Inaugurazione Daniela De Robertis In apertura di questi lavori del primo congresso OPIFER, mi sembra opportuno rifarsi ad alcuni tratti peculiari che caratterizzano il profilo dell'OPIFER. Innanzitutto la dimensione con cui l'OPIFER si presenta nel panorama psicoanalitico nazionale ed internazionale, come alternativa "laica" e pluralistica, politicamente e scientificamente impegnata nel superamento di ortodossie e istituzionalismi. In secondo luogo l'OPIFER si pone come risposta alle domande dei propri iscritti, come erogatrice di servizi in riferimento ai bisogni dei propri soci, la cui motivazione è soprattutto quella di rinvenire uno spazio di libero scambio e confronto sulla nostra bella ma difficile professione. In terzo luogo, e non certo da ultimo, l'OPIFER si connota come opportunità di approfondimento e come strumento di divulgazione di quei grossi temi di ricerca che il rinnovamento della Psicoanalisi da ormai vent'anni va proponendo e "imponendo". A proposito della divulgazione del sapere psicoanalitico, va ricordato che non è casuale il fatto che tutte le associazioni-membro si occupino di attività di training, di formazione, di perfezionamento o di ricerca. La considerazione che esiste all'interno dell'OPIFER una matrice comune, anche se non esclusiva, che dedica molta attenzione ad un concetto "forte", qual è l'interattività, promette bene nel poter pensare l'OPIFER non solo come spazio di scambi sia all'interno che all'esterno, ma anche come strumento per portare avanti una ricerca fondata sulle esigenze di riformismo concettuale e clinico. Queste sono le esigenze nelle quali si traduce il diffuso bisogno di aggregazione e confronto che i suoi membri esprimono. In questa direzione durante questi quattro anni dalla sua fondazione, l'OPIFER ha già fatto tanto: ne è testimonianza l'organizzazione e la partecipazione a convegni italiani e stranieri, l'attuazione di seminari, conferenze, gruppi di studio, gruppi clinici, ecc. Una considerazione importante, a mio avviso, è che nelle sue attività l'OPIFER continui ad operare con modalità coerenti con la struttura di una federazione quale essa è. In altre parole, proponendosi in termini di rappresentanza, di referente, di garanzia nei riguardi dei propri iscritti. Di fatto, l'OPIFER, in quanto federazione per definizione non sarebbe opportuno si identificasse in un istituto di formazione o in un peculiare orientamento teorico o in una associazione. Mi sembra che l'avvenire dell'OPIFER debba posizionarsi ad un metalivello gestionale e operativo rispetto alle associazioni e ai membri individuali che ne fanno parte. Il futuro dell'OPIFER sta anche nel sapere declinare i nostri paradigmi psicoanalitici e il nostro lavoro clinico con i risultati della ricerca delle altre scienze affini, come ad es. le neuroscienze, la filosofia della mente, la psicologia cognitiva e dello sviluppo. Altrettanto essenziale per la vita dell'OPIFER mi pare sia la capacità di utilizzare al meglio la duplice componente dei suoi iscritti, intendendo quella delle associazioni confederate e quella individuale. Il pluralismo delle associazioni sta a salvaguardare dall'opacità e dal livellamento. Altrettanto la componente individuale è senz'altro preziosa nello svolgere un'azione correttiva nei confronti di ciò che talvolta "il narcisismo dei piccoli gruppi" , come diceva Freud, può produrre. Per questo possiamo ritenere che la duplice piattaforma su cui poggia la nostra federazione sia una risorsa utile a garantire la diffusione di una comunicazione scientificamente valida e culturalmente orientata, cioè aperta alla circolarità e alla trasversalità del sapere. Vi ringrazio per l'ascolto e auguro a tutti un buon lavoro.
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