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PSYCHOMEDIA
RISPOSTA AL DISAGIO
Psicosomatica



Osservazioni psicologiche in margine ad uno studio statunitense della relazione tra attività fisica ed adiposità in età pediatrica

di Licia Filingeri



Il lavoro a cui ci si rifersice fu presentato al Simposio sull'Obesità Pediatrica tenutosi nel corso dell'Ottavo Congresso Mondiale sull'Obesità - Parigi, settembre 1998

Lo studio, opera di ricercatori dell'Obesity Research Center, St.Luke's/Roosvelt Hospital, Columbia University College of Physicians and Surgeons, New York and Island Trees Middle School, Levittown, New York (USA), presentato al Congresso di Parigi, è apparso sotto forma di articolo sull'International Journal of Obesity 1998; 22 (S4): 8: Angelo Pietrobelli, MaryAnn Leone, Steven B. Heymsfield, Myles S. Faith.. Association of physical-activity-teasing with reported activity and activity-attitudes in a pediatric sample.

La relazione tra la scarsa attività fisica e l'incremento dell'adiposità corporea è ampiamente documentata in diversi studi in ambito pediatrico. Tuttavia, a detta degli AA, l'incremento dell' attività fisica occupa un ruolo "critico" nel trattamento terapeutico dell'obesità pediatrica. Per poter promuovere l'attività fisica viene ritenuta importante l'identificazione dei fattori che influenzano l'inattività fisica ed eventualmente le attitudini dei bambini verso la stessa.

Gli AA hanno somministrato un questionario in presenza degli insegnanti durante le ore di solito dedicate allo studio della lingua inglese. Il questionario ha richiesto un tempo di compilazione di circa 30 minuti. Servendosi di questo questionario gli AA hanno interrogato un campione di soggetti (305 ragazzi e 269 ragazze) con una scolarità corrispondente alle classi 3a, 4 a, 5 a elementare italiana di una scuola della periferia di New York. La scuola è situata in un quartiere della borghesia medio-bassa, quasi totalmente bianca e a maggioranza d'origine italiana. Il campione preso in esame non era costituito solo da soggetti obesi e sovrappeso, ma anche da normopeso.

Scopo dello studio è stato quello di analizzare l'associazione di due variabili: lo "stuzzicare" [il prendere in giro] con battute che solitamente i ragazzi si scambiano durante l'attività fisica ed il saper tenere testa a queste "critiche" [o battute pesanti] con la periodicità dell'attività fisica, la sua intensità, la passione per lo sport praticato ed il modo di comportarsi autocontrollandosi durante l'attività fisica. Tutto questo allo scopo di capire come un bambino "cicciottello" è in grado di reagire alle critiche sul suo fisico ed alla sua incapacità di primeggiare nello sport. In letteratura (v. gli studi di L.Epstein) si sottolinea che il bambino "grassottello" è meno portato all'esercizio fisico.

Brevemente si riportano i risultati preliminari presentati a Parigi lo scorso Settembre nell'ambito del Simposio sull'Obesità Pediatrica svolto all'interno dell'8o Congresso Mondiale sull'Obesità.
I soggetti considerati sovrappeso/obesi avevano un'età media di circa 10 anni, una altezza di 152 ± 12.5 cm ed un peso di 45.2 ± 13.1 kg. Il loro Body Mass Index (indice di massa corporea) era di 19.4 ± 4.2 kg/m2.

La presenza di uno "stuzzicare" con battute che solitamente i ragazzi fanno ai coetanei si è mostrata correlata con la ridotta attività fisica, ridotta passione per lo sport praticato e ridotto modo di comportarsi autocontrollandosi durante l'attività fisica. Questo dato è apparso indifferentemente sia sui soggetti maschi che femmine.
In altre parole, i soggetti che ricevevano "maggiori critiche" [battute pesanti] dai coetanei riguardo l'incapacità a primeggiare sono quelli che rinunciano allo sport e che perdono entusiasmo per esso.

D'altra parte, i pediatri, non solo americani ma ultimamente anche italiani, spingono i soggetti in sovrappeso verso una maggiore attività fisica. Esiste tuttavia una differenza sostanziale: infatti negli Stati Uniti viene data molta importanza allo sport "di gruppo", fatto insieme a ragazzi che hanno "lo stesso problema", in questo caso, il sovrappeso.

Alla luce di questi risultati preliminari gli AA suggeriscono che, se da una parte, soprattutto nelle scuole, si spinge per una maggiore attività fisica, dall'altra non si deve dimenticare l'attenzione verso quei soggetti in sovrappeso che si sentono "diversi" e criticati dai loro coetanei.

Al lavoro, scrupolosamente condotto e documentato, come è nello standard americano, manca a mio parere un adeguato approfondimento dal punto di vista psicologico. Esso appare ancora risentire molto della vecchia e deleteria divisione radicale tra scienze dello spirito e scienze della natura (ad onor del vero, questione mai sopita e tuttora al centro di accesi dibattiti ), come se l'appassionato e, in molti casi, fruttuoso dialogo, intrapreso nella prima metà del '900, tra psichiatria, psicologia (in particolare psicoanalisi), filosofia, antropologia e medicina non fosse mai avvenuto. Sembra che Oltreoceano si lavori ancora prevalentemente sulla base di un'osservazione "esterna", che prescinde da ogni introspezione. Tuttavia, da parte degli AA si precisa che restano comunque da verificare più dettagliatamente questi risultati preliminari: infatti gli AA si riservano di commentare più estensivamente i risultati, con un occhio di riguardo verso la componente psicologica.

Vorrei a questo punto, nella mia lettura , valermi di un quadro di riferimento di tipo fenomenologico, come approccio che non persegue, anzi nega un tipo di conoscenza fondata su un ricondurre a dei presupposti i dati dell'esperienza, col porsi invece di fronte al dato reale in maniera diretta, cogliendolo come esso si manifesta nella sua singolarità irripetibile.
L'approccio psicologico fenomenologico mira infatti a cogliere i fenomeni senza fondarsi su giudizi apriostici, semplicemente per ciò che essi sono in quanto tali: di conseguenza, è possibile vedere "le cose", come modi di manifestarsi nel reale, non come "dovrebbero essere" in base ad astratti modelli. L'Io viene percepito non in maniera contingente, ma come un essere-nel-mondo., di conseguenza ne viene colto non il "perché", ma il "come".

Nel caso specifico, si potrebbe cercare di capire il senso del comportamento di questi bambini obesi, partendo dal dato imprescindibile di come il "fenomeno" obesità si presenta alla loro coscienza. Come psicologa, non mi chiederei perché sono obesi (rispondendo ad esempio: Perché non fanno attività fisica), bensì cercherei di cogliere il loro essere nella situazione di bambini obesi o sovrappeso che non amano l'attività fisica e che sono stuzzicati dai compagni.
Al contrario, nello studio in questione si privilegia una ricerca di tipo causale, cercando quale comportamento concreto stia dietro il sintomo obesità , cacciandosi per di più nell'impasse dell'interrogativo: la pigrizia rispetto all'attività fisica è un diretto derivato dell'obesità , o l'obesità deriva dalla pigrizia?

Ritengo che un modello fenomenologico, rifiutando questi criteri come postulati a priori o, eventualmente, usandoli con valore di prova, permetterebbe una miglior comprensione della situazione, oltre che una prevenzione più efficace. Sembra invece che in questo lavoro non ci si curi di considerarne i "modi individuali di essere-al-mondo", la qualità essenziale con cui ciascuno declina la propria esistenza, che non si dà "senza mondo". Trascurando completamente l'accadimento psicologico soggettivo, tutt'al più presupponendolo e cercandolo, mirano a cogliere un "ragazzino standard", senza un cenno allo studio della realtà quale a lui si presenta, e al suo manifestarsi in rapporto al mondo.

Sarebbe stato importante, a mio parere, cercare di capire non "le cose", ma cosa questi preadolescenti stanno esprimendo, anche attraverso il sintomo., cercando di decifrare il loro mondo interno, come si rapportano a se stessi, il vissuto relativo all'obesità ed alla discriminazione ("lo stuzzicare"), riportando dunque l'attenzione al singolo come soggetto, senza cadere nella facile trappola dell'oggettivizzazione o dello schema pre-costituito. Forse così sarebbe stato possibile cominciare a vedere questi ragazzini nel loro globale divenire. Questo avrebbe potuto probabilmente portare a dei veri indicatori clinici riguardo la loro condizione di "obesi".

La caratteristica psicofisica di obeso viene invece qui posta come un dato di fatto iniziale senza alcun collegamento significativo con l'essere in toto di questi ragazzini, di conseguenza non viene poi tentata alcuna ipotesi sulle possibili angosce riguardo un mondo personale incrinato dallo "stuzzicare" nella categoria dell'immagine di sé. Si ha l'impressione che gli AA non abbiano tenuto conto della necessità di distinguere tra corpo fisico, Koerper come oggetto reificato, simile a qualsiasi altra cosa del mondo (concezione già infranta da Galileo agli inizi del '600, e ulteriormente modificata in senso moderno a partire dalle Passions de l'ame di Cartesio, passando poi attraverso Condillac, Maine de Biran, per approdare al mondo della vita di Husserl ), e corpo in senso globale, Leib, inglobante, cioè il vissuto, la valenza emotiva dell'essere; anzi, sembra che venga considerato il Koerper piuttosto che il Leib.

Nessun accenno dunque al considerare il corpo come relazione col mondo e con se stesso, il che renderebbe possibile percezione ed autopercezione, esplorando le connessioni che uniscono al corpo, e rendono perciò possibile che noi siamo appunto il nostro corpo. E' il comprendere questa relazione che permetterebbe di capire come e perché il corpo è diventato tale.
In fase di revisione di questo mio scritto, tuttavia, in un colloquio personale con uno degli AA, il dott. Pietrobelli, ho appreso che, durante la presentazione orale a Parigi è stato accennato alla relazione corpo-mondo esterno, che sarà maggiormente sviluppata in un articolo in preparazione.

Ancora. il sintomo "obesità" sembra qui essere considerato come un'abitudine maladattiva, e conseguentemente l'intervento clinico mira a un nuovo apprendimento (in linea con un approccio comportamentale) che permetta di superare il sintomo. Di conseguenza, si ricorre alla soluzione tramite strategie, e la strategia qui consigliata è l'attività fisica, che peraltro questi preadolescenti rifiutano (e nessuno indaga a fondo sul perché). L'indagine non investe il vissuto di questi ragazzini. Sul significato profondo dello "stuzzicare" i colleghi psicologi non si soffermano.

Binswanger notava come l'Essere si realizzi nell'Esserci, il Dasein, cioè nel rapporto col mondo, e soprattutto sottolineava come fossero infiniti I modi di esserci, compreso ogni modo di essere patologico.
Dunque, lo "stuzzicare" da parte dei preadolescenti rimanda alla categoria del "dover essere" (in questo caso, riguardo l'estetica corrente), peso veramente troppo grande da reggere, considerata l'età di questi ragazzini, e gravemente infirmante la possibilità di appropriarsi veramente di sé. Questi giovanissimi obesi corrono pertanto il rischio di rimanere preda del loro "destino", senza la libertà di poter comunque essere se stessi e di continuare a comunicare in modo autentico cogli altri, al di là di ogni differenza (anche estetica).

Piuttosto che chiedersi quale sarà l'attitudine di questi ragazzini riguardo lo sport, come si fa in questo studio, non sarebbe stato forse più opportuno porsi il problema di quale progetto del mondo potranno mai fare questi giovanissimi, e che possibilità hanno, o vengono loro date, di non essere risucchiati e nullificati da stereotipi? Non sarebbe forse più opportuno porre attenzione sul corpo, non come organismo, ma come corpo vivente (Leib) aperto a un mondo e intenzionato alle cose?
Se, come sottolinea la visione fenomenologica del mondo, la malattia destruttura questo rapporto originario tra corpo e mondo, trasformando il corpo da "veicolo" a ostacolo da superare per essere al mondo, è questo rapporto che va indagato, aiutando questi giovanissimi a progettare un loro mondo, non un ghetto in cui essere relegati in quanto "diversi".
L'esistenza è definita dalla progettualità: se questo non viene favorito, subentra la non libertà dell'essere, e il mondo non è più scelto, ma subito.


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