Piero Porcelli Medicina psicosomatica e psicologia clinica Modelli teorici, diagnosi, trattamento Raffaello Cortina, Milano, 2009 ISBN: 978-88-6030-233-5 (pp. 432, 29.00 euro)
Presentazione L'interesse contemporaneo per la psicosomatica e' molto alto per svariati motivi che vanno dalle politiche sanitarie mondiali determinate dalla mutata prevalenza di alcune malattie, alla diffusione dei disturbi di somatizzazione in vari setting clinici, all'interesse per i temi del corpo e della salute da parte del pubblico generale. Per esempio, le due principali cause di morte nel mondo nel 2002 e che si prevede rimarranno stabilmente ai primi posti nelle proiezioni per il 2030, insieme a cancro e AIDS sono costituite da patologie cardiovascolari e cardiocerebrali (Mathers e Loncar, 2006; World Health Organization, 2007), ossia da patologie di cui, da un lato, insorgenza, decorso ed esito sono strettamente associati a fattori psicosociali e stili di vita, e, dall'altro, hanno un impatto socio-economico importante in termini di politica sanitaria, costi diretti e ripercussioni indotte di disabilita' psicosociale. La prevalenza di pazienti che soffrono di sintomi somatici spesso cronici di cui pero' non si riescono a trovare plausibili cause mediche (i cosiddetti medically unexplained symptoms, MUS) e' molto alta negli ambulatori medici, soprattutto della medicina di base. Si stima, infatti, che da un terzo alla meta' dei soggetti afferenti alla medicina di base siano pazienti con MUS (Kroenke, 2003) e che circa il 40% abbia sindromi psichiatriche non riconosciute o disturbi psichici subclinici (Ansseau et al., 2004). Infine, vi e' una sempre piu' ampia diffusione di riviste popolari e libri fai-da-te che trattano temi psicosomatici, di associazioni e circoli a indirizzo piu' o meno olistico-spirituale (dalle piu' tradizionali correnti New Age all'esplosione dei Mind-Body Centers soprattutto negli Stati Uniti), di siti web su salute e medicina che sembra siano fra i piu' frequentati in Internet. Un esempio importante del ruolo tanto clinico quanto sociale dell'associazione fra aspetti psicologici e malattie mediche e' senza dubbio il rapporto fra depressione e patologie cardiovascolari, due fra i disturbi piu' diffusi nel mondo occidentale. I pazienti che sviluppano depressione dopo l'infarto hanno, rispetto agli altri pazienti infartuati, un rischio piu' elevato di avere ulteriori episodi infartuali nel tempo ma soprattutto un rischio da 2 a 2.5 volte maggiore di mortalita' cardiaca sia nel breve che nel lungo periodo, indipendentemente dagli altri fattori di rischio. In particolare, il rischio diventa significativo non immediatamente (nei primi 6-12 mesi) ma su periodi di tempo piu' lunghi (Dickens et al., 2007), implicando l'esistenza di fattori psicosociali di adattamento che vanno oltre la psicopatologia in senso stretto. Le ragioni di questo stretto legame fra depressione, patologie cardiovascolari e mortalita' sono tante e chiamano in causa meccanismi multipli e complessi, come fattori biologici (ipertensione, ipercolesterolemia, dislipidemia, sedimentazione di placche nelle arterie, processi infiammatori, bassa variabilita' del battito cardiaco, tossicita' cardiaca degli antidepressivi), stile di vita (fumo, consumo di alcool, scarsa attivita' fisica, obesita') e comportamento di malattia (scarsa aderenza al trattamento, scarsa attenzione per le proprie condizioni di salute) (Wulsin et al., 1999). Un problema di questo tipo non puo' essere semplicistamente risolto con un'ipotesi diretta di comorbilita' infarto-depressione ma implica numerosi fattori psicosociali di mediazione da inquadrare all'interno di un modello complesso di multicausalita'. Infatti un recente trial randomizzato controllato su un campione molto numeroso di 2177 pazienti post-infartuati ha dimostrato che il trattamento con farmaci antidepressivi non altera sul lungo periodo (follow-up di 18 mesi) il decorso della depressione ne' migliora la prognosi cardiaca (van Melle et al., 2007). Le variabili che predicono la persistenza di depressione sono invece fattori psicosociali come la scarsa autonomia funzionale quotidiana, l'insieme delle difficolta' quotidiane di adattamento e la carenza di supporto sociale (Townend et al., 2007). In questo caso, quindi, il fenomeno clinico e' dovuto ad un insieme di fattori cardiologici, comportamentali, psicologici, depressivi, immunitari, alimentari, ecc. talmente complesso e intricato che parlare di associazione semplice di eventi singoli (infarto e depressione, depressione e comportamento di malattia, infarto e comportamento di malattia) e' non solo riduttivo ma anche fuorviante in sede terapeutica. Una considerazione piu' ampia del concetto di malattia, necessaria a causa dell'accumularsi di evidenze empiriche in questa direzione, implica un ripensamento tanto della medicina quanto della psicologia in un'ottica di integrazione delle variabili biologiche, psicologiche e sociali clinicamente significative nel determinare l'espressione della patologia somatica. Si tratta di una prospettiva che in psicosomatica e' stata chiaramente delineata 30 anni fa da George Engel (1977) con la proposta del modello biopsicosociale che ancora stenta a essere tradotta in strumenti operativi dell'azione clinica. Purtroppo la tendenza generale, soprattutto in Italia, e' di considerare la psicosomatica come una disciplina iper-specialistica piu' che di integrazione. Gli argomenti a supporto e le evidenze empiriche ormai ampissime non spingono, infatti, verso un modello trasversale alle varie specializzazioni di medicina e psicologia clinica ma vengono tuttora considerati aspetti di un campo ultra-specialistico riservato a una ristretta cerchia di esperti. La medicina psicosomatica e' da sempre ritenuta un settore a se' stante e separato non solo dal corpus teorico e formativo della medicina, ma anche della psichiatria e della psicologia clinica. Le indicazioni perche' la psicosomatica entri invece gia' nel bagaglio formativo della formazione universitaria di base e specialistica tanto di medicina quanto di psicologia ci sono tutte, e vengono coerentemente ribadite nei documenti ufficiali delle maggiori societa' scientifiche internazionali. Questo libro non e' una trattazione sistematica della medicina psicosomatica ne' un manuale su "cosa fare con chi". E' piu' semplicemente un percorso ragionato sui maggiori aspetti di tipo teorico, clinico, diagnostico e terapeutico in medicina psicosomatica che risultano di interesse e di competenza della psicologia clinica, che riprende in modo piu' unitario contributi sparsi in articoli, interventi e libri pubblicati negli anni scorsi. La base teorica del libro e' costituita dal concetto di peso relativo, implicito nel modello biopsicosociale di salute e di malattia di Engel. Il concetto in se' e' molto semplice. E' ampiamente riconosciuto oggi che le malattie sono multifattoriali, ossia vengono causate da variabili multiple che in modo diverso e in tempi si associano in fattori di rischio, co-fattori, fattori scatenanti e fattori di mantenimento, contribuendo a spiegare esordio, progresso ed esito delle patologie nelle fasi pre-cliniche e cliniche della loro storia naturale. Alcuni fattori sono specificamente medici, biologici, fisici; altri sono non-biologici: psicologici, alimentari, sociali, economici. Ciascuna scienza "principale" (medicina, psicologia, sociologia, dell'alimentazione, economia) si occupa legittimamente dei propri fattori specifici (i meccanismi biochimici per la medicina, le funzioni mentali per la psicologia, ecc.) e le varie scienze di ibridazione (neuro-endocrinologia, psico-immunonologia, ecc.) dei segmenti pertinenti all'interno dei fattori principali. Il punto essenziale del concetto di peso relativo sta pero' nello sguardo d'insieme, nell'integrazione delle singole prospettive. Se tutti i punti di vista sono legittimi e hanno voce in capitolo, non tutti sono hanno la medesima importanza poiche' le malattie, oltre a essere multifattoriali, sono anche eterogenee. Cio' significa che non sono gli individui a costituire varianti di una stessa malattia ma che sono le malattie a essere varianti dell'individuo. In parole semplici, i fattori variano a seconda dei soggetti, anche a parita' di malattia, e in ciascun soggetto da un periodo all'altro della sua esistenza. Il compito della psicologia clinica in psicosomatica e' pertanto individuare quali sono i fattori psicologici con peso relativo importante rispetto a o in associazione con i fattori biomedici nello spiegare la patologia X in questo paziente specifico? E, corrispettivamente, il compito della psicosomatica e' individuare i >pesi relativi dei fattori implicati in questo specifico paziente con una data condizione clinica. Il problema psicosomatico quindi non capire qual e' la causa della patologia X, ne' se tale patologia e' da considerare psicosomatica o meno in modo binario. Il vero problema e' il peso relativo dei fattori implicati, da cui deriva anche la possibilita' di intervenire terapeuticamente in modo differenziato e individualizzato.
Per questo motivo, il libro non illustra un particolare punto di vista ne' un modello specifico di psicosomatica. Ha un'ambizione molto piu' modesta:
illustrare lo stato dell'arte di alcuni costrutti di psicologia clinica con forte implicazione in psicosomatica e per i quali sono disponibili evidenze
empiriche sufficienti a sostenerne l'utilizzabilita' clinica. A partire da tali costrutti, il libro esplora possibilita' e argomenti ancora aperti su cui
si continua a indagare e dibattere nella letteratura psicosomatica. Il libro si rivolge a studenti, psicologi, psichiatri, medici di base e specialistici. Ma in primo luogo si rivolge, ovviamente, a chi si occupa di medicina psicosomatica e di psicologia clinica. Nel nostro paese questi due campi della conoscenza e della clinica sono oggetto da sempre di conflitti fra professioni, difese corporative, sentenze giudiziarie e divisioni accademiche. I temi trattati in questo libro, tuttavia, si collocano all'incrocio fra discipline diverse e necessitano dell'integrazione delle diverse prospettive per la natura stessa dell'oggetto. Non e' previsto in Italia che ci sia una figura professionale specialistica in psicosomatica, come abbiamo visto accade in altri paesi come gli Stati Uniti o la Germania. Da un lato, e' un aspetto negativo che rischia di alimentare ulteriormente la diatriba fra medici, psicologi e psichiatri se ciascuno ritiene di essere l'unico titolato a parlarne, con ottime motivazioni condivisibili o per malafede e spirito di parte. Dall'altro lato, pero', e' un aspetto positivo in quanto costringe alla collaborazione fra le diverse figure professionali coinvolte se ciascuna e' consapevole di non essere in grado di rispondere adeguatamente alle esigenze cliniche del paziente psicosomatico restando esclusivamente all'interno del proprio modello. Il libro e' quindi rivolto in modo particolare a chi riesce a cogliere il piu' possibile quest'ultimo aspetto positivo dell'oggetto ambiguo psicosomatico.
Bibliografia
INTRODUZIONE - COSA SI INTENDE PER "MEDICINA PSICOSOMATICA"? |