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CONTEMPORARY PSYCHOANALYSIS
 

Volume 56

Spring/Summer 2020

Number 2/3
 
 

 

Vai all'Indice on-line del n. 2-3/2020 di Contemporary Psychoanalysis

 

Il n. 2/3 del 2020, è un numero doppio dedicato al tema del razzismo. Infatti le due editors di Contemporary Psychoanalysis (Susan Fabrick e Ruth Livingston), comprensibilmente, hanno voluto dare molto spazio a questo tema, e nella loro introduzione raccontano che quando stavano dando alle stampe il fascicolo stava esplodendo nelle strade di tutta l'America la rabbia per l'uccisione, il 25 maggio 2020, di George Floyd, un nero soffocato da un poliziotto bianco premendogli a lungo il ginocchio sul collo. Questo grosso movimento di protesta prese il nome di Black Lives Matter (BLM) - "Le vite dei neri contano" - e si diffuse presto in tutto il mondo. Jean Petrucelli presenta questo numero speciale dicendo che l'intenzione è quella di pubblicare riflessioni da pił punti di vista e contesti, anche allo scopo di capire meglio quali sono le basi che mantengono in vita atteggiamenti razzisti all'interno degli stessi istituti psicoanalitici.

Questo n. 2/3 del 2020 è diviso in quattro parti, vediamo sinteticamente l'argomento di ciascun contributo. La prima parte, dal titolo "Prospettive psicoanalitiche sulla razza e sul razzismo", si apre con un articolo di Michelle Stephens che riflette sul concetto di "doppia coscienza", un termine usato la prima volta nel lavoro auto-etnografico di W.E.B. Du Bois che si riferisce al conflitto interno vissuto da gruppi subordinati o colonizzati; la Stephens applica però questo concetto ai bianchi (la "doppia coscienza bianca"), e nella sua discussione utilizza anche altri concetti, come quelli di fase dello specchio di Lacan, di intersoggettività di Philip Bromberg, di apertura radicale di Anton Hart, di terzietà di Jessica Benjamin e così via, non trascurando, tra gli altri, Frantz Fanon e il suo famoso libro del 1961 I dannati della terra. L'articolo successivo è di Cleonie White, un'analista di colore, che propone l'idea di un "Freud negro" in quanto appartenente a una minoranza perseguitata dal nazismo per motivi "razziali", e dice che anche Sullivan, seppure un bianco, fu ostracizzato per la sua ascendenza irlandese, e conobbe bene il razzismo perché visse per un certo periodo nel Sud degli Stati Uniti; eppure, dice la White, né Freud né Sullivan capirono a fondo l'influenza che poteva aver esercitato l'ambiente sociale sulle proprie teorie. Mark J. Blechner, un past-editor di Contemporary Psychoanalysis, si chiede cosa ci insegna la psicoanalisi sul razzismo, come il razzismo influenza la psicoanalisi oggi, e come attenuare il razzismo che tuttora persiste nei nostri istituti psicoanalitici.

La seconda parte si intitola "Sotto il lettino: la confusione tra le identità e il trauma", e si apre con un articolo di due donne, Nadine Obeid e Sarah Schoen, che raccontano le loro esperienze di supervisione in cui non raramente avvenivano agiti razziali dei quali è difficilissimo parlare apertamente, anche perché gli istituti psicoanalitici non sono capaci di porsi come "buoni contenitori"; osservano poi che spesso il legittimo desiderio di proteggere la privacy serve all'analista per mascherare i suoi privilegi, il suo potere e la sua vergogna su tematiche razziali. Poi ancora tre donne, Chanda D. Griffin, Rossanna Echegoyén e Julie Hyman (la prima nera, la seconda latinoamericana, e la terza ebrea bianca), raccontano la loro esperienza di formazione in psicoanalisi in cui le dinamiche razziali venivano dissociate per proteggere il completamento del training, e di come si fecero forza l'una con l'altra di fronte a privilegi e oppressioni in mancanza di un istituto capace di fungere da holding environment. Nell'ultimo articolo della seconda parte, Yuen Chan, che si autodefinisce una "donna di colore" per la sua ascendenza cinese, racconta come durante il suo training in ben due diversi istituti psicoanalitici i tentativi volti a migliorare l'apertura e l'inclusione si traducessero in realtà in rigidità ideologica e inibizione del pensiero critico.

La terza parte ("Dimensioni razziali ed etiche della soggettività") si apre con un articolo di uno psichiatra e psicoanalista di origini indiane, Gurmeet S. Kanwal, che riflette sul significato della outsiderness (sentirsi degli outsider), e si chiede se sia davvero possibile eliminarla del tutto dalla nostra vita ed esperirla senza rifiutarla oppure reificarla. Nell'articolo successivo, dal titolo "Né carne né pesce", Karen Chuck, di genitori cinesi nati in America e cresciuta negli anni 1970 in un'area rurale, esamina la dicotomia tra razza e cultura e il suo impatto su se stessa e il proprio lavoro clinico. Infine, nell'ultimo articolo della terza parte Michael O'Loughlin discute quanto la "egemonia bianca" nella psicoanalisi americana si possa ripercuotere sul tipo di linguaggio specialistico usato e sul ruolo implicito che possono avere tematiche razziali inconsapevoli, facendo riferimento anche all'articolo di David L. Eng e Shinhee Han, "A dialogue on racial melancholia", pubblicato sul n. 4/2000 di Psychoanalytic Dialogues, che mostra come il potere della whiteness ("bianchità") possa indurre una "melanconia razziale" negli "Altri".

Infine, la quarta e ultima parte, dal titolo "Dentro di noi e tra di noi: tensioni emotive ed esclusioni e collusioni istituzionali", contiene quattro articoli. Il primo è di Ron Taffel, dal titolo "Il mito della micro-aggressività", che analizza il ruolo delle micro-aggressività (per niente piccole, sottolinea), che costituiscono complessi enactment che riguardano anche tematiche razziali, non solo nei rapporti interpersonali ma soprattutto durante il training psicoanalitico, spesso caratterizzato da sentimenti di vergogna indotti. Joanne Clark ribadisce che gli istituti psicoanalitici non sono assolutamente esenti da forme strutturate di razzismo, e che la "supremazia bianca" predomina nella loro vita sociale, culturale e politica; l'autrice esamina in particolare quanto queste dinamiche siano state pervasive persino nel Women's Therapy Centre Institute (WTCI) di New York, in cui insegna, che è un istituto di training psicoanalitico orientato alla terapia relazionale femminista. Anton Hart, un analista del William Alanson White Institute noto per il suo lavoro sulle tematiche del razzismo, illustra alcune modalità con cui possono essere affrontate, da parte sia dei docenti che degli studenti di un istituto psicoanalitico, tematiche riguardanti il razzismo, la diversità e la otherness (alterità). Naomi Snider - che tra le altre cose è coautrice con Carol Gilligan di un libro sul patriarcato, Why Does Patriarchy Persist? (Cambridge, UK: Polity Press, 2018) - riporta i dati di una ricerca qualitativa sulle tematiche del razzismo e dei valori all'interno degli istituti psicoanalitici condotta tra i partecipanti ai gruppi di discussione durante il convegno Changing the Conversation tenuto a New York nel marzo 2019.

 


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