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PSYCHOMEDIA
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Tesi di Laurea di Roberta Ganzetti

GAETANO BENEDETTI: IL SIMBOLO E LA STRUTTURA
DELL'INCONTRO NELLA TERAPIA DELLE PSICOSI


IL SIMBOLO IN PSICOANALISI


"In ambito psicoanalitico il simbolo rientra nella categoria dei segni, in quanto esiste un rapporto costante e attraverso l'interpretazione, individuabile tra il simbolo e il simbolizzato."(1)
Per Freud il simbolo consiste in una idea concreta, di solito una rappresentazione visiva, che viene usata come sostituto per un'altra che invece appartiene all'inconscio. Si tratta di una identificazione stabile basata su un elemento che l'idea inconscia e l'elemento simbolico hanno in comune. Le idee inconsce rappresentate dal simbolo sono soggette a rimozione e non hanno nessuna possibilità di emergere alla coscienza se non per mezzo del simbolo, il quale, tuttavia, una volta formato è indipendente dai fattori individuali che lo hanno generato e diviene così rigido. "Freud coglie l'essenza del simbolo nel rapporto costante tra l'espressione manifesta di un sogno, di un lapsus, di un sintomo ed il suo riferimento latente reperibile a livello inconscio."(2) Per l'interpretazione dei simboli esistono due vie: la prima si basa sulle associazioni di colui che sogna e la seconda, nell'interpretazione propriamente detta dei simboli attraverso un codice che si impegna a costruire; in ciò si distingue da C. G. Jung che privilegia l'inesauribilità del materiale simbolico.
A tal proposito si è espresso anche il prof. Benedetti nella prima delle sei conferenze dal titolo "Struttura e funzione del sogno alla luce della psicoterapia", tenute nel luglio del 1992 a Verona, presso l'Ospedale "Villa Santa Giuliana", di cui era direttore il prof. Giorgio M. Ferlini.
"Prima di rivolgermi a questi due fenomeni della simbolizzazione e della confrontazione desiderio, anzitutto, una discussione sulla prima psicoanalisi di cui metto in dubbio tre cose:
a) Il concetto che il pensiero manifesto del sogno è di importanza secondaria di fronte al pensiero cosiddetto latente, che ricostruisce l'istintualità;
b) Il concetto che è possibile una oggettivazione dei simboli che sia indipendente dall'interpretazione che di essi dà il soggetto stesso;
c) Il concetto che il principio di piacere della soddisfazione istintuale sia il motore principale dei sogni.
E ancora si legge: "L'oggettivazione dei simboli era un'illusione della prima psicoanalisi, di quella che voleva essere una scienza naturale. Essa sperava, secondo le parole di stesse di Freud, di pervenire alla conoscenza dei simboli complici, con la stessa oggettività con cui Champollon era arrivato alla decifrazione dei geroglifici egiziani.
Benedetti giustifica tali affermazioni alla luce del suo lavoro con i pazienti psicotici nella cura dei quali si è reso conto del fatto che il significato dei sogni dipende anche da colui che riceve i significati, da come, quindi, il terapeuta " definisce il campo semantico entro cui si cristallizza, come soggetto transizionale, il significato del sogno".
Freud definisce il simbolo come un'eredità filogenetica: sapere originario precedente allo sviluppo del linguaggio individuale(3); d'altra parte, però, considera la funzione del simbolo un processo arcaico del pensiero, una "disposizione mentale" ponte tra la pulsione, l'affetto e gli oggetti, "costruzione psichica che si articola nelle vicende relazionali.
I simboli esprimono, per Freud, sempre reazioni di odio e di amore del bambino nei riguardi dei suoi primi oggetti istintuali. Essi rappresentano gli organi e le attività corporee che mettono in rapporto i genitori con il bambino e rappresentano anche le fantasie e i desideri infantili che non possono essere mai soddisfatti. Nell'opera di Freud il simbolo come eredità filogenetica si integra nella concezione di una funzione simbolica riferibile all'ontogenesi. Si può, però, notare la valenza semantica della lettura simbolica di Freud che riduce il simbolo a "segno di processi istintivi elementari"(4) in linea con l'esigenza esplicativo- riduttiva delle scienze naturali a cui è ancorato.
Come già accennato, la distinzione tra segno e simbolo è netta in C. G. Jung. Significato simbolico e semeiotico sono cose, a suo parere, completamente diverse. Il simbolo presuppone che l'espressione scelta sia la migliore indicazione o formulazione possibile di un dato di fatto relativamente sconosciuto, ma la cui esistenza è riconosciuta o considerata necessaria. Un'espressione proposta per una cosa nota rimane sempre un mero segno e non costituirà mai un simbolo(5). In pratica, Jung, nega che quelli che vengono considerati simboli da Freud, lo siano veramente. Poiché essi provengono dalla coscienza individuale e quindi la hanno già attraversata e sono conosciuti, non sarebbero simboli, ma soltanto segni. I simboli veri, invece, provengono secondo Jung, dall'inconscio collettivo, derivano dalla vita dell'universo e non dalla vita dell'individuo. L'individuo non li ha mai conosciuti e, per questo, sono inesprimibili. Quindi, mentre per Freud i simboli sono spiegabili causalmente, il simbolo per Jung è un fattore teleologico, finalistico, che non può essere appreso causalmente e determinato a-priori; esprime sempre qualcosa di ambiguo e di per sé scarsamente comprensibile.6 La conseguenza della diversa impostazione di Freud e di Jung è che, per il primo, il simbolo ha significato rivelatore di ciò che non è ancora conoscibile, per l'altro, è una maniera di permettere la manifestazione di ciò che non è permesso di conoscere.
Sono riscontrabili due modalità di rinvio che, per Freud va dal simbolo al simboleggiato, dal senso manifesto a quello latente, "dal campanile al fallo", mentre, per Jung va "dal senso presente ad una ulteriore partecipazione di senso a cui l'incompiutezza del senso presente rinvia".(7)
Ogni uomo è simbolo, diceva Platone nel Convivio, "tessera dell'uomo totale...tensione verso una totalità assente, ma richiamata dall'incompiutezza di senso della situazione presente".
Distinguendo tra simbolo e segno Jung può in parte fuoriuscire dall'ordine esplicativo delle scienze naturali per portarsi sul piano dei significati che è proprio delle scienze umane fenomenologicamente fondate per le quali il simbolo porta in sé il suo significato: il simbolo è espressione.

Note:

1) GALIMBERTI U., Dizionario di psicologia, UTET, 1994.
2) GALIMBERTI U., Dizionario di psicologia, UTET, 1994, p.878
3) FREUD S. (1915-1917) "Introduzione alla psicoanalisi". OSF, vol. 8. "La relazione simbolica, mai insegnata al singolo ha i requisiti per venire considerata un'eredità filogenetica". p. 368
4) JUNG C. G., "La funzione trascendente", in Opere, Boringhieri, Torino, 1969, volVIII. p.89
5) JUNG C. G., "Tipi psicologici", (1921), in Opere, Boringhieri, Torino, 1969, vol VI.
6) JUNG C. G., "Spirito e vita" (1926), in Opere, Boringhieri, Torino 1969, vol. VIII. p.360-361. "Per simbolo io non intendo affatto un'allegoria o un semplice segno... Un simbolo non abbraccia e non spiega, ma accenna, al di là di se stesso, a un significato ancora trascendente, inconcepibile, oscuramente intuito, che le parole del nostro attuale linguaggio non potrebbero adeguatamente esprimere".
7) UMBERTO GALIMBERTI, "Psichiatria e fenomenologia", Feltrinelli, Milano, 1996.


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