Tesi di Laurea di Roberta Ganzetti
GAETANO BENEDETTI: IL SIMBOLO E LA STRUTTURA
DELL'INCONTRO
NELLA TERAPIA DELLE PSICOSI
IL SIMBOLO DISCHIUDE MOLTEPLICI POSSIBILITA' ESISTENZIALI...
"Mentre la coscienza razionale risolve la realtà nella relazione soggetto-oggetto, dove per soggetto si intende l'orizzonte concluso dell'Io, e per oggetto la totalità del reale completamente risolta nella sua datità, la coscienza simbolica, spezzando la clausura di questa relazione, si propone di recuperare l'esistenza dal suo dissolvimento nelle ragioni dell'Io, e la realtà dal suo smarrimento nell'opacità del dato non più rinviante.(1)
La coscienza simbolica rappresenta la possibilità per l'uomo di oltrepassare l'oggettività del dato, le cose abbandonano quell'identità in cui la ragione invece le fissa e si concedono al regno dell'ambivalenza, dell'ambiguità. Due modalità, quella razionale e quella simbolica che caratterizzano modi diversi di conoscere e di leggere la realtà.
La coscienza simbolica presuppone l'abbandono della situazione raggiunta dalla ragione, l'abbandono di un terreno sicuro in favore di un percorso che offre solo "cifre da decifrare" (U. Galimberti), simboli che richiamano distanze, dove nessun sapere è rassicurante ossia perfettamente organizzabile attraverso le categorie logiche della scienza.
Il simbolo richiama una presenza e richiama contemporaneamente un'assenza, ma ciò non è sufficiente a delinearlo in quanto è la dialettica tra le due condizioni a fare in modo che esso non divenga da una parte oggettivo e incapace di desituare e dall'altra una fantasia che trascuri la storicità dell'uomo. "Il simbolo irrigidito, al pari della de-terminazione concettuale, non è più occasione di rinvio, ma categoria escludente che, raccogliendo e prescindendo in sé ogni possibile senso, non tollera forme di oltrepassamento, polivocità di sensi, diverse interpretazioni."(2)
Questa breve introduzione sulla coscienza simbolica e sulle sue caratteristiche è, a mio avviso, importante per evitare una ricerca sul simbolo che sia oggettivante, che si occupi di esso come se fosse un concetto chiaro e distinto per cui analizzandolo sarebbe possibile giungere ad una chiara interpretazione del simbolizzato. Un concetto, per sua natura, è sempre definito, determinato, il simbolo, invece, non si lascia presiedere da alcuna logica, né ricondurre ad un ordine prestabilito. Forse allora si può dire che il simbolo, quando non si irrigidisce, getta le basi per la vera comunicazione che abbisogna di un'ulteriorità di senso se non vuole ridursi ad una adesione incondizionata e dogmatica a concetti che hanno già dato alla luce il loro significato.
"Nella mediazione simbolica, che dal noto rinvia all'ignoto, richiamato dall'inadeguatezza e dalla carenza di senso di ciò che si notifica, quanti s'avventurano con-dividono (mit-telein) lo stesso destino, pertanto tra di loro è possibile comunicare (mitteilen), a differenza di coloro che, aderendo incondizionatamente ad un simbolo irrigidito nell'universale validità concettuale raggiunta, non hano più niente da dire. Non sono compagni di viaggio, ma semplici con-venuti in una meta ritenuta da tutti e per tutti definitiva.(3)
Definire univocamente che cos'è il simbolo è un'operazione molto difficile soprattutto per il fatto che esso non rappresenta una realtà osservabile, forse è proprio il mezzo attraverso il quale l'uomo fa sua questa realtà.
I poeti simbolisti utilizzarono il simbolo per esprimere l'infinito, il mistero della metafisica, le corrispondenze e le affinità fra l'anima e la natura(4). Nell'ottica di Gaetano Benedetti credo che il simbolo non sia assimilabile al segno proprio per il fatto che ha la caratteristica di potenziare e di ampliare lo spazio mentale dell'essere umano che fa esperienza del mondo.
"Il simbolo pone una successione di immagini in relazione semantica le une con le altre, associa segmenti semantici comuni ad immagini diverse, crea l'immagine dell'immagine, innalza ed approfondisce lo spazio psichico entro cui si configura l'esperienza della vita"(5). Laddove il simbolo viene considerato la prima amplificazione dell'animo è difficile credere che una immagine sia simbolica solo per il fatto che significhi di per sé qualcosa, essa, infatti, esprime anche dati non esplicitamente contenuti in essa.
Alla base della funzione della simbolizzazione vi è la capacità dell'Io di percepire uguaglianze e differenze, riconoscendo se stesso separato dal mondo. Benedetti afferma che un'immagine può essere solo il segno di un'altra anziché esserne il simbolo e, quindi, il fatto di significare qualcosa non innalza tale immagine allo statuto di simbolo. Ad esempio in un suo articolo(6) si legge: "Quando noi diciamo ad esempio che le viole sono un segno della primavera che viene, noi esprimiamo un rapporto di temporalità fra lo sbocciare di quel fiore e l'inclinazione dell'orbita solare. Il segno è indipendente dalla convenzione culturale. Se noi invece diciamo che la rosa rossa è un simbolo dell'amore, noi usiamo nella nostra cultura un aspetto di essa (la bellezza e il colore fiammante) per significare un movimento dell'animo caratterizzato anch'esso dalla bellezza e dalla intensità". Tale distinzione assume un' importanza cruciale se si tiene in considerazione il fatto che nella schizofrenia è rilevabile una alterazione della capacità di simbolizzazione. Ovvero, spesso, il paziente non riesce a distinguere bene tra il simbolo e la rappresentazione della cosa. Un esempio riportato da Benedetti nello stesso articolo chiarisce meglio questo concetto, considerando i rapporti "normali" tra significante e significato.
"Nel nostro esempio l'acqua nel sacramento del battesimo è un simbolo, perché l'acqua versata sulla fronte del bambino che diviene cristiano non è lo Spirito Santo, ma ha in comune con esso una qualità, l'azione purificatrice. Lo spirito divino lava la colpa originale come l'acqua lava lo sporco; l'immagine concreta dell'acqua rimanda a quella astratta dello spirito..."
Quando l'acqua della fonte battesimale viene ad essere identificata con lo Spirito Santo stesso si ha l'identificazione significante/significato, le due immagini si sovrappongono perfettamente, entrano in un rapporto di simmetria perfetta, vengono eliminate le differenze che, pur nella vicinanza le distinguevano. Nell'interpretazione segnaletica del simbolo la mente del paziente stabilisce quasi un rapporto fisico con la cosa. E' come se la distanza vissuta tra la realtà personale e quella delle cose si dissolvesse completamente fino a non esistere più
Mi sembra quasi che nell'interpretare causalisticamente i simboli il paziente, però, estenda un tale modo di intenderli in base ad una modalità aperta di significazione tipica dei fantastici voli che si permette il pensiero simbolico.
"L'alterazione psicotica del simbolo: un tentativo di avvicinamento estremo, che non conosce più la stupenda vicinanza cognitiva del simbolo vero e cancella questo proprio attraverso la sua stessa ipertrofia".
Note:
1) GALIMBERTI UMBERTO "La terra senza il male", Feltrinelli, Milano, 1997, pag.96 (In trascendenza e libertà)
2) GALIMBERTI UMBERTO "La terra senza il male", Feltrinelli, Milano, 1997, pag. 104 (In simbolo e comunicazione)
3) GALIMBERTI UMBERTO "La terra senza il male", Feltrinelli, Milano, 1997, pag. 104 (In simbolo e comunicazione)
4) FALIVA MARIA ROSA "L'esprit de la parole", Minerva Italica, Milano,1989.
In questo testo l'autrice riporta un passo tratto da: L'art Romantique di C. Baudelaire: "Tutto l'universo visibile non è che un magazzino di immagini e di segni ai quali l'immaginazione darà un posto e un valore relativi".
5) AA.VV., QUADERNI DI ARETUSA, 1 novembre 1996, a cura di Giorgio Maria Ferlini , prima lezione / l simbolo nella norma e nella psicosi.
6) BENEDETTI GAETANO, "Il pensiero figurativo: il sogno, l'immaginario e il simbolico". Psicoter. sci. um., n.2/1999.
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