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PSYCHOMEDIA
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RISPOSTA AL DISAGIO
Disturbi della Comunicazione
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L'importanza dell'analisi cinematica:
esemplificazioni relative alla balbuzie
di Claudio Zmarich
C.N.R. - Istituto di Fonetica e Dialettologia, Via Anghinoni, 10 - 35121 Padova
zmarich@csrf.pd.cnr.it
Si ringrazia il Prof. Tronconi per aver gentilmente concesso la ripubblicazione su PSYCHOMEDIA del lavoro di Claudio Zmarich, già precedentemente pubblicato in A. Tronconi (a cura di), Atti del 6° Convegno Nazionale "Informatica, Didattica e Disabilità", Andria (Bari), 1999, 101-106.
Riassunto
La cinematica e la dinamica sono utili al patologo del linguaggio ai fini della
descrizione, spiegazione e trattamento riabilitativo perché consentono di utilizzare
indici non banali che riflettono i concetti di stabilità e flessibilità articolatoria.
Segue esemplificazione relativa alla balbuzie.
Introduzione
Tradizionalmente, la descrizione, la spiegazione e la riabilitazione di varie patologie
articolatorie del linguaggio si è basata sulla trascrizione fonetica su base
uditivo-percettiva e sull'analisi elettroacustica. Per ciascuno dei tre livelli questi
metodi rivelano limitazioni. La limitazione nella descrizione consiste nella soggettività
della valutazione del percetto uditivo [1] e nellassenza di biunivocità tra dato
acustico e dato articolatorio [2]. La limitazione nella spiegazione consiste in primo
luogo nell"opacità" introdotta dalla relativa distanza tra la causa più
o meno centrale della patologia e la periferia più o meno distale in cui si generano gli
eventi acustici o percettivi misurati, e in secondo luogo dallinadeguatezza delle
teorie fonetico-fonologiche basate su bersagli percettivi o acustici a spiegare eventi
motori di natura intrinsecamente dinamica [3]. La limitazione nella riabilitazione
consiste nellincapacità di fornire feedback adeguati di natura articolatoria al
riabilitando.
Per ciascuno di questi tre livelli la cinematica e la dinamica, da intendersi
rispettivamente come la descrizione del movimento (durata, estensione velocità e le
derivate di ogni ordine) e come la descrizione delle condizioni fisiche responsabili di un
dato movimento (che oltre ai descrittori già citati includono i coefficienti di massa,
rigidità, smorzamento ecc.: [4]), offrono sempre unintegrazione utile ai metodi
tradizionali di descrizione, sotto forma di dati di analisi qualitativi e quantitativi,
affidabili ed esaustivi, dei movimenti degli organi articolatori [5]. Inoltre, dal punto
di vista esplicativo questi dati possono costituire unalternativa migliore alle
spiegazioni tradizionali qualora inquadrati in una cornice teorica naturaliter
affine, quale la teoria dinamica non lineare, che recentemente si è affermata in molte
aree della ricerca, compreso il campo del controllo motorio (cfr. [6], [7]). Secondo
questa teoria lunità principale del controllo motorio a fini linguistici (e oggetto
dellapprendimento motorio) è il cosiddetto gesto fonetico (cfr. le recenti rassegne
in [8]; [9]). Per illustrare la validità di tale impostazione qui di seguito verranno
riportati alcuni studi che hanno permesso di gettare nuova luce su una patologia del
linguaggio orale relativamente comune (diffusione nella popolazione: 1%, [10]) che da
secoli resiste alle legioni di scienziati che inutilmente hanno tentato di spiegarla: la
balbuzie.
La balbuzie ha natura intermittente e multidimensionale, poiché appare condizionata da
variabili di natura socioculturale, psicologica, fisiologica e genetica, e come tale può
essere descritta a molteplici livelli [10]. La definizione e la diagnosi tradizionali di
balbuzie si basano sulla rilevazione uditiva e valutazione qualitativa delle disfluenze,
che per numero, tipo, durata e posizione sono giudicate anomale e qualificano chi le
produce come balbuziente. Molti studi che seguono questimpostazione si sforzano di
individuare i loci dellenunciato balbettato associati con loccorrenza
delle disfluenze e di spiegare questi patterns distribuzionali invocando le stesse
malfunzioni dei processi mentali che nei parlanti normali generano lapsus e disfluenze
[11]. Il loro difetto principale è lesclusiva attenzione alle disfluenze, che
qualificano il parlato come "discontinuo". Ma la fluenza è multidimensionale, e
un parlato fluente oltre ad essere privo di discontinuità sarà anche prodotto con una
scansione ritmica regolare, in modo rapido e senza eccessivo sforzo sia fisico che mentale
[12]. Infatti è ben conosciuto in letteratura il caso di balbuzienti che non presentano
disfluenze [10]. Questi soggetti sono affetti da "covert/subperceptual
stuttering" e avvertono spesso nel parlare livelli eccessivi di sforzo muscolare e
"tensione" cognitiva che possono sfuggire allocchio e allorecchio
del clinico.
2. Una nuova finestra sulla balbuzie: alla ricerca degli indici
di stabilità articolatoria
Uno dei vantaggi dellanalisi cinematica è rappresentato dal suo potenziale
riduzionismo: entia non sunt multiplicanda praeter necessitatem. A partire dai
pioneristici studi di Zimmerman [13] è stato argomentato in modo convincente che, per
ricoprire un ruolo causale nella balbuzie, si deve poter dimostrare come le asserite
variabili di natura socioculturale, psicologica, fisiologica e genetica influenzino i
processi del controllo motorio del sistema pneumo-fono-articolatorio, che è causa diretta
degli episodi di balbuzie. Un altro punto a favore dell'analisi cinematica è dato dalla
descrizione più accurata e individualizzata della fisiologia periferica delle disfluenze
che esso consente [14]. Gli studiosi che lhanno unita a rilevazioni di tipo
elettromiografico hanno approfondito la nostra conoscenza sulle anomalie di contrazione
muscolare presenti nella balbuzie (cfr. per es. [15]). Il terzo punto a favore
dellanalisi cinematica risiede nella possibilità di indagare la produzione verbale
percettivamente fluente dei balbuzienti per stabilire se sono soggetti patologici anche
quando nel parlare non producono disfluenze. Infatti può essere utile ricercare le
anomalie nel linguaggio fluente dei balbuzienti in base allassunto che esse sono in
qualche modo più vicine alla natura e allorigine del problema (secondo la dinamica
non lineare, variazioni minime e puntiformi possono portare a vasti mutamenti
strutturali). Le anomalie si dovrebbero identificare confrontando i pattern cinematici
esibiti dai balbuzienti con quelli esibiti dai non balbuzienti. E qui le cose si
complicano perché la capacità di generare un prodotto acustico invariante attraverso una
serie (anche se ristretta) di configurazioni diverse del tratto vocale è una
caratteristica normale della produzione verbale fluente e anzi necessaria per
ladattamento a contesti fonetici continuamente mutevoli. Folkins [16] identifica due
tipi di adattamento del sistema articolatorio, conservativi della funzione fonologica, che
chiama flessibilità e plasticità. La prima è responsabile delle modificazioni
articolatorie dovute a fatti di coarticolazione segmentale e a fatti soprasegmentali
mentre le seconda è responsabile dellequilibrio generale in cui questi
sinscrivono ed eventualmente consente rapide transizioni verso nuovi stati
dequilibrio (per es. parlare mentre si sta mangiando, o fumando). Secondo Folkins è
possibile qualificare la fisiologia come patologica solo dopo aver verificato il
superamento dei limiti di flessibilità e plasticità del sistema normale.
Lesistenza di una grande variabilità inter- e intra-individuale nei
normoparlanti porta allesigenza di studiare i movimenti articolatori dei balbuzienti
fluenti su base individuale e su un grande numero di ripetizioni. Ad es., gli individui
normali possono differire nel tipo preferito di organizzazione dei movimenti articolatori
per ogni dato compito. La fig. 1 illustra questo concetto mostrando come il gesto di
chiusura in una sequenza di sillabe /pa/ pronunciate in modo percettivamente fluente da
parte di un balbuziente, abbia valori di durata, estensione e velocità molto diversi da
quelli prodotti da un soggetto normale, che peraltro articolava con la stessa frequenza
preferenziale [17]. Il fatto che i balbuzienti fluenti presentino configurazioni
articolatorie diverse dai normoparlanti non implica quindi di per sé che esse siano una
manifestazione della balbuzie, ma potrebbero sottindere unabilità carente sebbene
non deficitaria, oppure potrebbero riflettere luso che il balbuziente fa di una
parte sana del suo sistema per reagire alla parte colpita dalla balbuzie.
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Fig. 1 Valori medi della velocità massima e dellestensione del gesto di chiusura
bilabiale realizzato dalla mandibola (J) dal labbro inferiore (L) e dal labbro superiore
(U) in una serie di ripetizioni fluenti della sillaba /pa/ realizzate da un soggetto
balbuziente (a sinistra) e da un normoparlante (a destra), e confrontate in base alla
durata del gesto di chiusura (100=da 50 a 100 ms ecc.); tratta da [17], modificata. |
Se si vuole usare la cinematica in funzione eziologica, bisogna dunque escludere dai
confronti dei movimenti di normoparlanti e balbuzienti le descrizioni cinematiche che
utilizzano direttamente la durata, lestensione e la velocità, e basarsi su quelle
proprietà dinamiche che restano relativamente invarianti attraverso più ripetizioni.
Esponiamo prima quelle riguardanti un singolo articolatore.
Presenza di un unico picco nel tracciato della velocità: la fig.
2 illustra le curve della velocità istantanea degli articolatori di normoparlanti e
balbuzienti impegnati in gesti di chiusura e apertura bilabiale ripetuti a frequenza di
articolazione confortevole [18].
Generalmente queste curve sono caratterizzate da un solo picco di velocità per ogni
gesto, ma alcune volte, come in questo caso accade al labbro superiore (UL), si possono
notare alcuni extra-picchi. In questo esperimento le curve dei gesti realizzati dai
balbuzienti presentavano, rispetto ai soggetti di controllo, un numero da 3 a 5 volte
maggiore (a seconda dellarticolatore) di curve dotate di extra-picchi. Questi
risultati sono stati spiegati con lipotesi che i balbuzienti fanno un uso più
intenso e continuo del meccanismo di feedback propriocettivo (poiché in [19] si afferma
che la presenza di picchi multipli riflette limpiego di submovimenti per la
regolazione spaziale e temporale durante il movimento principale).
Esponiamo ora il tipo di indici che misura il grado di coordinazione
inter-articolatoria (paradigmatica) e intergesturale (sintagmatica). Per quanto riguarda
la prima, un indice utile è fornito dal profilo della curva di velocità della struttura
coordinativa [20, 21] che risulta dalla somma ponderata, istante per istante, dei
movimenti dei singoli articolatori impegnati in un compito comune. Ad es. se il target è
costituito da unocclusiva bilabiale, la struttura coordinativa è formata dalle due
labbra e dalla mandibola (v. Fig. 2, lettera C). I singoli articolatori possono
contribuire in modo variabile alla realizzazione del target, ma questultimo è
relativamente invariante e caratterizzato da una curva di velocità smussata e dotata di
un unico picco, dove verrebbero a coincidere i tracciati di più ripetizioni.
Nellesperimento già citato [18], i balbuzienti producevano un numero 5 volte
superiore a quello dei nonbalbuzienti di curve di velocità della struttura coordinativa
caratterizzate da picchi multipli (8,9% vs. 1,6%).
La covariabilità dell'equivalenza motoria [22, 21] riflette il modo
sinergico con cui la struttura coordinativa si organizza per realizzare un target
articolatorio. La covariabilità viene misurata con il coefficiente di variazione (CV) su
molte ripetizioni. Tale coefficiente, espresso dal rapporto aritmetico tra la deviazione
standard e la media, normalizza la variabilità degli spostamenti dei singoli articolatori
permettendo un confronto diretto nonostante le differenze di valore assoluto. A bassi
punteggi corrisponde una maggiore stabilità, che in condizioni normali è associata al
parametro della struttura coordinativa.
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Fig. 2 Grafico del movimento e
della velocità relativa del labbro superiore (UL), labbro inferiore (LL), mandibola (J) e
del parametro di Apertura Labiale (C, equivalente al
prodotto di questi articolari) nella produzione ripetuta della sillaba /ba/ [19] |
Quando questo coefficiente fu calcolato per i "gesti" di
chiusura bilabiale per la consonante iniziale di /pap/ prodotta dai balbuzienti [23], fu
riscontrato che il dato anomalo, rappresentato dal maggior valore del CV per il movimento
della struttura coordinativa rispetto a quello della della mandibola, era più comune nei
balbuzienti che nei normoparlanti.
Per quanto riguarda la coordinazione intergesturale, è importante poter stabilire
lintegrità della coarticolazione (o coproduzione), che riguarda le modificazioni
articolatorie dovute all'influenza dei foni adiacenti. In un esperimento [22], venne
misurato il gesto di occlusione per la prima /t/ della sequenza /etete/ pronunciata
in modo percettivamente fluente da un soggetto normale e da un soggetto balbuziente. Il
balbuziente realizzava l'occlusione con un'elevazione eccessiva della mandibola che
costringeva di conseguenza il dorso della lingua ad abbassarsi per poter coarticolare la
vocale successiva. Successivamente Alfonso [21] implementò in un sintetizzatore
articolatorio [24] la configurazione prodotta dal balbuziente e ottenne il target acustico
richiesto, ma appena tentò di simulare un ulteriore abbassamento della mandibola la
produzione acustica venne a cessare, dimostrando così indirettamente il valore di soglia
critica di quella configurazione.
Altri indici risultano dalle manipolazioni attive dei comportamenti articolatori, che
hanno lo scopo di provocare una risposta compensativa. In un gesto articolatorio
bisognerebbe sempre distinguere la stabilità (connotazione positiva) dalla rigidità
(connotazione negativa), così come la flessibilità (positiva) dalla impredicibilità
(negativa). Stabilità e flessibilità sono due facce della stessa medaglia: un sistema
dinamico è stabile quando consente un certo numero (limitato) di alternative per il
conseguimento di un target. Queste alternative sono variazioni controllate e possono avere
costi energetici differenti che determinano la loro preferenzialità. Un modo di valutare
la stabilità consiste nello spingere il sistema articolatorio vicino o anche oltre i suoi
limiti. Il modo più semplice è individuare la più alta frequenza di articolazione di
una unità articolatoria, ad es. la sillaba, eseguibile senza alterazioni del percetto
uditivo. Poiché il tempo di esecuzione di un movimento viene determinato dalla lunghezza
della traiettoria e dalla precisione richiesta nel raggiungimento del target [25], si è
visto che quando i balbuzienti vengono costretti ad essere rapidi non riescono più ad
essere precisi, e viceversa, a riprova dellipotesi che dispongono di minori risorse
a livello globale. Una variante più elaborata di questa procedura utilizza
contemporaneamente linformazione della posizione e della velocità relativa
dellarticolatore nellindice di fase continua relativa di due articolatori
appartenenti alla stessa struttura coordinativa [26, 27]. Con questo indice è possibile
rilevare la successione dei patterns coordinativi alternativi, che tipicamente passa dalle
alternative strutturate (a bassa frequenza di articolazione), al pattern coordinativo più
stabile (alla massima frequenza), e infine alla rottura della coordinazione quando la
frequenza richiesta non è più sostenibile.
Una strategia di ricerca in grado di valutare la flessibilità (linterdipendenza
funzionale) è quella di provocare interferenze, ad es. esercitando una forza di segno
contrario su un articolatore durante la produzione di un gesto fonetico e osservando gli
effetti sulla coordinazione articolatoria [16]. Bauer e coll. [28, 29] hanno dimostrato
che gli effetti della perturbazione meccanica del movimento della mandibola
nellapertura della costrizione alveolare per /s/ in /sasasa/ sono molto più
accentuati per quei balbuzienti precedentemente classificati come gravi.
E importante anche lindice spaziotemporale [30,31] che deriva
dallidea che nei normoparlanti la produzione articolatoria è un comportamento
motorio altamente praticato e dunque estremamente stabile. Applicando una normalizzazione
temporale e spaziale ai tracciati cinematici dei gesti articolatori relativi a più
ripetizioni dello stesso enunciato, essi tenderanno dunque a coincidere in ununica
traccia. Lindice misura questa tendenza: maggiore è il suo valore, maggiore è la
deviazione da una data traccia, e quindi maggiore è linstabilità del sistema
articolatorio. Quando questo indice venne calcolato per il comportamento articolatorio dei
balbuzienti, in relazione a variazioni della frequenza di articolazione, questultimo
risultò molto più instabile di quello dei normoparlanti.
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