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Psicoterapia e Scienze Umane, 2001, XXXIV, 4

Psicoanalisi e filosofia: ricordo dell'opera di Nicholas Abraham

Carlo Bonomi

 
Carlo Bonomi, in una interessante relazione del gennaio 2000 a Parigi, in occasione del Primo Colloquio della "Associazione Europea Nicholas Abraham e Maria Torok", ripercorre succintamente la vita di Nicholas Abraham, ungherese trapiantato a Parigi, formatosi nell'ambito della fenomenologia francese allora permeata di impegno etico e politico, e lui stesso teso, verso la fine degli anni 1950, alla fondazione di una trans-fenomenologia. 
Allora era grande il dubbio se collocare la psicoanalisi tra le scienze della natura o dello spirito. Nel suo saggio sull'interpretazione del 1965, Paul Ricoeur aveva individuato la peculiarità della psicoanalisi nei termini di un discorso misto cause-ragioni, molto vicino alla trans-fenomenologia di Abraham. 
Condivisa, la convinzione che oggetto della psicoanalisi fosse una produzione del senso, non riducibile alla coscienza. Ma, mentre per Ricoeur erano le "metafore energetiche" a svolgere il ruolo di sabotatore interno, in quanto cause meccaniche avverse alla trasparenza del simbolo, secondo Abraham, la disgiunzione tra il senso e il senso è intrinseca al simbolo stesso, come al di là del fenomeno. 
Inoltre, a differenza di Ricoeur, lo psicoanalista ungherese si rifiuta di contrapporre oggettivismo e soggettivismo, fondando la struttura del simbolo sul trauma, che produce senso, mantenendo pure l'opacità del soggetto di fronte a se stesso, cioè sabotando il senso. 
Era il momento del riesame critico degli assunti del pensiero freudiano, con la cosiddetta "crisi della metapsicologia", in cui si tentava di rendere omogenei e coerenti i fondamenti della psicoanalisi. Si era giunti tuttavia al verdetto che "la metapsicologia è virtualmente morta" (Robert Holt, 1985). 
Il dibattito, sfociato in una impasse, aveva comunque contribuito a dissolvere uno degli assunti principali della metapsicologia,, di stampo positivista, il determinismo freudiano della vita psichica, con conseguente dissolversi della cornice teorica di stampo scientifico-naturalistico e dell' illusione oggettivista propria soprattutto della psicoanalisi medica statunitense degli anni 1950. 
Si era affermata invece l'idea che gli eventi mentali fossero in sé indefiniti, ambigui e continuamente ridefinibili (immagine molto simile a quella che Maurice Merleau-Ponty aveva della vita psichica; si tratta di un filone della fenomenologia francese cui si ispirano attualmente alcuni dei più innovativi AA americani, ponendo l'accento sull'ambiguità dei fenomeni psichici, sulla relazione e sul soggettività e intersoggettività). Da questo incontro con la filosofia, già con Abraham, la psicoanalisi usciva trasformata, ad esempio sulla questione del tempo. 
Da sempre, per Abraham è fondamentale la riflessione sul tempo nella psicoanalisi, proprio per il fatto che la psicoanalisi si muove costantemente in una dimensione temporale, senza esserne cosciente. Osserva l'A: "Ciò che viene dissolto da questo trattamento socratico è una certa sovrastruttura scientifico-naturalistica della psicoanalisi che dominerà incontrastata ancora per decenni. Dunque, il trattamento socratico di Abraham ha conseguenze che non sono molto dissimili da quelle della successiva crisi della metapsicologia. Ma fa anche qualcosa di più: consente l'emergere di un'immagine essenziale della psicoanalisi... Per identificarla ...due parole chiave: il simbolo e la sua origine - il trauma. Qui possiamo riconoscere l'originale idea di Freud del sintomo come "persistente simbolo mnestico" del trauma (Freud, 1897, p. 380)" (ibid., p. 87).
Come avviene questa trascrizione del passato nel presente?
Nel 1893, Freud e Breuer vedono il trauma come un corpo estraneo che esercita nel tempo un'azione causale diretta. Ma nel 1896 (Etiologia dell'isteria), e successivamente nel 1909, Freud paragona i sintomi isterici alle opere d'arte e ai monumenti, trascrizione nel presente di un evento passato. Tra le due cose non c'è un nesso causale, dato che, come la fenomenologia dimostra (vedi anche Jean Paul Sartre coi suoi studi sull'immaginario), il monumento, come l'immagine, è una forma della coscienza intenzionale, in particolare della sua struttura temporale: presentifica l'evento entro una coscienza di irrealtà. Questo però può essere patologico, qualora la persona trascuri il presente, e viva il passato come se fosse presente (fissazione). 
Abbandonata la prima concezione etiologica, Freud la sostituisce con un modello complesso in cui l'Io, al di là di una certa soglia di tolleranza della frustrazione, regredisce al punto di fissazione, e lì l'azione dinamica viene esercitata dalle pulsioni che, proprio in quel punto, erano state gratificate nel corso dello sviluppo infantile. Tuttavia, anche questo modello (peraltro abbandonato nella nuova formulazione dell'angoscia del 1924-26) fa ricorso a schemi meccanicisti, in cui la temporalità della cosa viene trasferita in quella psichica.
Ecco perché Abraham accusa la psicoanalisi di avere ignorato il tempo (Le temps, le rythme et l'incoscient, 1962); la psicoanalisi non si interroga sul tempo, anche se sempre rinvia ad una dimensione temporale.per esempio col concetto di simbolo. "L'avvento del simbolo è contemporaneo all'avvento dell'Ego, del Tempo e dell'Altro" (p. 40), scrive nel 1961, indicando questo luogo della simultaneità come l'origine pulsante della transfenomenologia. Che luogo è questo? ...è il punto in cui la psicoanalisi si incontra con la fenomenologia. O meglio, è il luogo che precede la loro separazione, è la matrice comune da cui psicoanalisi e fenomenologia si sono alienate l'una dall'altra: l'una perché non ha saputo riconoscere la struttura del simbolo, e l'altra perché ha ignorato il tempo" (ibid., p. 89).
Restituendo il tempo al simbolo, Abraham si propone di ricostruire questo luogo dell'origine.
Inizialmente, in questo progetto, ci si muove in una dimensione esistenziale, introdotta attraverso il tempo (vedi la tradizione esistenzialista della psicoanalisi di Rank e Lacan). 
Per Abraham (1961), il vivere è inevitabilmente traumatico, come si coglie nell'immagine del tempo, ritmica pulsazione di fusione e defusione della diade Io-Altro, o delusione di un desiderio inconscio insito nell'appagamento del desiderio cosciente (1962). Ma ogni pienezza del presente è impossibile, è inevitabile una delusione del desiderio inconscio soggiacente, l'attualità del presente non condurrà mai ad un appagamento definitivo. In tal modo, muta radicalmente lo stesso concetto di "desiderio inconscio", col riconoscimento di struttura generativa del tempo.
Qui Abraham pensa che trauma e conflitto abbiano la medesima struttura. Successivamente, egli opererà una differenziazione: al conflitto, ritmicamente pulsante e creativo, contrapporrà una concezione non conflittuale, ma statica del trauma. Pertanto, se un trauma può essere simbolizzato, viene riparato (1972). Invece, i traumi che si sottraggono ad una simbolizzazione creativa, sono come buchi nel tempo ( confronta le ultime ricerche di Nicholas Abraham e Maria Torok, 1978), un luogo oscuro e criptico nell'Io del segreto transgenerazionale, della vergogna disconosciuta e del fantasma.
Questi dispositivi di conservazione del trauma sono da comprendere come simboli rotti.

Ricordiamo qui che l'Association Européenne Nicholas Abraham et Maria Torok è stata fondata in occasione della morte di Maria Torok nel 1998, per promuovere lo sviluppo del pensiero e dell'opera di questi interessanti AA del fecondissimo ramo della psicoanalisi ungherese, e contribuire al divenire della psicoanalisi.
In chiusura, mi pare utile ancor oggi ripensare a quanto Abraham, con raro equilibrio e chiarezza, ebbe a scrivere nel 1987:" Le posizioni mistiche in psicoanalisi, come d'altronde le posizioni puramente tecniche, costutuiscono delle "resistenze" rispetto all'avvento di ciò che di radicalmente nuovo è inscritto nel procedimento freudiano e che deve realizzarsi in un mutamento rivoluzionario della cultura" (Abraham, L'écorce et le noyau, p. 31).

Carlo Bonomi, Borgo Pinti 87, 50121 Firenze, E-Mail <carlo.bonomi@unifi.it>
 

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