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PSYCHOMEDIA
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Tesi di Laurea di Giuseppe Dimitri

La ricomposizione familiare dal punto di vista dei figli del divorzio
Riorganizzazione delle relazioni familiari tra continuità e cambiamento


Il difficile compito di divenire “Famiglia Ricostituita”

4.1. Fattori di stress/fattori di resilienza che intervengono durante il processo di ricomposizione familiare



Poiché la separazione viene ad essere vista sempre meno come un evento conclusivo della relazione e sempre più come un processo che ha un prima e un dopo e che influenza la qualità della riorganizzazione familiare nelle famiglie ricomposte, molti ricercatori si sono preoccupati di definire i fattori di rischio, che aumentano lo stress e rendono instabile l'unità familiare, oltre ai fattori di protezione che ne garantiscono la continuità.
Weiss 1975 sostiene che, per la famiglia con bambini, la separazione è un processo multifattoriale esteso che altera, ma non conclude, le relazioni intrafamiliari(42). La separazione è un processo che, se da un lato comporta la "disgregazione coniugale", implica altresì un delicato periodo di ridefinizione dei ruoli, delle interazioni e delle funzioni familiari, rappresenta cioè il punto di partenza di una vera e propria nuova fase evolutiva. Ciò che deve avvenire è una ristrutturazione nel temp, del sistema genitori-figli in un sistema monogenitoriale ed il sano sviluppo psicologico dei minori dipenderebbe dalla sua riuscita, dalla felice rinegoziazione di nuovi equilibri strutturali, funzionali e relazionali.
Per molti bambini il processo di separazione comporta una perdita iniziale e una condizione di grave disagio seguita da numerosi anni di attenzione incostante dei genitori e di relativa instabilità affettiva e relazionale.
Ernesto Caffo (1983) individua cinque fasi nel processo di separazione a cui parteciperebbero anche i figli: 1) la fase di vita familiare precedente la separazione dei genitori; 2) il processo di separazione stesso, gli eventi e le circostanze terminali ed il periodo immediatamente successivo; 3) il mutamento sociale economico e psicologico determinato dalla collocazione in un nuovo nucleo familiare ad un solo genitore; 4) la riorganizzazione, successiva alla separazione, delle relazioni parentali con il genitore affidatario e non affidatario; 5) la fase di formazione di un legame stabile, non necessariamente formalizzato, di uno o entrambi i genitori con un partner che spesso ha dei figli propri.
Ognuna di queste fasi può avere delle conseguenze a lungo e a breve termine per i bambini coinvolti, può interferire con la loro potenzialità evolutiva e può influenzarne il grado ed il ritmo dell'adattamento.
Secondo Donata Francescato (1994) incidono sui vissuti di post-separazione: il reddito disponibile, l'età in cui ci si separa, il sesso, la scolarità, il grado di istituzionalizzazione dell'unione che viene dissolta (matrimonio, convivenza, non convivenza), la presenza o meno dei figli, il tipo di rapporto con gli ex-partner, lo stato di benessere emotivo precedente la separazione, la qualità e la quantità dei rapporti con i propri genitori, le caratteristiche di personalità e le risorse interne degli individui coinvolti.
Barnes (1999), in un articolo sui fattori di rischio e di resilienza (la capacità del soggetto di reagire a fattori di stress e ad eventi perturbanti) sostiene che:

* poiché il divorzio non pone fine alla vita familiare, pur comportando dei cambiamenti nella sua struttura, nel caso in cui i figli mantengano una buona relazione con entrambi i genitori i potenziali effetti negativi di tale processo saranno mitigati;
* il protrarsi del conflitto tra i genitori oltre il divorzio ha degli effetti negativi sui bambini, particolarmente quando questi sono costretti ad assistere agli scontri o a prendervi parte. Per tale motivo, gli interventi miranti a ridurre il perdurare delle tensioni tra gli ex-coniugi e a diminuire il coinvolgimento dei figli in esse aumenterebbero, sin da subito, il benessere di quest'ultimi e, a lungo termine, avrebbero degli effetti positivi sia sul loro sviluppo, che sulla loro autostima;
* una soddisfacente relazione, stabilita con uno dei due genitori, può essere di importante sostegno nella fase in cui la relazione coniugale diviene conflittuale o quando l'altro genitore ha un cattivo rapporto con il figlio;
* l'instaurarsi di relazioni positive all'interno della fratria, possono essere considerate fonte di ricchezza e risorse per affrontare i cambiamenti connessi alla separazione genitoriale;
* la vicinanza emotiva degli altri membri delle famiglie estese, il supporto sociale proveniente dall'esterno del sistema familiare e le amicizie dei figli sono strettamente correlate ad un positivo adattamento dei bambini al divorzio;
* anche le esperienze scolastiche e, in particolare l'interesse e la sensibilità dimostrate dall'insegnante, sono importanti fattori di protezione per lo sviluppo dei minori coinvolti nel processo di separazione;
* infine, i bambini che sono capaci di parlare apertamente dei cambiamenti e degli adattamenti che hanno dovuto mettere in atto, nel corso della loro vita, sono maggiormente capaci di adottare strategie più efficaci per far fronte agli eventi destabilizzanti che la separazione e la eventuale successiva ricostituzione comportano. Questa consapevolezza è risultata essere la componente più importante della capacità adattativa dei figli del divorzio.

Rutter (1987) definisce "resilienza": «l'insieme delle differenti capacità di risposta, da parte degli individui, alle situazioni di stress o agli eventi particolarmente negativi»(43). Tuttavia, la resilienza non è un attributo fisso delle persone, queste, infatti, nell'arco della loro vita, possono modificare in meglio o in peggio, a seconda delle circostanze e del loro benessere psicofisico, la loro capacità di far fronte agli ostacoli e superare i problemi.
Garmezy revisionando le ricerche condotte sulla tolleranza dei figli allo stress ha individuato tre ampi insiemi di variabili che svolgono una funzione di fattori di protezione: 1) le caratteristiche di personalità come il senso di autostima; 2) la coesione familiare e l'assenza di conflitti; 3) la disponibilità di un supporto, esterno al sistema familiare, che incoraggi e rinforzi la capacità dei figli di reagire alle avversità.

Secondo Rutter (1987) diversi fattori interagiscono nel determinare il buon adattamento dei figli alla separazione e alla ricomposizione:
1) Il sesso: i maschi tendono più spesso delle femmine a sviluppare disturbi emotivi e del comportamento quando sono continuamente esposti al disaccordo familiare;
2) Il temperamento: i figli con caratteristiche temperamentali sfavorevoli come: una bassa capacità di regolazione, una scarsa adattabilità e un umore tendenzialmente negativo, sono più spesso bersaglio dell'ostilità genitoriale in quanto il loro difficile temperamento li rende facili capri espiatori.
3) Le relazioni genitori-figli: la presenza di una buona relazione tra genitori e figli riduce il rischio di disturbi psichiatrici nei figli, associati ad alti livelli di disaccordo familiare, e ne aumenta il senso di autostima.
4) La collaborazione tra i coniugi;
5) Una buona capacità di progettazione e di pianificazione .

Brown, Green e Druckman (1990), in una ricerca in cui mettono a confronto le famiglie divorziate con e senza figli, hanno trovato che risultano significativi, nel determinare il buon funzionamento di queste famiglie, fattori come: la relazione che si istaura tra genitori acquisiti e figli; la soddisfazione per il ruolo assunto dal genitore acquisito; il livello di conflitto famigliare ed il grado di complessità della struttura della famiglia ricomposta. Dallo studio della letteratura questi autori hanno individuato cinque variabili correlate con i livelli di stress e di disfunzione delle famiglie ricostituite:
1) La chiarezza circa il ruolo assunto dal genitore acquisito nel nucleo ricostituito: il ruolo che deve svolgere il genitore acquisito è di solito ambiguo poiché non ci sono regole o norme che lo definiscano come nel caso del genitore biologico. Ciò determina numerosi problemi riguardanti le modalità di interazione e l'educazione e la cura dei figli nelle famiglie ricostituite, soprattutto se si considera che i figli, il genitore biologico e quello acquisito hanno aspettative differenti circa quale sia il ruolo che quest'ultimo deve assumere all'interno del nuovo nucleo familiare (Bohannan & Erickson, 1978; Fast & Cain, 1966; Visher & Visher, 1978a, 1978b)(44);
2) La gestione del conflitto tra i componenti della famiglia ricomposta: Marotz-Baden et al,. (1979)(45) hanno trovato che alti livelli di conflitto e tensione familiare sono spesso associati ad un più lento sviluppo e ad una minore riuscita dei figli di queste famiglie rispetto a quelli di altre tipologie familiari;
3) La gestione del conflitto all'interno della coppia ricostituita: Emery (1982) sostiene che sia il conflitto coniugale, più che la separazione in se, a determinare i disturbi nello sviluppo della prole che spesso si trovano associati al divorzio. La bontà dell'adattamento dei piccoli è direttamente proporzionale alla capacità dei genitori di attenuare l'ostilità, di contenere la rabbia e di non trascinare i figli nel conflitto. Il grado di disfunzione delle famiglie ricostituite può quindi dipendere dalla maggiore o minore intensità degli scontri tra i nuovi partner. L'aumento del conflitto o la pseudomutualità (mito d'armonia) che comporta la negazione e l'evitamento degli scontri, sono spesso associati alla paura di incorrere in un nuovo fallimento;
4) Il superamento del senso di perdita della famiglia d'origine: questo processo, che dalla letteratura che si è occupata della ricostituzione familiare è stato definito "divorzio emotivo" , è considerato come uno stadio aggiuntivo del ciclo di vita familiare la cui parziale risoluzione è spesso associata a disturbi di carattere clinico nei figli (Ransom et al., 1979; Visher & Visher, 1979)(46).
5) La qualità dei rapporti che intercorrono tra gli ex-coniugi dopo la separazione: le ricerche condotte sulle famiglie ricostituite non sono state ancora in grado di chiarire se esiste una significativa connessione tra il conflitto genitoriale e la comparsa di disturbi di carattere psicologico nei bambini. Tuttavia Lutz, (1983)(47) afferma che intervistando i figli adolescenti questi hanno riferito che il conflitto tra i loro genitori biologici è la fonte principale di stress nel ciclo vitale delle famiglie ricomposte. Hetherington et al., 1977, osservando le modalità di organizzazione delle famiglie in cui la madre risulta essere affidataria di figli in età prescolare a due anni dal divorzio, hanno trovato che la capacità di occuparsi dei bambini da parte della madre è strettamente connessa a due variabili: l'aiuto ricevuto nell'accudimento della prole da parte dell'ex-marito e la sua collaborazione alla loro educazione.

Infine riportiamo quelli che, secondo le ricerche di Visher J. S. e Visher E. B. (1990)(48), sono i fattori che determinano il successo delle famiglie ricomposte, nel senso che tutti i membri del sistema familiare si dimostrano soddisfatti:
1) l'elaborazione della perdita: per ricostituire una famiglia è necessario, oltre ad aver portato a termine la separazione dalla famiglia originaria, che: sia la perdita del coniuge o del genitore che si è allontanato da casa, che quella dei miti familiari e delle aspettative legate al passato che permettono di investire nel presente e nel futuro, siano state elaborate. La ricomposizione familiare necessita quindi di maturare un senso del Noi in un altro gruppo familiare che deve confrontarsi ed integrarsi a livello reale e rappresentazionale con altri gruppi familiari.
2) l'assunzione di aspettative realistiche: è uno dei fattori più importanti nel differenziare le famiglie ricostituite con successo da quelle in difficoltà. Ogni membro deve divenire consapevole di far parte di un tipo diverso di famiglia in cui:
* gli adulti e i bambini si incontrano e si trovano a dover convivere mentre sono in posizioni diverse del ciclo vitale individuale, di coppia e familiare;
* i legami genitori/figli precedono, anziché seguire, la formazione della coppia;
* c'è un genitore biologico che vive in un'altra casa o nella memoria;
* gli adulti ed i bambini hanno rapporti con i partner di precedenti relazioni;
* i figli si muovono tra due famiglie;
* i genitori acquisiti non hanno relazioni legali con i figli del coniuge;
* c'è consapevolezza della necessità di un certo tempo (almeno 2-4 anni) perché si realizzi la costruzione di una famiglia unita.
Il fattore tempo sembra essere quello più frequentemente implicato nelle situazioni di disagio delle famiglie ricostituite, infatti, non sempre il tempo che gli adulti lasciano passare, prima della ricostituzione, coincide con quanto necessario ai figli. La consapevolezza dell'importanza del tempo può aiutare le persone a confrontarsi costruttivamente e con continuità con il processo di cambiamento.
3) la solidità della nuova coppia: Visher J. S. e Visher E. B. (1990) hanno rilevato che nelle famiglie ricostituite con successo la coppia è molto unita e riesce ad avere una "luna di miele in mezzo alla folla". Infatti anche nelle situazioni migliori in cui non emergono gravi conflitti è comunque più difficile per la nuova coppia dedicarsi tempo e spazio, soprattutto all'inizio, in quanto uno o entrambi i partner sono impegnati nell'assolvere ai ruoli genitoriali, limitando cosi la possibilità di definire un confine tra lo spazio della coppia e quello della famiglia. Tuttavia gli studi di Brown, Green, Druckman, (1990)(49) hanno rilevato che, a differenza di ciò che avviene nelle famiglie tradizionali, la relazione di coppia non risulta essere un predittore sufficientemente attendibile del buon funzionamento della ricostituzione. Capita infatti, che essa possa essere soddisfacente anche quando le relazioni tra genitori acquisiti e figli acquisiti è disfunzionale e fonte di disagi.
4) La ridefinizione di nuovi rituali familiari: ciascun matrimonio tra un uomo e una donna comporta un matrimonio tra due famiglie che hanno una diversa storia, una diversa visione del mondo, un diverso stile nell'esprimere l'affetto e nel comunicare, e diverse modalità di ritualizzare i momenti significativi della propria vita. Il processo di integrazione, che la coppia è chiamata a mettere in atto nei primi anni di matrimonio, comporta l'individuazione di nuovi modelli che l'aiutino a definire una nuova identità familiare. Sulla base di tali premesse Visher J. S. e Visher E. B. (1990)(50) evidenziano la necessità delle famiglie ricostituite di stabilire "rituali costruttivi". Ciò riguarda sia i riti e le tradizioni familiari, che devono essere integrate o nuovamente definite, sia l'identificazione di rituali che segnano i momenti evolutivi di passaggio come il matrimonio, il battesimo, l'entrata in famiglia di nuovi figli. Tuttavia, non sempre chi costituisce, dopo una separazione o un divorzio, una nuova famiglia è consapevole dell'importanza per i figli di condividere tali momenti attraverso i riti.
5) Lo sviluppo di buone relazioni tra genitori e figli acquisiti: Visher J. S. e Visher E. B. (1990)(51) nelle loro ricerche hanno trovato che quando il genitore acquisito ha sviluppato inizialmente una relazione amichevole con i figli del partner, lasciando che ad occuparsi della funzione educativa fosse esclusivamente il genitore biologico e ha raggiunto un accordo con quest'ultimo su tale distinzione di ruoli, vengono stabilite relazioni tra genitori acquisiti e figli soddisfacenti. Il ruolo del genitore acquisito deve restare comunque flessibile e non si deve sovrapporre a quello del genitore biologico. Il figlio a tutte le età, in modo diverso e con diversità di genere, deve adattarsi a questa nuova figura facendo riferimento ai problemi legati al conflitto di lealtà rispetto al genitore non convivente, o al conflitto edipico riattivato dalla presenza di ruoli parentali non ben definiti che rimettono in discussione il fantasma del tabù dell'incesto.
6) La collaborazione tra le figure adulte: gli adulti non dovrebbero essere ostili e competitivi gli uni con gli altri, ma cooperare nell'interesse dei figli.
Secondo Visher e Visher (1996) esiste una coalizione parentale quando, nel rispetto dei confini tra i diversi nuclei familiari, tutti gli adulti, compresi i nuovi partner che non portano con se i figli avuti da precedenti matrimoni o che per la prima volta si trovano ad assumere la funzione allevante, si riconoscono nell'interazione derivante dal lavoro comune per il progetto di crescita dei figli. Questa cooperazione è stranamente connessa al tipo di separazione, alle modalità con cui è stata elaborata, al fatto se sia avvenuta o meno la ricostituzione da parte di ambedue gli ex coniugi di un nuovo nucleo familiare, al livello socio-culturale. E' stato osservato che se gli adulti riescono a definire, nella fase della famiglia monogenitoriale, una coalizione parentale, essa può essere estesa con profitto anche alle nuove figure allevanti. Tuttavia, perché si giunga alla realizzazione di una coalizione parentale si devono compiere i seguenti passaggi evolutivi:
a) devono essere definiti i confini delle nuove coppie;
b) si deve raggiungere la consapevolezza che tutte le figure genitoriali sono importanti per i figli;
c) devono essere accettati i ruoli appropriati per i genitori acquisiti;
d) e bisogna essere disponibili a condividere il potere e la responsabilità relativi all'allevamento dei figli con gli adulti presenti in altri nuclei familiari.
Invece, i compiti di sviluppo che la famiglia deve affrontare con l'esterno riguardano:
7) Il mantenimento dei rapporti con i genitori non conviventi;
8) Il mantenimento dei rapporti con la parentela (nonni, zii, ecc.);
9) Lo sviluppo di nuove relazioni con la famiglia estesa dei genitori acquisiti.
A tale proposito sta sempre più diventando interessante studiare, secondo la prospettiva degli attaccamenti multipli, come nella famiglia ricomposta ci siano, oltre ai genitori, altri adulti significativi in grado di legare delle relazioni affettive che possono essere considerate fattori di protezione piuttosto che di rischio. Come afferma Chiara Lalli, infatti: « i bambini che vivono in famiglie ricomposte hanno possibilità di confrontarsi con modelli culturali differenti, sperimentano le diversità caratteriali e di abitudini, hanno un punto di vista privilegiato sulla complessità dei rapporti affettivi e coniugali, giocano al mondo reale»(52).


Note:
42 Cit in: CAFFO E.,1983, a cura di:, Bambini divisi: i figli dei genitori separati. Atti delle terze giornate di studio promosse dall'Associazione Italiana per la Prevenzione dell'Abuso all'Infanzia.
43 In termini più clinici D. Marcelli ( "Psicopatologia del bambino" 1999) definisce la resilienza come: "la resistenza alla patologia da parte di alcuni soggetti di fronte a particolari fattori di rischio, che può avere origine da una competenza propriamente intrinseca al soggetto o da fattori ambientali di protezione o di resistenza alla patologia".
44 Cit. in: Brown A. C., Green R., Druckman J., A Comparison of Stepfamilies With and Without Child-Focused Problems, American Journal Orthopsychiatric, 60 (4), Ottobre 1990
45 Ibidem
46 Ibidem
47 Ibidem.
48 Cit, in Mazzoni S., 1999: Le famiglie separate: problematiche e interventi , all'interno di: Manuale di psichiatria e psicoterapia, Lalli N., 1999 Liguori Editore.
49 Cit, in Mazzoni S., Le famiglie ricostituite: considerazioni generali e proposte di intervento, in: Malagoli Togliatti M., Montanari G., 1995: Famiglie divise, Franco Angeli, Milano
50 Cit, in Mazzoni S., Le famiglie separate: problematiche e interventi , all'interno di: Manuale di psichiatria e psicoterapia, Lalli N., 1999 Liguori Editore.
51 Ibidem.
52 Chiara Lalli, La solitudine di un infanzia normale, in: Mazzoni Silvia, 2002: Nuove costellazioni familiari: Le Famiglie Ricomposte, Giuffré, Milano.


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