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SINTOMI E SIMBOLI: LA SOMATIZZAZIONE SECONDO LA TEORIA DEL CODICE
MULTIPLO
Wilma Bucci, PhD The Derner Institute, Adelphi University, Garden City, NY 11530
Pubblicato su Psychoanalytic Inquiry 1997; 17(2), 151-172 con il titolo Symptoms and symbols: A multiple code theory of somatization
Introduzione e traduzione di Piero Porcelli.
By permission of The Analytic Press, Inc., Hillsdale, NJ. Copyright 1997 by Psychoanalytic Inquiry
Pubblichiamo con piacere su PMTR la traduzione italiana di un lavoro
di qualche anno fa di Wilma Bucci Symptoms and symbols: a multiple code
theory of somatization, pubblicato su Psychoanalytic Inquiry.
Ringraziamo l'autore e la casa editrice The Analytic Press di Hillsdale
(New Jersey) per aver concesso l'autorizzazione a pubblicarne la traduzione
italiana.
Wilma Bucci è docente e direttore di ricerca presso il Derner
Institute della Adelphi University di New York. E' una psicoanalista che
potremmo inquadrare all'interno di quel composito e variegato movimento
internazionale della sperimentazione clinica e della ricerca empirica e
teorica denominato "integrazione psicoterapeutica". Al di là delle
etichette, però, la Bucci sta tentando un suo personale percorso
di ricerca per allargare gli orizzonti della psicoanalisi freudiana verso
i contenuti delle neuroscienze, da un lato, e delle scienze cognitive,
dall'altro. Si tratta di un'operazione teorica tutt'altro che semplice
e non facilmente accettata ma che senza dubbio contiene interessantissimi
spunti di riflessione tanto sulla teoria quanto sulla pratica clinica.
Fra i suoi contributi, il lettore italiano può far riferimento al
suo libro più importante (Psychoanalysis and Cognitive Science,
Guilford Press, New York 1997) tradotto in italiano da Giovanni Fioriti
Editore di Roma nel 1999 (Psicoanalisi e scienza cognitiva) e ad
un articolo (The multiple code theory and the "third ear": the role
of theory and research in clinical practice) pubblicato su Psichiatria
e Psicoterapia Analitica (1999; 18, 4: 299-310).
La Bucci è nota per il suo modello denominato teoria del codice
multiplo che costituisce un approfondimento della differenziazione
freudiana del processo primario e secondario. Nella teoria del codice multiplo
vengono differenziate tre modalità fondamentali in cui gli esseri
umani elaborano le informazioni, comprese quelle emotive, e formano rappresentazioni
interne: il modo subsimbolico nonverbale, il modo simbolico nonverbale
ed il modo simbolico verbale. L'elaborazione subsimbolica riguarda tutti
quegli stimoli (dai sentimenti alle informazioni motorie e sensoriali)
non-verbali che vengono processati "in parallelo": ad esempio, riconoscere
le emozioni nell'espressione facciale altrui o comporre un brano musicale
o riconoscere una voce familiare nella confusione di una festa o arrivare
di testa su un cross al momento giusto e all'altezza giusta o, per restare
su un terreno più professionale, intuire il timing dell'interpretazione
al paziente. L'elaborazione simbolica non-verbale riguarda invece quelle
immagini mentali (un volto, una musica, un'espressione o, come cantavano
i Beatles, something in the way she moves attracts me like no other
woman) che, pur presenti alla coscienza, non possono essere tradotte
in parole. La modalità simbolica verbale, infine, riguarda quel
potentissimo strumento mentale mediante il quale l'individuo comunica il
proprio mondo interno agli altri e conoscenza e cultura vengono trasmesse
da un individuo ad un altro. Nel modello della Bucci, i tre sistemi sono
governati da principi differenti ma sono anche ovviamente connessi. Per
restare nell'esempio dei Beatles, l'emozione provocata da una donna è
collegata all'immagine del suo modo di camminare e questa emozione intensa
è stata trasformata in parole nel testo di una canzone. La Bucci
definisce "processo referenziale" tale complessa connessione che va chiaramente
in senso bidirezionale dalle emozioni alle parole e viceversa ed ha anche
elaborato strumenti di assessment dell'Attività Referenziale. Gli
"schemi emotivi" costituiscono uno dei maggiori organizzatori delle rappresentazioni
interne e determinano il modo di costruire esperienze, relazioni interpersonali,
esprimere i propri stati emotivi. Da questo punto di vista, sono molto
vicini ad altri costrutti cognitivi e psicoanalitici come gli internal
working models di Bowlby o il Core Conflictual Relationship Theme
di Luborsky. Ne deriva che ogni stimolo interno o esterno che elaboriamo
attiva schemi mentali di relazioni (in prima istanza quelli originari derivati
dai primi scambi con la figura materna o un suo sostituto) e schemi non-verbali
simbolici e subsimbolici di sensazioni, pensieri, attese, comportamenti
immagazzinati in memoria. In tal senso, il trattamento psicologico è
un tentativo di riparare le scissioni avvenute fra i tre sistemi e di modificare
gli schemi emotivi, ossia di connettere o ri-connettere le esperienze patologiche
subsimboliche dissociate con la modalità simbolica di esperienza.
Nel lavoro qui riportato, la Bucci illustra la possibilità di applicare la sua teoria del codice multiplo al processo di somatizzazione. Il processo di malattia somatica appare come una dissociazione fra i pattern sensoriali e motori di espressione delle emozioni e le parole, intese come rappresentazioni simboliche degli oggetti di cui facciamo esperienza a livello subsimbolico. Al lettore che ha familiarità con la letteratura psicosomatica apparirà subito evidente come questo modello sia vicinissimo al costrutto di alexithymia ed al concetto di "disregolazione affettiva" elaborato dal gruppo di Toronto composto da Taylor, Bagby e Parker (di cui abbiamo pubblicato su PM la traduzione del lavoro Intelligenza
emotiva e cervello emotivo: punti di convergenza e implicazioni per la
psicoanalisi. Se la traduzione di alexithymia può essere "emozioni
senza parole", il modello di somatizzazione secondo il codice multiplo
della Bucci può diventare "stati somatici senza simboli". In questo
senso, il lavoro della Bucci si colloca nel movimento contemporaneo della
psicosomatica (su cui convergono linee di ricerca diverse, dalla psicoanalisi
alle neuroscienze alle teorie cognitiviste) che mira a ripensare le malattie
oltre la vetusta dicotomia mente/corpo o malattie organiche e malattie
psichiche. L'ultima parte del lavoro riguarda alcune proposte tecniche
di trattamento analitico per i pazienti con somatizzazione. Coerentemente
con il suo modello, la Bucci ipotizza di produrre connessioni interne nel
paziente mediante la focalizzazione dell'attenzione sul sintomo somatico
o sul dolore fisico piuttosto che indurre il paziente a distrarsi dalla
condizione di malattia. Chi lavora in psicoterapia con i pazienti somatici
si renderà subito conto che questa proposta tecnica è in
qualche modo sconcertante, il che fa aumentare l'interesse verso i contenuti
del lavoro di Wilma Bucci che qui presentiamo.
Piero Porcelli
SINTOMI E SIMBOLI: LA SOMATIZZAZIONE SECONDO LA TEORIA DEL CODICE
MULTIPLO
Wilma Bucci
L'interazione dei processi psichici e somatici ha costituito una fra
le principali preoccupazioni della psicoanalisi, dalle sue prime formulazioni
(Freud, 1895, 1900) ai giorni nostri. Contrariamente a quanto accadeva
ai tempi di Freud, l'interazione fra emozioni e malattie somatiche è
oggi riconosciuta anche in campo medico. Tale interazione non riguarda
solo alcuni disturbi particolari ben inquadrati, come l'isteria, né
solo quelle entità mediche che sono state tradizionalmente classificate
come psicosomatiche. Infatti oggi la psiconeuroimmunologia sostiene che
Tutte le malattie sono multifattoriali e biopsicosociali,
per quanto riguarda sia il loro esordio che il loro decorso. Sono cioè
il risultato di specifici fattori etiologici (ad es. batteri, virus, carcinogeni),
genetici, endocrini, nervosi, immunitari, emotivi e comportamentali (Solomon,
1987, p.1).
Grazie a questi sviluppi si è enormemente ampliata la potenziale
portata del trattamento psicoanalitico ed è diventato sempre più
pressante il bisogno di una teoria psicoanalitica coerente che consenta
di allineare la comprensione psicologica delle interazioni fra funzioni
cognitive, emotive e somatiche al livello dei progressi avvenuti nel campo
medico.
La metapsicologia freudiana non è riuscita a costituirsi come
base per una moderna teoria scientifica. I postulati della teoria dell'energia
psichica sono stati pochissimo verificati e, quando ciò è
accaduto, sono stati generalmente disconfermati (Eagle, 1984). La metapsicologia
non solo è stata abbandonata da quegli studiosi che hanno dedicato
gran parte della loro vita alla sua riformulazione ma è stata anche
rifiutata da molti clinici (Holt, 1985). Ciononostante, in mancanza di
un modello alternativo, le metafore energetiche rimangono ancora pericolosamente
in uso, con tutta la loro subdola e spesso poco evidente potenzialità
di distorsione della teoria e della pratica (Thomae & Kaechele, 1987;
Bucci, 1997).
La psicoanalisi ha bisogno di una nuova teoria che spieghi principalmente
i concetti a cui sono interessati i clinici, compresa l'interfaccia fra
funzioni emotive e somatiche, e che fornisca un quadro unitario coerente
per la ricerca empirica. Tale teoria deve essere necessariamente un modello
psicologico, non neurologico. Le teorie psicologiche, infatti, costituiscono
un livello differente di spiegazione che, però, non può far
a meno di prendere in considerazione gli insegnamenti provenienti dal livello
neurologico. Il livello psicologico e quello neurologico si avvalgono di
costrutti differenti, concetti differenti, funzioni matematiche differenti,
applicazioni pratiche differenti da studiare separatamente, ciascuno nel
rispetto dei propri termini. Abbiamo bisogno di una teoria psicologica
per definire concetti come depressione, ansia, sentimento di abbandono
e di perdita, e per definire anche l'interazione di azione, somatizzazione
e verbalizzazione a livello comportamentale o rappresentazionale. Ed abbiamo
bisogno di un modello neurologico o fisiologico per definire i corrispettivi
concetti in campo biologico.
Sebbene i costrutti psicologici non possano essere ridotti a quelli
neurofisiologici, tuttavia i due livelli devono comunque esser traducibili
l'uno nell'altro. Ciò può apparire ovvio ma è bene
ribadirlo. Se i modelli mentale e neurofisiologico sono sufficientemente
completi ed accurati e se disponiamo di indicatori sufficientemente osservabili
per ciascuna proposizione teorica e se le regole di corrispondenza matematica
all'interno di ciascun sistema sono corrette, allora ci possiamo aspettare
una corrispondenza fra la teoria psicologica e quella neurofisiologica.
In questo senso, le osservazioni a livello neurologico o biologico eserciteranno
una forza potenziale sulla costruzione della teoria in campo psicologico.
Il modello psicologico che delineerò in questo lavoro è
basato su concetti derivati dalle scienze cognitive le quali risentono
delle necessarie limitazioni imposte dallo stato attuale di conoscenza
generato dalle neuroscienze. Non è stato possibile sviluppare un
modello psicologico sistematico per i concetti psicoanalitici nel contesto
scientifico del tempo di Freud o del behaviorismo, paradigmi che hanno
dominato la psicologia americana durante la maggior parte di questo secolo.
Oggi è però possibile inserire tale modello nell'ambito della
moderna psicologia cognitiva (Bucci, 1985, 1989, 1997). La nuova teoria
del codice multiplo deriva dai modelli cognitivi attuali ma va anche oltre
poiché pone l'accento sul ruolo delle emozioni nella cognizione
umana e sugli aspetti complessi della traduzione delle esperienze emotive
nelle forme verbali.
La teoria freudiana del "codice duale"
Nei suoi scritti, Freud ha riconosciuto che vi sono questioni e problemi
irrisolti nel suo modello teorico dell'apparato psichico, sia nel primo
modello topografico (1895, 1900) che nella rivisitazione successiva del
modello strutturale (1923) che nei suoi ulteriori tentativi di riconciliare
i due modelli (1940). Egli ha anche riconosciuto che non vi erano dati
a sostegno della sua teoria di base dell'energia psichica, sebbene non
l'abbia mai ripudiata o messa seriamente in discussione. In tutto ciò,
un elemento solido, un "dato di fatto" stabile resta chiaro, come lo stesso
Freud ha affermato ricapitolando il suo lavoro nelle ultime fasi della
sua vita:
Dietro tutte queste incertezze sta però un dato
di fatto nuovo, della cui scoperta dobbiamo render grazie alla ricerca
psicoanalitica. Abbiamo appreso che i processi nell'inconscio o nell'Es
ubbidiscono a leggi diverse da quelle vigenti nell'Io preconscio. Chiamiamo
queste leggi nel loro insieme processo primario, in contrasto con il processo
secondario che regola i decorsi nel preconscio, nell'Io. In definitiva,
dunque, lo studio delle qualità psichiche non si è dimostrato
infruttuoso (1938; tr.it. p.591)
La scoperta che Freud concepì come la sua prima e più
importante è il "dato di fatto" che egli mantenne saldamente in
piedi fino alla fine, ossia la scoperta di una modalità di pensiero
che caratterizza l'inconscio o l'Es e che differisce dai processi della
vita normale, razionale, vigile.
La teoria del "codice duale/multiplo" dell'elaborazione dell'informazione
emotiva (emotional information processing) è costruita su
questo solido terreno a fondamento della psicoanalisi. Ciò che dobbiamo
riconoscere š il che non è poi tanto difficile š è che le
osservazioni fondamentali di Freud delle due diverse modalità di
pensiero, della loro interazione dinamica e della loro interazione con
gli eventi somatici non implicano necessariamente l'accettazione degli
assunti del modello energetico o di quelli dei due modelli topografico
e strutturale e possono essere scorporate da questi. Il modello teorico
che sta alla base di questa concezione, ed i dati di evidenza che la supportano,
sono stati discussi in dettaglio altrove (Bucci, 1985, 1989, 1993) e verranno
delineati brevemente in questo lavoro che ha come oggetto quegli aspetti
maggiormente rilevanti per una nuova teoria della somatizzazione.
La teoria del codice multiplo ed il processo referenziale
Secondo la teoria del codice multiplo, così come nella sua precedente
formulazione del codice duale, l'informazione viene rappresentata nella
mente sia in forma verbale che attraverso i canali multipli del sistema
nonverbale. In aggiunta alla distinzione di base fra verbale e nonverbale,
la teoria del codice multiplo postula una ulteriore distinzione fra forme
di elaborazione di tipo simbolico e subsimbolico. Le nozioni di simbolo
e di processo di simbolizzazione vengono qui definite in senso generale
come elaborazione dell'informazione (Fodor e Pylyshyn, 1988). I simboli
sono quindi definiti come entità discrete che si riferiscono o che
rappresentano altre entità e che possono essere ricombinate seguendo
regole processuali sistematiche. I simboli in senso psicoanalitico sono
sotto-gruppi dei simboli intesi in questo senso generale.
Il sistema verbale
Il linguaggio è organizzato primariamente in forma simbolica.
In ogni lingua, da un insieme limitato di fonemi è possibile generare
un insieme di parole virtualmente infinito e creare altrettanti significati.
Il linguaggio è il codice di comunicazione e di riflessione mediante
cui l'esperienza privata e soggettiva, compresa l'esperienza emotiva, può
essere condivisa con altri, e mediante cui la conoscenza della la cultura
e delle regole logiche possono generare i contenuti del pensiero individuale.
E' anche il codice a cui facciamo riferimento per dirigere e regolare noi
stessi, per attivare l'immaginazione e le emozioni, per stimolare le azioni
e per controllarle. Il codice verbale è primariamente un processore
sequenziale ad un unico canale: infatti generiamo o comprendiamo solo un
messaggio verbale per volta. Il linguaggio è anche primariamente,
sebbene non unicamente, dominante nello stato cosciente.
Il sistema nonverbale
I canali multipli del sistema nonverbale includono rappresentazioni
e processi in tutte le modalità sensoriali, motorie e somatiche.
L'elaborazione nonverbale è specifica per ciascuna modalità;
le rappresentazioni ed i processi in ciascuna modalità occupano
gli stessi canali elaborativi dell'esperienza percettiva. Tale attivazione
avviene fondamentalmente in forma di traccia.
Il sistema nonverbale comprende le forme simboliche e subsimboliche.
I modelli di elaborazione dell'informazione in formato simbolico, applicati
tanto all'immaginazione quanto al linguaggio, hanno dominato la scienza
cognitiva degli ultimi decenni (Simon e Kaplan, 1989; Fodor e Pylyshyn,
1988). L'elemento nuovo nel settore della scienza cognitiva, che è
anche di grande importanza per un nuovo modello del processo psicoanalitico,
è il progressivo riconoscimento delle forme subsimboliche
nell'elaborazione dell'informazione, insieme allo sviluppo di modelli sistematici
per spiegarli (Rumelhart, McClelland e il DPD Research Group, 1986). In
tale elaborazione subsimbolica, noi effettuiamo rapide e complesse computazioni
in un percorso continuo implicito senza formazione di categorie discrete,
secondo principi computazionali che potrebbero anche non esser mai esplicitamente
identificati o formulati e che comunque non possono essere intenzionalmente
evocati o applicati, anche se restano sistematici. Questo tipo di elaborazione
continua, intuitiva, specifica per modalità e sensibile ai contenuti
costituisce l'oggetto di interesse dei nuovi modelli di Parallel Distributed
Processing (PDP) (Elaborazione Distribuita in Parallelo), detti anche
"connessionisti" o modelli subsimbolici (Smolensky, 1988).
Le "computazioni" subsimboliche di questa natura mettono in evidenza
come sia possibile anticipare la traiettoria di un oggetto in movimento,
condurre una nave in un canale stretto, sciare in slalom, colpire efficacemente
una palla da tennis o differenziare il gusto e l'aroma di un Burgundy proveniente
da vigneti diversi o di annate diverse. Tali computazioni servono anche
per differenziare i leggeri cambiamenti dell'espressione facciale, identificare
cambiamenti nei movimenti corporei o nelle qualità vocali e riconoscere
modificazioni del proprio stato viscerale. Il gatto utilizza questa computazione
implicita per selezionare il posto dove atterrare su un tavolo ingombro
di oggetti, il giocatore di football per dirigere la palla verso la posizione
dove si aspetta ci debba essere qualcuno o per trovarsi nella giusta posizione
per ricevere la palla che gli sta per essere lanciata ed all'analista per
riconoscere lo stato soggettivo di un suo paziente e per decidere quando
e come intervenire.
Non cercherò qui di fare una trattazione completa delle strutture
tecniche del modello connessionista simbolico e subsimbolico. Lo scopo
maggiore nell'introdurre questi due approcci cognitivi è sottolineare,
in senso generale e concettuale, che due formati differenti dell'elaborazione
dell'informazione š entrambi all'interno del sistema nonverbale š vengono
attualmente riconosciuti dai ricercatori cognitivi come un modello teorico
molto più sofisticato dei precedenti e che, nei formati subsimbolici,
vengono sviluppati per la prima volta costrutti complessi che spiegano
sistematicamente le modalità di elaborazione implicita ed intuitiva,
comprese la modalità viscerale, somatica, motoria e sensoriale,
aspetti centrali del modello psicoanalitico.
Questi processi subsimbolici hanno anche delle limitazioni. L'elaborazione
subsimbolica, per quanto sistematica, è anche altamente specializzata
per funzioni specifiche. I modelli PDP non spiegano l'integrazione dei
subsistemi in relazione agli scopi o ai valori generali dell'organismo
in cui vengono implementati. I processi simbolici del sistema nonverbale
riescono a compiere invece tale funzione organizzativa ed integrativa (Norman,
1986).
La nuova teoria del codice multiplo estende così la base solida
freudiana per includere tre (almeno) e non due sistemi di pensiero: verbale
versus nonverbale e, all'interno del nonverbale, simbolico versus subsimbolico.
Di conseguenza, il nuovo modello sottolinea anche il ruolo cruciale delle
connessioni fra tutti questi diversi sistemi e, corrispettivamente, le
implicazioni di un fallimento di tali connessioni.
Schemi emotivi nella teoria del codice multiplo
Nell'ambito della teoria del codice multiplo, le emozioni sono concepite
come schemi di immagine-azione, operanti all'interno o al di fuori della
coscienza, il che differisce da altri schemi più "cognitivi" per
il fatto che i primi sono relativamente dominati dai processi di elaborazione
motoria e viscerale mentre i secondi da parole e immagini simboliche. In
termini generali, gli schemi emotivi sono formati da desideri, attese e
convinzioni sulle altre persone sviluppatisi nel corso delle interazioni
con gli altri dalle prime fasi di vita. Tali schemi comprendono le rappresentazioni
degli oggetti, delle parti degli oggetti e delle relazioni fra di essi
in tutte le modalità sensoriali, oltre ai pattern di attivazione
associati alle azioni motorie ed agli stati viscerali e somatici. Comprendono
quindi immagini dell'oggetto e dell'emozione (la persona che desideriamo,
amiamo o temiamo), rappresentazioni all'interno del sistema nervoso centrale
di specifiche azioni associate all'attivazione emozionale (avvicinamento,
attacco o fuga) e pattern di esperienze viscerali o somatiche associati
a tale attivazione (ciò che avvertiamo, o che ci aspettiamo di avvertire,
in senso viscerale, quando siamo arrabbiati o spaventati o innamorati).
Gli schemi emotivi iniziano a formarsi nel sistema nonverbale prima dell'acquisizione
del linguaggio ed il loro contenuto può essere collegato al linguaggio
alla fine del processo evolutivo.
Questo modello delle emozioni è basato su assunti minimi di
limitazione ed è generalmente compatibile con le teorie generalmente
accettate dai teorici dell'emozione (Scherer, 1984) e dalle concezioni
contemporanee delle basi neurofisiologiche dell'emozione (LeDoux, 1989).
La teoria del codice multiplo è anche compatibile, in parte, con
la definizione degli affetti di Kernberg (1990) in quanto include le componenti
simboliche rappresentazionali, motorie e viscerali ma diverge da Kernberg
nel fatto che egli include nella definizione di affetto anche fenomeni
di scarica energetica e concepisce gli affetti come un tutt'uno con le
pulsioni (p.117). Secondo la teoria del codice multiplo, la motivazione
è concepita invece in termini di proprietà rappresentazionali
e direttive delle strutture emotive, indipendente da una specifica fonte
š interna o esterna š dell'attivazione ed indipendente anche dalle nozioni
di energia basate sui bisogni fisiologici.
Le strutture emotive possono essere attivate da immagini memorizzate
o evocate dal linguaggio. Tale attivazione š stati di terrore, perdita
o disperazione, piacere o desiderio š possono avere effetti fisiologici
simili a quelli vissuti durante esperienze realmente accadute. Ciascun
componente dello schema emotivo può essere attivato da ciascun altro;
immagini di persone, posti o oggetti possono evocare componenti somatiche
o comportamentali dello schema o anche essere attivati da quelli. In alcuni
casi, la stimolazione esterna può avvenire senza attivare gli schemi
emotivi mentre in altri lo schema emotivo può attivarsi in assenza
di una causa esterna apparente o di un bisogno interno. Ciascuna componente
di uno schema emotivo, come qualsiasi rappresentazione o processo mentale,
può avvenire all'interno o al di fuori del focus della consapevolezza.
L'inconscio dinamico, che include anche rappresentazioni "espulse", rimosse,
implica ulteriori fattori esplicativi, come discuterò ora.
Il processo referenziale: il legame fra l'esperienza emotiva e le
parole
Il sistema verbale e quello nonverbale, differenti nei contenuti e
nei principi organizzativi, sono collegati da connessioni referenziali.
Il processo referenziale connette i contenuti molarmente paralleli e analogici
del sistema nonverbale al formato simbolico a "canale unico" del codice
verbale. Si tratta di un processo complesso che può essere compiuto
solo in parte, anche senza l'intervento di resistenza e difese.
Le connessioni referenziali sono maggiormente attive e dirette per
le entità concrete e specifiche e per le parole che le designano
(la sedia marrone, Giovanni, la Mona Lisa) ma molto meno per le entità
per cui non vi sono etichette disponibili, come ad esempio per la descrizione
di un colore complesso o sfumato, l'espressione facciale di Giovanni o
di Mona Lisa. Le connessioni referenziali sono più distanti e meno
dirette per le rappresentazioni ed i processi subsimbolici, come le esperienze
sensoriali olistiche del gusto e del tatto o i pattern di attivazione viscerale
e somatico che compaiono negli schemi emotivi. Questi ultimi riescono a
collegarsi al linguaggio grazie al fatto di essere connessi in prima istanza
alle immagini specifiche del livello nonverbale, come è evidente
nel potere delle metafore poetiche di evocare emozioni che sorgono da tali
connessioni.
Al contrario, le connessioni referenziali dal sistema verbale a quello
nonverbale sono più indirette e parziali per termini astratti e
generali come verità, bellezza, giustizia, postmodernismo, epistemologia.
Il significato di queste parole astratte e categoriali deriva dalle connessioni
con altre parole nell'ambito delle gerarchie logiche del linguaggio e può
essere connesso con le rappresentazioni nonverbali solo indirettamente,
quando ci si riesce, attraverso connessioni con le parole concrete e specifiche
all'interno delle gerarchie verbali. Ecco perché diventa utile fornire
esempi quando si presenta del materiale astratto o le intellettualizzazioni
di alcuni pazienti š o di alcuni analisti š lasciano intatto il livello
nonverbale ed emotivo delle rappresentazioni.
I modelli cognitivi tradizionali non considerano generalmente la complessità
e la difficoltà del processo referenziale. Neanche le concezioni
standard dello sviluppo cognitivo (Piaget, 1950; Bruner, 1966) sono riuscite
a riconoscere il ruolo continuo dell'elaborazione nonverbale nel corso
della vita, compresa l'elaborazione delle informazioni emotive. Nelle teorie
evolutive di Piaget e Bruner viene postulato che gli stadi precoci dell'elaborazione
sensoriale e motoria vengono abbandonati quando si raggiunge lo stadio
dell'elaborazione logico-formale. Come ha sottolineato Noy (1979), sotto
questo aspetto, questi approcci standard sono condannati al fallimento.
Quasi tutte le teorie contemporanee dello sviluppo cognitivo
considerano la cognizione come un sistema ad una singola traccia ed il
suo sviluppo come un processo lineare che procede lungo una singola linea
di sviluppo. Il fatto è che la psicoanalisi, sebbene abbia ripetutamente
tentato di assimilare parti di queste teorie (á), non è mai riuscita
ad incorporarle in toto. Il concetto duale dei processi primario e secondario
è talmente radicato nella concettualizzazione psicoanalitica che
qualsiasi teoria evolutiva che non considera la cognizione come composta
da due sistemi, forme, modelli, livelli š o almeno come un continuum fra
questi due centri organizzativi š non potrà mai essere integrata
nella metapsicologia psicoanalitica (p.170).
Le evidenze del codice duale o multiplo e del processo referenziale
sono state sviluppate all'interno della psicologia cognitiva sperimentale,
della neuropsicologia e della ricerca sperimentale e clinica della psicoterapia
(Paivio, 1986; Bucci, 1984, 1985, 1988, 1989, 1997; Bucci e Miller, 1993).
Le ricerche recenti sulla lateralizzazione cerebrale e la modularità
delle funzioni cerebrali di Gazzaniga (1985), Kosslyn (1987) e Farah (1984)
supportano la nuova teorizzazione multilivello e questa nuova concezione
ci porta ben oltre la semplice dicotomia bicamerale di emisfero destro
e sinistro. Il sostrato neurofisiologico sottostante l'elaborazione dell'informazione
emotiva e processo referenziale include l'attivazione delle rappresentazioni
nonverbali analogiche e globali, dominanti nell'emisfero destro; le connessioni
fra il corpo calloso ci rimandano alle immagini più discrete e "denominabili"
associate all'emisfero sinistro, luogo primario dell'elaborazione simbolica;
i processi di mediazione stimolati dalle componenti generative dell'immagine
sono associate all'interno dell'emisfero sinistro e le connessioni all'interno
di quest'ultimo alle associazioni fra immagini e parole distinte.
Il codice multiplo nel processo psicoanalitico
Secondo la teoria del codice multiplo, lo sviluppo del significato emotivo nelle associazioni libere avviene in un processo a tre stadi denominato "ciclo referenziale" (Bucci, 1993, 1997). Questo stesso processo può esser visto nell'attività onirica, ha radici nello sviluppo emotivo e nella somatizzazione è evidente come esso fallisca e come tenti di mettere in piedi anche dei tentativi di riparazione. Nel primo stadio del ciclo, il paziente fa esperienza delle diverse componenti nonverbali dello schema emotivo, compresi specifici elementi nonsimbolici (sentimenti, odori, esperienze corporee, pattern motori) che egli ha difficoltà ad esprimere direttamente con le parole. Nella seconda fase, il paziente recupera un ricordo o una fantasia specifica derivata dall'esperienza passata, da eventi quotidiani o da eventi traumatici e connette i contenuti subsimbolici con le immagini e poi con le parole. A livello ottimale, nella terza fase, il paziente riflette sulle immagini e le storie che ha raccontato e riesce ad effettuare ulteriori connessioni all'interno del sistema verbale e del discorso condiviso. Alla fine, il processo di verbalizzazione dei contenuti degli schemi emotivi riesce a giungere alle fondamenta per poter definire l'emozione stessa: sono arrabbiato, ho paura. Le nuove connessioni nel sistema verbale e nonverbale possono quindi diventare retroattive ed aprire ulteriormente gli schemi emotivi, riprendendo il ciclo ad un livello più profondo. Una simile progressione può essere concepita anche per la costruzione
e l'interpretazione dei sogni. Il contenuto latente, costituito primariamente
in formato subsimbolico, viene connesso a discrete immagini specifiche
del contenuto manifesto e poi verbalizzato nella narrativa del sogno (Bucci,
1993; Bucci, Severino e Creelman, 1991). Nell'interpretazione dei sogni,
il contenuto latente, compresi desideri ed altre strutture emotive rimosse,
può quindi arrivare ad essere conosciuto e verbalizzato in sé
stesso.
Lo sviluppo del significato emotivo nelle associazioni libere e nei
sogni ha le sue radici nei processi di base dello stesso sviluppo emotivo.
Lo sviluppo emotivo normale dipende dall'integrazione dei processi somatici,
sensoriali e motori negli schemi emotivi, per cui è il fallimento
di questa integrazionea causare i disturbi emotivi. Le origini degli schemi
emotivi si trovano nella prima infanzia. L'infante "conosce" la madre attraverso
tutte le modalità sensoriali: sapore, tatto, suono, odore, vista.
Tutte queste funzioni percettive separate, subsimboliche e simboliche,
convergono nell'immagine che l'infante si forma della persona che si prende
cura di lui (caretaker): orecchie, bocca e naso in relazioni spaziali
reciproche coerenti, sia che osservi o che tocchi questi elementi; il seno
che è là dove si aspetta che debba essere, sia che lo cerchi
con lo sguardo o che lo raggiunga con le mani o la bocca; un particolare
profumo; un suono particolare di voce; un particolare posto caldo e soffice
posto dove stare. Queste esperienze sensoriali avvengono in consonanza
con l'esperienza somatica e viscerale di piacere e dolore e con le azioni
motorie organizzate che coinvolgono la bocca, le mani e l'intero corpo:
scalciare, piangere, succhiare, aggrapparsi, conformare il proprio corpo
su quello di un altro. Le immagini prototipiche durevoli vengono costruite
man mano che si ripetono immagini ed episodi. L'infante riesce quindi
a formarsi il desiderio della madre o un'attesa su come la madre apparirà
o agirà in rapporto a tali schemi. Questo tipo di vita emotiva diretta
ed integrata avviene molto tempo prima che venga acquisito il linguaggio.
Dai primi stadi della loro formazione, gli schemi emotivi variano riflettendo
la natura specifica delle interazioni nella vita dell'individuo. Uno schema
di bisogno o desiderio può includere l'esperienza viscerale di disagio
(il sentimento che accompagna il pianto, scalciare, la tensione interna)
seguito dal suono della voce della madre con una particolare qualità
di tenerezza, dalla visione del volto e del corpo della madre, dalla vista,
sapore e odore del seno o del biberon, dal sentimento di calore e tenerezza,
dalle azioni di cullare, carezzare e succhiare, dalla esperienza fisica
di soddisfazione e rilassamento. Un altro schema può iniziare con
lo stesso bisogno ma, al contrario, incorporare la voce della madre con
una qualità diversa, più rigida, o l'immagine solo delle
lenzuola e della sbarre del lettino oppure la sensazione di essere trattato
in modo rude. Il disagio e lo stress, il pianto e l'agitazione aumentano.
Alla fine, il latte diventa disponibile ma solo attraverso un biberon passato
dalle sbarre del lettino. In entrambe queste situazioni, viene attivato
e soddisfatto un bisogno specifico. E' però il contesto interpersonale
in cui si colloca l'attivazione sensoriale che determina il suo significato
emotivo e non l'eccitazione fisica o la soddisfazione del bisogno soltanto.
Questo modo di concepire la formazione degli schemi emotivi corrisponde
all'idea di Beebe e Lachmann (1988) dell'organizzazione del "mondo rappresentazionale"
dell'infante nei primi mesi di vita, prima dello sviluppo della capacità
simbolica, che porta allo sviluppo di immagini protipiche generalizzate
le quali diventano poi la base per le forme simboliche delle rappresentazioni
del sé e dell'oggetto. La nozione di Bowlby degli internal working
models (1969) e del concetto di Stern (1985) di Rappresentazione delle
Interazioni successivamente Generalizzate (Representations of Interactions
that have been Generalized, RIGs) riflettono modelli evolutivi simili.
Ciò che la teoria del codice multiplo aggiunge è una nuova
formulazione degli schemi emotivi e del ruolo del caretaker in un ambito
coerente di elaborazione dell'informazione. In questa prospettiva, l'immagine
del caretaker che se ne ricava è il simbolo cruciale, prototipico
e stabile su cui vengono organizzati gli schemi emotivi fin dalle prime
fasi di vita.
La capacità di un individuo di tollerare gli affetti intensi
dipende dall'organizzazione degli schemi emotivi. Se il caretaker è
in grado di riconoscere la rabbia o la frustrazione del bambino e di comprendere
e calmare lo stato di disagio riesce a facilitare la propria funzione di
simbolo su cui convergono le funzioni separate e specializzate di tipo
percettivo, somatico e motorio. La nozione di una "figura in primo piano"
benigna che fornisce il simbolo organizzativo per lo sviluppo degli
schemi emotivi corrisponde alla caratterizzazione di Krystal (1988) dell'amore
come affetto centrale di organizzazione del sistema affettivo, ossia la
capacità di vedere il sé come entità distinta di cui
prendersi cura autonomamente.
D'altra parte, se il caretaker non riesce a calmare il bambino o viene
sommerso dal disagio stesso del bambino o, nel peggiore dei casi, funge
da ulteriore stimolo dell'angoscia del bambino, è meno probabile
che si formino degli schemi integrati o è più probabile che
gli schemi formati vengano scissi. In tal modo, il bambino viene sommerso
da uno stato non tollerabile di elevata attivazione generale e di disagio
generato dalla stessa figura di caretaker che diventa una "figura
in primo piano" negativa generatrice di evitamento. Il desiderio di attaccare
e la paura di essere attaccato dal caretaker costituisce uno stato catastrofico
e intollerabile (McDougall, 1989). Krystal (1988) ha parlato di "orrore
infinito" (timeless horror) del bambino in queste situazioni (p.145).
Nei termini della teoria del codice multiplo, la minaccia è ancora
più terribile: il caretaker contro cui l'infante sviluppa
la sua rabbia o che teme è non solo la persona da cui dipende per
i suoi bisogni fisici ma anche la persona la cui presenza funge da organizzatore
della vita simbolica che sta nascendo.
La rimozione e le altre difese possono adesso essere comprese come
forme di disconnessione o dissociazione all'interno del sistema nonverbale
e verbale e, fondamentalmente, dei canali multipli delle modalità
nonverbali. La portata del significato del costrutto di rimozione diventa
così molto più ampia. Essa può implicare la rottura
o il blocco dei legami fra i contenuti degli schemi emotivi e le parole
o, in senso più profondo, la distruzione delle connessioni all'interno
degli schemi emotivi, fra i pattern subsimbolici somatici o motori dell'attivazione
e delle immagini prototipiche necessarie all'organizzazione degli stessi
schemi. Il livello più profondo della dissociazione può giungere
fino al fallimento iniziale della formazione di queste connessioni. I conflitti
possono condurre al blocco delle connessioni all'interno degli schemi nonverbali
o fra le rappresentazioni nonverbali e le parole. In questo senso, si potrebbe
costruire un modello delle difese concepite come componenti per riflettere
i diversi livelli di dissociazione dei sistemi e dei diversi processi di
tentativi di compensazione e riparazione.
Livelli di simbolizzazione nei disturbi somatici
Secondo questo modello, tutte le forme di somatizzazione implicano
dissociazioni a livelli differenti di gravità fra pattern somatici
e motori di attivazione e rappresentazione simbolica degli oggetti all'interno
degli schemi emotivi. Si potrebbe anche identificare una gradazione dei
disturbi di somatizzazione sulla base del livello di dissociazione dei
sintomi viscerali dalla rappresentazione simbolica. Si potrebbero ugualmente
ipotizzare speculazioni teoriche sull'interazione dei fattori di sviluppo
psicosociale e di vulnerabilità fisiologica nell'etiologia di questi
disturbi. E' quindi probabile che vi siano modificazioni nel modo
di classificare i disturbi somatici man mano che le implicazioni del modello
e la conoscenza delle determinanti interagenti vengono via via elaborate
in modo esaustivo.
Ipocondria e conversione isterica: un focus simbolico
Le sindromi tradizionalmente classificate come ipocondria e conversione
isterica implicano la focalizzazione su particolari organi corporei che
risultano danneggiati o che causano dolore. Possiamo quindi dire che quella
particolare sezione corporea o processo funge da simbolo che organizza
lo schema emotivo quando l'oggetto primario dello schema viene dissociato
al servizio delle difese. L'individuo può vivere intense emozioni
corporee associate con rabbia o terrore o con alcune tracce dell'immagine
motoria dell'azione consumatoria mentre l'immagine dell'oggetto dell'emozione
ne viene dissociata o rimossa. Il corpo o alcune sue parti, e non l'oggetto
interpersonale, diventa il focus dell'azione consumatoria simbolica, ossia
l'oggetto che è stato aggredito o da cui si teme di essere aggrediti.
Il focus su specifici sintomi fisici salva una qualche organizzazione del
sistema emotivo mentre la difesa dall'emergenza di attese o desideri temuti
viene diretta verso un oggetto.
Le due sindromi sono simili per il potenziale legame ai sistemi simbolici,
come ad esempio la scelta di un organo dotato di particolari significati
simbolici. Sono però anche diversi poiché l'ipocondria include
immagini di fantasia o, in alcuni casi, aspetti deliranti di tipo somatico,
il che la avvicina al campo simbolico. Al contrario, i sintomi isterici,
come paralisi o cecità, riguardano un'attivazione subsimbolica più
estesa delle tracce a livello delle rappresentazioni viscerali, motorie
e sensoriali.
Le condizioni psicosomatiche tradizionali
Le entità mediche tradizionalmente classificate come psicosomatiche
(asma, ulcera, colite ulcerosa, ipertensione, artrite) possono ora esser
considerate come disposte lungo un continuum con i sintomi di conversione.
Tali disturbi somatici riflettono dissociazioni più gravi all'interno
degli schemi nonverbali, caratterizzate da livelli più elevati di
attivazione fisiologica degli schemi emotivi che occupano gli stessi canali
di elaborazione specifici per modalità attivati dagli eventi fisici.
Sebbene l'attivazione non abbia apparenti connessioni simboliche, i contenuti
dello schema influenzano anche la forma specifica di disabilità
che ne risulta.
Effetti delle emozioni sulla funzione immunitaria
Recentemente si sono accumulate sempre più evidenze secondo
cui i fattori psicosociali influenzano direttamente le funzioni immunitarie
e quindi potenzialmente un vasto numero di disturbi, come allergie, malattie
immunitarie, malattie infettive, neoplasie, per quanto riguarda sia il
loro esordio che il loro decorso. Appare quindi evidente che la tradizionale
classificazione di specifiche entità mediche come psicosomatiche
non sia più adeguata e che bisogna considerare i fattori emotivi
in rapporto a tutte le malattie, lungo un continuum con gli effetti di
cui abbiamo parlato prima.
Il modello qui proposto è vicino al costrutto di alexithymia,
così come è stato descritto da Nemiah e Sifneos (1970) ed
altri, ma fornisce altresì un nuovo modo di comprendere il problema.
Qui la dissociazione è molto più complessa rispetto all'essere
semplicemente senza parole per le emozioni. Infatti, in alcuni disturbi
somatico-emozionali, il paziente è in realtà senza simboli
per gli stati somatici. E' necessario anzitutto costruire connessioni nel
sistema nonverbale fra l'attivazione somatica subsimbolica e le immagini
degli oggetti prima che possa avvenire una comunicazione verbale significativa.
Ciò contribuisce a spiegare il motivo per cui sono state trovate
caratteristiche alessitimiche in pazienti con un vasto range di disturbi
psichiatrici e somatici, al di là di quelli generalmente classificati
come psicosomatici (Taylor, 1992). A seconda di quanto l'attivazione fisiologica
associata ad una forte emozione avvenga in assenza dell'attivazione dei
contenuti cognitivi nella forma iniziale o spostata š quindi senza focus
simbolico e senza regolazione š è probabile che l'attivazione sia
lunga e ripetitiva e che gli effetti finali sui sistemi fisiologici più
gravi.
Nuove implicazioni cliniche della teoria del codice multiplo
I teorici della psicoanalisi hanno coerentemente assunto che esista
una relazione inversa fra somatizzazione e capacità di verbalizzare
le emozioni, così come fra l'acting out e la verbalizzazione. Si
tratta di una sorta di dogma teorico derivato inizialmente dal principio
fondamentale della conservazione dell'energia all'interno di un sistema
chiuso per mezzo della compensazione o della scarica sostittiva. Questa
sorta di dogma sopravvive anche se i modelli proposti non hanno più
alcun nesso teorico con i concetti energetici. Ad esempio, Kernberg (1984)
ha sottolineato la relazione inversa fra atto aggressivo e verbalizzazione
ed ha sviluppato il suo importante trattamento nelle strutture di ricovero
(inpatient milieu treatment) su questa base. Allo stesso modo, McDougall
(1989) si riferisce alla somatizzazione ed all'azione come sostituti del
pensiero "mediante cui il soggetto disperde le emozioni invece di pensare
all'evento scatenante ed alle emozioni ad esso connesse" (p.15).
La teoria del codice multiplo propone un nuovo modo di pensare la relazione
fra acting out, somatizzazione e verbalizzazione, comprese quelle condizioni
in cui ci si attende una relazione complementare fra somatizzazione e verbalizzazione,
il che comporta differenti conseguenze per il trattamento. Nella nevrosi,
ci si può aspettare che la riparazione della dissociazione emotiva
nel trattamento segua il percorso dello sviluppo emotivo iniziale. Il caretaker
è l'oggetto-simbolo primario che organizza gli schemi emotivi
nello sviluppo normale; nel trattamento, l'analista funziona come un nuovo
oggetto nella ricostruzione degli schemi dissociati. Il problema, però,
nel trattare casi di dissociazione severa, che implicano l'evitamento degli
oggetti primari, come nei disturbi di somatizzazione, è che l'evitamento
viene nuovamente messo in atto nel rapporto terapeutico e nel rivivere
le prime relazioni nei ricordi. Casi di questo tipo, come il disturbo da
stress post-traumatico o di somatizzazione, sono stati spesso considerati
non sottoponibili a psicoterapia dinamica. Come ha scritto Krystal (1988):
"L'alexithymia è la singola causa più comune di scarsa risposta
o di completo fallimento della psicoanalisi e della psicoterapia psicoanalitica"
(p.xi).
Secondo la teoria del codice multiplo, il trattamento dei pazienti
con somatizzazione può essere facilitato focalizzandosi su qualsiasi
entità specifica e discreta disponibile a fungere da simbolo organizzatore
all'interno del sistema nonverbale. Specifici sintomi somatici o azioni
possono quindi giocare un ruolo di simbolizzazione transizionale facilitando
la formazione dei simboli e l'integrazione degli schemi all'interno dello
stesso sistema nonverbale prima che altri oggetti, immagini o parole vengano
accettate. Una particolare disabilità fisica o un grave dolore fisico
possono costituire la prima entità discreta che consente al sistema
di entrare nel dominio simbolico. Il processo di simbolizzazione potrebbe
accettare quella parte danneggiata del corpo o il dolore fisico come un
"oggetto", insieme a tutte le associazioni nei contesti e negli schemi
in cui esso compare, molto prima che il ruolo di qualsiasi oggetto interpersonale
venga riconosciuto nello schema emotivo. Alla fine, nel contesto di un
discorso terapeutico condiviso, la focalizzazione sui sintomi fisici potrebbe
aiutare a recuperare ulteriori aspetti dei vecchi schemi emotivi, introdurre
nuovi oggetti negli schemi emotivi dissociati e formare schemi in cui compare
anche l'analista.
Questa idea è in linea con quanto sosteneva Freud circa quei
sintomi somatici provvisti di significato, in modo simile al contenuto
manifesto dei sogni. Freud ipotizzava anche che i sintomi somatici o gli
agiti avessero un ruolo specifico di facilitazione, indipendentemente dal
fatto di essere modalità alternative di scarica pulsionale. Sintomi
e agiti sono quindi concepiti in termini adattivi e progressivi, in alcuni
casi, e non necessariamente regressivi come postulato dal modello della
scarica. Le preoccupazioni del paziente su un particolare sintomo somatico
possono avere una funzione di connessione transizionale fra la computazione
subsimbolica implicita del sistema di elaborazione viscerosensoariale ed
i contenuti interpersonali di uno schema emotivo e non essere solo mezzi
di resistenza.
In questa stessa prospettiva, anche quella modalità specifica
del linguaggio che si riscontra nei pazienti alessitimici può in
alcuni casi fungere da tentativo di ricostruzione di un focus simbolico
per uno schema emotivo dissociato, più che essere visto come evitativo
in sé. L'insistenza sui dettagli che caratterizza il racconto dei
pazienti psicosomatici può essere un fattore dotato esso stesso
di significato emotivo, al pari dei dettagli considerati come irrilevanti
e frutto del meccanismo di spostamento del contenuto onirico manifesto
o di particolari sintomi isterici. Il focus del paziente su dettagli episodici
nel tempo e nello spazio potrebbe essere un tentativo di trovare l'orientamento
su un pezzo di solido terreno simbolico nella memoria emozionale, piuttosto
che un modo per rimuovere i ricordi (Dodd e Bucci, 1987). Le basi della
regola fondamentale delle associazioni libere (secondo cui le nozioni banali
o apparentemente irrilevanti su cui si concentra l'attenzione sono in realtà
pezzi di schemi rimossi che sono sfuggiti alla rimozione) sono applicabili
a tali dettagli esterni specifici o alla verbalizzazione delle sensazioni
viscerali. Il terapeuta può quindi utilizzare queste piccole opportunità
per aprire i campi simbolici e interpersonali.
Sintomi come simboli: supporto empirico
Le implicazioni che questo modello comporta circa la dissociazione
difensiva negli schemi emotivi e la loro riparazione iniziale grazie alla
focalizzazione sui sintomi somatici sono supportate dal lavoro clinico
e dalle ricerche empiriche. Rainer Schors di Monaco (comunicazione personale)
ha fondato il suo modello originale di trattamento dei pazienti con dolore,
che ha un ottimo successo, sull'accettazione del dolore come entità
oggettiva con cui il paziente entra in relazione. James Hull (comunicazione
personale) ha descritto il trattamento di una paziente con disturbo borderline
di personalità. La paziente sentiva che la lingua veniva continuamente
tagliuzzata dai suoi stessi denti. Fu solo quando Hull iniziò a
indagare attivamente chiedendo alla paziente di descrivere i minimi dettagli
di questa sensazione (come avveniva, quale parte della lingua veniva colpita,
ecc) che il trattamento cominciò a progredire e un'alleanza di lavoro
ad emergere concretamente.
Lo stesso principio è stato studiato empiricamente da Leventhal
e colleghi in molti studi (riportati in Leventhal, 1984) in cui i soggetti
venivano esposti a dolore ischemico e stress termico prodotto dall'immersione
della mano in acqua fredda o da distress prodotto dal blocco della circolazione
sanguigna. Soggetti esplicitamente addestrati ad affrontare le sensazioni
dolorose hanno riportato una significativa riduzione dell'esperienza del
dolore in confronto a soggetti di controllo addestrati a distrarsi dagli
stimoli nocivi. I risultati mostrano che la focalizzazione sul dolore può
essere terapeutica, anche se la sensazione dolorifica sembra intensificarsi.
I risultati derivano dai confronti statistici dei livelli di dolore riferiti
nei due gruppi mentre i soggetti non erano consapevoli di questi effetti.
Le persone erano consapevoli di avvertire lo stimolo stressante mentre
ne erano sottoposte ma non volevano conoscerlo consciamente e quindi non
conoscevano l'effetto benefico del focalizzare l'attenzione in questo modo.
Secondo Leventhal, l'attenzione concentrata sullo stimolo dolorifico facilita
il fatto che esso venga vissuto come evento oggettivo e conduce alla costruzione
di processi di coping. Nei termini della teoria del codice multiplo, ciò
corrisponde alla facilitazione del processo di simbolizzazione e dei suoi
effetti regolatori.
Recenti ricerche che hanno misurato l'Attività Referenziale
(AR) sviluppata da Bucci (1984, 1993; Bucci e Miller, 1993) supportano
empiricamente la validità terapeutica della focalizzazione š più
che della distrazione š sui sintomi somatici come processo di facilitazione
della simbolizzazione.
Le misure di AR valutano l'attività delle connessioni
referenziali fra il nonverbale, in particolare l'esperienza emotiva, e
le parole, ossia il grado in cui l'esperienza nonverbale può essere
tradotta in forme verbali.
Le misure di AR sono stati applicate in uno studio sulla relazione
fra somatizzazione, acting out e verbalizzazione in un campione di 50 pazienti
borderline ricoverate (Okie, 1991). In base alla premessa metapsicologica
della scarica sostitutiva, Okie ha inizialmente predetto una correlazione
negativa fra verbalizzazione dell'esperienza emotiva misurata dalle scale
di AR e misure di somatizzazione, danni fisici (intenzionali e non) ed
acting out, in base alla registrazione giornaliera effettuata dal personale
parasanitario. Contrariamente a quanto atteso, Okie ha trovato correlazioni
positive e non negative fra AR e sintomi. I pazienti che avevano maggiori
sintomi fisici, maggiori danni autolesivi accidentali o intenzionali e
più comportamenti con acting out facevano anche un maggior uso del
tipo di linguaggio che segnalava la possibilità di accesso all'esperienza
emotiva. I risultati della Okie offrono delle controevidenze all'assunto
psicoanalitico della scarica sostitutiva e forniscono supporto empirico
ad una relazione complementare fra sintomi e formazione di simboli. I pazienti
borderline dello studio della Okie possono essere considerati, emotivamente
o cognitivamente, attestati ad una fase evolutiva in cui è necessaria
un'organizzazione intrapsichica simbolica nonverbale focalizzata su sintomi
e agiti preliminare rispetto alla capacità di collegarsi ad altre
persone o alle parole.
Le ricerche di Hull, Ellenhorn e Bucci (1990) danno ulteriore supporto
a quest'ipotesi ed alle sue implicazioni sulla specificità dello
stadio evolutivo. Hull ha trovato una correlazione positiva fra misure
di AR e livelli di sintomi (valutati per mezzo della somministrazione settimanale
del questionario SCL-90-R) nelle prime fasi di trattamento di una paziente
borderline con paralisi isterica. Questa paziente aveva prodotto un linguaggio
di elevata AR precocemente nel corso del trattamento quando il livello
dei sintomi era elevato. La nostra idea è che il linguaggio vivido,
florido, a volte psicotico prodotto in questa fase ha funzionato come facilitatore
del focus sui sintomi intesi come simbolo. Ciò può esser
visto come un primo passo nella costruzione simbolica, riflettendo i primi
stadi di riparazione della dissociazione. In questa prima fase, però,
Hull ha trovato anche bassi livelli di raggruppamento dei punteggi di AR
indicativi del ciclo referenziale (Bucci, 1993) in cui un linguaggio vivido
conduce alla riflessione ed al linguaggio condiviso.
Successivamente nel trattamento, man mano che la paziente migliorava
(ed il livello dei sintomi era basso), è stata trovata l'attesa
correlazione negativa attesa fra sintomi e AR ed un incremento del raggruppamento
di punteggi indicativi del ciclo referenziale. Pertanto la paziente usava
i passaggi del linguaggio ad elevata AR non solo per costruire connessioni
simboliche all'interno del proprio schema emotivo ma anche per riflettere
all'interno del discorso comunicativo e per relazionarsi con il terapeuta,
oggetto che allora diveniva disponibile nel campo interpersonale.
Conclusioni: sintomi e significati
La medicina psicosomatica e la psiconeuroimmunologia riconoscono oggi
l'esistenza di interazioni diffuse a livello biologico fra sistema nervoso
centrale, sistema nervoso autonomo, sistema endocrino e sistema linfatico
con influenze di vario grado in tutte le malattie fisiche. I progressi
biomedici non sostituiscono affatto l'approccio psicoanalitico, anzi ne
sottolineano l'importanza centrale. La somatizzazione, tuttavia, resta
largamente al di là della portata dei trattamenti psicoanalitici.
Poiché ricercatori nel campo biologico forniscono evidenze solide
dell'interazione bidirezionale dei fattori emotivi con la salute fisica,
diventa corrispettivamente cruciale sviluppare un modello psicologico che
spieghi tali interazioni.
Attraverso un nuovo percorso concettuale, la teoria del codice multiplo
ritorna sulla nozione di sintomo come dotato di significati emotivi, così
come inizialmente affermato da Freud. Come egli scrisse nel 1900:
Considerando la piena identità esistente tra le
peculiarità del lavoro onirico e quelle dell'attività psichica
che sbocca nei sintomi psiconevrotici, ci riterremo autorizzati a trasferire
al sogno le conclusioni che siamo stati costretti a trarre per l'isteria
(1900; tr.it. p.544)
La concezione secondo la quale i sintomi somatici sono modalità
significative di espressione e simboli transizionali comporta diverse implicazioni
su cui Freud non ha indagato, del tutto incompatibili con le tradizionali
teorie basate sulle pulsioni. Nella nuova prospettiva del codice multiplo,
possiamo riformulare ed ampliare la posizione freudiana: ci riteniamo autorizzati
a trasferire alla somatizzazione le conclusioni sui processi di simbolizzazione
che derivano dallo studio dello sviluppo emotivo, dalle libere associazioni
e dai sogni.
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1990)
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