Tesi di Laurea di Laila Fantoni
Il minore sessualmente abusato: vicende processuali e trattamento terapeutico
Capitolo V - Una storia vera
9. Sentenza del 14/11/2001
Al padre di Sara viene contestato di aver, con più azioni esecutive di un medesimo disegno criminoso, compiuto atti sessuali e di essersi congiunto carnalmente con la figlia, con l'aggravante di aver commesso il fatto nei confronti di persona che non ha compiuto gli anni sedici.
L'accusa afferma la penale responsabilità dell'imputato e chiede la condanna alla pena di anni otto di reclusione.
La difesa chiede l'assoluzione dell'uomo con formula piena o in via subordinata ai sensi dell'art. 530 comma 2 c.p.p.
Il collegio giudicante considera il racconto di Sara come veritiero e ritiene che «siffatto giudizio non può certo essere minato da osservazioni concernenti particolari di scarsa rilevanza, su cui la difesa ha inteso insistere (del tipo: come poteva Sara sfilare le lenzuola dal suo letto se altre persone in casa provvedevano a questo incombente e lei neppure sapeva usare la lavatrice?). Trattasi di fatti che nella vita quotidiana non sono certo oggetto di costante osservazione.
Privo di qualsivoglia riscontro è anche l'assunto della difesa secondo cui la persona offesa avrebbe dichiarato il falso ripetutamente, costruendo il suo "impianto accusatorio" nei confronti del padre, mossa da sentimenti di vendetta nei confronti dell'uomo, ritenuto colpevole di aver ostacolato il rapporto esistente tra lei ed il ragazzo albanese, cui la stessa era legata. Determinante ad avviso della difesa sarebbe la lettera indirizzata dalla minore a Ruly, che dimostrerebbe senza dubbio alcuno il rancore di Sara nei confronti del padre e la cosciente volontà di vendetta che piano piano andava facendosi strada in lei. Un passo in particolare sembra confermare tutto ciò: "Tutto ciò che volevo eri tu, ma non mi hanno permesso di vivere in pace con te ed io ho cominciato a comportarmi così per fargliela pagare a mio padre e a mio fratello".
Ebbene, ferma restando la necessità di leggere il predetto passo nel contesto della lettera tutta in cui lo stesso è inserito, non può condividersi la tesi difensiva (avendo questa estrapolato le specifiche parole dal contesto in cui esse erano inserite), in quanto si ritiene che con tali parole la minore intendeva piuttosto esprimere il proprio disagio esistenziale, il proprio stato di confusione, il suo senso di smarrimento di fronte a certe istintive emozioni ritenute confliggenti con quel sincero sentimento d'amore che provava nei confronti di Ruly. (...)
Inoltre gli esiti della consulenza ginecologica non smentiscono il quadro accusatorio. Il consulente ha confermato quanto dedotto nella relazione, dichiarando che la minore era adusa al coito e che l'inizio della sua attività sessuale, al momento della visita, risaliva almeno a tre anni prima. Significativo è questo particolare se si pensa che i rapporti sessuali con il ragazzo albanese risalgono solo ad un anno prima della visita ginecologica e che Ruly è l'unico uomo, oltre al padre, con cui Sara si è unita sessualmente.
In considerazione di quanto detto, deve affermarsi la penale responsabilità dell'imputato in ordine ai reati in contestazione.
In considerazione della sua incensuratezza possono essergli concesse le circostanze attenuanti generiche, da ritenersi equivalenti alla contestata aggravante.
Ed invero, la particolare gravità del fatto, contrario alle regole fondamentali della morale e l'assenza nell'imputato di qualsivoglia forma di pentimento non consentono di assegnare al dato formale dell'incensuratezza un peso prevalente rispetto all'aggravante contestata. Deve comunque riconoscersi l'unicità del disegno criminoso, in considerazione dell'omogeneità delle violazioni, dell'identità della persona offesa e dell'immediata continuità temporale in cui gli eventi si sono succeduti.
Tanto premesso, valutati gli indici di cui all'art. 133 c.p., stimasi congrua la pena di anni otto e mesi sei si reclusione. (...)
Si applicano all'imputato le pene accessorie ex art. 609-nonies c.p., nonché si dichiara l'interdizione legale del medesimo ex art. 32 comma 3 c.p. per la durata della pena inflitta.»
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