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Sport e Psiche



A proposito di sport estremi … Intervista a Max Calderan

a cura di Marika Bruno

Corso di Psicopatologia Generale (prof. Salvatore Capodieci),
Facoltà di Psicologia IUSVE - Istituto Universitario Salesiano Venezia Mestre


Max Calderan (1 Luglio 1967), nasce come sportivo nell’arrampicata e nello scialpinismo. Oggi e’ un eploratore desertico estremo. Unico uomo al mondo in grado di sopravvivere nel deserto in perfetta solitudine, in autosufficienza alimentare, senza assistenza medica, dormendo solo tramite microcicli di sonno e a temperature che possono superare i 58°C. Gli è stata fatta la mappatura completa del suo Dna dalla prestigiosa Harward University Statunitense e dai ricercatori del Polo Tecnologico Universitario di Firenze. La sequenza genomica completa ed è emerso che Max Calderan è la persona meno indicata per andare a correre in un deserto. Eppure … .

Nel libro “La Forza dentro” scrivi. ”Volevo fare qualcosa che nessun uomo avesse mai fatto prima”. Qual è la tua definizione di sport estremo?

Prima definiamo il concetto assoluto di estremo, perché sport lo abbiamo aggiunto dopo. Estremo è un concetto assoluto, Sport molto relativo.

Estremo è quel limite varcato il quale esiste il punto del non ritorno. Non UN punto, IL punto.

E il punto di non ritorno e’ l’unica caratteristica distintiva che può essere ricondotta all’estremo, all’estremo assoluto.

Prendiamo ad esempio un alpinista che arrampica su una parete di massima difficoltà mai raggiunta prima da nessun uomo al mondo, diciamo, per semplificare, difficoltà 10.

Affrontare e completare tale difficoltà in parete con una corda di sicurezza legata alla imbragatura implica che parliamo di raggiungere una difficoltà tecnica estrema, realizzata in un contesto di estremo relativo. L’estremo assoluto è rappresentato, invece, da quell’alpinista unico al mondo che senza corda arriva a fare una parete di difficoltà magari inferiore a 10, ma si arrampica senza corda.

Quindi l’estremo assoluto è quello senza la corda perché è lì che si nasconde il punto del non ritorno. Quando la tua vita entra in un circuito dove c’è un grande punto di domanda, lì esiste l’estremo assoluto, tutto il resto è estremo relativo, è un estremo assistito, è un qualcosa che la persona compie magari a condizioni estreme perché c’è il caldo estremo, il freddo estremo.

Ma se hai qualcuno dietro, se hai un telefono per cui puoi chiamare aiuto, se hai una corda che ti sostiene, se c’è qualcuno che ti controlla, se sei reperibile tramite un satellitare, l’estremo e’ relativo e quindi più facilmente riproducibile da molti.

Vorrei capire poi cosa c’e’ di estremo nel lanciarsi con un elastico da un ponte o nel fare una gara in deserto o nell’attraversare oceani con la disponibilità di internet, satellitari auto, barche ed elicotteri di appoggio ecc, ecc.

Sono sicuramente ed indiscutibilmente grandi atleti, eccezionali, altamente performanti, top a livello mondiale ma.. non estremi assoluti. Quindi non viene messa in discussione la performance o l’atleta, ma l’aggettivo che la accompagna ... “estremo”. Di estremi veri ce ne sono davvero pochi.

E’ la probabilità di morire quindi ?

Assolutamente sì! Quella è l’unica cosa che può definire estremo assoluto, quando non sai cosa succede arrivato a un certo punto o quando sei consapevole che non puoi permetterti di fare un errore perché altrimenti tutto irrimediabilmente finisce... ( o inizia?).

Hai scritto: “Volevo arrivare all’estremo assoluto, per scoprire che non esistono limiti che la mente non possa superare”. Pensi quindi che preparandosi tutti possono diventare esploratori estremi?

Si! Nella vita di tutti i giorni appena togli il limite mentale diventiamo tutti estremi. Quindi normali. E’ una questione di media matematica. Una volta che togli il pensiero (non la mente) il cuore è libero di espandersi e possiamo raggiungere limiti che la mente neanche si può immaginare.

E’ il pensiero che blocca l’espressività del cuore ed è il cuore che ci porta ad avere i sogni che vengono considerati impossibili dalla mente, ma c’è qualcuno che prima o poi li realizza. Il fatto di andare oltre i limiti non è niente di eccezionale è la cosa più banale e stupida che ci sia non occorre andare in un deserto, basta spegnere il pensiero, il ragionamento condizionato da ciò che leggiamo, dalle nostre esperienze, da tutto ciò che ci circonda.

Il vero estremo e’ nel quotidiano, sopportare ogni giorno con stoica sofferenza una vita che non centra assolutamente nulla con quello per cui siamo venuti al mondo.

Hai scritto nel tuo libro di esperienze drammatiche vissute in prima persona, esperienze di dolore che hai saputo trasformare in opportunità per mettere alla prova te stesso. Da dove è partita questa spinta interiore che ti ha portato a diventare il Re del deserto?

Da dove arriva sinceramente non lo so. So solo che fin da quando ero piccolo ho sempre sentito (non pensato) che avrei dovuto fare qualcosa di grande, importante per me che probabilmente avrebbe potuto in qualche modo cambiare, o in qualche modo essere utilizzato da qualcuno. Non so se è utile o inutile. Comunicare di liberarsi dai condizionamenti, di non smettere di sognare.

Se è vero che siamo figli di un Eterno non siamo vincolati al tempo e tanto meno allo spazio.

Fin da piccolo quando vedevo una stella cadente il primo desiderio non era quello di fare l’astronauta o volere un aereo. L’unico desiderio era volere la fine delle guerre nel mondo, volere l’amore e la pace nel mondo. Se un bambinetto di 6 anni pensa questo probabilmente c’è una spinta interna, che forse e’ scolpita nel dna. In ogni caso ci viene data la possibilità di poterla esprimere. Al di la’ del tempo e dello spazio.

Perché molte persone rimangono schiacciate dal dolore e castrano il loro enorme potenziale interiore cosicché rimane inespresso e non si sviluppa nella direzione del “conosci te stesso?”

Le persone potenzialmente più forti, ma allo stesso tempo più fragili, sono quelle maggiormente colpite dalle malattie, dalle “brutte” situazioni della vita. Esse vanno energicamente bloccate perché sono state individuate come anime estremamente forti e potenti capaci di espandersi a livello terreno coinvolgendo centinaia di persone per un miglioramento del loro percorso terreno. Per questo motivo vanno bloccate fisicamente, abbruttendole ed indebolendole nel fisico. Coloro che non si piegano di fronte a queste situazioni ma che anzi ne sfruttano la grande energia (anche il dolore e’ energia) sono quelle che poi nella vita faranno grandi cose.

Scrivi: “Raggiungere la sofferenza fisica fino all’annientamento, come momento di liberazione del corpo, per essere solo mente e quindi affrontare, da quel momento, tutti i deserti del mondo come pura anima anche senza esserci fisicamente …”. Mi puoi spiegare queste affermazioni?

Essere solo mente in realtà si intende, quando c’è una grande forza che ti muove nel fare qualcosa questa forza deve essere in qualche modo organizzata. Posso essere l’uomo più potente del mondo ma devo controllare questa forza altrimenti non serve a nulla. Nel deserto o nella vita di tutti i giorni è la stessa cosa. Non cambia assolutamente nulla. Quando hai questa grande forza e te la senti dentro, è chiaro che ci deve essere qualcosa che la controlli e la organizzi.

Ma attenzione, non controlla il contenuto di cui è fatta questa forza, non la modifica, ma semplicemente la organizza affinché si possa esternare ed esplodere finalizzata nella giusta direzione.

Quindi la mente non deve far altro che organizzarla, incanalarla nella giusta direzione, nel rispetto di quelle che sono le regole della vita di tutti i giorni, questa grande forza che ognuno di noi ha dentro. Ecco perché la mente dovrebbe semplicemente organizzare la forza e non crearne il pensiero.

Deve semplicemente organizzare l’emozione che ci porta a voler realizzare qualcosa. In un deserto in modo particolare, la grande difficoltà per la quale devi spegnere la mente, prima di riaccenderla per l’organizzazione è che in realtà arrivi ad un momento in cui la domanda che ti poni è ”Ma perché devo uscire … da un deserto?”

Tu immagina cosa può passare per la mente di un essere umano che si trova completamente solo in un deserto. A un certo punto la grande emozione si scontra con il pensiero, perché il pensiero ti riconduce alla vita di tutti i giorni, alle persone, alle chiacchiere, alle meschinità, alle malvagità, alle guerre, agli scontri, alle situazioni familiari, ai problemi di tutti i giorni, alle persone che non relazionano più, etc. etc. etc. In quel momento il primo pensiero che ti viene è “ma chi me lo fa fare di uscire?” .

Certamente pensi anche alle cose belle della vita, agli affetti, ai figli, agli amici ma anche questo non e’ sufficiente ad influenzare il pensiero .. “ma perché devo uscire … da un deserto?”.

In quel momento, il limite assoluto, percepisci che puoi essere piu’ utile a tutti solo come anima senza l’inganno condizionante del corpo.

Quindi la grande sfida non è riuscire ad attraversare un deserto, ma in ultima analisi la grande sfida è scegliere di voler uscire, invece che scegliere di rimanerci.

Pensi che ci sia un’attitudine innata che deve essere sviluppata?

Con questo termine “innata” intendo che qualcuno di noi è stato dotato, non di differenti geni, ma è stato dotato di una chiave diversa da altri che permette di accendere o attivare determinate sequenze genetiche che poi si sviluppano in una certa direzione.

Sono fermamente convinto che il nostro Dna sia “uguale” in tutti, ma è differente il modo con cui si attiva. Ci sono delle differenze ma non sono sostanziali. Oltre il 99,9 % del patrimonio genetico e’ identico a tutti. La differenza tra un eschimese con gli occhi a mandorla ed un nero africano e’ geneticamente inferiore allo 0,1% .

Io sono un cuoco, tu sei un cuoco, abbiamo gli stessi ingredienti, però io li elaboro tra di loro in modo completamente diverso rispetto a te, ed è chiaro che la mia pietanza finale sarà completamente diversa rispetto alla tua. Il pianoforte ha gli stessi tasti eppure c’è un Mozart e uno che se anche gli dai lo stesso spartito, quindi gli dai gli stessi strumenti, non riesce a ricreare la stessa frequenza per cui Mozart l’ha composta. Perché, è differente la modalità con cui spingi questo tasto con il mignolo sul pianoforte. Si trasmette, non una pressione ma un universo, che è interno all’uomo che con il cuore l’ha creato e con il pensiero, organizzato.

Per raggiungere la meta, nel tempo della prova quali sono le caratteristiche e le qualità richieste?

[Ride …] Non c’è nessuna qualità. Così come siamo in questo momento, così devi essere nel deserto, non puoi essere duplex. O sei sempre allineato, o non sei mai allineato. Non puoi essere in un certo modo qui nella vita di tutti i giorni e nel mentre compi un’impresa essere completamente diverso. Non esiste! Muori dopo 10 minuti. Il deserto non ti fa passare mica niente. Se sei falso, un deserto ti ammazza in 10 minuti eh! Non è che qui sono in un certo modo poi prima di andare a fare un’impresa nel deserto mi metto a fare yoga, training autogeno, cose che non ho mai fatto, mai farò, e nelle quali non credo assolutamente, perché sono tutti metodi, che ti portano ad utilizzare energia e forza, per applicare qualcosa che è esterno a te. Niente di più, niente di meno.

Scrivi: “L’uomo per essere veramente libero deve riuscire a non essere schiavo delle proprie paure e la convinzione di non riuscire, di non potere”. Tu cosa ricerchi in queste imprese?

La realtà è che in queste imprese entro in casa mia! Finalmente, sono a casa. Una casa che non ha arredamento, che non ha forme di pensiero di qualcun altro che sono rimaste appese, che non ha interferenze perché nessun altro ci è passato prima di me. Torno alla mia origine, che è poi l’origine di ciascuno di noi. Un’origine dove non c’erano troppe frequenze mescolate, ed erano frutto di un qualcosa di spontaneo che usciva dall’uomo. Adesso tutte le interferenze sono peggiori perché sono frutto di condizionamenti.

In questa stanza dove siamo, sono appesi i pensieri di tutte le persone che sono entrate qui prima di noi, e se due persone hanno litigato e noi ci arriviamo subito dopo lo percepiamo più o meno inconsciamente.

Quindi, la realtà è che non ricerco nulla, ma entro in alcune situazioni, chiamiamoli “gate”, i cancelli, dove sento che si attiva qualcosa che mi permette di accedere a dei livelli di conoscenza per i quali ho sempre di più conferme. Poi che siano utili a qualcuno non lo so, però è chiaro che succede questo, ed è una cosa normale.

Perché se non arriva la frequenza di un telefono, non arriva neanche la forma di un pensiero. Se sono in quel momento, in quel punto in un deserto inesplorato, tu puoi pensarmi quanto vuoi da casa, ma a me non arriverà mai nulla, quindi sono completamente libero. E in quel contesto, riesco a non pensare a nulla perché il pensiero non ha un terreno fertile su cui prendere forma. Sono completamente libero.

Nel 2009 hai ripercorso una parte del percorso biblico di Mosè: 150 km in 24 ore nel deserto! Mi parli delle sensazioni che ricerchi? Perché il deserto? Perché dici che non sei innamorato ma ne sei succube e ne hai bisogno come dell’aria che respiri?

Si, ne sono succube, è normale. Se in questo momento ti dico, sto bene con te, ti amo, stiamo insieme, non andartene via, senza di te la mia vita non ha senso, non sono libero.. ma stiamo scherzando? Devo basare la mia vita, su un’altra persona per arrivare a sentirmi bene? Ma siamo completamente fuori strada!! Il famoso discorso, ti amo, ma non ho bisogno di te, è l’unica strada. Del deserto, al contrario ne ho ancora bisogno .

Non riesco ad approcciarlo come un turista, non ce la faccio. Anche quando lo vedo, da un automobile o da una cartina, vorrei mollare tutto e andare lì. Ci andrei subito dentro a morire di stenti, fatica, sudore, sete … Non sono libero da questo punto di vista.

Il deserto è arduo da affrontare, è facile perdere l’orientamento è come un labirinto con un’unica direzione e la difficoltà è procedere verso l’ignoto. E’ un viaggio verso la verità, verso il confronto con il proprio Minotauro (mostro), per poi procedere verso un ritorno che si configura come una rinascita. A Teseo è servito il filo di Arianna, ad Icaro le ali e a Max?

Il cuore …, comunque non è vero che c’è l’ignoto, non è assolutamente vero che esiste l’ignoto. Noi abbiamo già tutta la conoscenza dentro di noi. L’ignoto è qualcosa che è stato creato, probabilmente dall’uomo laddove non riusciva a dare delle risposte e quindi, è ignoto.

Si tratta solamente di riuscire a riconoscere ciò che noi definiamo ignoto. Ma ciò che è ignoto adesso fra vent’anni sarà comune per alcuni. L’ignoto non esiste! Piuttosto, non esistono gli strumenti, o meglio non sappiamo attivarli, per poter riuscire a scoprire quello che noi celiamo dietro la parola ignoto. Parimenti, non esiste la paura dell’ignoto. E’ contraddittorio.

Come fai ad avere paura di qualcosa che, a questo punto è noto. Quando sei a conoscenza che ci sono nello stesso momento più dimensioni, che relazionano e coesistono tra di loro, che in alcuni momenti si possono materializzare in contemporanea e ti permettono di vedere più mondi, più entità, più realtà e di cosa devi aver paura? Di un ignoto che non esiste? Aver paura di stare da soli in un deserto in piena notte? Da solo? Ma tu sai che preferisco le notti senza la luna che quelli con la luna? Buio pesto, totale che non vedi nulla.

Come fai a orientarti, scusami, nel buio pesto, ci sono buche, crepacci, ci sono pericoli …?

Pericoli dati da cosa? La natura può mettere l’uomo in una situazione di pericolo, senza darti gli strumenti umani per poterla affrontare? Siamo Natura!

Quindi?

Quindi, ben vengano le notti senza luna piena quando c’è il buio totale ed assoluto che non vedi il palmo della tua mano, perché quello è il momento in cui tu finalmente sei libero, sei finalmente libero di andare in un deserto per come è giusto che tu vada, attraversando non più un luogo fisico condizionato dalla vista, ma facendo un altro tipo di percorso. Che se anche il tuo bel gps ti dice per esempio vai dritto per 70 km, perché trovi una palma e un pozzo d’acqua, tu al buio dici “No, non vado in quella direzione, ma guarda un po’ te!”. Libero, non condizionato dalla vista, sento che devo andare da un’altra parte.

Quindi non segui quello che ti dice il gps?

Mai, ma stiamo scherzando. Anche perché su un itinerario lungo quando sai che devi fare tipo 100, 150 o 200 km prima di arrivare a un punto in cui trovi l’acqua, o dove passa una pista dove possono passare delle macchine, quindi ci sarà una macchina del mio team che mi farà delle riprese etc., etc. a cosa serve? Niente ... sai quanti sono 200km in un deserto? Non c’hai bisogno del gps … non vai fuori rotta, se ti orienti con le stelle non cambia nulla non vai fuori rotta … La luna piena poi ..., è un grande inganno, … perché … la luna piena ti permette di leggere al buio questo foglio di carta, ma la luna piena è luce riflessa del sole. Io non ho la forza di riuscire a vedere la forza del sole, mi brucia, sono morto. I miei occhi non possono sostenere la forza del sole e quindi io mi affido alla luce della luna, grande inganno perché è luce riflessa e non mi dà la visione vera della realtà. Ed è quello che succede nella vita di tutti i giorni, quando ci affidiamo a delle persone che si dice vivano di luce riflessa.. allora non dovremmo affidarci a queste, ma dovremmo andare alla sorgente, al Sole.

La solitudine che si manifesta prima di una grande impresa rischiosa, è molto simile alla situazione meditativa. Usi delle tecniche psicologiche o meditazione? hai delle forme rituali?

Non esiste, ma figurati, da cancellare dal vocabolario. Non esistono tecniche, non esistono forme di concentrazione. Rituali poi … da eliminare fisicamente. Ma per fare cosa? A cosa servono? Per allontanarmi ancora di più da quello che devo andare a fare. Una forma di pensiero, che ho quando sto preparando lo zaino, prima di partire, e’ che penso già all’impresa successiva, penso alla conferenza stampa che devo fare dopo un anno per un'altra cosa ancora. Mi costa una fatica tale andare ad attraversare il deserto perché l’ho talmente già realizzato nella mia mente, nelle mie emozioni, l’ho già visto tutto così nitido il percorso che a un certo punto mi sento quasi costretto a farlo per dimostrare che si può fare ma l’ho già fatto. Perché te lo devo dimostrare, ti dico io che si può fare, è sicuro che si fa.

Invece, se uno fa un’olimpiade è una cosa completamente diversa perché c’è mente, c’è pensiero, c’è metodo, c’è tabella, c’è carboidrato, c’è integratore, c’è medicina sportiva, c’è scarpa con i chiodi, c’è tutto e sei obbligato! Rituali compresi.

Ma puoi ingabbiare in un metodo la forza di un deserto, che mentre cammini è talmente forte che come ti giri sono già sparite le tue tracce … come fai.

Quindi ti sei mai trovato all’interno di un’impresa a dover scegliere?

Scegliere cosa? Scegliere di uscire, è l’unica scelta che fai, dentro è così tutto naturale che non c’è scelta da fare. E’ naturale per un uomo essere da solo in un deserto e camminare centinaia di km bevendo poco, mangiando poco, è sempre stato fatto e io mi sorprendo ogni volta che le persone me lo chiedono … è chiaro che al giorno d’oggi 58°, 60° , 360 km in 75 ore, 160 km al giorno a 60° con mezzo litro d’acqua è una cosa che sconvolge, ma ragazzi io sono sconvolto perché non ci sono altri che lo fanno. Non ho detto che tutti lo possono fare, attenzione, però è chiaro che, quando si vede eccezionale qualcosa che in realtà è dimostrato dal dna che il mio dna è uguale al tuo, vuol dire che ci sono persone che sono predisposte ma non sono riuscite a sviluppare questo tipo di predisposizione perché hanno tanti blocchi mentali. Il pensiero, blocca.

Come vengono considerati gli imprevisti?

Non esistono gli imprevisti! Esistono grandi, opportunità. Non è la solita frase. Tutto quello che è successo nella mia vita, non ha fatto altro che prepararmi al meglio, giorno dopo giorno, sempre di più. Anche in questo periodo che dal punto di vista umano, una persona al mio posto potrebbe dire, “periodo sfortunato”, in realtà per me è semplicemente perfetto! Finché non cadi nell’inganno di una quotidianità imposta, non naturale, tutto è semplicemente perfetto. Tutto avviene per riportare l’armonia, perché c’è qualcosa da correggere affinché tu possa essere allineato. Non lo comprendi, e allora interviene la situazione che può permetterti di riflettere.

Cosa intendi quando dici allineato?

Facciamo un discorso all’origine. Atomo, elettrone, carica elettrica, quindi frequenza. Se c’è una carica elettrica misurabile questa sarà graficamente anche rappresentabile, così accontentiamo anche la scienza. Un insieme di più atomi, dna, cellula, la frequenza di un atomo dovrà essere allineata in un equilibrio perfetto con quella generata all’interno di un dna, che a sua volta deve essere allineata con quella all’interno di una cellula. Miliardi di cellule insieme devono in qualche modo essere all’unisono e integrarsi perfettamente per creare una perfetta frequenza di un essere umano che si chiama individuo in questo caso si chiama Max, si chiama Marica. Questo allineamento che noi abbiamo, dovrebbe essere frutto di una frequenza nostra, che nel deserto quando c’è il silenzio assoluto la puoi anche udire, riesci a percepirla. Devi essere quanto più possibile allineato con l’ambiente, non circostante, ma con l’ambiente che tu crei, che sia in accordo con le tue frequenze. Ogni persona sceglie e cerca la realtà che lo fa stare bene con la sua frequenza. La riconosci inconsciamente. E’ il pensiero che ti porta a frequentare frequenze non in linea con la tua origine, il tuo dna. Per esempio. Quando comincio a parlare con qualcuno e percepisco che la persona inizia a parlarmi solo dei problemi, io dico immediatamente “Non voglio sapere i tuoi problemi, non ne voglio sentire parlare, non mi interessano. E’ un tuo problema”.

Non è cattiveria ma non voglio rafforzare con il mio pensiero un problema, e chiedo “raccontami una cosa bella che ti è successa oggi, o nell’ultima settimana o nell’ultimo mese”, e la conseguenza dell’evocare un qualcosa di bello ha come effetto un cambiamento di frequenza per la persona. Questo lo potrà aiutare nel pianificare quello che prima la persona presentava come un problema. Cambiando frequenza.

[…]

Nella mia vita mi sono sempre allenato tantissimo. Ora non più. Il mio limite rispetto alla normalità è più alto e “l’allenamento” è posto ad un altro livello. Direi mistico. Quando dico che tutti lo possono fare è ovvio comunque che ci vuole un percorso.

Il percorso è essere come il baccalà, più lo pesti, più diventa buono. E’ la verità!!

Io adesso ti dico, una cosa che pochi sanno. Mio papà non so chi è, mia mamma quando sono nato mi voleva davvero morto, quindi di fatto sono stato sempre solo. Non ho ricordi di aver mangiato seduto a tavola con mia mamma o mia sorella (che non mi saluta più da vent’anni). Rari i casi di qualche cena insieme, dove questo padre tra alcol e fumo di certo non era edificante come esempio. Vedevo questo mio papà una settimana in autunno e una settimana in primavera perché lavorava all’estero e dal quale non ho mai ricevuto una carezza. Giocavo da solo all’aria aperta d’inverno in mutande con un panino con la bistecca e ho sempre voluto stare in mezzo alla natura. Ma le mamme dei bambini, di questo quartiere popolare, sovente quando mi vedevano mi gonfiavano di botte perché ero sempre in salute mentre i loro bimbi erano ammalati e chiusi in casa. Me ne sono prese tante e mi chiedevo ma perché mi picchiano?!!

Sentivo madre natura, davvero come madre. Mi stendevo nel prato, bevevo l’acqua del fiume, sentivo i profumi dell’erba, il sapore del quadrifoglio da mettere in bocca, il salice.

Questa è stata la mia grande fortuna, è stata una grande opportunità essere stato lasciato solo perché ho imparato a star solo e amare la natura.

E, poi mi ha dato una misura diversa su quello che è l’affettività, l’amore, il concetto di solitudine, il condizionamento nei confronti degli altri esseri umani etc etc

Come essere–limite non ci è dato di andare oltre la vita. Ci sono stati momenti che hai percepito la morte vicina?

Non esiste la morte fisica, esiste la trasformazione fisica che è un concetto completamente diverso. La morte è una trasformazione di uno stato di materia sulla quale l’anima decide di staccarsi. E questo l’ho percepito tante volte. Io ho sempre voluto morire d’infarto. Per esempio gli allenamenti in montagna. Ho sempre corso senza tabelle e correvo in salita nelle montagne perché volevo sentire il cuore cedere. Volevo capire il meccanismo fisico e come intervenire su un eventuale “morte” per cedimento cardiaco, convinto che sia contradditorio un cedimento cardiaco da sforzo. Per me, il limite fisico è solo un grande inganno. C’è un qualcosa di più grande che governa. Se Dio mi ha dato questo cuore e queste gambe, e io sono in mezzo a un ambiente naturale perché io devo morire perché questo cuore cede? Perché!?

Allora i primitivi delle caverne nel rincorrere le gazzelle morivano d’infarto a seguito della corsa? Ma dai non scherziamo! Uno me lo vuole spiegare perché? Certo, può cedere adesso un cuore. Se mi hanno ingabbiato a fare 8 ore in ufficio, a compilare documenti, e poi mi dicono di prendere il latte con l’omega 3, andare in palestra a tirare su 4 pesi in mezzo al sudore e l’aria condizionata, a correre su un tapis roulant, è chiaro che se vado a correre poi nella natura cacciando una gazzella muoio di infarto e non resuscito più.

Chi pratica sport estremi si espone alle forze della natura e sceglie ambienti incontaminati non sottoposti alla manipolazione umana. Si crea un contatto privilegiato con la natura. Mi puoi raccontare se da una parte c’è una sfida alla sua forza dominante e dall’altra il desiderio di fusione con essa per ritrovare l’armonia? Cosa la natura incontaminata restituisce all’uomo? Quale nostalgia?

Incontaminati ... non sempre. Dire sport estremo è inserirlo in una categoria, con delle regole. Quindi manipolazione umana. Il contatto privilegiato di chi si iscrive ad una gara in deserto o sulla neve, per fare un esempio, e’ molto più legato alla classifica e all’integratore che non alla natura..

Poi, se devo pensare di fare qualcosa di eccezionale, perché lo voglio fare?

Gratificazione del mio ego? Allora nella maggior parte dei casi … sono il primo uomo che si è lanciato con il paracadute o il primo uomo che è andato nel polo nord, assumo questo integratore, mi alleno con queste tabelle, sono sponsorizzato da … etc. … questo va bene, e’ perfetto per l’atleta. Ma utilità per l’umanità pari a zero e danno per l’umanità pari a un milione. Questo perché questo modello ego si alimenta delle proiezioni e delle aspettative delle persone che vedono un modello a cui ispirarsi. Riporto, cioè, le mie esperienze di atleta super. Se davvero tu lo fai per te stesso, credimi, non lo vuoi neanche comunicare, o se lo vuoi comunicare lo fai perché la tua esperienza abbia un certo obbiettivo ed effetto, altrimenti neanche ne parli. Non ci sono altre strade da prendere.

Non ci può essere sfida con la natura, c’è invece molta interazione a tal punto che c’è compenetrazione, quindi se sei sulla sabbia diventi sabbia, sei sulla roccia diventi roccia, passi su un bosco e diventi bosco. Quindi, non c’è sfida. Chi sfida la natura è un grande sciocco perché intanto c’è una grande contraddizione, come fai a sfidare colei che ti ha dato la vita nel senso più alto del termine. Ti ha partorito con amore, come puoi metterti contro.

Non è girarsi e andarle contro, ma è andare avanti con lei, è diverso.

Non ci sono nostalgie, bisogna andare avanti senza guardare lo specchietto retrovisore. Che nostalgia ci deve essere? Se la natura è in me tutti i giorni, che nostalgia ci deve essere? Sei nostalgico di qualcosa quando ne sei legato materialmente perché il legame fisico una volta che lo hai instaurato ce l’hai dentro di te. Esserci fisicamente, questa è la grande differenza per cui sono ancora schiavo del deserto. Perché è dentro di me e ne ho nostalgia fisica. Devo esserci lì, sotto il caldo. Devo completare il grande deserto, io voglio completare quello, e sto seriamente pensando di farlo adesso in piena estate, il top del top dell’impossibile.

Attenzione, io non devo affrontare un deserto, è qualcosa di molto più grande. E’ una grande responsabilità. Devi comunicare nel giusto modo, perché nessuno insegna niente a nessuno ed è folle colui che pensa di poter insegnare. Questa e’ un’impresa che deve essere utile e fruibile perché comunque qualcuno ne tragga dei benefici, o possa trovare delle indicazioni, delle cose utili per la sua vita. Ma ho avuto delle interferenze pesanti che mi hanno fatto capire che non è tutto pronto come desideravo. Questa impresa la desidero fare perché deve essere utile. Ma una volta fatta, se qualcuno mi chiederà “che media di km hai fatto al giorno?” vuol dire che ho sbagliato completamente tutta la comunicazione, sbagliata completa, perché in un luogo che è pieno di leggende e di misteri, che nessuno è mai riuscito ad attraversare, dove gli uccelli migratori cambiano percorso, gli aerei non entrano, le compagnie petrolifere non sono capaci di entrarci. Se solo una persona mi chiede “c’erano i serpenti?” vuol dire che ho sbagliato comunicazione e vengo associato agli sport estremi dove uno prende la bibita energetica si allena 4 volte al giorno.

Mi parli del cielo … nel deserto.

C’è l’aspetto umano romantico del cielo, ma lo vedo con occhi completamente diversi. Vedo una specie di grande ologramma, dove noi pensiamo con questi grandi telescopi di buttarci dentro per miliardi di anni luce, e in realtà noi vediamo delle cose che non sappiamo davvero se esistono o no, per un semplice motivo. Se uso uno strumento tecnologico per vedere qualcosa e mi viene rappresentata una realtà non è detto che quella sia la realtà corrispondente. Ma tra i miei occhi e ciò che vedo ci sono un sacco di dimensioni.


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