutibili, reinserimenti lavorativi che ricordano il grande pozzo alla Salpetriere, del tutto inutile, ma continuato per decenni, a scopo terapeutico? E' affascinante quando compare che "Le strutture curative hanno l'obbligo di supportare l'attività lavorativa del malato in modo che sia di utilità alla azienda in cui è inserito." Era ora!! manderò gli infermieri a controllare che lavorino e producano!! Anche qui i riferimenti storici da eterno ritorno sono affascinanti. Nel '700 esistevano due tipi di sragione: quella legata alla patologia, eticamente disdicevole perchè non inseribile pienamente nel mondo del lavoro; e quella legata alla povertà che poteva essere riciclata. Produttiva per l'azienda non significa produttiva per il paziente: "Il malato di mente deve ricevere dalla sua attività un emolumento corrispondente al valore economico del lavoro effettivamente svolto. Da tale emolumento possono essere detratte le spese per gli operatori adibiti alla cura del malato e per le strutture protette costituite ai sensi del comma 2. Al malato deve comunque essere lasciato non meno di un quarto degli emolumenti di sua competenza" che è esattamente quanto veniva dato per i lavoratori del pozzo della Salpetriere nel '700. Strano che manchi un articolo circa il rispristino della nave dei folli. 4) Vi è un commovente sottolineare la costante necessaria presenza di aspetti ricreativi, confondendo riabilitazione e terapia con intrattenimento e scambiando il benessere con la felicità ebete promessa dalle pubblicità di regime. Ma l'intrattenimento come aspetto riabilitativo non doveva essere finito? Misureremo la qualità dei servizi sulla base del numero di ping-pong o dei tornei di calcetto? .Cura del legislatore sono gli spazi ricreativi, le possibilità ginniche e gli spazi verdi, oltre a regolamentare le ore di libera uscita, così come si fa negli ordinamenti penitenziari. 5) Vi è una attenzione estrema alla obbligatorità delle cure, che permeano tutti i possibili aspetti. Perfino le strutture residenziali, non distinguibili più in questa maniera dal vecchio manicomio. O le visite al CSM. Pare che la psicoanalisi al momento sia risparmiata, ma temo che gli emendamenti ipotizzino un lettino con i CC al fianco. E' un curioso universo che sembra considerare come centro l'obbligo alle cure e non la sofferenza, ed in cui qualunque terapia funziona in qualsiasi regime, anche obbligatorio, in quanto tecnica, al di fuori di qualunque aspetto relazionale. Così è l'universo dove scompare ogni ultimo barlume della possibilità di costruire quella che si chiama relazione terapeutica, diventata un orpello sorpassato. La stessa obbligatorietà cessa di essere un atto di rilevanza medica. Esso può essere richiesto da "chiunque ne abbia interesse". Questa è appunto la mancata distinzione fra un atto medico ed atto che opera sulla "sragione" sociale che trapela in questa legge e che rappresenta un arretramento al grande internamento francese del '700. Mi immagino già come dovrò correre con certificati e vigili fra vicini che litigano, mogli che si sentono tradite, empi e sovversivi finalmente individuati. Almeno ora un filtro, ad esempio del medico di base, lasciava la speranza che si trattasse di un atto medico per la salute di qualcuno... Il fatto che venga ulteriormente codificato che "Può essere effettuato anche in caso di patologie fisiche che il malato rifiuta di curare", porta lo psichiatra ad arbitro etico del bene e del male, del dovere di stare bene come è socialmente proposto. Ora finalmente gli psichiatri possono dire agli altri come devono essere, nello spirito e nel corpo. Qualunque residuo di libertà e buon senso abdica, sepolto da tanta confusione... Anche i Vigili scompaiono per eseguire il ricovero. Solo in casi estremi di pericolosità si può ricorrere alla forza pubblica. Per il resto deve essere il personale salitario, promosso sempre più, dalla cura alla cattura, alla contenzione. L'esistenza dei Vigili aveva reso superflua l'assunzione di infermieri a peso, rappresentando una ragionevole mediazione nello spiegamento di forza di esquiroliana memoria. Se è un TSO il paziente per definizione non è volontario. Questo vorrà dire che bisognerà sostituire una formazione degli infermieri (e del medico) verso l'approccio psicoterapico e alla relazione interpersonale, con buoni corsi di arti marziali. Come praticante da anni di Aikido non posso che esserne lieto e sperare finalmente che la sudata cintura nera possa valermi qualcosa nel curriculum professionale. 6) In questa situazione "E' istituita presso ogni sede di giudice tutelare una commissione per i diritti del malato di mente con funzioni ispettive e di controllo", a confermarmi che si codifica sempre ciò che è morto. Ispezione e controllo, sorvegliare e punire...Tolto ogni diritto, viene messa una commissione a tutela di questi....che tristezza!! Commissione che comunque in questa situaizone di controllo sospettoso reciproco, deve vigilare sui "reclami o le segnalazioni da parte di cittadini sul funzionamento delle strutture che effettuano TSO operanti sul territorio, per gli eventuali opportuni procedimenti a carattere civile o penale". Avevo sempre sospettato anch'io degli psichiatri...ora finalmente abbiamo le prove!! 7) a completare una logica da calderone, compaiono inviti a cercare il consenso del paziente, a rispettarne la personalità richiami a valutazioni farmacologiche di costi e benefìci, università che devono assumere la direzione dei DSM prescindendo dalle altre realtà locali. 8) infine, la distruzione di una logica della solidarietà nata prima su basi religiose e poi su una etica laica nel '700 sia in Francia che in Inghilterra. Vi è un famoso editto inglese, che stabilisce il vantaggio di curare i pazienti a casa e non in ospedale, affidati alle famiglie. Ora questo scompare per legge: " I familiari non possono essere obbligati alla convivenza con malati di mente maggiorenni. " Spero ancora in Pinel ed Esquirol, ma qualcuno mi ha detto che sono andati in pensione. Andrea Angelozzi Date: Tue, 18 Sep 2001 18:09:08 +0200 Sender: Psychomedia Salute Mentale e Comunicazione <PM-SMC@LISTSERVER.SICAP.IT> From: Marco Longo <m.longo@FLASHNET.IT> Subject: [PM-SMC] riforma legge 180 reinvio in lista il forward di due messaggi di Mario Galzigna appena spediti a psic-ita: il primo perche' contiene un chiaro accenno alla mia mail di ieri, inviata a PM-SMC e poi forwardata anche su psic-ita, l'altro perche' contiene una risposta all'interessante messaggio spedito successivamente da Andrea Angelozzi a PM-SMC buon lavoro (sperando che il dibattito in lista, anche su questo tema acceso, resti sempre professionale e pacato: si puo' essere chiari e incisivi anche senza trascendere, no? come appare proprio nei messaggi di Galzigna e Angelozzi, che ringrazio) m@l ---------------------------------------------------------------- From: bio040@caronte.bio.unipd.it Date: Tue, 18 Sep 2001 00:31:09 +0200 To: psic-ita@psichiatria.unige.it Subject: [PSIC-ITA #1031] Risposta:: IL RITORNO DEL MANICOMIO? UNO SPETTRO SI AGGIRA PER L'EUROPA ovvero IL RITORNO DEL MANICOMIO At 16.37 17/09/01 +0200, you wrote: Ho cercato il testo del progetto di legge (a cui si è fatto cenno ieri in alcune mails di questa mailing list) inteso a riformare la cosiddetta "180" o "legge Basaglia" (esso sarà discusso durante i prossimi giorni). L'ho trovato nel sito della Camera dei deputati della Repubblica alla pagina http://www.camera.it/_dati/leg14/lavori/stampati/sk0500/articola/0174.ht m. Sono rimasto negativamente colpito dal comma 2 dell'art. 4. Riporto integralmente il testo della proposta di legge. Roberto Vescarelli Cari amici della lista, se Vescarelli dice di essere rimasto "negativamente colpito dal comma 2 dell'art. 4" della legge proposta, per parte mia posso solo aggiungere, ora, un breve, provvisorio e schematico commento: il disegno di legge, nel suo assieme, viene proposto - questa la mia prima impressione - a partire da un'ottica politica di chiara matrice restaurativa e reazionaria. Sarà nostro compito discuterlo nei dettagli, senza facili improvvisazioni: l'invito di Marco Longo - generosamente teso a sollecitare un dibattito scientifico e non politico in lista - mi sembra poco realistico, poichè la proposta di legge in questione, come ogni proposta simile, obbedisce per forza di cose ad una concezione della malattia e della sanità pubblica che non è solo di matrice medico/scientifica. Da epistemologo e da storico della psichiatria, rimango colpito dal riemergere, all'interno di questa proposta di legge, di una visione custodialista, neomanicomiale, pre-pineliana della malattia mentale. Non so chi sia nè a quale formazione politica appartenga l'estensore della proposta. Nè conosco i nomi degli esperti e dei consulenti convocati per discutere la cosa (a parte Cantelmi). Mi riprometto di intervenire puntualmente su questo tema scottante, anche dopo aver maturato un'attenta riflessione ed un'analisi critica puntuale del dettato legislativo. Questa iniziativa coinvolge - oltre che l'intera classe medica ed i diversi operatori della salute mentale - tutti i cittadini e tutti gli utenti della sanità pubblica. Passo parola. Cordiali saluti. Mario Galzigna Coeditor di POL.it http://www.pol-it.org Docente di Epistemologia clinica e di Storia del pensiero scientifico - Facoltà di Lettere e Filosofia - Università di Venezia ---------------------------------------------------------------- From: bio040@caronte.bio.unipd.it Date: Tue, 18 Sep 2001 01:18:22 +0200 To: psic-ita@psichiatria.unige.it Subject: [PSIC-ITA #1032] [PM-SMC] L'Eterno Ritorno Cari amici della lista, sottoscrivo tutte le acute osservazioni dell'amico Andrea Angelozzi (inviate alla lista di PM), che confermano la mia prima impressione - subito dopo aver letto la proposta di legge - già da me espressa in questa lista. L'ottica della sicurezza sociale - che si impose tra gli "alienisti" a partire dalla metà dell'800, parallelamente al prevalere di una teoria organicista della malattia mentale - appare oggi dominante in ambito psichiatrico. Storicamente - nelle democrazie occidentali - la volontà di restringere le libertà civili a partire dalla necessità di difendere la sicurezza sociale si è imposta già nella prima metà del XIX secolo. Tocqueville, analizzando la struttura della democrazia americana, fu uno dei primi a denunciare la cosa (oltre a lui B. Constant). Il dispotismo dentro la democrazia. Il vecchio regime dentro il nuovo. "Gli antichi colori dell'aristocrazia" (sempre Tocqueville) dentro i nuovi regimi democratici, nati sulle ceneri della Rivoluzione francese e dell'Impero. O, se preferite, per dirla con il giovane Marx, il dipotismo come "vizio occulto" (versteckte Mangel) della democrazia parlamentare... La minaccia proveniente dal nemico interno e/o dal nemico esterno può insomma - anche nel caso in cui si tratti di una minaccia reale (come accade tragicamente oggi) - diventare un utile pretesto per quanti hanno a cuore una involuzione autoritaria delle democrazie parlamentari. I padri del pensiero liberale (Tocqueville e Constant), ancor prima di Marx, misero in evidenza il problematico rapporto tra libertà e sicurezza (ricordo che già Leonardo Montecchi, commentando a caldo l'attacco terroristico di New York, mise giustamente in evidenza la necessità di riflettere criticamente su queste due dimensioni della nostra vita civile e politica). A quanto sembra, si tende a vedere, oggi, nel malato mentale, un soggetto pericoloso, più che un soggetto sofferente. Con tutte le conseguenze del caso, che questo disegno di legge esprime molto chiaramente. Cordiali saluti Mario Galzigna Date: Tue, 18 Sep 2001 19:06:48 +0200 Sender: Psychomedia Salute Mentale e Comunicazione <PM-SMC@LISTSERVER.SICAP.IT> From: Marco Longo <m.longo@FLASHNET.IT> Subject: [PM-SMC] Proposta di Legge Burani Aggiornamento Area "Modelli e Tecniche in Psichiatria" di PSYCHOMEDIA http://www.psychomedia.it/pm/modpsy/modpsyndx1.htm On. Maria Burani Procaccini - (PM, 17 Settembre 2001) - Relazione introduttiva alla presentazione del progetto di Legge Burani alla Commissione Affari Sociali della Camera http://www.psychomedia.it/pm/modpsy/modtecpsy/burani.htm Allegato: Testo della Proposta di Legge Burani http://www.psychomedia.it/pm/modpsy/modtecpsy/leggeburani.htm Date: Tue, 18 Sep 2001 20:13:48 +0200 Sender: Psychomedia Salute Mentale e Comunicazione <PM-SMC@LISTSERVER.SICAP.IT> From: Marco Longo <m.longo@FLASHNET.IT> Subject: [PM-SMC] Fwd: lettera di Tonino Cantelmi ricevo e volentieri diffondo in lista m@l From: "Tonino Cantelmi" <tcantelmi@getnet.it> To: "M@rco Longo" <m.longo@flashnet.it> Subject: grazie Date: Tue, 18 Sep 2001 18:42:27 +0200 caro Marco, grazie per aver avviato il dibattito. Se fosse possibile mi piacerebbe che fosse reso disponibile il commento che ti ho inviato come contributo al dibattito. Vorrei anche rassicurare tutti: nessuno vuole i manicomi, ed è inutile ripresentare l'iconoclastia dottrinale che ha pervaso gli ultimi anni verso ogni cosa che anche lontanamente ricordasse i manicomi! Ho ricevuto l'incarico dall'On. Burani, anche in qualità di Consulente della Commissione Sanità, di aprire un "Tavolo" di discussione al fine di migliorare ogni aspetto migliorabile di questa proposta. Vorrei evitare inutili contrapposizioni ideologiche. Ho letto con attenzione quanto scritto da Angelozzi, però ritengo che ancora tutto venga filtrato attraverso lenti, perdonami, ideologiche: occorre portare dati, evidenze, letteratura. Insomma vorrei augurarmi che finisca la colpevole omissione sugli indicatori di esito. Attendo la riflessione del Prof. Galzigna, che ringrazio per la pacatezza e che sicuramente mi darà spunti di grande interesse. Comunque Marco sei il primo ad alimentare un autentico dibattito e te ne sono grato. Se lo ritieni opportuno anche questa mail potrebbe essere un contributo al dibattito. Sto per costituire questo "Tavolo": chiunque volesse parteciparvi (oltre a tutto il contributo di Psychomedia) può farmelo sapere e gli invierò una lettera di convocazione presso la Camera dei Deputati. Questo per tranquillizzare tutti: non c'è nessuna voglia di restaurazione. Le cose, così come sono, non vanno. Mi sembra che i punti problematici (a mio avviso) siano affrontati con questa legge. Discutiamone. Tonino Cantelmi Date: Wed, 19 Sep 2001 01:14:43 +0200 Sender: Psychomedia Salute Mentale e Comunicazione <PM-SMC@LISTSERVER.SICAP.IT> From: GENNARO ESPOSITO <genesp@FASTCOM.IT> Organization: PSICOTERAPEUTA Subject: [PM-SMC] commento alla legge Burani -- Ho letto il commento del collega Cantelmi, dopo aver visionato attentamente gli articoli della proposta di legge Burani. Ho apprezzato sia gli articoli che il commento, a caldo. Mi sembra una proposta "sensata", vista la realta' dell'assistenza psichiatrica almeno al Sud e considerato i limiti che la 180 evidenzia. Sintetizzo cosi' il mio giudizio: una proposta di legge che tutela pazienti, familiari dei pazienti e operatori, almeno quelli che vogliono lavorare seriamente. Sconfiggerebbe, se passasse l'esame delle Camere, la stantia mentalita' post-sessantottina, intrisa di falsa idealita' di impronta sociogenetica, CHE HA DURAMENTE ATTACCATO negli anni settanta la ricerca psico-biologica, senza nulla togliere alla 180 e alla sua funzione di rottura manicomialista. la legge Burani non e' ne' manicomialista ne' Basagliana. E' una Legge moderna che si adegua alla nostra societa' e mi sembra fondata sulla evidence based medicine, nonche' su snelle direttive di managment sanitario. Unica notazione: non sono d'accordo sull'istituzione delle convenzioni per alcune funzioni del DSM. D'accordo nel garantire la LIBERA SCELTA DEL MALATO DI MENTE (pubblico-privato), ma bisogna una volta per tutte separare cio' che e' pubblico da cio' che e' privato, in un regime di sana concorrenza. Quindi DSM pubblici e DSM privati, e non DSM pubblici con servizi privati da convenzionare all'occorrenza. passo... Dr.GENNARO ESPOSITO Neurologo e Psicoterapeuta - Counselor online Dirigente Medico Psichiatra UOSM di NOLA (ASL NAPOLI 4) SAVIANO (NA),via Molino,6 telefax: 081-5113481 "mailto:genesp@fastcom.it" Editorial Staff Member of "Psychiatry On Line Italia-POL.it" http://www.psychiatryonline.it Counseling Personal Home Page: http://www.fastcom.it/psico/freud.htm Date: Wed, 19 Sep 2001 22:56:52 +0200 Sender: Psychomedia Salute Mentale e Comunicazione <PM-SMC@LISTSERVER.SICAP.IT> From: Andrea Mazzeo <a.mazzeo@TIN.IT> Subject: Re: [PM-SMC] Proposta di Legge "Burani" Credo occorra davvero discutere pacatamente i vari aspetti del progetto di legge di modifica della 180, senza pregiudizi ideologici, senza eccessivi timori fobici. Diciamocelo francamente: i manicomi, usciti dalla porta sono rientrati dalla finestra. Questo non e' colpa della 180, non e' colpa delle famiglie, non e' colpa degli operatori: e' un fatto, e dei fatti, della realta', dobbiamo tenerne conto; lo diciamo sempre ai nostri pazienti, cerchiamo di farlo pure noi. Veniamo alla proposta di legge; queste alcune mie osservazioni, ad una prima lettura del testo. Art. 1: OK Art. 2: - comma 3, punto b (quello delle SRA): toglierei la frase "pericolosi per se' e per gli altri". - comma 3, punto b: eliminerei il sotto-punto 3 ( "3) per anziani con autosufficienza limitata o non autosufficienti"). Motivo: ritengo che gli anziani debbano restare fuori del circuito assistenziale psichiatrico; anche l'anziano psichiatrico. Utilizzerei i servizi geriatrici o psicogeriatrici, per le pluripatologie quasi sempre presenti nell'anziano. - comma 4: il raggruppamento in un'unica zona, se risponde ad ovvi criteri di razionalizzazione dei servizi e di economicita' della spesa, presenta il rischio di ricreare un polo psichiatrico che ricordi gli ex-OOPP; da studiare meglio. Art. 3, comma 2, punto a: toglierei la frase "Puo' essere richiesto da chiunque ne abbia interesse". Se l'obiettivo e' sanitario, l'unico interesse nel TSO e' quello del paziente, anche se non ne e' consapevole. Toglierei ancora il periodo: "Puo' essere effettuato anche in caso di patologie fisiche che il malato rifiuta di curare". Se vi sono patologie fisiche il caso non e' di competenza psichiatrica, anche se il paziente fosse in carico al DSM. Art. 4: - comma 4: toglierei la frase: "o il malato stesso non costituisca pericolo per altri". - comma 5: modificherei la frase "quattro ore giornaliere di libera uscita". Il concetto e' chiaro, l'espressione e' poco felice. - comma 7: dovrebbe essere meglio espresso il concetto del 2° periodo: da un lato non bisogna sottrarre al DSM il potere organizzativo, dall'altro bisogna rispettare la libera scelta del luogo di cura. I pazienti ed i loro familiari potrebbero anche essere manipolati ed esprimere scelte apparentemente libere ma in realta' pre-determinate da altri. Queste le mie prime osservazioni; come giustamente notato dal collega Cantelmi, non lasciamoci prendere la mano dagli ideologismi e discutiamone. Andrea Mazzeo ----------------------------------------------------------------- Redattore di Psychiatry On Line Italia http://www.pol-it.org Collaboratore precario della Piazzetta: http://piazzetta.sfera.net E-MAIL < a.mazzeo@tin.it > WEB < http://utenti.tripod.it/a_mazzeo/index.html > Date: Wed, 19 Sep 2001 23:51:10 +0200 Sender: Psychomedia Salute Mentale e Comunicazione <PM-SMC@LISTSERVER.SICAP.IT> From: FABRIZIO RAMACCIOTTI <fabramac@TIN.IT> Subject: [PM-SMC] Legge Burani D'accordo,niente idelogie. Parliamo di idee. a mio parere,ovviamente di prima analisi,la legge ha alcune idee chiave prevalenti che mettono in subordine o addirittura annullano idee della 180. 1)Tutela prevalente della sicurezza psicofisica delle famiglie 2)Tutela della sicurezza della società ristetto ad atti compiuti da "malati di mente" 3)Obbligo alla tutela delle sicurezze di cui sopra per il paziente e per gli psichiatri 4)ineluttabilità e incurabilità della malattia mentale 5)pervalenza dell'assistenza rispetto alla cura e alla riabilitazione 5)ripristino di valore tecnico dell'ergo terapia (pur in forma meno brutale) 6)desanitarizazione dell'ambito del trattamento 7)ridefinizione dell'ambito della salute mentale al controllo del comportamento "pericoloso a se e agli altri" Conosco l'ambiente in cui queste idee si sono formate,non credo che vi sia una volontà necessariamente reazionaria,ma piuttosto una perversione derivante da "carità cristiana". un po'come quando si uccidevano gli indios dopo averli battezzati,in piena buona fede di far loro un favore . ma come quella volta qualcuno ci guadagnerà: chi è il re di spagna? 1) le opere caritatevoli e gli istituti religiosi pronti a riciclare istituti desueti a "comunità"di 50 posti letto(provate a farci riabilitazione) aperte a dementi,organici ed adolescenti 2)Cliniche private atte alla lungo degenza a basso costo e basso valore sanitario. Io riconosco la buona fede a tutti...ma l'Italia non è il Lazio. Una legge del genere farebbe riprecipitare tutto il centro nord a prima della 904(ma vi rendete conto che i reparti ospedalieri,se ci sono, hanno non 30 giorni,ridateci il neurodeliri, ma 72 ore per decider la sorte,la libertà,la sospensione gravissima dei diritti di cittadinanza di una persona)e impedirebbe alle situazioni avanzate del sud di consolidarsi. L'onorevole Zanella ,componente della commissione, mi ha telefonato oggi più volte durante e dopo la relazione e mi autorizzato a mettere on line alcune prime impressioni. La proposta di legge è proposta di legge della maggioranza ,non dell'on. burani a cui è stata data " carta Bianca". Il Ministro della salute non risulta minimamente coinvolto e,contattato,grosso modo è caduto dalle nuvole. I membri della maggioranza hanno dimostrato nel loro insieme un certo fastidio alla necessità della discussione. Nella Presentazione è stato fortemente valorizzato un preteso elemento di modernizazione con adeguamento al modello Americano. Credo che qualunque persona che abbia un'idea laica dello stato(ancor più se liberale),e che creda in una regionalizazione dell'offerta di salute debba rifiuta re questa proposta in toto,in quanto non riformabile, guarda caso elaborata all'università gregoriana in Roma Uni cuique suum. Pronti a ridiscutere la 180 che non è un testo sacro ma non le idee di libertà di cittadinanza che hanno motivato il suo,troppo essenziale e datato testo. mi verrebbe voglia di costituire un comitato Pinel,non un comitato Basaglia Saluti dal cittadino Fabrizio Ramacciotti. . Date: Thu, 20 Sep 2001 03:46:21 +0200 Sender: Psychomedia Salute Mentale e Comunicazione <PM-SMC@LISTSERVER.SICAP.IT> From: Antonio Augusto Rizzoli <aa.rizzoli@VE.NETTUNO.IT> Subject: Re: [PM-SMC] Legge Burani .Il dott. Fabrizio Ramacciotti ha scritto: >un po'come quando si uccidevano gli indios dopo averli battezzati,in piena >buona fede di far loro un favore . Un po' come si lasciavano suicidare o si facevano uccidere o bruciare gli ammalati mentali in virtù del principio che noi diamo tutta la psichiatria necessaria dalla nascita fino alla morte (cito da G.G. Pullia) oppure noi siamo i migliori e chi è contro di noi è fascista (cito Fabrizio Ramacciotti). Nel frattempo prosperano le Case di Cura Private (Vedi "Park Napoleon" che drena Veneto e Friuli) e i loro Primari (leggi Dott. U.Dinelli) scrivono a raffica su "Il Gazzettino" amene considerazioni su temi come la filosofia della psichiatria.Amene e divertenti, il quarto d'ora del dilettante. Nel frattempo lavorano anche i Tribunali, I P.M. ed i periti (pure quelli sotto inchiesta per falsa perizia, come si dà il caos lo sia una CT che dichiarava dolosa l'origine di un incendio). Sempre Fabrizio Ramacciotti ha scritto : "L'onorevole Zanella ,componente della commissione, mi ha telefonato oggi più volte durante e dopo la relazione e mi autorizzato a mettere on line alcune prime impressioni." E, per favore, non si faccia fare una brutta figura all'onorevole Zanella, non fosse altro che per il nome che porta che mi ricorda quello dell'autore della famosa poesia "Sopra un fossile psichiatrico". . Amicus Plato, sed magis amica veritas. prof. dott. Antonio Augusto Rizzoli Primario Psichiatra ULSS n.9, Treviso Libero Docente in Fisiologia Umana Specialista in Neurologia, Psichiatria, Medicina del lavoro, Medicina legale. Corresponding Member of APA Venezia Date: Wed, 19 Sep 2001 19:13:05 -0700 Sender: Psychomedia Salute Mentale e Comunicazione <PM-SMC@LISTSERVER.SICAP.IT> From: Leonardo Fei <leonardofei@INFINITO.IT> Subject: Re: [PM-SMC] commento alla legge Burani Il giorno 18-09-2001 16:14, GENNARO ESPOSITO, genesp@FASTCOM.IT ha scritto: > -- Ho letto il commento del collega Cantelmi, dopo aver visionato > attentamente gli articoli della proposta di legge Burani. Ho apprezzato > sia gli articoli che il commento, a caldo. Mi sembra ... > > passo... Mi sento sostanzialmente d'accordo con Esposito col suo giudizio non negativo sulla proposta di legge Burani. Vorrei però precisare sinteticamente quanto segue: - la struttura delle RSA dovrebbe essere attentamente disegnata nell'ottica e nella prospettiva della riabilitazione. Mi direte: "ovvio!". Non credo: la gestione di ambito per 50 utenti che, tra l'altro (non vorrei aver frainteso) dovrebbe fare da volano ad una integrazione-superamento dell'O.P.G. non mi sembra agevole né facilmente pensabile al di là di specifici progetti ad hoc. - mi complimento con Esposito per aver sollevato il problema delle cosiddette "convenzioni": ci si convenziona se si mantengono gli STANDARD del pubblico. A tutti i livelli (questo è, ovviamente, soltanto il mio pensiero...): medici, infermieri, integrazione con gli altri servizi psichiatria....... Leonardo Fei Psichiatra Psicoterapeuta Firenze Date: Thu, 20 Sep 2001 12:15:42 +0200 Sender: Psychomedia Salute Mentale e Comunicazione <PM-SMC@LISTSERVER.SICAP.IT> From: Tonino Cantelmi <tcantelmi@GETNET.IT> Subject: [PM-SMC] R: [PM-SMC] Legge Burani Caro Collega, pur non condividendo le premesse che fai (sulle quali, se vorrai, potremmo confrontare dati di letteratura), desidero però correggere una autentica inesattezza: l'Università Gregoriana (nella quale insegno) non è c'entra davvero nulla. Il progetto di legge da te esaminato è nato dopo un lungo percorso e numerosi confronti (gli ultimi due sono avvenuti negli ultimi mesi e vi hanno preso parte centinaia di colleghi); non c'è dubbio che accoglie molte istanze avanzate dalle Associazioni dei familiari. Mi rendo conto che alcune cose necessitano di chiarimento e di ulteriori specificazioni. Per esempio: i gradi di obbligatorietà delle cure, la loro motivazione e i sistemi di controllo. Mi farà piacere ricevere i tuoi commenti, articolati sui contenuti e confrontati con la letteratura. Ti pregherei anche di non interpretare "l'ambiente in cui queste idee si sono formate": ti assicuro che l'area cattolica è molto variegata e, per quanto mi riguarda, la mia appartenenza è un fatto personale e persino pieno di contraddizioni e debolezze. Non giudico la tua appartenenza, nè tanto meno il tuo percorso. Colgo questa occasione per chiedere a tutti, se posso, di dibattere sui contenuti di una proposta e di produrre evidenze scientifiche a sostegno di quanto affermato. Circa il bisogno di residenzialità e la tutela delle famiglie chiederei di prendere in esame il lavoro dei colleghi Sbrana e Garonna pubblicato nell'editoriale del Giornale Italiano di Psicopatologia nel numero 6(3):353-358 del 2000. I temi problematici e irrisolti innescati dalla cosiddetta legge 180 sono numerosi (Scapicchio-Trabucchi, I servizi psichiatrici nella sanità riformata, Il Mulino 1999), ne segnalo 4: - la sottovalutazione ideologica degli esiti - la negazione della cronicità - la iconoclastia dottrinale per qualunque cosa che anche solo vagamente ricordasse il manicomio (ignorando il problema della residenzialità) - i limiti di un rigido modello psico-sociogenetico e il rifiuto di un confronto con un modello scientifico in Italia (Meltzer 1992) La legge Burani nasce da aspetti concreti, sicuramente discutibili. Ne segnalo due, forse meno importanti. I dati epidemiologici mostrano negli USA che il vero manicomio-contenitore è il carcere. Anche in Italia il 40-50% della popolazione carceraria assume psicofarmaci. La prospettiva è che i pazienti più gravi finiscano in Carcere. Non ti sembra questo un problema, che dovrebbe farci riflettere sul controverso tema della residenzialità? Circa l'aggressività-pericolosità: sì il termine pericoloso evoca antiche dizioni, ma perchè non apriamo un dibattito su questo? Possibilmente con dati di letteratura? Grazie per il contributo. Tonino Cantelmi Date: Thu, 20 Sep 2001 13:40:05 +0200 Sender: Psychomedia Salute Mentale e Comunicazione <PM-SMC@LISTSERVER.SICAP.IT> From: Mario Galzigna <bio040@CARONTE.BIO.UNIPD.IT> Subject: [PM-SMC] Riflessioni notturne sulla "legge Burani" Giro alla lista PM-SMC questa mail di discussione inviata ieri notte alla lista psic-ita. M. Galzigna >Date: Thu, 20 Sep 2001 04:04:42 +0200 >To: psic-ita@psichiatria.unige.it >From: bio040@caronte.bio.unipd.it >Subject: Riflessioni notturne sulla "legge Burani" > >Cari amici della lista, >a proposito della legge Burani ricorre frequentemente, nelle liste psic-ita e PM-SMC, la giusta preoccupazione di evitare ideologie, settarismi, partiti presi di carattere politico. >Parliamo allora di idee, come è stato detto, non di ideologie. Tuttavia le idee hanno comunque uno spessore storico, delle matrici, delle implicazioni di carattere politico: non fanno ovviamente eccezione le idee che presiedono alla gestione della sanità pubblica. Ma voglio tralasciare, per ora, questo complesso nodo, che non può essere semplificato con sterili volontarismi e con indebite rimozioni. >Mi soffermo su un aspetto di questa proposta di legge, che emerge con grande evidenza nell'articolo 3, dedicato soprattutto ai TSO. >Prevale, qui, un'ottica che privilegia la sicurezza sociale - tema su cui sono già intervenuto, in termini generali, su psic-ita - ed una concezione della malattia intesa non come sofferenza, ma come "pericolosità": è malato di mente colui che risulta "pericoloso a sè e agli altri". >Essendo questo l'approccio prevalente nel disegno di legge, non fa meraviglia che non vengane definite le articolazioni e le modalità della "cura". Si parla di "cura" in termini generici, facendola coincidere, fondamentalmente (vedi art. 2), con l' "assistenza" ed insistendo sulla necessità di promuovere "attività ricreative e lavorative". Vengo, qui, al punto che mi preme maggiormente sottolineare: nessun cenno, in questa legge, alla complessa e difficile relazione tra cura farmacologica e psicoterapia, individuale o di gruppo. Chi vive, oggi, la realtà quotidiana dei servizi, sa bene che la psicoterapia - quando non sia del tutto assente - viene spesso trascurata, oppure considerata un approccio inefficace, ed in ogni caso troppo lungo e costoso per l'azienda sanitaria. >Da una legge moderna, al passo con i tempi, poremmo aspettarci una chiara presa di posizione sul tema: una precisa definizione, anche in termini di etica professionale, di un vero e proprio "obbligo" alla cura relazionale, alla psicoterapia, ed anche ad una sua armonizzazione con le terapie farmacologiche. >Nancy Andreasen - da sempre autorevole paladina della farmacoterapia - difende a spada tratta, nel suo recentissimo libro ("The brave new brain"), la necessità di una efficace integrazione tra i due livelli, sottolineando che molto spesso la responsabilità del "riduzionismo farmacologico" è da addebitare, più che agli operatori, ad una scorretta logica aziendalistica che governa sovente la gestione della salute. La clamorosa svolta della Andreasen (il cui libro è stato da me brevemente presentato nella sezione recensioni di POL.it), è supportata anche da un puntuale confronto con le recenti acquisizioni delle neuroscienze, dalle quali risulta evidente - lo si sa - la legittimità teorica di una equiparazione, in termini di efficacia, della farmacoterapia e della psicoterapia (penso, qui, a neuroscienziati come Damasio, Edelman, Robertson, eccetera). >Entro nel merito con una esemplificazione specifica e, a parer mio, significativa. Durante quest'ultimo anno di presenza in un servizio psichiatrico del padovano (a Camposampiero), ho potuto rendermi conto dell'efficacia dei "gruppi verbali" svolti da psichiatri e psicologi nell'S.P.D.C.:la costruzione, per il paziente, di un percorso terapeutico successivo al ricovero in reparto si avvaleva, in maniera tutt'altro che secondaria o surrettizia, dei risultati e delle conoscenze acquisite dal gruppo dei curanti attraverso i gruppi verbali. Cito un'esperienza particolare, di punta, per quel che mi risulta (nel succitato servizio i gruppi verbali nell'S.P.D.C. sono iniziati nel 1980!): un'esperienza che tuttavia si è dimostrata efficace e produttiva, quanto meno rispetto alla definizione di un progetto terapeutico per il paziente ricoverato. >Non tutti i servizi, lo si sa, sono in grado di offrire agli utenti terapie relazionali e psicoterapie: ma si sa anche - la letteratura scientifica è ricca di indicazioni al proposito - quanto risultino produttive ed efficaci le strutture in grado di fornire al paziente una terapia farmacologica combinata con terapie relazionali e psicoterapie. E si sa anche, conseguentemente - se ne è discusso anche nelle liste di POL.it e di Psycomedia - quanto dannosa possa essere per il paziente (nel medio e lungo periodo) una cura esclusivamente farmacologica oppure una mancata armonizzazione tra terapia del farmaco e terapia della parola. >Non mi sembra "ideologica" la constatazione dell'assenza, nel disegno di legge, di questa problematica: cioè di un puntuale riferimento alla necessità di cure "integrate" (ogni condotta terapeutica "integrata" ha bisogno di supporti istituzionali e finanziari adeguati: non può essere affidata esclusivamente al coraggio, alla generosità umana ed alla competenza di alcuni operatori, spesso ostacolati o isolati in questo difficile ma doveroso percorso). >Mi limito, per ora, a queste osservazioni - onde evitare inutili prolissità - riservandomi eventualmente, più avanti, di intervenire ancora sul tema della revisione della 180. >Cordiali saluti > Date: Thu, 20 Sep 2001 14:39:20 +0200 Sender: Psychomedia Salute Mentale e Comunicazione <PM-SMC@LISTSERVER.SICAP.IT> From: Antonio Augusto Rizzoli <aa.rizzoli@VE.NETTUNO.IT> Subject: [PM-SMC] Commenti di Cantelmi Debbo precisare che la replica di Cantelmi mi è sembrata soddisfacente sotto il profilo clinico psichiatrico, anche se, personalmente, ritengo valide buona parte delle critiche di Angelozzi e, nel suo complesso, la proposta di legge mi sia sembrata rozza, quando non apertamente demagogica. Manca, come ho già scritto, un inquadramento giuridico.(che manca in realtà anche alla proposta di legge). Cantelmi si richiama all'evidence based medicine, anzi psychiatry : dottrina che non ha molti seguaci e che, in Italia, è stata largamente negletta. Ragione per cui ritengo là dove egli vuole argomentare su fatti ed esiti vada a cacciarsi in una trappola, che è quella della totale carenza di dati, sostituiti da quell'attitudine populista e ideologica, ampiamente mistificatoria, che ha contraddistinto le pseudofocalizzazioni su "stati di fatto", che sono costituite in buona realta da argomentazioni tautologico/ ideologiche (che io ho etichettato come talebaniche). Queste argomentazioni ideologiche arrivano ad essere, comelo sono, irritanti ed insopportabili anche nelle stolide allusioni cui fa cenno Cantelmi. Mi rammarico, invece, che anche all'interno dell'area cattolica vi siano personaggi che le sostengono e che affettano nei riguardi dell'interlocutore di Cantelmi un atteggiamento di "cordialità" che è, in realtà, la trasposizione del famoso "inciucio" che caratterizza l'attuale politica italiana. E' interessante anche notare che, in questa M-List, vi sono persone che dissentono e che esprimono il dissenso inviando virus a chi, in modo più o meno raffinato, fa dell'ironia sulle "strutture profonde" (in senso eliottiano) che portano amabili interlocutori ad usare parole che ne esprimono il vissuto profondo. In questo specificvo caso di morte violenta. Il che testimonia anche livelli per i quali si capisce perché alcuni, anziché inviare cachinni, prefersicano farsi cancellare dalle liste. Antonio Augusto Rizzoli (Venezia) Date: Thu, 20 Sep 2001 18:27:29 +0200 Sender: Psychomedia Salute Mentale e Comunicazione <PM-SMC@LISTSERVER.SICAP.IT> From: GENNARO ESPOSITO <genesp@FASTCOM.IT> Organization: PSICOTERAPEUTA Subject: Re: [PM-SMC] commento alla legge Burani Leonardo Fei wrote: > ...la gestione di ambito per 50 utenti che, tra l'altro (non vorrei aver > frainteso) dovrebbe fare da volano ad una integrazione-superamento > dell'O.P.G. non mi sembra agevole né facilmente pensabile al di là di > specifici progetti ad hoc. Si puo' sempre decidere di ridurre questo numero, magari si decide per 30, 25; l'importante e' che non cambia il filo logico dell'intervento e che non si confonda questo modo di organizzare le RSA con il manicomio, luogo dove, come e' noto, non esisteva alcuna progettualita' riabilitante per il malato. > - mi complimento con Esposito per aver sollevato il problema delle > cosiddette "convenzioni": ci si convenziona se si mantengono gli STANDARD > del pubblico. Io dico invece: chi gestisce il privato deve accreditarsi non convenzionarsi. Io sono per il regime "misto" pubblico-assicurativo, nel senso che i ricchi si pagheranno le spese sanitarie (comprese quelle psichiatriche perche' no) con la polizza, mentre i poveri saranno assisti dal pubblico senza problemi. In questo senso assume vitale importanza la concorrenza "vera" tra DSM pubblico e privato: io devo lavorare per offrire servizi "di qualita'" e superare in concorrenza il privato, cercare di garantire la qualita' e abbattere nel contempo anche i costi della prestazione. Mi rendo conto che e' dura capirlo (in Italia) ma bisogna arrivarci altrimenti non c'e' "Burani" che tenga! Date: Thu, 20 Sep 2001 19:13:14 +0200 Sender: Psychomedia Salute Mentale e Comunicazione <PM-SMC@LISTSERVER.SICAP.IT> From: GENNARO ESPOSITO <genesp@FASTCOM.IT> Organization: PSICOTERAPEUTA Subject: Re: [PM-SMC] Proposta di Legge "Burani" Si, ho avuto anch'io l'impressione che la proposta di legge non e' stata ancora visionata da uno psichiatra...mi sembra grezza, come scritta da un profano della materia, i termini sono approssimativi (a me non piace nemmeno "malato di mente", preferisco "paziente psichiatrico") Andrea Mazzeo wrote: > Art. 2: > - comma 3, punto b (quello delle SRA): toglierei la frase "pericolosi > per se' e per gli altri". Proporrei "pazienti aggressivi" oppure "pazienti particolarmente problematici" oppure "ad elevato rischio di drop-out comportamentale" > - comma 3, punto b: eliminerei il sotto-punto 3... Utilizzerei i servizi geriatrici o psicogeriatrici, > per le pluripatologie quasi sempre presenti nell'anziano. d'accordo > - comma 4: il raggruppamento in un'unica zona, se risponde ad ovvi > criteri di razionalizzazione dei servizi e di economicita' della spesa, > presenta il rischio di ricreare un polo psichiatrico che ricordi gli > ex-OOPP; da studiare meglio. proporrei strutture raggruppate, ma con settori delineati, spazi e setting diversificati a secondo dello stadio di cura. > Art. 3, comma 2, punto a: toglierei la frase "Puo' essere richiesto da > chiunque ne abbia interesse". Se l'obiettivo e' sanitario, l'unico > interesse nel TSO e' quello del paziente, anche se non ne e' consapevole. D'accordo. Il TSO va' sempre richiesto da un medico per una finalita' medica. > Toglierei ancora il periodo: "Puo' essere effettuato anche in caso di > patologie fisiche che il malato rifiuta di curare". Se vi sono patologie > fisiche il caso non e' di competenza psichiatrica, anche se il paziente > fosse in carico al DSM. Ma la legislazione sul TSO riguarda anche questa eventualità non psichiatrica. Eccesso di zelo. > Art. 4: > - comma 4: toglierei la frase: "o il malato stesso non costituisca > pericolo per altri". meglio "o il paziente stesso non presenti comportamenti aggressivi o violenti". > - comma 7: dovrebbe essere meglio espresso il concetto del 2° periodo: > da un lato non bisogna sottrarre al DSM il potere organizzativo, dall'altro > bisogna rispettare la libera scelta del luogo di cura. I pazienti ed i loro > familiari potrebbero anche essere manipolati ed esprimere scelte > apparentemente libere ma in realta' pre-determinate da altri. Ottima osservazione. Ecco perche' non sono per le convenzioni ma per una REALE LIBERA SCELTA del cittadino. I DSM devono essere pubblici e privati, ma obbligatoriamente ce ne deve essere almeno uno pubblico. Date: Thu, 20 Sep 2001 21:33:11 +0200 Sender: Psychomedia Salute Mentale e Comunicazione <PM-SMC@LISTSERVER.SICAP.IT> From: Andrea Angelozzi <andregio@TIN.IT> Subject: [PM-SMC] Eterno ritorno ed epistemologia E' emerso talvolta nella discussione recente il richiamo alla letteratura, alla scientificità e alla medicina delle evidenze. Tali aspetti sono stati spesso contrapposti a posizione definite come ideologiche. Si tratta di una questione molto importante, che merita qualche considerazione. Uno dei meriti centrali della epistemologia anglosassone, da Popper in poi, è di avere posto in evidenza come i fatti scientifici possano esistere solo all'interno di una specifica teoria che permette di vederli come tali. L'esempio banale è sempre il solito: mele ne sono cascate sempre, ma solo una teoria della gravitazione permette di vederle come dato evidente delle esistenza della gravitazione. Questo vale sia per quello che riguarda il contesto della scoperta, che deve attendere che un certo sapere di sfondo sia pronto, perchè i fatti possano essere osservati, che nell'ambito della formulazione e del controllo di una teoria. Questo ci spiega perchè fatti che ci sembrano ora evidenti, in passato semplicemente non erano nemmeno visti. Tutti sanno come Kuhn porti all'estremo queste posizioni di Popper nella nozione di scienza normale e di paradigma, ove vengono ammessi nella ricerca solo i fatti che appartengono alle teorie vigenti, e, ancor più da Feyerabend con il barare sui fatti da parte degli scienziati per sostenere le loro teorie. Questo barare sui fatti, negando un rapporto privilegiato con la verità a quelli che mettono in crisi la teoria appare in qualche modo presente anche nel falsificazionismo metodologico di Popper e ancor più nel procedere per programmi di ricerca in Lakatos. Se Popper mescola analisi logiche a ricostruzioni storiche dell'operare degli scienziati, le posizioni degli altri due sono molto più nettamente storiche. Come a dire, così operano in genere gli scienziati, e che ciò che si confronta non sono mai i puri fatti, che semplicemente come tali non esistono, ma le teorie, anzi, le ideologie su cui sono costruite. Popper, da buon logico, sostiene poi le sue posizioni storiche sulla base di una critica analitica del concetto di induzione. In questo quadro sostenere che da una parte esistono i fatti scientifici e dall'altra le posizioni teoriche (che quindi diventano ideologiche) è qualcosa non facilmente sostenibile. Nell'ambito specifico della psichiatria, Foucault prima e Hacking poi ci mostrano costantemente il costante intreccio fra le costruzioni nosologiche o terapeutiche e l'universo sociale in cui avvengono. Testi come "I viaggiatori folli", o "La riscoperta dell'anima" ci ricordano il susseguirsi delle diagnosi e delle terapie, non come "progresso" verso una qualche verità ma come creazione di mondi possibili del tutto temporanei e storicamente datati. Non fanno altro che proseguire in forma analitica e rigorosa le intuizioni che Foucault sviluppa sulla base di una incredibile conoscenza storica. Ora si fa un gran parlare della medicina delle evidenze, portandola spesso come un modello di rigore concettuale e pragmatico che è ben oltre quanto proposto dai suoi stessi teorici fondatori. Mi sono sempre domandato se l'elemento che viene portato a riprova della sua rigorosità, cioè una selezione che salva solo il 2% della letteratura complessiva, sia il punto di forza o di debolezza. Ci vorrebbe dire due cose: - che il 98% dei ricercatori non seguono i suoi aspetti normativi, che il 98% della tanto decantata letteratura è semplicemente da buttare - che vi è un 2% che descrive in maniera asettica puri fatti. Ora il mio sospetto è che la differenza sia che quel 98% rappresenti comunque la costruzione di un sapere, ove vengono creati fatti che spesso si sa essere impregnati (e quindi derivanti) da teorie, ove vengono avanzate ipotesi originali, non ancora suffragabili, ove si tenta di mettere insieme i fatti in un contesto dotato di senso (elemento questo per principio estraneo all'atteggiamento puramente pragmatico che pretende la EBM). Un elemento sottolineato la Lakatos, riprendendo il falsificazionismo metodologico (e non ingenuo) di Popper, è proprio il fatto che non sempre all'inizio le conseguenze di teorie importanti vengono confermate, ma non per questo la teoria è falsa. Dice Lakatos che le teorie non vanno fatte morire di malattie infantili. E per converso è inutile tenere teorie che hanno costanti conferme, ma non producono alcun fatto "nuovo", cioè non consentono la messa in crisi e lo scivolamento di paradigmi. Ora, quel 2% è proprio il sapere rigoroso di conferma di un paradigma già stabilito, una teoria cioè che crede di non essere tale e continua a produrre le sue conferme, nè potrebbe fare diversamente. La EBM è un interessante strumento, ma nulla di più, e risente ampiamente di specifici modelli teorici ed ideologici...come tutto Tutto questo per dire una cosa: non illudiamoci che esistano puri fatti e ci si possa scientificamente basare su di essi, il presunto empirismo è profondamente intriso di teoria, con l'aggravante che non sa di esserlo. Come si può concludere senza ricordare Nietzsche?: "L'uomo ritrova infine nelle cose solo ciò che egli stesso ha posto in esse: - il ritrovare si chiama scienza, l'introdurre (si chiama) arte, religione, amore, fierezza." Andrea Angelozzi Date: Thu, 20 Sep 2001 22:16:58 +0200 Sender: Psychomedia Salute Mentale e Comunicazione <PM-SMC@LISTSERVER.SICAP.IT> From: Antonio Augusto Rizzoli <aa.rizzoli@VE.NETTUNO.IT> Subject: Re: [PM-SMC] Eterno ritorno ed epistemologia Andrea Angelozzi ha scritto (tra l'altro) : >Tutto questo per dire una cosa: non illudiamoci che esistano puri fatti e >ci si possa scientificamente basare su di essi, il presunto empirismo è >profondamente intriso di teoria, con l'aggravante che non sa di esserlo. >Come si può concludere senza ricordare Nietzsche?: "L'uomo ritrova infine >nelle cose solo ciò che egli stesso ha posto in esse: - il ritrovare si >chiama scienza, l'introdurre (si chiama) arte, religione, amore, fierezza." Rispondo: Inoppugnabile, ma quanto sopra è alla base di ogni ragionamento in epistemologia. Mi meraviglio che si dica che l'empirismo "non sa di esserlo", è un'affermazione che vorrei sustanziata da abbondanti citazioni.E, tuttavia, dal non adottare un critico e consapevole empirismo, allo stendere piani, ricerche e risultati a tavolino ne passa . E ne passa alla grande. Io vedo, ora, un ampio, diffuso e ridicolo falsificazionismo, che non credo neppure possa chiamarsi scientifico, quanto, invece, politico, ma di una politica bassa, ove l'interesse della società è subordinato ai molteplici interessi di chi lo attua. Spero nessuno osi pensare che esista una SOLA soluzione ai problemi psichiatrici. Eppure queste sono le stupefacenti affermazioni che ho sentito fare dagli unti del Signore, che, come ho già scritto, addirittura si arrogavano una "presa in carico" dalla nascita alla morte, in una avvilente prospettiva di Stato totalitario. Così come, Vi prego, smettiamo ( o smettete) di pensare che una legge possa alterare equilibri sociali. In realtà è esattamente il contrario : sono i cambiati rapporti sociali che creano nuove leggi. E la lettura di questa bozza di legge lo dichiara apertamente ed anche un po' sinistramente, anche se di fronte alla realtà noi ci ritroviamo ampiamente spiazzati ed in posizione necessariamente passiva. Saluti. AAR Date: Fri, 21 Sep 2001 01:11:39 +0200 Sender: Psychomedia Salute Mentale e Comunicazione <PM-SMC@LISTSERVER.SICAP.IT> From: Antonio Gabriele Maone <maone@TIN.IT> Subject: [PM-SMC] R: [PM-SMC] R: [PM-SMC] Legge Burani Già dall'avvio di questo dibattito sulla proposta di legge "controriformista", si profila chiaramente la complessità e la spinosità delle questioni. Fa bene Cantelmi ad invocare il riferimento costante alla "letteratura". Mi pare che non ci sarebbe nemmeno bisogno di sottolinearlo. Purtroppo, come ha ricordato qualcuno, le "evidenze" disponibili sono limitatissime. Non per questo possono essere trascurate. Tuttavia esse si riferiscono ad alcuni (pochi) approcci formalizzati, per lo più statunitensi, che in effetti si basano su RCT replicati poi anche in più parti del mondo, e che consistono nell'integrazione di interventi sottesi comunque dal paradigma biopsicosociale della malattia mentale. Ma la Proposta si Legge di cui stiamo trattando non riguarda l'applicazione delle due o tre particolari pratiche formalizzate evidence-based, bensì la riforma dei contesti organizzativi entro cui le varie pratiche si applicano. Questa puntualizzazione mi pare essenziale. In questo senso, l'Italia avrebbe potuto essere un laboratorio unico al mondo (e per certi versi lo è stato e lo è: vedi l'interesse di tanti Paesi stranieri verso il nostro "modello" di salute mentale). Ma l'occasione "scientifica" è stata sostanzialmente mancata. Iniziative "serie", in questo senso, ci sono state ad esempio in Gran Bretagna, come il progetto TAPS. In Italia invece - con lo stile che ci contraddistingue - si è proceduto più che altro navigando a vista, con scarsa produzione (salvo meritevoli ma isolate eccezioni) dei "dati" che Cantelmi richiama come base di discussione. In assenza dei famosi "dati", la discussione rischia di procedere in modo caotico. Interpretazioni politiche, filosofiche, epistemologiche, storiche, autobiografiche, addirittura religiose, si intrecciano, si sovrappongono e oscurano l'orizzonte. Da circa 20 anni lavoro nei servizi. Non ho quasi mai goduto del necessario conforto (in un compito che tutti noi sappiamo difficile e complicato) di atteggiamenti collaborativi, interessati, motivati, da parte delle amministrazioni. Le leggi, i decreti, le delibere, sono sempre state intempestive, incongrue, come se venissero emesse da "profani" assoluti, lontani anni luce dalla realtà dei "bisogni" dei pazienti, dei familiari, degli operatori. SEmpre un procedere mettendo pezze, rinviando, tirando la cinghia per poi magari improvvisamente aprire le borse con assunzioni incontrollate di personale (forse per nutrire clientele) che poi non poteva essere utilizzato perchè non c'erano più i soldi per le strutture, o viceversa; eccetera, eccetera, eccetera. In tutto questo certamente c'è stata la collusione di cecità ideologiche, più o meno "integraliste". Ma il fattore determinante mi pare sia stato e sia, banalmente, l'inefficienza, l'incapacità. Il cui germe maligno è proprio il rifiuto di partire dai "dati", ancorchè elementari. Fosse anche ammettere l'incertezza e l'impotenza, anzichè insistere nella presunzione. Aloora: siamo proprio certi che la soluzione ancora una volta sia decretare dall'alto cambiamenti organizzativi? Perciò, che ora si voglia aprire un dibattito, una messa in questione, un "serio" tentativo di miglioramento, non può che essere provvidenziale. Ma è fondamentale procedere con ordine, con calma. Elencare i problemi prioritari, provare a fare delle stime attendibili dei bisogni presenti e futuri, dello stato reale delle cose, tentare di definire le annose controversie fra "bisogni" sanitari e sociali, chiarire a quali "dati" e a quale "letteratura" facciamo riferimento, ammettere i fallimenti... Insomma fare un bilancio, ed averne il tempo. Ma tutto questo richiede un respiro profondo, un polso fermo. Non la zuffa. Nè l'inciucio. Nè il fiato sul collo di una legge che "sta per" essere approvata. Un cordiale saluto a tutti Antonio Maone Date: Fri, 21 Sep 2001 00:27:13 -0700 Sender: Psychomedia Salute Mentale e Comunicazione <PM-SMC@LISTSERVER.SICAP.IT> From: Leonardo Fei <leonardofei@INFINITO.IT> Subject: Re: [PM-SMC] commento alla legge Burani Il giorno 20-09-2001 9:27, GENNARO ESPOSITO, genesp@FASTCOM.IT ha scritto: > Leonardo Fei wrote: >> ...la gestione di ambito per 50 utenti che, tra l'altro (non vorrei aver >> frainteso) dovrebbe fare da volano ad una integrazione-superamento >> dell'O.P.G. non mi sembra agevole né facilmente pensabile al di là di >> specifici progetti ad hoc. > > Si puo' sempre decidere di ridurre questo numero, magari si decide per > 30, 25; l'importante e' che non cambia il filo logico dell'intervento e > che non si confonda questo modo di organizzare le RSA con il manicomio, > luogo dove, come e' noto, non esisteva alcuna progettualita' > riabilitante per il malato. > >> - mi complimento con Esposito per aver sollevato il problema delle >> cosiddette "convenzioni": ci si convenziona se si mantengono gli STANDARD >> del pubblico. > > Io dico invece: chi gestisce il privato deve accreditarsi non > convenzionarsi. Sono totalmente d'accordo. Ho probabilmente utilizzato un termine desueto; inoltre avrei dovuto aggiungere un "almeno" al mantenimento degli standard del servizio pubblico. Ma, continuo a domandarmi, nel procedimento che porta all'accreditamento, vi sarà la possibilità di valutare i presupposti epistemologici della tipologia degli interventi e le finalità degli stessi nonché la disponibilità ad entrare (con un ruolo senz'altro da definire) nel circuito della salute mentale? Leonardo Fei Date: Fri, 21 Sep 2001 22:13:06 +0200 Sender: Psychomedia Salute Mentale e Comunicazione <PM-SMC@LISTSERVER.SICAP.IT> From: Andrea Mazzeo <a.mazzeo@TIN.IT> Subject: Re: [PM-SMC] L'Eterno Ritorno Questo, inaugurato da Angelozzi, lo vedrei come il tavolo ideologico, metacomunicativo, che puo' ben affiancare quello operativo aperto da Cantelmi. La 180 va modificata? In varie legislature sono state presentate proposte di legge per la modifica della 180 (ne ho una ricca collezione, da qualche parte). L'attuale maggioranza parlamentare ritiene di dover discutere una ennesima proposta di legge di modifica della 180. Credo sia nel diritto di farlo. Detto fra noi, penso che gli eventi internazionali di questi giorni porteranno il parlamento a rinviare la discussione ad una data successiva; ma non e' detto. E' possibile che la cosa rientri tra gli impegni assunti dalla Casa della Liberta' in periodo pre-elettorale (non ho letto per intero il programma elettorale). Penso che un nostro contributo per migliorarla non sia una cosa sbagliata. Se questa legge, sin dai suoi "primi passi", ha suscitato istanze di modifica, e' segno che viene vista come una "incompiuta"; tra l'altro c'e' un elemento paradossale nella sua storia. Varata da un governo di centro-sinistra, se non vado errato, e' divenuta subito una bandiera della sinistra e come tale difesa ad oltranza. Questo, come ex-democristiano, mi fa piacere; ma mi chiedo pure: la sinistra ha cosi' poche idee da abbarbicarsi tenacemente ad una legge che, tutto sommato, non e' un granche'? Una legge "troppo arretrata per le realta' avanzate, e troppo avanzata per le realta' arretrate" (lo disse Basaglia, o sbaglio?). Le normative regionali successive sono state talmente differenti tra loro da determinare un'autentica disparita' di diritti tra i cittadini delle diverse regioni (non viene nemmeno garantito il livello minimo di assistenza sul territorio nazionale), ma anche tra gli operatori psichiatrici delle diverse regioni italiane (vi sono regioni con 7-10 primari per ogni DSM e regioni con un solo primario per DSM). Questo non e' federalismo ma semplicemente casino. cITO A CASO la legge della Regione Puglia, la n° 72 del 1980: copiata integralmente da quella della Regione Sicilia (ricordo che un collega commento': "Si sono chiesti: come si organizza la mafia? Facciamo cosi' pure noi." (quando copiavo i compiti, soprattutto quelli di matematica, cercavo di copiare da quelli piu' bravi di me!!). Poi accade che onesti lavoratori, con un figlio schizofrenico, debbano chiudersi a chiave di notte in camera da letto, per non essere aggrediti dal loro figlio; e' di sinistra questo? Accade che onesti lavoratori vengano ricattati, per cui se vogliono che il loro figlio venga assistito dalle strutture pubbliche debbono portarlo prima in visita privatamente dagli stessi medici che lavorano nelle strutture pubbliche. Cosa c'entra questo con la legge? Una legge che deresponsabilizza gli operatori consente che cio' accada; una legge che non da' alle famiglie strumenti da contrapporre al potere degli psichiatri consente alcune porcherie. Per questo le famiglie sono esasperate; ma non denunciano perche' hanno paura che il loro congiunto non venga piu' assistito, non si sentono sufficientemente tutelate. Altro aspetto: le leggi di solito si fanno anche per migliorare i livelli occupazionali; la 180 e' forse l'unica legge che ha ridotto drasticamente i posti di lavoro nelle strutture psichiatriche. Ma ci sono i progetti-obiettivo, dira' qualcuno, che indicano i rapporti operatori/popolazione; si, ma non sono legge per cui non e' obbligatorio rispettare quegli standard. Non parliamo poi di cio' che accade dall'avvento dei Direttori Generali (i novelli podesta'): le risorse degli ex-ospedali psichiatrici? Finiscono dappertutto meno che nella psichiatria. I coordinatori che dovrebbero far rispettare la norma? Sono supinamente proni alle voglie dei DG (parlo ovviamente delle realta' che mi sono piu' vicine). Una legge che modifichi la 180 serve anche per correggere queste porcherie. Dovrei adesso replicare a quanto scrive Angelozzi, e la cosa non e' affatto facile. 1) - Concetto di pericolosita': e' anacronistico e va tolto dalla legge. - Responsabilizzazione delle strutture e degli operatori: e' un atto dovuto verso gli utenti e le famiglie; maggiore responsabilita' non puo' mai significare maggiore potere. - I termini "controllare" e "ispezionare" vengono utilizzati, se non erro, verso le strutture psichiatriche ("controllare il rispetto dei diritti dei ricoverati nelle strutture pubbliche e private" - "ispezioni biennali su tutte le strutture pubbliche e private esistenti sul territorio regionale"); non mi sembrano concetti aberranti, anzi, tutt'altro. - "le regioni hanno l'obbligo di istituire un ufficio di psichiatria con *a)* funzioni ispettive, *b)* di stimolo e di indirizzo per tutte le ASL e *c)* per la raccolta di dati epidemiologici"; mi sembra un po' diverso da come lo vedi tu. - Guarda che le strutture di degenza (anche se oggi le chiamano pomposamente centri riabilitativi) sono gia' ampliate e proliferate al di fuori di qualsiasi controllo pubblico (non so in Veneto, ma in Puglia e' cosi'). - Il discorso anziani e' da bloccare sin dall'inizio. - SRA: "In ogni regione devono essere organizzate almeno tre SRA per accogliere i malati più gravi"; e' un po' diverso da come lo poni tu. Non vieta di farne 300, *devono* essere *almeno* tre. - Concentrazione delle strutture: nel Salento abbiamo una grossa struttura che accoglie un centinaio di utenti, suddivisa al suo interno in case famiglia, gruppi appartamento, ecc., ma tutti all'interno dello stesso recinto, con ingresso sorvegliato. Questo concetto va bloccato. 2) Ruolo delle famiglie: e' un rischio concreto, quello che segnali. Riporto la mia esperienza. Nella provincia di Lecce, dove l'organizzazione del lavoro territoriale non era (e non e') molto efficiente, spesso mi sono trovato in posizione conflittuale con le famiglie rispetto alla gestione del caso (frequenti richieste di ricovero, di istituzionalizzazione, ecc.). Quando ha lavorato in provincia di Brindisi ho trovato una realta' completamente diversa; il lavoro territoriale era ben organizzato, le famiglie erano alleate del Servizio, il benessere e la qualita' di vita del paziente erano maggiori. 3) Lavoro produttivo: questi aspetti non mi sono molto chiari. Credo che in questo settore i migliori risultati li abbiano dati le cooperative sociali; bisognera' evidenziare meglio questi aspetti. 5) Obbligatorieta' delle cure: e' un aspetto evidenziato spesso dalle famiglie. In effetti e' da decidere se il rifiuto del paziente a curarsi sia una sua libera scelta oppure esso stesso un sintomo della malattia. In ogni caso e' la relazione (come giustamente evidenzi) cio' che fa la differenza tra la terapia ed il controllo. Bisognera' far entrare questi concetti nella legge. 6) Commissione per i diritti del malato di mente: no la vedo male. In passato avevo parlato di un'autority quale il difensore civico per gli utenti del servizi psichiatrici e per le famiglie. Come operatori non ci piacera', ma va istituita. 8) "I familiari non possono essere obbligati alla convivenza con malati di mente maggiorenni." Mettiamola cosi': i malati di mente non possono essere obbligati alla convivenza con i loro familiari. Andrea Mazzeo Date: Sat, 22 Sep 2001 12:42:20 +0200 Sender: Psychomedia Salute Mentale e Comunicazione <PM-SMC@LISTSERVER.SICAP.IT> From: Andrea Angelozzi <andregio@TIN.IT> Subject: Re: [PM-SMC] L'Eterno Ritorno Le interessanti osservazioni di Mazzeo fanno riflettere, e mi spingono a un ulteriore ragionamento. Forse esistono appunto due piani del discorso, uno dei quali organizza per così dire la filosofia di fondo di un modello di intervento, l'altro il modo in cui prende forma concretamente. I due piani sono strettamente legati e devono procedere parallelamente per evitare ad esempio che talune forme attuative operino in senso diverso dalla filosofia esplicitata. In questo senso a me non sembra vantaggioso discutere di aspetti meramente terminologici senza affrontare il modello generale che prospettano. Credo che una delle cose sensate del DSM IV è avere posto l'accento sulla questione della malattia come sofferenza; è in questo ambito che avviene la distinzione fra una psichiatria come ambito di cura e la psichiatria come eliminazione e controllo della "sragione". Laddove la centralità logica del discorso è affidata alla pericolosità sociale, l'aspetto della malattia e della cura passa in secondo piano e la psichiatria deve confrontarsi con tutte le forme di pericolo sociale. Suppongo sia noioso il mio citare Foucault, ma non vorrei trovarmi con i registri di ricovero, con diagnosi come "non vuole andare a messa", "spende troppo in cavalli" come vi erano alla Bicetre a Parigi (erano la pericolosità per la società e la famiglia di allora...). Mentre centrarsi sulla malattia e la sofferenza deve tenere conto della aggressività o del disagio all'interno della famiglia, centrarsi solo su questi ultimi rischia di portare la psichiatra a essere la risposta, molto spesso del tutto errata, a comportamenti devianti che con la psichiatria non hanno nulla a che fare. In questo senso la legge è demagogica e fuorviante. Demagogica, perchè il criterio della aggressività esiste già adesso come uno dei criteri per valutare la condizione di sofferenza; fuorviante, perchè ne fa il criterio essenziale, scambiando la cura con la tutela. Attualmente nulla ostacola di considerare la aggressività uno dei sintomi per la decisione di ricovero; con la proposta di legge invece non potrei ricoverare obbligatoriamente persone in estrema condizione di sofferenza che hanno la sfortuna di non essere pericolose. Laddove mi si parla di famiglie che devono chiudersi in stanza, non penso ad una legge carente, ma penso a un servizio che non funziona come potrebbe e come dovrebbe. Laddove devono portare il paziente prima a una visita privata per essere assistiti penso a un servizio che funziona in maniera delinquenziale. Cosa c'entra la legge con tutto questo?. Pensiamo che togliendo la sofferenza e mettendo la pericolosità la cosa cambi? Pensiamo davvero che un ufficio ispettivo porti a un buon funzionamento?. Che i servizi siano valutati sulla base dei risultati e della qualità: questa non si chiama ispezione, che è un criterio poliziesco, ma si chiama funzionalità che è un criterio organizzativo. L'impianto della proposta di legge responsabilizza l'operatore dal punto di vista legale e lo deresponsabilizza da quello clinico. In questo senso parlavo della trasformazione in questurini e l'unico esito sarà che il proteggersi legalmente porterà ad una pletora di ricoveri a durata infinita. E questo è appunto il manicomio, non inteso come mura, ma come la scomparsa di qualunque progetto che non sia quello della tutela. Siamo pienamente in accordo che vi è attualmente un problema di gestione della cronicità, e che i suoi oneri sulle famiglie sono pesantissimi. Questa proposta di legge però confonde gli ambiti. Si sofferma sulle acuzie, le risolve nel grande internamento ed è l'unica cosa che sa proporre poi di fatto anche per la cronicità. E questo mi sembra francamente inaccettabile. La cronicità non si risolve con l'internamento, che aggiunge a quella "spontanea" quella iatrogena. Così si risolve - forse - solo il problema delle famiglie. Ma allora che venga detto esplicitamente e non chiamiamola psichiatria o cura. E nemmeno si risolve con il il lavoro obbligatoriamente trovato dai CSM. Questa è un completo misconoscimento su come proprio questi meccanismi di assistenza globale a vita creano cronicità. Io cerco di aiutare i pazienti a trovarsi un lavoro da soli, e questa la considero terapia, perchè le altre strade creano un vincolo con la struttura che rischia di incatenarlo a vita ai servizi; se posso evitarlo, preferisco. Forse sbaglio, ma ho sempre pensato che la cura sia aiutare il paziente a non avere bisogno di me. Ma poi comunque, per chi proprio non ce la fa da solo, queste cose esistono nei servizi psichiatrici che funzionano, esistono i Servizi inserimento lavoro nelle ULSS, i legami con le cooperative. In maniera analoga esistono CTRP e CA per consentire un recupero (alleviando al contempo il peso delle famiglie). Con le leggi attuali le ULSS hanno l'obbligo di costruire queste strutture e queste iniziative. Se non lo fanno ora, non sarà certo un'altra legge a costringerle. E' un po' come se si proponesse una legge perchè non si osserva quello che ha detto la legge precedente. A me non pare molto sensato.... Andrea Angelozzi Date: Sat, 22 Sep 2001 16:57:27 +0200 Sender: Psychomedia Salute Mentale e Comunicazione <PM-SMC@LISTSERVER.SICAP.IT> From: Tullio Carere <tucarere@TIN.IT> Subject: Re: [PM-SMC] Riflessioni notturne sulla "legge Burani" At 13:40 +0200 20-09-01, Mario Galzigna wrote: >Da una legge moderna, al passo con i tempi, poremmo aspettarci una chiara >presa di posizione sul tema: una precisa definizione, anche in termini di >etica professionale, di un vero e proprio "obbligo" alla cura relazionale, >alla psicoterapia, ed anche ad una sua armonizzazione con le terapie >farmacologiche. Caro Mario, mi sembra molto opportuno questo tuo suggerimento di rendere centrale, e persino "obbligatoria", la cura relazionale o psicoterapia (a proposito, non so per te, ma per me i due termini sono intercambiabili. Anzi, terapia relazionale è persino meglio di psicoterapia, primo perché la relazione non è solo "psico", secondo perché toglie di mezzo il vecchio malinteso per cui la psicoanalisi sarebbe una cosa diversa dalla psicoterapia). L'obbligo per il servizio di fornire terapia relazionale farebbe da pendant all'obbligo per l'utente di curarsi, quando il suo disturbo possa "arrecare danno o pregiudizio al malato o a terzi", secondo la formula della proposta di legge. In questa formula non vedo la prevalenza di "un'ottica che privilegia la sicurezza sociale", come tu paventi. Al contrario, al primo posto sta 'il malato', al secondo 'i terzi', nella preoccupazione del legislatore. Che cosa si può obiettare? Che a una persona mentalmente disturbata si debba riconoscere il diritto di danneggiare in primo luogo sé stessa e in secondo luogo gli altri se non ha la coscienza o la volontà di curarsi? Non credo che una persona sufficientemente sana di mente possa sostenere una tesi del genere. Mi stupisco, di conseguenza, della vibrante indignazione che vedo scorrere in lista in relazione alla parola "pericolosità". Credo al contrario che il concetto di pericolosità (inteso come sopra, cioé come capacità o possibilità di provocare un evento dannoso per sé o per altri) sia e debba essere centrale nell'organizzazione di un servizio di salute mentale. In una società liberale ognuno deve avere il diritto di delirare o di coltivare qualsiasi bizzarria, fintanto che la cosa non comporta serie minacce all'incolumità psicofisica di lui stesso o di altri (non di rado è proprio la strutturazione ben riuscita di un sintomo, anche psicotico, che consente di salvaguardare l'integrità complessiva della persona e del suo inserimento sociale). La cura del disturbo "non pericoloso", cioè non potenzialmente dannoso per il soggetto o per altri - motivata quindi non dalla volontà di prevenire un danno, ma da aspirazioni come la crescita personale o la ricerca dell'autenticità - è un lusso che pochi possono e vogliono permettersi, e in ogni caso è ben al di là delle funzioni e delle risorse di un servizio pubblico, almeno nel nostro tempo. Ti ringrazio per avere collegato i due temi della terapia relazionale e della pericolosità, anche se il tuo modo di collegarli è diverso dal mio. Tullio Carere Date: Sun, 23 Sep 2001 00:18:11 -0700 Sender: Psychomedia Salute Mentale e Comunicazione <PM-SMC@LISTSERVER.SICAP.IT> From: Leonardo Fei <leonardofei@INFINITO.IT> Subject: Re: [PM-SMC] Riflessioni notturne sulla "legge Burani" Il giorno 22-09-2001 7:57, Tullio Carere, tucarere@TIN.IT ha scritto: > > Mi stupisco, di conseguenza, della vibrante indignazione che vedo scorrere > in lista in relazione alla parola "pericolosità". Credo al contrario che il > concetto di pericolosità (inteso come sopra, cioé come capacità o > possibilità di provocare un evento dannoso per sé o per altri) sia e debba > essere centrale nell'organizzazione di un servizio di salute mentale. In > una società liberale ognuno deve avere il diritto di delirare o di > coltivare qualsiasi bizzarria, fintanto che la cosa non comporta serie > minacce all'incolumità psicofisica di lui stesso o di altri (non di rado è > proprio la strutturazione ben riuscita di un sintomo, anche psicotico, che > consente di salvaguardare l'integrità complessiva della persona e del suo > inserimento sociale). Il concetto merita probabilmente un approfondimento ulteriore. Se delirare o allucinare o ancora "coltivare qualsiasi bizzarria" presuppone di trovarci di fronte all'ESITO di un percorso psicotico dove tali condizioni sono niente altro che un'estrema difesa (è ben nota la valenza consolatoria di molti deliri CRONICI), allora posso essere d'accordo: ricordo una schizofrenica che nelle mani di un collega giovane (altrimenti sarebbero state le classiche mani strappate alla vanga) vide peggiorare sul piano di un'angoscia di frammentazione un quadro allucinatorio uditivo cronico in quanto il giovanotto si ostinava da mesi a farle intendere che le voci venivano da lei con la conseguenza che la paziente cominciò a pensare che le nefandezze che "udiva" fossero vere....Ma se gli aggregati sintomatologici di una psicosi sono l'esito della perdita dei confini dell'Io tipici della fasi precoci o di stato, beh, allora non credo proprio che si tratti di un problema di diritto alla psicopatologia, ma di salvaguardia della normatività (alla Canguillhem per intendersi) e della capacità di autodeterminarsi, come mente-corpo-condotta, messe in crisi dalla psicosi. E il problema della "pericolosità" mi pare proprio sullo stesso piano: oltre e PRIMA della salvaguardia degli altri sussiste il problema di mantenere il paziente assolutamente normativo rispetto ad ogni risorse della sua vita di relazione, ivi compresa, ahinoi, anche quella che fa parlare di "capacità di reato" indubbiamente condivisa con l'area della cosiddetta normalità. E' evidente che una voce imperativa che comanda un'aggressione o un impulso clastico incontrollabile minano anzitutto la sua capacità di autodeterminarsi e di percepire ciò che definiamo disvalore rispetto ai propri atti. E' nostro dovere professionale anzitutto salvaguardarla e, se necessario, reintegrarla. A partire da questo terreno possiamo vedere una peculiarità del problema pericolosità in Psichiatria, ovvero di alcune specifiche condizioni (paranoia inprimis). Altrimenti, su un piano di allarme micro e macrosistemico, non vedo come si possa differenziare la pericolosità di un paziente psichiatrico da quella di un soggetto sotto l'effetto di sostanze o da quella insita alla criptopsicopatologia che ognuno di noi porta dentro. I fantasmi aggressivi abitano anzitutto dentro di noi, ma qui forse ricordo cose note a tutti. Date: Sun, 23 Sep 2001 18:17:39 +0200 Sender: Psychomedia Salute Mentale e Comunicazione <PM-SMC@LISTSERVER.SICAP.IT> From: Tullio Carere <tucarere@TIN.IT> Subject: Re: [PM-SMC] Riflessioni notturne sulla "legge Burani" At 0:18 -0700 23-09-01, Leonardo Fei wrote: >Il concetto merita probabilmente un approfondimento ulteriore. Se delirare o >allucinare o ancora "coltivare qualsiasi bizzarria" presuppone di trovarci >di fronte all'ESITO di un percorso psicotico dove tali condizioni sono >niente altro che un'estrema difesa (è ben nota la valenza consolatoria di >molti deliri CRONICI), allora posso essere d'accordo: ricordo una >schizofrenica che nelle mani di un collega giovane (altrimenti sarebbero >state le classiche mani strappate alla vanga) vide peggiorare sul piano di >un'angoscia di frammentazione un quadro allucinatorio uditivo cronico in >quanto il giovanotto si ostinava da mesi a farle intendere che le voci >venivano da lei con la conseguenza che la paziente cominciò a pensare che le >nefandezze che "udiva" fossero vere....Ma se gli aggregati sintomatologici >di una psicosi sono l'esito della perdita dei confini dell'Io tipici della >fasi precoci o di stato, beh, allora non credo proprio che si tratti di un >problema di diritto alla psicopatologia, ma di salvaguardia della >normatività (alla Canguillhem per intendersi) e della capacità di >autodeterminarsi, come mente-corpo-condotta, messe in crisi dalla psicosi. Se il processo psicotico incide sulla "capacità di autodeterminarsi, come mente-corpo-condotta", è ovvio il danno per il soggetto malato, e potenzialmente per altri, che la cura deve cercare di prevenire o limitare per quanto è possibile, con o senza il suo consenso. Tullio Carere Date: Wed, 26 Sep 2001 19:13:13 +0200 Sender: Psychomedia Salute Mentale e Comunicazione <PM-SMC@LISTSERVER.SICAP.IT> From: Andrea Mazzeo <a.mazzeo@TIN.IT> Subject: Re: [PM-SMC] L'Eterno Ritorno Replico partendo dalle ultime parole della mail di Angelozzi: > E' un po' come se si proponesse una legge perche' non si osserva > quello che ha detto la legge precedente. A me non pare molto sensato Il problema, a mio parere, e' che la 180, poi ripresa dalla 833, non dice proprio nulla sull'obbligo di realizzare strutture "alternative", o altre iniziative; si intuiscono sullo "sfondo" della filosofia generale che ispiro' la modifica della legge 36/1904, le intuivamo noi che eravamo a conoscenza del lavoro alternativo fatto in alcune realta' avanzate, ma scorrendo il testo di legge ci si fa l'idea che basta ricoverare per 7 giorni un paziente per risolvere tutti i suoi problemi. Se a distanza di oltre 20 anni ci troviamo ancora a discutere sulla difficolta' di applicazione della 180, evidentemente questa legge ha un vizio congenito che non ne consente l'attuazione. Il lavoro anti- istituzionale che porto' alla chiusura degli ospedali psichiatrici di Udine e Trieste, e poi di numerosi altri, ha avuto dei tempi lunghi, il territorio ha potuto attrezzarsi con le "alternative e le altre iniziative". Quella normativa, calata nelle realta' meno avanzate, ha prodotto delle autentiche nefandezze. Perche' non proviamo a ridefinire il problema: non si tratta di cancellare le conquiste della 180 (quali siano poi non si sa: gli SPDC?), ma di darle degli strumenti di concreta attuazione, e la proposta di legge Burani va, secondo me, in questa direzione. Cosa non ha funzionato della 180? La risposta alla cronicita', la risposta tempestiva nell'urgenza. Quali obblighi prevede questa legge? 1) un servizio di pronto soccorso psichiatrico ogni 500.000 abitanti (comma 7 dell'art. 2); e' sbagliato? non mi pare, e' una grossa carenza della 180 che viene colmata dalla legge Burani; 2) ciascuna ASL deve dotarsi di almeno una struttura residenziale a gestione pubblica (comma 1 dell'art. 5); anche per questo aspetto la 180 e' muta, o meglio afasica, nel senso che queste cose si intuiscono come pensate ma non sono dette, o scritte). 3) collaborare con le autorita' scolastiche, ai fini preventivi e di informazione (comma 5 dell'art. 2); non mi sembra poi tanto aberrante, e forse e' la maniera migliore per cominciare ad eliminare lo stigma; 4) controllare ed ispezionare regolarmente tutte le strutture psichiatriche; io dico finalmente!! Le altre sono possibilita' che noi operatori avremo a disposizione; se preferiremo ricoverare tutti sara' una nostra responsabilita', ma a questo rischio la legge stessa pone rimedio quando prevede la commissione per i diritti del malato di mente (era ora!) e quando prevede le consultazioni con le associazioni dei familiari. Piuttosto, credo stia sfuggendo un aspetto importante, che, forse, e' la piccola grande rivoluzione di questa legge: che fine hanno fatto gli SPDC? Date: Fri, 28 Sep 2001 01:08:04 +0200 Sender: Psychomedia Salute Mentale e Comunicazione <PM-SMC@LISTSERVER.SICAP.IT> From: Albertina Seta <a.seta@MCLINK.IT> Subject: [PM-SMC] Legge Burani inoltro un messaggio a proposito del dibattito sulla legge Burani Procaccini da parte del gruppo di Nuova Psichiatria di cui faccio parte. Alcuni dei firmatari del messaggio sono collegati on-line e iscritti alle liste di psic-ita e PM-SMC, per il prosieguo del dibattito, ma, data l'importanza della circostanza della discussione della legge in commissione sanità in questi giorni, abbiamo pensato fosse opportuno presentare un primo intervento concordato tra tutti. Un saluto Albertina Seta -------------------------------------------------------------------------------- cari colleghi, Nuova Psichiatria è un'associazione che da circa un anno sta lavorando alla elaborazione di un progetto di revisione della legge 23 dic 1978 n.833, più nota come 180. Abbiamo appreso con piacere dell'iniziativa dell'On. Burani Procaccini che, innanzitutto, prima ancora di entrare nel merito dei suoi contenuti, ha avuto il coraggio di sollevare il problema andando a toccare un vero e proprio tabù. Tutti coloro che hanno avuto la ventura di occuparsi di organizzazione dei servizi psichiatrici, o che con questi servizi abbiano una qualche dimestichezza, sanno che semplicemente parlare di riformare, rivedere, cambiare qualcosa della 180 provoca puntualmente levate di scudi che non ammettono repliche, inspiegabili ora che sono passati più di venti anni dall'approvazione di quella legge e che certe battaglie, peraltro giustissime, di difesa della dignità dei malati rischiano di diventare di retroguardia, a fronte della situazione di generale disagio in cui versano i malati, le loro famiglie, gli operatori della psichiatria. La cosa si è ripetuta anche in questa occasione, come tutti abbiamo potuto leggere sui giornali a proposito delle reazioni alla proposta di legge dell'On.Burani. La discussione che si sta svolgendo in questa lista, sembra invece testimoniare, sia pure con voci dissonanti, una diffusa esigenza di ridiscutere, rivedere, riformare, cambiare qualcosa nell'organizzazione della psichiatria. Un secondo punto che ci vede d'accordo con l'iniziativa dell'On. Burani Procaccini è rappresentato dalla necessità e dall'urgenza di una nuova legge di riforma sull'assistenza psichiatrica, che abroghi le norme palesemente distorte e ambigue della 833/180 e dia finalmente un modello di servizio psichiatrico a misura del paziente venendo a configurare una riforma psichiatrica in senso positivo e propositivo. In altre parole, pensiamo che gli evidenti insuccessi della 180 non siano dovuti a una sua incompleta o ritardata applicazione, ma a limiti intrinseci alla legge e ai suoi stessi principi ispiratori. Conseguentemente puntare a risolvere i problemi della psichiatria con il semplice potenziamento dei progetti-obiettivo (che come si sa promettono di tutto e di più in assenza di precise previsioni di spesa), come chi difende l'intoccabilità della legge continua a sostenere, ci sembra un'operazione illusoria, macchinosa e forse non del tutto limpida. E' noto, infatti che alcuni istituti della 180 troppo spesso rendono difficile se non impossibile un corretto intervento terapeutico e obbligano gli operatori e gli organizzatori dei servizi a contorti equilibrismi per aggirare la legge. Nell'interesse di chi? Nel rispetto di quali principi? Un terzo punto discriminante è rappresentato dalla questione della obbligatorietà delle cure per il malato non consenziente. Su questo la nostra posizione diverge da quella avanzata nella proposta di legge Burani. A nostro avviso infatti la garanzia di poter curare anche i malati che non accettano volontariamente la cura è fatto imprescindibile, ma il TSO va comunque inquadrato come atto medico, giustificato da una diagnosi e da un progetto di cura di cui il medico, secondo scienza e coscienza, si assume l'intera responsabilità. Al medico va data la possibilità di agire e il TSO rappresenta uno degli strumenti della sua attività terapeutica. Peraltro pensiamo che i principi informatori di una nuova legge sulla psichiatria dovrebbero risiedere innanzitutto in un modello valido e condiviso della malattia e della cura e nel ridare dignità allo psichiatra, alla sua identità medica e alla sua formazione che riteniamo siano state messe a grave rischio, se non compromesse del tutto, da venti anni di 180. La negazione della malattia mentale e la conseguente abolizione del concetto di terapia, surrettiziamente sostituito dall'ambiguo termine assistenza-riabilitazione, rappresenta una delle principali cause del disagio dei malati. Proporre una nuova legge sulla salute mentale vuol dire fornire la concreta possibilità di un agire terapeutico dal TSO d'urgenza (senza artificiali limiti di tempo), con l'obbligo però di un ben definito progetto terapeutico e la possibilità/necessità di una continuità terapeutica. E la continuità terapeutica può ovviamente prevedere la necessità di prolungare i termini del TSO secondo le esigenze cliniche del paziente e non in base a concetti arcaici di pericolosità sociale o più moderni, ma fasulli, principi di difesa della libertà del cittadino. Un cittadino-paziente è portatore in primo luogo di un ulteriori diritto: quello della possibilità della cura. A partire da questo si possono poi definire le possibilità e le modalità di una prevenzione che sono state totalmente disconosciute dalla 833/180. Come quarto e ultimo punto vorremmo proporre il nostro giudizio critico sulla proposta di riforma della 180 in questione. La proposta di legge Burani - Procaccini, pur presentando elementi di indubbio interesse e punti da discutere sui quali ci riserviamo di intervenire prossimamente ha il difetto di presentarsi in una forma troppo articolata. Quella che oggi si impone, a nostro avviso, come strumento efficace, è non già una legge complessa e minutamente articolata, che pretenda di sciogliere alla radice ogni problema relativamente a precisi standard di presidi. C'è oggi una ragione profonda che rende difficilmente praticabile una legge di questo tipo, che è il mutamento in atto del quadro normativo generale. Intendiamo riferirci al sempre più netto spostamento di competenze dallo Stato alle Regioni. Questa realtà rende più praticabile l'ipotesi di una Legge Quadro ovvero di una proposta più snella e agile e forse, in virtù di queste qualità, più incisiva e curata nei suoi principi informatori che devono essere chiari, sintetici e improntati al principale interesse dei cittadini che per noi deve essere quello della cura della malattia. Chiudiamo qui per il momento il nostro contributo alla discussione riservandoci ulteriori interventi su temi più specifici. Cordialmente Sandro Casini - Psichiatra, Primario Casa di Cura "Villa Armonia Nuova" Paolo Di Benedetto - Psichiatra, Responsabile Area Riabilitativa DSM Rieti Giorgio Guerani - Psichiatra, Responsabile Servizio Psich. Ospedaliero DSM RM/D Giovanni Inzerilli - Psichiatra, già Direttore DSM Latina Nicola Lalli - Psichiatra, Primario Dipartimento Psichiatria Università "La Sapienza" mailto:nicola.lalli@uniroma1.it oppure mailto:n.lalli@flashnet.it Carlo Lucarelli - Membro Direttivo ARAP (associazione Riforma Assistenza Psichiatrica) Albertina Seta - Psichiatra mailto:MD8639@mclink.it Giuseppe Tropeano - Psichiatra, Responsabile Area ospedaliera DSM RM/D dott.ssa Albertina Seta mailto:a.seta@mclink.it Studio di Psicoterapia Medica Piazza S.Salvatore in Lauro, 13 00186 Roma tel. ++ 39-06-6872992 Mobile 0335 - 7054256 Date: Fri, 28 Sep 2001 11:25:29 +0200 Sender: Psychomedia Salute Mentale e Comunicazione <PM-SMC@LISTSERVER.SICAP.IT> From: Andrea Mazzeo <a.mazzeo@TIN.IT> Subject: Re: [PM-SMC] Proposta di Legge "Burani" Credo che la discussione aperta possa essere l'occasione per meglio disciplinare la materia del TSO. Riscriverei il punto a) del comma 2 dell'art. 3, in questo modo: ===================================================== a) TSO di urgenza. Puo' essere richiesto da chiunque ne abbia interesse, per soggetti che presentino evidenti disturbi comportamentali, tali da far supporre l'esistenza di alterazioni psichiche. Deve essere convalidato da uno psichiatra, esercente la professione, in relazione alla presenza di alterazioni psichiche che richiedano urgenti interventi terapeutici e qualora gli stessi non vengano accettati dall'infermo. Ha validita' massima di 72 ore e deve essere effettuato negli ospedali generali o nelle cliniche psichiatriche sedi dei reparti di psichiatria. Non e' rinnovabile. I medici del reparto possono interrompere il ricovero, avvisando tempestivamente il medico curante, i familiari ed il CSM. Qualora il TSO d'urgenza venga richiesto per patologie fisiche che il malato rifiuta di curare, o per soggetti anziani ultrasettantenni, la richiesta medesima va inoltrata al Distretto Socio-Sanitario competente, che vi provvede secondo la normativa prevista per le patologie fisiche e i soggetti anziani ultrasettantenni, e con personale proprio. Qualora il TSO venga richiesto per soggetti in stato di intossicazione da alcool o droghe, la richiesta medesima va inoltrata al SERT competente, che vi provvede secondo la normativa specifica e con personale proprio; ====================================================== Andrebbero anche chiarite le modalita' formali della richiesta del TSO, ovvero per richiesta di TSO urgente si intende la proposta del medico curante, (medico di medicina generale o medico di continuita' assistenziale?). Per semplificare: chi richiede il TSO (familiari, enti vari, ecc.) si rivolge al medico curante del paziente per il rilascio di una certificazione attestante la presenza di disturbi comportamentali tali da far supporre l'esistenza di alterazioni psichiche, oppure lo richiede direttamente al CSM? Nel primo caso forse si perde il carattere dell'urgenza, quindi opterei per la seconda possibilita': la richiesta va inoltrata direttamente al CSM. Altra questione: e' necessaria una segnalazione scritta, un fax, o basterebbe una telefonata o una segnalazione verbale? Forse per iscritto e' meglio. Mi sembra importante anche sollevare il CSM dall'incombenza di effettuare TSO per motivi non strettamente psichiatrici; ovviamente il ricovero, in attesa della emanazione di norme specifiche, dovra' continuare ad avvenire nei reparti di psichiatria degli ospedali generali; e' auspicabile che la questione venga affrontata in tempi brevi. Un ricovero di un anziano o di un tossicodipendente in un reparto di psichiatria e' sempre un problema, per gli operatori ma soprattutto per i pazienti. Andrea Mazzeo Date: Sat, 29 Sep 2001 00:38:25 +0200 Sender: Psychomedia Salute Mentale e Comunicazione <PM-SMC@LISTSERVER.SICAP.IT> From: Tullio Carere <tucarere@TIN.IT> Subject: Re: [PM-SMC] Legge Burani At 1:08 +0200 28-09-01, Albertina Seta wrote: >inoltro un messaggio a proposito del dibattito sulla legge Burani >Procaccini da parte del gruppo di Nuova Psichiatria di cui faccio parte. >Alcuni dei firmatari del messaggio sono collegati on-line e iscritti alle >liste di psic-ita e PM-SMC, per il prosieguo del dibattito, ma, data >l'importanza della circostanza della discussione della legge in commissione >sanità in questi giorni, abbiamo pensato fosse opportuno presentare un >primo intervento concordato tra tutti. >Un saluto >Albertina Seta ... >Un terzo punto discriminante è rappresentato dalla questione della >obbligatorietà delle cure per il malato non consenziente. Su questo la >nostra posizione diverge da quella avanzata nella proposta di legge Burani. >A nostro avviso infatti la garanzia di poter curare anche i malati che non >accettano volontariamente la cura è fatto imprescindibile, ma il TSO va >comunque inquadrato come atto medico, giustificato da una diagnosi e da un >progetto di cura di cui il medico, secondo scienza e coscienza, si assume >l'intera responsabilità. >Al medico va data la possibilità di agire e il TSO rappresenta uno degli >strumenti della sua attività terapeutica. >Peraltro pensiamo che i principi informatori di una nuova legge sulla >psichiatria dovrebbero risiedere innanzitutto in un modello valido e >condiviso della malattia e della cura e nel ridare dignità allo psichiatra, >alla sua identità medica e alla sua formazione che riteniamo siano state >messe a grave rischio, se non compromesse del tutto, da venti anni di 180. >La negazione della malattia mentale e la conseguente abolizione del >concetto di terapia, surrettiziamente sostituito dall'ambiguo termine >assistenza-riabilitazione, rappresenta una delle principali cause del >disagio dei malati. >Proporre una nuova legge sulla salute mentale vuol dire fornire la concreta >possibilità di un agire terapeutico dal TSO d'urgenza (senza artificiali >limiti di tempo), con l'obbligo però di un ben definito progetto >terapeutico e la possibilità/necessità di una continuità terapeutica. E la >continuità terapeutica può ovviamente prevedere la necessità di prolungare >i termini del TSO secondo le esigenze cliniche del paziente e non in base a >concetti arcaici di pericolosità sociale o più moderni, ma fasulli, >principi di difesa della libertà del cittadino. Dunque il TSO va "inquadrato come atto medico". Una cura (che include neurolettici ed eventualmente ricovero) sarebbe obbligatoriamente somministrata non perché il malato la richiede, né perché esiste il pericolo di danni psicofisici a lui stesso o altri, ma perché lo stabilisce il medico, sulla base di una diagnosi e di "un ben definito progetto terapeutico", nel quadro di un modello che vuole "ridare dignità allo psichiatra". La proposta mi sembra assai inquietante. Se mi metto nei panni di chi ha bisogno di cure, io vorrei riceverle perché le chiedo, oppure perché sto mettendo in pericolo me stesso o altri (anche se non me ne rendo conto). L'idea che uno psichiatra (lo dico da psichiatra) abbia il diritto e magari anche il dovere di impormi le sue cure - cure pesanti - non perché le chiedo, né perché rischio di danneggiare me stesso o altri, ma perché lo stabilisce lui, in base al fatto che rientro in qualche casella del DSM IV o in qualche protocollo terapeutico empiricamente validato, è di quelle che mi farebbero pensare seriamente a espatriare. Tullio Carere Date: Sat, 29 Sep 2001 19:17:10 +0200 From: Piero Petrini <pipetrin@tin.it> Subject: [PM-SMC] la Consulta per la legge Burani Procaccini; To: PM-SMC@LISTSERVER.SICAP.IT > Informo gli iscritti alla lista che anch'io faccio parte dei colleghi scelti > "per un luogo > di discussione" da parte dell'on. Procaccini Burani, e la cosa mi ha > sorpreso piacevolmente e un po' preoccupato; > faccio presente che la mia posizione non è mai stata vicina ne' ai > "talebani" della 180, ne' con i "nuoviriformisti a tutti i costi", ma mi > muovo da tempo, con i miei amici, per > una legge che, rivoluzionaria per il tempo, ha bisogno, a mio parere, di > essere rivista in > alcuni punti, per un rilancio del "primato della clinica e della cura", > spesso > calpestata dall'ideologie nella cura o nell'assistenza. > Ci siamo attivati, con i gruppi di cui faccio parte, per delle riunioni di > studio della proposta di legge Burani, della proposta del gruppo "c'è" > (progetto di legge 152), che dicono sia integrata poi nella proposta Burani, > ma a me non sembra, > e con il confronto con il P.O.N. (che lo ricordo ai distratti e poco > attenti, è legge dello stato, e la 180. Le riunioni sono aperte. > Seguo attentamente anche il dibattito nelle tre liste, e stralcio per > conservare, avvertendo gli interessati, le critiche ed i > consensi utili. > Sono contento di avere Gennaro tra i "colleghi scelti" dall'On. Burani, in > quanto, pur avendo idee diverse da me, si è sempre mostrato saggio e > corretto. > In sintonia con lui dico "stiamo a vedere", con un ruolo che, almeno da > parte mia, ma credo anche da parte sua, non sarà > assolutamente passivo. > Chiunque voglia contattarmi, sono a disposizione, ma credo che Tonino > (Cantelmi) sia un > interlocutore più in vista e più valido, visto il ruolo, anche se, il suo > pensiero sulla riforma è > diverso dal mio. > Ci confronteremo. > Piero (Petrini) > > pipetrin@tin.it > > cell. 3356584709 Date: Sun, 30 Sep 2001 02:25:45 +0200 Sender: Psychomedia Salute Mentale e Comunicazione <PM-SMC@LISTSERVER.SICAP.IT> From: Mario Galzigna <bio040@CARONTE.BIO.UNIPD.IT> Subject: Re: [PM-SMC] la Consulta per la legge Burani Procaccini; At 19.17 29/09/01 +0200, Piero Petrini wrote: >> Informo gli iscritti alla lista che anch'io faccio parte dei colleghi >scelti >> "per un luogo >> di discussione" da parte dell'on. Procaccini Burani, e la cosa mi ha >> sorpreso piacevolmente e un po' preoccupato; >> faccio presente che la mia posizione non è mai stata vicina ne' ai >> "talebani" della 180 ... Non ho parole!!! I "talebani" della 180? Occorre davvero, in queste liste, ricorrere a pratiche denigratorie, di pessimo gusto? Non è più corretto rispettare - e magari capire, se possibile - le posizioni diverse dalle nostre? E se qualcuno dicesse, qui - io non lo direi mai, ovviamente - i "fascisti" della legge Burani? Un po' più di correttezza, signori!!! L'invettiva, l'insulto, l'amalgama indèbito e semplificatore ( di staliniana memoria!), in luogo del giudizio, anche severo, ma motivato ed argomentato: ecco, sono queste le cadute di stile che non giovano alla serenità ed alla costruttività del dibattito. Forse Petrini voleva solo ironizzare. Me lo auguro. Ma sarebbe auspicabile l'abbandono, in queste nostre liste, di epiteti aggressivi ed offensivi, assolutamente inutili alla crescita conoscitiva e professionale di tutti noi. Cordiali saluti da un membro della lista "scelto" - pure lui - per "un luogo di discussione", ma tutt'altro che sicuro di parteciparvi. Date: Sun, 30 Sep 2001 00:57:32 +0200 Sender: Psychomedia Salute Mentale e Comunicazione <PM-SMC@LISTSERVER.SICAP.IT> From: Tonino Cantelmi <tcantelmi@GETNET.IT> Subject: [PM-SMC] la Consulta per la legge Burani Procaccini; AVVISO: sono stati invitati alla Consulta Preliminare per dibattere sulla proposta Burani (e non solo) innanzitutto tutti coloro che hanno manifestato la voglia di farlo, senza alcuna preclusione circa passate o presenti appartenenze. L'invito Ë stato esteso ad una decina di cattedratici, ai Presidenti delle principali associazioni (es. SIP). Per ora, tra colleghi che si sono generosamente proposti e colleghi invitati per motivi istituzionali, il numero dei partecipanti Ë di circa 40 persone. Non Ë necessario una Consulta oceanica, tuttavia in questa fase preliminare sono benvenuti tutti, quindi se ci sono altre adesioni occorre comunicarlo a me (Dr. Cantelmi, 333.6553208). Coloro gi inseriti nella lista dei partecipanti o altri che volessero aderire, riceveranno un fax domani(necessario per entrare: per motivi di sicurezza i nomi debbono essere confermati alcuni giorni prima) La prima riunione della Consulta sar l'otto ottobre pv, alle ore 13, presso la Camera dei Deputati. Il programma Ë il seguente: accoglienza (mini-rinfresco), apertura dei lavori (On. Burani e On. Guidi, attuale Sottosegretario al Ministero della Salute), interventi liberi di tutti coloro che vogliono portare contributi, proposte operative (gruppi di studio?). Il mio compito dovrebbe essere quello di moderare la discussione, di raccogliere le proposte e di organizzare una successiva operativit. Se il Prof. Galzigna (o chiunque altro) per partecipare ha necessit di sapere con esattezza i nomi degli invitati, puÚ contattarmi telefonicamente e sarÚ lieto di trasmettergli le informazioni necessarie. L'adesione dell'On. Guidi d a questo incontro preliminare una dimensione, per cosÏ dire, "istituzionale": infatti vi partecipa come Sottosegretario del Ministero della Salute con delega per la psichiatria. E' dunque la massima autorit politico-istituzionale per i problemi della psichiatria. Il dibattito su Psychomedia Ë stato sinora davvero interessante e molte cose dette mi sono sembrate sensate e sicuramente da considerare. Spero (chiedo) che il dibattito avvenuto su questa lista possa essere messo a disposizione, attraverso un fascicoletto, sia degli On. Burani e Guidi, che di tutti i partecipanti. Grazie ed un cordiale saluto. Tonino Cantelmi Date: Sun, 30 Sep 2001 02:48:36 +0200 Sender: Psychomedia Salute Mentale e Comunicazione <PM-SMC@LISTSERVER.SICAP.IT> From: Antonio Gabriele Maone <maone@TIN.IT> Subject: [PM-SMC] R: [PM-SMC] Legge Burani A proposito di quanto scrive Tullio Carere: La proposta mi sembra assai inquietante. Se mi metto nei panni di chi ha bisogno di cure, io vorrei riceverle perché le chiedo, oppure perché sto mettendo in pericolo me stesso o altri (anche se non me ne rendo conto). L'idea che uno psichiatra (lo dico da psichiatra) abbia il diritto e magari anche il dovere di impormi le sue cure - cure pesanti - non perché le chiedo, né perché rischio di danneggiare me stesso o altri, ma perché lo stabilisce lui, in base al fatto che rientro in qualche casella del DSM IV o in qualche protocollo terapeutico empiricamente validato, è di quelle che mi farebbero pensare seriamente a espatriare. Aggiungo: Credo che ci sia un margine sottile e sfuggente, all'interno della particolare relazione che si realizza a partire dall'incontro fra uno psicotico ed uno che di egli debba "occuparsi", o "preoccuparsi". Su questo "incontro" certamente sono state scritte milioni di pagine. Ma il margine a cui mi riferisco, o un crinale piuttosto, è quello che separa l'uso dall'abuso della "obbligatorietà" del trattamento. Sull'ultimo numero dell'Australian and New Zealand Journal of Psychiatry, Julian Leff, in un articolo intitolato "Can we manage without the mental hospital?", dice che sì, è possibile fare a meno dell'ospedale, ma resta comunque una ristretta quota di pazienti "difficili", a cui la community psychiatry non riesce a dare risposte adeguate. E' su questi pazienti "difficili", che non sono quindi moltissimi ma su cui molti operatori in questi anni si sono "bruciati" con scarsi risultati, che l'attuale normativa non consente di agire in modo che per convenzione definiamo "adeguato". Per molti altri pazienti, l'attuale sistema di salute mentale produce risposte "abbastanza" corrette, dignitose, aderenti a quanto attualmente si basa sulla "evidenza" o almeno su una maturata e riconosciuta esperienza. Pensiamo per esempio ai 17.000 posti in strutture residenziali e ai 7.000 pazienti dei Centri Diurni. L'adesione dei pazienti a questi programmi terapeutici è resa possibile dal loro consenso. Consenso che però spesso è il risultato di un lungo "inseguimento" di una domanda di cura: processo questo che implica temporaneamente un ruolo "tutorio" non espressamente richiesto dal paziente. I pazienti che non aderiscono - per peculiari caratteristiche "cliniche" limite, per "impazienza" o scarsa perizia dell'operatore nell'inseguimento della domanda o del consenso: chi può dirlo? - continuano a rappresentare un problema familiare e sociale. La percezione di questo problema può essere poi interpretata come 1)ineluttabile conseguenza dell'intrattabilità (si può convincere - esempio limite - un paziente con Alzheimer a "ragionare"?); 2)potenti collusioni patologiche familiari (abbiamo visto, a volte, familiari che non riescono a delegare la cura); 3) inefficienza del servizio (il cosiddetto funzionamento "a macchie di leopardo" nelle varie aree italiane); 4)difetti nella legge che disciplina gli interventi psichiatrici. Leff pensa che per funzionare bene, la psichiatria di comunità debba risolvere questo problema. Come? Ad esempio creando dei gruppi di lavoro "altamente specializzati" per i c.d. casi difficili, con alto rapporto operatori/utenti (per certi portatori di handicap non è previsto qualcosa di altrettanto impegnativo?), e con frequente ricambio degli operatori, poichè sottoposti a burn-out. Ma per realizzare una cosa del genere, si dovrebbe ricorrere ad un'uso più estensivo della "obbligatorietà". Oggi essa è limitata sostanzialmente all'acuzie. E questo limite è nello stesso tempo il motivo che consente a Carere di non essere costretto ad espatriare dall'Italia. Dire: estendiamo l'obbligatorietà protratta a dopo l'acuzie limitatamente ai casi che la richiedono, significa aprire quell'argine fra uso e abuso, con scarse possibilità di controllo. L'attuale limite del TSO, è vero, consente di mascherare la intrattabilità con una pratica di abbandono. Ma l'estensione del limite darebbe luogo ad una discrezionalità troppo ampia. Il fatto è che la trattabilità coincide proprio con l'emergenza del consenso. Innescare processi di cura (cura a lungo termine) basati sulla obbligatorietà significa creare le premesse per un definitivo tramonto della possibilità di ottenere un consenso. In quanto l'obbligatorietà (quella estesa, prolungata, non quella temporanea del TSO attuale) richiede l'utilizzo di imposizioni e restrizioni prolungate. L'utilizzo (prolungato) di queste misure finirebbe per caratterizzare fortemente i luoghi della cura: chiavi, cancelli, guardiani, gerarchizzazione delle responsabilità, omologazione, regole, divieti, permessi, sanzioni, ad incremento progressivo. Cioè la custodia, anzichè il trattamento. Ci sono vie di mezzo? Controllare l'eventuale abuso con apposite "commissioni"? "Differenziare" le strutture? A. Maone Date: Sun, 30 Sep 2001 13:12:21 +0200 Sender: Psychomedia Salute Mentale e Comunicazione <PM-SMC@LISTSERVER.SICAP.IT> From: Antonio Augusto Rizzoli <aa.rizzoli@VE.NETTUNO.IT> Subject: Re: [PM-SMC] la Consulta per la legge Burani Procaccini; >Cordiali saluti da un membro della lista "scelto" - pure lui - per "un >luogo di discussione", ma tutt'altro che sicuro di parteciparvi. >Mario Galzigna Il professor Mario Galzigna si scandalizza per le parole. Io mi scandalizzo per i - documentati - fatti. Fatti che, certo, non accrescono la stima verso chi professa pratiche psichiatriche di tipo talebanico. Lo dico e lo ripeto. E si vergogni chi si straccia le vesti, ipocrita. Date: Mon, 1 Oct 2001 08:21:44 +0200 Sender: Psychomedia Salute Mentale e Comunicazione <PM-SMC@LISTSERVER.SICAP.IT> From: Andrea Mazzeo <a.mazzeo@TIN.IT> Subject: Re: [PM-SMC] Legge Burani Tullio Carere scrive: > Se mi metto nei panni di chi ha bisogno di cure, io vorrei riceverle > perche' le chiedo, oppure perche' sto mettendo in pericolo me stesso > o altri (anche se non me ne rendo conto). E' un grosso problema, con inevitabili risvolti etici, sociali, di politica sanitaria. La legge 36/1904 prevedeva il ricovero coatto per la custodia e la cura nei manicomi delle persone "affette per qualunque causa da alienazione mentale, quando siano pericolose a se' o agli altri o riescano di pubblico scandalo e non possano essere convenientemente custodite e curate fuorche' nei manicomi" (art. 1, legge 36). Chiaramente (siamo nel 1904 ma il dibattito politico In Italia, su di una legge per gli alienati ed i manicomi pubblici, comincio' a svilupparsi subito dopo l'unificazione e giunse al Parlamento del Regno nel 1881 con un disegno di legge presentato alla Camera dei Deputati dall'on.le Depretis, Ministro degli Interni; il D.D.L. si basava su una precedente proposta dell'on.le Nicotera che riprendeva delle norme in vigore in Toscana sin dal 1838 e probabilmente ispirate alla legislazione francese - Basaglia: "Appunti su psichiatria e criminalizzazione del bisogno"), all'epoca non era pensabile altro intervento che non fosse di pubblica sicurezza. Il dibattito tra le forze politiche e sociali, avviato sin dagli anni '50, dopo le scoperte della neonata scienza, la psicofarmacologia, http://www.psychiatryonline.it/ital/180/bruno2.htm porto' all'approvazione della legge 18 marzo 1968, n° 431 che consentiva il ricovero volontario in manicomio (art. 4), prevedeva l'istituzione dei Centri di Igiene Mentale provinciali (art. 3), contemplava il personale addetto a questi nuovi servizi, fra cui gli psicologi, aboliva l'obbligo dell'iscrizione del ricovero psichiatrico nel casellario giudiziario (art. 11). Cominciava a farsi strada il concetto che un ricovero psichiatrico poteva avvenire anche per motivi sanitari (ricovero volontario) oltre che di pubblica sicurezza (ricovero coatto). Con la 180/78 si sanci' che anche il ricovero coatto, ora TSO poteva avvenire: 1 - se vi sono alterazioni psichiche 2 - se le stesse sono tali da richiedere degli interventi terapeutici 3 - se tali interventi terapeutici sono ritenuti urgenti 4 - se il paziente li rifiuta 5 - se non vi sono concrete alternative extra-ospedaliere. 1 - il termine di alterazione psichica, nella sua genericita', e' efficiente per far comprendere in quali casi si puo' pensare ad un provvedimento di TSO; 2 - le alterazioni psichiche devono essere tali da richiedere degli interventi terapeutici e 3 - tali interventi devono essere urgenti. Per alterazioni psichiche che non richiedono interventi terapeutici (penso ad es. al ritardo mentale, ma anche altre situazioni) non e' proponibile un TSO, ma anche situazioni in cui gli interventi terapeutici non sono urgenti non possono essere fatto oggetto di TSO. Questi concetti, a mio parere, contengono intrinsecamente il concetto di pericolosita', pur non facendone alcun cenno; difatti e' logicamente conseguente che una persona con alterazione psichica che richieda urgenti provvedimenti terapeutici si trovi anche in una condizione di pericolosita', per se stessa o per gli altri. Non a caso l'Italia e' la culla del diritto: abbiamo escogitato una formula efficace che senza farne cenno, ci fa intuire, in background, il medesimo concetto, la pericolosita', che informava la precedente legislazione italiana e che informa tuttora la legislazione di altri paesi. 4 - rifiuto del paziente verso le cure urgenti: rafforza i concetti precedenti. Il paziente che rifiuta le cure urgenti non e' consapevole del suo stato di malattia e della conseguente potenziale pericolosita', verso se stesso e verso gli altri, cui la malattia lo espone. 5 - alternative extra-ospedaliere, o non ospedaliere: oggi mi sembra pleonastico (questi 20 anni un segno lo hanno lasciato), allora era necessario perche' il ricovero ospedaliero era la prima risposta che veniva in mente; ma il concetto esisteva gia' nella legge del 1904! Date: Mon, 1 Oct 2001 08:22:15 +0200 Sender: Psychomedia Salute Mentale e Comunicazione <PM-SMC@LISTSERVER.SICAP.IT> From: Andrea Mazzeo <a.mazzeo@TIN.IT> Subject: Re: [PM-SMC] Proposta di Legge "Burani" Il punto a) del comma 3 dell'art. 2, lo vedrei cosi': ================================================= a) centro di salute mentale (CSM): ha la responsabilita' del malato in tutti i suoi aspetti medici, psicologici, sociali e legali; svolge attivita' anche di urgenza, ha una apertura parziale 24 ore su 24 e deve essere articolato su tutto il territorio nazionale. In particolare ha il compito di: 1) curare il malato al suo domicilio assicurandogli terapie farmacologiche e psicologiche necessarie al suo recupero; 2) assicurare al malato un'attivita' lavorativa e sociale compatibile con le sue possibilita'; 3) assicurare una adeguata attività di day-hospital, psicoterapia di gruppo e centro diurno, anche attraverso convenzioni, comprendenti attivita' ricreative e lavorative. I day-hospital devono essere dotati di almeno 10 posti ogni 100 mila abitanti e devono essere aperti per almeno 50 ore settimanali; 4) ................. ecc. sino al punto 7 =================================================== Il punto b) del comma 3 dell'art. 2, invece: =================================================== b) struttura residenziale con assistenza continuata (SRA): e' destinata ai pazienti che necessitano di interventi terapeutici e riabilitativi, volontari od obbligatori, non erogabili a domicilio o nei day-hospital. Tali strutture devono essere dotate di adeguati spazi verdi e di ricreazione. Le SRA devono assicurare al malato interventi medici diagnostici e terapeutici, interventi psicologici psicodiagnostici e psicoterapici, attivita' lavorative, ricreative e attivita' fisica. Deve essere assicurato, tra strutture pubbliche e convenzionate, un numero di posti corrispondenti ad almeno 80 ogni 100 mila abitanti. Ogni struttura non puo' avere piu' di 50 ospiti. In ogni regione devono essere organizzate almeno tre SRA per accogliere i malati piu' gravi o che rifiutino l'inserimento in comunita' aperte. I malati destinati all'ospedale psichiatrico giudiziario sono ricoverati, alla data di entrata in vigore della presente legge, in tali strutture regionali. Le SRA sono suddivise in due gruppi: 1) per giovani da 15 a 25 anni, prevedendo l'accoglibilita' per i giovani dai 14 ai 22 anni; 2) per adulti. ==================================================== Art. 4, comma 4 e comma 5: =================================================== 4. Il malato di mente ha diritto al rispetto della propria personalita'. La sua situazione di abbandono non costituisce motivo di un inserimento coatto in una struttura protetta, a meno che il proseguimento della sua vita abituale non comporti un serio pericolo per la sua salute o per le sue capacita' intellettive o i suoi comportamenti non costituiscano pericolo per altri. La difesa degli interessi del malato puo' essere demandata a persone allo scopo nominate. 5. Le strutture di terapia residenziale devono prevedere, pur nel rispetto delle regole di vita comunitaria, dei permessi giornalieri di uscita all'esterno della struttura, di almeno quattro ore, nonche' permessi prolungati per viaggi o per visite presso familiari o amici, se da questi esplicitamente accettati. Le disposizioni del presente comma non si applicano in caso di TSO. =================================================== Date: Mon, 1 Oct 2001 14:33:59 +0200 Sender: Psychomedia Salute Mentale e Comunicazione <PM-SMC@LISTSERVER.SICAP.IT> From: Piero Petrini <pipetrin@tin.it> Subject: [PM-SMC] Legge Burani: risposta al dott. Galzigna ed eventuali scuse! Sent: Sunday, September 30, 2001 11:30 AM Subject: Legge Burani: risposta al dott. Galzigna Egr. dott. Galzigna, il termine, "tra virgolette" era chiaramente ironico, come ironico era "scelto". Il mio era un tentativo, come è nel mio stile, di ricondurre al dibattito più persone (N.B. non ho detto colleghi o operatori!!), anche usando termini "ironici" volutamente ad effetto. E' necessario, a mio parere, e l'ho spiegato avanti nella E-mail, coinvolgere più gente possibile nella rivisitazione o nel cambiamento di questa legge, perchè il rischio di peggiorare le cose c'è, e se così fosse mi troverei dalla parte del "mantenimento dello stato di cose presenti"(al fianco dei "talebani della 180") piuttosto che dalla parte di chi vuole un cambiamento a tutti i costi. C'è il rischio di un salto nel buio. C'è il rischio di peggiorare l'assistenza al malato di mente! E' necessario, era spiegato più avanti, sottolineare il "primato della cura e della clinica" nella salute mentale, troppo spesso svalutato a favore di qualche ideologia. E' una mia idea, condivisa dagli amici del mio sindacato. Ma era tutto già scritto nella mia E-mail, ripeto, qualche passo più avanti. Si, forse il termine "talebano" potrebbe risultare infelice e fastidioso per qualche collega; l'ho usato come sinonimo-ironico di rigida adesione ad una ideologia;come provocazione; si, forse è infelice....ma rende ed hoottenuto l'effetto voluto, anche con questa Sua E-mail! Grazie di averla inviata. Mi piacerebbe che i colleghi che definisco "talebani della 180" perchè provocati lasciassero "l'Aventino", e scendessero in campo, non con una difesa arroccata ed ideologica (talebana), ma con la "forza delle idee" che gli ho sempre riconosciuto, (rivoluzionaria), con il racconto di fatti ed esperienze, che mettano in evidenza dove la 180 può avere fallito, per esempio nella mancata applicazione di alcuni punti ed alcune strutture, e dove potrebbe essere migliorata; mi piacerebbe non poco (e sono certo che lo faranno!) che contribuissero al miglioramento della legge e dell'assistenza. Quanto ai pre-"scelti", credo che il nostro compito sia quello di contribuire, non solo come singoli, ma anche e specialmente attraverso l'attivazione di "gruppi di studio" e attraverso le nostre organizzazioni politiche, sindacali, di lavoro; attraverso i nostri gruppi di interesse, ad aiutare, dicevo, se ci riusciamo, a migliorare una legge. Grazie comunque della critica e chiedo scusa se l'ho offesa e se ho offeso qualcuno in qualche modo; il gesto aveva nobili intenzioni. Piero Date: Mon, 1 Oct 2001 21:16:46 +0200 Sender: Psychomedia Salute Mentale e Comunicazione <PM-SMC@LISTSERVER.SICAP.IT> From: Antonio Augusto Rizzoli <aa.rizzoli@VE.NETTUNO.IT> Subject: [PM-SMC] Segnalazione sulla proposta Burani "Il Sole- 24 Ore" di oggi lunedi 2 Ottobre 2001 dedica l'intera pagina11 ("Norme e tributi") alle proposte di Legge Burani-Procaccini e Pdl-Cè (che nessuno ha in lista menzionato). Gli articoli di Chiara Bannella, Manuela Perrone e di Massimo Cozza sono molti informativi. A mio avviso l'apporto in tema di psichiatria del quotidiano economico è di ottimo livello e vi invito a leggerlo. Al di là di vari punti di vista la mia personale impressione è che la proposta voglia finalmente tutelare i diritti anche dei parenti degli ammalati mentali e che costituisca comunque una risposta politica a quei movimenti che, in nome di una "180/833" , hanno utilizzato cospicue risorse ed occupato, non sempre degnamente, posti di dirigenza e di potere a scopi dichiaratamente psichiatrici, ma, in realtà, di controllo territoriale. Ciò è avallato anche dal dispiegarsi di elucubrazioni pseudo-scientifiche fatte da persone che nulla hanno a che fare con la pratica e la dottrina della psichiatria e che costituiscono la copertura culturale dei suddetti movimenti. Ritengo, pertanto, che la 180/833 vada riformata, anche se in misura inferiore al richiesto e proposto, e vada assegnata al medico una funzione che non sia quella di polizia. La riforma della "180/833" sancirà anche la fine delle inibizioni di coloro (e sono molti) che fino ad oggi prudentemente tacevano di fronte alle enormità ed ai falsi in bilancio (pubblico) che venivano ammanniti al parco buoi psichiatrico (chiamasi così il gruppo dei piccoli azionisti di una grande società che assistono, inermi ed imbelli, alle manovre spericolate di gruppi che non hanno neppure la maggioranza, ma se la prendono). Cordiali saluti. Prof. Antonio Augusto Rizzoli Date: Tue, 2 Oct 2001 13:59:06 +0200 Sender: Psychomedia Salute Mentale e Comunicazione <PM-SMC@LISTSERVER.SICAP.IT> From: Marco Longo <m.longo@FLASHNET.IT> Subject: [PM-SMC] il dibattito Burani e' on-line cari colleghi, come promesso, abbiamo cominciato ad inserire on-line il dibattito sulla proposta di legge Burani che e' in corso sulla lista generale di PSYCHOMEDIA lo trovate nella sezione "dibattiti on-line" di PM: http://www.psychomedia.it/pm-lists/debates1.htm alla pagina web: http://www.psychomedia.it/pm-lists/debates/buranidib.htm mentre, come gia' precedentemente comunicato, il testo della proposta di legge Burani si trova alla pagina: http://www.psychomedia.it/pm/modpsy/modtecpsy/leggeburani.htm insieme al testo della relazione introduttiva dell'On. Burani- Procaccini alla presentazione del progetto di Legge Burani alla Commissione Affari Sociali della Camera http://www.psychomedia.it/pm/modpsy/modtecpsy/burani.htm man mano che il dibattito su PM-SMC proseguira' il suo corso, aggiorneremo il file nella sezione dibattiti, il cui testo stampato sara' anche messo a disposizione della Consulta di lunedi' prossimo m@l Date: Tue, 2 Oct 2001 17:16:58 +0200 Sender: Psychomedia Salute Mentale e Comunicazione <PM-SMC@LISTSERVER.SICAP.IT> From: Bosio Roberto <bosirob@TIN.IT> Subject: [PM-SMC] Altra proposta legge salute mentale PROPOSTA DI LEGGE n 844 d'iniziativa del deputato CENTO (Gruppo Misto Il Girasole) in tema di tutela della salute mentale XIV LEGISLATURA Modifiche alla legge 13 maggio 1978, n. 180, concernente accertamenti e trattamenti sanitari volontari e obbligatori, e alla legge 23 dicembre 1978, n. 833, concernente istituzione del Servizio sanitario nazionale, in tema di tutela della salute mentale Presentata il 14 giugno 2001 Date: Tue, 2 Oct 2001 17:24:00 +0200 Sender: Psychomedia Salute Mentale e Comunicazione <PM-SMC@LISTSERVER.SICAP.IT> From: GENNARO ESPOSITO <genesp@FASTCOM.IT> Organization: PSICOTERAPEUTA Subject: [PM-SMC] proposta di legge CENTO -- Ho letto la proposta di legge "Cento" deputato della Margherita, presentata a giugno 2001 (vedi http://www.camera.it/_dati/leg14/lavori/stampati/sk1000/frontesp/0844.htm) La proposta valorizza molto i termini di "dipartimento" e la neuropsichiatria infantile e critica la mancanza in 20 anni e passa di iniziative/strutture di riabilitazione per la psichiatria, anche e soprattutto dopo la chiusura dei manicomi. art.1 "... Gli interventi per la tutela della salute mentale sono svolti dai servizi unici di psichiatria, di neuropsichiatria infantile e di psicologia, istituiti presso ogni azienda sanitaria locale. Tali servizi sono coordinati tra loro, con il servizio sociale del dipartimento per la salute mentale delle aziende sanitarie locali e con gli altri che siano ritenuti necessari. L'organizzazione dipartimentale deve prevedere la costituzione di due gruppi interdisciplinari ed unici per l'intera azienda sanitaria locale, dei quali uno per la popolazione adulta ed un altro per la popolazione infantile, integrati tra loro per garantire la continuità negli interventi di prevenzione, cura e riabilitazione, relativi alle malattie mentali, nel passaggio dall'età infantile all'adolescenza ed all'età adulta". proposta di istituire "le comunita' socio-terapeutiche" dove saranno effettuati i ricoveri volontari e obbligatori. Art. 2. (Presidio per il ricovero psichiatrico della popolazione adulta). "1. Il quarto comma dell'articolo 34 della legge 23 dicembre 1978, n. 833, è sostituito dai seguenti: "Le regioni devono istituire, nel territorio di competenza del dipartimento per la salute mentale, comunità socio-terapeutiche per il trattamento sanitario, volontario ed obbligatorio, dei pazienti le cui relazioni con l'ambiente familiare e sociale appaiano gravemente compromesse in conseguenza della patologia, al fine di promuovere il superamento della malattia e la piena riabilitazione mediante la partecipazione e la corresponsabilizzazione del paziente stesso alla vita della comunità, nonché una progressiva riduzione del ricovero a tempo parziale...." il numero dei pazienti per ogni comunita' va' da 15 a 20 unita'. "...La comunità socio-terapeutica deve essere organizzata per ospitare un numero di pazienti compreso tra i quindici e i venti in funzione della popolazione servita dal dipartimento per la salute mentale..." istituisce l'"Albo nazionale dei Formatori" Art. 4. (Formazione del personale). 1. Dopo l'articolo 34 della legge 23 dicembre 1978, n. 833, come modificato dalla presente legge, è inserito il seguente: "Art. 34-bis. - (Albo nazionale dei formatori)- 1. Il Ministro della sanità istituisce, con proprio decreto, l'albo nazionale dei formatori, al quale possono accedere coloro che dimostrano di possedere i requisiti specifici ottenuti attraverso esperienze documentabili. abroga l'articolo sulla dismissione degli ex O.P. Art. 6. (Abrogazione di norme). 1. L'articolo 8 della legge 13 maggio 1978, n. 180, è abrogato. e regola il TSO, chiamandolo "Trattamento Sanitario presso la comunita' socio-terapeutica". Art. 7. (Trattamento sanitario presso la comunità socio-terapeutica). 1. Nei commi primo e secondo dell'articolo 35 della legge 23 dicembre 1978, n. 833, e nella rubrica e nei commi secondo e terzo dell'articolo 2 della legge 13 maggio 1978, n. 180, le parole: "trattamento sanitario obbligatorio", ovunque ricorrano, sono sostituite dalle seguenti: "trattamento sanitario presso la comunità socio-terapeutica". Commeto: a parer mio e' una proposta che non "incide" in termini forti sui bisogni del paziente psichiatrico e sugli obblighi delle regioni e delle ASL, pur avendo in se' spunti corretti di approccio al problema legato alla rete di interventi socio-sanitari. Non dirime il problema della obbligatorieta' delle cure nei casi gravi. passo... Date: Tue, 2 Oct 2001 20:54:52 +0200 Sender: Psychomedia Salute Mentale e Comunicazione <PM-SMC@LISTSERVER.SICAP.IT> From: laura tidone <lauratidone@tin.it> Subject: [PM-SMC] schizofrenia italiana Nell'ambito delle discussioni sulla riforma della 180, nessuno continua a cogliere la peculiarità italiana relativa alla scissione di tutta la patologia di abuso e dipendenza. Partecipo, in questo periodo, ad una ricerca multicentrica europea del gruppo ECCAS, finanziata dalla UE, finalizzata a rilevare, nei diversi paesi, la prevalenza di positività ai cannabinoidi (primo gruppo), alle altre sostanze (secondo gruppo) e l'assenza di riscontro tossicologico (terzo gruppi) nelle psicosi acute. Lo studio è molto semplice: per un anno e mezzo consecutivo ogni centro arruola i primi 100 ricoverati per ognuno dei gruppi, completa la diagnosi ed esegue il follow-up con strumenti vari (SCID, SCL-90R, EUROSAAC)..... Fin qui tutto facile... MA i colleghi di tutta Europa considerano routine l'esecuzione dell'analisi di sostanze psicoattive all'ingresso di ogni ricovero per psicosi acuta, quanto per un ostetrico è di routine l'esecuzione dell'emocromo in una gravida. Nei nostri SPDC tutto ciò sembra essere di complicatissima esecuzione.. ricerche tossicologiche per diagnosi differenziale? valutazione comorbidità con esami di laboratorio all'ingresso? La rimozione e la scissione della patologia PSICHIATRICA da dipendenza o abuso e e di una buona fetta del DSMIV continuano e ci caratterizzano ovunque. Che dire? Laura Tidone Date: Tue, 2 Oct 2001 22:58:03 +0200 Sender: Psychomedia Salute Mentale e Comunicazione <PM-SMC@LISTSERVER.SICAP.IT> From: FABRIZIO RAMACCIOTTI <fabramac@TIN.IT> Subject: [PM-SMC] Fw: [PSIC-ITA #1277] schizofrenia italiana Assolutamentew d'accordo con laura. A Venezia da sei anni(ovviamente all'interno di quanto la legge sulla privacy consente) tra i protocolli di diagnosi differenziale in SPDC vi è anche quello della ricerca di sostanze psicoattive,ovviamente per pazienti di nuovo contatto o per i pazienti in carico con probabilità di uso. Grazie alla collaborazione con Fabrizio Schifano abbiamo compreso l'utilità pratica di questa procedura(che ovviamente viene accompagnata da uno specifico raccordo anamnestico)non solo per il trattamento in acuto ma sopratutto per il trattamento territoriale delle psicosi dei consumatori di lungo periodo di cannabis ed extasis. Il risultato operativo è particolarmente soddisfacente. Il problema è la non presenza nel DSM del SERT (per non parlare della NPI) per cui il modello di consulenza fornito dal servizio di "seconda diagnosi" a fronte di quello di "prima diagnosi" che dovrebbe attuare la presa in carico spesso non funziona. Chi ha in groppo il paziente spesso se lo tiene anche se dovrebbe solo fare la consulenza. La limitazione delle risorse e il loro spezzettamento tra agenzie diverse su linee decisionali completamente autonome "fa gli uomini ladri". La unità nel DSM di tutto lo PSI era una delle tesi rappresentate nella stesura del P.O. vediamo se qualcuno si ricorda chi la chiedeva e perchè non venne accettata. la legge burani in questo è modernissima :al problema di funzionamento risponde anzichè che con l'integrazione delle possibilità di cura rieditando il contenitore indifferenziato del comportamento (così detto è più tecnico ma si può anche dire manicomio) Fabrizio Ramacciotti P.S. tanto per capirci .come faremmo a fare questo se fossimo con l'SPDC fuori dall'ospedale generale? Date: Wed, 3 Oct 2001 11:31:04 +0200 Sender: Psychomedia Salute Mentale e Comunicazione <PM-SMC@LISTSERVER.SICAP.IT> From: "mantero mario" <manteromario@TISCALINET.IT> Subject: [PM-SMC] pericolosità sociale e linee guida Vorrei inserirmi con qualche considerazione sulla legge Burani o meglio sulle ricadute che questa legge dovrebbe avere sul tema della pericolosità sociale e sulla prevenzione della stessa. Preciso che svolgo con regolarità da anni attività forense sia in ambito penale che civile. Ho un'intensa attività di scambio culturale con i colleghi stranieri. Sono molto contento che dopo tanti anni si sia nuovamente messa mano alla legislazione della psichiatria, la nostra povera e tormentata psichiatria Italiana. Non povera di idee certamente giacchè il dibattito ricco e illuminato sulla legge Burani dimostra esattamente il contrario, ma invece povera di mezzi e di capacità operative. Povera di sistemi di sicurezza che permettano a chi lavora nei servizi psichiatrici a qualsiasi titolo la possibilità di godere di una relativa tranquillità e protezione da ciò che può diventare , in un attimo anzi nella frazione di una attimo, il rapporto umano con le persone sofferenti mentalmente: violenza . Io non sono in grado di fornire in questo momento i cosiddetti "dati" sull'efficacia di una più razionale organizzazione del lavoro sia dal punto di vista della topografia dei servizi che per quanto attiene agli standard di sicurezza e di protezione ma credo che la presenza stessa di un sistema di sicurezza qualsiasi renda il nostro lavoro meno precario ed esposto. Nella mia attività di psichiatra clinico e forense ho saputo, letto e lavorato sia sugli aggressori che sulle vittime (gli psichiatri) e posso dire che nella maggior parte dei casi non si è trattato nemmeno di un errore di "setting" o di "transfert" ma di una esplosività aggressiva imprevedibile che trova la sua spinta nel mondo interiore dell' "infermo di mente" e non ha nulla a che fare con la vittima. Aggressioni violente e lesive che se denunciate in massa renderebbero il nostro lavoro ben più di un "lavoro a rischio" ma addirittura un lavoro apertamente pericoloso. Non c'è limite alla tipologia di aggressioni e alla motivazioni apparenti delle stesse. I casi sono reali perché ad essi, quando denunciati, corrispondono fascicoli di Tribunale e ,quando portati avanti , spesso il riconoscimento del danno. Possiami difenderci pensando che capita " ad un altro e non a me". Possiamo , magari inconsapevolmente, isolare il collega vittima , come ho visto fare , il "disgraziato", ma si tratta di comportamenti di difesa patetici e miopi , anche se ben noti, specialmente a chi si occupa di psicotraumatologia. Il numero di "incidenti critici" nel nostro lavoro è allarmante e può comportare tra l'altro conseguenze psichiche pesanti con riflessi negativi sulla carriera della vittima. Secondo voi una persona che mentre lavora viene aggredita, che non trova in realtà nessuna parola di confronto dal sistema nei giorni e nei mesi successivi all'evento, che sa che la sua aggressione poteva essere prevenuta o stroncata se avesse avuto una via di uscita, magari un modo per comunicare al di fuori della stanza, può tornare al lavoro nel silenzio del post-trauma su quella stessa scrivania di quello stesso ufficio ed essere ben disposto e presente ? Le modalità ordinarie del lavoro di "equipe" non bastano quando si ha a che fare con lo "straordinario" ovvero l'evento critico. In questo punto trovo un aspetto omissivo nella legge 180: abolendo il concetto di pericolosità sociale "tout-court" questa legge ha aperto la strada alla emergenza permanente senza reti di protezione, senza garanzie minime di sicurezza sul lavoro. Io penso sia necessario promuovere e sostenere una cultura di prevenzione della violenza in modo concreto e tangibile. Chi si occupa della proposta di legge Burani dovrebbe occuparsi anche di questo. Il secondo punto che vorrei la nuova proposta di legge potesse affrontare riguarda la necessità di linee guida di comportamento clinico in modo che prima di giudicare l'"Operatore" con il codice penale in mano lo si possa valutare sulla base di una ritrovata professionalità : cosa fare in questa situazione? E in quell'altra? Non dovrebbero esserci delle linee di condotta per aiutare ad esempio un Infermiere che ha ricevuto solo dieci ore di "infarinatura" teorica di psichiatria chissà quanti anni prima? Questo sentimento di incertezza di fondo che si avverte nei servizi non andrebbe contrastato con qualche sicurezza procedurale, magari come fanno in altri paesi del vasto mondo? Saluto e ringrazio tutti per l'attenzione ricordando che chi avesse desiderio di confrontarsi su questi temi , parlare della propria esperienza personale di CPS , Pronto Soccorso o altro è gradito in lista o privatamente a manteromario @tiscalinet.it Mario Mantero Editorial Staff Member of PSYCHOMEDIA Date: Thu, 4 Oct 2001 14:04:16 -0700 Sender: Psychomedia Salute Mentale e Comunicazione <PM-SMC@LISTSERVER.SICAP.IT> From: Mario Puoti <mpuoti@YAHOO.COM> Subject: [PM-SMC] c.etico umanistico e legge burani DOTT. MARIO PUOTI PRIMARIO REPARTO PSICHIATRICO OSPEDALE SAN GIACOMO VIA CANOVA 19, ROMA TEL/FAX 06 36266227 COORDINAMENTO ETICO UMANISTICO PER LA PSICHIATRIA PROPOSTA DI LEGGE 174 ìBURANI PROCACCINIî , RIFORMA DELLE LEGGI PER LA PSICHIATRIA VIGENTI La legge per líassistenza psichiatrica in vigore attualmente (articoli 34, 35, 64 della 833, ex 180) rappresenta a tuttíoggi un punto di riferimento importante. Prima dellíentrata in vigore della stessa legge, líintervento era determinato dalla pericolosit supposta del paziente psichiatrico, esso mirava alla custodia nelle cittadine dei matti : i manicomi. Con la legge 180 líattenzione si Ë spostata alla cura della persona nella sua interezza, con interventi integrati negli ospedali generali e sul territorio. Purtroppo la genialit dellíispiratore della legge morto prematuramente, il Prof. Basaglia, non ha avuto tutto il seguito che si ci aspettava, in quanto la stessa andava rivista , sviluppata , sostenuta con risorse economiche , con procedure applicative. Senzíaltro ha contribuito una certa rigidit di molti dei suoi sostenitori, che lungi dallíaprirsi al confronto ne hanno fatto una religione. Ne Ë derivato un sistema disfunzionale sotto gli occhi di tutti che vede soffrire pazienti e familiari direttamente coinvolti . Al manicomio di una volta si Ë sostituito il manicomio dipartimento di salute mentale, dove prevalgono le logiche del potere cui gli psichiatri sono comunque inclini, chiuso al confronto con le altre realt mediche e sociali. In particolare non si riconosce líesistenza di un numero consistente di pazienti psichiatrici effettivamente pericolosi a sÈ e/o agli altri che richiederebbe interventi coattivi prolungati prima di un gesto di rilevanza giudiziaria. Si nega che numerosi pazienti psichiatrici cronici gravi non siano in grado di gestire la propria cura e tanto meno la propria vita e vivono nellíabbandono totale nei nuovi manicomi urbani del barbonismo obbligato. Si nega il diritto ad un tentativo di cura prolungata obbligatoria di quei pazienti che richiederebbero una ricovero di alcuni mesi. Non si Ë curata la diversificazione degli spazi terapeutici. A tuttíoggi negli stessi Spdc, Centri Diurni, Comunit sono ospitati pazienti molto diversi per et , patologia, con stravolgimento del progetto terapeutico del singolo. Da anni era attesa una modifica della legge ma la proposta attuale n.174 che in questi giorni assorbe tempo di commissioni parlamentari, di psichiatri, di familiari non sembra una risposta adeguata. Essa non Ë nÈ di sinistra nÈ di destra, nÈ culturale nÈ tecnica. Eí confusa, piena di confusivit nelle sue istanze ed obiettivi, rappresenta un salto indietro ad un medioevo pieno di paure generiche e di streghe da cacciare. Al bisogno della cura o, meglio, dellíintervento migliore per la persona si sostituisce la paura generalizzata della malattia mentale. Oltretutto il termine malattia mentale viene utilizzato ripetutamente nel progetto senza precisare quali disturbi psichici vengano identificati con esso. Le famiglie dei pazienti psichiatrici vengono nominate garanti degli interventi senza tenere conto degli interessi frequentemente contrastanti dei pazienti con i loro familiari. E non si intendono qui solo gli interessi economici, ma anche le necessit di difendersi dalla propria follia interna, molto pi&Mac249; frequente nei congiunti di pazienti gravi. Condizioni queste che rendono non imparziale la partecipazione dei familiari. Piuttosto la partecipazione dei familiari come associazioni dovrebbe rimanere ad una fase di progettazione di politica assistenziale e di verifica della stessa. Allíarticolo 2 della proposta viene rafforzata líidea del dipartimento forte come il manicomio e garante di una struttura senza vie di fuga e di confronti (distretto socio sanitario). Si enfatizza una cura al domicilio spesso inutile e invasione dannosa se attuata diffusamente, senza una attenta valutazione ed una strategia terapeutica. Si enfatizza il trattamento dellíurgenza delle situazioni difficili fuori dellíospedale. Ne conseguirebbe una perdita di garanzia dei procedimenti diagnostici e dei trattamenti, in particolare della sicurezza di quelli farmacologici intensivi (tali interventi se non avvengono in un contesto ospedaliero, possono comportare gravi danni alla salute. Molto intelligente, invece, il punto 4 dello stesso articolo che vede raggruppati alcuni presidi (ambulatorio, ospedale, day hospital),il che consentirebbe di risparmiare risorse di personale (troppo spesso in giro da un presidio allíaltro) e favorirebbe la continuit del rapporto del paziente con gli stessi operatori nelle diverse fasi della patologia. Allíarticolo 3 Ë da ritenere pericoloso un trattamento sanitario venga proposto da ìchiunque ne abbia interesseî. Líinteresse non puÚ essere che del paziente anche quando questo Ë pericoloso , solamente un medico puÚ assumersi la responsabilit di proporre provvedimenti contro la volont del paziente. Le 72 ore del Tso sono un tempo ridicolo per una valida valutazione psichiatrica. Lo stesso articolo Ë permeato da un concetto di pericolosit automatica del paziente psichiatrico. Al punto 11 viene nominata una commissione per la valutazione dei Tso dove compaiono gli stessi familiari anche se come associazione. Ripeto il giudizio sul Tso non puÚ essere che tecnico. Le uniche valenze tecniche sono del medico e del magistrato. Concludo richiedendo che si apra un tavolo per la revisione delle attuali leggi sulla assistenza psichiatrica con chi ha effettivamente lavorato sul campo e non con chi in tutti questi anni Ë rimasto nelle stanze degli uffici della psichiatria o nelle sagrestie dei partiti e sia disposto a confrontarsi con le forze politiche e sociali, con le associazioni dei familiari , con le associazioni di cittadinanza. Date: Fri, 5 Oct 2001 18:25:14 +0200 Sender: Psychomedia Salute Mentale e Comunicazione <PM-SMC@LISTSERVER.SICAP.IT> From: rpiperno <rpiperno@IOL.IT> Subject: [PM-SMC] considerazioni legge Burani To: PM-SMC@LISTSERVER.SICAP.IT Considerazioni sulla proposta di legge Procaccini Burani Ruggero Piperno Psichiatra, psicoterapeuta Primario Responsabile ( da 2 anni) del SPDC e DH e del Centro per gli attacchi di Panico dell'ospedale Nuovo Regina Margherita , Roma Via Morosini 30 In precedenza ho sempre diretto Servizi Territoriali Didatta presso l'accademia di Terapia Familiare a Roma Roma via Monte Gemma 2 00141 Premessa · La legge 833 ha permesso il superamento del manicomio e listituzione e la crescita dei Dipartimenti di Salute Mentale che hanno attivato una serie di servizi che offrono una risposta differenziata alle esigenze di pazienti con gravi disturbi mentali e dei loro familiari. · Tale filosofia che prevede strutture ambulatoriali, semiresidenziali e residenziali a diverso livello di protezione deve essere mantenuta, razionalizzata, ottimizzata e finanziata, in quanto il suo sviluppo appare eccessivamente disomogeneo nel territorio nazionale e nellambito di una stessa Regione. · E tuttavia vero che in alcune situazioni di grave psicopatologia non è facile instaurare e mantenere una relazione terapeutica - per un tempo sufficiente ad ottenere un cambiamento terapeutico. Parliamo in questi casi di pazienti non collaborativi (vedi appendice). Tale piccola ma significativa percentuale di persone non trova la possibilità di essere gestita correttamente allinterno della legge 180. · Possiamo pertanto tranquillamente ammettere che esiste una ristretta minoranza di situazioni che per la loro gravità, non ha consapevolezza di malattia e può trarre vantaggio terapeutico da una cura complessiva di carattere farmacologico, psicologico, relazionale e ambientale in strutture adeguate e per un tempo sufficiente ad ottenere dei risultati terapeutici. Il termine situazione al posto di casi non è casuale e vuole rimarcare che la sofferenza non è esclusivamente limitata al paziente, ma anche ai suoi familiari e allambiente circostante che devono pertanto ricevere supporto terapeutico anche attraverso la separazione del paziente dalla propria famiglia. Separazione che non deve essere intesa né come abbandono, né come delega totale. · La proposta di legge Burani Procaccini, per quanto allo stato attuale appaia confusa e non del tutto adeguata, può costituire un utile strumento per avviare una discussione collettiva che abbia come obiettivo il miglioramento delle condizioni cliniche e socio-esistenziali Bisogna tuttavia prendere in considerazione alcuni fattori: · La legge nazionale è solo una delle componenti, per quanto importante, della qualità della risposta sanitaria. Altri fattori, tecnici, culturali, sociali ed economici, non direttamente considerati dalla legge, ed altri livelli di responsabilità politica: Regioni, Comuni, Aziende Sanitarie Locali, incidono profondamente nella qualità della risposta. · E necessario poter prevedere non soltanto gli effetti positivi di una legge, ma anche le conseguenze di una discrepanza temporale fra lapplicazione di una sua parte abrogativa e la difficoltà, per i più svariati motivi, a portare avanti la parte attuativa. Laddove questa discrepanza si è verificata ha comportato uno stato di abbandono del paziente con eccessivo carico familiare · Non è ancora del tutto compiuta lanalisi dei motivi che hanno portato alla degenerazione manicomiale. Questa carenza conoscitiva deve essere colmata per impedire che si riverifichino modalità relazionali manicomiali anche al di fuori dei manicomi. Vorrei riportare di seguito i punti che mi sembra meritino una maggiore discussione. Altri punti possono emergere nel corso della discussione. Art. 2 2) Bisogna definire per legge la natura dei DSM a struttura o a funzione 3) Il recupero sociale deve prevedere un ente che abbia per mandato istituzionale di vigilare sulla funzione sociale, sussidi, case famiglie, tempo libero, centri sociali, et. Questo ente da individuare probabilmente con il Comune o con la Circoscrizione deve lavorare in stretta collaborazione con il DSM che deve occuparsi essenzialmente degli aspetti sanitari. Le varie strutture devono prevedere un rapporto per popolazione e dei correttivi per densità. a) Definire che il CSM ha responsabilità sociali e legali sul malato è, a mio avviso fuorviante. In quanto la responsabilità sociale deve essere affidate allente di cui sopra e per quanto riguarda la responsabilità legale bisogna distinguere Una responsabilità sul patrimonio del paziente che deve essere affidata ad un tutore secondo gli istituti di interdizione o inabilitazione o a un curatore estendendo lart. 35 della legge 833 Qualora ne sussista la necessità il giudice tutelare adotta i provvedimenti urgenti che possono occorrere per conservare e amministrare il patrimonio dellinfermo. anche oltre il periodo del TSO. Questo problema potrebbe essere superato dallamministratore di sostegno che tuttavia ancora non esiste. Bisogna inoltre prevedere una figura che in caso di incapacità del paziente possa vicariarne alcune funzioni decisionali nellinteresse del paziente. a) 1) curare il malato a domicilio qualora venga ritenuto necessario e opportuno 4) Per quanto riguarda la scelta del luogo di cura riproporrei la dicitura dellart. 33 . Compreso per quanto possibile il diritto alla libera scelta del medico e del luogo di cura 7) Il discorso sullintervento sullurgenza e sul 118 merita un discorso a parte e andrebbe pertanto modificato b) Si parla di RSA e si nominano le comunità aperte senza che poi vengano prese in considerazione fra le strutture del dipartimento cosi come mancano tutte le altre strutture di tipo sociale. Le RSA dovrebbero essere specificate meglio ritengo indispensabile tenere divise le strutture per giovani, per adulti e per anziani, di suddividere gli spazi abitativi fra donne e uomini integrando gli spazi sociali di convivenza. Fisserei un limite di età che ritengo non possa superare i 60-65 anni per cui toglierei la categoria anziani da queste strutture dedicandogli delle strutture apposite. Per quanto riguarda le attività fisiche, ricreative e lavorative deve essere specificato che queste devono essere subordinate ad un progetto terapeutico redatto per ogni paziente dal responsabile della struttura. Tale progetto terapeutico dovrà prendere in considerazione anche la situazione familiare del paziente. 6) Non vengono definite le dimensioni (numero dei posti letto dei reparti psichiatrici) negli ospedali, né il numero di posti relativo alla popolazione. Art. 3 Non riesco a capire lutilità del TSO durgenza, non sono comunque daccordo che la richiesta venga fatta da chiunque ne abbia interesse e che venga convalidata da uno psichiatra non pubblico. Manterrei tre livelli: domanda fatta da chiunque ne abbia interesse, proposta e convalida secondo le modalità attuali. Bisogna tuttavia specificare che il paziente dopo la convalida del medico si trova di fatto in stato di TSO temporaneo fino alla notificazione del Sindaco. Per quanto riguarda le patologie fisiche bisogna specificare che devono essere di grave entità da minacciare la vita o da rappresentare, se non curate, un esito di invalidità. Ridurrei a 15 i giorni di durata del TSO, che comunque può essere rinnovabile e deve essere rinnovato da uno psichiatra della struttura dove il paziente è ricoverato e da uno psichiatra della struttura pubblica territoriale dove il paziente ha il proprio psichiatra di riferimento. Questo permetterebbe almeno un consulto quindicinale Art.4 Si parla di amministratore di sostegno che ancora non esiste. Art.8 Le aree e gli edifici degli ex ospedali psichiatrici possono essere utilizzati per la costituzione di RSA e comunità alloggio a condizione che il numero dei posti letto complessivo non superi le 50 /100 unità in uno spazio residenziale sufficientemente esteso. Art. 9 Le università possono avere la responsabilità di reparti ospedalieri integrati con i DSM Accludo come appendice un documento che mi sembra del tutto attuale che ho inviato in Regione nella precedente legislatura a proposito dei pazienti non collaborativi e che può svolgere una funzione di cornice nel modificare la legge. Considerazioni sulla non collaborazione terapeutica in psichiatria Considerazioni generali 1. Il concetto di Non Collaborazione (N.C.) in psichiatria non può essere visto come una condizione stabile nel tempo, o legata esclusivamente al paziente. Al contrario deve essere visto come una condizione oscillante e di tipo relazionale, legata cioè allequilibrio di varie dinamiche che vede come attori il paziente, i suoi familiari, gli operatori, il servizio e il contesto sociale. 2. Alcune condizioni di N. C., anche se conseguenti ad una patologia psichica, devono essere tollerate ed accettate. Anche quando i comportamenti e lo stile di vita di chi sta male possono risultare non conformi alle aspettative familiari e sociali non sempre vi è indicazione per effettuare un intervento. In alcuni casi una vita sconclusionata, scarsamente integrata, solitaria, improduttiva potrebbe essere il migliore equilibrio possibile fra una serie di variabili individuali, sociali, patologiche e familiari. Si vede dunque che lequilibrio fra collaborazione e non collaborazione non può sempre essere demarcato da una linea rigida e che le decisioni di intervenire o meno e, in caso dintervento, come intervenire, dovranno essere prese di volta in volta possibilmente dopo una discussione collegiale. In alcuni casi, che dovranno essere verificati di volta in volta, lofferta di opportunità, la capacità da parte del servizio di tenere a mente le varie sfaccettature della situazione, le periodiche verifiche della situazione insieme ai familiari potrebbero rappresentare latteggiamento terapeutico più adeguato anche se insoddisfacente sul piano delle aspettative. Laddove è possibile lalleanza fra servizio e familiari può svolgere una buona condizione di monitoraggio, nel rispetto della soggettività dei familiari che comunque non devono essere abbandonati a consuetudini di vita troppo frustranti o faticose. · Esempio 1: Paola 35 anni, cronicamente delirante ma allo stesso tempo sufficientemente in grado di gestirsi la realtà. Rifiuta una relazione terapeutica stabile. Tuttavia in alcuni momenti si rivolge al servizio per ottenere un sussidio dichiarandosi troppo malata per poter svolgere un lavoro proficuo, Sporadicamente chiede un colloquio ad uno o laltro dei vari operatori che la conoscono. In alcuni casi è lei stessa a farsi ricoverare in ambienti medici o psichiatrici SPDC. Risponde in tono gentile alle telefonate che le vengono. La madre, che è lunico familiare che le sta vicino, frequenta svariati gruppi nellambito del servizio, traendone conforto e competenza. 3. In alcune situazioni il problema della N.C. deve essere affrontato sul piano sociale piuttosto che su quello psichiatrico. La presenza di spazi sociali, mense, luoghi dove dormire non deve essere sempre confusa con una esigenza terapeutica in senso stretto, anche se è ovvio che la mancanza di questi spazi può peggiorare lo stato mentale. · Esempio 2: Barbone non accetta nessuna regola sociale del tipo lavoro o abitazione in condominio, girovaga per la città vivendo di espedienti. Non accetta di venire al CSM ,né la possibilità di un alloggio. Quando dopo un TSO è stata messa in una comunità è scappata perché si sentiva rinchiusa. Viceversa quando la si andava a trovare in una sorta di capanna, che si era costruita vicino al Tevere, sembrava soddisfatta. A suo modo era integrata in un mondo sociale di altre persone emarginate, offriva il cibo che si era procacciata, trovandolo buono, contrariamente a quello che le veniva offerto durante i ricoveri. 4. Il problema della non collaborazione non deve essere confuso: a) con la crisi o leclatanza del comportamento che a volte sono un modo, per quanto incongruo, di collaborare o chiedere aiuto. Esempio 3: paziente in stato di eccitamento o in una crisi psicotica acuta. Con incapacità acuta e momentanea di valutare la propria condizione e la necessità di aiuto. In questo caso i disturbi del comportamento costringono loperatore ad un intervento e quindi forzano paziente e operatore allinterno di un incontro che potrà rivelarsi più o meno importante e proficuo per il futuro del paziente. b) con uno stato di mancanza di coscienza o con un restringimento dello stato di coscienza. Tutte le volte che è escluso, per cause organiche o psichiche, lo stato di soggettività non si può parlare di N.C. . Tuttavia non si può neanche dire che la N.C. sia esclusivamente un fatto di volontà. c) con la resistenza ad entrare in una dimensione di intimità per la richiesta esasperata di rassicurazioni. In questi casi il rifiuto alla collaborazione, che generalmente non è mai totale, va rispettato facendo attenzione agli spiragli che si aprono nel processo di avvicinamento, che può a volte essere anche molto lungo. Esempio 4: Paziente psicotico che allinizio non ne vuole sapere di venire al CSM, né di vedere gli operatori. Può tuttavia accettare che i genitori li accolgano mentre lui è in casa, o può accettare di parlare con gli operatori attraverso la porta di casa. d) con la difficoltà a collaborare per carenze strutturali del servizio, ad es. mancanza di operatori, mancanza di strutture intermedie poiché in questi casi la soluzione del problema è legata alladeguamento dei servizi alle necessità del progetto terapeutico. Da quanto abbiamo supposto in precedenza si può dedurre che per poter definire una situazione di N.C. da parte del paziente o del suo contesto familiare devono verificarsi due presupposti: · che siano stati effettuati tutti i tentativi possibili da parte del servizio per convincere il paziente ed i suoi familiari ad una collaborazione, compreso, in alcune situazioni, il TSO, · che si riscontri la necessità di una cura, che si pensi cioè che lintervento terapeutico possa comportare dei risultati soddisfacenti sia dal punto di vista clinico che di qualità della vita. · si assume quindi come ipotesi operativa che anche in presenza di un ipotetico dipartimento a regime con tutte le strutture previste attualmente dallattuale organizzazione e che metta in atto tutti gli interventi possibili per motivare un paziente alla cooperazione terapeutica vi siano alcune situazioni che non riescono ad essere agganciate nonostante si ritenga opportuno di farlo. Attualmente queste situazioni o non vengono gestite facendone gravare il peso sulle famiglie e rinunciando ad una potenzialità che si presume migliorativa, o vengono ricoverate in cliniche private dove, anche se vengono formalmente rispettati, i presupposti giuridici della legge attuale, di fatto il contenimento e laccettazione da parte del paziente vengono ottenuti al di fuori di un contratto palesemente esplicito. Le ipotesi che faremo si rivolgono pertanto a questa fascia dutenza presupponendo che sia possibile studiare delle modalità operative più consone alla loro terapia o comunque al miglioramento della qualità sia della loro vita che di quella delle loro famiglie. In sintesi ipotizziamo che la non collaborazione sia influenzata da una serie di fattori che riassumiamo. Fattori legati al paziente · Perdita dellesame di realtà e disorganizzazione cognitiva · Stati emotivi non contenibili · Grave Struttura di personalità borderline uso di sostanze stupefacenti. · Sintomi psicopatologici gravi sia positivi che negativi · Difficoltà a sopportare alcuni effetti collaterali degli psicofarmaci · Ignoranza e pregiudizi sulla natura dei disturbi mentali e sulle possibili cure Fattori legati allèquipe · Atteggiamenti di non accettazione nei confronti di uno specifico paziente · Organizzazione del servizio inadeguata · Pessimismo terapeutico e mancanza di speranza in un cambiamento · Saturazione obiettiva e soggettiva · Mancato coinvolgimento del contesto familiare Fattori legati alla famiglia · Famiglia iperprotettiva e fusionale · Mancanza di conoscenze realistiche sulla natura del disturbo · Psicopatologia franca dei familiari · Mancanza di un contesto familiare o assenza di almeno una figura di riferimento che tenga a mente il paziente Fattori legati al disturbo specifico · Particolarità del disturbo specifico con mancanza assoluta o parziale di consapevolezza di malattia · Permanenza di parti sane non a servizio dellalleanza terapeutica. Classe degli interventi possibili in psichiatria Gli interventi che si può considerare utile mettere in atto in psichiatria rientrano nelle seguenti categorie: · Psicofarmacologica: loperatore, dallanalisi del caso, può ritenere che lassunzione di un farmaco che il paziente non accetta possa migliorare la sua condizione clinica. · Relazionale: loperatore può ritenere che la costruzione di una relazione interpersonale terapeutica sia un intervento necessario sul piano clinico e che il paziente non sia, tuttavia, in grado di accettare, per il momento, questa proposta. Limposizione di una relazione, per quanto sia delicata e in molti casi discutibile, può rivelarsi una modalità terapeutica insostituibile e per poterla realizzare è necessario che il paziente e loperatore siano costretti a condividere uno stesso spazio-tempo. Lesperienza mostra come a volte una relazione terapeutica proficua sia una meta da raggiungere e che richieda dei tempi in cui paziente e operatore devono entrambi essere forzati ad un incontro. · Ambientale: alcuni pazienti possono essere aiutati a trovare delle modalità esistenziali più adeguate e, possibilmente, più autonome, attraverso la permanenza momentanea in strutture più protette. E possibile che alcuni pazienti collaborino ad un aspetto parziale del progetto terapeutico, ad es. possono venire agli incontri ma non accettare i farmaci, o viceversa, possono accettare i farmaci ma non linserimento in una comunità o in un centro diurno. Anche in questi casi si dovrà valutare, di volta in volta, lopportunità di rispettare il punto di vista del paziente, i tempi e le modalità dintervento. Dal momento che la relazione interpersonale intesa in senso lato è lelemento fondante e, quindi, la cornice di tutti i possibili interventi, diviene molto difficile portare avanti un progetto terapeutico in sua assenza. E importante tenere presente che la relazione terapeutica necessita, per potersi esplicare, di una possibile dialettica e negoziazione fra le parti, che a sua volta necessita uno spazio-tempo per potersi realizzare. La psicosi e le gravi condizioni borderline possono indurre modalità di relazione patologiche: relazioni perversamente e violentemente asimmetriche, fusionali, o siderali fino al il rifiuto della relazione. Nelle relazioni asimmetriche vi è un membro della relazione - che può essere listituzione (vedi manicomio), un familiare o lo stesso paziente - che assume un atteggiamento dispotico e tirannico che annulla ogni possibile negoziazione. Nelle relazioni fusionali vi è la perdita della libertà dei singoli che spesso riescono a sopravvivere allinterno di una alleanza. Le relazioni siderali sono costituite da una vicinanza fisica ma da una distanza affettiva o da affetti di tipo critico e ostile. Il rifiuto della relazione può essere accettato quando è inserito nellambito di una scelta e quando non comporti grave rischio per il paziente e per coloro che gli stanno intorno. Viceversa deve essere trattato, e quindi non rispettato (vedi TSO), quando si configuri agli occhi delloperatore come grave condizione sintomatica lesiva per il paziente e per il suo contesto. Non collaborazione e diagnosi cliniche Nonostante la non collaborazione sia una condizione che attraversa le diagnosi psichiatriche trasversalmente può essere utile identificare le categorie diagnostiche che più facilmente possono dare adito ad atteggiamenti non collaborativi in quanto ognuna di esse pone problemi abbastanza specifici e modalità particolari di gestione. Pazienti confusi per motivi organici o psicotici Dal momento che la confusione contrasta con la soggettività, in questi casi possiamo trovarci di fronte ad una mancanza di collaborazione ma non ad un rifiuto vero e proprio. Generalmente questo fa sì che non si pongano problemi di opportunità o di coscienza da parte delloperatore che avverte lo stato confusionale più come un problema medico che psicologico. Pazienti con deficit intellettivi e psicosi dinnesto: Vi è una categoria di pazienti al limite fra la disabilità e la psicosi che pongono particolari problemi di non collaborazione. Ci riferiamo ai deficit mentali con psicosi di innesto o con psicosi legate allinterpretazione della realtà da un vertice di osservazione intellettivamente deficitario. A volte questi pazienti richiedono una funzione vicariante che si deve prolungare per tutta la vita. Sul piano assistenziale è necessario ipotizzare case famiglia o comunità sufficientemente protette Pazienti Psicotici con vissuti persecutori (paranoidei) I pazienti psicotici si difendono con il diniego della realtà dal doppio rischio del pensiero e degli affetti, o meglio dal rischio che questi due aspetti della realtà psichica provocano: la sofferenza mentale. In linea generale la non collaborazione è dunque il tentativo di mettere una certa distanza dalla propria realtà psichica (o distruggerla) ed una pari distanza dalla realtà psichica dellaltro. Sono pazienti che possono mettere in seria difficoltà gli operatori, anche se in genere si riesce nel tempo a creare dei legami anche se parziali. Se si lavora adeguatamente può succedere che il legame venga salvato dallarea persecutoria più diffusa, e possa costituire un punto di riferimento per il paziente. Ci sembra che in questi casi sia importante accettare che sia il paziente ad utilizzare questo riferimento secondo le sue necessità piuttosto che secondo unidea precostituita delloperatore. Purtroppo i legami tendono ad aumentare quanto più la struttura dellIo tende a diventare fragile, per cui è possibile che quanto più aumenti la collaborazione tanto più ci si ritrova di fronte ad una persona impoverita. Strutture di personalità borderline. Chiunque abbia avuto in terapia gravi pazienti borderline avrà probabilmente sperimentato la spiacevole sensazione di vedersi sfuggire continuamente dalle mani qualcosa che si pensava di avere saldamente afferrato. A volte questi passaggi sono così repentini che nel corso di una stessa seduta si possono alternare momenti di collaborazione e di assoluta non collaborazione. Si alternano atteggiamenti di compiacimento e seduzione del terapeuta a rotture drammatiche e apparentemente inspiegabili. Nei casi più gravi la non comunicazione sostiene lillusione della autosufficienza: se comunicare testimonia il bisogno o il desiderio delloggetto la non comunicazione è lunico modo per negare questa necessità. Quando questi aspetti vengono agiti i pazienti tentano di mettere in atto con i familiari o con il servizio vere e proprie relazioni tiranniche. · Esempio 4: una paziente costringeva la madre a rovistare nella spazzatura alla ricerca di oggetti che avrebbe potuto aver perso, un altro paziente che esigeva che la madre lo guardasse per lunghi periodi in un certo modo ma solo in quel modo che implicava unassoluta immobilità, adirandosi violentemente se percepiva un attimo di distrazione o il più piccolo movimento. Altri pazienti diventano padroni incontrastati degli appartamenti dove vivono con i familiari, costringendo questi ultimi ad accettare tutte le loro regole e le loro stranezze. E frequente che i genitori di questi pazienti siano indotti ad eseguire e ripetere i più svariati e complicati cerimoniali. Le aree dellIo ancora funzionanti aumentano la problematicità dei pazienti borderline. Nei casi più gravi certi pazienti tentano di ricreare attivamente gli affetti che hanno subito passivamente generando nella relazione gli affetti di rabbia e paura sperimentati nei riguardi degli oggetti primari. In questi casi la collaborazione è molto difficile per la risposta contro-transferale degli operatori coinvolti nel progetto. Pazienti nei quali prevalgono sintomi negativi Sono quelli che pongono grandi problemi fra rispetto/richieste e fra limiti e difficoltà. Spesso infatti non vengono tollerati i limiti di queste persone, disconoscendone sia laspetto di organicità che di difesa. La presenza di sintomi negativi a volte ricorda un modello distimico: una entità che coinvolge la psiche del paziente ma che non sembra generata da questultima. In questi casi deve prevalere, da parte del terapeuta, un atteggiamento teso a incrementare la tolleranza più che la comprensione. Pazienti in stato di eccitamento maniacale Pongono grossi problemi di collaborazione in quanto sono affezionati allesperienza esaltata, per quanto possano mantenere una valutazione critica. Sono tuttavia i classici pazienti con i quali è possibile avere una buona relazione nelle fasi intervallari delle crisi e per i quali risulta utile una conoscenza approfondita delle modalità precedenti di comportamento nei momenti di eccitamento dato che le modalità di comportamento durante le crisi rimangono abbastanza simili. Generalmente i pazienti nella fase maniacale ripetono i comportamenti delle fasi maniacali precedenti viaggi, spese, rischi che possono essere in qualche modo previsti tramite la conoscenza profonda e longitudinale della situazione, e questo può permettere di scegliere lintervento più appropriato. Pazienti gravemente depressi Non pongono generalmente grossi problemi perché accettano passivamente quello che si propone loro mostrando indifferenza. Possibili ipotesi operative Visto che la terapia delle situazioni psicotiche si basa essenzialmente sulla relazione terapeutica, e che questa deve essere un obiettivo da raggiungere e non sempre può essere data per scontata fin dallinizio del progetto terapeutico, tenuti in considerazione i punti sopra citati, si può verificare la necessità che il paziente venga messo nella condizione di incontrarsi con loperatore anche se questo incontro gli può sembrare non desiderabile. Una volta messe in atto tutte le modalità di avvicinamento in un arco di tempo che si può considerare ragionevole, deve poter essere prevista lobbligatorietà dellincontro e la negoziazione di un progetto esistenziale. A tal fine sono ipotizzabili i seguenti interventi, che non mettono in discussione né lo spirito né la sostanza della legge180. · Notifica al paziente della obbligatorietà alla cura. Tale notifica può essere considerato un cerimoniale forte che il paziente può accettare, ad es. per la rappresentatività di chi lo propone (Vigili Urbani) e può essere ripetuto a scadenze prestabilite, ad es. per effettuare una psicofarmacologia Depot o per stimolare una relazione. Una dicitura possibile potrebbe essere del tipo: La legge ci obbliga ad incontrarci, obbliga me e lei ad un incontro nellambito dei nostri specifici ruoli. · Ricovero in SPDC con un progetto concordato fra gli operatori del CSM e dellSPDC in cui si cerca di prolungare il ricovero per tutto il tempo necessario allo sviluppo di una minima alleanza terapeutica. Quando i tempi per costituire questa alleanza terapeutica si protraggono la struttura e lattuale organizzazione degli attuali SPDC non sembra adeguata ad una permanenza lunga. · Dovrebbe pertanto essere prevista una comunità terapeutica ad alta capacità di contenimento probabilmente a bacino dutenza dipartimentale o interdipartimentale. Il concetto di alta capacità di contenimento è abbastanza vago cercheremo pertanto di enunciare i punti sui quali si dovrebbe svolgere una discussione collettiva:: Il primo punto è legislativo: se si decide che il paziente debba essere curato anche contro la sua volontà si rientra a tutti gli effetti in uno stato previsto dal Trattamento Sanitario Obbligatorio che per legge può essere prorogato anche se di settimana in settimana. Il problema è che la legge, per quanto su questo punto lasci dei margini dinterpretazione, prevede che il TSO in regime di ricovero venga effettuato in ospedale, si tratterebbe pertanto di derogare e permettere di effettuarlo, mantenendo le stesse garanzie, nelle comunità terapeutiche accreditate. Probabilmente una prassi di questo genere è meno ipocrita e più funzionale al paziente dei cosiddetti TSO mascherati nelle cliniche private. Il secondo punto deve riguardare lorganico degli operatori che per svolgere una funzione così delicata deve essere adeguato. Il terzo punto deve riguardare gli spazi che dovranno anchessi essere adeguati. Il quarto punto è inerente all'organizzazione complessiva del servizio Il quinto punto riguarda le garanzie di non degenerazione della qualità dell'assistenza Lobiettivo è di rendere una relazione negoziale ed evitare quindi violenze da una parte e dallaltra. Ruggero Piperno |
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