PSYCHOMEDIA Telematic Review
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Sezione: ARTE E PSICOTERAPIA
Area: Arteterapia
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Lintelletto corporeo o immaginale
Uno strumento per le psicoterapie espressive
Marco Alessandrini
Psichiatra, psicoterapeuta, Responsabile Unità Operativa Territoriale del Centro di Salute Mentale di Chieti, Professore a contratto presso lUniversità di Chieti per linsegnamento di Psichiatria nella Facoltà di Psicologia e per linsegnamento di Psicosomatica nella Scuola di Specializzazione in Psichiatria, Direttore Scientifico della Scuola di Specializzazione in Psicoterapia Psicodinamica Breve (autorizzata dal MURST).
Indirizzo per la corrispondenza:
Centro di Salute Mentale (C.S.M), Viale Amendola n. 47, 66100 Chieti (Ch),
tel. 0871-35.89.08/33, fax 0871-35.89.23; e-mail: lucesegreta@libero.it
INTRODUZIONE
Esiste un intelletto che nasce dal corpo. Le teorie che lo descrivono sono numerosissime e si estendono dallantichità a oggi, oltre che da una disciplina allaltra. Esse da un lato appartengono allambito umanistico, come la filosofia, lestetica, la religione e in particolare la mistica, dallaltro lato sono di pertinenza dellarea scientifica, come le neuroscienze, la psicologia sperimentale, la psicoanalisi.
A partire da alcune di queste teorie è fondamentale stabilire, nellordine:
(1) lorigine e la natura dellintelletto corporeo;
(2) il ruolo svolto da questa modalità intellettiva nelle principali condizioni psicopatologiche, in particolare nelle psicosi, nelle nevrosi e nei disturbi di personalità;
(3) le strategie per agire su questo canale intellettivo in un contesto psicoterapeutico, ai fini di una trasformazione positiva della personalità.
1. ORIGINE E NATURA DELLINTELLETTO CORPOREO
Loggetto trasformativo
Un utile punto di partenza è la teoria psicoanalitica di Cristopher Bollas, in particolare la sua concezione del cosiddetto «oggetto trasformativo» (1). Secondo questo autore, la cui fonte ispirativa è Donald Winnicott (2) (3), lIo ha una base inconscia e questa corrisponde a una sorta di «idioma» personale del neonato, un linguaggio provvisto di una «sintassi di gesti, di suoni, di modelli e di umore, tale da assicurare lintimità - e da enfatizzare latmosfera appartata - (
)» del rapporto con la madre (ibidem, p. 1061).
Pertanto nel rapporto precoce, ricco di un interscambio relazionale oggi accuratamente scandagliato dagli studi dellinfant research (4), la madre equivarrebbe nellesperienza del bambino a un «processo», ovvero allinsieme delle trasformazioni che lei con le proprie cure induce a livello psicofisico. Perciò Bollas afferma che agli inizi «la madre è più significativa e identificabile con un processo piuttosto che con un oggetto, un processo che consiste in trasformazioni cumulative interne ed esterne» (5, p. 22).
In altre parole, il carattere o la personalità di ogni individuo equivarrebbe, alla sua base, a una modalità inconscia ma soprattutto corporea, specificamente sensoriale e affettiva, di percepire e di trattare il Sé e gli altri. Questa modalità può anche essere definita estetica - da aisthesis, percezione (6) -, perché discende da come la madre ha trattato il Sé del bambino, vale a dire da come si è presa cura fisicamente del bambino. Anche in seguito, negli adulti, permarrebbe la tendenza a ricercare negli oggetti, o nelle esperienze di vita, un vissuto preriflessivo e fusionale dal quale attendersi una trasformazione psicofisica del Sé e del mondo circostante. Tale ricerca sarebbe non soltanto inconsapevole, ma fondata su una comprensione di sé e degli altri mediata da interscambi sensoriali e affettivi, da un vero «idioma» psicofisico composto di sensazioni corporee ed emotive, oltre che da gesti, da movimenti, da azioni.
La teoria di Bollas dà quindi luogo, volendo generalizzare, a una prima formulazione di un cosiddetto intelletto corporeo. Sono qui infatti evidenti due caratteristiche: in primo luogo la natura preriflessiva, intuitiva e sensoriale-emotiva di questo intelletto, i cui processi di pensiero sarebbero fortemente aderenti ai vissuti corporei, in particolare ai vissuti di trasformazione del proprio Sé psicofisico e dellambiente circostante; in secondo luogo, tale intelletto avrebbe origine in scambi relazionali precoci basati su un contatto psichico simbiotico-fusionale, anchesso profondamente intriso di fisicità corporea.
Occorre segnalare una terza caratteristica di questa modalità intellettiva: lidea, proposta anchessa da Bollas, secondo cui tale attività sarebbe di per sé una funzione organizzante svolta attivamente dallIo. In effetti lappartenenza alle attività inconsce dellIo, quindi alle attività comunque intenzionali, permette di qualificare questa modalità conoscitiva come un vero e proprio processo intellettivo.
Processo primario e processo secondario
Freud ha distinto due modalità intellettive o di pensiero: il processo primario, modalità specifica dei processi inconsci, e il processo secondario, modalità peculiare dei procedimenti della coscienza (7). Per quanto luna o laltra di queste due modalità di pensiero possa dominare il funzionamento mentale nella singola persona e nei vari momenti, autori tra i quali Ignacio Matte-Blanco (8), John Kafka (9) e Hans Loewald (10) hanno sottolineato che esse sono compresenti e reciprocamente intrecciate. E tuttavia evidente che nel corso dello sviluppo il processo secondario, la cui logica si compone di riflessioni astratte e analitiche, acquista un ruolo maggiore nei procedimenti psichici, perfezionandosi a livelli sempre più elevati. Invece il processo primario, la cui logica è extra-riflessiva, basata su riflessioni definibili piuttosto come intuizioni intrise di sensazioni corporeo-emotive, resta ben presente ma tuttavia in secondo piano. Accade in pratica che nel corso dello sviluppo il processo secondario e la coscienza - con ciò consolidandosi come tali - tendano a distanziare sempre più il processo primario.
Occorre ribadire che i due processi, primario e secondario, o anche extra-riflessivo e riflessivo, intuitivo o sensoriale-emotivo e astratto o logico-analitico, sono comunque compresenti. E quindi possibile distinguere due modalità di coesistenza reciproca. In una prima modalità, senzaltro più originaria perché predominante nelle fasi precoci dello sviluppo, il processo secondario o riflessivo è fortemente aderente al processo primario o extra-riflessivo. In una seconda modalità, più accentuata con il procedere dello sviluppo, il processo secondario o riflessivo acquista distanza, autonomia e differenziazione rispetto al processo primario o extra-riflessivo.
I due intelletti: corporeo e astratto
In base a quanto appena detto si può affermare che le due modalità di coesistenza o di reciproco intreccio tra i due processi, primario e secondario, corrispondono a due forme di intelletto. Là dove la coesistenza tra logica extra-riflessiva e riflessiva è basata su una maggiore reciproca adesione, si può parlare di intelletto corporeo; là dove invece la coesistenza è basata su un distanziamento reciproco maggiore, si può parlare di intelletto astratto.
Un utile esempio di intelletto corporeo è fornito da una precisazione di Loewald riguardante il linguaggio. Questo autore puntualizza che il linguaggio, nelle fasi della sua acquisizione, è comunicato «in modo onnipervasivo dalla madre nelle pratiche quotidiane di accudimento e nutrimento (
)». Quindi in questa fase il linguaggio e la voce «sono una parte e un frammento della globale interazione tra la madre e il bambino» (10, p. 159). Ne risulta quindi che «le parole da cui è composto il parlare della madre formano ingredienti indifferenziati di una situazione o evento globale in cui si trova immerso il neonato (
)» (ibidem, p. 164).
Pertanto a questo livello i concetti espressi verbalmente, di per sé astratti e riflessivi, sono indistinguibili o strettamente aderenti rispetto a un insieme di vissuti sensoriali-affettivi e intuitivi di natura extra-riflessiva, radicati nellinterazione corporea con la madre e con lambiente. Il significato concettuale e astratto, specifico del processo secondario, è letteralmente immerso in questo significato intuitivo trasmesso per via corporea da sensazioni ed emozioni derivanti dai gesti, dalla mimica, dalle sonorità, dagli odori, dalla superficie tattile. Si potrebbe anche affermare - unendo le considerazioni di Loewald a quelle di Bollas - che in questo suo livello il linguaggio si compone di concetti ancora totalmente immersi nellesperienza dei cinque sensi, è per questo motivo è esso stesso in grado di agire come oggetto trasformativo, provocando una modificazione dellesperienza psicofisica del Sé e dellambiente.
Non solo. Per questa ragione i cosiddetti simboli si avvicinano, a livello dellintelletto corporeo, a ciò che in altra sede sempre Loewald (11) designa come «protosimboli». In questi le parole e le cose, o i concetti e le cose - più in generale il simbolo e loggetto simboleggiato - sono intercambiabili e in uno stato di identità arcaica(12). A livello invece dellintelletto astratto, derivante da una maggiore distanza e differenziazione del processo secondario rispetto a quello primario, i simboli corrispondono ai cosiddetti «simboli veri e propri». In questi ultimi «simbolo e oggetto simboleggiato sono reciprocamente differenziati (
)» (11, p. 56).
Lintelletto immaginale
I simboli e i concetti dellintelletto corporeo si avvicinano ai protosimboli, ma non sono a questi esattamente corrispondenti. E utile definirne la reale natura tramite un concetto estraneo alla psicoanalisi tradizionale, sebbene ripreso da correnti recenti della psicologia junghiana (14).
Il concetto in questione è riassunto da un termine coniato dallorientalista Henry Corbin, mundus imaginalis, che intende rinviare a una dizione araba altrimenti intraducibile, alam al mithal (15) (16). In particolare, nei testi studiati da Corbin un insieme di mistici islamici sciiti e sufi ha descritto, fra il XII e il XV secolo, una dimensione immaginativa consistente in mondi assolutamente particolari, recepita mediante una visione interiore.
Naturalmente esperienze di questo genere appartengono alla mistica di ogni ordine e tempo, non esclusa quella cristiana, e sono legate a organi percettivi sottili di cui lanima disporrebbe in stretta corrispondenza con gli organi sensoriali del corpo (17). Per esempio, le metafore utilizzate a seconda delle epoche e delle esperienze comprendono espressioni quali occhi di luce o occhi del cuore, e così proseguendo per ogni altro canale sensoriale ordinario.
Ciò che stupisce di questi vissuti, e soprattutto delle descrizioni accurate e realistiche dei mondi delle visioni, è la stringente analogia con le rappresentazioni mentali preriflessive e preverbali oggi identificate dalla moderna psicologia. Tra queste, per esempio, le cosiddette RIG individuate da Daniel Stern, vale a dire «Rappresentazioni di Interazioni che sono state Generalizzate». In pratica, gli episodi vissuti nellinterazione con un caregiver, se ricorrenti nel tempo con caratteristiche ogni volta analoghe o simili, verrebbero raggruppati dalla mente del neonato sotto forma di rudimentali astrazioni, appunto le RIG. Queste perciò, scrive Stern, «sono strutture flessibili che rappresentano la media di diversi episodi reali e formano un prototipo che li rappresenta tutti» (18, p. 121).
Lanalogia tra simili dati e i resoconti della mistica, apparentemente non evidente, è legata non tanto al contenuto delle rappresentazioni mentali - esperienze relazionali, nelle sperimentazioni di Stern, e mondi o paesaggi, nei resoconti della mistica -, quanto alle caratteristiche formali di queste astrazioni. Si tratta infatti in entrambi i casi - nella mente del neonato e nella mente dei mistici - di esperienze che coinvolgono contemporaneamente i cinque sensi, sebbene spesso di questi uno predomini. Inoltre queste esperienze sfuggono alla coscienza e alla descrizione logico-riflessiva, risultando di natura intuitiva ed extra-riflessiva, oltre che fortemente legate al coinvolgimento dellintero corpo e dellarea affettiva.
Si tratta insomma di proto-astrazioni: schematizzazioni che raccolgono e veicolano un intenso significato in una forma in cui questultimo, pur derivando dal processo secondario, è formulato in strettissima commistione anche nei termini del processo primario. Si tratterebbe quindi di vere e proprie operazioni cognitive dipendenti dallintelletto corporeo. Perciò questultimo può forse essere meglio definito come intelletto immaginale.
Un processo inconscio e spontaneo di astrazione
Lintelletto che nasce dal corpo non è più una semplice ipotesi. La natura delle rappresentazioni mentali da esso prodotte può essere ulteriormente chiarita riferendo altri contributi oltre a quelli citati. Tra questi è possibile menzionare nozioni attuali quali l«intelligenza intuitiva» indagata da Gary Klein (19), o l«intelligenza viscerale» (20) ipotizzata sulla base degli studi di Antonio Damasio (22).
Tuttavia una formulazione particolarmente nitida delle rappresentazioni fornite dallarea corporea della mente, intrise di risonanze sensoriali e affettive, risale a Susan Langer, una studiosa di formazione filosofica. Questultima puntualizza lesistenza di un «processo inconscio e spontaneo di astrazione che funziona continuamente nella mente umana (
)» (23, p. 105), una «tendenza a percepire forme piuttosto che un flusso di impressioni» (ibidem, p. 124). Queste forme, veri schemi multisensoriali, si costituiscono perciò come iniziali «ricettacoli di significato» (p. 126).
La Langer precisa poi che «lattività dei nostri sensi è mentale non solo quando raggiunge il cervello, ma già (
) ogni qualvolta il mondo esterno ed estraneo viene a contatto dei minimi recettori» (p. 126). Bisogna sottolineare, peraltro, che questo dato è oggi dimostrato a livello della funzione visiva dagli studi effettuati da Semir Zeki (24). Questi di certo non affermano lassenza di intervento del cervello negli atti visivi, quanto il darsi in questultimo di unattività di «coscienza» già a livello dei micro-centri percettivi della corteccia visiva, i quali dunque, accanto alla funzione recettiva, sono in grado di compiere unelaborazione attiva totalmente sufficiente. In questo senso latto della visione scaturirebbe da operazioni cognitive che si svolgono già nellambito e nel medesimo istante delle operazioni percettive.
Lintelletto corporeo o immaginale è perciò unarea della mente di straordinaria importanza, nella quale inoltre la memoria di esperienze passate - una memoria preriflessiva e preverbale - si inscrive e condiziona le ulteriori esperienze sensoriali-affettive (25).
E anche evidente quanto lintelletto corporeo o immaginale sia un concetto sovrapponibile alla cosiddetta attività mentale inconscia, sebbene esso risulti pur sempre una funzione dellIo come peraltro indica la concezione di Bollas citata in apertura. Essendo funzione dellIo, questo intelletto può essere attivato e plasmato attraverso esperienze che rendano meno direttivo e predominante lintelletto astratto. Questultimo infatti è maggiormente al servizio delle attività coscienti dellIo, mentre lintelletto corporeo o immaginale corrisponde piuttosto alle funzionalità inconsce dellIo.
2. LINTELLETTO CORPOREO NELLE NEVROSI E NELLE PSICOSI
Le psicosi
Si è soliti pensare che nei pazienti psicotici si verifichi unirruzione più o meno costante dellinconscio nella coscienza, e quindi il conseguente debordare delle modalità logiche del processo primario. Riferendosi alla terminologia esposta più sopra, si potrebbe perciò dedurre in questi pazienti la destrutturate predominanza dellintelletto corporeo, a discapito di un intelletto astratto deficitario, qui privato del suo ruolo complementare, integrativo ed equilibratore.
In realtà lesperienza clinica dimostra che nelle psicosi il deficit riguarda primariamente lintelletto corporeo, e che a questo deficit consegue linadeguato funzionamento dellintelletto astratto. Sostanzialmente i due livelli intellettivi permangono attivi e parzialmente anche efficienti, ma è il loro funzionamento interrelato a seguire modalità ripetitive oltre che straordinariamente oscillanti tra astrazione e concretezza, con un risultante effetto confusivo. Ne consegue unideazione irrigidita e bloccata, eventualmente ricca di intuizioni ma impossibilitata a offrire a queste uno sviluppo sufficiente, unelaborazione più compiuta, variegata e cosciente (26) (27).
Lintelletto corporeo o immaginale nasce nelle relazioni interpersonali, nei contatti sensoriali ed emotivi tra lIo e il tu e tra lIo e il mondo. Nel paziente psicotico questi contatti hanno determinato un deficit della differenziazione e dellautonomizzazione dellIo, e ciò in dipendenza da figure di accudimento troppo simbiotiche oppure troppo deprivanti. Perciò le astrazioni embrionali dellintelletto corporeo, intrise di valenze corporeo-emotive, in questi pazienti sono veicolo di particolare dolorosità, e soprattutto causano un fondamentale difetto dellautonomia.
Dunque lautonomia può essere conquistata da questi pazienti in forma soltanto parziale e inusuale, tramite un peculiare irrigidimento dellintelletto corporeo. Il paziente, a causa di questo irrigidimento, da una parte tenta di raffreddare le sensazioni dolorose e destrutturati che lo stesso intelletto corporeo contiene e veicola, e dallaltra ottiene in questo modo alla propria individualità una sorta di confine, una barriera protettiva che fornisce autonomia. Tuttavia il prezzo di questo meccanismo di adattamento e di questo genere di autonomia è appunto il deficit di funzionalità dellintelletto corporeo, in particolare una carente comunicazione tra i diversi canali sensoriali, con conseguente incoordinazione del sentire sinestesico e intuitivo.
Il paziente psicotico ha paura delle proprie reazioni emotive, così come delle sensazioni corporee che le accompagnano e che le esprimono rendendole manifeste al Sé e agli altri. In altre parole, lo psicotico ha timore del proprio intelletto corporeo e delle faglie che esso inevitabilmente contiene, e che tende a far riemergere e a segnalare. Tuttavia, dellintelletto corporeo il paziente non conosce le correlative risorse e le potenzialità positive, e soprattutto non le conosce qualora sostenute e stimolate da una relazione interpersonale attenta e contenitiva.
Proprio nellambito delle psicoterapie espressive (28) (29) (30) (31) - e non solo in esse (32) - il lavoro con questi pazienti, se pur dimostra la scoraggiante ripetitività dellintelletto corporeo, allapparenza ricco di contenuti e di espressività ma estremamente rigido e in difficoltà nellevolvere, dimostra nel contempo il ruolo determinante svolto dalla relazione interpersonale. Infatti lelasticità creativa dellintelletto immaginale, e quindi la vitalità dellarea mentale sensoriale e motorio-affettiva, in questi pazienti è straordinariamente pronta a riattivarsi e a evolvere, a patto però di un lento e faticoso sforzo, da parte del terapeuta, nel conquistare la fiducia del paziente. In particolare il terapeuta deve offrire, da una parte, una notevole affidabilità umana ed emotiva, e dallaltra una capacità di contenere e di elaborare vissuti transferali non solo molto conflittuali e intensi, ma strutturati in termini preverbali e preriflessivi, violentemente corporeo-immaginali.
Le nevrosi
Come appena detto, nelle psicosi lintelletto immaginale necessita di attivazione e di ricostruzione in alcune aree anche di costruzione e può poi offrire più piena strutturazione anche allintelletto astratto e al rapporto con esso.
Nelle nevrosi invece lintelletto immaginale è potenzialmente adeguato ma risulta, per così dire, in letargo. Le pur eterogenee personalità nevrotiche hanno infatti in comune la difficoltà a confrontarsi con i conflitti e le esigenze a cui la sensorialità affettiva, se liberamente attiva, dà inevitabilmente voce. Ne deriva unintensa ambivalenza da parte del soggetto nei confronti di questa propria area della mente.
Di nuovo, è fondamentale che il rapporto terapeutico possa offrire una particolare condizione di equilibrio e di rassicurazione attraverso le modalità di svolgimento del lavoro espressivo e mediante lintera stabilità del setting. Solo così potrà attivarsi nellintelletto immaginale lo stato che Winnicott definisce «continuità dellessere», uno stato del quale il soggetto nevrotico ha quanto mai bisogno. La continuità dessere è infatti una condizione sensoriale e affettiva equiparata da Winnicott allesperienza soggettiva del bambino di essere fuso con una madre sufficientemente buona, esperienza dalla quale può emergere, come espressione del vero Sé, la capacità di «vivere in modo creativo» e di «giocare» (33).
Si tratta quindi di una capacità che pone il soggetto in condizione di sperimentare e di esplorare per via intuitiva le esigenze dellIo più riposte e latenti, insieme anche agli arresti e ai conflitti più antichi o recenti. Si tratta dunque di esigenze, ma anche di conflitti, di natura profonda e psicofisica, che come tali possono emergere e manifestarsi soltanto dallarea della mente - lintelletto corporeo - in cui questa costruisce le sue prime embrionali astrazioni. E queste sono sempre in stretto rapporto con i vissuti che scaturiscono dal proprio Sé nellincontro sensoriale, motorio e affettivo con gli altri e con il mondo.
Daltronde questa è anche larea che Bollas designa come il «conosciuto non pensato» (34) (5): un insieme di disposizioni ereditarie, corrispondenti appunto al vero Sé di Winnicott, esperite nei primi periodi della vita ed eventualmente intralciate dalle figure di accadimento, ma comunque rimaste senza una rappresentazione, a meno che non sia del tutto frammentaria e in nuce. Una più compiuta emersione di queste disposizioni innate e personali può perciò avvenire soltanto a partire da questa stessa area intrisa di un «idioma» costituito da ritmi e da vissuti corporeo-affettivi.
E quindi possibile e necessario che il soggetto nevrotico riconquisti per il tramite dellintelletto corporeo quel vero Sé che secondo le parole dello stesso Winnicott «è una potenzialità ereditata di sentire la continuità dellesistenza e di acquisire a modo proprio con un proprio ritmo una realtà psichica e uno schema corporeo personali» (35, p. 53).
I disturbi di personalità
In generale, nei disturbi di personalità lintelletto corporeo è scisso rispetto allintelletto astratto. Il paziente tende infatti a manifestare, a livello dellintelletto astratto, un falso Sé collaborativo e consapevole, ma nettamente separato rispetto a quanto invece alberga a livello dellintelletto corporeo. Questultimo agisce quindi in forme improvvise ed esplosive, con immediati passaggi allatto che impediscono allo stesso intelletto corporeo di effettuare in modo più compiuto i propri percorsi cognitivi (36) (37) (38).
Perciò in questi casi è necessario che le psicoterapie espressive tendano, da un lato, a offrire tempo e spazio a percorsi più compiuti dellintelletto corporeo, e dallaltro lato a favorire una maggiore interrelazione tra intelletto astratto e intelletto corporeo.
In particolare, per raggiungere questo secondo scopo è possibile ricorrere, nellambito di uno stesso manufatto estetico-creativo, a modalità espressive eterogenee e multiple, come la scrittura abbinata o sovrapposta al disegno, legata nel contempo allascolto o alla produzione di sonorità musicali o vocali.
3. LATTIVAZIONE ESPRESSIVA DELLINTELLETTO CORPOREO
Le psicoterapie espressive come terapie dellimmaginale
Le psicoterapie espressive agiscono stimolando elettivamente lintelletto corporeo o immaginale allinterno di un rapporto interpersonale (duale o di gruppo). A questo scopo esse ricorrono di volta in volta alla parola orale o scritta, alla danza, alla musica, alla creatività plastico-figurativa (disegno, pittura, scultura), al teatro, utilizzando in tutti questi casi un agire che nasca dallascolto del proprio corpo e della sensorialità affettiva, e che in questo modo trasponga direttamente nel prodotto estetico le intuizioni e i percorsi dellintelletto corporeo. In questo senso il prodotto estetico diventa un oggetto mediatore, autentica localizzazione esterna dellarea mentale interna immaginale.
Questa, di conseguenza, in quanto esternalizzata ma anche perché condivisa con il terapeuta e/o con il gruppo, non solo può assumere una forma oggettivata, definita e distanziata, ma ha la possibilità di riattivarsi con particolare libertà seguendo nuovi percorsi guidati dalla sua stessa natura intuitiva. Le libere riflessioni preriflessive della corporeità affettiva e immaginale possono dunque materializzarsi ed esprimersi in un agire anchesso corporeo-affettivo, lagire estetico e creativo mediato dalloggetto estetico e dal rapporto interpersonale.
In questa forma e in questo contesto, il prodotto estetico-espressivo assume con particolare intensità il ruolo descritto da Bollas di «oggetto trasformativo». Si tratta in pratica del ruolo svolto dallo stesso intelletto immaginale: la produzione sensoriale e affettiva, vale a dire psicofisica, di positive trasformazioni del Sé e dellambiente.
Un metodo di lavoro
Ai suoi inizi il movimento artistico novecentesco noto come Bauhaus ha ricevuto grande impulso da Johannes Itten (1888-1967), pittore e docente darte svizzero. Nelle sue lezioni di pittura, Itten era solito sottoporre gli allievi a esercizi respiratori e di concentrazione sul corpo. In questo modo i partecipanti dovevano allentare la tensione e rilassarsi per poter dare al flusso delle sensazioni e delle idee «ordine e la giusta direzione» (39, p. 68). Come annota la studiosa Magdalena Droste, lo scopo di questa metodologia consisteva nel «trovare il ritmo e poi ricondurre a unità ritmi necessariamente diversi
» (40, p. 25). Il fine sotteso era lo sviluppo di due abilità apparentemente contraddittorie: «intuizione e metodo», oppure «capacità soggettiva di percezione e comprensione oggettiva» (ibidem).
Si può qui attingere un esempio di come esercitarsi in una produzione plastico-figurativa basandosi sulla riattivazione e sullascolto di quanto più sopra indicato come intelletto corporeo. Non è daltronde casuale che alle lezioni di Itten abbia partecipato come allieva la pittrice Friedl Dicker-Brandeis (1898-1944). Questultima infatti ha in seguito ideato un metodo nel quale la pratica del disegno e della pittura si accompagnava non solo alla concentrazione sul proprio respiro, ma allattenta sintonizzazione con un ritmo che linsegnante scandiva battendo le mani ed emettendo suoni vocali (41). Allinsegnamento della Dicker-Brandeis ha poi attinto Edith Kramer, fondatrice di un procedimento di Arte Terapia focalizzato sul coinvolgimento sensoriale e cinestesico finalizzato alla spontanea emersione di simboli e metafore, a loro volta veicolo di emozioni antiche e nuove (42) (43).
Si tratta di esempi di lavoro espressivo basato sul riattivare e ascoltare lintelletto corporeo. In altre parole, il fine di questi approcci è che dalla sintonizzazione con i ritmi e con i vissuti della propria condizione sensorio-affettiva emergano liberamente, traducendosi nella gestualità immediata del fare creativo, astrazioni intuitive di natura immaginale. In queste astrazioni, sfumate e tuttavia delineate, incerte ma già definite, pensate eppure ancora vissute, la consapevolezza e linconsapevolezza, il controllo e limpulso interagiscono come un tuttuno. Qui lelaborazione riflessiva e la componente preriflessiva sono strettamente associate e generano pensieri in azione, o azioni pensanti.
Lobiettivo dunque è lasciare che il corpo-mente pensi, producendo pensieri che in realtà sono azioni intrise di sensorialità e di emozione, veicolo di astrazioni ancora embrionali perché ricche della matrice preriflessiva da cui sgorgano in stretta adesione. Perciò, riferendosi in questo caso a chi dellarte ha fatto la propria professione, Caroline Case e Tessa Dalley affermano: «Il corpo dellartista serve, grazie alla sua consapevolezza, a elaborare emozioni» (44, p. 97 il corsivo è mio).
E quindi lecito domandarsi se questa consapevolezza di cui parlano la Case e la Dalley, appartenente al corpo, oppure appartenente allattenzione rivolta dallartista al proprio corpo, non sia appunto quella facoltà mentale fino a qui definita intelletto corporeo o immaginale.
Procedimenti tecnici: il rilassamento, il disegno di controno
Le tecniche finalizzate a far discendere la consapevolezza dal predominio dellintelletto astratto alla maggiore vicinanza di questultimo rispetto allintelletto corporeo sono di vario genere.
Il lavoro espressivo può essere preceduto e accompagnato da procedimenti di rilassamento corporeo mutuati dallo yoga (45) (46), dal training autogeno (47) o dal cosiddetto rilassamento progressivo (48), o ispirati altrimenti a tecniche di modifica delle tensioni psicofisiche estrapolate dalla bioenergetica (49), dalla psicomotricità (50) o da metodi di concentrazione sul corpo quali il focusing (51). Lo scopo è ottenere un abaissement du niveau mentale [abbassamento della soglia mentale], secondo una dizione che compare di frequente negli scritti di Carl Gustav Jung e che questultimo mutua da Pierre Janet (52).
In termini più attuali e strettamente neurofisiologici, ciò può corrispondere alla cosiddetta riattivazione dellemisfero destro rispetto allemisfero sinistro. Il primo infatti è sede di capacità di pensiero extrariflessive, prossime per esempio alle modalità logico-formali della fantasia o del sogno, mentre il secondo è fonte di procedimenti logici di tipo riflessivo e discorsivo, legati alla parola e al pensiero analitico (53) (54).
Daltronde è importante ricordare che proprio in ambito pittorico esistono tecniche dichiaratamente rivolte alla temporanea riduzione di attività dellemisfero sinistro a favore di una maggiore predominanza dellemisfero destro (55). Tra queste tecniche è senzaltro applicabile, come premessa al lavoro espressivo ma eventualmente come sua unica modalità di svolgimento, il metodo del cosiddetto «disegno di contorno» (ibidem, pp. 100-107). Questo risale a un insegnante darte statunitense, Kimon Nicolaides, che lo ha esposto in un suo libro nel 1941 (56). La tecnica consiste nellosservare con attenzione, in uno stato di rilassamento, o meglio di consapevolezza dellintero corpo e delle sue eventuali tensioni, le linee del palmo di una propria mano rese più accentuate da una leggera flessione delle dita. Lasciando che lattenzione si immerga nelle linee della mano, si procede poi a disegnare con laltra mano il tracciato osservato, senza però mai guardare il foglio dove questa appoggia reggendo una matita o una penna, e senza mai staccare la matita o la penna dal foglio. Limportante è far sì che la mano impegnata nel disegno agisca come una sorta di sismografo, quasi fosse la pura e semplice appendice di una continuità tra lattenzione della mente e dello sguardo e il fluire del movimento, un fluire che a sua volta derivi da una condizione di rilassamento dellintera unità di corpo e respiro.
Altri procedimenti tecnici: il respiro, la relazione inchiostro-pennello
Riguardo al respiro, sono poi fondamentali gli esercizi di consapevolezza rivolti alla sua rieducazione, finalizzati a una maggiore spontaneità ritmica ma anche a potenziare la capacità che il respiro possiede nel riattivare procedimenti logici extrariflessivi ed emozioni. Per questo genere di esercizi è possibile ispirarsi, di nuovo, allo yoga (57), oppure ad altre tecniche meditative orientali (58) o al procedimento noto come rebirthing (59).
In ogni caso lessenziale è fare in modo che qualunque sia il metodo espressivo adottato, la danza o la musica, il disegno o la pittura, questo resti espressione di quanto liberamente emerge dallascolto sensoriale-affettivo del proprio corpo e dellambiente. Appunto per questo motivo è fondamentale evitare che si producano tensioni o irrigidimenti nel corpo e nel respiro. Infatti soltanto in questo modo potrà attivarsi una vera immersione nel sentire dellintelletto immaginale o corporeo.
Nel caso per esempio di una psicoterapia espressiva a mediazione plastico-figurativa si potrà procedere a distribuire uniformemente, con movimento consapevole e fluente, un unico colore su un foglio, immergendo lattenzione nel movimento stesso ma anche nel colore, in modo da lasciare poi che dal colore stesso emergano, nella mente e nel gesto, astrazioni embrionali costituite da linee, da contorni, da forme embrionali o anche più compiute (60). E inoltre necessario il procedimento opposto, il quale ha inizio da una qualche forma di partenza, per esempio di tipo geometrico, per muovere poi verso il disciogliersi di questa in uninformità di puro colore.
Daltronde già nella pittura cinese, in stretta analogia con gli esercizi appena indicati, è stato da sempre proposto uno stretto equilibrio tra il «pennello» e l«inchiostro» (61, pp. 249-252): tra la forma, da una parte, vale a dire il controllo razionale, lintelletto astratto (o se si vuole lemisfero sinistro), e il colore dallaltra, ovvero il flusso emozionale e sensoriale, lintelletto corporeo (o se si vuole lemisfero destro).
In realtà questi semplici accenni servono a spiegare in quale modo sia possibile ottenere che nelle psicoterapie espressive lintelletto corporeo risulti stimolato. Occorre infatti che quanto affiora nel gesto espressivo sia il frutto di una consapevole inconsapevolezza, e che questa si lasci guidare da quanto si affaccia a livello della soglia sensoriale e affettiva, là dove la mente è aderente al corpo e il corpo alla mente. Si tratta perciò di una ricerca al tempo stesso attiva e passiva di astrazioni iniziali, anche informi, espressione ora di nuove potenzialità, ora di blocchi e di tensioni del passato, ma sempre affioranti dal qui e ora del gesto guidato da una stretta aderenza tra pensiero riflessivo e preriflessivo. Questa aderenza infatti è il procedere stesso dellintelletto corporeo.
Le astrazioni corporeo-immaginali: un esempio dalla letteratura clinica
In chiusura, un breve accenno alla clinica. Loewald (10, pp. 65-67) cita il celebre caso di Helen Keller (1880-1968), la quale, sordo-cieca dalletà di 19 mesi, grazie allaiuto delleducatrice Anne Sullivan poté apprendere il significato di concetti e parole (62). In particolare lepisodio esaminato da Loewald, di per sé molto noto, è quello in cui Helen apprende improvvisamente il concetto di acqua, fino ad allora per lei del tutto incomprensibile. Ciò accade nel momento in cui la Sullivan fa scorrere un getto dacqua su una mano di Helen, mentre sullaltra mano, pronunciando più volte la parola acqua, picchietta con le proprie dita un ritmo corrispondente. Accade dunque che due simultanee esperienze tattili, delle quali luna veicola l oggetto-acqua e laltra il concetto-parola che gli corrisponde, generino nella mente una confluenza di sensazioni da cui scaturisce unastrazione improvvisa, unintuizione a base preriflessiva. Occorre anche rilevare che ciò accade in prossimità di un pozzo, vale a dire in un ambiente sereno e saturo di profumi, oltre che allinterno di una relazione interpersonale che in quel momento è di complicità reciproca (mentre in altri momenti comportava stanchezza o irritazione).
Questa nascita di unastrazione improvvisa e intuitiva, matrice mentale di un vero e proprio concetto, costituisce un ottimo esempio dei procedimenti dellintelletto corporeo. Questultimo si fonda infatti su stimolazioni sinestesico-emotive e su un ambiente che Winnicott definirebbe «facilitante», il cui ingrediente primario è una relazione interpersonale adeguata.
Quanto poi alla natura embrionale di queste astrazioni, strettamente a metà tra concretezza e simbolo, o tra elementi analitico-riflessivi e sincretico-preriflessivi, è di grande importanza ciò che Loewald afferma a commento dellepisodio di Helen. Egli infatti puntualizza che questultima, nel momento dellintuizione improvvisa, proprio grazie a questa risulta «capace di afferrare o di ricreare una connessione simbolica che mostrava unità nella differenza e differenza nellunità» (10, p. 67). Daltronde Itten, citato più sopra, osservava che il fine degli esercizi corporeo-respiratori da lui proposti, e che secondo lui erano necessaria premessa alla pratica del disegno e della pittura, consisteva nellunire la «capacità soggettiva di percezione e [la] comprensione oggettiva» (40, p. 25).
I concetti espressi da Loewald e da Itten sono perciò esempi, diversi ma tra di loro convergenti, di unattenzione rivolta a unarea della mente lintelletto corporeo o immaginale produttrice di astrazioni che per quanto oggettive, e appunto astratte, sono in realtà fortemente embricate a sensazioni ed emozioni aderenti alla soggettività del corpo e alla realtà concreta.
Un esempio clinico personale: il caso clinico di Giovanni
Diagnosi, anamnesi, esame clinico
E possibile il rapido paragone con un caso da me personalmente seguito. Si tratta di un uomo di 53 anni, che qui chiamerò Giovanni, affetto da un Disturbo Bipolare di Tipo II.
Giovanni segue una terapia psicofarmacologica antidepressiva e antimaniacale, con alte dosi di uno stabilizzante dellumore (il litio), di un neurolettico (la quetiapina), di un antidepressivo (la venlafaxina). Al momento della consultazione attraversa un grave episodio depressivo, a causa del quale ha effettuato un tentativo di suicidio tentando di defenestrarsi. Salvato da un familiare che casualmente si trovava nella stanza attigua, Giovanni è andato immediatamente incontro a un ricovero presso il Reparto ospedaliero di Psichiatria.
A dimissione avvenuta, non presenta alcun sostanziale miglioramento. Il suo Disturbo risale alletà di 30 anni e ha attraversato episodi sia depressivi che maniacali, intercalati da fasi di compenso anche prolungate. Nellanamnesi è presente un primo tentativo di suicidio, più o meno alletà di 40 anni. Il livello culturale di Giovanni è medio-basso, la sua statura fisica è modesta così come lo sono le condizioni economiche. Giovanni inoltre ha i capelli completamente bianchi e veste in maniera monotona e dimessa.
Lambiente di vita è una piccola cittadina nella quale risiede da sempre. Adesso abita con la sola moglie, poiché da vari anni la loro unica figlia si è sposata e risiede nella stessa città insieme al marito e ai propri figli. Giovanni comunque è in pensione da vari anni (ex-meccanico in unofficina di automobili), mentre la moglie lavora tuttora come addetta in un ufficio.
La ricerca dell «oggetto trasformativo»
Gli incontri con Giovanni si svolgono allinterno di un Centro di Salute Mentale nel quale ultimamente, durante la fase di compenso antecedente, il mio rapporto con lui si è svolto in maniera distratta e saltuaria, avendo io preferito delegare al personale infermieristico i colloqui di controllo. Perciò Giovanni ha sicuramente maturato un vissuto di abbandono, la cui ripercussione possiede risvolti sensoriali e affettivi di non poco rilievo. Infatti la stanza dove io accolgo i pazienti è particolarmente ampia e serena in confronto alle altre stanze del Centro, e ha inoltre un arredamento di fattura nettamente migliore, che sottolinea il mio ruolo di autorità rassicurante e al tempo stesso influente. Il vissuto di mancato riconoscimento affettivo da parte di unautorità ai suoi occhi importante svolge ora un ruolo determinante, che comporta da parte di Giovanni la proiezione su di me, a livello transferale, di tracce sensorio-affettive risalenti al rapporto con il padre e con la madre. Giovanni si sente probabilmente escluso e rifiutato da un ambiente e da una persona facilitanti io e la mia stanza che in questo modo non possono colmare il suo inconsapevole bisogno di un «oggetto trasformativo». Questo bisogno, a sua volta, pur se in atto nel momento presente, risale verosimilmente a carenze del passato inscritte nella sensorialità affettiva.
La proposta di una metodica espressiva
Io perciò adesso propongo a Giovanni di recarsi da me, nella mia stanza, ogni giorno. Gli incontri hanno una durata di circa 40 minuti. Considerando la condizione depressiva che inibisce quasi del tutto la mimica e leloquio, fornisco a ogni incontro un foglio bianco di formato normale e una penna, e in prima battuta chiedo a Giovanni di disegnare qualcosa che esprima come lui adesso si sente. Poi, a disegno eseguito, Giovanni formula in genere qualche commento, e io lo ascolto con estrema attenzione osservando nel contempo il disegno.
Si tratta di disegni semplici, simili a quelli infantili, espressivi di una solitudine estrema. Di solito ritraggono un omino situato al polo estremo di una linea che raffigura il suolo, e rara è la presenza di altri particolari sullo sfondo. Quando presenti, le ulteriori raffigurazioni rappresentano montagne, il mare, qualche stella o il sole.
I commenti di Giovanni esprimono poi vissuti di indegnità che sfiorano il delirio, accompagnati soprattutto dalla terribile sensazione di non sperimentare più alcuna emozione. Non solo: le mani di Giovanni manifestano un tremore fine e costante dovuto alla terapia psicofarmacologica. In me ne deriva ancor più la percezione di quanto la corporeità sensorio-affettiva sia in Giovanni estremamente raggelata e irrigidita, profondamente spenta, o meglio abitata da un vissuto di inerzia, di mancanza, di vuoto senza forma e senza altra risonanza che la propria assenza di qualunque risonanza.
A ogni incontro, io comunque dopo il primo disegno propongo a Giovanni di effettuarne un secondo. Questa volta, suggerisco di osservare lo sfondo bianco del primo disegno. In pratica, propongo di rivolgere lattenzione allo sfondo bianco e poi, da lì, di abbandonarsi a tutto ciò che può affiorare nel gesto e nella mente. Questo secondo disegno è eseguito sul retro dello stesso foglio.
La svolta decisiva
In questa sede non è possibile descrivere la sequenza delle sedute. Mi limito a segnalare un incontro che ha prodotto effetti decisivi. Giovanni infatti in quelloccasione, dopo aver effettuato come primo disegno lo scenario desolante in cui campeggia lomino solitario e disperato, traccia allimprovviso, come secondo disegno sul retro del foglio, un analogo omino che adesso ha un corpo più ampio e che accenna un movimento, tentando di afferrare la mano di altre sagome umane. Giovanni commenta dicendo che le altre figure sono la moglie, la figlia e la nipotina, e che ora gli sembra che la soluzione risieda lì, nel non rivolgere più la sua attenzione soltanto a se stesso, ma ai suoi familiari più cari e in generale agli altri.
Questo momento della terapia assomiglia allesperienza di Helen Keller riferita più sopra. E infatti verosimile che Giovanni, nel corso dei colloqui precedenti, abbia gradualmente ripreso contatto con larea sensorio-affettiva grazie alla semplice tecnica espressiva proposta, dunque grazie alla gestualità che essa comporta, alle forme figurative emergenti e alla sequenza dei due disegni, il secondo dei quali letteralmente spalancato sul bianco spaesante, matrice possibile di un pensare preriflessivo e intuitivo. Si è quindi in lui progressivamente riattivato lintelletto corporeo o immaginale, allinterno inoltre di un ambiente e di una relazione in grado di veicolare contenimento e rassicurazione, anche a riparazione di tracce legate a vissuti abbandonaci attuali e preesistenti.
Nellincontro cruciale, poi, il secondo disegno è stato di per sé la diretta emersione di un azione pensante, o di un pensiero in azione, veicolo di unastrazione embrionale che a metà tra concretezza e riflessione ha reso manifesta una potenzialità evolutiva, un nuovo atteggiamento emotivo. In particolare, il nuovo atteggiamento è consistito in un moto di reinvestimento oggettuale che ha letteralmente infranto il guscio autistico del ripiegamento narcisistico. Un guscio, è bene sottolineare, di per sé inevitabilmente fondato sullirrigidimento e la desensibilizzazione dellintelletto corporeo, vale a dire dellintera sensorialità affettiva e dei suoi moti espressivi e conoscitivi.
Il reinvestimento oggettuale è perciò potuto nascere soltanto dallintelletto corporeo, opportunamente riattivato dal procedimento del disegno, procedimento che di per sé è direttamente di una ricca componente sensoriale, motoria e affettiva. Ma tale riattivazione ha richiesto altrettanto ineludibilmente che lintelletto corporeo fosse fecondato dalla progressiva introiezione di fattori - anchessi sensoriali e affettivi - legati al rapporto interpersonale e allambiente. Da questo punto di vista, si sono dimostrati altrettanto fondamentali il tono della mia voce, il mio atteggiamento mimico ed emotivo, latmosfera della stanza di consultazione e i valori a essa attribuiti da Giovanni a livello transferale.
Bisogna infine sottolineare che la terapia non si è svolta in un atelier strutturato, né rispettando le modalità e il setting di tipo classico. E tuttavia un esempio di come le modalità espressive possano essere comunque utilizzate a livello terapeutico con successo, a patto che il focus di attenzione sia lintelletto corporeo. Non è infatti importante effettuare necessariamente una psicoterapia espressiva che sia completa in ogni suo aspetto, quanto saper osservare, nel singolo caso, lintelletto corporeo e le sue condizioni psicopatologiche, elaborando poi una strategia in grado di agire su di esso positivamente. Tutto ciò, inoltre, come nel caso di Giovanni può accadere anche nellambito dellattività psichiatrica di routine di un Servizio pubblico.
CONCLUSIONI
Lintelletto corporeo o immaginale, di per sé attivo in qualunque contesto psicoterapeutico, e peraltro abitualmente sfruttato anche in psicoterapie diverse da quelle espressive (63) (64) (65) (25), in queste ultime è specificamente lavorato tramite il ricorso a mezzi creativi che implicano lagire del paziente.
Quanto questo agire sia in realtà appunto una modalità intellettiva, vale a dire una forma di pensiero, è il dato che la pratica clinica e la riflessione teorica devono ormai sempre più esplorare alla luce delleredità storica e degli attuali risultati delle psicoterapie espressive.
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