La psicoterapia esiste realmente, cioè è un "fenomeno
robusto", oppure è solamente un contenitore convenzionale
per una varietà di pratiche eterogenee e incompatibili? Prendendo
le mosse da questa domanda fondamentale nellâambito di ricerca dei
fattori comuni della terapia, Carere mostra come sia possibile identificare
principi comuni a tutti i metodi terapeutici.
L'Autore ha individuato quattro bisogni umani fondamentali a cui corrispondono
altrettanti punti cardinali utilizzabili per tracciare una mappa con cui
orientarsi nella relazione terapeutica.
I quattro vertici e i due assi ortogonali che li congiungono definiscono
la struttura basilare del campo terapeutico inteso come "lo spazio relazionale
generato dalla logica interna del processo terapeutico e non dalle preferenze
personali o ideologiche del terapeuta e del paziente".
Il nome scelto per l'approccio integrativo proposto da Carere è
Terapia Dialettica poiché ciò a cui comunemente ci si riferisce
con il termine psicoterapia è qualcosa di più di un semplice
trattamento psicologico.
La terapia è infatti un processo dialettico che si svolge
sui due livelli di base dello sviluppo umano: quello naturale o psicologico
(remaking) e quello culturale o filosofico (uncovering).
Il primo livello può essere graficamente rappresentato come
lâasse orizzontale del campo terapeutico in cui sono collegati un polo
"materno" e un polo "paterno" nei quali il terapeuta risponde ai bisogni
psicologici fondamentali di attaccamento sicuro e di cooperazione responsabile.
Nel lavoro terapeutico di vertice materno il terapeuta è impegnato
nel creare unâatmosfera relazionale in cui il paziente possa sentirsi incondizionatamente
accettato e compreso.
Il terapeuta si pone invece nel vertice paterno quando chiede al paziente
di svolgere un'attività che implichi sforzo e fatica, impegno e
collaborazione.
Lo sviluppo dei pattern di attaccamento sicuro e di cooperazione responsabile
è indispensabile per la costituzione di un sé psicologico
sano e avviene nellâambito familiare se i fattori di crescita corrispondenti
ö materno e paterno ö sono presenti in misura e qualità sufficiente.
Qualora questo non si sia verificato e il paziente abbia sofferto
di uno sviluppo psicologico difettoso, gli sarà possibile
trovare nella relazione terapeutica una nuova fonte di crescita e di nutrimento
(esperienza emotiva correttiva).
Il secondo livello descritto da Carere può essere graficamente
rappresentato da un asse verticale che connette il vertice
K con il vertice O del campo terapeutico e che costituisce il livello filosofico
del processo della terapia.
Muovendosi su questa linea il terapeuta cerca di rispondere ai bisogni
fondamentali di conoscenza ("conosci te stesso") e di accesso alla sorgente
generativa dell'esistenza e aiuta il paziente a divenire consapevole delle
condizioni passate e presenti della propria vita, a scoprirne o dare loro
significato e a decidere cosa fare di esse (adattarsi o trascenderle).
Il vertice K è il vertice base del campo terapeutico.
In esso si attua una neutralizzazione sistematica di ogni preconcezione
e giudizio. In questa posizione il terapeuta non agisce con modalità
materne né paterne ma sta in un atteggiamento di ascolto che può
essere di tipo sintetico, cioè globale e non selettivo, o
analitico, cioè focalizzato e discriminativo.
Il terapeuta opera qui come uno scienziato, che in modo pragmatico
e euristico, cerca di scoprire con il paziente gli aspetti psicologici
ed esistenziali disfunzionali e i possibili rimedi a essi.
Al vertice K è posto in relazione il vertice O . Il simbolo
O (mutuato da Bion) indica l'ignoto, contrapposto alla conoscenza
e indica anche la totalità dell'esistenza, la matrice originaria
di tutti i fenomeni. Sorgente generativa e rigenerativa di ogni cosa,
O è la potenza inconscia di guarigione che esiste in ognuno di noi.
La funzione principale del terapeuta nel vertice O è quella
di cercare di attivare nel paziente questo potere di guarigione. Per farlo,
il terapeuta stesso deve sapersi aprire con fiducia al contatto con
lâignoto e ciò può essere reso possibile dallâutilizzo di
molteplici simboli che come afferma Carere "possono essere evocati e invocati
per facilitare una comunicazione con lâignoto che sarebbe a volte troppo
ardua se non fosse mediata da qualche rappresentazione familiare". Oltre
a questa funzione "mistica", nel lavoro di vertice O il terapeuta deve
esprimere la propria capacità artistica. Stimolare cioè attraverso
la propria immaginazione simbolica quella del paziente per narrare assieme
a lui una storia che abbia un senso.
La linea verticale che congiunge i vertici K e O rappresenta l'asse
culturale, necessario completamento dellâessere umano, unico essere del
mondo naturale ad avere anche una dimensione spirituale che gli permette
di giungere a sapere di non sapere.
Il movimento dialettico fra il polo del conoscere (K) e quello dell'essere
(O) permette di attuare la neutralizzazione di teorie e
preconcetti che ostacolano il vero processo di conoscenza e di rinnovarlo
e fecondarlo attraverso l'affidamento alla dimensione generativa e rigenerativa
dellâesistenza.
La creazione di una mappa, cioè di una teoria generale della
relazione terapeutica, rappresenta la risposta affermativa alla domanda
iniziale sull'esistenza della psicoterapia come fenomeno robusto.
La possibilità di fornire una descrizione accurata del campo
terapeutico testimonia della sua esistenza e si costituisce come
riferimento necessario nell'interminabile processo di elaborazione e confronto
con gli approcci integrati di tipo assimilativo. Questi ultimi sono caratterizzati
da un forte radicamento in una teoria e incorporano altre tecniche e teorie,
reinterpretandole e riformulandole secondo i concetti e il linguaggio della
teoria di base.
Un confronto dialettico fra l'approccio pluralistico delle teorie assimilative
e la visione unitaria di una teoria generale fornirà alle prime
un riferimento a principi comuni e alla seconda un ulteriore arricchimento
e perfezionamento.
Il lavoro di Carere è di assoluta originalità nel panorama
della ricerca psicoterapeutica contemporanea.
Egli descrive con estrema chiarezza e profondità i principi
comuni del processo terapeutico attraverso unâanalisi sistematica dei
bisogni fondamentali dellâessere umano, fornendo al terapeuta una mappa
per potersi orientare momento per momento durante lâinterazione con il
paziente.
La proposta di Carere è senz'altro una proposta forte, fondata
su una solida base epistemologica, ma è anche un modello aperto
al dialogo proprio perché un dialogo autentico è garantito
da un vertice neutrale, cioè da una posizione in cui venga neutralizzata
ogni presunzione di verità.
Il metodo fenomenologico, costitutivo dellâoperazione psicoterapeutica,
attraverso la neutralizzazione sistematica di ogni preconcezione e giudizio,
permette di porsi con maggior libertà di fronte al quesito
fondamentale di ogni pratica terapeutica: "qual è il bisogno del
paziente in questo momento?".
Il movimento consapevole di oscillazione dialettica fra i quattro vertici
del quadrilatero permette di bilanciare continuamente il proprio atteggiamento
terapeutico riducendo il rischio di assumere rigide posizioni unilaterali.
Un'attitudine dialettica è infatti il miglior antidoto contro
"gli abusi teoretici" poiché comporta unâattenzione particolare
agli approcci stereotipati. Se il terapeuta non si identifica con le teorie,
ma le usa quando servono, può permettersi di essere libero nei loro
confronti e di soggiornare in uno spazio ateoretico, in un vuoto di sapere
da cui può attingere continuamente nuovi elementi di esperienza
e di conoscenza.
Il modello proposto da Carere è perciò anche molto impegnativo.
Il terapeuta, per essere veramente tale, dovrà essere sempre
disposto a mettere in discussione i propri presupposti, a rinunciare a
un attaccamento difensivo alle proprie teorie di riferimento e a disporsi
in un atteggiamento di apertura nei confronti del processo terapeutico.
Nel vertice O il terapeuta deve anche saper attivare dentro di
sé e suscitare nel paziente un atteggiamento di fiducia nell'esistenza,
quella che Jaspers chiamava "fede filosofica", in cui lâuomo fa esperienza
di un senso e un fine. "Fede" che non è "un contenuto determinato,
un principio, bensì una direzione, un incondizionato, una forza
che guida la vita" (Jaspers, 1919).
In assenza di questa prospettiva risanativa lâesistenza verrà
vissuta come un'esperienza caotica e insensata e la potenza trasformativa
inconscia fraintesa come semplice manifestazione di onnipotenza infantile.
Il terapeuta insomma deve riuscire ad essere padre, madre e scienziato
ma anche mistico e artista a seconda di ciò che il processo terapeutico
gli chiede di essere. Lungi dallâapparire un obbiettivo troppo ambizioso
o addirittura onnipotente, questo sembra essere un modello cui tendere
nella consapevolezza delle proprie predisposizioni temperamentali ma anche
nella tensione verso una crescita delle proprie capacità relazionali.
Nelle parole di Carere "il vero terapeuta non è il terapeuta stesso
con il suo bagaglio di teorie e tecniche: il vero terapeuta è il
processo. Quello che noi possiamo fare è facilitare il processo,
non produrlo". |