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PSYCHOMEDIA
Telematic Review
Sezione: RISPOSTA AL DISAGIO
Area: Suicidio e suicidologia


Quando i mass media parlano di suicidio

Maurizio Pompili


Department of Psychiatry, Sant’Andrea Hospital, Sapienza University of Rome, Italy
McLean Hospital – Harvard Medical School, USA

Corresponding author:
Maurizio Pompili, M.D., Department of Psychiatry – Sant’Andrea Hospital, Sapienza University of Rome, 1035 Via di Grottarossa, 00189 Roma Italy Tel.: +39 06 33775675. Fax:+390633775342;
E-mail Address: maurizio.pompili@uniroma1.it or mpompili@mclean.harvard.edu.
www.prevenireilsuicidio.it


Il contenuto di questo articolo é in gran parte tratto da: Pompili M et al. Quando i mass media parlano di suicidio. In: Pompili M, Tatarelli R. Parlare di Suicidio, Roma, 2009 (www.fioriti.it)

Introduzione

Le principali organizzazioni che si occupano della prevenzione del suicidio hanno segnaleto piu’ volte la necessita’ di cambiare il modo di riportare il suicidio attraverso i mezzi di comunicazione di massa. Un gran numero di studi ha rilevato la forte connessione tra la diffusione di notizie, immagini, films, telefilms e persino brani musicali e l’incremento di condotte suicidarie tra i membri della popolazione destinataria del messaggio. Sebbene siano state rilevate problematiche metodologiche nell’accertare l’entità di tale fenomeno, esistono evidenze scientifiche che supportano la connessione citata.
La condotta dei media nell’ambito del suicidio è senza dubbio di grande interesse nell’approfondimento delle dinamiche che si celano dietro l’atto letale. Per poter cogliere l’effettivo ruolo dei media nell’agevolare i suicidi, si devono poter riconoscere i seguenti elementi (Pirkis e Blood 2001a):
1. Consistenza: l’associazione tra trattazione del suicidio da parte dei media e gli effettivi suicidi che si verificano dopo la divulgazione deve presentare una certa consistenza;
2. Significatività: l’associazione è statisticamente significativa e deve poter essere rilevato un effetto dose dipendente (maggiore esposizione a resoconti dei media sul suicidio, maggior numero di suicidi come conseguenza);
3. Temporalità: nesso cronologico tra diffusione di informazioni e suicidi;
4. Specificità: chiara associazione tra comportamento suicidario ed esposizione a servizi (inteso nel più vasto significato del termine) dei media sul suicidio.
5.
Stereotipie mediatiche e condotte imitative

Un crescente numero di lavori indicano che il comportamento suicidario aumenta quando una certa notia riceve un tipo di pubblicità che la rende prominente rispetto ad altre notizie (Bollen e Phillips, 1981; Bollen e Phillips, 1982; Phillips; 1974; Phillips, 1979; Phillips, 1986; Ganzeboom e Haan, 1982; Phillips, 1980). Sebbene questi lavori facciano riferimento a notizie di quotidiani, riteniamo che lo stesso principio possa essere valido per altri tipi di trattazione del suicidio attraverso i mass media.
Un criterio di giudizio importante nell’inquadramento delle stereotipie mediatiche in fatto di suicidio, porta a considerare aspetti quantitativi (Phillips et al, 1992) e qualitativi (Gauld, 2001). Tra i primi vi sono:
1) lunghezza dell’articolo;
2) posizione dell’articolo
3) presenza o assenza di foto
4) grandezza dei titoli
5) frequenza nel riportare la notizia

Tra quelli qualitativi si possono riconoscere i seguenti elementi:
1) se l’articolo può servire come modello di riferimento per elaborare un suicidio;
2) elementi del contenuto riferibili agli aspetti più vasti del problema
3) presenza di elementi di prevenzione e trattamento.

Nell’indagare il comportamento dei media nell’affrontare il tema del suicidio, almeno ad un primo approccio, si possono evidenziare, tra gli elementi più frequenti e caratterizzanti, i seguenti:
- Privilegio di notizie su individui ben conosciuti per il loro nome e per il loro volto;
- conseguenze positive dell’atto: il presentare il suicidio come un atto nobile che paradossalmente possiede caratteri di reversibilità;
- conseguenze negative dell’atto: presentazione empatica del dolore che circonda la vittima e le persone a lui vicine;
- uso di etichette stereotipate:
1. psichiatriche: suicidio collegato a patologia psichiatrica
2. criminali: suicidio considerato come atto criminale
3. svalutative: il suicidio è considerato un atto di poco conto
4. razionali: il suicidio è considerato con motivazioni logiche, in cui si evidenziano note di approvazione soprattutto nel caso del suicidio assistito
5. politiche: il suicidio è posto in riferimento a idee politiche soprattutto di protesta
6. tragiche: prevale l’aspetto fatalistico, quello dell’helplessness e una connotazione positiva ma subdola
7. sensazionalistiche: il suicidio descritto con i grandi titoli ed enfatizzato come uno scoup.


Alcuni autori hanno ricercato un nesso significativo con storie di suicidio che occupano le prime pagine dei giornali ed eventi di vario genere che possono essere ricondotti al suicidio. Secondo lo studio di Phillips (1977, 1979) esiste una connessione tra la condotta mediatica di presentare in prima pagina un suicidio e il numero di incidenti d’auto nella settimana successiva la divulgazione della notizia. Lo stesso autore (1978, 1980) ha posto in evidenza che far risaltare una notizia di omicio-suicidio sui giornali o sui networks televisivi porta ad un aumento di incidenti aerei susseguenti la divulgazione della notizia. Secondo Wessermann (1984) questo effetto si realizzerebbe solo nel caso in cui i media riportino un suicidio di un personaggio celebre. Altri hanno anche azzardato calcoli prevedendo l’incremento di suicidi dopo la divulgazione di un articolo sui quotidiani che descriveva un suicidio. Questa discussione, come noto, ha radici lontane; basti pensare che nel 1774 Goethe pubblicò “I dolori del giovane Werther”, in cui l’eroe si sparava in quanto non ricambiato in amore. I forti comportamenti imitativi che tale libro suscitò, portò alla censura del romanzo in vari paesi europei (effetto Werther) (Pirkis e Blood, 2001b).
Si possono a questo punto sottolineare vari punti che segnano le principali caratteristiche collegate alla divulgazione di “notizie” inerenti il suicidio:

1) I servizi sul suicidio possono indurre un aumento del comportamento suicidario, soprattutto quando questi vengono enfatizzati, sono ripetuti o descrivono il metodo di suicidio utilizzato; sono i giovani e gli anziani a essere particolarmente vulnerabili a questo tipo di influenza;
2) La maggior parte dei resoconti forniti dai media circa i suicidi omettono di informare adeguatamente circa la patologia psichiatrica di cui la vittima era affetta.
3) Modificare il metodo con cui vengono riportate le notizie di attualità riguardanti il suicidio, quindi fare attenzione al tipo di foto e alla descrizione dell’evento può aiutare a prevenire i suicidi di quelle persone più vulnerabili;
4) Fornire informazioni attraverso i mezzi di informazione (anche nell’ambito di notizie, trasmissioni di qualsiasi genere sul suicidio) sui tipi di supporto disponibili a coloro che si trovano in difficoltà e l’incoraggiare la richiesta d’aiuto in presenza di tendenze suicidarie ha un effetto positivo nella prevenzione.

I media possono non rendersi conto di quanto sia facile fornire tutti gli ingredienti necessari ad un suicidio a coloro che in quel momento sono particolarmente vulnerabili al messaggio. Eppure la “ricetta” è sempre la stessa: situazioni fin troppo reali vengono divulgate e si inseriscono con una facilità estrema nel contesto socio-culturale della massa, divenendo modelli di soluzione. Un evento noto in letteratura riguarda un episodio di un serial televisivo britannica (Casualty), in cui una ragazza di 15 anni ingoiava 50 compresse di paracetamolo, da cui si desumeva che sarebbe poi morta. Vari autori (Collins 1993; Waldrom et al, 1993; Merskey 1996) hanno rilevato che a seguito di questo episodio molti suicidi e tentativi di suicidio sono stati effettuati ingerendo compresse di paracetamolo. Nei casi di tentativo di suicidio molte delle vittime hanno confessato la connessione con l’episodio citato. Anche un altro episodio di Casualty fece rilevare lo stesso effetto quando fu mandato in onda un episodio in cui un pilota dell’aviazione militare britannica tentava il suicidio ingerendo compresse di paracetamolo (Hawton et al, 1999; O’Connor et al, 1999). Inoltre la facile reperibilità del paracetamolo deve aver reso estremamente utile adottare lo stesso metodo di suicidio della vittima del telefilm. Lo stesso effetto si è avuto dopo la messa in onda di un episodio di Surviving, in cui una coppia di giovani si suicidava con una overdose (Ostroff et al, 1985; Ostroff e Boyd 1987).
Vi sono alcune situazioni che I media amano collegare al suicidio, sia che si tratti di una notizia di cronaca sia nell’ambito della fiction. Quelle di seguito elencate sono le condizioni che a nostro avviso inducono un maggior numero di comportamenti imitativi in soggetti vulnerabili quando vengono enfatizzate dai mass media:

- Malattie terminali;
- Perdite finanziarie;
- Disoccupazione
- Perdita di una persona cara per morte o divorzio;
- Problemi matrimoniali;
- Isolamento sociale;
- Salute cagionevole;
- Depressione e sfiducia nel futuro;
- Gap generazionale tra genitori e figli;
- Difficoltà scolastiche.

Secondo la teoria del comportamento contagioso, un individuo ha pre-esistenti motivazioni per realizzare un certo comportamento ma possono esistere delle inibizioni che lo possono bloccare. Lo studio di Blood e Pirkis (2001) ha evidenziato che si riscontrano un maggior numero di comportamenti imitativi quando una notizia di suicidio riportata su un quotidiano presenta i seguenti caratteri:

1. titoli di prima pagina
2. titoli cubitali
3. modalità di presentazione a tipo “scoup”
4. ripetitività del messaggio.

Il dato ricavato da Wasserman (1984), secondo cui solo il suicidio di un personaggio celebre induce un incremento dei suicidi dopo che è stato pubblicizzato, è stato successivamente smentito da Gundlach e Stack (1990) che hanno evidenziato come qualsiasi suicidio possa indurre condotte imitative dopo essere stato pubblicizzato massicciamente. Degno di nota è ciò che è accaduto nel caso del suicidio della famosa rock star Kurt Cobain. La vedova dell’idolo di centinaia di migliaia di fans nel mondo presentò il suicidio del marito nelle numerose rubriche e servizi televisivi, trasmissioni radiofoniche e articoli della carta stampata come un atto dai forti connotati negativi. Questo messaggio unito al fatto che i media si uniformarono ad esso arginò i comportamenti imitativi che in questo caso più di altri si sarebbero attuati.
Le stereotipie mediatiche sono strettamente connesse al contesto culturale. Lo incarnano plasmando i contenuti dei servizi secondo modalità molto radicate negli usi e nei costumi di un certo luogo. Ad esempio in Germania la notizia di un suicidio è inquadrata nell’ambito di un atto criminale o di natura psicopatologica, mentre in Ungheria i giornali dipingono il suicidio con elementi che richiamano il romanticismo. Questo ha portato alcuni autori (Fekete e Schmidtke, 1995) a congetturare che questo elemento può essere uno dei fattori che contribuisce al più alto tasso di suicidio dell’Ungheria rispetto alla Germania. Inoltre nella stampa ungherese e lituana il descrivere il suicidio come elemento connesso a personalità prominenti e con conseguenze positive, ponendo in secondo piano i lati patologici e “negativi” del gesto, può essere verosimilmente riconosciuto come un elemento che contribuisce ad incrementare il tasso di suicidio rispetto alla popolazione tedesca e austriaca che sono state prese come elementi di controllo (Fekete et al, 1998).
Dallo studio di Weimann e Fishman (1995) è stato possibile riconoscere un cambiamento di tendenza nel riportare notizie di suicidi, nella fattispecie analizzando grandi quotidiani israeliti. Ogni articolo di suicidio è stato analizzato considerando la forma, la collocazione, la presenza di foto, le caratteristiche demografiche della vittima, il metodo di suicidio, l’attribuzione della responsabilità e l’attitudine del cronista verso il gesto della vittima. Questo studio ha posto in risalto che lo spazio destinato a notizie di suicidi è aumentato negli anni ottanta e novanta e che i quotidiani si concentrano di più sui metodi violenti di suicidio. Inoltre in molte occasioni il quotidiano presentava una certa attitudine a condividere l’atto suicidario e solo in un numero ridotto di casi venivano evidenziati i connotati negativi del gesto.
Attualmente si riscontra la forte necessità ad arginare quei particolari modi tipici dei media nel riportare una notizia di suicidio o nel rappresentarlo nelle più variegate forme, molte delle quali capaci di indurre comportamenti imitativi. Riteniamo utile sottolineare i seguenti punti come prontuario per una migliore gestione delle notizie riguardanti il suicidio.


Il caso di MJ Nee a Taiwan

Numerosi studi hanno dimostrato che la notizia del suicidio di una celebrità possiede un notevole effetto “copycat” sulla popolazione, incrementando i tassi di suicidio (Stack, 2003; Yip et al, 2006). Una meta-analisi che ha preso in considerazione 419 studi sull’effetto dei media sui tassi di suicidio, ha mostrato che gli studi basati sul suicidio di una celebrità hanno una probabilità di riportare un effetto “copycat” di 5.27 volte maggiore rispetto agli studi non basati sul suicidio di un personaggio famoso (Stack, 2005).
Un recente studio ha analizzato direttamente l’impatto di una notizia sul suicidio di una celebrità su una popolazione di pazienti depressi (Cheng et al., 2007). I pazienti sono stati intervistati attraverso un questionario per valutare la loro esposizione a tale notizia e l’impatto di essa sul comportamento suicidario. Lo studio è stato appunto condotto immediatamente dopo la diffusione da parte dei media di una notizia sul suicidio di un famoso attore televisivo a Taiwan, MJ Nee, che si è suicidato impiccandosi all’età di 59 anni nell’Aprile del 2005. Le notizie su questo gesto letale dell’attore hanno avuto inizio dal 2 Maggio 2005, il giorno in cui il corpo dell’attore fu trovato, e sono continuate per 17 giorni (Cheng et al., 2007a). L’analisi dettagliata del contenuto delle notizie diffuso su questo suicidio hanno mostrato che i media hanno utilizzato parole sensazionali e notevole empatia per la vittima. Inoltre è stato descritto più volte e dettagliatamente il metodo utilizzato dall’attore, con foto e descrizioni particolareggiate dei metodi e del luogo dove l’attore ha commesso il gesto. Come notato dagli autori, in questo modo i media hanno ignorato diversi aspetti delle linee guida dell’OMS su come riportare notizie riguardanti il suicidio (WHO, 2000). I risultati di questo studio mostrano che di tutti i pazienti esposti a tale notizia (n = 461), 220 (50,2%) hanno riportato un comportamento suicidario nel periodo successivo alla notizia, e 27 (6.2%) hanno effettuato un tentativo di suicidio, e quasi tutti questi tentativi hanno avuto luogo nelle tre settimane successive alla notizia. Più di un terzo della popolazione presa in esame ha affermato che la notizia aveva avuto un’influenza negativa sui pensieri riguardanti il suicidio e sul tentativo di commetterlo. Questo studio non solo ha dimostrato l’influenza diretta della notizia sui pazienti affetti da depressione, ma conferma l’importanze di seguire le linee guida nel riportare notizie così delicate.
In un altro studio sono stati analizzati i tassi di suicidio dal 2003 al 2005, per valutare se la stessa notizia a Taiwan aveva provocato un incremento nei tassi di suicidio nella popolazione generale e se era presente un gruppo ad alto rischio per questo effetto di imitazione dopo la notizia (Cheng et al, 2007b). I risultati di questo lavoro hanno dimostrato un marcato incremento nei tassi di suicidio nelle quattro settimane (Maggio 2005) dopo la diffusione delle notizie sul suicidio di Nee, confrontati con lo stesso periodo nei due anni precedenti. Il numero dei suicidi è chiaramente cresciuto da 390 in Aprile a 467 in Maggio (un incremento del 19,7%), per poi decrescere a 367 nel Giugno 2005. Nello stesso mese è stato riscontrato anche un incremento nei suicidi per impiccagione, che è stato il metodo utilizzato da Nee, e tale incremento è stato riscontrato solo negli uomini. Questi dati mostrano chiaramente un notevole incremento dei suicidi nelle quattro settimane successive alla notizia, e gli autori attribuiscono questo incremento alla quantità di notizie riportate e alla modalità utilizzata dai media. E’ interessante notare che in questo studio è stato riscontrato un incremento notevole dei suicidi in soggetti più giovani dell’attore, e questo potrebbe suggerire che i giovani sono una popolazione maggiormente vulnerabile all’influenza dei media.
Uno studio molto recente ha analizzato se le modalità di riportare notizie così delicate sempre nella stessa regione del caso mediatico sopra riportato, cioè a Taiwan (Fu & Yip, 2008). Tale studio prende vita proprio dalla considerazione che i media in quella regione non seguivano in passato le raccomandazioni WHO sulla prevenzione del suicidio. Dopo l’attuazione di una campagna d’informazione rivolta ai media sulle linee guida, come dimostrato da Fu e Yip, si è verificato un effettivo cambiamento nello stile delle notizie in accordo con le indicazioni delle linee guida (Fu & Yip, 2008). In particolare si è verificato un ridotto uso di rappresentazioni pittoresche del suicidio e un ridotto uso di titoli che menzionavano il suicidio (Fu & Yip, 2008). La ricerca di Fu e Yip ha dimostrato che i programmi per sensibilizzare i media nel riportare notizie così delicate sono efficaci nel modificare lo stile dei media, e tale dato è in linea con quanto riportato da Niederkrotenthaler e Sonneck, che hanno analizzato l’effiacia delle lenee guida rivolte ai mass media in Austria divulgate dal 1987 (Niederkrotenthaler & Sonneck, 2007). In quest’ultimo studio è stata rilevata anche un certo impatto delle linee guida sul comportamento suicidario nella popolazione; infatti dall’introduzione delle linee guida in Austria si è verificato una riduzione ogni anno dei tassi di suicdio pari a 81 suicidi in meno ogni anno (95% CI) (Niederkrotenthaler & Sonneck, 2007).


Il Ruolo di Internet

E’ ormai noto che il mezzo di comunicazione di massa maggiormente utilizzato dai giovani è internet. Per questo motivo nei prossimi anni la ricerca si dovrà focalizzare sul ruolo che tale mezzo di comunicazione riveste per quanto riguarda la salute mentale dei giovani, e per quanto riguarda i comportamenti suicidari. Pochi studi hanno effettuato una correlazione tra l’uso di internet e il rischio di suicidio. Due studi hanno riportato il caso in cui il suicidio di un’adolescente era legato a siti che istigavano il suicidio (Becker et al 2004a; Becker et al, 2004b), concludendo che il contenuti dei siti può essere un trigger per quanto riguarda il comportamento suicidario.
.Un recentissimo st¤udio, effettuato su una popolazione di adolescenti giapponesi arruolati per la ricerca attraverso una collaborazione con una scuola superiore, ha dimostrato che una storia di ideazione suicidiaria può essere correlata alla ricerca di informazioni su internet riguardanti il suicidio, esperienze di ansia e dolore riguardo l’uso di media elettronici e sospettosità sulle persone attorno a noi (Chan et al, 2008). Su un totale di 208 soggetti che avevano presentato una storia di ideazione suicidaria, 33 (15%) avevano avuto accesso ad informazioni sul suicidio accessibili on line. Tale correlazione viene anche confermata dall’ analisi di regressione logistica (Chan et al, 2008).
Questi dati confermano che il ruolo di internet sul comportamento e sulla mente degli adolescenti non è da sottovalutare e che è di fondamentale importanza studiare attentamente in che modo internet possiede un ruolo nell’incremento dei tassi di suicidio e come prevenire gli effetti negativi derivanti dall’uso del web. In quest’ottica risulta di fondamentale importanza l’instaurare campagne preventive che tengano conto di internet. Una proposta concreta potrebbe essere quella di creare siti web anti-suicidio, che forniscano informazioni utili ad adolescenti e giovani adulti con propositi auto lesivi e che possono andare alla ricerca di una risposta concreta tramite il web; lo studio de Chan et al. ha dimostrato che i giovani con ideazione suicidaria frequentemente hanno accesso alla rete alla ricerca di informazioni sul suicidio ed ü probabile che essi vadano alla ricerca di un aiuto. Per questo potrebbe essere efficace creare una rete di informazioni e di supporto tramite siti internet che contrastino la disinformazione e i siti che incitano al suicidio. Inoltre, un ulteriore strategia di prevenzione potrebbero essere quella di educare i giovani ad un utilizzo corretto di internet, e di saper riconoscere le informazioni da considerare valide.
Ulteriori studi sono necessari per valutare l’impatto diretto di internet sul rischio di suicidio. In particolare sarebbe interessante valutare se le attività su internet incrementano il rischio di suicidio e quali sottogruppi di soggetti sono particolarmente vulnerabili (Mishara & Weisstub, 2007).


Raccomandazioni e strumenti di prevenzione

Le seguenti raccomandazioni possono essere utilizzabili per ridurre il rischio di comportamenti imitativi o di contagio pur mantenendo l’integrità del servizio (Gauld, 2001):
1) domandarsi se il suicidio costituisce una notizia;
2) non presentare il suicidio come un atto misterioso in un individuo apparentemente in salute e di successo;
3) indicare invece che il suicidio è una complicazione in diversi tipi di patologia mentale, molte delle quali sono trattabili;
4) non presentare il suicidio come un modo ragionevole per risolvere i problemi;
5) non presentare il suicidio in stile eroico e romantico;
6) fare particolare attenzione a fotografie della vittima e a quelle relative al dolore dei parenti e amici al fine di evitare un’identificazione con la vittima e glorificarne inavvertitamente la morte;
7) evitare le descrizioni particolareggiate sul metodo di suicidio e sul luogo dove è avvenuto;
8) limitare lo spazio riservato a storie di suicidio; evitare titoli di prima pagina;
9) evitare un inutile sensazionalismo; storie ben riportate sono a volte danneggiate da titoli inappropriati;
10) fornire informazioni adeguate su risorse disponibili per il trattamento e la prevenzione del comportamento suicidario.

Tab. 1 - Linee guida per identificare gli elementi mediatici che favoriscono o prevengono il suicidio (Konrad et al, 2000)

Il rischio di contagio è più alto se:
- Vi è un riferimento sensazionalistico;
- Il servizio è in prima pagina, soprattutto nella metà superiore;
- La parola “suicidio” appare in prima pagina;
- Vi sono figure della vittima o della scena del suicidio;
- La vittima viene fatta passare come eroe.

L’effetto su persone suscettibile sarà più forte se:
- Si forniscono dettagli su come o dove il suicidio è evvenuto;
- Il suicidio è descritto come inspiegabile (ad es.: aveva tutto dalla sua parte);
- I motivi del suicidio sono romanticizzati (...esere uniti per l’eternità)
- I motivi sono semplicistici (ad es.: il ragazzo ha commesso il suicidio a causa di brutti voti a scuola)

Il rischio di Il rischio di contagio è ridotto quando:
- Sono presentate alternative al suicidio (dove l’individuo poteva trovare aiuto?);
- Vengono forniti esempi di esiti favorevoli;
- Sono fornite informazioni sulle risorse a disposizione di individui con tendenze suicidarie;
- È fornita una lista di indicatori di comportamenti suicidari.

Segnali d’allarme:
- Minacce dirette o indirette di suicidio;
- Precedenti tentativi di suicidio;
- Cambiamenti nel comportamento (ritiro, apatia);
- Depressione (insonnia, perdita dell’appetito, hopelessness, preoccupazioni, perdita di iniziativa ed interessi, mancanza di concentrazione);
- Possibili programmi finali (come disfarsi di oggetti personali).

Esiste dunque la necessità di creare una cultura all’interno dei media che permetta il loro utilizzo nella lotta contro il suicidio. E’ possibile osservare la valida azione preventiva che essi possono esplicare. Ad esempio, nei casi in cui il suicidio viene presentato con modalità che richiamano gli elementi negativi dell’atto, l’informazione ha un chiaro messaggio educativo. In altri casi, collegata alla notizia o ad una scena di suicidio, vengono anche presentati eventuali meccanismi di coping e di supporto che possono essere utilizzati da coloro che sperimentano un’ideazione suicidaria.

In conclusione, una condotta in linea con la lotta al suicidio dovrebbe attenersi ai seguenti punti:

1) essere realistici: i suicidi sono notizie e spesso sono entità difficili da gestire, soprattutto nel caso di suicidi di personaggi noti. E’ necessario impegnarsi in un lavoro che rispetti i più sani principi dei media;
2) sviluppare una strategia dei media: raccogliere solo i fatti e le figure essenziali; pianificare gli eventi ed istruire le persone a scoprire i punti più pratici e importanti di una storia. Rendere una notizia chiara e semplice;
3) accettare l’aiuto: ricercare aiuto da parte di persone autorevoli nell’ambito dei media, con i quali stabilire una coalizione nel formare personale professionalmente corretto e nel sensibilizzare i media ad attenersi ai principi di prevenzione del suicidio.

Tab.2-Raccomandazioni dell’American Association of Suicidology, dell’American Foundation for Suicide Prevention e Annenberg Public Policy Center (2002) che si sono espresse affinchè le stereotipie linguistiche dei media riguardo al suicidio siano modificate:

1) quando è possibile, evitare di riferirsi al suicidio nei titoli di un servizio: la causa di morte dovrebbe comparire nel corpo della storia e non nei titoli;

2) le morti che suscitano un interesse nazionale, come quelle di persone famose, o quelle trattate solo localmente ad esempio nel caso di persone che vivono in piccoli centri abitati dovrebbero essere titolati secondo gli esempi seguenti: “Marilyn Monroe morta a 36 anni” oppure “John Smith morto a 48 anni”: le indicazioni di come sono morti possono trovare posto nel corpo dell’articolo;

3) nel corpo dell’articolo è preferibile descrivere la vittima come colui “che è morto a causa del suicidio” piuttosto che come colui che “è un suicida” o che “ha commesso il suicidio”: le ultime due espressioni riducono la persone al modo della morte oppure connotano un comportamento criminale o peccaminoso.


Conclusioni

Il fenomeno suicidario, diffusamente presente in tutti i tempi e in molte culture, riflette suggestioni, immagini e influenze filosofiche, religiose, culturali, sul cui sfondo tuttavia si tagliano le radici e i significati personali del comportamento individuale. Lo studio del suicidio è dunque, per sua natura, complesso e difficilmente delimitabile. La cultura attuale è inequivocabilmente dettata dai mass media. Mode, tendenze, novità di ogni genere, stili di vita, consigli medici e psicoterapeutici che propongono soluzioni facili per i problemi del sé, nonché tentativi di riflessioni filosofiche e sociologiche vengono prepotentemente presentate dai mezzi di comunicazione. La vulnerabilità degli individui ai messaggi dei media è evidente nella quotidianità. La propaganda di qualsiasi genere ha sicuri effetti su specifici gruppi della popolazione generale. Sfortunatamente i media non discernono la loro azione tendente alla massimalizzazione del potere informativo tra i vari generi di notizie e temi trattati. I dati della letteratura hanno confermato ampiamente l’azione delle stereotipie medianiche nell’indurre comportamenti imitativi in soggetti vulnerabili. Le notizie inerenti il suicidio sono spesso trattate in modo sensazionalistico. Nei quotidiani queste ricevono di frequente i titoli di prima pagina e la presentazione a tipo di “scoup”. Dettagli che rasentano la tollerabilità del senso comune sono facilmente reperibili negli articoli di giornali e nei servizi televisivi. Films e telefilms sono generalmente prodighi nel presentare l’atto suicidarlo come un comportamento tipicamente correlato a specifiche situazioni della vita quotidiana, considerando che molti serial televisivi sono parte integrante della quotidianità di molte persone.
Un crescente numero di iniziative ha condotto all’elaborazione di linee guida atte a migliorare il metodo con il quale il tema del suicidio è trattato dai media. Si ha motivo di ritenere che allo stato attuale vi siano dei primi accenni da parte dei rappresentanti dei media per migliorare la presentazione del fenomeno del suicidio. Poter creare una cultura all’interno dei mezzi di comunicazione di massa è infatti un obiettivo primario da raggiungere, soprattutto per ciò che concerne la divulgazione dei mezzi di supporto a disposizione di coloro che sperimentano il comportamento suicidario. Vari studi hanno evidenziato che trattare argomenti inerenti il suicidio accompagnati alla presentazione delle risorse a disposizione degli individui in crisi riduce notevolmente la possibilità che si verifichino comportamenti imitativi.


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Maurizio Pompili, medico psichiatra e suicidologo, è Ricercatore Universitario e docente presso i corsi di laurea e specializzazione della II Facoltà di Medicina e Chirurgia, Sapienza Università di Roma. E’ affiliato al McLean Hospital – Harvard Medical School, Boston, USA. E’ autore di circa 200 pubblicazioni sul suicidio compresi due libri internazionali. E’ il referente per l’Italia dell’International Association for Suicide Prevention (IASP). E’ stato insignito nel 2008 con lo Shneidman Award dall’American Association of Suicidology per i contributi di alto valore resi alla ricerca sul suicidio. www.prevenireilsuicidio.it

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