Tesi di Laurea di Giuseppe Dimitri
La ricomposizione familiare dal punto di vista dei figli del divorzio
Riorganizzazione delle relazioni familiari tra continuità e cambiamento
Capitolo 7 - Metodologia della ricerca
7.3. Strumenti
7.3.1. Il test del disegno della famiglia: rilevazione delle rappresentazioni familiari
Abbiamo ritenuto opportuno somministrare il Test del Disegno della Famiglia (DdF) a soggetti giovani-adulti e adulti di età compresa tra i diciannove e i trentasette anni, pur essendo consapevoli che tale tecnica viene abitualmente usata quando si ha a che fare con bambini o con gli adolescenti, sia perché lo riteniamo un modo efficace di indagare il concetto di famiglia anche a questa età, come lo dimostrano gli studi di Castellazzi (1996) che ha utilizzato questo test per la psicodiagnosi di soggetti adulti; sia perché ci siamo limitati a valutare la rappresentazione familiare in termini di inclusione/esclusione dei personaggi, lasciando da parte l'interpretazione a livello grafico e formale.
Il Test del Disegno Della Famiglia è stato ideato nel 1967 da Corman allo scopo di indagare il tipo di relazioni che i bambini o gli adolescenti instaurano con gli altri membri della famiglia e le problematiche che essi vivono nei confronti del gruppo in generale e/o di alcune persone in particolare. Poiché il disegno è un mezzo di libera espressione, il disegnare una famiglia, in particolare, permette al bambino di proiettare all'esterno le tendenze rimosse nell'inconscio e ci rivela così i sentimenti veri che prova per i suoi familiari. Secondo quest'ottica psicodiagnostica il DdF farebbe emergere il quadro del mondo rappresentazionale interno dell'esecutore del disegno, quale risultato dell'interazione con le figure più significative dal punto di vista emotivo (madre, padre, fratelli) che sono state per lo più interiorizzate nei primi anni di vita e che sono alla base dei successivi rapporti intra ed extra-familiari di ogni individuo.
Secondo Castellazzi (1996) l'utilizzo della tecnica del DdF come tecnica psicodiagnostica proiettiva consente di evidenziare:
* l'immagine che il soggetto ha di sé e la sua collocazione all'interno del nucleo familiare;
* le relazioni oggettuali che ha interiorizzato nel corso dello sviluppo e che determinano la qualità del rapporto con gli altri membri della famiglia e dei rapporti interpersonali in genere;
* i conflitti, più o meno acuti, che ha vissuto o che tutt'ora continua a vivere nei confronti dell'intero sistema familiare o di alcuni suoi membri in particolare ed i meccanismi di difesa che contro di essi mette in atto.
Quindi, il soggetto che esegue il disegno, di fatto finirebbe per rappresentare la sua famiglia secondo il modello relazionale inconscio che ha progressivamente interiorizzato e strutturato durante lo sviluppo, più che il quadro cosciente che ha di essa. Questo test consente perciò, sempre e comunque, di focalizzare il reale vissuto familiare, quello che inconsciamente determina l'immagine di sé, le relazioni con gli altri, il posto ed il ruolo che ogni membro effettivamente riveste al suo interno e non quello che coscientemente, e spesso in funzione difensiva, viene declamato. Il presupposto teorico di base è che il bambino, rappresentando graficamente una famiglia, riporta sul disegno quelle che sono le immagini interne che ha dei suoi genitori: il risultato di un processo di internalizzazione delle figure genitoriali e delle relazioni familiari.
Zavattini G.C., Tambelli R. e Mossi P. (1995) considerano, alla stessa maniera dell'approccio proiettivo, il disegno come una forma di "comunicazione", il che implica che: «il bambino per realizzare una rappresentazione efficace non si attiene ad una copia fotografica della realtà, né se ne discosta completamente ma la distorce e la deforma». E' in questo senso che il Disegno della Famiglia può essere considerato come un modo personale di concepire la vita familiare relativamente stabile, anche se non fisso, ed in evoluzione rispetto alle dinamiche affettive che mutano nella transizione da uno stadio all'altro del ciclo vitale. Il bambino nel suo elaborato grafico, proietterebbe le sue "relazioni interiorizzate", di natura fantasiosa, associate e influenzate dal modo in cui egli stesso percepisce gli oggetti reali esterni. Il disegno sarebbe l'espressione della sua personale concezione della vita familiare, una mappa interna che raccoglie e integra tutte le immagini mentali e le disposizioni relazionali familiari.
Bisogna abbandonare la concezione dicotomica che vede il disegno come la rappresentazione della famiglia reale o della famiglia immaginaria e comprendere che esso si colloca a metà strada tra le due. Ogni bambino, infatti, di fronte al compito di disegnare una famiglia agirà tenendo inconsciamente in considerazione sia il vissuto che deriva dalla reale esperienza relazionale, con i vari membri della sua famiglia, sia le fantasie interne che si è creato attorno ad essi.
Per quanto riguarda la consegna da dare al soggetto sottoposto al DdF Corman (1967), ipotizzando che la proiezione delle tendenze soggettive potesse venire limitata dalle censure dell'io, ha ritenuto opportuno domandare al soggetto non più di "disegnare la sua famiglia", ma di "disegnare una famiglia di sua invenzione", pensando che tale accorgimento potesse ridurre l'influenza del "principio di realtà" e/o dei meccanismi di difesa. Anche Castellazzi (1996) e Zavattini e Tambelli (1995) concordano che la formula di consegna più appropriata sia: «Disegna una famiglia», oppure «Disegna una famiglia di tua invenzione». Obiettivo di questo linguaggio è quello di stimolare il soggetto a distaccarsi il più facilmente possibile dalla realtà concreta, sollecitandolo a rifarsi all'immagine interna della propria famiglia.
Nella nostra ricerca ci siamo rifatti al Test del Disegno della Famiglia proposto da Tambelli, Zavattini, Mossi (1995) i quali considerano "il disegno della famiglia come una costruzione non nei termini di una pura espressione di fantasie inconsce indifferenti all'esperienza delle relazioni reali, ma come l'espressione di un meccanismo più fluido dei cicli di proiezione e introiezione in cui gli oggetti interni, o meglio, le relazioni interiorizzate di natura fantastica, vengono costantemente proiettati sul mondo esterno e percezioni reali del modo esterno si mescolano alle immagini proiettate". Il bambino attraverso il disegno si rappresenterebbe in relazione alle figure che contano di più nella sua vita.
Solitamente chiediamo all'intervistato di poterci sedere ad un tavolo in maniera d'avere una comoda base d'appoggio e facciamo in modo che chi di noi due deve condurre l'intervista si posizioni di fronte ad esso, sia per poter mantenere un contatto visivo continuo e diretto con l'intervistato, sia, nel caso del test del disegno, per poterne osservare le modalità d'esecuzione; mentre, chi svolge il ruolo di osservatore assume una posizione più defilata in modo da non generare particolare ansia. Una volta che ci siamo accomodati, forniamo al soggetto un foglio bianco A4 e una matita ben temperata e gli chiediamo: «disegna una famiglia», lasciando che egli scelga liberamente di disegnare una famiglia immaginaria, la sua famiglia originaria, quella formatasi in seguito alla ricostituzione o una famiglia ideale. Non vengono stabiliti limiti di tempo né particolari indicazioni o restrizioni su come e chi disegnare; si rilevano solamente, durante l'esecuzione, l'ordine di apparizione dei personaggi disegnati, il tempo impiegato per la realizzazione e gli avvenimenti importanti che accadono in quel frangente.
Nel momento in cui l'intervistato dichiara di aver completato il disegno gli si rivolgono delle domande sull'elaborato al fine di poter poi procedere ad una interpretazione il più possibile corretta, attraverso il confronto tra la famiglia proiettata nel disegno e quella anagrafica in termini di omissione/aggiunta di personaggi. Le domande di base che sono state rivolte, assumendo una certa elasticità (vedi appendice: Scheda del Test del Disegno della Famiglia), sono:
- Dove si trovano i personaggi disegnati?
- Cosa fanno?
- Chi sono? (indicazione del ruolo)
- Come si chiamano?
- Che età hanno?
- Chi vorresti essere?
- Chi manca?
- Chi è il più felice? e perché?
- Chi è il più triste? e perché?
Il fine ultimo per cui abbiamo scelto di adottare questo strumento è cercare di individuare delle tipologie rappresentative di base, che ci aiutino a capire quale sia il punto i vista e quali le percezioni che i figli di genitori separati e ricostituiti hanno della propria famiglia a livello strutturale. Per tale motivo abbiamo preso come riferimento la ricerca di Gross (1978), il quale servendosi di un intervista semistrutturata, somministrata direttamente ai figli al posto del DdF, ha indagato la loro rappresentazione familiare, in termini di inclusione ed esclusione dei personaggi. L'autore ha individuato quattro principali tipologie di rappresentazione familiare da parte dei figli:
1) Modalità Conservativa: i bambini, che presentano una rappresentazione conservativa della loro famiglia, includono in essa entrambi i genitori anche se questi vivono in case differenti, rimanendo così attaccati ad una visione classica della famiglia, ed escludono a priori i genitori acquisiti. Secondo Gross questi figli, che costituiscono il 33% del campione da lui esaminato, risultano avere buoni rapporti con il genitore non convivente, con cui mantengono frequenti contatti, mentre non hanno un rapporto positivo con il genitore acquisito.
2) Modalità Sostitutiva: è caratteristica di quei figli che escludono dalla propria famiglia il genitore biologico non convivente, sostituendolo con quello acquisito dello stesso sesso. La famiglia corrisponderebbe in questo caso all'insieme degli individui che coabitano sotto lo stesso tetto. I soggetti appartenenti a questa categoria (il 13 % del campione), per lo più femmine, sembrano aspettarsi che la nuova famiglia si configuri come nucleare e che i rapporti genitore acquisito/figli acquisiti debbano emulare quelli tra un genitore biologico e i suoi figli. Nonostante ciò Gross (1978) sottolinea che in realtà anche se il genitore acquisito viene incluso all'interno del nucleo familiare non è vissuto a tutti gli effetti come un genitore.
3) Modalità Riduttiva: i bambini che ricorrono a questa tipologia rappresentativa (il 25 % del campione) tendono a considerare come facenti parte del proprio nucleo familiare solo il genitore biologico convivente, o solo quello non residente nella stessa casa, e in alcuni casi possono non considerare nessuno dei due come membri della propria famiglia. Di solito i ragazzi di questo gruppo appartengono a famiglie con tempi di ricomposizione molto brevi e tendono ad avere rapporti negativi con i nuovi partner del genitore.
4) Modalità Aggiuntiva: nel 28 % dei casi. Questa modalità si differenzia dalle altre per la capacita dei soggetti di integrare e allargare il proprio concetto di famiglia in modo che il genitore acquisito non viene più né escluso da essa, né considerato un sostituto di quello biologico assente. Secondo questa visione l'aggiunta di un membro all'interno della famiglia consente al figlio stesso un accesso ad un numero maggiore di risorse e tipologie relazionali. Questa tipologia rappresentativa sembrerebbe indicare la permanenza di una forte relazione con il genitore biologico non convivente e la capacità dell'intervistato di costruire un buon rapporto con il genitore acquisito pur non sostituendolo al genitore non residente.
7.3.2. Il genogramma: rilevazione delle configurazioni relazionali
Il genogramma è una specie di albero genealogico molto più dettagliato, generalmente limitato alle ultime tre generazioni. Esso si differenzia dall'albero genealogico soprattutto perché quest'ultimo mette in evidenza una situazione modificabile soltanto da eventi anagrafici quali: le nascite, le morti e i matrimoni dei membri della famiglia; eventi che non intaccano il criterio fondamentale dell'appartenenza. Il genogramma, invece, poiché tiene conto oltre che del ruolo istituzionale, che gli individui assumono nell' ambito del sistema familiare, di quello individuale, il modo in cui gli individui ricoprono e interpretano il ruolo a loro assegnato, pur partendo sempre dalla enunciazione dei dati anagrafici accoglie anche i "membri parafamiliari" come parte integrante del sistema. A tal proposito Ollié-Dressayre J. e Merigot D. (2000) parlano di Genogramma Immaginario e lo considerano come una tecnica attraverso la quale l'individuo si rappresenta, non attraverso la descrizione della famiglia oggettiva dello stato civile, ma attraverso una continua proiezione, su coloro che lo circondano e sono per lui persone significative, dell'impronta lasciata dalla propria storia e dalla configurazione familiare. In altri termini, per questi autori, il genogramma elaborato dall'individuo sarebbe: «una rappresentazione attualizzata della propria famiglia di appartenenza cosi come è da questo attualmente vissuta, comprendente anche le persone dell'entourage, che siano vive o morte, che si tratti di amici o di colleghi di lavoro o di membri della propria famiglia di origine». E' un modo di rilevare come le persone si costruiscono, attraverso la condivisione della quotidianità, una famiglia in cui i rapporti sono principalmente di tipo affiliativo. In altre parole, la struttura familiare quale appare dal genogramma non rispecchia soltanto i ruoli istituzionali dei componenti della famiglia, ma, oltrepassando il concetto dell'appartenenza attraverso i vincoli di sangue, può includere i membri parafamiliari, cioè quelle persone che hanno rivestito o rivestono, nel ciclo vitale della famiglia, un'importanza affettiva e funzionale che può corrispondere ad un ruolo istituzionale, come nel caso, per esempio, del nuovo compagno della madre.
Silvana Montàgano (1989), invece, definisce il genogramma come: "una forma di rappresentazione dell'albero genealogico che registra informazioni sui membri di una famiglia e sulle loro relazioni nel corso di almeno tre generazioni. Esso mette in evidenza graficamente le informazioni della famiglia, in modo da offrire una rapida visione di insieme dei complessi patterns familiari."
Il genogramma focalizzando l'attenzione sulle relazioni e sulla funzionalità del sistema familiare ne presenta un'immagine che è allo stesso tempo attuale, storica ed evolutiva. L'attualità di questo strumento deriva dal fatto che esso permette di guardare, secondo una prospettiva che fa riferimento al presente, al significato che possono avere nel qui ed ora le vicende che hanno riguardato più generazioni. La sua storicità dal fatto che nel momento in cui la memoria diviene attuale, ci permette di individuare le linee portanti che hanno guidato i comportamenti di un singolo individuo e/o del suo sistema familiare. Mentre, l'aspetto evolutivo del genogramma consiste nel fatto che la rilettura della propria storia familiare, che questo strumento consente al soggetto, porta ad una riappropriazione di elementi significativi e al recupero di una più attenta memoria storica, che può permettergli, una volta divenuto cosciente, di elaborare per sé, sulla base di tutti gli elementi acquisiti, un migliore progetto di vita.
Il genogramma è uno strumento che finora è stato utilizzato principalmente dalla terapia familiare o di coppia. Questa tecnica tende a visualizzare le rappresentazioni interne che della famiglia hanno i singoli individui; inoltre è usata come momento di chiarificazione delle tematiche relazionali; come mezzo per sbloccare la comunicazione all'interno del gruppo familiare o per coinvolgere l'intero sistema nel processo terapeutico.
Murray Bowen, nella sua pratica clinica, si serve del genogramma per individuare le strutture triangolari presenti in una famiglia, il loro modo di evolversi o di ripresentarsi da una generazione all'altra. La possibilità di rilevare le alleanze o distanze relazionali gli permette di valutare il grado di "fusione emozionale" o di "disintegrazione" esistente tra i membri di una famiglia e di programmare un appropriato intervento terapeutico(80). Attraverso lo studio di alberi genealogici di diverse famiglie, risalenti a periodi dai cento ai trecento anni, egli ha evidenziato l'analogia di certi processi, individuando una trasmissione di caratteristiche familiari, da lui definite "modelli di base generalizzabili", da una generazione all'altra, che lo hanno portato a considerare la malattia psichica come il risultato di un processo plurigenerazionale che trova la sua origine in una scarsa o manchevole differenziazione del Sé nell'ambito familiare.
McGoldrick e Gerson(81), invece, pur operando nella corrente di ricerca iniziata da Bowen, non si riferiscono al concetto di differenziazione del Sé, ma, nella loro analisi dei genogrammi, si preoccupano soprattutto di identificare le "ridondanze" che si osservano nelle storie familiari, per evidenziare le modalità di risposta agli eventi vissuti da almeno tre generazioni. Essi, mediante l'utilizzo di un questionario molto preciso e dettagliato, si sono posti l'obiettivo di schematizzare il genogramma e di mettere in evidenza gli elementi passibili di quantificazione.
Al contrario Ellen Wachtel(82) si serve del genogramma come uno strumento per fare emergere i sentimenti delle persone e la loro interpretazione soggettiva della realtà; non lo considera solo come un metodo per raccogliere informazioni oggettive, ma anche come una tecnica proiettiva che ci consente di tracciare una specie di mappa dell'inconscio. Secondo questa accezione terapeutica il genogramma offrirebbe la possibilità di far rivivere il proprio passato, di suscitare emozioni, di far emergere elementi rimossi o rimasti in ombra nel contesto delle relazioni con la famiglia di origine, permettendo la scoperta e la ridefinizione di eventi nodali e dei nessi che li collegano. Tale strumento consentirebbe al soggetto di rileggere e ridefinire la propria storia, giungendo ad una presa di coscienza che non investe soltanto la sua persona, ma soprattutto le relazioni al centro delle quali egli si è trovato nel corso della vita. Infine, Hof L., Barman E., affermano che la tecnica del disegno del genogramma permetterebbe di organizzare il materiale, conservandone una visione più distaccata e facilitandone uno sguardo più obiettivo e razionale, ed offrirebbe la possibilità di calibrare le emozioni con il procedere del racconto(83).
Anche il tempo trova spazio all'interno del genogramma in quanto questo strumento ci consente di mettere in relazione un "prima" ed un "dopo", la generazione precedente con quella/e successiva/e. Esso e presente sia sull'asse verticale dell'alternarsi generazionale e della sequenzialità degli eventi critici che hanno scandito la storia di una costellazione familiare, sia sull'asse orizzontale dove vengono riportati i fatti e gli avvenimenti riguardanti i membri di una stessa generazione. Il primo, che potremmo definire l'asse del tempo familiare, consente di avere una sintesi del percorso evolutivo della famiglia allargata, e si incrocia con il secondo, l'asse del tempo generazionale, che fornisce uno spaccato degli eventi che riguardano gli individui di una stessa generazione, della loro successione o del loro presentarsi contemporaneamente.
Questa modalità rappresentativa della struttura familiare ci consente di tenere costantemente in considerazione che ogni nuova unione è frutto dell'incontro della storia e della cultura delle famiglie di origine dei due coniugi. Infatti se assumiamo come prospettiva di lettura quella dell'asse familiare, che dall'alto della generazione dei nonni scende verso il basso, dove viene riportata la generazione dei figli, si può notare come la confluenza dei vecchi nuclei familiari nei nuovi tenda a complessificarsi, in particolar modo nel caso della ricomposizione, assumendo la forma di un imbuto dall'imbocco sempre più capiente che grava sulle spalle dei figli.
La costruzione del genogramma procede attraverso la raccolta di informazioni e la loro codificazione in uno schema grafico che consente di ordinarle in forma sintetica, completa ed essenziale. Esso ci fornisce un rapido quadro d'insieme della struttura familiare e ci consente di materializzarne le caratteristiche in una rappresentazione, senza dover fare delle semplificazioni che potrebbero deteriorare la qualità delle informazioni. Tuttavia oltre ad una funzione descrittiva il genogramma sembra poter assolvere ad una funzione evolutiva in quanto consentirebbe al soggetto di prendere consapevolezza delle proprie origini e dei percorsi, attraversati nell'arco della vita, da lui e dalla famiglia ed individuarne gli elementi di ciclicità.
Nella nostra ricerca abbiamo scelto di utilizzare il genogramma al fine di costruire, con l'aiuto dell'intervistato, un chiaro quadro della sua costellazione familiare, mettendo particolare attenzione nel rilevare informazioni circa gli eventi critici, le modalità di riorganizzazione, gli equilibri o i disequilibri creatisi in questa costellazione a partire dalla separazione abitativa dei genitori. Intenzionalmente abbiamo scelto di non dilungarci nell'approfondimento della storia familiare, limitandoci, per quanto riguarda la generazione dei nonni a rilevare solamente i dati anagrafici (nome, età ed eventuale data di morte). Pur consapevoli di rinunciare in questo modo a importanti informazioni sulla storia familiare e sul ripresentarsi ciclico, tra le generazioni, delle modalità relazionali, abbiamo ritenuto opportuno non rischiare di restare intrappolati dal ritorno del passato, considerando i ridotti tempi dell'intervista.
In particolare abbiamo chiesto all'intervistato di: "aiutarci a costruire una specie di albero genealogico in cui vengono inseriti tutti i membri della famiglia, considerando tutti coloro che hanno un certo legame familiare". Partiamo dal rappresentare l'intervistato/a e i suoi genitori biologici. Inseriamo poi i fratelli germani(84), gli attuali partner dei genitori con gli eventuali fratelli acquisiti(85) o nuovi nati dalla/e coppia/e ricostituita/e. Successivamente passando dalla linea orizzontale a quella verticale, generazionale, rappresentiamo le famiglie di origine dei genitori e, per quanto possibile, dei loro nuovi partner. Dopo aver delineato l'architettura complessiva dell'intera costellazione familiare, chiediamo all'intervistato di identificare i singoli membri specificando per ognuno il nome, l'età, il genere e la professione. Chiediamo successivamente al soggetto di indicarci il tipo di relazione che c'è tra i vari membri: filiazione, semplice frequentazione, convivenza, matrimonio, separazione, divorzio. Vengono inserite anche le date dei matrimoni, delle separazioni, dei divorzi, delle nuove unioni, distinguendo l'inizio della relazione/convivenza dai successivi matrimoni, quelle delle eventuali morti e di altri eventi ritenuti critici e significativi dall'intervistato. Per ultimo viene chiesto al giovane adulto di aiutarci ad evidenziare nuovi nuclei familiari che si sono formati dalla separazione-scissione del nucleo originario, facendo particolare attenzione nel distinguere quelli monogenitoriali da quelli ricostituiti.
Per quanto riguarda la realizzazione grafica del genogramma (si veda l'esempio di fig. n. 6) abbiamo scelto di utilizzare dei simboli, per indicare i membri del sistema familiare e delle linee per rappresentare le relazioni esistenti tra di essi. Ogni soggetto di sesso maschile viene rappresentato graficamente con un quadratino celeste, mentre, se di sesso femminile con un cerchio rosa. Al centro di ogni quadrato o cerchio vengono riportate le età; al di sotto i nomi dei soggetti; sopra, a destra del simbolo, le professioni (fig. n. 1).
Nel caso di morte il simbolo viene crociato e, al di sopra di esso, è riportato l'anno della morte, mentre al suo interno l'età del soggetto al decesso (fig. n. 2).
Invece, per distinguere l'individuo da noi intervistato, dagli altri membri, abbiamo utilizzato due quadratini concentrici, se maschio, e due cerchi concentrici, se femmina (fig. n. 3).
Per quanto riguarda le linee, che definiscono il tipo di relazione esistente tra due individui, abbiamo utilizzato una linea orizzontale tratteggiata per indicare un rapporto di semplice frequentazione o convivenza (fig. n. 4a) mentre, una linea orizzontale continua per quello matrimoniale (fig. n. 4b). Due lineette parallele messe di traverso su questa linea orizzontale stanno a significare che i coniugi sono separati o divorziati. Il rapporto di filiazione invece viene rappresentato con una linea verticale discendente dalla linea orizzontale di relazione tra due individui di sesso opposto della generazione precedente (fig. n. 4b).
Per raffigurare l'ordine di nascita tra fratelli, abbiamo rappresentato i fratelli maggiori alla sinistra del soggetto preso in esame, mentre alla sua destra i minori.
Le date relative all'inizio della relazione, della convivenza, all'anno del matrimonio, della separazione o del divorzio sono riportate in rosso sulla linea che definisce il tipo di relazione tra i due individui (fig. n. 4b).
I nuovi partner vengono disegnati in ordine di comparsa prendendo come punto di riferimento il centro del diagramma e spostandosi orizzontalmente verso i margini laterali del foglio (fig. n. 5).
Per evidenziare i membri appartenenti ad uno stesso nucleo familiare, che si è venuto a formare dopo la frammentazione di quello originario, li cerchiamo con una linea tratteggiata nera; mentre con una linea continua, più spessa e di colore rosso raggruppiamo i soggetti che fanno parte di una famiglia ricostituita. Infine, se la linea rossa e spessa è tratteggiata individua un nucleo familiare ricostituito che a sua volte si è sciolto (Fig. n. 6).
Nella nostra ricerca il genogramma risulta essere il punto di partenza per la costruzione della rappresentazione del ciclo vitale delle famiglie dei soggetti intervistati.
7.3.3. L'intervista: sul ciclo vitale delle famiglie ricomposte
Un altro strumento di cui ci siamo serviti è l'intervista ai figli del divorzio. Nostro obiettivo è quello di rilevare attraverso il racconto degli intervistati gli eventi critici e le fasi che hanno caratterizzato il percorso evolutivo della ricomposizione familiare. Questa prospettiva narrativa ci dovrebbe permettere di avvicinarci alle famiglie ricomposte lungo una dimensione diacronica, ripercorrendo attraverso la loro narrazione, le decisioni più importanti, i dubbi, gli eventi principali che hanno accompagnato le transizioni, le aspettative iniziali, le difficoltà e le risorse utilizzate per superarle.
Il testo è stato da noi elaborato a partire da un modello di intervista alla coppia ricostituita, sperimentato in un precedente lavoro di ricerca diretto dalla Dott.ssa Silvia Mazzoni. In questo caso non abbiamo semplicemente riproposto ai figli le domande, che prima venivano indirizzate alla coppia, ma ci siamo preoccupati di capire, attraverso una riflessione critica e lo studio della letteratura, se tali domande potessero essere a questi rivolte e se avessero un reale valore informativo.
Oltre che per individuare le tappe evolutive ed i fatti che caratterizzano, secondo i figli, il ciclo vitale di una famiglia ricomposta, l'intervista è stata costruita in modo tale da poter fare un confronto tra gli eventi e le fasi critiche, riportate spontaneamente dagli intervistati in una prima parte aperta dell'intervista, e gli eventi e le fasi critiche che la letteratura considera proprie del ciclo di vita nelle famiglie ricostituite, sul presentarsi o meno delle quali abbiamo indagato nella parte semistrutturata dell'intervista. Infine si è inteso rilevare il grado di consapevolezza interazionale che consentirebbe all'individuo di riferirsi ad una rappresentazione mentale di ciò che accade tra le persone potendo così assumere oltre alla propria posizione personale anche quella dell'altro o degli altri (Byng Hall J. 1995)(86).
Il modello dell'intervista così ottenuto (vedi appendice) è stato fatto argomento di discussione, all'interno del nostro gruppo di lavoro, ed è stato più volte corretto e modificato dopo un ulteriore analisi della letteratura e la prova di somministrazione, realizzata con un nostro collega proveniente da una realtà familiare ricomposta, ma anche grazie agli importanti consigli e suggerimenti, derivati dall'esperienza clinica, della Dott.ssa S. Mazzoni. Successivamente siamo passati a una fase di training alla somministrazione, realizzando delle simulate durante le quali ciascuno di noi alternativamente assumeva il ruolo di intervistatore e quello di intervistato, volta a limitare, il più possibile, l'interferenza dello stile personale di chi somministra l'intervista. Riteniamo, inoltre, che nel corso delle ventuno interviste, tutte positivamente portate a termine, abbiamo maturato una discreta abilità nella somministrazione e una sensibilità all'ascolto, che, superate le prime incertezze e rigidità, ci hanno permesso di far sì che si creasse tra noi e l'intervistato un clima disteso e di fiducia, indispensabile alla buona riuscita dell'intervista, senza risultare intrusivi ed evitando, per quanto possibile, che le nostre attese ed i nostri pregiudizi divenissero i nostri risultati.
Non avendo a disposizione degli spazi adatti, la maggior parte delle interviste si sono svolte in casa degli intervistati. Nonostante i disagi a livello organizzativo, che ciò ha comportato, abbiamo notato che è risultato molto più facile, per i soggetti chiamati a rivisitare un periodo della loro vita così profondamente coinvolgente dal punto di vista emotivo, poterlo fare in un ambiente a loro familiare e meno invasivo.
Abbiamo scelto di registrare l'intera intervista con un audioregistartore in modo da poter prestare piena attenzione al racconto dell'intervistato e poter mantenere con questo un continuo dialogo non solo a livello verbale ma anche prossemico e gestuale. L'uso del registratore ci ha consentito inoltre di non perdere dati importanti e di trascrivere successivamente l'intera intervista, a vantaggio di una maggiore oggettività dei dati.
Per correttezza i soggetti del nostro campione venivano da noi informati, al momento del contatto, nella gran parte dei casi telefonico, che avremmo fatto uso del registratore e rassicurati sull'anonimità dell'intervista.
Come già precedentemente accennato l'intervista da noi realizzata si divide in tre parti: la prima, contiene due domande aperte a cui il soggetto è chiamato a rispondere molto liberamente; la seconda parte, quella semistrutturata, delle domande con alternative di risposta, ed infine, la terza contiene due domande che indagano le rappresentazioni che i figli del divorzio hanno del ruolo del/i partner del genitore e dei diversi nuclei familiari di cui fanno direttamente o indirettamente parte.
a. L'intervista aperta
In questa parte dell'intervista indaghiamo su due periodi del percorso evolutivo di una famiglia ricomposta:
* quello che inizia con la separazione abitativa dei genitori biologici e termina con la presentazione del/i nuovo/i partner ai figli;
* quello che, partendo da questa presentazione, giunge fino ai giorni nostri.
Del primo periodo indaghiamo sul vissuto dei figli al momento in cui si è realizzato il passaggio dalla famiglia unita, nucleare, a quella separata binucleare. Invece, in riferimento al secondo periodo ai soggetti viene chiesto di raccontare il processo di ricostituzione familiare, le tappe che lo hanno scandito, i cambiamenti che ha comportato a livello strutturale, relazionale ed affettivo.
Nostro obiettivo è indagare i vissuti, le memorie, gli avvenimenti che hanno caratterizzato la storia familiare dell'intervistato, gli adattamenti richiesti dalla ricostituzione e il grado di consapevolezza che di questi hanno maturato.
Con la prima domanda chiediamo ai soggetti di ricordare e raccontare: a) i principali fatti accaduti che hanno richiesto un particolare adattamento o che da loro sono stati vissuti come significativi; b) gli ostacoli incontrati per affrontarli e superarli; c) le risorse di cui hanno potuto beneficiare e d) il clima emotivo che ha accompagnato i singoli eventi relativi al primo periodo. Le stessa richiesta è stata fatta, con la seconda domanda, in riferimento però all'intervallo di tempo che va dalla presentazione ai figli del partner fino ad oggi, pensando cosi di poter raccogliere sufficienti informazioni relativamente all'arco di tempo, più o meno ampio, che intercorre tra la separazione e il presente della ricomposizione.
Più volte ci siamo trovati ad intervistare soggetti i cui genitori hanno avuto più esperienze di ricostituzione. In questi casi la seconda domanda veniva ripetuta per ogni episodio ricostitutivo lasciando che fossero i soggetti a scegliere di soffermarsi a raccontare di più dell'uno o dell'altro.
Abbiamo fatto molta attenzione, in questa parte dell'intervista, a non fornire esempi di eventi, fatti o ostacoli che, secondo noi, i figli di famiglie divise e ricomposte dovrebbero aver vissuto. Questo perché è nostra intenzione rilevare ciò che i giovani adulti e adulti hanno vissuto e vivono come tappe critiche del percorso evolutivo nel contesto della loro particolare costellazione familiare, e confrontarlo con quanto indicato dalla letteratura e dal senso comune.
b. L'intervista semistrutturata
In questa parte dell'intervista indaghiamo sulle fasi e sugli eventi critici che, secondo quanto indicato dalla letteratura, scandiscono il processo di ricomposizione familiare, e sulle modalità di affrontare i compiti di sviluppo. Nostro obiettivo è rilevare se effettivamente queste fasi e questi eventi sono vissuti come critici e necessari di profondi adattamenti, dai figli del divorzio che hanno preso parte alla ricomposizione familiare, tenendo sempre in considerazione gli eventi principali, gli ostacoli incontrati nel superarli, le risorse ed il clima emotivo di cui essi ci hanno riferito nella parte aperta dell'intervista.
Per ciascuna delle trentatre domande sono state elaborate più alternative di risposta tra cui l'intervistato è chiamato a sceglierne una, o dove lo ritenesse opportuno più di una (vedi appendice). E' stata anche data la possibilità di integrare le risposte nel caso in cui quelle da noi proposte non fossero considerate sufficientemente esplicative della propria esperienza e del proprio vissuto.
Le fasi del ciclo vitale della famiglia ricomposta su cui abbiamo indagato in questa parte dell'intervista sono:
1) Presentazione dei nuovi partner e dei rispettivi familiari: chiediamo: quali criteri sono stati adottati dal/i genitore/i per la presentazione, ammesso che sia avvenuta, ai figli e ai familiari del/i nuovo/i partner; se il genitore, prima della presentazione, ha chiesto o meno all'intervistato e ai suoi fratelli se fossero disponibili a fare questa conoscenza; come si sono organizzati i rapporti con i parenti acquisiti (nonni, zii, cugini, acquisiti) del partner della madre e/o della partner del padre; quale è la modalità di denominazione adottata per rivolgersi direttamente, e quando si è in presenza di terze persone, al nuovo compagno e/o alla nuova compagna del genitore.
2) Presentazione e organizzazione della fratria: si chiede agli intervistati se è avvenuta, e in che modo, la presentazione dei figli delle precedenti unioni dei nuovi partner dei genitori; se, secondo il loro punto di vista, i propri genitori abbiano o meno tenuto conto delle differenze di età e dei bisogni che si sarebbero venuti a creare all'interno della fratria; se si sono presentati, e tra chi, all'interno del gruppo dei figli, dei problemi, delle alleanze o dei conflitti; come questi sono stati gestiti dagli adulti, e da cosa sia dipesa la formazione degli eventuali sottogruppi all'interno della fratria.
3) Convivenza stabile/occasionale: passiamo poi ad interrogare il soggetto sulle modalità d'inserimento del/della partner del genitore biologico nel nucleo familiare convivente di cui lui è parte e/o nel nucleo familiare dove convive solo occasionalmente; se lui e i suoi fratelli sono stati resi partecipi della decisione di iniziare questa convivenza e in che modo ciò è avvenuto; se ha percepito dei cambiamenti, e di che genere, nel rapporto con il proprio genitore dall'inizio della sua relazione con il nuovo partner; se gli spazi della casa, dove convive stabilmente o occasionalmente sono stati modificati per favorire il consolidarsi della relazione e l'inserimento della nuova figura adulta e se nel nucleo di convivenza occasionale esistono degli spazi appositamente allestiti per accogliere i figli non residenti. Infine gli chiediamo di indicarci quali sono le abitudini familiari e i rituali che caratterizzano la famiglia ricostituita del padre e/o della madre come un gruppo.
4) Coalizione parentale: indaghiamo se è avvenuta la presentazione del/i nuovo/i partner agli ex-coniugi (chi è stato presentato a chi?) e in che modo; se si e costituita una relazione collaborativa tra tutte le figure adulte in merito alla educazione e alla gestione dei bisogni dei figli; se ci sono state delle occasioni, e quali, in cui gli intervistati hanno sentito che sarebbe stata necessaria o desiderabile la presenza di tutti gli adulti significativi. A conclusione di questa parte relativa alla coalizione parentale domandiamo di indicarci chi decide e comunica le regole all'interno della famiglia in cui l'intervistato convive stabilmente e in quella in cui convive solo occasionalmente, e se quest'ultimo ha difficoltà a condividerle e rispettarle o a riconoscere l'autorità delle figure adulte.
5) Nuove nascite: relativamente a questo evento domandiamo se nelle famiglie ricostituite si sono verificate nuove nascite o se i propri genitori desiderano avere un figlio con l'attuale compagno/a. Nel caso in cui, nei nuclei ricostituiti dai genitori, siano già nati "nuovi figli", al soggetto viene chiesto se è stato informato dell'arrivo del nuovo "fratello/sorella", in che modo, quale è stata la sua reazione all'evento e come questa è stata gestita dalla nuova coppia. Anche in questo caso rileviamo se l'intervistato ha avuto la sensazione che ci sia stato un cambiamento nel rapporto con il genitore biologico immediatamente dopo questo evento; se pensa che la nuova coppia abbia considerato e rispettato le differenze legate all'età e ai bisogni che si sarebbero create nella fratria e se gli spazi della casa sono stati modificati per accogliere il nuovo nato. Infine poniamo tre domande con le quali al soggetto viene chiesto un parere su: quale effetto potrebbe avere la nascita di un figlio sulla nuova coppia ricostituita; sul perché le coppie ricostituite sceglierebbero di avere un figlio proprio e sui cambiamenti che tale figlio potrebbe determinare a livello dell'intera costellazione familiare.
6) Matrimonio: a conclusione della parte semistrutturata rileviamo: se si è verificato o meno l'evento rimatrimonio nel nucleo ricostituito paterno e/o in quello materno; i tempi e le motivazioni che hanno portato a questa scelta e se c'è stato o meno il consenso degli intervistati e di altri parenti stretti.
c. Rappresentazione della famiglia e dei suoi componenti
Il ruolo ideale/reale del partner del genitore nei confronti del figlio acquisito
In questa parte dell'intervista abbiamo voluto rilevare quale è il ruolo che il nuovo partner di un genitore dovrebbe assumere a livello ideale nei confronti dei figli delle precedenti unioni dell'altro e quale è quello effettivamente assunto, al fine di fare un confronto e definire meglio l'indefinita figura di "genitore acquisito". In entrambi i casi abbiamo chiesto alle persone di scegliere, all'interno di una lista di possibili definizioni di ruolo, una adatta a descrivere tale rapporto. Nel caso in cui il soggetto desiderasse scegliere più di una gli si concede di indicare al massimo tre, mettendole in graduatoria di priorità. Nello stilare la lista dei possibili ruoli del genitore acquisito abbiamo preso spunto dalla ricerca di Mark Fine (1997) e abbiamo suggerito le seguenti definizioni:
* zio;
* amico;
* lontano parente;
* insegnante;
* consigliere;
* conoscente;
* genitore;
* secondo genitore;
* nemico/antagonista;
* parente;
* altro.
Caratteristiche positive e negative del nucleo familiare originario, di quello ricostituito o monogenitoriale materno e di quello ricostituito o monogenitoriale paterno
Essendo interessati a studiare le rappresentazioni familiari dei figli del divorzio, che hanno fatto l'esperienza della ricostituzione, chiediamo all'intervistato di elencare una o più caratteristiche positive, e, nel caso in cui ci siano state, una o più caratteristiche negative della propria famiglia d'origine. La stessa richiesta viene ripetuta per il nucleo ricostituito dalla madre e/o dal padre, o per il nucleo monogenitoriale di uno dei due genitori.
Concludiamo l'intervista chiedendo al soggetto di dirci quali consigli o avvertimenti darebbe, sulla base della sua esperienza, ad una copia intenzionata a separarsi e ai loro figli. Ci proponiamo in tal modo di valutare la sua capacità di elaborare la propria esperienza in senso propositivo, ipotizzando che questa possa sottintendere che egli abbia raggiunto una consapevolezza degli adattamenti che l'intero sistema familiare, e lui in particolare, hanno dovuto compiere per far fronte ai cambiamenti richiesti dalla ricomposizione.
Note:
80 M. Bowen, 1979: Dalla famiglia all'individuo: la differenziazione del sé nel sistema familiare, Astrolabio, Roma.
81 McGoldrick e Gerson, cit, in Montagano, Pazzagli, 1989: Il genogramma teatro di alchimie familiari, Franco Angeli, Milano.
82 Wachtel E, 1982, Cit. in: Andolfi, Addazi, 1988: La famiglia trigenerazionale, Bulzoni Editore, Roma.
83 Hof L., Barman E., 1986, cit in: Andolfi, Addazi, La famiglia trigenerazionale, op. cit.
84 Fratelli germani: I fratelli biologici che condividono entrambi i genitori.
85 Fratelli acquisiti: I figli provenienti dalle precedenti relazioni del/della partner del genitore biologico
86 Cit. in Lalli N. 1999: Manuale di psichiatria e psicoterapia, op. cit.
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