Tesi di Laurea di Giuseppe Dimitri
La ricomposizione familiare dal punto di vista dei figli del divorzio
Riorganizzazione delle relazioni familiari tra continuità e cambiamento
Le Famiglie Ricomposte
2.2. Evoluzione delle ricerche sulle famiglie ricomposte in Francia
Nei lavori sulle unioni coniugali successive alla separazione e/o al divorzio, si possono distinguere, secondo Iréne Théry (1993), a partire dal 1945, tre grandi orientamenti apparsi in epoche diverse, ma che coesistono conflittualmente nei nostri giorni.
L'orientamento della Step-family: è l'orientamento di ricerca più antico dominante negli anni '50-'60. Obiettivo principale dei ricercatori, per lo più sociologi, demografi o psichiatri, era quello di comparare il primo nucleo familiare con quello formatosi in seguito a secondi matrimoni, in termini di stabilità, riuscita, adattamento, serenità familiare, socializzazione dei figli, ecc.
Tuttavia le ricerche realizzate in quel periodo assumevano un campo d'indagine più ampio della step-family, così come è indicato dall'uso corrente del termine, poiché includevano nella definizione i nuovi matrimoni senza figli provenienti dalla precedente unione.
Per la maggior parte dei ricercatori che si sono occupati del "rimatrimonio", negli anni '50-'60, la differenza tra una famiglia classica ed una step-family consisteva nel fatto che in quest'ultimo caso un genitore sostitutivo veniva a rimpiazzare il genitore assente o deceduto. Bisogna anche notare che gli stessi ricercatori parlavano di "famiglia normale" e di "veri genitori" interpretando sistematicamente le differenze come devianze che confermavano continuamente il postulato (pregiudizio) secondo il quale le famiglie, formatesi in seguito ad un secondo matrimonio, sono delle pseudofamiglie e per tale motivo sono fonte di frustrazione, stress e difficoltà multiple. La famiglia ricomposta era vista come mancante, deviante rispetto a quella tradizionale. Questa visione dicotomica riduceva la nuova famiglia ad essere una copia imperfetta della famiglia nucleare, nata dalla sostituzione di un falso genitore all'unico considerato vero, quello biologico. In questo periodo la presenza di un genitore acquisito era accettata solo come conseguenza sfortunata, ma inevitabile, della vedovanza precoce: bisognava rimpiazzare il coniuge o genitore morto con una persona capace di assolvere ai compiti specifici del suo sesso, in una realtà familiare caratterizzata dalla rigida divisione dei ruoli. C'era un'intolleranza naturale verso i secondi matrimoni considerati un attentato all'ideale monogamico. Inoltre, in questo sistema, dove i tempi erano fissi e statici, non si verificava una sovrapposizione dello spazio domestico delle due famiglie, quella vecchia e quella nuova. Quindi, non essendoci integrazione tra le due, non si poteva parlare di famiglia ricomposta.
L'orientamento della Reconstituted Family: negli anni '70 il brusco aumento del tasso dei divorzi ha permesso e richiesto una trasformazione delle prospettive di ricerca. Appariva allora indispensabile descrivere e analizzare le caratteristiche dei membri della seconda famiglia, non accontentandosi più di cercare di situare quest'ultima sulla scala di riuscita e normalità, dove la famiglia nucleare unita occupava, a priori, la sommità.
Per "famiglia ricostituita" in questo periodo si intendeva quella composta dal genitore affidatario dei figli, dal suo nuovo/a partner (sposato o no) e dai figli stessi. Questa famiglia doveva definirsi progressivamente in relazione all'ex-coniuge, "spettro del passato", e la relazione tra il figlio e il nuovo partner era vista come fonte potenziale di disfunzioni. L'assunzione di questa definizione presupponeva che venisse presa come "norma" la struttura familiare costituita da padre, madre e figlio, e ci si auspicava che la famiglia ricostituita si avvicinasse il più possibile a questo modello "normale". "L'unica vera famiglia è quella nucleare", l'obiettivo era quello di reintegrare il modello conosciuto senza tenere veramente conto degli ex-coniugi. Il genitore acquisito veniva considerato il vero genitore dei figli. Con questa operazione si cercava di tirare una linea sul passato, per ripartire da zero. La famiglia ricostituita acquisiva una legittimità nuova: quella di reinserire le vittime di un conflitto coniugale nella "normalità sociale" come prova della loro capacità di superare la crisi scatenata dal divorzio. Tre principali approcci definivano in maniera diversa l'oggetto della ricerca:
1) un approccio sociologico indicava, al di là della distinzione giuridica, la famiglia ricostituita come comprendente sia le unioni legittime che quelle di fatto e, senza confonderle, si occupava soprattutto di definire ciò che le accomunava;
2) un altro approccio affermava che non tutte le coppie risposate potevano essere definite famiglie ricostituite, ma necessitavano, per essere considerate tali, che nel nucleo ci fossero figli nati dalle unioni precedenti dell'uno o dell'altro partner;
3) infine, un ultimo orientamento di ricerca era interessato alle differenti esperienze nelle famiglie d'origine, dal momento che il precedente filone di ricerca, incentrato sul confronto tra primo e secondo matrimonio, non aveva distinto i secondi matrimoni successivi al vedovaggio da quelli conseguenti al divorzio.
L'orientamento della Blanded Family: negli anni '80 il campo di studi si allarga considerevolmente sino ad inglobare l'insieme della rete che forma la "costellazione familiare" di cui i figli della prima unione sono parte integrante.
Contemporaneamente all'allargamento del campo di studi, che si estende dalla famiglia del genitore affidatario a quella del genitore non affidatario e alle parentele afferenti da entrambi, oltre che a quella di uno o di tutti e due i genitori acquisiti, si assiste all'assunzione di un nuovo centro di gravità. Oramai non è più a partire dalla nuova coppia che si definisce la famiglia ma a partire dai figli di entrambi, poiché è la loro circolazione nello spazio metafamiliare che delimita i confini della famiglia ricomposta. L'assunto fondamentale di questo approccio è che non si può immaginare il funzionamento di una famiglia ricostituita senza integrarla in un sistema più ampio. Allo stesso modo non si possono comprendere le dinamiche messe in atto in questo nucleo senza situarlo nel processo temporale che ha inizio ben prima della sua formazione. Per I. Théry (1993), il buon funzionamento della costellazione familiari ricomposta è strettamente connesso alla capacità di ridefinire i rapporti familiari, di coppia e genitoriali, presenti al suo interno, considerando non solo il presente ma anche, e soprattutto, il passato. Il considerare la dimensione temporale implica assumere un approccio sistemico alla situazione familiare. L'origine dei problemi non è più individuabile nella sola struttura della famiglia nata dal secondo matrimonio, ma in tutto un percorso temporale di ridefinizione dei legami familiari, percorso che può essere senza fine ma che, in certe condizioni, è possibile vivere in modo da rispettare l'identità e la storia personale di ognuno degli individui (Coleman e Ganong 1990)(1). In questi anni, l'interesse sociale e della ricerca si sposta quindi sui bambini e sulle loro relazioni con le figure importanti di accudimento, sui genitori biologici, conviventi e non con i figli, ed infine, sui genitori acquisiti. Inoltre, come fa notare I. Théry in: "Quels repères pour les familles recomposées?" (1995), dagli inizi degli anni '80 in poi, si è compreso che ciò di cui i bambini hanno più bisogno sono la stabilità e la continuità del rapporto con entrambi i genitori, soprattutto durante una fase così critica della vita familiare come quella della separazione e della successiva ricostituzione. Questo ha fatto sì che si passasse dal "polo della sostituzione" al "polo della perennità" nella rappresentazione del significato del divorzio e della ricomposizione. Secondo il primo polo (prevalente nelle ricerche degli anni '70), la famiglia ricomposta è la vera famiglia del bambino e deve imitare la famiglia nucleare classica attraverso la sostituzione di un genitore acquisito ad uno dei due biologici. Il genitore acquisito dovrebbe assumere la piena autorità parentale, portando così alla rottura del legame di filiazione con il genitore biologico. Al contrario, secondo il polo opposto della perennità, la separazione coniugale non deve comportare la cancellazione della famiglia di origine che è la sola "vera" famiglia per i figli. Quindi all'ideale "dell'indissolubilità della coppia" si sostituisce l'ideale della "famiglia indissolubile". L'utilizzo di termini come: "famiglia binucleare" e di "coppia genitoriale" che persiste alla dissoluzione dell'unità coniugale, implicano la sottostante idea che la famiglia non è definita dall'essere sposati, né dalla condivisione di uno stesso tetto, ma dai legami di sangue.
Secondo l'autrice, inoltre, la presa in considerazione dell'asse temporale in cui si colloca la famiglia contemporanea, significa trovare una via di mezzo, rimpiazzare la visione dicotomica: "genitorialità biologica" versus "genitorialità sociale", con una plurigenitoriale-coogenitoriale (genitore biologico, genitore psicologico o sociale e genitore domestico). Alle famiglie ricomposte è chiesto di conciliare due tempi che sembrano inconciliabili, quello coniugale del divenire e quello genitoriale della continuità. Esse devono ridefinire il tempo coniugale, riconoscendo che esso comporta anche elementi di continuità accanto a quelli di cambiamento. I due ex-coniugi devono accettare che dal momento che sono diventati genitori la loro separazione non sarà mai totale, la loro libertà mai interamente ritrovata e devono apprendere a restare genitori senza essere più una coppia. I nuovi coniugi, invece, devono riconoscere che il tempo della loro storia coniugale non inizia con il secondo matrimonio, non annulla il passato ma deve necessariamente integrarlo.
Per quanto riguarda il tempo genitoriale bisogna riconoscerne pure la componente dinamica, del cambiamento, e non solo quella della continuità. Entrambi i genitori devono prendere consapevolezza del fatto che nulla resta immutato e stabile e che l'assunzione di un ruolo non rende genitori senza che ci sia un reale e concreto rapporto con i figli. La genitorialità si gioca anche attraverso la capacità dell'adulto di situare il figlio nella propria storia, di rendergliela intelligibile e appropriabile, di inscrivere i vecchi e i nuovi legami all'interno di un processo di cambiamento che permette di superare le crisi d'identità determinate dalla separazione.
Possiamo dire, infine, che il cambiamento più importante, che ha riguardato la ricerca sulle famiglie ricostituite dagli anni '50 e'60 fino ad oggi, consiste nel passaggio da una prospettiva del deficit, in cui ci si preoccupava soprattutto di individuare la presenza dei fattori di rischio, alla più attuale prospettiva dell'adattamento, in cui ci si propone di osservare principalmente la presenza di fattori protettivi e conseguentemente delle risorse che possono facilitare lo sviluppo della famiglia e degli individui che la compongono.
1 Cit. in: M. T. Meulders-Klein e Iréne Théry, 1993: Les recompositions familiales aujourd'hui, Nathan.
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