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Salute Mentale e Comunicazione |
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Dibattito sulla Proposta di Legge Burani lista PM-SMC - Settembre 2001 (Presentazione e Testo della Proposta di Legge) Date: Sat, 6 Oct 2001 19:02:54 +0200 Sender: Psychomedia Salute Mentale e Comunicazione <PM-SMC@LISTSERVER.SICAP.IT> From: Albertina Seta <a.seta@MCLINK.IT> Subject: [PM-SMC] Legge Burani cari colleghi, scriviamo per continuare la discussione sulla Burani a qualche giorno dal primo messaggio a nome di Nuova Psichiatria. Le reazioni a quel messaggio ci hanno fatto concludere che probabilmente è utile continuare a scrivere per dire qualcosa di più delle nostre posizioni che, riassunte in poche righe, potrebbero dare adito a equivoci e conclusioni affrettate da parte di chi non ci conosce e niente sa del nostro lavoro di elaborazione su questi temi. In altre parole, bisogna avere un po' di pazienza e cercare di chiarirsi man mano che il discorso va avanti. Inoltre, abbiamo pensato che forse non è utile rispondere punto per punto alle obiezioni sollevate, perchè si rischierebbe di far deviare il discorso su alcuni temi specifici, di cadere in battibecchi e polemiche inutili . Nel primo messaggio a nome di nuova Psichiatria, la critica al PdL Burani-Procaccini, formulata sinteticamente, parlava della necessità di una legge quadro più organica, più snella e nello stesso tempo chiara nei suoi principi informatori. Ampliando il discorso e portandolo su un altro piano, il punto è di evitare una impostazione che, subendo la pressione dei problemi più urgenti dell'assistenza psichiatrica, finisca con il ricalcare la stessa impostazione della 180 che, come è noto, altro non è se non tre articoli della più ampia riforma sanitaria: due riferiti al trattamento sanitario obbligatorio in psichiatria e uno intitolato: " norme transitorie per l'assistenza psichiatrica", ovvero dedicato genericamente alla cronicità (che peraltro non è mai nominata). Sarebbe paradossale finire con l'aderire, sia pure inconsapevolmente, all''idea di una psichiatria che comincia col dare una risposta istituzionale alla crisi manifesta, aggressiva, violenta in senso sadico del paziente psichiatrico e finisce con il fornire assistenza a un paziente che una volta, in era manicomiale, veniva definito come difettuale. Nel mezzo niente. Il problema principale che oggi si pone, a nostro avviso, oltre a quello del superamento di una legge che di fatto lega le mani agli operatori della psichiatria, è quello, più difficile, del superamento della "cultura della 180". In altre parole, l'invito a superare ogni steccato ideologico e a ridiscutere di psichiatria ci spinge ad andare un po' più a fondo nell'esaminare in che consista tale '"ideologia", che per noi coincide con la mancanza di una teoria della malattia e della cura. Nel dibattito della Commissione Affari Sociali, l'On.Burani, riferendosi agli esiti della 180, ha parlato di crisi dell'identità dello psichiatra "in bilico tra una professionalità di tipo sociologico e una professionalità di tipo medico posta sotto accusa." Siamo d'accordo su questo, anche noi pensiamo che in questi venti anni si sia vissuto un clima culturale distruttivo dell'identità psichiatrica e che questo, di pari passo, abbia prodotto il dissolversi di ogni fisionomia del malato e della malattia mentale (delle malattie mentali). Ci auguriamo dunque che dalle iniziative in corso possa venir fuori una nuova legge ( o meglio una legge vera e propria) che contribuisca a ricostruire l'identità psichiatrica, partendo dalla giusta considerazione per una psicopatologia e una clinica psichiatrica che sembrano scomparse. Il diritto alla cura del cittadino resta, ovviamente, l'obiettivo principale, secondo quanto recita l'art.2 della stessa legge di riforma sanitaria (833), al cui punto 3), tra gli obiettivi troviamo la diagnosi e la cura degli eventi morbosi quali che ne siano le cause, la fenomenologia e la durata. Il problema della cura in psichiatria è materia controversa, si sa. Bisogna vedere se un'idea di cura è mai esistita nella storia della psichiatria. Forse, però, basterebbe rintracciare in quella stessa storia una speranza, una ricerca, una vaga intenzione di curare alla quale riallacciarsi per restituire agli psichiatri quell'immagine di medico che fin dai tempi più antichi interveniva sul suo simile con intenzioni terapeutiche, pur non essendo in possesso degli strumenti per un intervento efficace. L'accento sull'identità del medico, e in special modo dello psichiatra, non vuole certo escludere dal panorama generale altre figure professionali importantissime. Su questo punto non sono accettabili polemiche, perchè è fin troppo chiaro che proporre una riflessione su questi temi non significa mettere sotto accusa nessuno, né tantomeno tenere in scarsa considerazione il lavoro spesso ottimo che tanti operatori hanno svolto e continuano a svolgere. Se il nostro discorso tende a operare alcune forzature in questo senso è per una questione che a noi sembra di non piccolo conto: l'insistenza dei più fieri oppositori di ogni intervento legislativo in materia di psichiatria sul tema della difesa di coloro che essi chiamano "deboli " o "sofferenti" o addirittura" "poveri", ma mai "malati". Porre in primo piano l'identità medica dello psichiatra rappresenta pertanto un nodo attorno al quale l'intera discussione potrebbe ruotare. E la discussione potrebbe portarci molto lontano. Lo psichiatra, infatti, nella nostra prospettiva, ha anche da farsi perdonare una vocazione storica biologista, organicista, custodialista, ovvero fondamentalmente ha da compiere una difficile ribellione contro un'idea profondamente radicata nella società e nella cultura che è quella della incurabilità della malattia mentale (delle malattie mentali). Un'idea, più o meno latente, per cui ogni sua attività viene percepita come un'inutile violenza da controllare. Ed effettivamente, in assenza di una teoria della malattia e della cura, o almeno di una ricerca su questo piano, ogni attività nei confronti di un malato potrebbe risultare violenta. Partendo da queste considerazioni, pensiamo quindi che il punto di partenza nel porre in discussione le norme vigenti in materia psichiatrica sia quello della identità psichiatrica. Ricostruirla, a partire dalla clinica e da una riflessione sulla sua storia, in modo da ricostruire, parallelamente, una fisionomia del malato di mente, può porci a contatto con le reali specifiche esigenze di un individuo che, caduto nella malattia, ha diritto a possibilità di trattamento dimensionate alla sua (psico)patologia, ossia rispondenti alla sua realtà di malato. Siamo consapevoli che questo discorso può aprire a infinite discussioni. Attualmente, si sa, non esiste un modello unico di malattia e di cura. Potrebbe comunque per il momento bastare l'accettazione di un principio metodologico condivisibile da diversi orientamenti: quello di pensare e proporre soluzioni che, andando al di là dei bisogni più urgenti, tendano a dare un'idea globale di come la psichiatria dovrebbe funzionare, partendo dalla realtà della malattia mentale (delle malattie mentali) così come sappiamo che si manifesta(no). Soluzioni che rispondano dunque a una immagine chiara e concreta del malato, che diano spazio a un'idea di cura e che contengano aperture agli sviluppi della ricerca. NUOVA PSICHIATRIA PS. Oltre al mio indirizzo e-mail e a quello del prof. Nicola Lalli, rintracciabili nel mio messaggio precedente insieme alla composizione del gruppo, invio un altro indirizzo: Dott. Giovanni Inzerilli mailto:nuova.psichiatria@tin.it dott.ssa Albertina Seta mailto:a.seta@mclink.it Studio di Psicoterapia Medica Piazza S.Salvatore in Lauro, 13 00186 Roma tel. ++ 39-06-6872992 Mobile 0335 - 7054256 Date: Tue, 9 Oct 2001 11:54:43 +0200 Sender: Psychomedia Salute Mentale e Comunicazione <PM-SMC@LISTSERVER.SICAP.IT> From: Marco Longo <m.longo@FLASHNET.IT> Subject: [PM-SMC] incontro psichiatri con On. Burani cari colleghi, come da programma precedentemente annunciato anche da PSYCHOMEDIA, si e' svolto ieri a Roma, in un bel palazzo ottocentesco sito nei pressi del Pantheon ed adiacente la Camera dei Deputati, un incontro tra un folto gruppo di colleghi psichiatri e l'On. Burani Procaccini, onde iniziare una discussione con gli addetti ai lavori del testo della proposta di legge (pdl) sull'assistenza psichiatrica di cui Lei stessa e' relatrice, testo che trovate anche alla pagina: http://www.psychomedia.it/pm/modpsy/modtecpsy/leggeburani.htm per aprire i lavori ha preso la parola il collega Cantelmi (Roma), che ha invitato l'On. Burani a presentare brevemente se stessa e la sua pdl, chiedendo poi a tutti i presenti di presentarsi a loro volta ed esporre sinteticamente, alcune prime note critiche (visto il tempo limitato a disposizione: circa tre ore, ricco buffet a parte), a complemento di quelle gia' pubblicate on-line da PSYCHOMEDIA; annunciando comunque che quella di ieri si costituiva solo come una prima riunione esplorativa, cui seguiranno sia la costruzione di piccoli gruppi di lavoro sui diversi temi specifici trattati nei vari articoli della pdl, sia delle audizioni specifiche di colleghi e rappresentanti delle associazioni di categoria, nonche' di quelle dei pazienti e dei loro familiari nel suo intervento iniziale, l'On. Burani, dopo aver ringraziato tutti i colleghi intervenuti personalmente, cosi' come quelli che hanno inviato un loro contributo telematicamente, ha introdotto brevemente il testo della pdl, sottolineandone soprattutto l'impianto nuovo, che, a suo avviso, rappresenta un tentativo di miglioramento ed adeguamento della legislazione corrente, molto spesso solo scarsamente applicata o applicabile, non solo perche' condizionato da alcuni aspetti ideologici, ma forse anche e soprattutto perche' mancante di norme sul finanziamento e sanzioni per gli enti inadempienti, cose che appaiono invece molto piu' chiaramente nel testo della sua pdl un testo che puo' essere sicuramente criticato, chiosato ed arricchito ulteriormente, grazie al contributo di tutti gli interessati; per questo l'On Burani ha espresso il desiderio di poter conoscere in dettaglio qualunque opinione a favore o contraria alla sua pdl, onde poterla migliorare e renderla, se possibile, accettabile per la stragrande maggioranza degli psichiatri e delle altre figure professionali o associazioni interessate subito dopo, su invito di Cantelmi, io stesso ho preso la parola per portare il saluto di PSYCHOMEDIA (che continuera' a seguire i lavori per la messa a punto del pdl), nonche' per consegnare personalmente all'On. Burani lo stampato della versione aggiornata del dibattito che si sta svolgendo sulla lista PM-SMC, dibattito che, come sapete, viene anche continuamente aggiornato on-line alla pagina: http://www.psychomedia.it/pm-lists/debates/buranidib.htm sono poi intervenuti i colleghi: Lago, Giordano (Palermo), Esposito (Napoli), Mencacci (Milano), Raja (Roma), Tatarelli (Roma), Balbi (Roma), Ravizza (Torino), Picano (Roma), Petiziol, Casagrande (Venezia), De Marco (Latina), Seta (Roma), Costa (Roma), Tropeano (Roma), Purpura (Roma), Bacigalupi (Roma), La Barbera (Palermo), Piperno (Roma), Petrini (Roma), Epifani (Roma), Bernini (Roma) mentre non c'e' stato tempo sufficiente per ascoltare un primo parere dei tanti altri presenti; tutti i colleghi (presenti o meno) sono comunque stati invitati ad inviare, volendo, un loro intervento scritto appena possibile la sintesi della registrazione degli interventi verra' messa in rete su PSYCHOMEDIA, cosi' come tutti gli interventi in merito che i colleghi vorranno farci pervenire m@l __________________________________________________________________ Marco Longo (Roma), Medico Spec. in Psicologia Clinica Associato SPI (IPA) - IIPG (EFPP) - APG (COIRAG) - SPR-It - IAGP Prof. a Contr. Scuola di Spec. in Psichiatria, Univ. di Palermo Segretario Soc. It. di Psicotecnologie e Clinica dei Nuovi Media Editor of PSYCHOMEDIA - http://www.psychomedia.it The First Italian Portal (on-line since Jan 25 1996) on Psychiatry, Psychology, Psychoanalysis, Psychotherapy Via Dandolo 24, 00153 Roma, Italy - psychomedia@flashnet.it Tel +39 06 5897607 - Fax +39 06 5803881 - GSM +39 335 6157876 __________________________________________________________________ Date: Tue, 9 Oct 2001 17:59:22 +0200 Sender: Psychomedia Salute Mentale e Comunicazione <PM-SMC@LISTSERVER.SICAP.IT> From: GENNARO ESPOSITO <genesp@FASTCOM.IT> Organization: PSICOTERAPEUTA Subject: Re: [PM-SMC] incontro psichiatri con On. Burani Approfitto per lasciare qui una mia impressione "a caldo" sull'incontro di ieri a Roma. Il clima cordiale e la partecipazione dei Colleghi (molti dei quali illustri) hanno consentito una raccolta accurata di impressioni, opinioni, suggerimenti e critiche costruttive tutte tese ad aiutare il legislatore a rendere l'articolato del Pdl ponderato e profondo. Unico rammarico: 3 ore sono state insufficienti per consentire a tutti di esprimere le loro opinioni. Attendiamo con fiducia una prossima convocazione. Un'altra considerazione riguarda l'assenza di chi non vede di buon occhio la proposta. Credo che proprio per questo e' necessaria la partecipazione di tutti, onde evitare rigide chiusure che non consentirebbero uno scambio di idee tra gli operatori e soprattutto la risoluzione di punti controversi della legge. Non vorrei che il tirarsi fuori dalla discussione possa avere significati "ideologici", di "partito preso" o peggio ancora di indifferenza sul problema. Personalmente, quindi, ritengo questa iniziativa importante ai fini di un confronto all'interno della comunita' scientifica sul tema della riforma dell'assistenza psichiatrica e reputo l'iniziativa dell'on.Burani encomiabile nel suo spirito di confronto con chi opera quotidianamente con i pazienti psichiatrici. passo... _______________________________________________________________ Dr.GENNARO ESPOSITO Neurologo e Psicoterapeuta - Counselor online Dirigente Medico Psichiatra UOSM di NOLA (ASL NAPOLI 4) SAVIANO (NA),via Molino,6 telefax: 081-5113481 "mailto:genesp@fastcom.it" Editorial Staff Member of "Psychiatry On Line Italia-POL.it" http://www.psychiatryonline.it Counseling Personal Home Page: http://www.fastcom.it/psico/freud.htm Date: Wed, 10 Oct 2001 00:02:31 +0200 Sender: Psychomedia Salute Mentale e Comunicazione <PM-SMC@LISTSERVER.SICAP.IT> From: Bosio Roberto <bosirob@TIN.IT> Subject: [PM-SMC] La Consulta Nazionale per la Salute Mentale Lettera Min. Sirchia Penso a qualcuno possa interessare. Tutte le informazioni sulla Consulta possono essere rilevate al seguente sito: http://utenti.tripod.it/cozzam/index.htm Roberto Bosio La Consulta Nazionale per la Salute Mentale chiede un nuovo impegno sulle problematiche della salute mentale. Lettera al Ministro Sirchia CONSULTA NAZIONALE PER LA SALUTE MENTALE promossa dalla Funzione Pubblica Cgil, Psichiatria Democratica, UNASAM, ARCI, Cittadinanza Attiva, insieme a Caritas Italiana in qualità di invitato permanente Al Prof. Girolamo Sirchia Ministro della Sanità All'On. Enzo Ghigo Presidente della Conferenza dei Presidenti delle Regioni E delle Provincie Autonome All'On. Giuseppe Palumbo ed ai Componenti della Commissione Affari Sociali della Camera Al Sen. Antonio Tommassini ed ai Componenti della Commissione Sanità del Senato Oggetto: Richiesta per un nuovo impegno sulle problematiche della salute mentale La nuova Consulta Nazionale per la Salute Mentale vede riunite le associazioni e gli organismi più rappresentativi, laici e cattolici, che con diversi ruoli (cittadini, familiari e operatori) sono impegnati per una migliore tutela della salute mentale nel nostro Paese. Dal 1993 la Consulta agisce in rapporto al Governo, al Parlamento e alle Regioni per le problematiche inerenti la salute mentale con importanti risultati. Tra i più recenti: - l'emanazione del Progetto Obbiettivo Tutela Salute Mentale - il Documento dei Presidenti delle Regioni a firma dell'On Ghigo, che impegna tutte le Regioni a destinare per l'anno 2001 almeno il 5% dei fondi sanitari per la salute mentale, a recepire il Progetto Obbiettivo Nazionale e ad attuare le Conferenze Regionali sulla Salute Mentale - l'art. 98 della Finanziaria 2001 interamente dedicato agli interventi in salute mentale. Partendo dalla consapevolezza che in troppe zone del Paese non vengono date risposte adeguate ai bisogni di tutela della salute mentale di oltre 600.000 persone con disturbi psichici gravi, a milioni di familiari e ad oltre 30.000 operatori, la Consulta ritiene che vi sia la necessità di un maggiore impegno da parte di tutti, e in primo luogo delle Istituzioni. La Consulta ritiene che la situazione attuale di inadeguatezza non vada affrontata con modifiche della legge 180 che, come le proposte in discussione alla Camera, rischiano di reintrodurre una logica di emarginazione della persona con gravi disturbi psichici, considerata, in modo scientificamente arbitrario, pericolosa per sé e per gli altri e da escludere dalla società. Invece di investire ingenti risorse per aprire nuove strutture segreganti con depauperamento dell'assistenza territoriale la Consulta chiede di attuare con le stesse risorse i risultati della I Conferenza Nazionale sulla Salute Mentale, il progetto obbiettivo tutela della salute mentale ed in particolare quanto previsto nel Documento della Conferenza dei Presidenti delle Regioni. Riaprire oggi una anacronistico dibattito ideologico sulla legge 180 rischia di eludere le vere problematiche della quotidianità di chi soffre e di chi cerca di dare risposte adeguate e concrete ai bisogni reali di salute mentale. Peraltro le evidenze scientifiche e la stessa Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) sostengono la validità della psichiatria di comunità che si ispira ai principi della legge 180: territorio e ambiente di vita, oltre ai diversi aspetti biologici, psicologici e sociali della malattia mentale. Se l'obbiettivo è una integrazione sociale e sanitaria, centrata sulla persona oltre che sulla malattia, offrendo anche opportunità di casa e di lavoro, c'è allora bisogno che le esperienze positive di attuazione del progetto obbiettivo diventino realtà su tutto il territorio nazionale. E questo si realizza senza bisogno di nuove leggi psichiatriche, ma con un impegno di tutti gli attori interessati ed in primo luogo delle istituzioni. La Consulta chiede pertanto al Ministro della Salute: - La proroga del progetto obbiettivo tutela della salute mentale 1998 - 2000 (Pon) anche per il triennio 2001 - 2003 e monitoraggio della sua attuazione a livello Regionale - L'immediata utilizzazione dei fondi già destinati dall'art. 98 della legge finanziaria 2001 per un programma nazionale di comunicazione e di informazione contro lo stigma e il pregiudizio sulla salute mentale (1 mld), e per la realizzazione in ciascuna Regione di progetti di prevenzione per la salute mentale, aventi ad oggetto, in particolare, interventi in ambiente scolastico e interventi di promozione per la collaborazione stabile tra medici di base e dipartimenti di salute mentale (3 mld), e loro rifinanziamento per l'anno 2002 - Il monitoraggio per il 2001 della destinazione di almeno il 5% dei fondi sanitari delle Regioni per le attività del Dipartimenti di Salute Mentale e delle risorse rese disponibili dalla utilizzazione del patrimonio degli ex ospedali psichiatrici - Il Commissariamento delle Regioni inadempienti già possibile con la vigente normativa - L'attivazione a livello nazionale di un coordinamento interministeriale e con le altre istituzioni interessate per l'elaborazione, il monitoraggio e l'attuazione dei complessi impegni riguardanti la salute mentale La Consulta chiede pertanto alle Regioni: - Il rinnovo dell'impegno di destinare anche per il 2001 almeno il 5% dei Fondi sanitari regionali per le attività di promozione e tutela della salute mentale - L'attuazione delle Conferenze Regionali sulla Salute Mentale quale luogo di progettualità condivisa con ricadute operative e di integrazione tra gli aspetti sanitari e sociali - Il conferimento a tutti i direttori generali di Asl di obbiettivi attuativi del Pon con incentivazioni e verifiche - L'attuazione dell'atto di indirizzo e coordinamento sull'integrazione sociosanitaria La Consulta chiede pertanto al Parlamento: - Il rifinanziamento, nell'ambito della finanziaria 2002, del fondo per la salute mentale, già istituito con l'art. 98 della finanziaria 2001, con la somma di 20 miliardi. - L'integrazione dell'art. 80 della legge finanziaria 2001 (n. 339 del 23/12/2000) con l'introduzione nella finanziaria 2002 della possibilità del riconoscimento dei benefici per i familiari di persone handicappate in situazioni di gravità anche a coloro che da oltre cinque anni sono stati già riconosciuti invalidi per la stessa patologia valutata come grave ai sensi della legge sull'handicap 104/92. - L'approvazione di una buona legge sull'Amministratore di sostegno In attesa di un cortese ed urgente riscontro si inviano distinti saluti Il Coordinatore Nazionale (Dr. Massimo Cozza) Roma, 4 ottobre 2001 ------------------------------------------------------------------------ Sede c/o Funzione Pubblica Cgil via Leopoldo Serra n. 31 00154 Roma. tel 06585441 fax 0658544323 E-MAIL cozza@fpcgil.it SITO WEB http://utenti.tripod.it/cozzam/index.htm Date: Wed, 10 Oct 2001 01:04:03 +0200 Sender: Psychomedia Salute Mentale e Comunicazione <PM-SMC@LISTSERVER.SICAP.IT> From: rpiperno <rpiperno@IOL.IT> Subject: [PM-SMC] Carmina Burani Per rispondere a Petrini ed Esposito personalmente ho vissuto un buon clima a Palazzo S. Macuto. Credo che dovremmo riflettere sul clima delle riunioni in generale, ne discutevo in questi giorni con mia figlia di 16 anni a proposito del clima delle assemblee scolastiche. Molto spesso nelle riunioni alle quali ho partecipato nella mia vita mi sono sentito intimorito, questo in parte sarà dipeso dalla mia "fobia sociale" -ora che ho trovato la mia diagnosi la uso a scopo autoterapeutico- ma anche dalla cultura dei gruppi che generalmente richiedono ai partecipanti un contributo di appartenenza piuttosto che di "confutazione" con buona pace di Popper. Voglio dire che la maggior parte dei gruppi sia a carattere sindacale, che politico, che scientifico, incoraggiano le affermazioni di appartenenza puttosto che di definizione del proprio punto di vista. Al punto che bisogna essere particolarmente dotati per sprimersi fuori del coro. I gruppi si basano la maggiorparte delle volte sul pregiudizio che sembra che debba inibire la capacità di giudizio. In questo incontro ho sentito al di fuori delle appartenenze, tra l'altro sempre molto complesse da valutare veramente, un buon clima. L'onorevole Burani nonostante militi in una area politica diversa dalla mia mi è sembrata una brava persona, sensibile e interessata a quello che si diceva, rispettosa, aperta ai contributi ma allo stesso tempo in grado di definirsi e di mettere i suoi paletti alla sua proposta di legge- tutte doti rare nei nostri politici. Quindi sarò ingenuo ma l'incontro mi ha soddisfatto e i ringraziamenti che ho porto alla Burani non erano di compiacenza. Mi piacerebbe che anche nell'Ulivo si aprisse uno spiraglio per capire meglio se le voci che si levono per chiedere una modifica della 180 siano veramente di restaurazione o semplicemente sensibili a dei bisogni ai quali, chi è deputato istituzionalmente a soddisfare, non riesce a dare risposta. Date: Wed, 10 Oct 2001 17:00:52 +0200 Sender: Psychomedia Salute Mentale e Comunicazione <PM-SMC@LISTSERVER.SICAP.IT> From: "Giuseppe Nicolò" <giuri@IOL.IT> Subject: [PM-SMC] : legge burani Aprire un tavolo di discussione sulla legge 833 è un atto necessario ma che non dovrebbere incorrere nell'errore di utilizzare slogan e ideologie come è stato fatto in passato. Le iniziative sul TSO rivelano però alcuni problemi soprattutto dove viene detto che l'intervento della forza pubblica è necessario solo in casi di reale pericolosità. Probabilemnte questo pezzo è stato scritto da chi non fa i TSO in quanto la presenza della forza pubblica è quasi sempre necessaria ed ha effetto preventivo su comportamenti etero ed autoaggressivi (su 65 TSO in presenza della forza pubblica 0 incidenti a pazienti o a personale sanitario nella nostra esperienza negli ultimi 4 anni); i CSM aperti 24 ore sono una bella idea ma se facciamo due conti sui tagli della spesa pubblica e sul contenimento della spesa sanitaria regionale abbiamo un solo possibile risultato: 1) depotenziamento dell'attività clinica di secondo livello (psicoterapia; psicoeducazione) a favore di uno sbilanciamento sull'urgenza e relativa dequalificazione dei CSM, ciò peggiorerà gli esiti (letteratura alla mano). Se invece si immagina di incrementare gli organici temo che la riforma verrà bloccata dalla finanziaria visto che molto i CSM non riescono a coprire con lo scarso personale i turni previsti per legge. Non si affronta se non marginalmente il problema di trattamenti minimi qualificati che dovrebbero essere garantiti ad ogni utente e il numero di operatori minimo a garantire tali trattamenti. Giuseppe Nicolò -- SPR Italia Giuseppe Nicolò MD Psichiatra Psicoterapeuta Segretario Nazionale SPR Italia Responsabile Centro di Salute Mentale Valcannuta ASL Roma E III Centro di Psicoterapia Cognitiva Via Ravenna 9/c 00161 Roma +39 06 44233878 +39 06 44251928 GSM +39 335/6138768 WEB http://www.psychomedia.it/spr-it WEB http://www.apc.it email: terzocentro@iol.it Date: Wed, 10 Oct 2001 17:05:19 +0200 Sender: Psychomedia Salute Mentale e Comunicazione <PM-SMC@LISTSERVER.SICAP.IT> From: Marco Longo <m.longo@FLASHNET.IT> Subject: [PM-SMC] Fwd: Antonio Semi - ddl Burani Date: Wed, 10 Oct 2001 11:03:10 +0200 To: m.longo@FLASHNET.IT From: Antonio Semi <aasemi@tiscalinet.it> Subject: disegno di legge Burani Caro Longo: ho seguito e seguo con grande interesse il dibattito su Psychomedia a proposito del ddl Burani, cosi' come, a suo tempo, quello sulla "180" e sulle sue applicazioni. Mi sembra che bisognerebbe fare chiarezza sui punti di partenza, tenendo distinti il piano del diritto da quello della realta'. Per quanto riguarda il primo, personalmente ritengo che bisognerebbe seguire quella che in Francia chiamano una "logique citoyenne": chi è portatore di diritti (e di doveri) e' il cittadino e su di esso va centrata anche una legge che riguardi l'esercizio della psichiatria. Dev'essere garantito dunque il diritto alle cure, quello alla libera scelta del medico, quello al consenso informato ecc. nonche' ovviamente tutti i diritti fondamentali del cittadino. Inoltre bisogna stabilire chi lo rappresenta e come e per quanto tempo e per quali ambiti allorche' egli sia impedito di agire legalmente. Potrebbe essere prevista - e in che forme - una figura "terza" rispetto all'istituzione e alla famiglia? Bisognerebbe a mio avviso evitare invece di far perno sulla famiglia, superando la logica assistenziale che, alla fin fine, attribuisce maggior peso al gruppo familiare anziche' all'individuo (soprattutto perche' cosi' la Repubblica non deve farsene carico). La famiglia andrebbe restituita al suo ambito: luogo di affetti che non possono essere normati. Per cui si possono creare incentivi ma non obblighi per la famiglia (anche perche' alla fine li pagherebbe il paziente) terminato l'arco "naturale" dell'infanzia e adolescenza. La famiglia e' un'istituzione a termine, fisiologicamente. Da notare che in questa prospettiva si problematizzano anche dei punti forti - che pero' non possono diventare dei luoghi comuni - come la c.d. "continuita' terapeutica". Dal punto di vista della realta', naturalmente, il primo problema e' quello di riconoscere che - mentre si sono avute molte positive evoluzioni della psichiatria (a livello di farmaci, di tecniche psicoterapeutiche, di assistenza sociale) - resta il fatto che nessuno si e' ancora potuto presentare a Stoccolma per ritirare il Nobel perchè con le sue cure gli schizofrenici guariscono. Questo dato di fatto - che vale per psichiatri di qualsiasi orientamento - dovrebbe consentirci di dialogare tra colleghi con la necessaria umilta' e solidarieta'. Ma lo stesso dato di fatto dovrebbe anche impedirci di fare leggi troppo rigide, perche' l'unica dimensione realistica in questa situazione e' quella della ricerca e della sperimentazione. Percio' quel che si può fare e' fissare standards minimi (che dovrebbero comunque essere garantiti dalle strutture pubbliche) e, viceversa, incentivi per progetti terapeutici realisticamente attuabili. Mi sembra che - sia nel ddl sia nel dibattito - si rischi di irrigidirsi nella previsione di tutto: e' solo un rischio, beninteso, mentre molte delle idee espresse credo rientrino nelle due categorie che ho cercato di sottolineare. Non so se queste mie considerazioni possano servire: se si', inseriscile pure nella lista del dibattito. Senno', prendile solo come una manifestazione del mio interesse. Con ogni cordialita' AASemi Dott. Antonio Alberto Semi Membro Ordinario della Società Psicoanalitica Italiana Castello 3471 30122 - Venezia Date: Wed, 10 Oct 2001 21:17:49 +0200 Sender: Psychomedia Salute Mentale e Comunicazione <PM-SMC@LISTSERVER.SICAP.IT> From: Antonio Augusto Rizzoli <aa.rizzoli@VE.NETTUNO.IT> Subject: [PM-SMC] .Duo : Piperno & Semi A.A. Semi ha scritto: >> Dev'essere >>garantito dunque il diritto alle cure, quello alla libera scelta del >>medico, quello al consenso informato ecc. nonche' ovviamente tutti i >>diritti fondamentali del cittadino. Le osservazioni di A.A. Semi sono acute ed intelligenti, ma, così mi sembra, si situano fuori di quello che è chiamato oggi "intervento pubblico". In nessuna area della medicina vi è la libera scelta del medico ed il diritto alle cure rimane ancora - ahimé- teorico, perché vi sono cure...e cure...(anche nella medicina generale). In altre parole i livelli di intervento, anche nello stesso Ospedale sono assai differenti e, sopratutto, nessuno li garantisce (cruda verità). Egli ha anche scritto: . >>Bisognerebbe a mio avviso evitare invece di far perno sulla famiglia, >>superando la logica assistenziale . La famiglia andrebbe restituita al >>suo ambito: luogo di affetti che non possono essere normati. Per cui si >>possono creare incentivi ma non obblighi per la famiglia (anche perche' >>alla fine li pagherebbe il paziente) terminato l'arco "naturale" >>dell'infanzia e adolescenza. La famiglia e' un'istituzione a termine, >>fisiologicamente. E questo è contraddetto da tutti coloro che vedono nella famiglia la cellula della società, in primo luogo i cattolici, che sono gli ispiratori di questa legge di riforma (ma non solo loro). La famiglia, ricordiamolo, è ANCHE il luogo ove nascono i disturbi mentali, anche se ciò non significa che, per questo, debba essere caricata di gravami assistenziali come lo è stata fino ad ora.La proposta di creare incentivi, ma non obblighi, mi sembra del tutto soddisfacente, così come realista e scientifica è l'affermazione " La famiglia e' un'istituzione a termine, .fisiologicamente." Semi scrive anche cose che non capisco, come: >>Da notare che in questa prospettiva si problematizzano anche dei punti >>forti - che pero' non possono diventare dei luoghi comuni - come la c.d. >>"continuita' terapeutica". E questa della "continuità terapeutica" che di fatto è una "discontinuità terapeutica", vuoi per le rotazioni continue di psichiatri sul territorio, vuoi perché anche il malato ha dei flussi migratori, è un altro luogo comune che andrebbe eradicato.Il re è nudo !! Semi continua: >>Mi sembra che - sia nel ddl sia nel dibattito - si rischi di irrigidirsi >>nella previsione di tutto: Semi, da buon psicoanalista, mette tra parentesi o scotomizza il fatto che la Legge 180 è, ora, in realtà una bandiera politica che ha perso molti degli agganci iniziali per divenire uno slogan. Ma sono anch'io convinto che la Legge Burani debba essere una legge quadro che fissi degli standard (l'italiano non vuole la s finale) minimi, piuttosto che prevedere tutto anche ciò che non può essere previsto Mi ha divertito, invece, il fatto che Piperno abbia sottolineato: .> che la maggior parte dei gruppi sia a carattere sindacale, che politico, che scientifico, incoraggiano le affermazioni di appartenenza puttosto che di definizione del proprio punto di vista. Perchè fino ad ora.in certi l'adesione zavlavskiana al concetto portante era requisito 'sine qua non' per essere considerati psichiatri di vaglia.E chi esprimeva dubbi era un nemico da bruciare : è ciò che io ho chiamato psichiatria talebanica. (Zavslavski ha scritto anni or sono un bel librettino su "il consenso organizzato"). Antonio Augusto Rizzoli Date: Thu, 11 Oct 2001 02:07:31 +0200 Sender: Psychomedia Salute Mentale e Comunicazione <PM-SMC@LISTSERVER.SICAP.IT> From: Albertina Seta <a.seta@MCLINK.IT> Subject: Re: [PM-SMC] incontro psichiatri con On. Burani cari colleghi, un commento sulla riunione di lunedì 8 ottobre a Palazzo S.Macuto. Come è stato già detto da alcuni, l'incontro della consulta preliminare sulla legge 174 è stato innanzitutto piacevole: non solo per l'ottima ospitalità, ma per il dibattito, che per circa tre ore ha visto alternarsi al microfono una serie di colleghi, alcuni più noti altri meno, tutti con interventi brevi e densi, animati, al di là delle diverse posizioni, dalla volontà comune di dare un contributo. Ne è venuto fuori un quadro dei problemi psichiatrici sufficientemente ampio, complesso e sfaccettato. L'On. Burani si è mostrata attentissima a tutte le sfumature della discusione, anche a quelle di carattere emotivo, e tale tipo di sensibilità, è inutile dirlo, in queste circostanze fa piacere. L'impressione è che la sua iniziativa parlamentare poggi su una grande mole di lavoro già svolto e che ci sia tutta la volontà di intensificare ulteriormente tale attività nel prossimo futuro, con gruppi di lavoro e audizioni ufficiali in varie direzioni . Quanto alla discussione di lunedì, rispetto a quanto già emerso in lista in queste settimane, si sono delineati maggiormente alcuni nodi di carattere generale che dovrebbero far riflettere. - il discorso sull'identità medica dello psichiatra, che resta a nostro avviso un punto cardine. A questo proposito le posizioni sembrano così schematizzabili: da una parte c'è chi rivendica al medico una libertà, regolata naturalmente dalle norme del codice deontologico e da quelle dei codici civile e penale, senza ulteriori restrizioni e controlli e denuncia una realtà, in psichiatria, di forte limitazione di tale libertà. Il pof. Ravizza, se abbiamo bene inteso, ha parlato polemicamente dello psichiatra come di un medico in "libertà vigilata"e dunque della necessità di restituirgli la possibilità di operare "secondo scienza e coscienza". Dall'altra c'è una tendenza, che corrispondentemente a ciò che accade anche in altri settori della medicina, preme per un sistema di controlli e garanzie più stretto, con varie motivazioni, di tutela del malato, ma anche soprattutto del medico. Pensiamo che questo sia un terreno estremamente delicato di intervento che sottende tutta la questione del TSO, ma non solo. Ne possono derivare impostazioni generali del tutto diverse, infatti, non solo per quanto riguarda alcuni particolari atti medici come il TSO, ma per tutto il problema della questione della cura e della verifica dei risultati. Ovvero sul fatto che il medico possa/debba venire obbligato al raggiungimento di certi risultati e vincolato a quelli. - la questione dei modelli teorici di malattia e di cura. Lo psichiatra può riconoscersi esclusivamente in un modello medico-biologico della malattia e della cura? Per alcuni le malattie mentali sono oggi più conosciute e curabili, secondo protocolli per lo più farmacologici. Altri hanno proposto che il paradigma medico-biologico è da considerare già superato, addirittura in certi settori della medicina, e che per quanto riguarda la psichiatria si pone indiscutibilmente la questione della psicoterapia e di altri tipi di intervento. In ogni caso, è stato ribadito in alcuni interventi, una legge sulla psichiatria dovrebbe considerare che la ricerca in campo psichiatrico attualmente vede diversi paradigmi a confronto e non si può certo dire conclusa. - l'attuale stato della psichiatria. Cosa è successo in questi ventitré anni? La psichiatria è andata avanti, si è evoluta, procede verso nuovi traguardi scientifici? Per alcuni sì, c'è stato un enorme progresso (neuroscienze). Per altri al contrario, da una parte la situazione che vede l'incidenza delle malattie mentali in crescita, dall'altra lo scadimento della pratica psichiatrica sempre più oberata da compiti assistenziali, impongono la ripresa dello studio e della ricerca sulla psicopatologia e la clinica psichiatrica. La questione della formazione appare centrale un po' per tutti, ma bisogna chiarire in che termini. Alcuni interventi, tra l'altro, hanno sottolineato il rischio di un riassorbimento della psichiatria da parte della neurologia segnalandolo come rischio di un ritorno indietro, tutt'altro che come segno di evoluzione. Per quanto riguarda il nostro gruppo, gli interventi al dibattito (Seta, Tropeano) verranno presto messi on-line insieme a tutti gli altri. Provvederemo inoltre a inviare in lista nei prossimi gg l'intervento sui ricoveri ospedalieri di Giorgio Guerani , che era iscritto a parlare ed ha rinunciato per motivi di tempo. Per il momento un saluto NUOVA PSICHIATRIA Date: Thu, 11 Oct 2001 12:01:07 +0200 Sender: Psychomedia Salute Mentale e Comunicazione <PM-SMC@LISTSERVER.SICAP.IT> From: Nicola Grenno <praell@TIN.IT> Subject: [PM-SMC] incontro con On. Burani, intervento > Da: GENNARO ESPOSITO <genesp@FASTCOM.IT> > Organizzazione: PSICOTERAPEUTA > Approfitto per lasciare qui una mia impressione "a caldo" sull'incontro > di ieri a Roma. Il clima cordiale e la partecipazione dei Colleghi > (molti dei quali illustri) hanno consentito una raccolta accurata di > impressioni, opinioni, suggerimenti e critiche costruttive tutte tese ad > aiutare il legislatore a rendere l'articolato del Pdl ponderato e > profondo. Unico rammarico: 3 ore sono state insufficienti per consentire > a tutti di esprimere le loro opinioni. Attendiamo con fiducia una > prossima convocazione. Io sono uno degli Ultimi :-( che non hanno potuto fare un intervento pubblico, nondimeno l'onorevole Burani è stata così gentile da ascoltarmi brevemente alla fine dell'incontro. vi allego il mio intervento che ho consegnato alla Segreteria. Sono rimasto colpito dalla dispoinbilità e dall'atteggiamento onesto dell'onorevole Burani e del Prof. Cantelmi pur nei confronti di aperte critiche al progetto. I ddl è stato, complessivamente più applaudito che contestato. Ho avuto la sensazione epidermica che qualche "Illustre" abbia avuto un atteggiamento più che prudente, al "cospetto" del parlamentare > Un'altra considerazione riguarda l'assenza di chi non vede di buon > occhio la proposta. Credo che proprio per questo e' necessaria la > partecipazione di tutti, onde evitare rigide chiusure che non > consentirebbero uno scambio di idee tra gli operatori e soprattutto la > risoluzione di punti controversi della legge. Non vorrei che il tirarsi > fuori dalla discussione possa avere significati "ideologici", di > "partito preso" o peggio ancora di indifferenza sul problema. sono d'accordo, una volta tanto, con Gennaro :-) anche se ribadisco che ho avuto la netta sensazione che molti non abbiano voluto esprimersi fino in fondo. saluti Nicola Grenno Direttore Residenza Protetta "Pra' Ellera" Strada Praellera, 17 - 17014 Cairo M.tte (SV) Tel +39019500260 fax +39019500549 leggete "L'isola Selvaggiastra" http://isola.hypermart.net Editorial Staff Member of PSYCHOMEDIA - http://www.psychomedia.it Redattore Rivista PM-TR - Area Comunita' Terapeutiche Co-owner lista PM-PSC "Psichiatria Sociale e di Comunita'" Proposta di Legge N° 174 (Burani Procaccini) Lunedi otto ottobre 2001. Consulta preliminare. Buongiorno a tutti, mi chiamo Nicola Grenno e dirigo una struttura residenziale psichiatrica accreditata in Liguria che accoglie pazienti psicotici gravi tra i quali diversi pazienti con misura sicurezza o dimessi dagli Ospedali Psichiatrici Giudiziari. Ringrazio il Prof. Cantelmi e lOnorevole Burani Procaccini per linvito e per avermi dato la possibilità di un modesto contributo. Devo premettere che, come molti altri , ho parecchie critiche riguardo al ddl così come è stato presentato, in quanto riporterebbe irrimediabilmete lassistenza psichiatrica italiana indietro di decenni dandone un segno custodialistico e neomanicomiale. Vorrei però dare atto al legislatore di voler intervenire in senso positivo e soprattutto operativo in un questo delicato settore, centrando alcuni punti critici , mi trova daccordo soprattutto quando: - tenta un superamento dell OPG, - riconosce la possibilità che la grave patologia possa esordire anche in età evolutiva e che anche un minore possa ricevere un trattamento residenziale in una struttura adeguata. Il più grande limite della legislazione attuale, come sicuramente è stato già sottolineato è di essere un legge quadro, senza strumenti operativi, delegando di fatto le Regioni a darne e a dotarsi di strutture idonee. Proprio per questo si è creata la situazione cosiddetta a macchia di leopardo spesso lamentata dai pazienti e dalle associazioni dei familiari, con notevoli disparità nei servizie erogati da Regione a Regione e, in taluni casi, da Dipartimento a Dipartimento. Rubando una battuta mi viene da dire, del leopardo salviamo almeno le macchie! Fuor di metafora invece vorrei segnalare che se la legge 180 attualmente può funzionare SOLO con la buona pratica di psichiatri ed operatori della salute mentale nonché di ammistratori regionali competenti, la Burani-Procaccini sarebbe, specularmente tremendamente efficiente anche in caso di scarsa correttezza o imperizia del terapeuta per non parlare delle clamorose possibilità di abuso da parte dello psichiatra, investito di un potere sproporzionato; particolarmente infelice è il punto in cui il TSO sarebbe proponibile da chiunque ne abbia interesse. La soluzione residenziale sempre pronta e comoda renderebbe ancora più inclinato quel piano che già ora fa scivolare nelle comunità o strutture residenziali che dir si voglia, i pazienti più socialmente scomodi di fatto togliendo alle comunità stesse la possibiltà di essere effettivamente terapeuiche e delegando loro solo una funzione di controllo sociale già oggi fortemente avvertibile, almeno nella mia esperienza. Lascio ogni considerazione strettamente tecnica a tutti gli psichiatri presenti che hanno più titoli, esperienza e competenza di me. Concludo affermando che per più di vent anni la 180 (è stata un comodo paravento per gli operatori per rifiutarsi di prendere in carico il paziente grave non collaborante, lo spirito della nuova legge mi pare proprio quello di togliere questo paravento. Sono daccordo, ma curare il paziente grave è possibile ed obbligatorio anche adesso in Italia. Tanti già lo fanno. Cè bisogno di strumenti operativi: omogenei sul territorio nazionale nellinteresse dei pazienti e che garantiscano loro una vera libertà di scelta sulla loro cura, finora clamorosamente negata. Questa è forse la grande occasione per una riforma lungamente attesa, non sprecatela con una legge controideologica. Grazie dellattenzione. Date: Thu, 11 Oct 2001 20:28:22 +0200 Sender: Psychomedia Salute Mentale e Comunicazione <PM-SMC@LISTSERVER.SICAP.IT> From: Andrea Mazzeo <a.mazzeo@TIN.IT> Subject: Re: [PM-SMC] Antonio Semi - ddl Burani Antonio Semi scrive: > Mi sembra che bisognerebbe fare chiarezza sui punti di partenza, > tenendo distinti il piano del diritto da quello della realta'. Perfettamente d'accordo, e' ovvio. > bisogna stabilire chi lo rappresenta (il paziente) e come e per quanto > tempo e per quali ambiti allorche' egli sia impedito di agire legalmente. L'Ufficio del Giudice Tutelare dovrebbe essere maggiormente coinvolto, credo. > Bisognerebbe a mio avviso evitare invece di far perno sulla famiglia, Condivisibile (e non potrebbe essere diversamente) tutto il discorso sulla famiglia; non e' possibile che i congiunti del paziente con un disturbo mentale diventino di volta in volta, o tutto in una volta, infermieri, educatori, animatori, terapeuti, ecc. nei confronti del loro congiunto. > Da notare che in questa prospettiva si problematizzano anche dei punti > forti - che pero' non possono diventare dei luoghi comuni - come la c.d. > "continuita' terapeutica". La c.d. "continuita' terapeutica" potrebbe realizzarsi anche come "unitarieta' si stile e di approccio" (come si scriveva negli anni '70), non necessariamente di tipo fisico (stesso terapeuta per tutta la vita del paziente: povero paziente e povero terapeuta). Il problema e' che ogni nuova testa venuta a lavorare nei servizi (parlo delle mie esperienze) ha preteso di riscrivere tutto da capo (vedi questione della doppia diagnosi, di cui si e' parlato). Nell'incontro di Roma si e' parlato pure della necessita' di una supervisione continua nei servizi; come far entrare cio' nella legge? > Percio' quel che si può fare e' fissare standard minimi (che dovrebbero > comunque essere garantiti dalle strutture pubbliche) Benissimo; gli standard minimi (livelli minimi di assistenza uniformi su tutto il territorio regionale) potrebbero essere un CSM per ciascuna ASL (con le sue articolazioni - centro diurno, day-hospital, assistenza domiciliare, ecc.) ed una struttura residenziale PUBBLICA per ciascuna ASL che si faccia carico dei pazienti piu' GRAVI non gestibili dal CSM (se il CSM e' davvero capace di gestire tutto, senza abbandoni strategici, senza scaricare sulle famiglie, bene, diamogli pure il Nobel), altrimenti prendiamo atto della realta' (come diciamo sempre ai nostri pazienti). Molti di noi si mostrano poco capaci di condurre un corretto esame di realta' sul proprio operato. Andrea Mazzeo ----------------------------------------------------------------- Redattore di Psychiatry On Line Italia http://www.pol-it.org Collaboratore precario della Piazzetta: http://piazzetta.sfera.net E-MAIL < a.mazzeo@tin.it > WEB < http://utenti.tripod.it/a_mazzeo/index.html > Date: Thu, 11 Oct 2001 22:31:09 +0200 Sender: Psychomedia Salute Mentale e Comunicazione <PM-SMC@LISTSERVER.SICAP.IT> From: Antonio Semi <aasemi@TISCALINET.IT> Subject: [PM-SMC] Solo alcune precisazioni sulle osservazioni (centrate) di Rizzoli al mio intervento: 1. "In nessuna area della medicina vi è la libera scelta del medico". In effetti l'idea mia e' che sarebbe bene che non ci fosse piu' una "legge speciale" per la psichiatria, ma una legge generale sullo statuto del cittadino-malato che comprendesse anche la problematica relativa alla libera scelta e le situazioni di alterata disponibilita' della coscienza. 2. Son d'accordo con Rizzoli - e capisco d'essermi espresso poco chiaramente - sulla "continuita' terapeutica": essa e' un punto forte di un trattamento reale, ma non puo' essere un escamotage per "legare" una persona ad un servizio o un territorio, come un tempo i servi della gleba al feudo. 3. la lezione della 180 - che era facilmente prevedibile, potrei dare la bibliografia - dovrebbe insegnare che non si puo' impunemente negare la realta' per lungo tempo ma anche (questa e' un'autocritica) che non si puo' neppure negare l'importanza delle ideologie - religiose o politiche. Speriamo solo di poter negoziare con esse strappando un po' alla volta qualche pezzetto di spazio operativo. Quanto al "talebanismo" - se vogliamo chiamarlo cosi' - e' un nostro rischio professionale, pero' e' stato molto remunerativo per una lobby... Cordialita' a tutti A.A.Semi Dott. Antonio Alberto Semi Membro Ordinario della Società Psicoanalitica Italiana Castello 3471 30122 - Venezia Date: Thu, 11 Oct 2001 23:17:07 +0200 Sender: Psychomedia Salute Mentale e Comunicazione <PM-SMC@LISTSERVER.SICAP.IT> From: Carlo Gozio <cgozio@LIBERO.IT> Subject: [PM-SMC] Pericoloso a sé ed agli altri La proposta di legge Burani (e sia pure in modo diverso anche la proposta di legge Cè) reintroduce a proposito dei TSO il concetto di pericolosità, come criterio cardine per lattivazione del dispositivo coatto, contrariamente a quanto prevede invece la legge 180 che detta come criterio cardine la indifferibile necessità dellaffettuazione di un trattamento sanitario. La proposta è stata criticata in quanto darebbe troppa importanza allelemento sicurezza anziché allelemento sofferenza. Invece vorrei evidenziare in questa breve nota il fatto che una norma che intende garantire la sicurezza (del singolo e della collettività) così formulata verrebbe proprio a creare situazioni di pericolo e di insicurezza. In psichiatria intervenire quando vi è pericolo significa che è già troppo tardi. Affermare che i TSO devono essere effettuati quando vi è pericolo significa che molte situazioni saranno affrontate non dallo psichiatra ma dalla polizia, che interverrà nelle situazioni di pericolo. Una situazione di pericolo oggi era sicuramente una situazione di bisogno ieri e spesso da molto tempo. E veramente raro che il pericolo in psichiatria nasca improvvisamente. Esiste una ampia evidenza (anche scientifica) che il trattamento quanto più precoce della malattia mentale previene linsorgenza di manifestazioni pericolose. Laddove, come negli USA, prevale il concetto di pericolosità della malattia mentale la carcerazione diventa spesso la prima risposta al disagio psichico grave: il 95% della causa di morte nelle carceri americane è il suicidio ed oltre la metà dei morti per suicidio aveva avuto problemi psichici prima della carcerazione. Proprio per questo motivo alcuni Stati degli USA, stanno modificando la propria legislazione, sotto la sollecitazione di associazioni di utenti e famigliari (v. il TREATMENT ADVOCACY CENTER di Arlington, Virginia) affinchè i provvedimenti di trattamento sanitario obbligatorio possano essere effettuati indipendentemente dalla pericolosità, ovvero prima che questa sia manifesta. Quali dovrebbero essere i criteri per lattivazione di un dispositivo coatto? 1) presenza di alterazioni psichiche che richiedono interventi terapeutici indifferibili 2) che il paziente rifiuta, dopo aver cercato in ogni modo il consenso 3) in mancanza di ogni altra idonea misura terapeutica E quello che prevede la 180. Non ho trovato sino ad ora una formulazione migliore dei criteri che devono attivare TSO, ma ci si può provare .. Date: Thu, 11 Oct 2001 23:36:03 +0200 Sender: Psychomedia Salute Mentale e Comunicazione <PM-SMC@LISTSERVER.SICAP.IT> From: Albertina Seta <a.seta@MCLINK.IT> Subject: Re: [PM-SMC] S.Macuto intervento Guerani inoltro il messaggio già preannunciato con l'intervento che Giorgio Guerani avrebbe presentato all'incontro con l'On. Burani, lunedì 8 a Palazzo S.Macuto. Come Grenno, anche Guerani ha concordato di rinunciare all'intervento per motivi di tempo. ------------------------------------------------------------------------------- IL RICOVERO PSICHIATRICO: STORIA DI UNA CECITA' SELETTIVA di Giorgio Guerani Il momento del ricovero si presenta spesso come il primo approccio dell'utente e della sua famiglia alla malattia mentale. Infatti, pur se preceduto da una sovente lunga storia di disagio psichico, questo viene spesso sottostimato e considerato poco più che un momento passeggero nella storia di una persona che poi "andrà a posto da solo" e che, comunque, non merita la dignità di una "malattia", un disturbo di esclusiva competenza specialistica e non affrontabile con le sole armi del buon senso. Il ricovero è, quindi, il momento della disillusione e dell'incredulità, il momento nel quale anche i medici e gli psicologi, altrove accolti come salvatori e dispensatori di "guarigione" sono guardati come strani figuri da ascoltare con distacco, forse un po'&Mac226; esagerati o, addirittura, in malafede. Nella disamina della proposta di legge Burani Procaccini, cui vanno destinate, almeno, le lodi per il coraggio di un'intento riformatore e numerose altre migliorie rispetto all'attuale legislazione, sembra che anch'essa non sfugga alla disattenzione, o, peggio, alla cecità selettiva per l'importanza del ricovero nella storia clinica di un paziente e della sua pregnanza terapeutica. La pretesa magica di un abbattimento dell'istituzionalizzazione per via legislativa a lungo propagandata fino ad ora viene a scontrarsi con la durezza dei dati dell'ISTAT di poco dopo la 411/68 (Legge Mariotti), che vedevano in un costante calo le ammissioni in manicomio ed in aumento le dimissioni da questi. Il processo di chiusura di questi non ha dunque "creato" una tendenza ma, semmai, seguito un percorso già in opera, con l'aggravante di una soluzione di continuo che ha impedito la nascita in Italia di una moderna cultura della psichiatria ospedaliera, unico esempio nel mondo occidentale. I nostri dati sugli attuali ricoveri ospedalieri sembrano infatti provenire da un altro pianeta dove le stesse patologie vengono curate con tempi di ricovero inusitatamente brevi e in palese contraddizione con ogni acquisizione della comunità scientifica. I "Servizi di Diagnosi e Cura" hanno il divieto di chiamarsi per quello che sono (il Reparto di Psichiatria è stato abolito "ope legis"!), il numero di posti letto è legato al magico numero di 15, senza alcuna considerazione sull'economicità e la terapeuticità di tali strutture nella paradossale accezione che ciò che è "piccolo" più si distanzia dall'idea del manicomio, senza alcuna considerazione sulla qualità dei servizi che, su diversa scala, potrebbero essere meglio erogati, nella quotidiana condizione di lavoro a risorse limitate. Di fronte a questo, non riscontro nella proposta di legge presentata una traccia di un luogo deputato al ricovero ospedaliero nella sua accezione scientifica. Il ricovero non è infatti solo il luogo dove è possibile praticare analisi cliniche ma il percorso, talvolta, anzi spesso, lungo e difficile verso la definizione di una complessa diagnosi con la collaborazione multidisciplinare non solo di operatori della Salute Mentale, ma, anche delle altre specialità della medicina. I trattamenti biologici sempre più complessi, la presenza di doppie diagnosi, le patologie dell'età evolutiva, quelle legate all'uso ed all'abuso di cangianti sostanze stupefacenti, le patologie degenerative e quant'altro non possono essere neppure sfiorate in ricoveri di poche ore e in un progetto che non preveda la costruzione di una rete ospedaliera ma lasci agli "ospedali generali ed alle cliniche universitarie" la facoltà di "potersi" dotare di un reparto psichiatrico (art. 2 punto 6.). Ancora, appare del tutto improponibile la presenza di un solo posto di emergenza psichiatrica ogni 500.000 abitanti, soprattutto per le aree non urbanizzate e con difficoltà di viabilità e comunicazione. A fronte di tali carenze assistenziali, appare un uso spropositato delle risorse la proposizione di un CSM aperto 24 ore, che sarebbe sovente solo il trampolino verso una sede ospedaliera dove è possibile un corretto lavoro di diagnosi differenziale. Nella sostanza si viene a configurare l'ipotesi di 8 p.l./ 10.000 abitanti da destinare alle SRA dove verrebbero in parte accettati pazienti che ancora necessitano del tessuto ospedaliero per un corretto processo diagnostico e terapeutico, dopo degenze, se possibile, ancora più brevi delle attuali e in Reparti non vincolati a parametri di alcun tipo. Il ricovero è sovente una necessità e un momento ben individuabile e spesso inevitabile, benchè doloroso, e non uno "sbaglio" del terapeuta o una "punizione". Il ricovero, quando protratto per il tempo necessario, con una corretta gestione delle nuove alternative farmacologiche e, senza attese miracolistiche, con un reale riconoscimento e attesa delle latenze di azione dei farmaci rappresenta un nemico e non un procuratore di cronicizzazione. La psichiatria ospedaliera rappresenta una reale specificità all'interno dell'agire psichiatrico e va, come tale, rispettata e messa nelle condizioni di operare al meglio delle proprie capacità, nel pieno rispetto della dignità del paziente e degli operatori. Occorre procedere all'abbattimento del mito "piccolo è bello" Vs "grande è manicomio" che ha generato una miriade di piccoli ed antieconomici Servizi che non permettono una corretta gestione del ricovero psichiatrico. Occorre quindi ripensare il Reparto Psichiatrico con numeri tali che garantiscano, senza sprechi, una corretta presenza di posti letto e personale qualificato, con articolazioni diversificate che permettano una reale continuità nell'assistenza. NUOVA PSICHIATRIA Date: Sat, 13 Oct 2001 16:53:48 +0200 Sender: Psychomedia Salute Mentale e Comunicazione <PM-SMC@LISTSERVER.SICAP.IT> From: Piero Petrini <pipetrin@tin.it> Subject: Re: [PM-SMC] ----- Original Message ----- >From: "Antonio Semi" <aasemi@TISCALINET.IT> >To: <PM-SMC@LISTSERVER.SICAP.IT> >Sent: Thursday, October 11, 2001 10:31 PM > >Solo alcune precisazioni sulle osservazioni ... 1) Sul primo punto ci troviamo perfettamente d'accordo; da tempo io e miei amici, nell'ambito sindacale, specie sulle emergenze e sul 118, parlo di una inutilità di una guardia psichiatrica, ed è sottinteso che quanto più riusciamo a fare rientrare la salute mentale nella medicina e nel sociale, come leggi e come prassi, tanto più vicini siamo all'integrazione del malato psichiatrico nella società. A volte è difficile e sembra utopico. Ma dobbiamo continuare a mio parere a provarci. 2) Il legame con il territorio è utile, a mio parere, se viene inteso come linea di indirizzo (per esempio come per i pz. diabetici ) e non come rigido invio. La continuità terapeutica quando viene utilizzata per la cura del paziente e non come "feudo da difendere", non mi pare una cosa malvagia; A volte il prof. Rizzoli ( che ben conosce il mio giudizio su di Lui!)è un po'....rigido! 3) Ha ragione, lo condivido; la 180 è stata usata da alcune persone (non da tutte) per fare carriera. Non vorrei che con la scusa di una nuova legge altra gente, tra l'altro meno preparata, facesse carriera. (Non mi riferisco, naturalmente a Tonino!) Qualche assaggino di "ideologismo sterile", nella riunione della Camera, peraltro molto ben condotta dalla Sig.ra Burani e da Tonino Cantelmi, l'abbiamo avuto...o no? Piero Date: Sun, 14 Oct 2001 21:12:52 +0200 Sender: Psychomedia Salute Mentale e Comunicazione <PM-SMC@LISTSERVER.SICAP.IT> From: Bosio Roberto <bosirob@TIN.IT> Subject: [PM-SMC] 180 e Posizione SIP Giro alle liste il Documento della SIP su 180 e il resto. R Bosio Documento approvato all&Mac226;unanimità dal Comitato Esecutivo della Società Italiana di Psichiatria l&Mac226;11 ottobre 2001 La guerra di religione che si è accesa a proposito della legge 180 (o, più esattamente, degli articoli 33 e seguenti della legge 833/78, in cui i contenuti della legge 180 sono stati incorporati) solo in minima parte è espressione di difficoltà e contrasti interni al mondo della tutela della salute mentale; in larga misura, invece, essa è il prodotto di conflitti e contrapposizioni ideologiche che a quel mondo sono estranei. Al di là degli schieramenti politici ed ideologici, noi riteniamo che la legge 180 (833) non sia un oggetto appropriato per una guerra di religione. Questa legge, infatti, pur essendo nata in un momento politico particolare e pur essendo stata generata in misura significativa da un movimento politicamente connotato, ha una valenza sul piano tecnico e socioculturale ed una visibilità a livello internazionale che il mondo politico di oggi non può ignorare. La 180 (833) è una legge-quadro che fissa alcuni principi generali, di cui i più significativi sono: 1) il superamento degli ospedali psichiatrici; 2) l&Mac226;integrazione dell&Mac226;assistenza psichiatrica nel servizio sanitario nazionale; 3) l&Mac226;orientamento prevalentemente territoriale dell&Mac226;assistenza psichiatrica; 4) la limitazione del trattamento sanitario obbligatorio in condizioni di degenza ad alcune situazioni ben precisate. Si tratta di principi largamente condivisi dagli operatori della salute mentale e, ci sentiamo di affermare, dagli utenti e dalle loro famiglie. Anche il superamento degli ospedali psichiatrici, che per anni è parso a molti impossibile, è oggi una realtà che tutti considerano irreversibile. Inoltre, non si può negare che, grazie alla legge 180 (833), la maggior parte degli italiani abbia imparato ad avere nei confronti delle patologie mentali un rispetto e una tolleranza maggiori che in passato. La legge 180 (833) delegava alle regioni il compito di individuare le strutture per la tutela della salute mentale, e l&Mac226;inadempienza di diverse regioni ha creato per molti anni una situazione di incertezza e confusione. Tuttavia, nel 1994 e nel 1999, due progetti-obiettivo emanati con decreto del Presidente della Repubblica hanno definito in maniera chiara ed articolata come la tutela della salute mentale debba svolgersi, quali siano le strutture in cui i dipartimenti di salute mentale debbono articolarsi, quante debbano essere queste strutture e quanti utenti esse debbano accogliere. Le strutture previste da questi progetti-obiettivo sono state però realizzate solo in parte, gli organici dei dipartimenti di salute mentale rimangono gravemente carenti e il disagio delle famiglie delle persone con patologie mentali gravi è assai serio in molte regioni del Paese. Tra i presidi elencati dai progetti-obiettivo ci sono anche le strutture residenziali, destinate a far fronte ai bisogni di lungo-assistenza delle persone con patologie mentali gravi. Sono previste strutture residenziali a vari livelli di protezione, per situazioni di diversa gravità. E&Mac226; prevista la partecipazione del privato sociale ed imprenditoriale alla gestione di queste strutture. Il numero massimo dei posti in ognuna di queste strutture è fissato in 20. Le proposte di legge attualmente all&Mac226;esame del Parlamento mettono in discussione tre aspetti principali dell&Mac226;attuale organizzazione dell&Mac226;assistenza psichiatrica: 1) il numero e le caratteristiche delle strutture residenziali; 2) il ruolo rispettivo del pubblico e del privato nell&Mac226;assistenza psichiatrica; 3) i luoghi e le modalità di attuazione del trattamento sanitario obbligatorio. Si tratta di problemi che, a nostro parere, è legittimo sollevare. Tuttavia, noi non crediamo che il modo in cui essi sono affrontati nelle proposte in questione sia il più appropriato. Le strutture residenziali vanno sicuramente meglio regolamentate. Sono necessari criteri per l&Mac226;accreditamento di queste strutture, sia pubbliche che private, che riguardino non solo gli spazi, i posti e il numero degli operatori, ma anche le attività che in esse debbono svolgersi. Già oggi purtroppo in alcune di queste strutture si ritrovano realtà simili a quelle dei vecchi manicomi, per la concentrazione dei pazienti, la spersonalizzazione, l&Mac226;incuria e l&Mac226;abbandono. Aumentare il numero dei posti in ciascuna di queste strutture fino a 50 ed accentuarne la natura custodialistica a spese della connotazione socio-riabilitativa non farebbe altro che aumentare il rischio della riproduzione di realtà manicomiali. Il coinvolgimento del privato sociale ed imprenditoriale nell&Mac226;assistenza psichiatrica va sicuramente incentivato, ma non è proponibile che il privato possa gestire tutte le strutture di ricovero di un dipartimento di salute mentale. Si può regolamentare in maniera più precisa il trattamento sanitario obbligatorio extra-ospedaliero, che la legge 180 (833) non esclude, ma le procedure previste dalle due proposte di legge appaiono confuse e contraddittorie, né sembra proponibile che il trattamento sanitario obbligatorio sia richiesto da chiunque ne abbia interesse. Il progetto-obiettivo emanato nel 1999 è scaduto il 31 dicembre 2000 e vige attualmente solo in prorogatio. La Società Italiana di Psichiatria non intende farsi coinvolgere in guerre di religione ed è pronta a collaborare ? con tutto il suo patrimonio scientifico, culturale e di esperienze operative ? alla stesura di un nuovo progetto-obiettivo o di un testo legislativo che integri la legge 180 (833) senza stravolgerne i principi. Date: Sun, 14 Oct 2001 21:31:47 +0200 Sender: Psychomedia Salute Mentale e Comunicazione <PM-SMC@LISTSERVER.SICAP.IT> From: Bosio Roberto <bosirob@TIN.IT> Subject: [PM-SMC] Muggia, Maj, Dell'Acqua Ricevo da Giuseppe Dell'acqua e passo. R. Bosio "Giro l'articolo de il piccolo in occasione del 2° corso di formazione per responsabili delle associazioni dei familiari "Cambiamento e salute mentale. Le associazioni dei familiari nei processi di trasformazione dell'assistenza psichiatrica". Hanno partecipato familiari e operatori di Bologna,Modena,Pescara,Avellino,Foggia,Catania,Palermo,Torino,Merano,Sassari,Ancona,Potenza,Matera e Trieste il piccolo giovedì 11 ottobre 2001 IN DIFESA DELLA 180 INCONTRO AL DSM DI TRIESTE, mercoledì 10 ottobre 2001 La 180 non è un dogma. Ma l&Mac226;impianto generale e i principi su cui si fonda la legge di riforma dell&Mac226;assistenza psichiatrica vanno salvaguardati a tutti i costi. Garantendo alle persone affette da disturbo mentale il diritto all&Mac226;eguaglianza e alla cittadinanza: la possibilità di accedere alle cure, di pensare alla guarigione, di vivere e agire nella comunità. La difesa della 180 - la legge che vent&Mac226;anni fa sancì l&Mac226;apertura dei manicomi e la nascita dei servizi sul territorio e che oggi viene messa in discussione da due progetti di legge presentati da Forza Italia e dalla Lega - prende il via da uno dei luoghi simbolo della riforma psichiatrica: il padiglione M del comprensorio San Giovanni, un tempo ricovero di malati, oggi sede di cooperative sociali, laboratori e corsi di formazione dedicati alle persone affette da sofferenza psichica. Non è un caso. E forse è scontato che a parlare ieri mattina - in occasione di un incontro promosso a margine di un corso di formazione nazionale rivolto alle associazioni dei familiari - sia Giuseppe Dell&Mac226;Acqua, oggi responsabile del Dipartimento di Salute Mentale, vent&Mac226;anni fa al fianco di Franco Basaglia. La novità è un&Mac226;altra. Ed è che dalla parte della 180, questa volta scendono in campo due partner d&Mac226;eccezione: le famiglie dei malati, rappresentati da Ernesto Muggia, presidente dell&Mac226;Unasam (l&Mac226;Unione delle associazioni dei familiari che conta rappresentanze in tutte le regioni) e la quasi totalità degli psichiatri italiani, rappresentati da Mario Maj, direttore dell&Mac226;Istituto di psichiatria di Napoli e presidente della Società italiana di psichiatria. Salvaguardare la 180, dice infatti Dell&Mac226;Acqua, non significa affatto affermare che l&Mac226;assistenza psichiatrica funziona al meglio in tutto il paese. E&Mac226; indubbio che i livelli di sviluppo e di rinnovamento dei servizi di salute mentale sono differenti nelle diverse regioni. Vi sono dei punti di grave criticità e siamo consapevoli del fatto che in molte circostanze i familiari dei malati vengono sovraccaricati. Ma difendere la legge di riforma - sottolinea - significa prendere atto di questa situazione. In questi vent&Mac226;anni abbiamo assistito a un cambiamento radicale: i servizi di salute mentali sono operativi ovunque mentre il numero degli psichiatri addetti è passato dalla metà degli anni &Mac226;70 a oggi, da poco più di 700 a 7 mila. Si tratta dunque di correggere, di migliorare: non di mettere in discussione i fondamenti della riforma. Abbiamo già uno strumento a disposizione per innescare ulteriori trasformazioni, ed è il progetto obiettivo per la salute mentale. Se non è sufficiente, interveniamo su questo fronte, non sulla legge. La 180 - ribadisce Mario Maj - viene spesso percepita come un mito, da difendere o da abbattere. Ma non dimentichiamo che si tratta di una legge quadro che fissa alcuni principi, lasciando poi alle singole regioni il compito di definire i contenuti organizzativi: l&Mac226;articolazione dei dipartimenti, dei centri di salute mentale o delle residenze. Il dibattito appena iniziato alla commissione affari sociali e sanità della Camera si concentra in realtà contro un falso bersaglio, perché l&Mac226;oggetto del contendere sono proprio i contenuti. Ed è giusto, dice il professor Maj, discutere del dimensionamento delle residenze (che nella nuova proposta passano da 20 a 50 posti), dell&Mac226;ingresso dei privati nella gestione della salute mentale o dei trattamenti sanitari obbligatori. Ma con grande attenzione, perché la materia è densa e complessa. Le nuove proposte di legge - commenta Ernesto Muggia - nascono in realtà da un discorso politico. Sappiamo che le residenze devono essere piccole per non divenire dei manicomietti. Sappiamo che il ricorso al trattamento obbligatorio diminuisce notevolmente, se i servizi territoriali funzionano. Ed è chiaro che la salute mentale non può essere affidata, senza alcun controllo, a soggetti privati. Concentrarsi, come fanno i due progetti legislativi, sulle strutture, sull&Mac226;istituzionalizzazione, e sui trattamenti obbligatori - conclude - vuol dire rilanciare delle prospettive segreganti, che non soddisfano le necessità dei malati, ma il bisogno di sicurezza di un&Mac226;opinione pubblica: che è un bisogno innegabile, a cui vorremmo dare però una risposta diversa. Date: Sun, 14 Oct 2001 11:34:08 +0200 Sender: Psychomedia Salute Mentale e Comunicazione <PM-SMC@LISTSERVER.SICAP.IT> From: Tonino Cantelmi <tcantelmi@GETNET.IT> Subject: Re: [PM-SMC] Muggia, Maj, Dell'Acqua - Purtroppo la SIP non rappresenta il pensiero della "totalit" degli psichiatri italiani (come Ë dimostrato dalla presa di posizione di molte altre associazioni e come vedremo nel corso di questa mail)e Muggia non rappresenta affatto la "totalit" delle associazioni dei familiari (anzi non poche sono le prese di posizione polemiche sull'UNASAM e sulla sua reale rappresentativit che mi sono pervenute). Occorre considerare modalit pi&Mac249; moderne e reali di rappresentativit. Ha fatto bene il Prof. Rizzoli a sollevare per esempio il problema della Consulta Nazionale, altra "rappresentativit" tutta da discutere. Infine il Comunicato SIP non tiene conto del fatto che nessuno sta facendo "guerre di religione" e dunque l'inizio appare davvero incomprensibile. Nessuno vuole "abbattere" la legge 180, recepita nella legge istitutiva del SSN. Ma dopo 23 anni la psichiatria Ë cambiata e non vedo perchË non ri-discutere tutto. Mi sembra che alcune difese ad oltranza indichino altre cose. Ribadisco dunque il diritto di discutere e invito a non partire con proclami che non consentono di affrontare le problematicit in atto, le quali subiscono processi di negazione pi&Mac249; o meno radicali. Come ha acutamente affermato l'On. Guidi, Sottosegretario per il Ministero della Salute e neuropsichiatra infantile, dire che in 23 anni non si Ë attuata una legge, significa evidenziane l'inattuabilit. E' ora dunque di fare altro, di andare avanti, senza buttare quello che Ë stato fatto. Nessuna polemica su carriere fatte, su espletamenti di concorsi e modalit di reclutamento degli psichiatri in base ad appartenenze varie, su precedenti posizioni ideologiche palesemente antiscientifiche, sui NAS che nel Lazio stanno chiudendo tutte le strutture aperte per chiudere i manicomi e che stanno indagando su finanziamenti e altro: davvero questo non Ë nel mio interesse. PerÚ credo che un atteggiamento aperto al dialogo debba essere accolto da tutti e proclami "chiusi" siano davvero deleteri. Il Prof. Maj, in qualit di Presidente SIP, Ë stato invitato democraticamente alla Consulta Preliminare e sar invitato in tutti i consessi di dibattito, tuttavia non ha ritenuto (unico a farlo) di dovervi partecipare o di dare un cenno. Molti rappresentanti SIP a vario livello hanno partecipato al dibattito e non hanno affatto espresso posizioni simili a quelle del messaggio-comunicato riportato in questa lista. Il dibattito Ë stato pubblico e quanto sto dicendo Ë facilmente verificabile. Dunque quel messaggio-comunicato non corrisponde all'idea ed al pensiero di molti psichiatri, forse della maggioranza. Dal mio punto di vista occorre avere il coraggio di affrontare il dibattito, di discutere e di non rifugiarsi in "messaggi" indiscutibili. Sempre dal mio punto di vista non c'Ë nulla di immodificabile: quanto espresso nella proposta di legge Burani puÚ essere discusso e modificato, ma il problema dei pazienti con grave psicopatologia e non collaboranti e il problema della nuova cronicit sono ineludibili e in qualche modo debbono essere affrontati. Comunque, poichË la materia Ë davvero delicata, d'accordo con la Burani, desidero rendere noto che si aprir una lunga stagione di audizioni parlamentari, in cui saranno ascoltati tutti, al fine di elaborare un documento valido davvero. Per quanto mi riguarda, collaborerÚ con le attuali forze governative finchË mi sar data la possibilit-autonomia di costruire un vero dibattito, libero, sereno e davvero costruttivo, nell'unico interesse dei pazienti e dei loro familiari. In questo senso mi sento di appoggiare, al di l della provenienza, le idee che in coscienza mi sembreranno davvero giuste. Tonino Cantelmi Date: Mon, 15 Oct 2001 00:56:41 +0200 Sender: Psychomedia Salute Mentale e Comunicazione <PM-SMC@LISTSERVER.SICAP.IT> From: FABRIZIO RAMACCIOTTI <fabramac@TIN.IT> Subject: Re: [PM-SMC] Muggia, Maj, Dell'Acqua Cantelmi Wrote: Purtroppo la SIP non rappresenta il pensiero della "totalità" degli psichiatri italiani ..... * purtroppo per chi? per chi "non collabora con le attuali forze governative"? ..... non poche sono le prese di posizione polemiche sull'UNASAM e sulla sua reale rappresentatività che mi sono pervenute)..... * ci dica "il Cantelmi" quali criteri di rappresentatività conosce oltre all'iscrizione,quali sistemi democratici alternativi alle elezioni..... ,,,, Occorre considerare modalità più moderne e reali di rappresentatività.... *e qui mi preoccupo. Quali sarebbero queste modalità" più moderne"? Non è che si tratti di un "già visto" non finito tanto bene? ..... I NAS che nel Lazio stanno chiudendo tutte le strutture aperte per chiudere i manicomi e che stanno indagando su finanziamenti e altro: davvero questo non è nel mio interesse.... ..... Per quanto mi riguarda, collaborerò con le attuali forze governative..... * E questo si commenta da solo. Cantelmi è disinteressato. Mi sembra una ottima idea.....che si disinteressi. Che di conflitti di interessi l'Italia c'è n'ha un po'troppi sul groppone. Fabrizio Ramacciotti Date: Mon, 15 Oct 2001 01:21:13 +0200 Sender: Psychomedia Salute Mentale e Comunicazione <PM-SMC@LISTSERVER.SICAP.IT> From: rpiperno <rpiperno@IOL.IT> Subject: [PM-SMC] Dell'Acqua 180 Caro DelI'Acqua, visto che mi hai sollecitato ti rispondo, io, biechissimo provinciale, non so come stiano le cose negli altri posti, ma ho esperienza diretta di Roma, e ce l'ho dalla parte di coloro che si sono attivamente adoperati per migliorare l'assistenza psichiatrica, chiudere i manicomi e cambiare le modalità terapeutiche. Eppure in questi anni insieme alle tantissime cose che abbiamo fatto, e che ritengo di grande valore, alcune cose non mi hanno convinto. - In primis i toni e gli atteggiamenti, passi per il periodo di transizione ma non si può prolungare per venti anni, toni e atteggiamenti che si continuano a riscontrare nel linguaggio tipo "Assalto alla 180" o guerre di religione.Personalmente attribuisco molto valore alle modalità comunicative in quanto, a volte parlano più dei contenuti. - La mancanza di un reale dibattito nel quale non si dovesse costantemente ribadire, anche se implicitamente, l'appartenenza. - L'incapacità di vedere la psichiatria come un oggetto complesso che non permette punti di vista radicali, ma che si deve aprire a sfaccettature possibili, per definire i progetti terapeutici - La modalità con cui sono state osteggiate le cliniche private, che viceversa si differenziano fra loro, alle quali noi stessi raccomandavamo e continuiamo a raccomendare di accettare pazienti che non sapevamo, e non sappiamo, dove collocare. Con questo non voglio dire che non debba essere migliorata la qualità dell'assistenza, a volte, ma che questa contrapposizione ha forse impedito un loro inserimento nel tessuto del DSM, inserimento che potrebbe essere più funzionale alla correttezza dei progetti terapeutici. - La difficoltà quotidiana a trovare soluzioni per situazioni complesse dove la psicopatologia si coniugava con la deriva sociale - La diatriba fra deistituzionalizzazione e deospedalizzazione che ha reso gli spazi dell'ospedale tabù per qualsiasi utilizzazione abitativa, anche di piccoli numeri, dovendo spesso utilizzare situazioni meno soddisfacenti - Questi ed altri problemi, non risolti hanno "sfiancato" molti operatori ed in particolare quelli che si adoperano maggiormente a migliorare il servizio pubblico, ed oggi abbiamo un gran numero di operatori demotivati che non riescono ad identificarsi con la funzione pubblica e con le istituzioni. Credo non si possa negare che la psichiatria romana è allo sbando, che questo sbando è iniziato prima della nuova giunta, che la vecchia giunta di centro sinistra non ha affrontato questi e altri problemi in maniera adeguata, che adesso siamo costretti ad andare avanti alla giornata, perchè i paletti e le regole sugli SPDC, sulle residenze, sugli stessi CSM, sulla gestione del sociale, sugli obblighi delle aziende, non sono stati messi adeguatamente, che continuiamo a trovare grandissime difficoltà per portare avanti i progetti terapeutici nelle situazioni di maggiore gravità, che le comunità terapeutiche si sono trasformate in costose comunità residenziali, non potendo di fatto dimettere per mancanza quasi assoluta di strutture protette, che nessuna delle comunità che conosco tiene pazienti realmente difficili, specie con doppia diagnosi, che per questi motivi siamo costretti a volte ad utilizzare gli SPDC in maniera impropria, che il numero dei pazienti che avrebbero bisogno di una struttura protetta realmente terapeutica è molto maggiore del numero dei posti letto disponibili, che la cura domiciliare è utile in alcune situazioni e meno utile in altre e che sarebbe necessario iniziare a distinguere le varie situazioni seguendo criteri clinici e non slogan, che i familiari continuano a sopportare un peso eccessivo, e che spesso si va incontro ad un abbandono o a un semi abbandono, che il 118 per come è organizzato lascia molto a desiderare, che il paradigma biopsicosociale, culturalmente indispensabile, ma da riempire di contenuti, è sempre più negletto da parte di psichiatri che di fatto sono per la separazione dei saperi. Non mi sembra che, almeno a Roma, ci sia la volontà a sinistra di attivare un dibattito, sereno e costruttivo su tutti questi punti. Mi sembra piuttosto che il fantasma della sinistra si materializza in contrapposizione a iniziative del centro destra. Quindi ben vengano queste iniziative se possono aprire un dibattito produttivo che la sinistra in questo momento sembra non essere in grado di aprire per conto proprio senza farsi egemonizzare dalle frange più ideologiche. Relativamente alla SIP non mi sembra che in tutti questi anni abbia influenzato molto l'organizzazione dei DSM, nè tanto meno che sia riuscita a sollecitare il connubio fra DSM e università. Muggia persona che stimo e Di Giglio, altra persona che stimo, ritengono che si tratti di un problema di attuazione della legge, sicuramente questo è un punto importante, ma non sono così sicuro che sia l'unico, la faccenda merita almeno un dibattito. Personalmente non escludo che la legge possa essere migliorata senza essere non solo stravolta, ma neanche cambiata nei suoi principi che mi sembrano diffusamente accettati. E' ovvio che il dibattito sarà produttivo se si riuscirà a sensibilizzare oltre agli operatori anche la classe politica del centro sinistra per fare una eventuale opposizione intelligente e non ideologica. Ruggero Piperno Date: Mon, 15 Oct 2001 17:52:46 +0200 Sender: Psychomedia Salute Mentale e Comunicazione <PM-SMC@LISTSERVER.SICAP.IT> From: Bosio Roberto <bosirob@tin.it> Mi scusi il collega Cantelmi, ma non mi pare che quel "mi" possa collocarsi fra il re ed il fa, inoltre sarebbe interessante conoscere quali siano le categorie di riferimento per definire il "davvero giusto"... Purtroppo da un punto di vista psiconeurolinguistico il significato della frase citata potrebbe essere tradotto circa così: "Ascolterò tutti, poi, in ogni caso, io sceglierò ciò che per me é giusto" E questo, checché se ne dica, non sembra rispondere propriamente ai principi di democraticità... R Bosio Editorial staff member of Psychomedia Tonino Cantelmi wrote: In questo senso mi sento di appoggiare, al di là della provenienza, le idee che in coscienza mi sembreranno davvero giuste. Tonino Cantelmi Date: Mon, 15 Oct 2001 18:23:24 +0200 Sender: Psychomedia Salute Mentale e Comunicazione <PM-SMC@LISTSERVER.SICAP.IT> From: "Dr. Pierluigi Botarelli" <doctorpd@INWIND.IT> Subject: [PM-SMC] R: Re: [PM-SMC] Muggia, Maj, Dell'Acqua T. Cantelmi scrive.... .......Nessuna polemica su carriere fatte, su espletamenti di concorsi e modalità di reclutamento degli psichiatri in base ad appartenenze varie, su precedenti posizioni ideologiche palesemente antiscientifiche, sui NAS che nel Lazio stanno chiudendo tutte le strutture aperte per chiudere i manicomi e che stanno indagando su finanziamenti e altro: davvero questo non è nel mio interesse...... E perché invece non parlane seriamente ed aprire un serio dibattito anche su questi aspetti "veramente scandalosi" della gestione della psichiatria pubblica in Italia? Fa veramente specie che un organo che si definisce rappresentativo di tutti gli psichiatri italiani - la S.I. P. (cosa non vera come già disse Tonino Cantelmi) sia stato a tutt'oggi omertoso su queste "piccolezze". E non siamo fuori tema nemmeno con una corretta discissione sulle leggittime bozze di legge che la maggioranza parlamentare ha presentato in parlamento. In attesa che i tromboni ritrovino fiato. Dott. pierluigi Botarelli Date: Mon, 15 Oct 2001 23:45:09 +0200 Sender: Psychomedia Salute Mentale e Comunicazione <PM-SMC@LISTSERVER.SICAP.IT> From: FABRIZIO RAMACCIOTTI <fabramac@TIN.IT> Subject: Re: [PM-SMC] R: Re: [PM-SMC] Muggia, Maj, Dell'Acqua >In attesa che i tromboni ritrovino fiato. > >Dott. pierluigi Botarelli Hanno già ritrovato fiato,indubbiamente. Steccano un po' sulle note alte ,quando recita,per intendeci"nessuno al mondo sarà più grande di Roma" A quando un viaggio negli States,non invitati,non desiderati,per cantare "O sole mio",e in anglo-napoletano dichiararsi d'accordo"a prescindere"? Ma non facciamoci riconoscere!! Almeno fate il militare a Cuneo. Fabrizio Ramacciotti Date: Tue, 16 Oct 2001 10:34:16 +0200 Sender: Psychomedia Salute Mentale e Comunicazione <PM-SMC@LISTSERVER.SICAP.IT> From: "Dr. Pierluigi Botarelli" <doctorpd@INWIND.IT> Subject: [PM-SMC] R: Re: [PM-SMC] bozza di legge sul riordino dei servizi psichiatrici >...... Gli operatori, forse, dovrebbe anche 'turnare' in strutture >diverse nel corso degli anni, evitando quei radicamenti anch'essi >manicomialisti e alla lunga perversi. > >Rossella Valdre' Mi pare questo un aspetto importante, a tutt'oggi ampiamente disconosciuto, che vada invece aggiunto ad una buona legge in materia di riordino dell'assistenza psichiatrica. Tanta cronicità nei servizi é anche burn out, demotivazione, stanchezza, sfiducia, degli operatori. Il lavoro psichiatrico é un lavoro che, se fatto bene, richiede grande investimento di risorse personali, come tale é altamente stressante ed alla lunga anche logorante ... quindi cronicizzante per gli operatori stessi. Finita finalmente la vecchia era dell'indottrinamento ideologico, entriamo anche in italia, nell'epoca in cui al centro dell'operatività nei servizi pubblici, deve essere posta la professionalità dei singoli operatori e professionisti. Una buona legge in materia deve quindi prevedere norme sancite su: aggiornamento e continua riqualificazione, obbligatorietà di ruotazione non solo all'interno dei vari servizi psichiatrici ma anche di altri servizi territoriali (perché non permettere esperienze in campo tossicologico agli operatori visto il dilagare delle patologie doppia diagnosi?), supervisione qualificata sui casi. La "cura" costante della professionalità degli operatori mi sembra un ottima arma per rendere l'efficenza di questi ottimale diminuendone di molto il logoramento personale, la quale in termini di servizio restituito all'utenza garantisce maggiore possibilità di avere risposte professionali di buona qualità... e questo non mi sembra poco... Pierluigi Botarelli Psichiatra - Viterbo Date: Tue, 16 Oct 2001 11:01:08 +0200 Sender: Psychomedia Salute Mentale e Comunicazione <PM-SMC@LISTSERVER.SICAP.IT> From: Antonio Augusto Rizzoli <aa.rizzoli@VE.NETTUNO.IT> Subject: [PM-SMC] Le rappresentatività Piero Petrini ha scritto: >Ma veramente mai pensate che la SIP (Società Italiana di Psichiatria) con i >suoi 6574 iscritti (tutti medici, quasi tutti psichiatri!) non sia >rappresentativa? >Allora cosa è rappresentativo? . Mah, io credo che 6.547 iscritti siano più che rappresentativi. Bisognerebbe però verificare quali siano stati gli iter che hanno portato alla elezione del Gruppo Direttivo, che, ricordiamolo, è abbastanza svincolato dalla base. E questo perché l'attacco alla rappresentatività è stato fatto - e, io credo, in maniera giusta - proprio ai tempi in cui il Gruppo Direttivo era impersonificato dai baroni. Ora che il gruppo dei baroni è stato sostituito da altri Colleghi rimangono, visto che non sono cambiate le regole, i dubbi sulla reale rappresentatività di una Società che non ha alcun dibattito interno, ma delega una volta ogni due anni, se ben ricordo, ad un gruppo ristretto di rappresentare gli iscritti. Per cui se il dato numerico è corretto e rappresentativo le maniere di elezione e la gestione del Comitato Direttivo rimangono autocratici, quindi non propriamente rappresentativi. Date: Wed, 16 Oct 2001 19:10:11 +0200 Sender: Psychomedia Salute Mentale e Comunicazione <PM-SMC@LISTSERVER.SICAP.IT> From: Antonio Semi <aasemi@TISCALINET.IT> Subject: [PM-SMC] riassunto Cari Colleghi: non staro' a ricordare l'importanza degli affetti nel nostro lavoro (anche teorico) e mi sembra sia stato assai bene che almeno una parte sia saltata fuori e abbia allietato tutti nella lista. In fondo, e' bene ricordarci che si vive anche sulla base di una sfiducia realistica e che le differenze tra noi esistono e sono importanti. Tenuto conto di questo, mi sbaglio o siamo tutti d'accordo che il paziente deve avere garantiti tutti i diritti del cittadino? Se si', il problema si pone nei termini di quali debbano essere gli strumenti giuridici, organizzativi e scientifici che realizzino queste garanzie. Vorrei chiedere ai colleghi che lavorano nei servizi pubblici, in particolare, se potessero dirmi che ne pensano della questione della cronicita': - siamo d'accordo che servano in certi casi delle residenze ad hoc? - come evitare che si ripetano in queste residenze le dinamiche di disinvestimento umano che portano al manicomio? - quali dimensioni sono ottimali dal punto di vista umano-psichico-relazionale e quali dal punto di vista economico? - quale personale debbono avere queste residenze? Personalmente sono convinto che (a) queste residenze servano, (b) che siano altamente rischiose per quanto riguarda la degradazione del clima umano, (c) che debbano poter essere dimensionate sul progetto che le informa, stabilendo dei limiti (non meno di dieci e non piu' di 40, ad esempio), (d) che debbano avere personale particolarmente qualificato (non la cooperativa o la congregazione con personale sottopagato e\o volontario, per intenderci) e inserito nei dipartimenti di psichiatria, continuamente formato. E' una cosa che si puo' chiedere di formalizzare nei ddl? Che ne pensate? Bisogna pensare anche al destino psichico dei nostri colleghi - psichiatri e infermieri - che ci lavoreranno! Cordialita' a tutti A.A.Semi Date: Sat, 16 Oct 2001 20:02:14 +0200 Sender: Psychomedia Salute Mentale e Comunicazione <PM-SMC@LISTSERVER.SICAP.IT> From: Chiara Pasini <dyqpas@TIN.IT> Subject: Re: [PM-SMC] riassunto Io credo il problema delal cronicità andrebbe pensato prima. Nella mia limitata esperienza nel servizio pubblico (2 anni presso un centro di salute mentale e un centro riabilitativo psicosociale) ho potuto osservare quanto diagnosi e prognosi siano ancora strettamente indissolubilmente legate in una morsa pericolosa su vari livelli, per chiunque. Anni fa ho avuto la possibilità -durante l'università- di svolgere attività animative in un ex ospedale psichiatrico, per tre anni. Ho incontrato l'istituzione totale. Gli ospiti esistono ancora anche se i muri del manicomio hanno cambiato nome e presentano crepe per la perdita della memoria, la memoria che cura. venendo alle domande..che lei pone si, le strutture residenziali servono, per ri-offrire o fornire uno spazio e un tempo quotidiano che ripercorrano i ritmi familiari e le esigenze degli individui. il numero da lei ipotizzato di ospiti (da 10 a 40) posso intuire economicamente sia adatto, ma emotivamente io credo eccessivo. Per quanto riguarda il tipo di utenza che possa beneficiare di tali residenze, credo si possa discutere a lungo, una volta chiarita anche la dimensione qualitativa di queste residenze. contenitiva? riabilitativa? terapeutica? assistenziale? e infine, pensiamo a queste redidenze come "possibilità" o come destini?" per quanto riguarda il personale,lei parla di psichiatra e infermieri è possibile prevedere l'utilità e la funzionalità di altre figure professionali? educatori, animatori, psicologi, logopedisti, ergoterapeuti, psicomotricisti? buone giornate Chiara Pasini Date: Tue, 16 Oct 2001 20:05:28 +0200 Sender: Psychomedia Salute Mentale e Comunicazione <PM-SMC@LISTSERVER.SICAP.IT> From: Giuliano Casu <giucasu@HOTMAIL.COM> Subject: Re: [PM-SMC] Muggia, Maj, Dell'Acqua ----- Original Message ----- From: "Tonino Cantelmi" <tcantelmi@GETNET.IT> To: <PM-SMC@LISTSERVER.SICAP.IT> Sent: Sunday, October 14, 2001 11:34 AM Subject: Re: [PM-SMC] Muggia, Maj, Dell'Acqua Mi pare che Cantelmi questa volta non abbia retto al suo ruolo ecumenico e abbia reagito piuttosto scompostamente alla nota del prof. Maj, il quale non solo è il presidente dell'associazione più rappresentativa di psichiatri Italiani (il 70% degli iscritti SIP è occupato nei Servizi), ma è il più autorevole psichiatra italiano, sia per i suoi lavori scientifici che per il suo ruolo in seno all'OMS. Capisco l'irritazione, ma così stanno le cose. Quanto all'"acuta" osservazione dell'On. Guidi sulla 180 mi pare si tratti di una banale affermazione propagandistica, questa si aprioristicamente acritica ( Inattuata rispetto a che? Per colpa di chi? Senza la L. 180 avremmo oggi una psichiatria migliore?). Infine i commenti sulle carriere fatte per appartenenza politica paiono di dubbio gusto, anche perchè per quel che mi consta (lo dice uno che carriera non l'ha fatta), si tratta di un fenomeno proporzionalmente rappresentato per tutte le aree politiche. Per tornare nel merito mi pare che affermare che a 23 anni dalla sua emanazione la 180 necessiti di adeguamenti e migliorie sia più che necessario. Contrariamente a quello che ritiene Cantelmi io credo però che la maggior parte degli psichiatri chieda dei cambiamenti nella direzione indicata dalla stessa 180 e guardi con perplessità all'impianto complessivo della proposta Burani. Riservandomi un commento più articolato, che invierò in un altro momento, devo dare atto comunque alla proposta di legge di avere gettato il sasso in uno stagno la cui acqua era così ferma (da anni) da rischiare l'imputridimento. Credo che dopo queste discussioni così accorate non si potrà più fare finta di niente e qualcosa dovrà pur essere fatto. E per questo dovremmo essere tutti grati (anche chi si pone in una posizione critica), all'On. Burani (che mi dicono essere persona gentile e di buon senso, il che non guasta). Giuliano Casu, Psichiatra giucasu@hotmail.com Date: Tue, 16 Oct 2001 21:47:59 +0200 Sender: Psychomedia Salute Mentale e Comunicazione <PM-SMC@LISTSERVER.SICAP.IT> From: Bosio Roberto <bosirob@TIN.IT> Subject: [PM-SMC] da Casagrande: RELAZIONE INCONTRO DI ROMA 8/10/01 Giro in lista quanto pervenutomi dal Dott Domenico Casagrande Dott R. Bosio Editorial Staff Member of Psychomedia RELAZIONE INCONTRO DI ROMA 8/10/01 CON ON. BURANI E DOTT. CANTELMI Ritengo opportuno mettervi al corrente della riunione dell&Mac226;8 ottobre, svoltasi a Palazzo S.Macuto sulla legge n.147 su Norme per la prevenzione e la cura delle malattie mentali, indetta dall&Mac226; On. Burani Procaccini e dal prof. Tonino Cantelmi. In data 20/09/01 avevo chiesto al dott. Cantelmi di conoscere il suo contributo introduttivo alla proposta di legge Burani, nei giorni successivi venivo contattato da una sua segretaria che mi preannunciava una prossima convocazione per un incontro; seguiva quindi una lettera a firma dell&Mac226;On. Burani dello stesso tenore e la convocazione in data 1/10/01, a Roma per l&Mac226;8 c.m. All&Mac226;incontro erano presenti circa 50 persone, per la maggior parte psichiatri e per la maggior parte di Roma. Pur più volte preannunciato non è mai arrivato l&Mac226;On. Antonio Guidi sottosegretario al Ministero della Sanità. L&Mac226;On. Burani Procaccini, dopo essersi presentata e avere affermato di essersi occupata dell&Mac226;argomento anche nella precedente legislatura, faceva una breve introduzione e affermava che l&Mac226;incontro era non ufficiale, mentre rappresentanti di associazioni e singoli professionisti verranno ufficialmente chiamati dalla Commissione. I rappresentanti dei familiari presenti (es. Andretta della DIAPSIGRA) erano solo ascoltatori. I punti salienti della introduzione dell&Mac226;On. Burani si possono così riassumere: v Nessuna altra malattia come la malattia psichiatrica presenta una intrinseca connessione fra sociale e sanitario. v La legge 180 ha rivelato di essere una legge non sufficiente v Un problema da superare è il problema dell&Mac226;ideologia che permea il mondo psichiatrico e quindi è necessario dare risposte pratiche v Anche le leggi regionali si sono rivelate insufficienti oppure, come in Emilia-Romagna, si sono rivelate alternative alla 180 per tamponare le insufficienze della legge 180 v Quindi diventa necessaria una legge che vada ad integrarsi alla 180 v Anche perché il Progetto Obiettivi pecca di ideologia come la legge e non può supplire alle carenze di legge v L&Mac226;incontro viene definito come ufficioso, ma necessario. Lo si è voluto aperto a tutte le critiche perché la legge va sicuramente migliorata e non si è tenuto conto delle tendenze dei partecipanti. v Ciò detto tuttavia l&Mac226;impianto che è stato dato (cioè la necessità di questa nuova legge e dei punti fondamentali da questa sostenuti) non verrà messo in discussione. A questo punto è cominciata la discussione, ma essendo presenti circa 50 persone, il tempo è stato limitato a 5 minuti ciascuno, inflessibilmente. Le persone intervenute sono state: MARCO LONGO (Psychomedia), LAGO, GIORDANO (PA), GENNARO ESPOSITO (SA), MENCACCI (MI), RAJA (RM), TATARELLI (RM), BALBI (RM), RAVIZZA (TO), PICANO (RM), PETIZIOL (RM), IL SOTTOSCRITTO (VE), pausa caffè, DE MARCO (LT), SETA (RM), COSTA (RM), TROPEANO (RM), PURPURA (RM), BACIGALUPI (RM), LA BARBERA (PA), PIPERNO (RM), PETRINI (RM), EPIFANI (RM) e BERNINI (RM). Come si vede su 23 interventi 14 sono da ascrivere a colleghi romani e 2 a colleghi del Lazio, non ricordo la provenienza di Lago, Marco Longo ha dato solo la documentazione del dibattito di Psychomedia. La maggior parte degli interventi sono stati a favore della legge. Non ho potuto sentire gli interventi da Bacigalupi a Bernini, perché sono dovuto correre in stazione per prendere il treno. Una voce critica è stata quella di Lago, qualche critica è pure venuta da altri colleghi in particolare Petiziol e Ravizza. De Marco ha portato il pieno appoggio della SIRP e Seta di Nuova Psichiatria. E&Mac226; stata segnalata l&Mac226;assenza della SIP (è stato chiesto a Giordano di interessarsi in merito). Logicamente a nessuno è venuto in mente di chiedere di PD (io sono intervenuto a titolo personale). Io avevo preparato un intervento di circa 10-15 minuti che non ho potuto fare a causa della brevità del tempo e che ho consegnato scritto e che qui allego. Nei 5 minuti concessi ho sostenuto che: ÿ La proposta Burani non integra, ma sconfessa totalmente la legge 180 e comunque una nuova legge occorre anch&Mac226;essa di dispositivi applicativi e può essere anch&Mac226;essa interpretata dalle varie Regioni. ÿ Ho riproposto il concetto della complessità della malattia e della globalità della presa in carico come concetti ormai entrati nella cultura psichiatrica, come elementi unificante le varie tendenze psichiatriche. Inoltre ho affermato come, questo modo di intendere e trattare la malattia psichiatrica, avesse contribuito alla collaborazione fra SIP e PD per la formulazione dei Progetti Obiettivi (rumore in sala e qualcuno si è rivolto verso Giordano come per chiedere conferma, ma anche per manifestare dissenso). ÿ Ho concordato con alcuni degli interventi precedenti sulla critica al largo uso del TSO, al rischio di creare piccoli manicomi con le SRA di 50 posti letto, ma soprattutto ho sottolineato come l&Mac226;attribuire la responsabilità del TSO al medico psichiatra, oltre che essere difficile da sostenere (la libertà individuale non può essere limitata da un atto medico, ma da un atto giuridico), in accordo alle varie commissioni locali, regionali e nazionali di controllo, fanno sì che la cura divebnti custodia. Senza poi parlare degli infermieri che dovrebbero diventare dei poliziotti. ÿ In definitiva, pur convenendo sulla necessità di legare i provvedimenti a ben precisi finanziamenti e a mettere in opera sanzioni per Regioni o Aziende ULS inadempienti, ritenevo la nuova legge non solo non necessaria, ma addirittura pericolosa e meno garantista della legge del 1904 ( ho fatto l&Mac226;esempio fra la prassi del ricovero previsto dal regolamento del 1909 e la prassi usuale intervenuta del ricovero d&Mac226;urgenza). Ritengo a margine sottolineare alcune cose: 1. L&Mac226;assenza dell&Mac226;On.Guidi 2. L&Mac226;assenza di altre persone che avevano dato al loro disponibilità e che non sono state invitate 3. La presenza di colleghi romani, ma l&Mac226;assenza di tutti quelli che io conosco. 4. L&Mac226;affermazione dell&Mac226;On. Burani che il dispositivo non si cambia 5. L&Mac226;impossibilità del dibattito 6. Il poco tempo a disposizione per esprimere concetti critici che non fossero semplici affermazioni 7. La presenza dell&Mac226;Andretta senza possibilità di parole A voi le conclusioni Un caro saluto Nico Casagrande mercoledì 10 ottobre 2001 X-Sender: rzza91k1@ve.nettuno.it X-Priority: 1 (Highest) Date: Tue, 16 Oct 2001 23:04:33 +0200 Reply-To: Psychomedia Salute Mentale e Comunicazione <PM-SMC@LISTSERVER.SICAP.IT> Sender: Psychomedia Salute Mentale e Comunicazione <PM-SMC@LISTSERVER.SICAP.IT> From: Antonio Augusto Rizzoli <aa.rizzoli@VE.NETTUNO.IT> Subject: [PM-SMC] La legge e le neuroscienze To: PM-SMC@LISTSERVER.SICAP.IT E' strano e significativo che le nuove proposte legislative non tengano in assoluto conto quelli che sembrano essere i futuri nuovi sviluppi della psichiatria. Vi è un visibile jato tra scienza e politica e questo era alla base di una domanda da me, impertinentemente, fatta ad un Collega che esibiva credenziali politiche.E cheillustrò esperienze assai locali, mi sembra. Certo non particolarmente impressionanti. E' un po' come pianificare una nuova autostrada senza tener conto dei futuri nuovi modelli di automobili. Vi piacerebbe che l'autostrada fosse pianificata come ai tempi delle Balilla o delle 600? D'altro canto anche alcuni "soi disant" epistemologi mi pare si sprechino in diatribe da toeletta, anzichè apportare un contributo fattivo in senso scientifico. Salvo poi concludere in gloria dicendo che queste liste "dovrebbero" essere votate al dibattito scientifico. (Firenze porta male agli epistemologi "soi disant" che diventano aggressivi e scurrili, en privé). Le neuroscienze dopo il primo passo di coalescenza di varie e diverse discipline (neuroanatomia, neurofisiologia, neurobiochimica) , grosso modo dagli anni 50 agli anni 60. Ne fecero un secondo con la scoperta - tra gli anni 60 e gli 80 - della biologia molecolare e della genetica molecolare. Il terzo passo è tutt'ora in sviluppo e vede la fusione delle neuroscienze con la psicologia cognitiva. Il fatto che la psicologia cognitiva in Italia abbia avuto relativamente pochi seguaci spiega abbondantemente perché le neuroscienze stesse - e con esse la psichiatria- siano al passo. Questi stadi hanno avuto, corrispondentemente, le loro istituzioni negli USA, dal Walter Redd Army Institute of Research al Dipartimento di Neurobiologia della Harvard Medical School. Niente di tutto ciò in Italia dove il pregevolissimo "Mario Negri" di Milano è ridimensionato e dove l'Istituto Superiore di Sanità - una volta fiore all'occhiello dello Stato Italiano - langue in un tran-tran da istituzione in declino. Così come a Roma ove i Capi di altri prestigiosi Istituti si sprecano in ripetitivi libri divulgativi [assai ben scritti, in verità] senza apportare alcun fattivo contributo alla ricerca. Eppure non credo proprio che il trattamento di una schizofrenia, acuta o cronica, sia eguale nel 2001 a quello che era nel 1980. E neppure il trattamento dei Disturbi Affettivi, per non parlare dei grandi sviluppi fatti dall'approccio psicoterapico di Disturbi di Personalità. Così come i talebani hanno distrutto l'Afghanistan (e non ci voleva molto dopo quello che avevano fatto i russi) penso che i moderni araldi della "rivoluzione psichiatrica" abbiano raso al suolo quello che restava di una psichiatria già abbondantemente vessata da una gestione baronale che credo nessuno rimpianga. Pensare di inserire i risultati scientifici delle neuroscienze in un progetto di legge suona così assurdo ? All'inizio del 900 i Manicomi furono creati su ipotesi "scientifiche" (almeno lo erano per quel tempo). Perché fare una legge su ipotesi demagogiche chiedendo pareri a destra ed a manca anziché agli specialisti del settore ? Pare nessuno se ne accorga e pare le ipotesi o i suggerimenti possano venire da tutti i possibili "lay men". Signori, mi spiace, non è così. Così non si fanno le autostrade, nè i tunnel, né i progetti di ricerca. Così si fa solo pura demagogia. Ovvero si fa politica. All'italiana. Date: Tue, 16 Oct 2001 23:13:18 +0200 Sender: Psychomedia Salute Mentale e Comunicazione <PM-SMC@LISTSERVER.SICAP.IT> From: Rossella Valdrè <scarlet@COCCO.NET> Subject: Re: [PM-SMC] riassunto Semi ha scritto: >-" siamo d'accordo che servano in certi casi delle residenze ad hoc? >- come evitare che si ripetano in queste residenze le dinamiche di >disinvestimento umano che portano al manicomio? >- quali dimensioni sono ottimali dal punto di vista >umano-psichico-relazionale e quali dal punto di vista economico? >- quale personale debbono avere queste residenze? > >Personalmente sono convinto che (a) queste residenze servano, (b) che siano >altamente rischiose per quanto riguarda la degradazione del clima umano, >(c) che debbano poter essere dimensionate sul progetto che le informa, >stabilendo dei limiti (non meno di dieci e non piu' di 40, ad esempio), (d) >che debbano avere personale particolarmente qualificato (non la cooperativa >o la congregazione con personale sottopagato e\o volontario, per >intenderci) e inserito nei dipartimenti di psichiatria, continuamente formato. >E' una cosa che si puo' chiedere di formalizzare nei ddl? >Che ne pensate? Bisogna pensare anche al destino psichico dei nostri >colleghi - psichiatri e infermieri - che ci lavoreranno!" Vorrei provare a rispondere a Semi, e a me stessa che mi pongo le stesse domande. Non lavoro esattamente nel servizio pubblico, ma comunque nelle strutture residenziali. Quando ci fu la chiusura definitiva degli ex OO.PP. nel '98, ero responsabile di una struttura genovese destinata a loro, pz. dismessi dai due manicomi, altamente cronicizzati. La struttura nasceva appositamente, e devo dire che la ricordo come una delle piu' significative esperienze professionali della mia vita. a) penso che servano. Almeno allo stato attuale. E' possibile che una migliore assistenza domiciliare e sul territorio possa contrarre la domanda, ma che tuttavia non sparirebbe. Col passare degli anni, lamaggior parte dei pazienti restano soli, e non si assiste ad una vera scomparsa della patologlia, semmai ad un grave deterioramento in cui residuano tracce di aggressivita'. b) questo e' il punto cruciale. Il manicomio e' un tipo di residenza che forse tende a riproporsi in psichiatria. Come ovviare e' difficile a dirsi. Molto sinteticamente, non ricreando quelle condizioni che erano del manicomio, e cioe': i grossi numeri; gli ampi spazi extraurbanizzati; la 'cittadella ' psichiatrica autosufficiente dove c'e' tutto, compreso negozi, servizi, ....; l'alto tasso di personale infermieristico che poi tende, difensivamente, a coagularsi in sottogruppi e lobbies, isolando i medici e il resto del personale; abolendo il pensiero e la ricerca; puntando sul controllo sociale e la custodia..... c) dal punto di vista umano andrebbe bene anche 20-30 persone, forse dal punto di vista economico si puo' arrivare a non piu' di 40. Con adeguati spazi, in parte comuni e in parte separati. d)equipe pluriprofessionali, a direzione di uno psichiatra che non crei un clima rigido e verticistico, personale infermieristico qualificato e soprattutto educatori professionali. Altre figure 'esterne', quali terapeuti della riabilitazione di varia natura, possono e debbono affiancarsi, con criteri variabili a seconda delle caratterisitche del progetto e degli ospiti. Il destino di chi ci lavora e', a mio avviso, effettivamente a rischio. Tornando al punto b), la migliore profilassi pare essere quella di evitare gli insediamenti paramanicomialisti, che in realta' sono piu' dietro l'angolo di quanto non si creda. Ci terrei a sottolineare che non e' l'eta' dei pazienti o il grado di cronicizzazione il punto dirimente, ma il clima particolare che si viene a creare in una struttura, l'apertura o meno all'esterno, la tolleranza della confusione, del dubbio e delle ambiguita' del nostro operare, la curiosita', l'evitamento della solitudine degli operatori, confinati troppo spesso in isole (anche quando sono 'felici'), e altro ancora. Gli operatori, forse, dovrebbe anche 'turnare' in strutture diverse nel corso degli anni, evitando quei radicamenti anch'essi manicomialisti e alla lunga perversi. per ora, mi fermo un saluto a tutti Rossella Valdre' Date: Wed, 17 Oct 2001 00:12:24 +0200 Sender: Psychomedia Salute Mentale e Comunicazione <PM-SMC@LISTSERVER.SICAP.IT> From: FABRIZIO RAMACCIOTTI <fabramac@TIN.IT> Subject: Re: [PM-SMC] riassunto Salutando Antonio Semi,proverò ad esprimere la mia opinione seguendo la traccia da lui proposta. * si vive anche sulla base di una sfiducia realistica e che le differenze tra noi esistono e sono importanti. La differenza è ricchezza perchè da possibilità alla dialettica,ma se è differenza sul"come"realizzare un obiettivo condiviso. Se invece la differenza è sui valori,sul senso delle regole non può non ingenerare uno scontro distruttivo . *mi sbaglio o siamo tutti d'accordo che il paziente deve avere garantiti tutti i diritti del cittadino? Questo è il punto. Non credo che tutti siano d'accordo sul valore imprescindibile della libertà e sulla reciprocità delle regole che possano consentire i riconoscimenti delle libertà reciproche. Nella mia educazione la parte della mia famiglia Liberal-Socialista mi insegnò che "la mia libertà termina dove inizia quella dell'altro",la parte Anarco-socialista che"La mia libertà estende quella degli altri all'infinito". Personalmente sono giunto alla conclusione che il diritto di cittadinanza si incardini essenzialmente sul concetto di libertà che possa essere definito "la libertà degli altri estende la mia all'infinito"e nel caso del cittadino che soffra della sventura di soffrire di una malattia mentale questo concetto diviene imprescindibile. In realtà troppe volte si gioca falsamente la contradizione della libertà dei cittadini "sani"in antagonismo alla libertà del cittadino" folle". Il problema è reale ma in questi anni l'antinomia si è in realtà centrata tra la libertà dello psichiatra (legittima)e la libertà del paziente(altrettanto legittima). Non è un caso che la responsabilità dello psichiatra sia sempre stata invocata nei confronti dei"sani" e quasi mai nei confronti del "folle" *quali debbano essere gli strumenti giuridici, organizzativi e scientifici che realizzino queste garanzie. Credo che nessuno di noi possa essere così autoreferente da affermare certezze in questo campo. L'Evidence Based incrina ogni giorno il poco che con fatica eravamo riusciti ad apprendere e il sapere scientifico,paradossalmente pare diminuire di"volume"quanto più gli strumenti operativi di cura divengono efficaci. Certo è che reputo comunque illiberale qualunque legge che renda impossibile o comunque infici il cotratto terapeutico e dia al curante ruoli di pubblica sicurezza. *Vorrei chiedere ai colleghi che lavorano nei servizi pubblici, in particolare, se potessero dirmi che ne pensano della questione della cronicita': Dal punto di vista di chi cura preferirei "Lungoassistenza" non per negare la permanenza dei danni ma per mettere in primo piano la necesità di evitare lo stigma. *- siamo d'accordo che servano in certi casi delle residenze ad hoc? Servono le residenze,servono i DH,gli ambulatori,le visite domiciliari serve e funziona tutto se "tutto" è presente ed integrato, se i programmi terapeutici sono orientati al paziente e non predeterminati dalla mancanza nel sevizio non solo della risorsa intesa come mancanza di finanziamento, ma anche come articolazione ,pluralità della possibilità della risposta. Se è necessario fare l'"abito su misura" al paziente l'approcio alla costruzione del progetto deve esserte laico,non predeterminato dall'offerta. Prima di dire dove e come è necessario definire cosa e perchè. *- come evitare che si ripetano in queste residenze le dinamiche di disinvestimento umano che portano al manicomio? Nella mia esperienza ,non considerando le residenze come esaustive della risposta terapeutica,ma piuttosto come "famiglie ultra-sane" che non sostituiscono il luogo della terapia che comunque sta "nel centro di salute mentale" inteso come luogo non solo fisico del contratto terapeutico. * quali dimensioni sono ottimali dal punto di vista umano-psichico-relazionale e quali dal punto di vista economico? Le dimensioni di convenienza economica non sono valutabili se non in rapporto alla disponibilità di finanziamento e quindi all'investimento della collettività sul problema. Un bene"impalpabile" come la salute non obbedisce a criteri di economicità ma a criteri di opportunità e sostenibilità della spesa. oltre ovviamente alla correttezza del rapporto costi benefici. Una struttura costa in spesa corrente circa un miliardo sia che assista 6/8 pazienti sia che ne assista 15. ma se deve essere una "famiglia-ultra sana" come fa ad avere oltre i 6/8 pazienti e gli 8/9 operatori necessari cioè 14/17 componenti? diventa "troppa gente in casa". *- quale personale debbono avere queste residenze? quello che serve a "quei pazienti" su programmi mirati. * che siano altamente rischiose per quanto riguarda la degradazione del clima umano, assolutamente d'accordo. Bisogna provvedere a sostenere gli operatori come e di più di quanto si sostengono i familiari e a trovare sistemi di turn over,di allontanamenti parziali.... e sostenere i pazienti per evitare che si sentano"cronici" e trovare anche per loro sitemi di turn over di allontanamenti parziali.... *(che debbano avere personale particolarmente qualificato (non la cooperativa o la congregazione con personale sottopagato e\o volontario, per intenderci) e inserito nei dipartimenti di psichiatria, continuamente formato che il "privato sociale" stia dimostrando i limiti della non professionalità a fronte dei vantaggi del basso costo ......è davanti agli occhi di tutti. Che però sistemi di welfare mix(direzione pubblica e gestione privata) possano aprire prospettive interessanti......ma è un argomento che meriterebbe un dibattito a se. Alberto ti saluto e passa quando vuoi dai servizi dove hai lavorato. Magari ci puoi dire che differenze noti e darci qualche idea. Fabrizio Ramacciotti Date: Wed, 17 Oct 2001 10:05:01 +0100 Sender: Psychomedia Salute Mentale e Comunicazione <PM-SMC@LISTSERVER.SICAP.IT> From: Leonardo Ancona <amangiarotti@PELAGUS.IT> Subject: [PM-SMC] R: [PM-SMC] riassunto Caro Semi, sto seguendo la questione relativa al proposito di modificare la 180, trovo che vi sia una grande confusione al riguardo, aderisco a ciò che ha scritto al proposito Mario Maj, l'attuale presidente della Società Italiana di Psichiatria, tuttavia mi trovo in pieno accordo con quanto tu hai detto su PM-SMC; qualche perplessità la ho sul numero di 40 persone da comprendere in una residenza. Con cari saluti Leonardo Ancona Date: Wed, 17 Oct 2001 15:11:53 +0200 Sender: Psychomedia Salute Mentale e Comunicazione <PM-SMC@LISTSERVER.SICAP.IT> From: "Gaetano Dell'Anna" <067822953@IOL.IT> Subject: [PM-SMC] Strumenti giuridici, organizzativi e scientifici. Salve, ritorno tra voi dopo un lungo periodo di assenza, durante il quale ho tuttavia seguito assiduamente gli scambi nelle liste. Un saluto particolare a M@rco del quale ho seguito col cuore le vicende. Da psicologo, quale mi onoro di essere, vorrei ora spendere qualche parola collegandomi, tangenzialmente, alle argomentazioni di Semi e Ramacciotti. La frase che ho riportato nell'oggetto sembra, a me, contenere interamente la problematica che riguarda i rapporti tra "mondo curante" e "mondo che viene curato". La sanità comunemente detta, infatti, si avvale in modo massiccio di strumenti giuridici, organizzativi e scientifici, e non c'è chi si meravigli di ciò. Questo perché, naturalmente, il cittadino ha diritto a un sistema che si prenda cura dei suoi malanni in modo scientificamente attendibile. Vero è che ci sono sconfinamenti anche esagerati, che passano attraverso attese di prevenzione fondate troppo spesso sulle paure indotte dai "media" per interessi di audience (o peggiori), e recepite dagli organi politici messi sotto pressione. Però il diritto c'è; il cittadino è un avente diritto. *...siamo tutti d'accordo che il paziente deve avere garantiti tutti i diritti del cittadino... D'accordo. Però, chi si farà carico di quella garanzia? Chi soffre nell'apparato psichico certo non è un avente diritto come tutti gli altri. Uno dei principi su cui si fondò la battaglia per la legge 180 - la necessità di ricondurre il rapporto di tutela nel naturale alveo sociale e familiare - dice già che il paziente psichiatrico ha bisogno che altri si occupino del fatto che anche lui ha diritto a sistemi di cura scientificamente istruiti. Occorre allora definire, caso per caso, chi sia il terzo partecipe al quale domandare di farsi carico di quell'esercizio del diritto che non si può affidare al paziente medesimo. Può essere questo terzo l'istituto stresso fornitore del servizio? Può essere il personale di diversa professionalità ivi impiegato? Può essere una parte politica o sociale? E quale? Esiste un sistema giudiziario di tutela dei diritti del minore; è vero che abbisogna di notevoli correttivi, ma almeno c'è. Per il paziente psi. c'è piuttosto, in apparenza, un sistema che si tutela rispetto a lui sulla base della stessa"sfiducia realistica" che fonda la maggior parte delle istituzioni di garanzia. Io ho pensato che - invece di aspettare proposte di parte politica, e poi partecipare ai cori, pro o contro - si potrebbero istituire nelle aree professionali interessate, gruppi, commissioni, funzioni insomma che partoriscano qualcosa di propositivo, ma a monte dell'iniziativa pubblica, definendo, e comunicando, (come faceva Basaglia, ricordate?) con la necessaria dignità di posizioni e consistenza di valore scientifico, che cosa si può fare, indicando come farlo e, se possibile, con quali risorse. In tale sede, o altra, comunque superiore e neutrale rispetto all'agone political-sociale, si potrebbero certamente considerare opportunità e necessità; a meno che un tale organismo, piuttosto che fornire referenze organizzative non si limiti a istituire e mantenere se stesso, come talvolta è successo. Un saluto. Gaetano _____________________________________________________ Gaetano Dell'Anna - PSICOLOGO Via Michele di Lando, 26 int.2 00162 Roma Telef.: 06-7822953 (Ab.) 347-3736218 (Cell.) E-mail: gaetanodellanna@arcaviola.it gaetanodellanna@email.it kalibano@libero.it ____________________________________________________ Presidente di ARCA VIOLA (o.n.l.u.s.) Associazione di Ricerca, Consulenza e Assistenza per la Vita, l'Impresa, l'Organizzazione e il LAvoro www.arcaviola.it ____________________________________________________ Editorial Staff Member of Psychomedia www.psychomedia.it Date: Wed, 17 Oct 2001 22:30:02 +0200 Sender: Psychomedia Salute Mentale e Comunicazione <PM-SMC@LISTSERVER.SICAP.IT> From: Andrea Mazzeo <a.mazzeo@TIN.IT> Subject: Re: [PM-SMC] Muggia, Maj, Dell'Acqua > dalla parte della 180, questa volta scendono in campo due partner > d&Mac226;eccezione: le famiglie dei malati,...e la quasi totalita' degli > psichiatri italiani, Al proposito, su altra lista, a mia osservazione di stampo opposto, mi fu risposto: L'opinione della maggioranza di una qualsivoglia categoria professionale puo' essere considerata, al massimo, un sondaggio. ... Spentasi precocemente l'eco del mitizzato "evidence based", siamo al populismo scientifico? > si tratta di una legge quadro che fissa alcuni principi, lasciando poi > alle singole regioni il compito di definire i contenuti organizzativi: > l&Mac226;articolazione dei dipartimenti, dei centri di salute mentale o delle > residenze. A mio parere, una legge seria deve stabilire le strutture essenziali per assicurare su tutto il territorio nazionale livelli minimi ed uniformi di assistenza (CSM ed SRA); fatto questo, ogni regione legifera in senso migliorativo, ma le strutture essenziali devono essere create obbligatoriamente da tutte le regioni ed aziende sanitarie locali. Date: Wed, 17 Oct 2001 22:30:13 +0200 Sender: Psychomedia Salute Mentale e Comunicazione <PM-SMC@LISTSERVER.SICAP.IT> From: Andrea Mazzeo <a.mazzeo@TIN.IT> Subject: Re: [PM-SMC] Muggia, Maj, Dell'Acqua (2) Fabrizio Ramaciotti Wrote: > purtroppo per chi? per chi "non collabora con le attuali forze governative"? Ma che', e' lecito solo collaborare con le forze sinistre? Se e' cosi' mi autoaccuso di collaborazionismo filo-governativo. Dai smettiamola con queste frecciate, fate la vostra opposizione ma fatela seria, sui contenuti. Date: Wed, 17 Oct 2001 22:30:21 +0200 Sender: Psychomedia Salute Mentale e Comunicazione <PM-SMC@LISTSERVER.SICAP.IT> From: Andrea Mazzeo <a.mazzeo@TIN.IT> Subject: Re: [PM-SMC] Muggia, Maj, Dell'Acqua (3) Roberto Bosio scrive: > Purtroppo da un punto di vista psiconeurolinguistico il significato della > frase citata potrebbe essere tradotto circa cosi': "Ascoltero' tutti, poi, > in ogni caso, io scegliero' cio' che per me e' giusto" Non capisco la tua meraviglia: alla fine della discussione qualcuno deve pur decidere. E decide chi ha il potere (il diritto-dovere) di farlo; in democrazia ha il potere di decidere chi ha ricevuto dagli elettori la maggioranza dei consensi. Capisco che certa sinistra, nostalgica dei metodi leninisti delle avanguardie e delle elite autoreferenziali, fatichi ad adattarsi ai nuovi metodi, ma ormai e' cosi'. Date: Thu, 18 Oct 2001 00:18:43 +0200 Sender: Psychomedia Salute Mentale e Comunicazione <PM-SMC@LISTSERVER.SICAP.IT> From: Albertina Seta <a.seta@MCLINK.IT> Subject: [PM-SMC] Precisazione a Casagrande cari colleghi, solo una precisazione all'intervento del Dott. Domenico Casagrande girato alla lista dal Dott. R.Bosio >De Marco ha portato il pieno appoggio della SIRP e Seta di Nuova >Psichiatria. potrà sembrare una pignoleria, ma ci sembra opportuno chiarire che: 1) l'appoggio di Nuova Psichiatria all'iniziativa di PdL dell'On.Burani è riferito al fatto di promuovere una nuova legge per la psichiatria che vada a sostituire la 180, e, quanto a questo, ha ragione il Dott. Casagrande, l'appoggio è pieno e totale. 2) la circostanza di un parlamentare che, pur potendo contare su una maggioranza di governo, dà la possibilità a colleghi di diverso orientamento di partecipare con contributi tecnici, ci è parsa poi un'occasione "non consueta" di confronto critico della quale approfittare per esporre il nostro punto di vista. NUOVA PSICHIATRIA Date: Thu, 18 Oct 2001 03:42:05 +0200 Sender: Psychomedia Salute Mentale e Comunicazione <PM-SMC@LISTSERVER.SICAP.IT> From: Fabio Canegalli <ilcane@tin.it> Subject: [PM-SMC] R: Re: [PM-SMC] Muggia, Maj, Dell'Acqua (3) > E decide chi ha il potere (il diritto-dovere) di farlo; in democrazia >ha il potere di decidere chi ha ricevuto dagli elettori la maggioranza dei >consensi. > Capisco che certa sinistra, nostalgica dei metodi leninisti delle >avanguardie e delle elite autoreferenziali, fatichi ad adattarsi ai nuovi >metodi, ma ormai e' cosi'. > >Andrea Mazzeo Caro Andrea, affettuosamente ...... e scherzosamente.... se continui su questi toni..... qualcuno ti ribattezzerà l'Emilio (Fede) delle liste psichiatriche..... ripeto... affettuosamente .. e scusate l'off topic.... Fabio Canegalli Date: Thu, 18 Oct 2001 14:04:16 +0200 Sender: Psychomedia Salute Mentale e Comunicazione <PM-SMC@LISTSERVER.SICAP.IT> From: Carlo Gozio <cgozio@LIBERO.IT> Subject: [PM-SMC] RIFORMA DELLA 180? DOCUMENTAZIONE e SONDAGGIO All' indirizzo http://www.psichiatriabrescia.it RIFORMA DELLA 180? DOCUMENTAZIONE i testi delle leggi, delle proposte di legge, dei commenti degli articoli apparsi sui giornali Le leggi e le proposte di legge * LEGGE 180 COME RECEPITA DALLA LEGGE 833 DEL 1978 * Progetto obiettivo "Tutela salute mentale 1998-2000" * Progetto di legge della on. Burani Procaccini (Forza Italia) * Testo della proposta di legge per la salute mentale dell'on Cè (Lega) * PROPOSTA DI LEGGE n 844 d'iniziativa del deputato CENTO (Gruppo Misto Il Girasole) in tema di tutela della salute mentale * Resoconto delle sedute del 19 e 20 settembre della Commissione Sanità sulla proposta di legge Burani Procaccini Tabella di confronto tra legge 180 e proposte di leggi Burani e Cè Commenti * relazione introduttiva del dr Tonino CAntelmi alla proposta di legge Burani * Mario Maj, Presidente della Società Italiana di Psichiatria, sulla riforma della 180 * Psichiatria Democratica sulla proposta di legge "Burani Procaccini" * La Società Italiana di Psichiatria sulla "riforma" della 180 * ...e la risposta del dr Cantelmi, consulente della on. Burani * La Consulta Nazionale per la Salute Mentale chiede un nuovo impegno sulle problematiche della salute mentale. Lettera al Ministro Sirchia * LINK al dibattito svoltosi sulla mailing list di Psychomedia La stampa * da IL MATTINO del 22/9/2001 Psichiatri e familiari: "No ai nuovi lager" * da Repubblica del 21/9/2001 Così s'ignora la sofferenza e si aiuta la sanità privata" L'ex ministro Rosy Bindi: pensano già a 30 mila posti letto * "LA 180 È DA RIFORMARE" TORNANO I MINIMANICOMI" M. Reggio da Repubblica 21 sett 2001 * l'Unità dell'8 ottobre 2001 - "Peccato che sia Italia" di Giuseppe dell'Acqua * Nantas Salvalaggio su OGGI _________________________________________________________________________ Continua inoltre il SONDAGGIO sulla 180 e le proporste di riforma. Questi i risultati ad oggi, con 338 voti espressi Qual'è il suo parere sulla legge 180 1.) E' una buona legge, va bene così 33% 2.) E' una buona legge, ma non è stata applicata 28% 3.) Va cambiata in tutto o in gran parte 38% Esprima il Suo parere sulla legge di riforma della 180 - "Burani Procaccini" 1.) Parere positivo 38% 2.) Dubbio 3% 3.) Parere negativo 59% La redazione di Salute Mentale a Brescia dell'Associazione Laura Saiani Consolati Date: Thu, 18 Oct 2001 17:45:50 +0200 Sender: Psychomedia Salute Mentale e Comunicazione <PM-SMC@LISTSERVER.SICAP.IT> From: "G.G.Giacomini" <giacomin@LIBERO.IT> Subject: [PM-SMC] P.d.l. Burani, M.Maj, psichiatria accademica e altre burle. In data 12 ottobre Mario Maj, Presidente della Società Italiana di Psichiatria, ha comunicato, tramite P.Petrini: "La guerra di religione che si profila a proposito della legge 180 solo in minima parte è espressione di difficoltà e contrasti interni al mondo della tutela della salute mentale; in larga misura, invece, essa è il prodotto di conflitti e contrapposizioni ideologiche che a quel mondo sono estranei. Le strutture residenziali vanno sicuramente meglio regolamentate. Già oggi purtroppo in alcune di queste strutture si ritrovano realtà simili a quelle dei vecchi manicomi, per la concentrazione dei pazienti, la spersonalizzazione, l'incuria e l'abbandono. Aumentare il numero dei posti in ciascuna di queste strutture fino a 50, con possibilità di accorpamento di più strutture, come una delle proposte di legge in discussione prevede, e accentuarne la natura custodialistica a spese della connotazione socio-riabilitativa, come fanno entrambe le proposte di legge, non farebbe altro che aumentare il rischio della riproduzione di realtà manicomiali." Commento. L'articolo a firma del presidente SIP Mario Maj (il cui testo, a quanto sembra, è stato approvato dall'esecutivo della Società Italiana di Psichiatria, colonizzata dagli universitari), comparso in lista il 12/10/01, è un istruttivo esempio della tartuferia accademica nostrana.. Tale documento lascia intendere che la soluzione dei problemi sollevati dall'attuale dibattito sulla legislazione per l'assistenza psichiatrica dovrebbe risiedere unicamente nella deideologizzazione dei contrasti attualmente esistenti attorno alla legge 180 e nell'adozione di provvedimenti puramente "tecnici" e "socio-culturali", i quali dovrebbero garantire la promozione della connotazione "socio-riabilitativa" delle strutture assistenziali, preservandole da ogni possibile involuzione di natura "custodialistica", tipica del vecchio manicomio. In tal modo, però, sembra cha la psichiatria universitaria non riesca a scorgere, nell'ambito dell'assistenza psichiatrica, altre alternative metodico-culturali che non siano, da un lato, quella "custodialistica" (legata alla vituperata ideologia dell'"alienato mentale" e della sua "pericolosità") e, dall'altro lato, quella, innovativa, "socio- -riabilitativa" (che considera la sofferenza mentale esclusivamente come conseguenza di squilibri sociali, per i quali, pertanto, si richiederanno correttivi a livello politico, piuttosto che interventi di carattere medico). Un simile semplicismo risulterebbe letteralmente stupefacente se ad esso non ci avesse abituato, ormai da molti decenni, il radicale analfabetismo epistemologico della psichiatria accademica nostrana (come già per il passato abbiamo avuto occasione di dimostrare attraverso la nostra ricerca e come, più recentemente, per sommi capi, abbiamo illustrato in questa ed in altre liste). In realtà è veramente increscioso che, agli inizi del terzo millennio, la psichiatria accademica nostrana non abbia da offrire altro modello culturale, al fine di superare l'ideologia manicomiale (risalente alla legge 36/1904), che non sia quello "socio-riabilitativo": quest'ultimo, infatti, per quanto meritori o sotto il profilo del soccorso umanitario, non può certo considerarsi né qualificato, da un punto di vista scientifico ed epistemologico, né sufficiente, sul piano pratico, per risolvere, secondo i criteri di un'assistenza differenziata e sistematica, la vasta gamma dei problemi presentati dagli stati di sofferenza psicopatologica. Per avere un'idea del grossolano semplicismo con cui viene affrontato il problema clinico da parte della "scienza" psichiatrica nostrana, basterà soffermarsi sul modo come viene impostato, ad esempio, il problema delle cosiddette "strutture residenziali". "Le strutture residenziali - ci dice il documento SIP - vanno sicuramente meglio regolamentate". E ci spiega come: "Sono necessari criteri per l'accreditamento di queste strutture, sia pubbliche che private, che riguardino non solo gli spazi, i posti e il numero degli operatori, ma anche le attività che in esse debbono svolgersi." Secondo un simile discorso, sembra che tutto il problema relativo a tali strutture debba risolversi in funzione di provvedimenti di carattere burocratico, amministrativo, logistico, ludico e simili. Neanche un cenno sui gravi problemi di carattere clinico (che sono poi quelli mai seriamente affrontati, sin dalle origini, dai bramini dell'uni- versità), dai quali dipendevano i vizi d'origine del vecchio manicomio. Com'è noto, in una tale istituzione, i reparti "residenziali" risultavano differenziati secondo criteri di alta professionalità clinica: vi erano, ad esempio, i reparti che accoglievano i "malati" "SUDICI", mentre, invece, gli "alienati" "PULITI" venivano alloggiati in separati reparti. Un'altra importante categoria "psicopatologica" era rappresentata dagli "AGITATI", i cui reparti erano differenziati da quelli destinati alla categoria "psicopatologica" dei "TRANQUILLI". E così via. In funzione di questi geniali criteri di psicopatologia clinica, poteva perciò accadere, com'è facilmente intuibile, che in uno stesso reparto, ad esempio, quello degli "agitati", venissero a trovarsi, affastellati in un sol fascio, pazienti che, dal punto di vista propriamente psicopatologico, risultavano pertinenti a categorie nosografiche e a tipologie cliniche assai differenti, quali intossicazioni alcoliche acute e croniche, processi degenerativi neurobiologici della più diversa natura, quadri ciclotimici in fase maniacale, stati dissociativi, deliri di rapporto sensitivo, quadri di ansia acuta di tipologia psicopatica, ecc. Non sembra dubbio che qualora, già nel vecchio ospedale psichiatrico, i criteri dell'assistenza fossero stati quelli dell'autentica psicopatologia clinica (che non risulta fossero, neanche allora, proibiti da alcuna legge) i ricoverati avrebbero potuto usufruire non solo di cure più adeguate, ma anche di un trattamento più civile dal punto di vista umanitario. Anche se la vecchia istituzione manicomiale risultava pesantemente condizionata da norme gravemente lesive dei diritti alla libertà della personalità umana, nessuna disposizione impediva, tuttavia, agli psichiatri di svolgere i propri compiti in modo conforme ai canoni della propria scienza e della propria professione. In tal senso, si sarebbe almeno potuto evitare che una persona inquadrabile in una tipologia psicopatica (come un delirio di riferimento in una personalità sensitiva) venisse trattata alla stessa stregua di una schizofrenia processuale o, addirittura, di una cerebropatia con un'analoga sintomatologia. In effetti, già nei primi decenni del secolo scorso era stata tracciata, dalla psicopatologia moderna, una netta differenziazione tra le cosiddette malattie mentali a fondamento neurobiologico ( e che più propriamente sarebbero da definirsi "cerebropatiche") ed i quadri psicopatici (personalità psicopatiche e loro reazioni e sviluppi), per i quali, men che mai, si dovrebbe parlare di "malattia", così che, per essi, sarebbe da escludersi ogni valutazione di tipo diagnostico (che dovrebbe essere invece riservata esclusivamente ai disordini mentali a fondamento cerebropatico). Questa fondamentale distinzione tra psicosi (a fondamento neurobiologico) e psicopatie (attribuibili a problematiche della personalità), teorizzata sul piano metodologico, nosografico e diagnostico dalla più moderna psicopatologia integrazionistica (K.Jaspers, K.Schneider ed altri), consente di inquadrare in modo adeguato i principali problemi della clinica e dell'assistenza in psichiatria. Nella sue linee essenziali, essa è anche condivisa, pur con qualche variante teoretica e terminologica, anche dai più qualificati esponenti della psicopatologia integrazionistica funzionalistica. A questo riguardo, infatti, O.Bumke così si esprimeva: "Tutti i luoghi di cura per alienati accolgono DUE SORTA DI MALATTIE ETEROGENEE - considerate secondo l'origine loro - le quali, per lo meno immediatamente, non passano l'una nell'altra e, tutt'al più, solo incidentalmente qualche volta coincidono, e sono le MALATTIE CEREBRALI e le PSICOSI FUNZIONALI. Nella paralisi progressiva, nella lue cerebrale, nella demenza senile, nell'arteriosclerosi, nei tumori del cervello e nelle conseguenze di certe ferite, per citare solo le forme più importanti, un processo patologico grossolano si innesta nel meccanismo cerebrale normale, lo distrugge o per lo meno lo disturba; ne derivano, oltre ai segni somatici della malattia, determinati sintomi nervosi di deficienza o di irritazione, come afasia, aprassia, cecità psichica, amnesia, demenza, fenomeni di eccitamento da causa organica. Questi sono, almeno in parte, anche sintomi psichici, ma non sono preformati nella nostra vita psichica normale, e noi ci troviamo di fronte ad essi psicologicamente senza risorse; possiamo bene registrarli ma non interpretarli. Il cervello ammalato organicamente reagisce diversamente dal sano, e CHI STUDIA QUESTE REAZIONI MANEGGIA UNA PATOLOGIA GENERALE ORIENTATA SECONDO PUNTI DI VISTA NEUROLOGICI CHE HA BEN POCO DI COMUNI CON LA PSICOLOGIA NORMALE. Noi possiamo scoprire come parla un individuo afasico, ma il modo di procedere di costui non risveglia una eco immediata nella nostra coscienza. (Questo naturalmente non esclude che noi stessi occasionalmente possiamo provare accenni di questi sintomi, persino nel corso di malattie di poca importanza. Facile perseverazione mentre vi è un po' di febbre, accenni di incontinenza emozionale se vi è un forte esaurimento psichico od organico, sintomi parafasici e parapractici nell'ubriachezza e amnesie in seguito all'avvelenamento alcoolico, si presentano anche nei sani; TUTTE QUESTE SONO QUINDI REAZIONI ORGANICHE SOTTRATTE ALLA NOSTRA COMPRENSIONE PSICOLOGICA IMMEDIATA). Non è necessario aver veduto molti malati per sapere che all'infuori di questi SI DANNO ALTRI DISTURBI MENTALI DI CUI SIAMO BEN IN GRADO DI COMPRENDERE LE MANIFESTAZIONI. Si può essere malati di mente anche in modo diverso da quello secondo il quale un processo organico si insedia in un cervello precedentemente sano come farebbe un processo infiammatorio del polmone. Noi arriviamo così al concetto dei DISTURBI PSICHICI FUNZIONALI. Le oscillazioni dell'umore, l'angoscia, la periodicità, la suggestio- nabilità, gli errori mnemonici, l'inibizione, le idee ipocondriache, melanconiche o di dubbio, le oscillazioni della cenestesi, LA TENDENZA PIU' O MENO ACCENTUATA ALLA LOTTA OD AI CONFLITTI: TUTTO QUESTO L'UOMO NORMALE CONOSCE GIA' NELLA PROPRIA COSCIENZA e può quindi penetrare ben nella mente di quei malati nei quali questi caratteri sono patologicamente esagerati o deformati. Ciò non avviene nella stessa misura a tutti gli osservatori e per tutti gli ammalati, ma secondo il temperamento ad un osservatore appare più familiare un sintomo, ad un altro un altro. Ma fondamentalmente tutti i sintomi citati hanno le loro radici nel campo della normalità e derivano dalle proprietà della psiche umana normale. Per quanto le rappresentazioni deliranti, i disturbi sensoriali, i disturbi della volontà, quando giungono ad un grado molto avanzato, trasformino in modo sorprendente la personalità di un individuo, tuttavia all'analisi scientifica che ricerca le tracce delle prime e più sottili manifestazioni, ciascuno di questi sintomi finisce per dileguare nella psicologia dell'uomo normale". Il fatto che la problematica delle psicosi trovi il suo fondamento sul terreno neurobiologico comporta, in tali casi, l'obbligo di una metodologia neurologistica (metodo naturalistico della "spiegazione") sia nella ricerca che nella clinica e nella terapia. E' questo il terreno delle neuroscienze, che con ragione vedono nella psichiatria neurobiologica null'altro che un ramo della neurologia. Ben diverso è il caso della psicopatologia delle psicopatie (personalità psicopatiche e loro sviluppi), per le quali si impone invece la metodologia personologica della "comprensione" e per la quale si qualifica come trattamento di elezione una psicoterapia sistematica (centrata sulla personalità). QUALORA PERTANTO, ANCORA UNA VOLTA, NELLA COSTITUZIONE DELLE STRUTTURE PER L'ASSISTENZA PSICHIATRICA (RESIDENZIALE E NON) VENISSERO IGNORATI I FONDAMENTALI PRINCIPI EPISTEMOLOGICI DELLA PIÙ MATURA PSICOPATOLOGIA CLASSICA, SAREBBE VANO SPERARE UN QUALSIASI REALE PROGRESSO SUL PIANO OPERATIVO. E' dubbio, peraltro, che una simile impostazione possa trovare consensi nell'ambito dell'accademia psichiatrica, la quale, avendo da sempre ignorato i fondamenti epistemologici della più avanzata psicopatologia classica, si trova attualmente schierata sulle posizioni grossolanamente riduzionistiche del cosiddetto manuale DSM (giunto ormai, con la IV edizione, alla sua più esasperata degenerazione operazionistica e behavioristica). Grazie all'operazionismo funzionalistico cui si ispira il suddetto manuale, sarà possibile inquadrare in termini di "diagnosi clinica" e, pertanto, di vera e propria "malattia mentale", qualsiasi "disturbo" psicopatologico, dato che, programmaticamente, la diagnosi differenziale tra psicosi e psicopatie non dovrebbe essere più considerata necessaria per la clinica psichiatrica. Con l'omologazione di ogni quadro clinico (sia di ordine psicotico, che di ordine psicopatico), nella formula della "diagnosi" e della "malattia mentale", non si vede su quali basi epistemologiche potrebbe introdursi una differenziazione delle strutture residenziali in funzione di un'assistenza terapeutica sistematica e differenziata. Come stupirsi che, in tale condizioni, le "nuove" strutture residenziali riproducano, su scala ridotta, gli stessi vizi dei vituperati manicomi? (Nell'ambiente psichiatrico genovese queste "nuove" strutture sono già da tempo denominate "Quartini"). Come pensare che, persistendo l'attuale analfabetismo epistemologico, possano migliorare le condizioni per un'adeguata assistenza clinica, magari facendo ricorso all'alchimia dei numeri, anziché ad un'adeguata metodologia psicopatologica, (dato che, com'è noto, secondo l'alta cultura dell'acca- demia psichiatrica, "dell'epistemologia, in psichiatria, non c'è bisogno")? In tali condizioni, suonano alquanto grottesche le conclusioni cui giunge il documento SIP: "Già oggi purtroppo in alcune di queste strutture si ritrovano realtà simili a quelle dei vecchi manicomi, per la concentrazione dei pazienti, la spersonalizzazione, l'incuria e l'abbandono. Aumentare il numero dei posti in ciascuna di queste strutture fino a 50, con possibilità di accorpamento di più strutture, come una delle proposte di legge in discussione prevede, e accentuarne la natura custodialistica a spese della connotazione socio-riabilitativa, come fanno entrambe le proposte di legge, non farebbe altro che aumentare il rischio della riproduzione di realtà manicomiali". Con buona pace dei bramini insipienti del sapere accademico, il problema clinico delle strutture psichiatriche residenziali non si risolve affatto con la strategia ragionieristica dei numeri (reparti da 20 o 50 posti), bensì con una metodologia clinico-diagnostica e con un progetto didattico per la formazione di medici (specialisti e non) che siano all'altezza della più avanzata psicopatologia classica e della sua impostazione epistemologica. Tutto ciò comporterebbe però, per l'attuale psichiatria accademica, la necessità di un profondo rinnovamento, non solo scientifico e didattico, ma anche, e soprattutto, etico, che si dubita possa essere promosso dalle attuali consorterie di potere, i cui più consolidati interessi colludono con la gestione a circuito chiuso di privilegi nepotistici, con l'analfabetismo epistemologico, con le legittimazioni abusive incrociate, con le adulterazioni concorsuali, con le lottizzazioni e i voti di scambio, con le copiature e i plagi dei lavori "scientifici", con le mercificazioni della nosografia psicopatologica, con la massificazione indifferenziata dell'assistenza psichiatrica, con la confusione dei ruoli operativi, ecc., ecc. Una riforma della legge per l'assistenza psichiatrica che, ancora una volta, dovesse ignorare i fondamenti epistemologici delle discipline psicopatologiche, psichiatriche e psicoterapeutiche, per ridursi al consueto gioco dei numeri, gravitante attorno allo squallido mercato della distribuzione di posti, di "risorse" e di patacche ai vassalli, valvassori e valvassini delle satrapie accademiche, politiche e burocratiche, è destinata, come già per il passato, al più miserando fallimento. In una discussione come quella attuale, riguardante l'ordinamento legislativo di una disciplina specialistica, qual è la psichiatria, la priorità assoluta dovrebbe essere riservata agli aspetti scientifici, epistemologici e didattici, rispetto ai quali tutti gli altri sono conseguenti. Disperdersi in questioni ideologiche, partitiche, ragionieristiche o, addirittura, personalistiche, significa lasciarsi sfuggire un'ulteriore occasione per conferire un serio ordinamento alla nostra disciplina. Presumere di discutere un progetto di legge per l'ordinamento di attività professionali ignorandone i fondamenti scientifici, epistemologici e didattici, è destinato a risolversi nella solita burla all'italiana. Per gli eventuali approfondimenti, si rinvia ai riferimenti bibliografici. Riferimenti bibliografici: G.G.Giacomini (intervista a V.G.Jorizzo): RIFORMA PSICHIATRICA E LEGGE "180", in "Psicoterapia Professionale" AA IX-XI, 1994. G.G.Giacomini: IL FALLIMENTO DELLA PSICHIATRIA ACCA- DEMICA ITALIANA E IL PROBLEMA DEL METODO IN PSICOPATOLOGIA E IN PSICOTERAPIA, in "Psicoterapia Professionale" AA IX-XI, 1994. G.G.Giacomini: IL MANUALE "DIAGNOSTICO" E "STATISTICO" DSM III-IV: ANALFABETISMO EPISTEMOLOGICO, NICHI- LISMO METODOLOGICO E INSIPIENZA CLINICO-DIA- GNOSTICA IN PSICOPATOLOGIA, in "Psicoterapia Professio- nale" AA IX-XI, 1994. G.G.Giacomini: LA PSICHIATRIA FUNZIONALISTICA E IL PRO- BLEMA DEL METODO IN PSICOPATOLOGIA, in "Psicoterapia Professionale" AA IX-XI, 1994. G.G.Giacomini: IL PROBLEMA DELLE PSICOPATIE NELLA PSICO- PATOLOGIA STRUTTURALISTICA, in "Psicoterapia Professionale" AA VII-VIII, 1991 G.G.Giacomini: PSICOPATOLOGIA CLINICA, DIAGNOSI PSICHIA- TRICA, TIPOLOGIA DELLE PSICOPATIE, TEORIA DELLA PER- SONALITA' E GIUSTIFICAZIONE DELLA PSICOTERAPIA, IN UN INQUADRAMENTO DIALETTICO. RIFERIMENTI ALLA TAVOLA EPISTEMOLOGICA UNIVERSALE (TEU), in "Psicoterapia Professionale", AA. XII-XIX, 2001. G.G.Giacomini: TAVOLA EPISTEMOLOGICA UNIVERSALE, in "Psicoterapia Professionale" AA IX-XI, 1994. G.G.Giacomini e V.Marino: UN PLAGIO IMPUNITO: UN GIUDIZIO DELLA SOCIETA' SVIZZERA DI PSICHIATRIA. LO SFACELO DELL'UNIVER- SITA' ITALIANA NELLA DIDATTICA E NELLA RICERCA. in "Psicoterapia Professionale", AA. XII-XIX, 2001. O.J.Ruda: TEORIA E PRASSI DEL BEHAVIORISMO RADICALE, in "Psicoterapia Professionale", A.V, 1988; A.VI, 1989; AA.IX-XI, 1994. O.J.Ruda: IL PROBLEMA EPISTEMOLOGICO NELLA PSICOLOGIA NORD- AMERICANA DEL NOSTRO TEMPO: LA CONCEZIONE DI B.F.SKINNER. in "Psicoterapia Professionale", AA. XII-XIX, 2001. P.S.: I colleghi che desiderassero ricevere l'articolo: RIFORMA PSICHIATRICA E LEGGE "180" potranno richiederlo via e-mail all'indirizzo: giacomin@libero.it Sono anche disponibili i seguenti articoli: - IL MANUALE "DIAGNOSTICO" E "STATISTICO" DSM III-IV: ANALFABE- TISMO EPISTEMOLOGICO, NICHILISMO METODOLOGICO E INSIPIENZA CLINICO-DIAGNOSTICA IN PSICOPATOLOGIA - UN PLAGIO IMPUNITO: UN GIUDIZIO DELLA SOCIETA' SVIZZERA DI PSICHIATRIA. - IL PROBLEMA EPISTEMOLOGICO NELLA PSICOLOGIA NORD- AMERICANA DEL NOSTRO TEMPO. G.Giacomo Giacomini - Psichiatra psicoterapeuta Direttore dell'Istituto per le Scienze Psicologiche e la Psicoterapia Sistematica - CESAD - Centro Studi per l'Analisi Dialettica Direttore della Rassegna: "Psicoterapia Professionale - Professional Psychotherapy" 16121 Genova - Via A.M.Maragliano, 8/5 Tel/Fax: 010/580903 - e-mail: giacomin@libero.it Internet: http://www.alger.it/istpsico Date: Thu, 18 Oct 2001 23:08:27 +0200 Sender: Psychomedia Salute Mentale e Comunicazione <PM-SMC@LISTSERVER.SICAP.IT> From: Bosio Roberto <bosirob@TIN.IT> Subject: Re: [PM-SMC] Muggia, Maj, Dell'Acqua (3) Ciò che mi meraviglia é la constatazione che i modelli della psuedodemocrazia a cui molti ultimamente si riferiscono vengono calati anche nelle proposte di legge e nei suoi consigliori e stesori. Pur avvilendomi ricorderò qualcosa dell' Educazione Civile, materia di studio alle scuole medie inferiori, in particolare appare interessante il concetto, per il momento ancora attuale, che prevede per le opposizioni (in ogni caso espressione di più di una ventina di milioni di italiani) un ruolo di controllo, proposizione e stimolo per la maggioranza... altre interpretazioni sul ruolo, compito e presunzione di totale rappresantatività della popolazione da parte di una maggioranza che scotomizza la opposizione, vanno sotto il nome di totalitarismo. Chiudo qui questo off topic. Invece ciò che di tutta questa vicenda mi intriga é la coerenza nel calare decisioni e leggi su qualcuno o qualche persona sofferente, stravolgendo e cassando anni di cultura e progresso che hanno portato il cittadino, sofferente e non sofferente, ad essere il centro partecipe e protagonista dei servizi di cui può o necessita di usufruire. Il tutto con diverse argomentazioni fra le quali non ultima la stigmatizzazione (ammesso che tale sia) di leninismo o marxismo per coloro che dissentono da questo stile. Del resto pare proprio che il concetto di stigmatizzazione non sia da superarsi essendo cosi utile alle esclusioni... Ma ancora di più ho avuto occasione di leggere, a sostegno della proposta di legge in questione, ingenue denunce di disfunzione di servizi che, se da un lato entrano nella sfera del "penale" dall'altro sono presentate proprio da chi dovrebbe porvi pronto e risoluto rimedio. Sembra quasi ci fosse una attesa per il magico intervento del grande padre o fratello capace di togliere le castagne delle responsabilità dello psichiatra grazie ad un approccio riduzionistico della complessità dell'area del disagio psichico. Tale complessità nasce dal fatto che una legge sulla salute mentale offre e definisce concetti sociali strettamente legati alle culture di un popolo in quanto sancisce la accettazione e la considerazione delle diversità (tutte) o la loro esclusione ed emarginazione. Solo all'interno di questa cornice vengono poi a calarsi le azioni coerenti alla filosofia individuata. E per ciò che concerne la proposta di Burani é evidente nella proposta stessa e nelle pratiche, ormai apertamente dichiarate, di esclusione di ogni voce dissidente (financo appellandosi alla presunta assenza di rappresentatività scientifica oltre che di Società di Psichiatria del Prof M Maj, di rappresentatività dell'UNASAM, della DIAPSIGRA, di Psiche2000 e di ogni altro fuori dal coro dei signorsisignore) che l'obiettivo non é certamente il recupero e valorizzazione delle diversità, ma il loro confino in luoghi che garantiscano "aria e verde". Poco anche per i concetti più attuali di qualità della vita e di equità. invece nella nostra regione e non solo, servizi nuovi aperti 24 ore o 12 ore sono stati istituiti solo dove persone con impegno hanno lottato per questo, né più né meno del primario radiologo che agisce per dotare il proprio servizio della TC se necessaria. D'altra parte nel 1995 facevo parte in qualità di Esperto in Accreditamento dell'Osservatorio Permanente per la Salute Mentale del Ministero della Sanità dove, assieme al collega F Fasolo abbiamo elaborato e presentato alla discussione, i criteri di accreditamento dei servizi poi pubblicati in forma rivista e ridotta nella GU 14 Gennaio 1997. In quella occasione proprio i colleghi afferenti all'area attualmente al governo apparivano essere i più restii e contrari alle definizioni chiare di organico: 1 psichiatra/ 10000 abitanti, 1 infermiere/2500 ab, 1 psicologo/ 20000 ab, 1 Ass Soc/ 30000 ab, ma anche alle dotazioni dei CSM e al loro orario di apertura assieme a molto altro. Chi ha prestato attenzione all'accreditamento, che solo per i poco informati é pratica burocratica ed amministrativa, leggendo magari fra gli italiani Erlicher e Rossi, Tansella, Taroni, Morosini ed anche il mio libro, ben sa come strutture e processi siano strettamente legati fra loro modulando l'operatività, gli stili di lavoro, la filosofia ed i valori di riferimento dei servizi. Ma per quanti criteri possano essere presenti nulla viene fatto se non si vuole fare ed in questo trovo responsabilità forti in molti colleghi. Se in Friuli come in Toscana o in Emilia ed in altre regioni, la 180 é stata sufficientemente applicata ed esistono CSM 24 ore vicino a Comunità riabilitative o esistono programmi di mix pubblico privato efficaci nella riabilitazione e nel reinserimento e riaggregazione di persone sofferenti nel tessuto sociale territoriale ciò é dovuto al fatto che molti di noi si sono giocati nel gioco, hanno partecipato, sensibilizzato, reclamato e lottato, attraverso la legge 180 ed il PON esistente, con amministratori poco attenti o strategicamente disimpegnati all'interesse di cittadini utenti dei SS Mentale come fa qualunque direttore di qualunque altra branca della medicina. A margine vorrei ricordare che gli USA stessi stanno studiando la nostra legge 833 per modificare il proprio sistema sanitario (anche in campo psichiatrico), la Francia ha in atto un percorso di attuazione di servizi di sal. mentale ispirati al modello italiano, in Inghilterra i programmi prevedono l'inclusione sociale delle diversità, perfino la Bosnja Herzegovjna reduce da un recente dramma, si sta strutturando su indicazione anche della Banca Mondiale verso una salute mentale territoriale che superi definitivamente le esclusioni e sia fortemente presente sul territorio con servizi 12 e 24 ore proibendo al contempo ogni possibile riapertura di luoghi per il ricovero protratto di persone con disagio psichico. Non é tutto ciò che volevo dire, ma mi pare già abbastanza. Infine ora ti ringrazio caro Andrea sia per la tua pacatezza nel contraddittorio, sia per l'avermi connotato e comunicato di essere di certa sinistra nostalgica di metodi leninisti delle avanguardie e il resto del bla bla. Date: Fri, 19 Oct 2001 10:00:18 +0200 Sender: Psychomedia Salute Mentale e Comunicazione <PM-SMC@LISTSERVER.SICAP.IT> From: "Gaetano Dell'Anna" <067822953@IOL.IT> Subject: [PM-SMC] R: [PM-SMC] Strumenti giuridici, Cari amici, rispondo a me stesso e insisto. Piuttosto che beccarsi come i polli di Renzo, secondo Voi: Non si potrebbe definire, caso per caso, chi sia il terzo partecipe al quale domandare di farsi carico di quell'esercizio del diritto che non si può affidare al paziente medesimo? Può essere questo terzo l'istituto stesso fornitore del servizio? Può essere il personale di diversa professionalità ivi impiegato? Può essere una parte professionale, politica o sociale? E quale? Può esser istituito un sistema di tutela del paziente incapace di autotutelarsi analogo a quello, pur imperfetto, che lo fa per il minore? E' possibile lavorare per definire, e comunicare, con la necessaria dignità di posizioni e consistenza di valore scientifico, che cosa si può fare, indicando come farlo e, se possibile, con quali risorse? Sì, sono un illuso, è la mia dote migliore e non vorrei privarmene. Vi saluto. Gaetano Date: Fri, 19 Oct 2001 21:30:23 +0200 Sender: Psychomedia Salute Mentale e Comunicazione <PM-SMC@LISTSERVER.SICAP.IT> From: Andrea Mazzeo <a.mazzeo@TIN.IT> Subject: Re: [PM-SMC] Muggia, Maj, Dell'Acqua Questo si che e' ragionare (mi riferisco, senza ironia, alla replica di Bosio); come vedi, provoca oggi, provoca domani, qualcosa alla fine viene fuori. A Lecce diciamo che ogni tanto ci vuole un pazzo per casa; questa volta ho recitato io. Vedo poi che la Burani ha gia' fatto scuola: Ramacciotti invece di legarmi vuole psicoeducarmi :-)) (come vanno i reumatismi, Fabrizio, con tutta l'umidita' della laguna...per te che hai fatto la resistenza...). Tornando seri. Bisogna far entrare in una legge dello Stato l'impegno che ha portato vari servizi a funzionare bene, non deve trattarsi piu' di buona volonta' ma di un obbligo di legge, quello di far funzionare bene i servizi. Questo non mi piace della 180 (alla mia mail sul "mito della mancata applicazione della 180" non ha ancora risposto nessuno), né dei P-O che sono dei pii intendimenti, ma che non hanno la forza di obbligare le ASL e noi operatori a lavorare e non a venire ai servizi a leggerci il giornale (tra l'altro, spero sia chiaro che parlo a Milano perche' Lecce intenda - e Lecce intende, lo so). > Sembra quasi ci fosse una attesa per il magico intervento del > grande padre o fratello Touche', Roberto, ma purtroppo e' cosi', certa gente se non viene obbligata, magari col fucile puntato (commissariamento, destituzione) se ne frega. > nella nostra regione e non solo, servizi nuovi aperti 24 ore o 12 ore > sono stati istituiti solo dove persone con impegno hanno lottato No, non voglio piu' lottare (contro i colleghi, i sindacati e la direzione generale) per dare un servizio all'utenza, che lotti l'utenza, o le associazione delle famiglie. Con un generosissimo infermiere dell'OP, abbiamo aiutato alcuni familiari a costituirsi in associazione, defilandoci subito dopo per evitare accuse di strumentalizzazione; be', si sono fatti strumentalizzare dal coordinatore. Ogni tanto attiviamo il Tdm, ma finisce li'; l'URP pare abbia centinaia di segnalazioni di disfunzioni, ma tutto viene annacquato ed insabbiato. Allora ben venga il grande padre: tu ASL e Regione, in forza di una legge dello Stato devi far funzionare i servizi in questo modo, devi obbligatoriamente occuparti dei pazienti gravi, ecc. > Chi ha prestato attenzione all'accreditamento, che solo per > i poco informati e' pratica burocratica ed amministrativa, Da noi e' SOLO pratica burocratica ed amministrativa, e sapessi come son bravi in questo. Hanno addirittura pubblicato i loro ponzamenti sul bollettino della SIP Puglia (se vai sul sito penso che lo trovi): "Sistema budgettario del DSM dell'Azienda USL LE/1". Tutto zeppo di grafici e tabelle, ed altri giochini vari fatti con excel; poi in pratica? Penso di avere detto pure troppo su quello che non funziona da noi. Al posto di lavoro ci tengo (ci ho famiglia). > esistono CSM 24 ore vicino a Comunita' riabilitative o esistono > programmi di mix pubblico privato efficaci nella riabilitazione > e nel reinserimento e riaggregazione di persone sofferenti nel > tessuto sociale territoriale Tutto questo DEVE diventare legge. > cio' e' dovuto al fatto che molti di noi si sono giocati nel gioco, > hanno partecipato, sensibilizzato, reclamato e lottato, Gia' fatto. Nel 1979 (prima della legge regionale che e' del 1980) a Nardo' abbiamo avviato una casa famiglia che ha accolto 12 pazienti dell'OP; il bello e' che la CF e' stata fatta con l'amministrazione dell'OP, scettica ma non contraria. Ma almeno erano intelligenti. Lottare con gli attuali e' tempo perso; ne abbiamo fatte tante di lotte, non serve a niente. Ben venga il grande padre. Se la legge sara approvata cosa accadra' in pratica? Da voi le ASL metteranno in piedi le SRA ma probabilmente vi saranno ricoverati pochi pazienti, visto che il territorio si e' ben organizzato; da noi saranno piene. Non e' una bella cosa, forse, ma, come ho gia' scritto, meglio cosi' che per strada o in carcere (ho anche casi di genitori che per far curare il loro figlio psicotico lo hanno denunciato per aggressione e cosi' e' finito in OPG, come in OPG son finiti pazienti abbandonati dai CSM che hanno fatto qualche reato stupido). Ultima in ordine di tempo: seguo da circa un anno un ragazzo di 20 anni; un paio di TSO per scompensi psicotici con deliri ed allucinazioni (ma e' probabile un disturbo schizoaffettivo); ha degli esiti di una PCI (modesta paraparesi spastica e gracilita' mentale - quanti ne abbiamo visti in manicomio di questi innesti psicotici!). Ha praticato i soliti neurolettici, poi dopo l'ultimo ricovero (due anni fa) ha iniziato la clozapina. Ha conseguito la maturita' magistrale ed ora sta cercando lavoro. Territorialmente e' della ASL LE/2, per cui ho sollecitato la famiglia a contattare il CSM competente per gli aspetti di inserimento (centro diurno). Gli hanno risposto che loro non hanno questo tipo di organizzazione e addirittura volevano modificare la terapia tornando al long acting (hanno detto alla madre del paziente che loro sono obiettori di coscienza verso la clozapina!!!). Ci vuole o no una legge che obblighi ogni CSM ad avere almeno un centro diurno? e se non vuole farlo il CSM lo consentiamo ai privati? Date: Fri, 19 Oct 2001 21:31:23 +0200 Sender: Psychomedia Salute Mentale e Comunicazione <PM-SMC@LISTSERVER.SICAP.IT> From: Andrea Mazzeo <a.mazzeo@TIN.IT> Subject: Re: [PM-SMC] riassunto Antonio Semi scrive: > - siamo d'accordo che servano in certi casi delle residenze ad hoc? Si, in una fase successiva a quella dell'immediata post-acuzie, ovvero della crisi. In molti casi (e' la mia esperienza) la presa in carico ambulatoriale e domiciliare da parte del CSM e' in grado di evitare il percorso che porta alla necessita' dell'inserimento residenziale in una comunita', a volte definitivo. Vi sono taluni casi in cui piu' che la residenza intesa come tale, come percorso di riabilitazione e reinserimento, vedrei un momento terapeutico a medio termine (ovviamente integrato, bio-psico-sociale). La sede logica di questo momento terapeutico a medio termine e' ovviamente la famiglia, il territorio, ma se cio', per varie cause, e per la difficolta' di rimuovere queste cause, non e' possibile, meglio la SRA dell'abbandono. Non voglio enfatizzare piu' di tanto le terapie farmacologiche, ma con i nuovi antipsicotici davvero si vedono risultati terapeutici insperati, ragazzi (perche' all'esordio di ragazzi si tratta) che riprendono a studiare sino alla laurea (dopo aver subito alcuni TSO per drammatici scompensi psicotici), che lavorano, si sposano, hanno una vita "normale". Alcuni debbono proseguire la terapia per lunghi periodi, altri sono riusciti financo a sospenderla, senza ricadute. > - come evitare che si ripetano in queste residenze le dinamiche di > disinvestimento umano che portano al manicomio Mi piace ricordare quello che scrissero otto infermieri trasferiti dall'OP nella casa famiglia che fu realizzata a Nardo' (LE) nel 1980, quando gli chiesi di preparare una relazione per il convegno sul primo anniversario, l'anno successivo. ======================================================================== La maggior parte di noi vive nel manicomio da circa 15 anni; all'inizio non sono mancati i traumi, poi ci siamo adattati. Il lavoro pero' non poteva appassionare, i malati erano per noi dei corpi da costringere, da lavare, da punire o da premiare a seconda delle circostanze. Quasi mai parlavamo con loro, non ce n'era il tempo ne' la voglia, sembrava di avere di fronte dei robot, tutti compivano sempre gli stessi gesti, pronunciavano le stesse parole, un po' per paura e un po' perche' anche loro si erano adattati. ... Cosi' sono trascorsi 15 anni, fra rifare i letti, lavare i gabinetti, distribuire le compresse, fare le iniezioni e sorvegliare in pochissimi tanti malati, a nostra volta sorvegliati dall'infermiere scelto, a sua volta sorvegliato dal sorvegliante, a sua volta sorvegliato dal capo infermiere, a sua volta sorvegliato da ...ecc...ecc... e ciascuno cercava di fare il furbo con quelli di "grado" superiore. Poi un bel giorno, con l'entrata in vigore della legge 180, l'Assistente Sociale comincio' a parlare di Casa Famiglia. A noi il discorso ando' bene da subito perche', indipendentemente da tutte le altre cose, ci sembro' favorevole dal punto di vista economico, visto che la Casa Famiglia ci permetteva di lavorare a Nardo'. Approfondimmo l'argomento pero' cominciammo e vedere che poca chiarezza c'era sul tipo di lavoro che avremmo dovuto svolgere. Ci davano delle indicazioni a grandi linee, ci dicevano che non eravamo piu' infermieri ma "operatori", ma anche loro avevano le idee confuse; e poi come potevano pretendere autonomia, intraprendenza da chi per 15 anni aveva solo obbedito? ... da un anno lavoriamo qui dentro non senza difficolta'. Specialmente all'inizio abbiamo cercato di colmare queste carenze gettandoci a capofitto nel lavoro che conoscevamo: pulizie dei pavimenti, ecc., offrendoci persino di cucinare. Come era naturale il lavoro inteso solo cosi' nonostante tutti gli sforzi non ci dava soddisfazione, ci trovavamo quasi diminuiti di "grado" (non avevamo e non abbiamo dimenticato il manicomio) e per di piu' insoddisfatti e spesso in contrasto con gli altri operatori della Casa Famiglia per quanto riguarda l'atteggiamento assunto nei confronti degli ospiti. Loro erano cambiati, qui avevano una volonta' e spesso la manifestavano con tenacia, molte volte sbagliando, e non sapevamo come prenderli: i vecchi metodi non erano ammessi e i nuovi o non li sapevamo o non ci convincevano. ... ======================================================================= Trovo ancora degli spunti interessanti in queste parole (notazione polemica: presentai le tre relazioni al direttore dell'OP per la pubblicazione sulla rivista -Folia neuropsychiatrica- ebbi il nulla osta per la pubblicazione della relazione del CSM e della cooperativa di volontari me non per quella degli infermieri - mi fu detto che erano i piu' lavativi dell'ospedale). Me le sono pubblicate da solo sul web. Altra notazione: l'OP aveva i reparti osservazione ed i padiglioni. L'ingresso avveniva nei reparti osservazione che funzionavano un po' come SPDC, un po' come reparti di medio-degenza. Al termine del periodo di osservazione era possibile la dimissione in esperimento oppure, se la dimissione non era possibile, l'internamento definitivo (associazione al manicomio, mi pare fosse la dicitura esatta). Dai reparti osservazione si poteva intravedere un'uscita, quindi si lavorava con una prospettiva di cura; dai padiglioni l'unica uscita era, lugubramente, la camera mortuaria, e questo era ben presente nel vissuto dei pazienti, per quanto regrediti, difettuali o inebetiti fossero. La lingua plasma i comportamenti: associazione al manicomio. Vi e' un contenuto di ineluttabilita' in queste parole, la perdita della speranza di un recupero, una prognosi infausta che non era certo motivante ad un diverso approccio che non fosse meramente custodialistico. Queste condizioni oggi non possono piu' ripetersi, nemmeno se tornasse in vigore la legge del 1904. > - quali dimensioni sono ottimali dal punto di vista > umano-psichico-relazionale e quali dal punto di vista economico? Concordo con le tue indicazioni > - quale personale debbono avere queste residenze? Concordo in pieno > E' una cosa che si puo' chiedere di formalizzare nei ddl? Si, bisogna trovare il modo di far diventare legge questi concetti. Date: Fri, 19 Oct 2001 23:57:48 +0200 Sender: Psychomedia Salute Mentale e Comunicazione <PM-SMC@LISTSERVER.SICAP.IT> From: rpiperno <rpiperno@IOL.IT> Subject: [PM-SMC] Semi, libertà, diritti, 180 In risposta alla frase/domanda di Semi Mi sbaglio o siamo tutti d'accordo che il paziente deve avere garantiti tutti i diritti del cittadino? Ritengo che Semi non si sbagli, ma che questa enunciazione, se non viene articolata, rischi di diventare vuota e quindi potenzialmente confusiva. Espongo il mio punto di vista. Il primo diritto è probabilmente la possibilità di vivere nel modo più dignitoso possibile e questo comporta, fra gli altri, il diritto alla cura. Il problema si pone quando una persona pur stando male non è in grado di esercitare questo diritto, non tanto consapevolmente e quindi come libera scelta, ma in quanto il rifiuto si può in un certo senso considerare sintomo del proprio disturbo. Ci troviamo di fronte al problema dei pazienti non collaborativi che non sono una categoria univoca, ma una categoria sfaccettata che implica modalità di interventi diversi, dallobbligo della cura contro la volontà del paziente allaccettazione della sua volontà per quanto potenzialmente autolesiva, vedi ad es. barbonismo.. Quando a seguito di qualche disturbo biologico o psicologico, la natura del male non è in questo caso rilevante in quanto mi soffermo esclusivamente sugli esiti, alcune funzioni dellIo perdono le loro capacità adattative, mettendo in discussione la stessa sopravvivenza, ritengo debbano essere vicariate. Ciò significa prendersi la responsabilità di decidere per. E ovvio che sto parlando di funzioni dellIo che potermmo forse definire etologiche per distinguerle dalle discrezionalità o dallarea delle possibili scelte dopinione. Il paziente gravemente disabile, qualunque sia la natura della sua disabilità, lasciato a se stesso tenderebbe a non sopravvivere. Ritengo che molti gravi disturbi mentali, schizofrenia, disturbo bipolare, demenza, cerebropatie di vario genere, possano creare stati di disabilità più o meno grave e possano rendere le funzioni dellIo più o meno disadattative, Ne sanno qualcosa i familiari ai quali viene di fatto molto spesso lasciato il compito di esercitare funzioni vicarianti, pena la non sopravvivenza del proprio congiunto. Non cè dubbio che sostituirsi possa configurarsi, e possa essere vissuto da chi subisce lintervento, una limitazione della propria libertà. Ritengo tuttavia che non prendersi la responsabilità di agire questa limitazione, avendone il ruolo e la funzione istituzionale, significa un non rispetto della dignità dellaltro, una dubbia professionalità ed una ancor più dubbia eticità. Ad es. nel momento che proponiamo o avalliamo un TSO, e a ciascuno di noi sarà capitato di farlo, compiamo una limitazione della libertà dellaltro, limitazione , che in alcuni casi è necessaria. Il punto quindi non è tanto se limitare o non limitare la libertà altrui, e quindi non mi preoccupa una legge che definisce un TSO, né credo che poterlo fare per una settimana o per due mesi cambi molto le cose. Bensì le garanzie di tutela per una persona che in un periodo più o meno luogo della propria vita non è in grado di tutelarsi da sola. Le garanzie di tutela si articolano a vari livelli, cito i primi che mi vengono in mente: · Vi è innanzitutto il diritto di poter accedere, qualsiasi sia il reddito o anche in mancanza di reddito, alle cure migliori secondo gli standard internazionali e lo stato dellarte Il concetto di cura si estende a tutta larea del biologico, dello psicologico e del sociale. Una buona legge dovrebbe mettere i presupposti per il controllo della buona cura sullinsieme di questi parametri e lo dovrebbe fare in maniera da poter essere attuata cioè in modo tale che i vari atti possano realmente essere verificati, come pure le responsabilità, ai vari livelli di chi li attua o di chi non li attua. Quindi ampliare le commissioni di controllo, da parte dellaziende, della regione, dei familiari, del tribunale dei diritti dei malati et.. Preferirei essere valutato tutti i giorni piuttosto che essere ignorato costantemente. · Vi è poi la tutela del patrimonio di chi non è in grado di amministrarlo da solo. La curatela, la tutela, lamministratore di sostegno, inabilitazione e interdizione sono strumenti che possono essere migliorati. Ma deve cambiare anche latteggiamento su questi strumenti che devono essere percepiti da parenti e dagli operatori, a favore del paziente e non contro di lui · La tutela della dignità logistica del luogo di cura, non è un elemento secondario dal momento che il manicomio fra le altre aberrazioni comportava il degrado ambientale che è a un passo dal degrado personale e dalla perdita della dignità. · La tutela della progettualità finalizzata al mantenimento delle condizioni esistenziali e vitali. Si identifica con una sorta di funzione genitoriale nei confronti di chi per chi, anche se adulto, non è in grado di progettare e pianificare gli atti della propria vita · La tutela reale della famiglia del paziente e delle relazioni fra famiglia e paziente · Il diritto ad una pensione sociale dignitosa Ho la sensazione che da questi punti di vista lattuale legge non tuteli abbastanza chi sta male o al meno s u questi punti possa essere migliorata. Scusandomi per la lunghezza. Ruggero Piperno Date: Sat, 20 Oct 2001 00:15:02 +0200 Sender: Psychomedia Salute Mentale e Comunicazione <PM-SMC@LISTSERVER.SICAP.IT> From: Roberto Lezzi <osiris@LIBERO.IT> Subject: [PM-SMC] riforma Burani: manicomio mon amour Cari colleghi. Mi chiamo Roberto Lezzi, psichiatra, Dirigente Responsabile dell'Unità Operativa Territoriale di psichiatria n. 1 dell'Ulss di Treviso (il CSM per intenderci). Mi presento proponendo alcune considerazioni in merito alla proposta di legge Burani Procaccini. Si parla di restituire il ruolo di medico allo psichiatra e la dignità di paziente al paziente. Mi vien da temere che le evidenze della letteratura scientifica internazionale non siano un patrimonio comune e che taluni legislatori ritengano le politiche sanitarie indipendenti da evidenza scientifica, indicazioni dell'OMS, diffusa esperienza clinica evolutasi nei Servizi... Sembra inoltre che la restituzione di dignità al malato debba consistere nel far coincidere la diagnosi con quello stigma sulla malattia mentale - di irresponsabilità, pericolosità, inguaribilità. - che nel 2001 l 'OMS ha definito quale obiettivo primario da contrastare. Di fronte a qualsivoglia asserzione val sempre la pena di chiedersi quale né sia il fondamento epistemologico. Qui è solo il pregiudizio, che si sostanzia nel far corrispondere alla diagnosi una condizione di irresponsabilità: "il Centro di Salute Mentale ha la responsabilità del malato in tutti i suoi aspetti sociali, legali, terapeutici", in altre parole il malato non è persona, non è in grado di decidere, scegliere. Tutto è definito una volta per tutte! Basterebbe, invece del riempirsi la bocca con il "siamo medici" di questa così antica "nuova psichiatria", considerare i soli studi ventennali e trentennali sul decorso della schizofrenia, a partire dal caro Manfred Bleuler, oppure i recenti studi americani sulla guarigione spontanea della schizofrenia. Ma tant'è, la cecità selettiva. Un altro pregiudizio è il ritorno della "pericolosità a sé e agli altri", ovvero il rilievo del comportamento rispetto allo stato psicopatologico. Naturalmente si sposa con il concetto di irresponsabilità (e naturalmente di incurabilità giacché le cure non possono far sì che un "malato" divenga responsabile). Infatti, un povero Cristo che avesse - a partire dall' approvazione delle Legge - la disgrazia di ricevere una diagnosi psichiatrica pesante non potrebbe più essere responsabile dei propri atti, e ciò perché malato, sempre incapace di scegliere e discriminare (Mi sa che se rubasse una mela o emettesse un assegno a vuoto chiamerebbero in causa lo psichiatra che irresponsabilmente lo ha dimesso da una SR). Inviterei gli estensori della legge a considerare i differenti studi che comparano l' incidenza di reati nelle diverse popolazioni di pz psicotici acuti e cronici, in trattamento o meno, rispetto alla popolazione generale (che come la storia insegna è costituita da individui molto pericolosi). E' ben rilevato inoltre come i comportamenti antisociali riguardino maggiormente le più lievi patologie, quali i disturbi di personalità di cluster b, in particolare quando vi è dipendenza da sostante. In ogni modo, come conseguenza di tali elevati principi l'assistenza psichiatrica si sposta dal CSM alla struttura residenziale (SR), dove si va per TSO proposti da "chi ne ha interesse" (oh il senso del pudore! Qui si esce dalla psichiatria e si entra in argomentazioni che a pieno titolo potrebbero interessare la Corte di Strasburgo o Amnesty Internetional), con scelta della struttura da parte dei familiari (certo non del paziente!). E qui, dai 14 anni sino alla morte, assieme ai "pazienti" del manicomio criminale (tutti assieme appassionatamente con serial-killer e pedofili.) allegramente si viene curati, ovvero intrattenuti, ma soprattutto si gode delle 4 ore di libertà quotidiana, si lavora e gli emolumenti sino a 2/3 vanno a pagare la struttura (finalmente il bagno penale, che - per Dio - il lavoro rende liberi!). Che la lunga persistenza in strutture residenziali sia potenzialmente dannosa e comunque antiterapeutica non interessa a nessuno a quanto pare (Scienza ed etica si sacrificano alla politica!). Dai circa 17000 posti letto attuali (in SR) si passerebbe a più di 40000 e al di là dell' insostenibile spesa (ma certo gioirebbero gli attuali manicomi privati e le case di cura, sempre all'insegna di quella che in Italia passa per competizione pubblico-privato: ovvero i Servizi pubblici che devono ottimizzare la spesa e le Case di Cura private che attingono a fondo perduto alla spesa Ulss senza alcun controllo), non si considera nemmeno incidentalmente che esiste un progetto obiettivo Tutela Salute Mentale che nella recente Conferenza nazionale sulla Salute Mentale ha ricevuto il plauso della stragrande maggioranza degli psichiatri e delle Associazioni di familiari (e la riforma Burani dovrebbe essere comparata con questo e non con quella Legge quadro che fu la 180). Non si considera, ad esempio, che i posti letto attuali sono "bloccati" da pazienti che regrediscono di più ogni giorno che passa (finiti i percorsi terapeutici e riabilitativi) per l' assenza di appartamenti a bassa e bassissima protezione, carenza di personale per seguirli sul territorio, mancata attuazione dell'integrazione socio-sanitaria (quote dell'edilizia popolare da destinare a pazienti, coofinanziamento e finanziamento tout court dei percorsi di inserimento lavorativo in Cooperativa di tipo B da parte dei Comuni). Ma ecco la novità! Invece di proporre una logica duramente sanzionatoria nei riguardi dei Direttori Generali che non hanno attuato il progetto obiettivo (si vedrebbe allora con quanta rapidità arriverebbero le risorse), invece di intervenire sulla quota sociale di finanziamento delegato dai comuni alle Ulss e riguardante handicap e minori (e da cui il paziente psichiatrico è da sempre escluso), invece di considerare che la mancata integrazione socio-sanitaria è l'ingranaggio che blocca "l'uscita" dai percorsi sanitari e che quindi un intervento anche legislativo a riguardo potrebbe rendere le CTRP e le CA luoghi di alto profilo tecnico-scientifico (con elevato turn-over, percorsi a breve-medio termine e di contenuto una volta tanto sanitario), la bella pensata dei riformatori consiste nell'aumentare le strutture residenziali e spostare lì il fulcro dell'assistenza (Mi verrebbe da chiedere loro quale sia l'obiettivo della cura). Di riabilitazione non si parla (si vede che non è una cosa da medici.) e tanto meno di reinserimento sociale. Anzi, - udite udite - il CSM deve provvedere a trovare un lavoro e una residenzialità ai pazienti (non più i Servizi Sociali dei Comuni come per ogni cittadino) e nello specifico lo psichiatra non può non provvedere al paziente se i familiari decidono di non volerlo più in casa. Traduzione: il CSM lo mette in una SR. In sostanza è detto proprio così! Alla faccia del restituire il ruolo di medico allo psichiatra (che nel terzo millennio sembra dover diventare questurino, affittacamere, amministratore di condominio, datore di lavoro.) e alla faccia di qualsiasi valutazione e prospettiva sanitaria. Insomma, come non evidenziare che una proposta siffatta creerebbe strutture residenziali di tipo manicomiale dove i pazienti verrebbero confinati per il resto della loro vita? Un ulteriore aspetto, che priva di qualsiasi residua peculiarità medica il ruolo dello psichiatra, sta nella frammentazione degli interventi che così si verrebbe a creare. La nostra operatività, appunto perché siamo medici, sta in una presa in carico complessiva consistente nell'operare formulazioni diagnostiche, progetti terapeutici e riabilitativi, avendo in mente degli obiettivi. In questo senso c'è ad esempio il momento delle sole visite ambulatoriali, e/o delle visite domiciliari, quello del percorso semiresidenziale, altre volte necessita una degenza in SPDC, al momento giusto si propone un percorso in CTRP, viene forse il tempo di un percorso lavorativo protetto. Tutto ciò all'interno di una presa in carico unitaria, multiprofessionale, e in una logica di tipo sanitario e di attenta valutazione clinica, che scelga momenti e luoghi dei vari percorsi e trattamenti sanitari che sono finalizzati al reinserimento sociale (come per tutte le patologie). Nella riforma è tutto invertito: i familiari scelgono se il paziente deve andare in una struttura residenziale e anche dove, indipendente dagli interventi di cui ha bisogno e che dovrebbe invece valutare il medico (con il paziente). Il CSM serve solo a fare TSO bimestrali e al massimo ha uno striminzito day hospital (dimenticavo, rimane il Servizio di emergenza 24 ore su 24, immagino per alleggerire la polizia da delinquenti, prostitute, litigi di coppia, etilisti.). In maniera pretestuosa si parla di libera scelta del cittadino; pretestuosa perché l' invio in una CTRP è in primo luogo atto medico, al pari della valutazione sul bisogno o meno di un intervento chirurgico da parte di un chirurgo. Il privato vuol gestire la psichiatria? Lo faccia integralmente allora. Che vi siano DSM "privati" in competizione con DSM pubblici. Ma avendo come riferimento il progetto obiettivo Tutela Salute Mentale e non la riforma Burani, e assoggettandosi allo stesso controllo che subiscono i Servizi pubblici da parte della Direzione Generale dell'Ulss (visto che è l'Ulss a pagare). Se la sentono i finanziatori delle Case di Cura private? O preferiscono le strutture residenziali dove si va anche direttamente, senza alcuna stimolo alla riabilitazione e quindi alla dimissione (Non credo, vero, che vogliamo raccontarci che si fa cura e riabilitazione per far vivere una persona in una struttura residenziale tutta la vita.). Potrei a lungo continuare, ma mi fermo qui. Un sola richiesta ai colleghi medici e psicologi e a tutti gli operatori. Viene affermato che questa proposta troverebbe ampio consenso da parte degli psichiatri. Dove? In quale plaga desolata della nostra penisola? Nel DSM dove lavoro non c'è psichiatra e operatore che non sia indignato. Ho sentito tanti colleghi dei DSM della Regione Veneto e non ho trovato un solo collega favorevole a questa proposta di Legge. Anzi, c'è già chi parla di obiezione di coscienza. Né mi risulta che le Associazioni di categoria siano favorevoli (Domanda. Non è che il dott. De Marco della SIRP sia favorevole a solo titolo personale?). L' associazione dei familiari AITSAM è nettamente contraria. Forse che l'On. Burani si sia cercata preventivamente gli estimatori e di tutti gli altri "chi se ne frega?!" Non so, certo che di fronte a una tale rivoluzione (involuzione) si dovrebbe pensare alla fermezza e coloro che invitano alla serena discussione - gli estimatori della riforma - avrebbero ragione se questa messa in discussione partisse dal progetto obbiettivo Tutela Salute Mentale e dai risultati pubblicati dopo la "conferenza nazionale sulla salute mentale 2001". Non si può pretendere una serena discussione su una proposta che è una brutale inversione di centottanta gradi rispetto all' attuale quadro normativo, che fa tabula rasa di ogni esperienza consolidata e affermato valore scientifico e che ci riporta pari pari al 1904. Invito tutti i colleghi e operatori dei DSM del Veneto e non, a sottoscrivere petizioni di dissenso da far pervenire al Ministro della Sanità, alla Camera (Commissioni) e ai principali giornali. Un buon testo è stato inviato dalla Consulta Nazionale ed è reperibile su www.psichiatriabrescia.it Saluti. Dott. Roberto Lezzi Date: Sat, 20 Oct 2001 15:19:48 +0200 Sender: Psychomedia Salute Mentale e Comunicazione <PM-SMC@LISTSERVER.SICAP.IT> From: Antonio Augusto Rizzoli <aa.rizzoli@VE.NETTUNO.IT> Subject: [PM-SMC] Tempismo e interventi Gli interventi sapientemente concertati (i meriti vanno riconosciuti) sui due argomenti che hanno polarizzato l'attenzione di Psychomedia (vale a dire il "decoro" della M-List e la proposta di legge Burani-Procaccini) non possono non indurre, in un impolitico, l'impressione di un gioco di squadra. E poiché conosco l'interesse per il prossimo che hanno coloro che intervengono sbandierando ideologie (non nego che queste idee siano teoricamente affascinanti) rimane la triste constatazione che questi interventi coprano in realtà, come ho sempre detto, dei grossi interessi di lobby. La lobby che vede nello Stato e nel potere politico dello Stato, una fonte di guadagno ed una sicurezza economica, la lobby che in Unione Sovietica veniva chiamata "intellighentsia". Questa lobby svela da un lato l' impreparazione tecnica (es ist nicht genug sich an einen bekannten Psychiater mit "lieber" anzuwenden), dall'altro il terrore ed il panico che si scopra ciò che oramai tutti sanno. Che, cioè, il numero degli psichiatri che aderisce al questo credo è molto ridotto e va via via riducendosi con il diminuire della loro forza politica.Perché quando si perde forza politica, specie in Italia, ove il consenso è fluttuante, si perdono anche adepti e sostenitori. Non a caso vengono sempre richiamati i principi, ma non vengono mai esposti i risultati nella loro terrificante interezza di costo/beneficio.E nella pregnanza di risultati terapeutici raggiunti e mantenuti. Gli è che, sconsolatamente, del benessere dell'ammalato sembra oramai importi poco a chi gestisce queste operazioni politiche, così come pare che, pur che vengano smerciate autovetture, della vita degli Italiani importi poco al Ministero dei Trasporti. Mit diesen Betrachtungen, Betrachtungen eines Unpolitischen, gruesse ich euch. AAR Date: Sat, 20 Oct 2001 19:11:31 +0200 Sender: Psychomedia Salute Mentale e Comunicazione <PM-SMC@LISTSERVER.SICAP.IT> From: "Renzo Giraldi (X)" <traxx@TISCALINET.IT> Organization: Chaos & Computers Subject: [PM-SMC] Mentecatti e figli di mignotta. Il pregiudizio che passa attraverso questi due antichi termini, la loro commistione associativa porta nuova luce filologica alla comprensione della realtà. Mens captivus o mens captus è antica espressione tardo latina che indicava la mancanza di libertà nel disturbo psichico, un termine scientifico dunque, che nella sua diffusione e volgarizzazione divenne mentecatto, connotato un giudizio di valore negativo, un insulto che indicava la pochezza della follia. Il termine originario indicava una sorta di prigionia mentale. Analogamente i trovatelli nella Roma papale venivano indicati nei registri anagrafici col termine mater ignota, abbreviato m.ignota, volgarizzato in mignotta, una condizione anagrafica, sociale, del tutto involontaria, come la pazzia, trasformatasi in cattiva parola, insulto. L'associazione d'idee è quella di una contesa tra mentecatti e filii di m.ignota, oppure al contrario che i mentecatti siano trattati, ingiustamente, come se avessero antenati non ben precisati. Non vie è dubbio che i mentecatti abbiano bisogno di una migliore attuazione di legge per i trattamenti sanitari obbligatori: ma lo stato dell'arte in tema di coazione psichiatrica deriva da una legge carente nella sua formulazione o dalla sua mancata attuazione? E una nuova legge meglio formulata, sarebbe poi applicata dai vari burocrati? In questo caso chi è stato i filius di mater ignota? Perché non disciplinare la legge vigente? Esiste tutto questo bisogno di coazione? L'interesse del mentecatto è quello di essere curato o e non di essere tenuto lontano dalla società e la famiglia. L'istituzione è un valido surrogato della famiglia? La comunità terapeutica a vita? :La madre dello schizofrenico è ben conosciuta, ha un nome e cognome: è la cosiddetta madre schizofrenogena.Le istituzioni non sono migliori della famiglia, un orfanotrofio non è migliore di una mamma schizofrenogena, come ha scoperto Spitz. In altri termini, il mentecatto, penso psicotico, può essere trattato come un figlio di mignotta, consentendo che sia interrotto il legame con i familiari, buono o ativo ch sia, soprattutto quello materno, e portato a forza in un'istituzione? E' utile questo alla sua cura? L'attuale legislazione psichiatrica non è stata attuata perché inattuabile? Il costo della sua attuazione è parso eccessivo? E' stato troppo facile ai soliti ignoti rubare il diritto alla cura ai mentecatti. La nuova legge è più costosa o lo è meno della precedente? Dal momento che la realtà sanitaria si esprime nella crudezza dei tetti di spesa, investire sulle istituzioni "per cronici" sottrae risorse alla prevenzione e della cura, in altri termini è una scelta con cui la cosiddetta "cronicità" si autoalimenta. Il vero compito è prevenire, ridurre ove possibile l'inabilità. Curare, prevenire, riabilitare, essere presenti e disponibili, sempre in ogni momento. Un approccio esclusivamente basato sul lato biologico non è giustificato dallo stato delle conoscenze scientifiche: l'approccio psicosociale ha ancora un valore e deve essere considerato un patrimonio acquisito dalla psichiatria del nostro paese, e non un'idea di parte. Un principio che non deve essere osteggiato dalla destra e difeso dalla sinistra! Quando verrà scoperto l'antibiotico in grado di sterilizzare lo schizococco e di guarire la schizofrenia, come una qualsiasi malatia infettiva, in quindici giorni, cambierò idea. Per il momento non possiamo permetterci di diprezzare alcuno strumento. Certi discorsi dei legislatori ci permettono di capire il peso dei pregiudizi nello stigma psichiatrico. Non è vero che la malattia mentale non esiste, non solo essa è reale, ma essa è iperreale, nel senso di Jean Baudrillard. Il rischio della virtualità del malato mentale è che ognuno voglia definirlo secondo la propria realtà virtuale, come mi pare stiano facendo gli atttuali proponenti le riforme psichiatriche. Questo stesso difetto era d'altronde presente negli autori della cosiddetta legge 180. La domanda a cui bisogna rispondere non è: che cosa è utile al malato mentale ( che in questo modo viene tratato da mentecatto)? La vera domanda è: che vuole questa persona con disturbi mentali? Il malato è una persona e deve essere il soggetto o non l'oggetto dell'intervento, non è vero che non può esprimere la propria domanda. Il ricorso al privato, infine, può essere considerato un mezzo e non un fine dell'intervento. Sarebbe, infatti, del tutto iniquo che i mentecatti fossero istituzionalizzati a vita per l'interesse di alcuni figli di m. ignota, che poi tanto ignota non è. Qualsiasi proposta che non valuti nella giusta misura la prevenzione e la cura, ma che punti esclusivamente o prevalentemente sulla lunga degenza è sopetta di provenire dalla lobby del manicomio di cui incarna l'anima. Business is business. Renzo Giraldi Date: Sat, 20 Oct 2001 19:34:40 +0200 Sender: Psychomedia Salute Mentale e Comunicazione <PM-SMC@LISTSERVER.SICAP.IT> From: Marco Longo <m.longo@FLASHNET.IT> Subject: [PM-SMC] Da Petrini: Errata interpretazione? cari colleghi, ricevo e volentieri reinvio alle liste queste due mail, cosi' come mi viene gentilmente richiesto dal collega Petrini m@l -------------------------------------------------------------- From: "Piero Petrini" <pipetrin@tin.it> To: "Francesco Bollorino" <boll001@pol-it.org>, "Marco Longo" <m.longo@flashnet.it>, "GENNARO ESPOSITO" <genesp@FASTCOM.IT> Subject: Errata interpretazione? Date: Sat, 20 Oct 2001 15:34:56 +0200 La sintesi dell'intervento riportata da Gennaro Esposito non corrisponde alle mie idee e non è fedele a quanto in quella sede ho affermato. Gennaro mi ha promesso ieri di rettificare ed inviare le proprie scuse nelle liste principali, spero lo faccia al più presto. Siccome questa mia potrebbe apparire un "riposizionamento", chiedo a Marco Longo, che considero più serio di altri, di rimandare in lista e nelle altre liste una mia E-mail, contenente le mie preoccupazioni espresse dopo l'incontro con Tonino e la Burani, inviata a Lui, ed ad altri amici, ed ad altre persone che stimo, che non cito, ma alle quali chiedo lo stesso favore, se vogliono farlo, per correttezza. Le associazioni e le organizzazioni di cui sono un punto di riferimento (non l'unico, per fortuna!) esprimeranno la loro posizione dopo un dibattito interno. L'unica associazione di quelle in cui mi riconosco, COME SEMPLICE ISCRITTO, che ha espresso, fino a questo momento, in un documento il proprio pensiero, con lettera del Presidente, La SIP Nazionale, mi trova, ora più di prima perfettamente d'accordo. Mi scuserete se dopo questa E-mail probabilmente non interverrò più ad alcun dibattito, ma sono indignato e mi sento danneggiato. Buon Lavoro a tutti. Dott. Piero PETRINI Specialista in Psichiatra - Specialista in Neurologia Psicoterapeuta Dir. Medico Psichiatra SPDC Osp. G.B.Grassi , Roma-Ostia Perf. in Tecniche Psicoterapiche ad indirizzo Analitico -------------------------------------------------------------- From: "Piero Petrini" <pipetrin@tin.it> To: "Marco Longo" <m.longo@flashnet.it> Subject: preoccupazione Date: Tue, 9 Oct 2001 09:37:20 +0200 Cari colleghi, dopo la riunione di ieri sento il bisogno di fare il punto della situazione; A me è sembrato, al di là delle buone intenzioni dell'onorevole BURANI e di Tonino, che la gente presente non avesse la padronanza delle cose che diceva; Come quando si impara una lezione di un argomento della nostra materia, ma di cui non trattiamo la patologia. Mi è sembrato che l'attacco alla 180 fosse "ideologico" più che "politico" o "tecnico". Mi sembra, ripetendo quello che ha detto Massimo Purpura, come paura, che a molti dei presenti poco importava di "buttare via il bambino insieme all'acqua sporca", purchè si eliminasse "lo sporco" di una legge che ha il difetto di essere stata soprannominata "Basaglia". Tutto questo stavo pensando quando sono intervenuto; non mi sentivo a mio agio, mi sentivo molto teso e molto "fuori luogo". Ora, vi chiedo, è il mio retaggio politico che mi ha fatto vedere il "film" in questo modo, o voi avete la mia stessa sgradevole sensazione? La mia posizione molti di voi la conoscevano, non ero chiuso ideologicamente ad un cambiamento della 180; su alcuni punti lo ritenevo indispensabile; è paradossale che dopo questa riunione ho veramente paura che a toccarla facciamo danni. Ripeto, al di là di Tonino o dell'On. Burani che si sono comportati molto correttamente ed hanno permesso un bel dibattito, esempio di democrazia. Fatemi sapere. Piero Petrini Date: Sat, 20 Oct 2001 20:16:28 +0200 Sender: Psychomedia Salute Mentale e Comunicazione <PM-SMC@LISTSERVER.SICAP.IT> From: Andrea Mazzeo <a.mazzeo@TIN.IT> Subject: Re: [PM-SMC] riassunto Chiara Pasini scrive: > ho potuto osservare quanto diagnosi e prognosi siano ancora strettamente > indissolubilmente legate in una morsa pericolosa su vari livelli, per > chiunque. Sacrosanto. Ho notato che inquadrando per bene diagnosi e terapia anche in casi "cronici" si ottiene qualche cambiamento. Ricordo in particolare due pazienti dell'ex-OP (era il 1990) con diagnosi di schizofrenia ed ovviamente bombardati di neurolettici. Ci rendemmo conto che si trattava invece di disturbi dell'umore (in particolare erano due stati misti psicotici); con la sospensione dei neurolettici e con i regolatori dell'umore andarono benissimo, perdendo certe connotazioni di cronicita'. In altri casi fu la sola sospensione dei neurolettici che miglioro' il quadro. Riuscimmo addirittura a far ritornare nella loro famiglia due pazienti, uno ricoverato dal 1949 (ando' a vivere con un nipote) e l'altro ricoverato dal 1965 (torno' in case di un figlio, anche se la notte dormiva in casa di riposo perche' la casa del figlio era troppo piccola). > per ... il personale, ... e' possibile prevedere l'utilita' e la > funzionalita' di altre figure professionali? educatori, animatori, > psicologi, logopedisti, ergoterapeuti, psicomotricisti? Parlerei di necessita' che vi siano queste figure professionali; le SRA, se saranno realizzate, devono avere un organico multiprofessionale e multidisciplinare, con buon grado di autonomia professionale, sia pure nell'ambito di ciascun progetto individualizzato. Se ripristiniamo le gerarchie medico-infermieristiche, buona notte. Tra l'altro, da noi si dice che "il pesce comincia ad imputridirsi dalla testa"; la selezione dei dirigenti e' essenziale. Date: Sat, 20 Oct 2001 21:22:13 +0200 Sender: Psychomedia Salute Mentale e Comunicazione <PM-SMC@LISTSERVER.SICAP.IT> From: Antonio Augusto Rizzoli <aa.rizzoli@VE.NETTUNO.IT> Subject: Re: [PM-SMC] Mentecatti e figli di mignotta. La scrittura di questo pezzo è ottima. Complimenti.Vorrei saper scrivere come Giraldi. L'analisi dei bisogni lo è meno.Il resto del pezzo si diffonde su interrogativi retorici che, peraltro, non vengono risolti. Ma la chiusura (vero punto forte del pezzo, che è una sorta di fugato a due voci con alcuni stretti) è del tutto condivisibile "Qualsiasi proposta che non valuti nella giusta misura la prevenzione e la cura, ma che punti esclusivamente o prevalentemente sulla lunga degenza è sospetta di provenire dalla lobby del manicomio di cui incarna l'anima." E' un poco quello che avrei voluto dire anch'io quando parlavo della totale assenza di prospettive scientifiche nelle riforme proposte e criticavo, come critico, la relativa assenza di tecnici e molte inutili presenze demagogiche. Così come critico gli appelli e le invettive e gli insulti di chi farebbe bene a starsene zitto e presto lo sarà. Antonio Augusto Rizzoli |
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