Presa in carico riabilitativa del paziente con Ritardo Mentale: integrazione degli interventia cura di Bruno Spinetoli
L'approccio clinico riabilitativo al RM si articola in un continuum temporale che va dal momento della diagnosi (forse dalla prevenzione) fino a quando è possibile sollecitare e mantenere una normale spinta evolutiva ed un adeguato comportamento sociale.
Riteniamo che in questo percorso
siano critici alcuni momenti evolutivi che richiedono l'attivazione
di specifiche modalità di presa in carico.
Schematicamente possiamo identificare
i seguenti tempi di intervento:
- età prescolare,
questo è
il momento della conoscenza (conoscenza della patologia, conoscenza
tra operatori e famigli, conoscenza tra madre e figlio, ecc.)
ed è in grado di influenzare tutto il percorso riabilitativo.
Deve essere formulata una
diagnosi, pensiamo che in questa debba essere riservato uno spazio
per la famiglia con i suoi vissuti pre e post natale ( riguardo
al bambino in sé ed ai membri della coppia genitoriale
), va valutata la presenza di fratelli e la qualità della
relazione, la presenza o meno di una famiglia allargata ed il
ruolo dei nonni.
Questo primo momento dovrebbe
essere contemporaneamente il più possibile "medico"
e "psicoanalitico", con uguale attenzione alle determinanti
organiche (nella costituzione ed evoluzione del danno) ed ai
vissuti ed investimenti genitoriali.
Un ruolo altrettanto importante
va attribuito allo stato socio-culturale, in quanto rappresentante
dell'ambiente in cui il bambino si troverà a crescere (grado
e qualità della mentalizzazione rispetto agli agiti, struttura
del Super-Io familiare e tipi di ideali, difficoltà economiche
in grado di determinare disfunzioni organiche - malsanità
ambientale > infezioni delle prime vie aeree ricorrenti >
ipoacusia > ecc. - ).
Va operato un inserimento
in una scuola materna adeguata ed iniziato un intervento psicomotorio
ambulatoriale e di sostegno a scuola, raccomandando una frequenza
di scuola normale.
Riguardo i genitori le linee
di intervento generali dovrebbero comprendere un adeguato sostegno
(sia psicoterapico* che sociale) alla famiglia favorendo
se possibile una elaborazione dell'handicap ed una ristrutturazione
cognitiva sulle aspettative verso il figlio (può giocare,
cadere, frequentare altri b., essere punito e lodato, ha le stesse
emozioni degli altri figli, ecc.).
Riguardo gli operatori pensiamo
un ruolo prevalente del t.d.r. con il bambino, un ruolo prevalente
del medico con il genitore, coordinati in un lavoro in equipe
allargata sul territorio.
In questa fase evolutiva gli
obiettivi possibili potrebbero essere:
formazione del sé il
più possibile adeguata , passando ed integrando le varie
fasi del processo (sé corporeo, emozionale, mentale-transizionale,
ecc.); organizzazione psicomotoria di supporto agli apprendimenti,
favorendo la formazione delle strutture mentali di base (organizzazione
prassica, categoriale, linguistica, ecc.); costruzione del sé
in relazione, luogo di esistenza e spazio di pensiero; educazione
al riconoscimento delle emozioni in se e nell'altro, costruzione
del rapporto, iniziale proposte di regole relazionali.
- età scolare elementare,
in questo periodo risulta cruciale l'inserimento nel gruppo scolare
valutato in base ai prerequisiti di apprendimento presenti e allo
sviluppo emozionale.
E' necessaria la formazione
di un adeguato Piano Educativo Individualizzato P.E.I. concordato
con le strutture riabilitative, mantenimento del rapporto costante
con le figure adulte (insegnanti curriculari e di sostegno), utilizzo
di supporti riabilitativci e psicoterapici integrati con l'attività
svolta in classe da fruire in regime ambulatoriale, mantenimento
del coinvolgimento dei genitori nel attuazione della presa in
carico (psicoterapia, sostegni operativi, supporto psicopedagogico).
Pensiamo ci sia un ruolo prevalente
dell'insegnante con il bambino, un ruolo prevalente dell'equipe
medico-psico-pedagogica con la famiglia, e necessità di
una supervisione di tipo psicodinamico per gli insegnanti.
Gli obiettivi possibili potrebbero
essere: formare e consolidare le strutture cognitive necessarie
agli apprendimenti di base ( letto-scrittura, elementi logico-matematici,
strategie conoscitive...) , mantenere adeguati rapporti sociali
e condotte di gioco con regole, sviluppo di adeguata tolleranza
alle frustrazioni, favorire adeguate difese dell'io in particolare
cercando di contrastare un eventuale falso sè e aspetti
di inibizione-depressione.
- età scolare in
epoca puberale,
mantenere e sviluppare un adeguato rapporto con il corpo (in
trasformazione) eventualmente inserendo attività sportive
di gruppo e individuali ( non solo individuali) al fine di ottenere
una maggiore solidità del sè in adolescenza, inserire
un adeguato supporto psicoterapico organizzato in gruppi ( di
espressione corporea, di gioco psicomotorio, teatrale...) al fine
di mantenere e consolidare l'identità di gruppo (appartenenza
al gruppo dei pari, accettazione delle regole condivise, condivisione
e diluizione delle angosce di identità ed elaborazione
delle difficoltà legate all'handicap).
Un ruolo prevalente viene
rappresentato da terapeuta con il bambino, mantenimento dei legami
precedenti tra i vari operatori in modo più distante dal
bambino. - età scolare dell'adolescenza, affiancamento di una eventuale psicoterapia individuale, mantenimento del supporto riabilitativo cognitivo, riapertura di un'area di intervento con la famiglia riguardo lo sviluppo sessuale e la progressiva autonomia del ragazzo.
- giovinezza ed attività
lavorativa (se possibile) e/o integrazione
sociale, possibilità di agire nel mondo valorizzando
la possibilità di apportare cambiamenti, lavoro e prodotto
del lavoro socialmente apprezzato ed utile (quindi attività
il più possibile concrete ed attuali, allevare polli è
meglio che fare cestini di paglia e soprattutto è più
facile...), favorire il rispetto di sé e degli altri a
partire dalla cura di sé ed al proprio look ( un compromesso
fra desiderio ed abilità posseduta deve essere trovato
dal ragazzo ), educazione al confronto ed alla discussione, cooperando
nel lavoro e nell'ottenimento di risultati concreti e tangibili
( coop integrate, riunioni per la gestione degli spazi, discussione
di spese ed entrate, ecc.).
In senso generale un pz. con
RM si ritiene non suscettibile di ulteriori acquisizioni strutturali
oltre l'età dell'obbligo scolastico, tant'è che
nella definizione del grado di RM si attribuisce una età
mentale massima di riferimento (8 -10 anni nella migliore delle
ipotesi).
Questa età è
intesa in senso di modalità del funzionamento mentale ed
è principalmente riferita allo sviluppo cognitivo e quindi
all'organizzazione del pensiero-intelligenza.
Teoricamente se a 8 anni viene
valutato un Q.I. di 65 tale dato dovrebbe mantenersi costante
nel corso degli anni.
Tuttavia penso che questo
"Q.I." vari in funzione di molti parametri non ultimo
quello dei compiti richiesti dall'adattamento sociale, essere
o no inseriti in una "buona" famiglia, avere o no dei
rapporti di amicizia, essere inseriti in un adeguato ambiente
di lavoro, ecc. Ognuno di questi momenti richiede degli specifici strumenti valutativi e riabilitativi e rappresenta un momento "critico" per la successiva evoluzione nella fase successiva ; in questo schema si è cercato di tracciare un percorso ideale che però raramente è così lineare, di tutti i "parametri" evidenziati , tre appaiono particolarmente critici, a prescindere dal grado di R.M. del ragazzo: - famiglia - scuola
- terapisti
La Famiglia
può presentare 2 background difficili, sommabili o no,
uno è il basso livello socio-culturale, l'altro la presenza
di "fantasmi" nella struttura della coppia.
L'incidenza del primo fattore
è nota, socialmente determinata, quindi suscettibile di
adeguati interventi (abitazioni, lavoro, educazione, ecc.), il
secondo fattore è invece strettamente individuale, e fatte
franche le dinamiche francamente patologiche che vengono indivituate
nel circuito dell'assistenza psichiatrica (quindi anche queste
suscettibili di intervento) risulta di difficile individuazione
e riconoscenza.Pensiamo che questo "fattore" debba e
possa essere riconosciuto in sede di diagnosi precoce/diagnosi/prevenzione
del bambino con R.M.
Spetta quindi al medico operare
una prima scelta di metodo, centrare tutto il suo sforzo nella
diagnosi sul bambino o farsi carico del "sistema" in
cui è presente un b. con R.M.
L'approccio deve contenere
anche un polo di osservazione psicoanalitico e sistemico-relazionale,
almeno per due ordini di motivi:
-l'elaborazione della ferita
narcisistica genitoriale con il suo rispecchiamento nel bambino
che rende non accessibile l'area transizionale e quindi aggrava
il deficit mentale;
- l'identificazione e la risoluzione
di possibili " fantasmi " di coppia e/o del singolo
genitore ( M.Mannoni).
Una presa in carico psicoterapica
che si ponga come referente (organizzatore) del gruppo familiare,
modulando l'intervento sia nei soggetti( genitori, bambino, insegnanti,
ecc.) sia nei tempi (per esempio secondo le fasi critiche sopra
evidenziate), sia nei modi (appare necessario un eccletismo di
tecnica), ci sembra possa garantire un migliore ambiente di sviluppo
per il b. e quindi una sua migliore possibilità di espressione.
Il modello che viene qui ipotizzato
non vuole proporsi come una presenza intrusiva che accerchia la
famiglia, ma come una possibilità offerta, presente e costante
a cui il gruppo familiare può far riferimento.
*Quindi
non programmare la "psicoterapia" fatta dallo Psicoanalista,
a cui la famiglia risponde spesso con la fuga, ma attivazione
di ascolto analitico, anche non dichiarato, con creazione di una
cornice analitica che può muoversi obliquamente nel sistema
gruppo sociale-famiglia-bambino, e che può trovare la sua
espresione nell'analisi individuale come nella supervisione al
logopedista, o nella riuniune dei GLH.
La scuola
E' nuovamente un luogo in
cui è importante portare l'attenzione sia sulle componenti
strutturali che sui vissuti degli operatori ; riuscire a
trovare il "posto", luogo, spazio di esistenza e di
pensiero per il b. con RM , penso debba essere uno dei primi obiettivi
quindi il rapporto del b. con "l'insegnante di sostegno"
è certamente il presupposto alla "presenza"
del b. in classe....
Il successo e la possibilità
di realizzazione di un programma di apprendimento scolastico,
anche il migliore come costruzione didattica, dipenderà
anche dalla qualità della relazione allievo-insegnante,
soprattutto se l'allievo ha delle difficoltà "intellettive"
( quindi è carente in quella capacità di analisi
e sintesi dell'esperienza di realtà) ; dalla fiducia
in sé che il ragazzo è abituato a sperimentare
su di sé e dalla fiducia che l'insegnante ha di lui e
delle sue possibilità di riuscita (potremmo dire dalle
componenti transferali della loro relazione). Viene fatta una lettura delle relazioni all'interno del gruppo classe ? Insegnanti curriculari > insegnanti di sostegno e viceversa, esistono delle differenze di riuscita di programmi educativi in funzione dell'idea che un gruppo ha dell'altro ?
Che tipo di ricaduta può
avere sul rapporto gruppo classe > portatore di handicap ?
Poter accedere a questo tipo
di analisi all'interno delle riunioni di programmazione è
certamente un "indice prognostico favorevole" e come
tale va ricercato.
I terapisti Spesso il bambino ricorda "un" terapista come fosse la madre, o come il maestro/a delle elementari o come un nonno.
E' un rapporto fondante e
rimane un riferimento per tutta la vita del pz., quindi vale la
pena di capire se in questo specifico si realizza la possibilità
terapeutica oppure se questa va ricercata nell'esecuzione tecnica
la migliore possibile di quel metodo di riabilitazione neuropsicomotoria.
Spesso la neurologia può nascondere lo scarso interesse per la persona ed altrettanto spesso la psicologia annulla le conoscenze mediche che potrebbero aiutare a risolvere qualche problema per quella persona...
ricorderò sempre un
bambino, Alessio, che nonostante le sue cisti poroencefalice,
in esito a grave sofferenza neonatale, all'età di 2,5 anni
parlava ed andava sul triciclo (contro le neuroscienze ?), ma
sicuramente d'accordo con la madre e la terapista che hanno sempre
creduto che questo fosse possibile.
Non è molto scientifico
affermare quanto appena detto, ma
ancora adesso non conosco altra logica che possa mettere insieme
quella TAC e quel bambino, penso anche che ognuno di noi porti
dentro di sé un bambino simile e che questo lo aiuti nel
lavoro di tutti i giorni. Work in progress
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