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PSYCHOMEDIA
LIBRI - Recensioni e Presentazioni



Luigi Antonello Armando e Marianna Bolko

Il Trauma dimenticato. L'interpretazione dei sogni nelle psicoterapie: storia, teoria, tecnica

Franco Angeli, Milano, 2017

Recensione di Anna GRAZIA


 

Luigi Antonello Armando, psicoanalista. Dopo essersi laureato in Filosofia teoretica a Roma nel 1961, ha svolto la sua formazione sia in Francia che in Italia. Vive e lavora a Roma, e ha sviluppato un particolare interesse per la la storia dell'umanesimo tra XV e XVI secolo, in particolare per la figura Machiavelli, Principi senza padri: una lettura de ‘Il principe’ ,Lecce: Manni 2004;

Marianna Bolko, psichiatra, condirettrice della rivista Psicoterapia e Scienze Umane, formatasi presso il Seminario Psicoanalitico di Zurigo con Paul Parin, esercita come psicanalista a Bologna. Nell'ambito delle attività di formazione dell'associazione Psicoterapia e Scienze Umane, coordina un gruppo di studio sull'adolescenza.

Gli Autori, provenienti da storie professionali diverse, si incontrano a Bologna nel 2009, in occasione di un seminario di Armando dal titolo “Dalla Nuova Atene a Tebe. Il trauma di Freud e secondo Freud”. In seguito nasce una corrispondenza tra loro sui temi del sogno: scoprono diversi interessi in comune, tra cui le diverse ragioni per discostarsi dall'opera di Freud l'"Interpretazione dei sogni". Avevano avuto un fugace ma significativo incontro a Roma già nel 1969, come ricorda Bolko in occasione della presentazione del libro a Roma, lo scorso 10/11/2017:

"In uno di questi incontri [legati alla redazione del libro] scoprimmo che nel luglio del 1969 eravamo tutti e due a Roma per il congresso internazionale di psicoanalisi : Antonello all’Hilton, io mi muovevo tra Hilton e la trattoria “Al Carlino” dove si svolgeva il Controcongresso del quale ero tra gli organizzatori. Mentre stavo dando i volantini d’invito per il Controcongresso per scuotere le “menti pietrificate” degli psicoanalisti di tutte le società psicoanalitiche afferenti alla Società internazionale di psicoanalisi, vidi un giovane partecipante (aveva circa 30 anni, io 28, mentre gran parte degli psicoanalisti era d’età avanzata). Gli chiesi se sarebbe venuto al Carlino. Lui mi rispose molto gentilmente che “non lo interessava” Pensai: "è già ingabbiato”. Successivamente seppi che quel giovane (Antonello Armando) era stato espulso alcuni anni dopo dalla Società italiana di psicoanalisi. Questo ricordo in cui scoprimmo di esserci già incontrati diede spinta a nuovi pensieri e idee che si incontravano, scontravano, amalgamavano, frammentavano, sbriciolavano, riunivano, creando nuove forme e contenuti" [Intervento presso Nuova libreria dei ragazzi, Roma, 10/11/2017].

Spesso la biografia degli autori è interessante per conoscere la motivazione profonda di un'opera letteraria o saggistica e in questo caso il riferimento all'episodio citato è importante anche per la lettura di questo testo complesso, che vuole mettere a fuoco passaggi critici della cultura europea e della storia della psicoanalisi, a partire anche dalle vicende storiche del suo fondatore Sigmund Freud.

Un altro non meno importante movente, scaturisce dalla riflessione da loro condivisa, secondo cui acquisire la capacità di comprendere i sogni non sarebbe più interesse specifico nella fase di formazione degli psicoterapeuti: ciò sembrerebbe dovuto sia alla difficoltà di acquisire una "tecnica" specifica, sia a fattori culturali generali che inducono i terapeuti a focalizzare l'intervento psicoterapico sul sintomo anziché sulla dimensione esistenziale della persona, non fosse altro perché sognare, ricordare i frammenti di sogni e nel caso, riferirli a qualcuno, rappresenta un'attività peculiare dell'essere umano, un passaggio indispensabile per accedere al mondo psichico interiore.

Dagli anni '60 in poi la riflessione della letteratura psicoanalitica ha relegato i sogni in un ambito secondario, rispetto alla centralità che avevano nella pratica clinica dell'analista. Si è notato nella letteratura specializzata uno spostamento di interesse dall'interpretazione dei sogni a quella del comportamento nella vita diurna, al materiale cioè più vicino all'Io e alla parte consapevole del paziente: sintomi, atti mancati, fantasie, modalità relazionali, ecc. "Questo materiale infatti, grazie anche alla sempre maggiore esperienza ed attenzione degli psicoanalisti, è di per sé già molto ricco ed interessante per la comprensione del funzionamento conscio e inconscio del paziente, per niente inferiore al materiale rivelato da quella che Freud definì la «via regia» dell'inconscio, cioè i sogni". (1)

Recentemente, tuttavia, sembra di assistere ad una ripresa della ricerca sulle funzioni del sonno e dei sogni, intrecciata con gli studi delle neuroscienze, che attualmente sembrano rivolgersi, però. verso una direzione diversa da quella indicata da Freud. (2)

Già a partire dal titolo Il trauma dimenticato veniamo introdotti nel nucleo centrale della ricerca degli Autori: la revisione del concetto freudiano di trauma e il legame con L'interpretazione dei sogni (IDS).

La letteratura psicoanalitica sul trauma - endopsichico o reale che sia - appare infatti gravata da una sorta di "incantesimo", che la porta ad assumere il significato puramente medico di "ferita". (3). Freud fa uso del concetto di "trauma" fino al 1897, per designare un evento di particolare intensità cui consegue una patologia: anche se viene ridotto alla stregua di un "evento", di un atto violento di prevaricazione, ciò non toglie che, in relazione alla sua frequenza e alla sua intensità, possa produrre patologie diverse. L'ambito in cui è limitato, a indicare l'evento di una violenza agita su soggetti sessualmente immaturi, è quello in cui Freud formulò la "teoria del trauma", successivamente abbandonata in favore di una teoria del conflitto endopsichico, nel quale l'evento costituito da una violenza reale esogena sfumava in un ricordo (ricostruito nell'analisi da una fantasticheria sessuale), rendendo di fatto problematica l'identificazione del trauma come 'evento'.

Successivamente altri sviluppi teorici, a partire dal lavoro di Ferenczi La confusione delle lingue del bambino e dell'adulto (4), hanno preso in considerazione la nascita di un trauma in relazione con il fatto che gli adulti si rivolgono all'infante in base alla loro logica e al loro punto di vista, fraintendendo il comportamento infantile e per reazione influenzandone lo sviluppo mentale: in molti casi le patologie che esiteranno poi nella fase adulta, sarebbero riconducibili all'introiezione, condizionata e non intenzionale, di messaggi grezzi pulsionali, subiti passivamente dal soggetto più debole e che originano dalla rimozione delle rappresentazioni collegate a quei messaggi. Il trauma può rimanere quindi sconosciuto al soggetto che lo ha subito, perché questi dissocia e spegne le proprie percezioni, in accordo con quanto richiesto dal soggetto più forte (ferita narcisistica).

Un disturbo di memoria di Freud e il trauma della visita all'Acropoli

Per tornare ai diversi significati dell'esperienza del trauma, Freud ricorda nel testo L'avvenire di un illusione (1927), una particolare esperienza di "stupore misto a felicità" durante la visita dell'Acropoli ad Atene: varie sono state le interpretazioni degli studiosi della psicoanalisi di quel particolare episodio, la più importante a mio avviso è quella di Fachinelli (5) che lo riconduce all'aver avvertito che quella esperienza "metteva in pericolo il senso della propria identità facendo "sorgere l'immagine di un riassorbimento nell'oceano". Del resto lo stesso Freud, rievocando l'episodio dell'Acropoli in una lettera a Rolland nel 1936 (6), a proposito del "sentimento di estraniazione", dichiarava che lo considerava intimamente legato alla sua "nostalgia per tempi migliori".

La celebre "crisi di Atene" (del 1904) fu preceduta (7) da altre esperienze analoghe, tutte legate al godimento artistico, di autori come Leonardo e Michelangelo, e in particolare dell'arte italiana tra XV e XVI secolo. A indurre la crisi davanti all'opera di Leonardo, (la Gioconda in particolare) furono due caratteristiche: la proposizione del non finito e il "misterioso e seducente" sorriso delle immagini femminili. Il vissuto che ne scaturì fu di sentirsi attratto, sedotto, preso da un desiderio dalla "meta indeterminata" (Freud 1910a, p. 251). Invece davanti al Mosè di Michelangelo, “le cui opere aveva incontrato già nel viaggio in Italia del 1897”, Freud dichiarò di essersi sentito "improvvisamente travolto", sottoposto a "un'impressione violenta" come di sopraffazione (Freud, 1913) che promanava dalla possente figura del vir activus realizzata nel Mosè. Nell'agosto del 1897 Freud scrisse a Fliess di essere disponibile a recepire "la bellezza assoluta dell'arte italiana" (e successivamente aggiunse che l'incontro con tale bellezza gli aveva dato ristoro), ma che l'impatto era stato così forte da lasciarlo spaesato, inducendo in lui una palese "crisi" emotiva. Questa emozione derivante dal godimento della "bellezza assoluta" delle opere di Leonardo e Michelangelo (in particolare), non avrebbe a che vedere con l'aspetto estetico dell'opera, bensì con la percezione intuitiva del suo significato più profondo: la dissoluzione della forma, che risulta agli occhi di Freud spettatore, emblema anche, della dissoluzione della forma di una identità sessuale definita certificata dal corpo e dell’idea della bisessualità come compresenza in ciascun sesso degli organi propri di ciascun sesso . (8)

Sul piano poi dell'elaborazione teorica di Freud, in seguito alla prima delle due esperienze, quella legata al viaggio in Italia, Freud abbandonò la teoria del trauma esogeno a favore di quella di un trauma endopsichico indotto dal complesso edipico, che porrà le basi per la teoria edipica: nel 1897 dichiarò infatti l'intenzione di avviare "all'improvviso" la sua autoanalisi (Freud 1897).

Secondo l'interpretazione degli Autori, questa sequenza di eventi non è solo da leggersi come sequenza cronologica, ma andrebbe piuttosto compresa come una reazione alla 'crisi' scaturita dalle esperienze vissute del viaggio in Italia (del 1897). L'ipotesi è quindi che sia possibile riconoscere l'esistenza di un trauma indotto in Freud dall'incontro con alcune espressioni dell'arte e da lui "dimenticato": evento innescato da un "godimento elevatissimo" e caratterizzato dalla profonda ambivalenza da lui vissuta di fronte all'opera d'arte. Il trauma indotto dalla visione di quelle opere artistiche non avrebbe fatto altro in definitiva che “innescare in Freud una reazione intesa a dimenticarlo, la quale si espresse nella costruzione del complesso di Edipo”. (9)

Gli Autori non ritengono (pp.50 e 118) che la morte del padre di Freud abbia influito più di tanto sulla genesi dell’IDS e sostengono (p. 115) che l’autoanalisi non abbia preceduto, ma seguito la formulazione del Complesso di Edipo. Eppure, a mio avviso, quella morte fu per Freud (ottobre 1896) un altro avvenimento cruciale a seguito del quale, e per oltre un anno, i suoi disturbi somatici si aggravarono (come risulta dalla corrispondenza con Fliess) e l'autoanalisi che era iniziata in modo discontinuo lo assorbì sempre di più (Autobiografia, 1924b). Ancora su di sé, in quel periodo, Freud scoprì il fenomeno della resistenza di fronte all'analisi: di pari passo con l'autoanalisi, proseguì la preparazione del libro della IDS. I due tipi di ricerche erano quindi strettamente intrecciate.

L'autoanalisi forniva a Freud sempre nuovo materiale onirico, adatto a procedere nel mondo oscuro dell'inconscio, e gli aprì le porte di una conoscenza generale sul funzionamento generale dell'apparato psichico (che le analisi condotte su altri non gli permettevano di comprendere completamente); ciò fece sì che l'IDS divenisse una vera opera di psicologia generale. Inoltre afferma che alla fine del lavoro di stesura della IDS "esso mi è apparso come un brano della mia autobiografia, come la mia reazione alla morte di mio padre, dunque l'avvenimento più importante, nella vita di un uomo. (10)

Se da un lato l'autoanalisi rappresentava quindi un'impresa "unica", dall'altro ne conseguiva che l'opera da essa derivata non avrebbe assunto soltanto un valore "personale", ma fornito anche una testimonianza fondamentale per tutti coloro che avessero intrapreso il suo stesso percorso.

I disturbi di cui soffrì Freud tra il 1894 e il 1900, e di conseguenza l'autoanalisi in cui vennero trattati, hanno dato luogo a varie interpretazioni (11), ma il processo della sua autoanalisi risulta comunque un fenomeno complesso da comprendere, poiché si presta a una duplice lettura ben esplicitata dal 'trauma' della visione artistica: da un lato si può vivere nell'illusione di trovarne la fine quando la "bellezza assoluta" sia in qualche modo superata o "sepolta", ma dall'altro tale processo non può concludersi per la resilienza del vissuto legato all’incontro con quella ‘bellezza’.

Il trauma dimenticato

Secondo gli Autori in uno scritto del 1898 (12) il disturbo di memoria personale analizzato da Freud è interpretabile in realtà come la rimozione del suo incontro con l'arte di Leonardo che avrebbe fornito materia per riformulare successivamente la sua teoria del 'trauma'. Vale la pena cercare indizi di tale rimozione negli stessi scritti di Leonardo, gli echi dei quali potrebbero aver influenzato lo stesso Freud a fornire indicazioni sulla qualità e l'intensità del trauma nell'incontro con la bellezza artistica: nel rappresentare un oggetto o una persona si attiva un movimento verso una dimensione o "spazio" in cui non vi sono forme consolidate o riconoscibili; tale "spazio" rappresenta la proiezione di quel particolare "mondo interno" che Leonardo chiama "anima". Il risultato di questo processo di "dissoluzione delle forme" produrrebbe l'effetto di rendere "stupefatto" l'osservatore al punto tale da indurre un vero e proprio "trauma". La bellezza quindi rappresentata nell'opera d'arte viene quindi definita da Freud "assoluta" (ovvero non condizionata da modelli prefigurati) e "straniera" (nel senso di spaesante, perché rende lo spettatore "stupefatto" e "ignorante".

Questa bellezza incondizionata "armonica" è rappresentata inoltre da due particolari caratteristiche: una è la "vaghezza" l'altra è la "precarietà", ma in definitiva non è ascrivibile né alla categoria del bello né a quella del sublime (in senso kantiano). Un altro esempio è dato dall'opera di Machiavelli: se per Leonardo il cuore dell'opera è una "bellezza detta armonia", per Machiavelli è "una qualche bontà", una misura minima di bontà, che starebbe al principio del mondo umano.

L'incontro tra Freud e Kant

Nel 1766 Kant pubblicò il testo I sogni di un visionario spiegati con i sogni della metafisica, sollecitato da una giovane donna che l'aveva interrogato sul tema dei fenomeni paranormali (argomento che un secolo più tardi sarebbe stato oggetto di riflessione anche per Freud). Le questioni poste a Kant, sulla scia di due episodi riferiti di preveggenza erano: Esistono gli spiriti? (13) Esistono forme di conoscenza non dipendenti dai cinque sensi, sottratte all'obbligo di rispettare le sequenze spazio-temporali degli eventi e il principio di causa? La domanda in definitiva era se si potesse credere nella dimensione del "soprasensibile". In sostanza Kant rispose che le pretese conoscenze nel campo del soprasensibile - poiché prendono corpo nella metafisica, prescindendo dai dati sensoriali e dalla elaborazione intellettuale - sono da considerarsi alla stregua di "sogni ad occhi aperti" (tipo di giudizio "surrettizio") (14); successivamente, nella Critica della ragion pura (1781), confermò la sua posizione sull'esperienza del "soprasensibile" affermando che questo è inattingibile sia dai sensi, sia dall'intelletto. Con lo sviluppo del pensiero razionale e scientifico, il mondo psichico interno del soggetto verrà di fatto assimilato con il mondo del "soprasensibile" e confinato all'interno della griglia concettuale della conoscenza razionale. (15) Il termine che Kant usò per designare questa dimensione fu "die Schwarmerei": ovvero la passione per il meraviglioso, l'inconsueto l'irrazionale, considerata quasi un'afflizione infantile, alla stregua di una "malattia dell'anima".

L'unica cura possibile per questo tipo di "malattia dell'anima, che può portare ad un vero naufragio esistenziale, prende forma in una particolare pedagogia, un sistema di formazione volto a costruire un "uomo nuovo", che resiste al fascino del soprasensibile, fino al punto di non riconoscere il ruolo del suo "mondo interno". In questa prospettiva, poiché i sogni appartengono alla dimensione del soprasensibile, è inevitabile che essi vengano equiparati a fenomeni di natura psicopatologica.

Freud si confrontò, cento anni dopo, con l'inattualità del progetto kantiano di sradicare l'interesse per i sogni. Cercò di ricondurre i sogni sotto la giurisdizione della legge di causalità: da un lato, ritrovare, nel sogno, le connessioni logiche perdute (Freud 1899), ripristinando una consequenzialità spazio-temporale, e dall'altro far dipendere il nesso causale da un principio primo, quello del complesso di Edipo, sul quale aveva fondato la propria costruzione difensiva nei confronti del trauma subito nella estate del 1897 ("il disturbo di memoria").

Secondo gli Autori la costruzione della IDS si identificherebbe con la reazione dello stesso Freud alla evoluzione del trauma, legata al progetto di fondare una cultura che desse significato al mondo psichico interiore. Quindi subordinare il sogno alla legge di causalità produrrebbe l'effetto paradossale di creare una cesura tra attività onirica e mondo interno, i cui contenuti tendono a sottrarsi proprio a quella stessa legge di causalità. Date queste premesse gli Autori collocano il lavoro della IDS di Freud come lo sviluppo conseguente al 'progetto' di formazione della mente kantiana.

D'altro canto, Freud stesso si era detto infatti insoddisfatto di quanto aveva scritto sull'argomento e aveva invitato gli psicoanalisti a non comportarsi "come se la teoria del sogno fosse conclusa". (16)

Ma la ricerca è avanzata lentamente su questo terreno: la letteratura psicoanalitica della prima metà del secolo scorso non contiene di fatto indicazioni innovative relative alla tecnica dell'interpretazione dei sogni affrontata da Freud nel 1899 e nei nove brevi lavori che dedicò ai sogni.

Tra l'altro, a partire dagli anni '60 tale letteratura ha ignorato l'invito del fondatore, e solo recentemente sono comparsi nuovi contributi in cui si è posto l'obiettivo di procedere a una riconcettualizzazione della teoria freudiana del sogno.

Intervenendo in questo nuovo dibattito aperto, la rivista "Psicoterapia e scienze umane", nel 2016, ha dedicato all'argomento un numero speciale - in occasione del cinquantesimo anno di vita - nel quale ha pubblicato il risultato di un questionario rivolto ad numero significativo di analisti di vari paesi - con specifiche domande centrate su punti nodali della teoria e della pratica psicoanalitica; tra le quali una:

"Che cosa resta della teoria freudiana del sogno, e più in generale, che ruolo hanno i sogni nel processo terapeutico?"

L'insieme della risposte date fornisce un quadro suggestivo di come gli psicoanalisti si sono posti nei confronti dell'insoddisfazione di Freud e in che modo hanno accolto il suo invito.

Nel libro di Armando e Bolko - nei capitoli 6-10 - viene dedicata un'analisi dettagliata alle risposte fornite e alle posizioni prese dagli intervistati. Un primo punto fondamentale è che l'ampliamento delle funzioni attribuite al sogno, e il rifiuto del paradigma interpretativo assegnato loro nella IDS da Freud nel 1899, da parte di alcuni psicoanalisti, in genere non si accompagnano anche a una critica esaustiva della formulazione del complesso di Edipo avvenuta due anni prima, sulla quale quel paradigma si fonda: quindi secondo gli Autori, rifiutare quella formulazione senza averne compreso la ragion d'essere storica è di fatto fuorviante. Il secondo aspetto centrale dei limiti delle posizioni che risentono di coloro che colgono l'invito di Freud, è che al di là di alcune intuizioni, non viene indicata nessuna formulazione tecnica di reale importanza.

Nella prima parte del testo, intitolata La formazione della mente, gli Autori dedicano invece una sezione all'analisi storica del contesto in cui si è sviluppata la psicoanalisi, (incluso, come fattore controtransferale, la dipendenza del terapeuta dalla teoria): gli aspiranti analisti e psicoterapeuti possono trovarvi elementi per la riflessione critica dei processi storici recenti che hanno determinato lo sviluppo e l'affermazione del loro ruolo professionale.

Di seguito, come ho già accennato, viene tracciato un quadro generale dei vari modi in cui gli psicoanalisti hanno raccolto l'invito di Freud a revisionare il paradigma della IDS, in cui gli Autori indicano la necessità di storicizzare il paradigma, riconoscendone sia il "significato funzionale", nel quadro di un particolare periodo storico di passaggio tra il XV e il XVI secolo, sia gli aspetti cruciali del periodo storico contemporaneo a Freud. (17)

Viene chiarito inoltre che il significato "funzionale" del paradigma della IDV è determinato dal ruolo della teoria del conflitto e del trauma a cui faceva riferimento Freud, che andrebbe superato, secondo gli Autori, da una definizione di sogno diversa da quella originaria freudiana della IDS: il sogno scaturisce non come soddisfazione allucinatoria di desideri inconsci, ma come processo di ritrovamento e di sviluppo del mondo interno, quindi sembrerebbe, in sintonia con Ferenczi, e altri, che attribuiscono ai sogni una sostanziale funzione "traumatolitica". Secondo questo punto di vista il sogno avrebbe la funzione di sciogliere vissuti traumatici "negativi", ma anche di permettere il recupero dei vissuti traumatici "positivi", permettendo di trovare soluzioni creative al trauma negativo, trasformandolo in "positivo", attraverso una dinamica complementare.

Le due proposizioni principali dell'IDS secondo la formulazione del 1899, che ne rappresentano la chiave sono:

1) i sogni da interpretare come realizzazioni allucinatorie di desideri;

2) che tutti i desideri espressi nel sogno fanno capo a uno solo, protagonista dell'infanzia: il complesso edipico.

Dopo questa formulazione dell'IDS, nel 1901, Freud scrive "Analisi di un caso di isteria" - la relazione clinica del caso di Dora - in cui afferma sostanzialmente che la comprensione dei sogni avrebbe permesso di risolvere il caso clinico. Ma la terapia non procedette come lui sperava: durante il trattamento sorsero complicazioni relative a un "fattore ignoto" che fece sì che la paziente interrompesse l'analisi prematuramente.

Nei capitoli 2 e 3 del testo viene affrontato estesamente il problema del controtransfert e di come si innesti anche nella questione dell'analisi didattica degli psicoanalisti in formazione, e di come quest'ultima influenzi la formazione e l'attitudine mentale dei futuri terapeuti.

Nel testo si intrecciano quindi i due piani: da un lato l'evoluzione della teoria psicoanalitica nel lavoro di Freud, compresa l'IDS, e dall'altro i condizionamenti storici e istituzionali, che hanno reso alcuni aspetti teorici della teoria freudiana tali da venire assunti di fatto come "dogmi" dai futuri analisti, bloccandoli in un controtransfert "pietrificato", che non incoraggia alla verifica sul piano clinico della teoria già codificata.

Gli Autori infatti sottolineano come l'atteggiamento mentale di fondo consisteva, per molti analisti,

"nel rifiuto di rapportarsi alla teoria di Freud come a un dogma e di considerare qualsiasi suo cambiamento come una minaccia all'impalcatura di sostegno del sistema di sicurezza professionale; nel coltivare la capacità di utilizzare il positivo che ne scaturisce, vedere quali variabili ne rimangono fuori." (Galli 2002, p. 71). (18)

Nel cap. 4 si viene trattata l'analisi dettagliata della IDS.

Nello scritto Per la storia del movimento psicoanalitico del 1914 Freud affermò che la "scoperta" dell'interpretazione dei sogni fu l'immediato frutto della innovazione da lui apportata nella tecnica per l'esplorazione in profondità dei sintomi nevrotici, in particolare nel passaggio in cui iniziò a sostituire all'ipnosi le associazioni libere. Infatti applicando al trattamento dei pazienti il metodo delle "associazioni libere", invitandoli cioè a comunicare ciò che via via si presentava alla loro mente, abbastanza spesso accadeva che essi comunicassero anche i sogni che era capitato recentemente di fare (IDS p. 103). In tal modo i sogni si inserivano nel complesso del materiale utilizzato per il lavoro di interpretazione e quindi potevano essi stessi divenire oggetto di interpretazione (al pari dei sintomi nevrotici), giacché come i sintomi lasciavano intravvedere dietro una apparente assurdità e insensatezza un preciso significato e una specifica funzione nella vita del soggetto.

I quattro elementi della definizione della IDS del 1899

Ripercorrendo l'evoluzione storica del pensiero di Freud fin dalle prime scoperte delle leggi che governano l'attività onirica, gli Autori prendono in analisi le quatto funzioni fondamentali.

Nel libro del 1899 Freud ha definito il sogno come soddisfazione allucinatoria di desideri rimossi: egli presentava il sogno come un fenomeno che si formava nel sistema inconscio con la funzione di proteggere il sonno: nel sogno, i desideri che scuotono l’apparato psichico e non sono appagabili nella motilità vengono soddisfatti allucinatoriamente, in modo che quel sistema viene riportato allo stato di quiete. La definizione che egli dà del sogno in quel libro è dunque più complessa di come viene abitualmente riferita.

Essa si compone di quattro elementi.

- Il primo dice cosa debba intendersi per “sogno”, che esso è un fenomeno inconscio, cioè che il “vero sogno” non è quello captato al risveglio ed eventualmente raccontato.
- Il secondo riguarda come si forma.
- Il terzo attribuisce al sogno la funzione di proteggere il sonno allucinando la soddisfazione di desideri che lo turbano e ristabilendo così l’omeostasi dell’apparato psichico.
- Il quarto infine, enuncia cosa significa: stabilisce che i desideri tendenti alla soddisfazione sono tutti riconducibili a un complesso radicato nel passato dell’individuo e della specie; e che dunque il sogno significa sempre un passato.

Le ultimissime righe della IDS insistono proprio su questo punto: "(...) è dal passato che deriva il sogno, in ogni senso. È vero, anche l’antica credenza che il sogno ci mostra il futuro non è completamente priva di verità. Rappresentandoci un desiderio come appagato, il sogno ci porta certo verso il futuro, ma questo futuro, considerato dal sognatore come presente, è modellato dal desiderio indistruttibile su una immagine di quel passato" (Freud,1899, p. 565).

Questi quattro elementi si sostengono a vicenda nel tessere la definizione; riguardano però aspetti diversi del sogno e differiscono per il modo in cui Freud giunge a formularli e per l’importanza che rivestono. Rispetto al modo, nel formulare i primi tre elementi egli attinge alle conoscenze acquisite nella propria formazione medica. Nel collocare il sogno in un “luogo” dell’apparato psichico, nel costruire la rappresentazione di tale apparato, nel descrivere come il sogno si forma e indicarne la funzione, si serve di nozioni e modelli tratti dalla fisiologia, dalla psicofisica, dall’idraulica e dall’ottica del suo tempo. Invece, nel definire il significato del sogno identificando i desideri che turbano il sonno, si serve di nozioni e modelli tratti dal mito, dalla religione e dalla filosofia.

Rispetto all’importanza, il quarto elemento ne ha una particolare per almeno tre motivi: perché sostiene gli altri conferendo unità al discorso di Freud sul sogno e senso alla sua affermazione di averne svelato il segreto; perché fornisce il paradigma interpretativo del sogno; e perché è stato soprattutto esso ad avere destato interesse per il libro del 1899 conferendogli l’autorità che ancor oggi possiede.

Inoltre, quel quarto elemento acquisisce particolare importanza perché corrisponde alla formulazione del complesso edipico risalente al 21 settembre 1897 che Freud (1887-1904 pp. 297-299) considerava come «la più valida delle scoperte» che avesse «avuto la fortuna di fare» (Freud, 1899, p. 9) e sulla quale avrebbe costruito un’antropologia. Nel 1938, nella sua ultima opera, il "Compendio di psicoanalisi", infatti scriveva: "Oso dire che, se pure la psicoanalisi non potesse vantare nessun altro risultato oltre la scoperta del complesso edipico rimosso, questa scoperta sola le darebbe comunque il diritto di essere annoverata tra le preziose nuove acquisizioni dell’umanità".

Cinque tipi di sogni che non sembrano spiegabili in base alla definizione del 1899

Questi sono dunque i "cinque tipi di sogni" che non sembrano spiegabili in base alla definizione del 1899.

a. Sogni di angoscia, di controdesiderio, di punizione e post-traumatici
Cinque tipi di sogni (di angoscia, di controdesiderio, di punizione, post- traumatici e telepatici) costituivano una debolezza per la definizione del 1899. I primi quattro per quello riguardante la funzione del sogno; il quinto per quello riguardante il significato.

b. I Sogni telepatici
È significativo notare come le opere divulgative della teoria freudiana del sogno (19), discutano le debolezze che gravano sulla definizione del sogno come appagamento allucinatorio di desideri a motivo dei sopraddetti quattro tipi di sogni, ma non quella che i sogni telepatici facevano pesare su tale definizione. Questa debolezza non toccava, come le altre, il suo terzo elemento, ma l’ultimo, quello riguardante il significato del sogno: faceva dubitare che tale significato andasse reperito in un passato centrato sul complesso edipico. La possibilità dell’esistenza di sogni nei quali il sognatore coglieva, senza alcuna mediazione sensoriale, eventi che potevano verificarsi anche nella sua contemporaneità indeboliva la tesi che nel contenuto latente dei sogni si rappresentasse sempre un passato del sognatore.

Gli Autori affermano che, al di là delle opinioni che si possono avere in merito all'esistenza o meno dei sogni telepatici, è un dato di fatto che Freud vide nella sola ipotesi della loro esistenza il punto debole della sua teoria del sogno, tanto da dichiararsene insoddisfatto. Freud discute questa difficoltà in "Sogno e telepatia", del 1921.

Gli Autori considerano la posizione irrisolta di Freud sui sogni telepatici come "una vittoria di Pirro". Egli, per così dire, da razionalista, vince la battaglia contro quei sogni respingendo il dubbio che sollevavano sulla validità del paradigma interpretativo, ma lascia incerto l’esito della guerra contro un insieme di fenomeni paranormali tra i quali rientrano quelli telepatici. Ciò non è privo di conseguenze rispetto a quel paradigma perché quell’insieme di fenomeni metteva in dubbio l’attendibilità del suo fondamento costituito dalla formulazione del complesso edipico nel 1897. L’interesse di Freud per il cosiddetto “paranormale”, ed in particolare per la telepatia, è stato oggetto di accese discussioni e di molteplici interpretazioni.

Secondo alcuni studiosi egli non mostrò mai alcuna considerazione per un campo di studi così controverso e irrazionale; secondo altri il fondatore della psicoanalisi nutrì sempre un forte interesse nei confronti dell’argomento, che espresse in modo moderato nelle sue opere solo per motivi di opportunità scientifica. In realtà, la telepatia e i fenomeni “occulti” attraevano fortemente Freud già da tempo, e i suoi interessi in questo campo non erano certamente nuovi. Nulla di strano: come numerosi altri scienziati che vissero e operarono nel periodo storico che sta a cavallo tra diciannovesimo e ventesimo secolo, anche Freud fu affascinato da quel campo di ricerche che allora aveva diverse denominazioni. Si avvicendano quindi, nel procedere della sua ricerca di svelare la "capacità della mente umana", da un lato una forte curiosità rispetto ai fenomeni paranormali e dall'altro la preoccupazione che esplicitare il suo interesse in quella direzione possa danneggiare la veste scientifica con cui voleva proteggere l'apparato teorico della psicoanalisi.

In ultima analisi se da un lato in Psicoanalisi e telepatia Freud manifestava una apertura all'interesse per l'occultismo e una sollecitazione agli analisti che "si comportavano come se non avessero più nulla da dire nel sogno, come se la teoria del sogno fosse conclusa (Freud, 1932), gli Autori notano che è stato pubblicato postumo. Questo fatto starebbe ad indicare le personali difficoltà di Freud a procedere le ricerche su tale campo, riferibile ad una sua riluttanza-ambivalenza-resistenza" ad affrontare l'argomento. (20)

Ne "Un quadro generale delle risposte degli psicoanalisti all'insoddisfazione di Freud", sono descritte e commentate le varie risposte degli psicanalisti all'insoddisfazione di Freud sulla teoria del sogno: lo schema proposto riguarda quattro categorie, articolate in un complesso schema:
- Conferme, (cap. 7): Ripetizioni, Dimostrazioni, Radicalizzazioni, Universalizzazioni;
- Alterazioni", (cap. 8): Edulcorazioni, Ibridazioni, Profanazioni, Scismi,
- Modifiche surrettizie (cap.9): Di cosa intendere per sogno, di come intendere la sua formazione, di come intendere la sua funzione;
- Modifiche indirette (cap. 10): Emarginazioni, Rev. della concezione dell'Io, Revisioni della concezione del trauma
- Storicizzazioni: (cap. 11) Mitizzare, Demitizzare, Situare

E' impossibile sintetizzare questi passaggi, variegati e complessi e interconnessi tra loro: ma le diverse variabili messe in gioco e analizzate dagli Autori rimandano costantemente al problema di come sia impossibile avere una teoria generale complessa in campo psicoanalitico, che affronti e risolva tutti i problemi che il mondo psichico presenta.

Date le premesse teoriche della prima parte, il libro si chiude con una disamina accurata della tecnica di interpretazione dei sogni, in base ad un nuovo paradigma: che prevede il passaggio da un visione monoculare del sogno alla visione bioculare, la costruzione del contesto psicanalitico e vari sistemi di connessione tra il contesto e le immagini del sogno. Il lavoro dell’ interpretazione dei sogni, passaggio cruciale del lavoro psicoanalitico, viene suddiviso poi in una serie di operazioni che rientrano in due gruppi fondamentali: i “momenti costitutivi” e i “momenti operativi”.

La costituzione del contesto.

La corretta interpretazione di un sogno, necessita come noto, della costituzione di un 'setting' psicoterapico specifico(luogo, orario frequenza ecc..), e presuppone anche che l'analizzando si attenga alla regola di abbandonarsi al fluire delle libere associazioni, e per lo psicoanalista di rispettare il criterio della neutralità. Senza entrare ora nella disamina del concetto di setting, gli autori dichiarano che rinunciano ad usare la parola setting, in favore del concetto di "contesto", per significare la "globalità dei dati che, di momento in momento, possono entrare a far parte dell'esperienza condivisa dai due membri della coppia analitica."

Vengono poi descritti vari tipi di contesto, e che cosa può accadere nel contesto rispetto ai sogni. Gli Autori propongono poi un percorso interpretativo del materiale onirico, del tutto originale, che si discosta nettamente dal metodo classico tracciato da Freud (riassunto in un diagramma esplicativo). L'individuazione specifica dei vari passaggi del lavoro dell'interpretazione offre un supporto indispensabile per creare un "contesto definito" evitando che la partecipazione del sognatore diventi un mero 'divagare' e l'interprete si abbandoni ad un arbitrario fantasticare.

NOTE

(1) Migone Paolo, Come la psicoanalisi contemporanea utilizza i sogni, "Il ruolo terapeutico", 2006, 102: 72-82, p. 72.
(2) Mancia Mauro, "Psicoanalisi e neuroscienze. Un dibattito attuale sul sogno", http://www.psychiatryonline.it/node/2461, 2012
(3) Per trauma si intende in generale un evento che influisce su un sistema in equilibrio e si definisce tale in relazione all'effetto che provoca: ad esempio una cattiva notizia o una buona notizia provocano impatti traumatici qualitativamente diversi.
(4) La relazione fu presentata all'IPA a Wiesbaden nel 1932 [p. 105].
(5) Fachinelli Elvio, La mente estatica, Milano, Adelphi, 1989, pp. 125-195.
(6) Freud S., (1936) "Un disturbo di memoria sull'Acropoli", Opere complete, vol. 11, Bollati Boringhieri, Torino, p. 329
(7) La crisi di Atene è del 1904 ed è preceduta da quella del viaggio in Italia del 1897; in quel’occasione Freud vide anche le opere di Michelangelo nella Cappella Medicea
(8) Armando Luigi Antonello, Dalla nuova Tebe ad Atene, in "Psicoterapia e Scienze umane", 2010, 4, p. 482 e segg.
(9) Cfr. Magherini, La sindrome di Stendhal
(10) Freud 1899, p. 5.
(11) Cfr. i lavori di Anzieu e Buxbaum
(12) Meccanismo psichico della dimenticanza (1898) in Opere, vol. II, pp. 423-430.
(13) Con il termine si indicava un insieme di oggetti immateriali non accessibili ai cinque sensi: sentimenti intuizioni, passioni, affetti, forze occulte, esseri incorporei, ecc.
(14) Tipo di giudizio fondato sullo spostamento nascosto da una sede in cui è valido poiché è fondato sull'esperienza, a una in cui non lo è. Per es. se per esperienza la materia può trasformarsi cambiando qualità, non c'è tuttavia esperienza diretta per cui il piombo possa trasformarsi in oro.
(15) Il dibattito in campo filosofico avrà, come è noto, un'evoluzione nella direzione di integrare tali fenomeni nel lavoro interdisciplinare di K. Popper e J. Eccles, The Self and its Brain. An argument of Interactionism (1977) , in cui gli oggetti del mondo 'sopraensibile' vengono integrati nel Mondo 3 del mondo psichico (racconti, miti, fiabe, teorie scientifiche, istituzioni sociali, opere d'arte), dove gli stati mentali vengono considerati di fatto stati reali.
(16) Freud 1932, p. 124
(17) Cfr. H. F. Ellenberger, La scoperta dell'inconscio. Storia della psichiatria dinamica, Torino, Bollati Boringhieri, 1976.
(18) Armando e Bolko, Il Trauma dimenticato, p. 45
(19) quali ad esempio quelle di Garma (1938), della Scharpe (1961) o di Nagera (1973),
(20) Bolko e Merini, 1991


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