I riassunti degli articoli che seguono vanno lette in sequenza perché
mostrano differenti modi di interpretare la realtà non solo statistica,
ma anche concettuale della medicina generale.
Nei primi due articoli prevale l’aspetto tecnico senza una approfondita
analisi dei concetti e dei termini utilizzati. Gli autori del secondo
scritto pare non tengano conto che nel contesto della medicina generale
i pazienti si sentono più presi in considerazione quando presentano
i loro sintomi somatici piuttosto che quelli psicologici ed essi stessi
hanno spesso più dimestichezza con la percezione corporea che non
con quella dei propri stati emotivi. Il medico di famiglia può contribuire
a promuovere nel paziente un percorso introspettivo che gli consenta di
distinguere ( pur considerandoli strettamente interdipendenti) stati affettivi
da stati corporei. È inoltre indispensabile che il curante si renda
disponibile ad accogliere entrambi e a trattarli con analoga attenzione.
Nel terzo articolo, l'editoriale del BMJ del maggio scorso, si
formula una critica dei due precedenti ricordando al lettore che uno degli
aspetti peculiari della medicina di famiglia è la sua commistione
di concetti e strumenti medici con concetti e strumenti apportati da altre
discipline (sociologia, antropologia etc.) di cui il GP non può
fare a meno. La duplice chiave di lettura sociologica e medica, fornisce
al generalista la possibilità di interpretare la realtà del
suo paziente con minori pregiudizi e con una maggiore obiettività;
da una osservazione più ampia dei fenomeni deriva una maggiore efficacia
nei trattamenti che saranno di volta in volta, a seconda delle necessità,
diversificati in base alle esigenze del singolo individuo.
Il quarto, breve articolo, sottolinea la necessità che i medici
di base riconoscano le più comuni patologie psichiatriche al fine
di impostarne un trattamento efficace che riduca l’eccessivo utilizzo delle
strutture sanitarie da parte di pazienti che spesso cronicizzano nel loro
disturbo.
The Norwegian naturalistic treatment study of depression in general
practice (NORDEP) I: randomised double blind study
(BMJ 1999;318:1180-1184)
Ulrik F Malt, Ole Herman Robak, H-P Madsbur, O Bakke, M Loeb
Correspondence to: Professor Malt University of Oslo, Department of
Psychosomatic and Behavioural Medicine, National Hospital, N-0027 Oslo,
Norway, Email: ulrik.malt@rh.uio.no
Uno studio randomizzato in doppio cieco è servito a valutare
l’efficacia del supporto emozionale e counselling combinato con placebo
o antidepressivi nel trattamento della depressione in medicina generale.
Sono stati valutati 372 pazienti depressi. Veniva valutata la remissione
clinica sia da parte del paziente attraverso la Montgomery Asberg Depression
Rating Scale sia da parte del medico attraverso la Clinical global
improvement and impression scales. Si è avuto il 47% di remissioni
nei pazienti randomizzati con il placebo rispetto ad un 61% di remissioni
nei pazienti randomizzati con Sertralina e 54% in pazienti randomizzati
con Mianserina. Le donne hanno risposto meglio dei maschi. L'analisi dei
sottogruppi ha mostrato che i soggetti con depressione ricorrente hanno
risposto più frequentemente alla Sertralina che al placebo rispetto
a coloro i quali hanno sofferto del loro primo episodio depressivo.
In conclusione la combinazione di farmaci attivi e di un semplice trattamento
psicologico (counselling, supporto emotivo e stretto controllo per un periodo
di 24 settimane) si è rivelato più efficace di un trattamento
psicologico da solo, in particolare per coloro che non erano al primo episodio
depressivo. Se i risultati fossero confermati in futuro da altri studi,
questi dati indicherebbero la necessità di creare linee guida più
differenziate per il trattamento della depressione in medicina di base.
I messaggi chiave dell’articolo sottolineati dagli autori sono i seguenti:
- L'efficacia di un semplice trattamento psicologico quale può
essere fornito dal medico di famiglia associato all’uso di farmaci attivi
è paragonabile come efficacia ai risultati conseguiti dagli specialisti
psichiatri o psicologi clinici.
- Dal trattamento traggono maggiore beneficio gli uomini che le donne.
- La natura della depressione modifica i risultati del trattamento.
- Per valutare l'efficacia del trattamento è necessario un
periodo di sei mesi.
- È necessario lo sviluppo di linee guida più differenziate
per la terapia della depressione nell'area delle cure primarie.
Cross sectional study of symptom attribution and recognition of depression
and anxiety in primary care
BMJ 1999;318:436-440
David Kessler, Keith Lloyd, Glyn Lewis, Dennis Pereira Gray
Correspondence to: Dr Kessler Gaywood House Surgery, North Street,
Bristol BS3 3AZ
Sono stati esaminati 305 frequentatori assidui di ambulatori di medicina
generale con l'obbiettivo di verificare se la loro attribuzione causale
sui comuni sintomi somatici, influisse sullidentificazione da parte
dei medici dei casi di ansia e depressione; si voleva anche verificare
se la normalizzazione delle attribuzioni ne provocasse un riconoscimento
meno attendibile. Il tasso di riconoscimento di ansia e depressione da
parte dei medici di base è stato delineato dal General Health Questionnaire.
Secondo gli autori l'atteggiamento di normalizzazione delle attribuzioni
causali minimizza i sintomi che così assumono una qualità
non patologica. Lo stile di normalizzaione dell'attribuzione sarebbe predominante
tra i frequentatori degli studi dei medici di famiglia e sarebbe un'importante
causa di basso tasso di riconoscimento di ansia e depressione.
Numerosi pazienti con disordini psicologici presentano al loro medico
di base comuni sintomi somatici. In questo modo i medici si soffermano
sul sintomo somatico o sulla somatizzazione; questa modalità di
presentazione dei sintomi è associata ad un basso livello di diagnosi
di ansia e depressione. Se si chiede ai pazienti di dare la loro opinione
riguardo la causa dei loro malesseri, la maggior parte di loro sceglie
una attribuzione normalizzante che tende a minimizzare l'importanza dei
sintomi.
Maggiore è la scelta del paziente di normalizzare, minore è
la possibilità del medico di diagnosticare ansia o depressione;
lo stile di normalizzazione attributiva provoca un considerevole abbassamento
nella possibilità di diagnosticarle. Una migliore comprensione del
modo in cui il paziente depresso vede i suoi sintomi può essere
la chiave per capire i bassi livelli di diagnosi di questi due comuni patologie
presenti nei frequentatori del medico di base.
Distinguishing mental illness in primary care. We need to separate
proper syndromes from generalised distress
BMJ 2000;320:1420-1421 ( 27 May )
Hugh Middleton, Ian Shaw
Centre for Research in Medical Sociology and Health Policy, School
of Sociology and Social Policy, University of Nottingham, Nottingham NG7
2RD
L'editoriale del BMJ di Maggio 2000 affronta un importante argomento
collegato con alcuni temi trattati negli articoli precedentemente segnalati:
gli autori fanno notare che la lettura acritica dei due precedenti
studi pubblicati sulla rivista e qui riportati (Kessler D, Lloyd
K, Lewis G, Pereira Gray D. Cross sectional study of symptom attribution
and recognition of depression and anxiety in primary care. BMJ 1999; 318:
436-439; Malt UF, Robak OH, Madsbu H-P, Bakke O, Loeb N. The Norwegian
naturalistic treatment study of depression in general practice (NORDEP)
I: randomised double blind study. BMJ 1999; 318: 1180-1184. ) farebbe dedurre
che il cinquanta per cento delle persone che si rivolge al medico di famiglia
dovrebbe prendere antidepressivi o aver bisogno di counselling per ansia
o disturbi affettivi.
Gli autori fanno acutamente notare che se osservato dal punto di vista
sociologico, lo stress lamentato dai pazienti assume un significato molto
diverso rispetto ad una sua valutazione esclusivamente medica. Nel primo
caso lo stress rappresenta un fenomeno conseguente ad una difficoltà
di adattarsi alle sfide sociali, nel secondo finisce per rappresentare
una vera e propria malattia degna di trattamento medico.
Viene fatta notare l'importanza di mettere a fuoco quel genere di problemi
che nei precedenti articoli vengono definiti nevrotici, che possono comprendere
patologie quali gli attacchi di panico, la fobia sociale, i disordini ossessivi
compulsivi, l'agorafobia. Tutti disordini che possono essere trattati con
farmaci o psicoterapia cognitivo-comportamentale.
Il medico di famiglia può intervenire efficacemente solo se
è in possesso di una duplice lettura dei fenomeni: se è cioè
in grado di distinguere queste vere e proprie sindromi dalle più
comuni difficoltà causate da avversità personali e da stress
ambientali, sociali, economiche, occupazionali e da problemi di salute
fisica. In questo caso sono spesso sufficienti interventi che utilizzino
come strumenti empatia, supporto sociale e comprensione. In quest'ottica
le persone che dovrebbero essere trattate farmacologicamente per una vera
e propria patologia sarebbero un numero certamente molto inferiore rispetto
a quanto sostenuto nei precedenti articoli.
Long term outcome of patients with neurotic illness in general practice
BMJ 1996;313:26-28
Keith R Lloyd, Rachel Jenkins, Anthony Mann
Correspondence to: Dr Lloyd : Mental Health Research Unit, University
of Exeter, Exeter EX2 5DW
Email: k.r.lloyd@exeter.ac.uk.
Con l'obbiettivo di determinare l'outcome dei disordini nevrotici in
medicina generale a distanza di 11 anni, due medici di base del Warwickshire
(GB), hanno condotto uno studio di coorte su 100 soggetti selezionati per
essere rappresentativi di quel genere di pazienti identificati dai medici
di famiglia come portatori di disordini nevrotici. Per questa valutazione
sono stati utilizzati i criteri della mortalità, morbidità
ed uso del servizio sanitario.
Le conclusioni a cui sono giunti i ricercatori si sono riferite a 87
soggetti rintracciati sui 100 iniziali.
I dati raccolti hanno consentito di sostenere il punto di vista secondo
cui un disturbo nevrotico può diventare cronico ed è
associato con una maggiore mortalità per tutte le cause ed un maggiore
utilizzo delle strutture sanitarie. La metà dei soggetti ha avuto un andamento cronico del suo disturbo;
i disordini nevrotici cronici sono associati ad un più alto numero
di consultazioni riguardanti malattie fisiche; la gravità al momento
della diagnosi è il miglior criterio predittivo per l'andamento
successivo ed il futuro tasso di consultazione; i medici di famiglia dovrebbero
sviluppare sistemi per identificare e gestire efficacemente questi comuni
disordini mentali.
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