Rappresentazione di Anima et di Corpodi Antonio Ciocca(Questo articolo è stato pubblicato in Archivio di Psicologia,Neurologia e Psichiatria, 1995, LVI, 2-3:189-204)
In epoca medievale, dai Contrasti italiani alle Moralités francesi ed alle Morality plays inglesi, è molto diffuso un genere di sacra rappresentazione di tipo allegorico in cui due entità astratte espongono e dibattono opposte tesi a fini di edificazione morale del pubblico. Queste composizioni erano dialogate e spesso anche messe in musica ed in esse viene visto l'antecedente storico da cui si svilupperà poi il melodramma e l'opera. L'esecuzione della Rappresentazione di Anima et di Corpo di Emilio De Cavalieri all'Oratorio della Vallicella nel 1600 viene infatti ricordata come antecedente del melodramma italiano (Ferrari-Barassi, 1977).
Anima e Corpo frequentemente comparivano in tali composizioni per rappresentare ed opporre tra loro le ragioni della vita spirituale e quelle della vita materiale, illustrando spesso i lamenti ed i travagli dell'anima imprigionata nel corpo ed il suo desiderio di liberarsene per tornare ad essere puro spirito e così godere delle gioie della perfezione e della santità.
Il quadro dei disturbi del comportamento alimentare si sta attualmente evolvendo dal punto di vista terminologico e presenta problemi di distinzione e di sovrapposizione tra le varie sindromi. La propensione nostra che vorremmo sostenere è per una concezione unitaria dei disturbi del comportamento alimentare che possa collegare anche teoricamente queste diverse espressioni sintomatiche che spesso sono collegate nella clinica dove si sa che esse ad esempio si possono alternare in fasi evolutive diverse nella stessa persona mettendo di volta in volta in primo piano il più rigido controllo del corpo attraverso la dissociazione psicosomatica ed il digiuno, ed è la anoressia, oppure la perdita più o meno ciclica del controllo con conseguente comportamento alimentare caotico, ed è la bulimia, oppure infine l'incapacità stabile di qualsiasi controllo del comportamento alimentare, ed eventualmente anche di altri comportamenti, come ad esempio nelle forme psicogene di obesità e sovrappeso (Beumont,1988). Ricordiamo che circa la metà delle pazienti anoressiche ha avuto od ha crisi e comportamenti bulimici (Casper et al,1980) e che tra il 30% e l' 80% le pazienti bulimiche hanno una storia precedente di anoressia (Mitchell et al,1985). Secondo Kassett et al,1988 poi, se negli anni passati il modello più comune era che le pazienti anoressiche diventassero poi bulimiche, ora invece diventa sempre più frequente lo sviluppo prima della bulimia e poi la sua evoluzione in anoressia. La struttura psicopatologica
La psicopatologia di questi disturbi è molto complessa ed ha avuto interpretazioni eterogenee.
Come hanno affermato Jessner e Abse, 1960 "la anoressia nervosa con i suoi aspetti isterici, fobici, ossessivi, psicosomatici e psicotici e tendenze suicidarie sembra condensare la intera potenziale patologia dell'adolescenza" e secondo alcuni autori la si potrebbe considerare come un disturbo transnosografico (Jeammet,1991; De Risio,1991).
In effetti, per quanto riguarda l'anoressia, dal punto di vista psicopatologico sono presenti sia una caratteristica configurazione relazionale che una intrapsichica che sono strettamente analoghe per struttura e significato (Jeammet,1995) per cui in definitiva sia l'oggetto esterno, vale a dire gli altri, che quello interno, e cioé il corpo, vengono schiavizzati al servizio della follia interna. C'è però una riflessione da fare sull' aver notato come oggetto interno il corpo. Noi in effetti pensiamo che il nucleo folle possa consistere proprio nella pretesa di trattare il corpo, che è un oggetto reale ed in rapporto con la realtà, come un oggetto interno, vale a dire, in fondo, come se fosse un oggetto mentale e quindi creazione o prodotto della attività mentale stessa. La dissociazione psicosomatica possiamo vederla come effetto di questa straordinaria pretesa della mente nei confronti del suo corpo, di non riconoscerlo nella sua realtà, di negarne una sua consistenza fisica, di imporre una specie di coprifuoco mentale che ne cancelli i segni di esistenza e di resistenza. Per proseguire la metafora bellica, diventa allora necessario procurarsi ostaggi e prigionieri che fungano ai compiti fisici che la paziente rifiuta per cui la configurazione relazionale risulterebbe secondaria e motivata proprio dal bisogno di dover mantenere e sostenere la dissociazione. Come antesignano di tale teoria possiamo considerare Lasègue stesso, il grande clinico francese che per primo ne affrontò la psicopatologia e ne intuì il nucleo di malattia nella perversione intellettuale che assicura una patologica tranquillità mediante il disconoscimento dello stato fisico (Lasègue,1873).
Anche in questo caso dobbiamo riprendere in fondo l'intuizione di Freud che in una lettera a Fliess del 1895 aveva parlato della struttura melanconica dell'anoressia (Freud,1889) riferendosi al lutto per la perdita della libido che noi oggi possiamo intendere come lutto per una immagine ideale di sè, che è quella mentale ed incorporea, libera dal bisogno al cui provvedimento viene appunto delegata la madre. Le pazienti anoressiche presentano mancanza di percezione non solo della fame e della sazietà ma anche del dolore fisico fino ad una vera e propria perdita della consapevolezza corporea (Garfinkel e Garner,1984). Anche le pazienti bulimiche presentano alterazioni della percezione corporea, dalla valutazione visiva ( Franzen et al,1988) alla soglia percettiva tattile e pressoria (Florin et al,1988) e gli obesi poi rivelano una caratteristica difficoltà nella decifrazione dei linguaggi della cinestesia e della propriocezione (Slochower,1983) che ha fatto anche pensare ad un aspetto di lateralità, vale a dire ad una prevalenza dell'emisfero sinistro che presiede alla espressione verbale (Weisz et al.,1990).
Il riconoscimento, la differenziazione e la comunicazione verbale delle emozioni, misurate mediante il costrutto della alessitimia, risultano impoverite sia nella anoressia ( Bourke et al,1992; Taylor et al,1991) che nella bulimia ( Cochrane et al,1993; Jimerson et al, 1994) e forse anche nella obesità (Clerici et al, 1992). In particolare, le pazienti anoressiche sono più alessitimiche di quelle bulimiche ma nella bulimia la alessitimia sembra essere un tratto più stabile che non si modifica con il miglioramento clinico ma solo con il trattamento psicoterapico ( Schmidt et al,1993).
Secondo Heatherton e Baumeister,1991 in questi episodi la riduzione della attività di pensiero ai livelli più bassi di consapevolezza fino alla sola coscienza delle sensazioni e dei movimenti muscolari e quella analoga del campo e del livello della attenzione agli stimoli presenti ed immediati ha un significato difensivo di fuga dalla consapevolezza di sè che sarebbe fonte di conflitto e di angoscia ( escape theory) ma comporta in tal modo per l' esclusione stessa dei livelli elaborativi e di controllo del pensiero l' impossibilità della esperienza di soddisfacimento.
L'obesità è stata meno studiata da questi punti di vista ma anche in essa Hilde Bruch era riuscita a riconoscere fondamentali analogie con gli altri disturbi del comportamento alimentare. A proposito di queste forme così precoci di anoressia, Irene Chatoor ha parlato di fallimento dello sviluppo della integrazione somatopsichica per cui il comportamento alimentare del bambino viene ad essere dettato dai bisogni emotivi invece che dalle sensazioni fisiologiche della fame e della sazietà (Chatoor,1989). Anche Rosine Debray parla di fallimento della prima integrazione psicosomatica per spiegare la intolleranza alla manipolazione ed alla posizione di passività che permette lo accudimento che si manifesta in questi bambini fin dalla nascita, intolleranza che potrebbe essere in relazione con gravi difficoltà della prima regolazione della coppia madre-bambino (Debray, 1993). Il processo di integrazione psicosomatica
La visione evolutiva delle attuali ricerche dello sviluppo infantile è in grado di mettere in relazione e collegare gli aspetti relazionali nel cui contesto avviene lo sviluppo psicologico del bambino ed i disturbi e le difficoltà che questo sviluppo incontra anche nelle sue fasi più precoci (Stern,1988,1989; Emde,1989; Sander,1987).
Noi oggi sappiamo come la disponibilità materna ad accogliere, tollerare ed elaborare gli stati affettivi ed i messaggi comunicativi del bambino sia un fattore importante per lo sviluppo nel bambino stesso della capacità di discriminare e modulare i propri bisogni e di esprimere adeguatamente i propri stati affettivi.
Vi sono quindi fattori critici nello sviluppo della organizzazione della cerniera tra intrapsichico e relazionale (Norsa e Seganti,1993) a cui la teoria psicoanalitica si è sempre riferita anche se con vari termini e con varia sottolineatura di accento, dalla introiezione di Freud alla identificazione proiettiva ed introiettiva di Melanie Klein ed ai modelli operativi interni di Bowlby, in cui sostanzialmente si afferma che il sistema relazionale della coppia madre-bambino e della famiglia funge da mediatore dello sviluppo nel bambino di capacità e sistemi di autoregolazione di complessità crescente con cui egli poi si determina e viene anche naturalmente determinato.
Al buon andamento di questi processi sono legati aspetti fondamentali della esperienza soggettiva come "il senso di essere agente o assertività" (Lichtenberg,1983), la "vitalità" (Stern,1985), il senso di efficacia (Broucek,1979).
Il vissuto emozionale viene a far parte di un processo le cui tappe Bion ha proposto di classificare in una griglia secondo una scala di crescente significato mentale dei fenomeni, dalla sensazione alla emozione, dal sentimento al pensiero fino al ragionamento astratto.
La dissociazione psicosomatica possiamo vederla come il nucleo dei disturbi del comportamento alimentare che ha come suo effetto la separazione della mente dal corpo, con la egemonia assoluta della mente e la negazione ed abbandono del corpo nella anoressia, la lotta continua ed il loro ciclico prevalere nella bulimia oppure infine il consolidamento della secessione per cui la mente non riesce più a governare il corpo (Ferrari,1992).
In varie condizioni cliniche è possibile osservare problemi e difficoltà in questo processo. Nella crisi di panico, ad esempio, si realizza in modo fulmineo ed istantaneo le reversibilità di questo processo che costituisce l'attività mentale per cui viene a mancare la funzione di contenimento e regolazione che essa esercita ed il paziente si trova esposto alla invasione marasmatica del corporeo e del fisico con la sensazione di "star per perdere la testa ed il corpo"( Ciocca e Procaccio,1994) ed è il desiderio onnipotente di controllo di tale processo che ci sembra in atto nelle condizioni di esperienza drogastica dove l'ingestione della droga serve a produrre attraverso il corpo gli stati mentali che si desidera avere e ad eliminare quelli indesiderati o non tollerati (Ciocca,1993).
E' poco noto che danze come il mambo derivano in realtà da riti vudù dove il ritmo del movimento al rullo dei tamburi serve ai partecipanti per la identificazione con il movimento cosmico che deve essere poi arrestato all' inizio della cerimonia in modo che possa compiersi la magia che ha bisogno di uno spazio e di un tempo propri che non sono quelli della realtà (Deren,1953). L'intervento terapeutico
La storia naturale dei disturbi del comportamento alimentare e ancora oggi poco definita e vi sono molti problemi che devono essere chiariti riguardo alla evoluzione, agli esiti ed ai fattori che ne possono influenzare il decorso in senso positivo o negativo (Vandereycken e Meermann,1992) per cui le indagini sui risultati delle varie terapie in uso per anoressia e bulimia non si possono considerare conclusive. Certo si può notare che vi è un ampio spettro di interventi terapeutici che vengono tentati, anche molto eterogenei e diversificati, e questo di per sé è segno di smarrimento e di difficoltà.
Molta acqua è passata anche per la psicoanalisi che ha rinnovato teoria e tecnica di fronte alle acquisizioni della psicologia dello sviluppo e delle scienze cognitive ma soprattutto per la evoluzione della psicoanalisi stessa dovuta all'opera profondamente creativa di persone come Bion capaci di rinnovare e rielaborare la teoria stessa della mente. Come sappiamo una difficoltà grave con queste pazienti è la condizione di scissione e dissociazione che si traduce in una forte angoscia di contatto di natura claustrofobica. Poter affrontare questo aspetto è spesso decisivo per le sorti del trattamento ma, come scrive Ferrari, bisogna "considerare che, quando la scissione non rientra, il soggetto non ha, o crede di non avere, le condizioni per metabolizzare il problema che ha allontanato da sé" ed allora "ciò che realmente prevale è l' impossibilità del soggetto di affrontare la scissione in sé". Si rivela utile poter esplorare con il paziente il suo funzionamento mentale prevalente ed indicargli le teorie che lo guidano e lo imprigionano. "Nella pratica clinica con adolescenti anoressiche si è sovente presentato un sostrato di tipo claustrofobico, dove l' anoressia ha chiare funzioni difensive. Se l' analista propone come vertice di osservazione gli aspetti claustrofobici, l' adolescente anoressica si rende conto di essere lei stessa prigioniera di una teoria secondo la quale il corpo deve essere messo in prigione, rinchiuso e controllato, essendo un elemento sovversivo"( Ferrari,1994). Il lavoro analitico si propone così " un duplice obiettivo che si riferisce alle emozioni e alle possibilità di consapevolezza:
a) aiutare il paziente in ogni suo vissuto a dar posto alle relative emozioni, sopportandole e facendone esperienza;
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