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Negazione ed immersione subacquea
di Maria Luisa Gargiulo
Negazione ed immersione subacquea
Quanto e come i meccanismi di difesa possono influenzare la fenomenologia e il comportamento
del sommozzatore in caso di problematiche relative o secondarie all'immersione subacquea.
Abbiamo letto sulla rivista del DAN "Alert Diver" del settembre 2002 di una ricerca che illustra alcuni dati sulla scarsa capacità di alcuni subacquei di accorgersi di avere una malattia da decompressione attraverso l'autosservazione di alcuni sintomi soggettivi.
In questo articolo si prende spunto da quella ricerca per commentare alcuni processi psicologici che sono emersi e per parlare dei meccanismi di difesa che a volte noi mettiamo in atto e del perché lo facciamo.
Quella che alcuni redattori di quella rivista hanno chiamato "la sindrome del diniego", è in realtà un meccanismo di difesa (purtroppo non molto conveniente), che si è osservato in alcuni sommozzatori. Questo fenomeno, come altri processi psicologici, è alla base di alcune nostre "stranezze".
Un filtro per guardare la realtà
Quando osserviamo i nostri personali stati d'animo e le nostre condizioni fisiche prima e dopo un'immersione, quando valutiamo e cerchiamo di prevedere la difficoltà o lo sforzo necessario per compiere una performance, quando giudichiamo un allievo, in generale quando osserviamo e valutiamo la realtà e quello che ci succede, spesso poniamo un filtro molto personale a ciò che viviamo e questo dipende dal fatto che "ci difendiamo" da alcuni elementi che potrebbero essere per noi dannosi, mettendo una lente, una specie di schermo tra noi e la nostra esperienza.
Sono questi i famosi "meccanismi di difesa" tanto ingombranti quanto a volte utili al mantenimento del nostro equilibrio.
Ma cosa sono questi meccanismi di difesa?
Perché avvengono e cosa difendono?
Perché a volte essi sono l'origine di comportamenti inadeguati?
Continuando ad utilizzare la metafora della lente filtrante, possiamo dire che come per le lenti che usiamo normalmente, alcune sono solamente benefiche, o servono ad esempio soltanto a diminuire d'intensità un'esperienza troppo forte ma non ne deformano il significato, proprio come fanno gli occhiali da sole che ci riparano dalla luce troppo forte ma che non danneggiano la nostra capacità di vedere le cose.
Un paio d'occhiali da sole non è altro che una difesa, qualcosa di positivo ed utile che ci rende più capaci di affrontare la realtà, ad esempio permettendoci di stare senza danni ne fastidi all'aperto in una bella giornata di sole; così una difesa psicologica adeguata, permette alla persona che l'allestisce di affrontare in modo più conveniente la situazione. Il costo psicologico ed energetico che la persona deve pagare per mettere in atto quella difesa, è senza dubbio più basso del vantaggio che essa ne ricava.
Ci sono altre situazioni in cui le difese lavorano come lenti o specchi deformanti perché a volte sono capaci di cambiare o nascondere il contenuto della realtà od una parte di essa.
Così ci capita di guardare noi e quello che ci circonda, come attraverso degli occhiali costruiti male, o fatti per un'altra persona.
I sommozzatori il cui comportamento viene analizzato nella ricerca guardavano i loro sintomi come attraverso un paio d'occhiali sbagliati e così sono andati a sbattere contro la loro malattia da decompressione perché non l'hanno saputa vedere.
Commento alla ricerca
La ricerca concerne le chiamate per emergenza subacquea pervenute alla centrale DAN Europe da tutte le parti del mondo per un totale di 233 chiamate con la seguente distribuzione geografica di provenienza:
35% italiani,
25% tedeschi,
10% inglesi,
10% del Benelux,
5% spagnoli,
5% svizzeri,
1% francesi,
1% polacchi,
1% cechi,
8% altri.
I dati sono raccolti dal personale medico e paramedico di guardia alla Centrale d'Allarme e si riferiscono a tutto l'arco dell'emergenza, dalla chiamata al completamento dell'intervento e della terapia ospedaliera.
Le chiamate pertanto, sono solo l'inizio di un rapporto consulenziale che il DAN ha intrapreso con le persone che avevano chiamato e, oltre a ciò sono da indicare come ulteriore elemento, gli apporti terapeutici e riabilitativi con i quali hanno concorso i centri iperbarici più prossimi al luogo in cui si è svolto l'incidente o in cui risiede la persona oggetto dell'intervento.
I chiamanti sono stati divisi in tre categorie: principianti, esperti, istruttori/guide.
Il fenomeno che emerge dall'osservazione dei dati è che in genere tra i sub principianti ci sono una maggiore percentuale di "falsi positivi", ossia di chiamate di emergenza per supposta malattia da decompressione la quale non è poi stata confermata dagli accertamenti successivi condotti dai clinici.
Questo dato, osservabile nella tabella seguente, a prima vista potrebbe essere interpretato in differenti modi ma tra questi ve ne sono alcuni più ed alcuni meno verosimili.
Categoria
| n. chiamate | % chiamate | n. conferme | % conferme |
Principianti | 43
| 18.5
| 11
| 14,5
|
Esperti
| 156
| 67
| 76
| 48,7
|
Istruttori
| 34
| 14,5
| 24
| 70,6
|
Totali | 233
| 100
| 111 | |
Come si può osservare nell'ultima colonna si passa dal 14 al 70% di conferme di MDD e la maggiore percentuale se da una parte fa pensare ad una maggiore capacità dell'istruttore ad autodiagnosticarsi la malattia da decompressione (cosa in verità assai poco credibile vista la difficoltà degli stessi medici iperbarici a farlo) dall'altra lascia intravedere una tendenza, tutta da studiare e verificare, degli istruttori e delle guide a segnalare i casi di supposta malattia con una estrema difficoltà, solo in caso di assoluta palese concorrenza di differenti ed inequivocabili sintomi.
Un commento a tale dato potrebbe essere pertanto il seguente: "più cresce l'esperienza e la dimestichezza con l'attività subacquea e più è difficile per le persone supporre o temere di avere una malattia da decompressione".
Un'altra visione della situazione potrebbe essere ingenuamente credere che i subacquei neofiti, avendo fatto un corso da poco tempo, hanno nella loro mente, più freschi e più presenti i sintomi e la possibilità, nello svolgimento delle attività di un sommozzatore, di incorrere in un incidente iperbarico.
In realtà però anche gli istruttori, proprio per la loro maggiore anzianità nell'ambiente subacqueo sono ben consci che l' MDD è una realtà possibile e, specialmente quelli che insegnano ad andare sott'acqua, hanno ben presenti queste informazioni e queste nozioni giacché le insegnano ai loro allievi.
Non è pertanto un problema di scarsa informazione o conoscenza che differenzia i gruppi, anzi chi dovrebbe saperne di più, sono proprio i più esperti. Si tratta forse di un problema di origine psicologica?
Sembra, infatti, che le persone facciano fatica ad accettare l'idea od ammettere la probabilità di avere una MDD, proprio quando la loro esperienza è maggiore.
Anche se questi dati vanno approfonditi con altri studi ed ulteriori riflessioni da parte di tutta la comunità scientifica, sembra infatti che si instauri un meccanismo di negazione di questa eventualità, non in senso generale ma riferita alla propria persona.
E' come se l'istruttore dicesse, "ma non è possibile che proprio io che sono così bravo abbia un problema del genere".
Se tutto ciò fosse vero, la cosa personalmente non mi sembrerebbe affatto strana, visto che è ancora abbastanza diffusa la convinzione che stare male durante o dopo una immersione è cosa da cattivi subacquei e che se si sta male, vuol dire necessariamente che si è sbagliato qualcosa. Sicché un sub esperto, prima di prendere in considerazione una tale ipotesi, deve vincere tutte quelle difese psicologiche legate alla propria integrità ed alla propria autostima, che ne rendono un pò più difficile e lento l'affiorarsi alla coscienza.
Qualcosa di molto simile, sembra che accada per gli attacchi di panico in immersione, essi infatti, stando a quanto sta emergendo dalle ricerche, sono una delle più grosse cause di incidente subacqueo ma quasi nessuno ha mai il coraggio di ammettere di averne avuto uno, ma di questo avremo modo di occuparci in futuro.
Cosa significa negazione?
La negazione è un meccanismo di difesa fondamentale tramite il quale determinati aspetti della realtà, come viene percepita dal soggetto, sono trattati come se non esistessero; tale processo viene spesso diretto contro angosce legate alla propria incolumità fisica o di una persona cara.
Un altro meccanismo di difesa con cui la negazione può essere confuso è la rimozione.
La rimozione indica il tentativo di dimenticare qualcosa di cui l'individuo è consapevole a
livello inconscio; con la negazione viene cancellata dalla mente l'esistenza stessa di quell'episodio, quell'emozione o quel pensiero e, soprattutto, si vuole assolutamente negare la possibilità di quello che è avvenuto.
In altre parole con la rimozione si sa che è avvenuto qualcosa e perciò si cerca di non ricordarlo perché sgradevole; nella negazione l'elemento non e mai esistito e spesso al suo posto la persona è convinta di qualcosa d'altro.
Panoramica dei meccanismi di difesa
Il grande merito della psicoanalisi è stato quello di aver fatto comprendere alla comunità scientifica come l'uomo sia dotato di una parte cosciente, e di una non cosciente, in cui hanno luogo moltissimi meccanismi in grado di influenzare radicalmente il nostro comportamento.
Alcuni di essi sono chiamati "meccanismi di difesa" , sono inconsci per cui sono messi in atto "automaticamente" dalla psiche. Essi non sono necessariamente patologie, ossia non si riscontrano solo nei disturbi mentali ma sono modi caratteristici di ogni individuo di far fronte alle difficoltà della vita.
Un Meccanismo di Difesa è un processo mobilitato in risposta ad un segnale di pericolo, cioè l'ansia, che è un segnale di autoprotezione da minacce interne ed esterne.
Da molti autori sono state descritte e variamente denominate le varie categorie di meccanismi di difesa. Qui di seguito le elenchiamo e successivamente le descriveremo in modo che il lettore possa più agevolmente riconoscerle nel proprio comportamento quotidiano od in quello di altre persone. In ogni caso spessissimo è difficile riconoscerle a prima vista a causa del fatto che le difese, proprio perché funzionano bene, "reggono" ossia sono il più delle volte davvero efficienti nel celare alla coscienza ciò che hanno la funzione di difendere.
Nella maggior parte dei casi, questi meccanismi esistono proprio perché la persona non può o non deve accorgersi di qualcosa, come spiegheremo meglio nel paragrafo "cosa difendono i meccanismi di difesa?"
Essi sono: Rimozione - Annullamento - Formazione reattiva - Negazione - Proiezione - Rivolgimento contro il Sé - Regressione - Isolamento - Somatizzazione - Sublimazione.
I meccanismi di difesa, anche se sono caratteristica di tutti gli individui, assumono una predominanza e spesso compaiono in base ad un certo ordine evolutivo.
Ciò vuol dire che esistono meccanismi più arcaici, tipici delle prime fasi dello sviluppo
e altri che sono più maturi e più tipici dell'individuo adulto i quali tendono ad essere perciò meglio differenziati e meglio organizzati rispetto ai primi.
Alcuni studiosi hanno notato anche una componente culturale ed etnica nella predominanza di un meccanismo di difesa rispetto agli altri e ciò vale anche in base ai differenti periodi storici.
La rimozione è un processo che ha come risultato la cancellazione dalla conoscenza di un impulso indesiderato, o qualsiasi suo derivato: ricordi, emozioni, desideri o fantasie di realizzazione di desideri. E' il più efficace dei meccanismi di difesa, in quanto la sua forza d'azione è radicale e definitiva , ed è anche il più pericoloso.
Questo meccanismo ha una parte importante nella formazione di sintomi di tutte le specie. La rimozione fu il primo meccanismo scoperto e descritto da Freud. Essa, se ben riuscita, porta all'oblio, o all'amnesia, è un meccanismo di difesa che certamente protegge molto bene l'individuo e che a piccole dosi funziona normalmente in ogni essere umano; se è troppo pronunciata ed invade tutta la personalità, si ha a che fare con comportamenti patologici. E' interessante notare che l'intero processo di rimozione si compie inconsciamente. Non è inconscio solamente il materiale rimosso, ma sono del tutto inconsce anche le attività che costituiscono il processo di rimozione.
Lapsus, amnesie o angoscia apparentemente immotivata possono essere segnali di una avvenuta rimozione.
Formazione reattiva: al termine di questo processo si ha una inversione di alcuni impulsi o sentimenti nel loro contrario: ad esempio l'odio appare sostituito dall'amore, oppure l'aggressività dalla mitezza, perché l'elemento celato, che persiste inconsciamente, è qualche cosa che l'Io teme come pericoloso e da cui si difende.
Si tratta di un meccanismo secondario, destinato essenzialmente ad impedire il ritorno del rimosso alla coscienza. La rimozione gli è dunque preesistente, tanto che la formazione reattiva può essere considerata una sorta di sostegno a cui si fa appello per rafforzare la rimozione allorché questa perde di efficacia.
L'annullamento consiste in un'azione che contraddice o annulla il danno che l'individuo immagina che possa venire causato dai propri desideri aggressivi, ad es.: prima colpisce l'oggetto della sua ira; e poi lo bacia; la seconda azione annulla la prima.
L'annullamento è un atto difensivo a due fasi: Nella prima un impulso proibito viene espresso o nell'azione oppure nel pensiero, nella seconda fase viene eseguito un altro atto per "cancellare" l'impulso espresso nella prima fase.
Sindromi cliniche di facile osservazione che illustrano alcune forme di annullamento, possono essere: - la coazione a lavarsi le mani - toccare - contare - pulire e controllare.
Negazione: consiste nel diniego di una parte spiacevole o indesiderata della realtà esterna, sia mediante una fantasia con la quale si esaudisce il desiderio, sia mediante il comportamento. Ad esempio la negazione della paura con un comportamento spavaldo.
La proiezione è un'operazione con cui il soggetto espelle da sé e localizza nell'altro, persona o cosa, delle qualità, dei sentimenti, dei desideri che egli non riconosce o rifiuta ma che in realtà gli appartengono. La proiezione è un meccanismo di difesa che di norma recita la sua parte più grande nei primi tempi di vita infantile. Come la negazione, anche la proiezione è uno dei meccanismi di difesa più primitivi. La proiezione viene usata spesso da persone normali per diminuire le tensioni ordinarie di ostilità interpersonale, ma a volte la si trova in persone nelle quali la vita affettiva-relazionale non è molto soddisfacente.
Perciò esso appare spesso evidente nei conflitti coniugali, in certi tipi di dipendenza da sostanze e in alcuni sistemi patologici.
Rivolgimento contro il sé: avviene quando la persona indirizza verso se stessa emozioni, sentimenti, impulsi o pensieri che in realtà essa prova nei riguardi di un altro elemento ma che non saprebbe gestire oppure accettare.
Regressione: è un meccanismo di difesa che svolge un ruolo importante nelle situazioni di grave minaccia della propria integrità. La regressione si caratterizza con il ritorno a modi di espressione e di comportamento tipici di un livello di sviluppo inferiore o di una fase già superata La regressione implica un ritorno a comportamenti e a modi di funzionamento psichici che sono caratteristici di stadi più antichi, in special modo degli anni infantili. Il ritorno simbolico agli anni dell'infanzia consente alla persona di evitare l'avversità presente e di trattarla come se non fosse ancora accaduta attraverso un "ritorno al passato". La regressione, secondo alcuni autori, viene allestita in modo caratteristico ogni qualvolta una persona soffre di una disillusione, e si può notare perché la persona tende verso periodi e stili di comportamento precedenti della sua vita, che gli offrirono esperienze più piacevoli, e verso tipi antichi di soddisfazione che furono più completi.
Isolamento: si tratta della separazione di due o più elementi che in origine erano collegati ad esempio un episodio accaduto viene ricordato ma viene rimossa l'emozione od il sentimento ad esso collegato. I sentimenti vengono sperimentati come dissociati dall'elemento che li ha originati e vengono esperiti come immotivati od attribuiti a qualche altra causa. Gli impulsi altre volte vengono sperimentati soltanto come idee estranee; sembra che non appartengano realmente alla persona, e quest'ultima non li sente come reali. Ad esempio pur discutendo di fatti particolarmente significativi da un punto di vista emotivo, il soggetto rimane calmo, emozionandosi invece, in modo incomprensibile, per fatti banali, senza rendersi conto di aver spostato l'emozione.
Somatizzazione. Consiste nello spostare sul piano fisiologico il disagio provocato da conflitti non gestibili consapevolmente. Ad esempio l'emozione e la perturbazione affettiva che dovrebbero comparire a causa di un conflitto, non sono vissute nella sfera psichica ed elaborate da questa, ma deviate sul corpo, concorrendo all'insorgenza di disturbi funzionali. La comparsa di un danno o di un malfunzionamento fisiologico può essere considerato come un meccanismo di difesa che evita la sofferenza psicologica ed il conflitto. La somatizzazione è di facile osservazione, oltre che in campo di medicina psicosomatica, anche in campo sportivo, poiché l'investimento sul corpo e sul suo funzionamento sono molto forti in questo settore ed i "linguaggi" del corpo sono oggetto di una attenzione e di un significato particolari, essendo legati al concetto di performance, di salute, di "forma" ecc..
La sublimazione indica lo spostamento di un impulso o di un istinto nella direzione di un comportamento che gode dell'accettabilità e dell'approvazione sociale o del sistema di valori del soggetto stesso. La sublimazione può essere tanto un meccanismo di difesa quanto una funzione dell'Io. Gran parte del comportamento socialmente valido è basato sulla sublimazione, e in certa misura lo sono anche comportamenti complessi e raffinati, oltre che alcune attività motorie e sportive.
Cosa difendono i meccanismi di difesa?
Difendono il soggetto dall'ansia. Quando in un soggetto l'ansietà esperita supera determinati livelli, egli mette in opera dei meccanismi di difesa che funzionano a livello inconscio, e tendono a ridurre la tensione del soggetto e quindi a preservare il suo equilibrio emotivo.
Essi esistono per difendere i propri confini e per difendersi dalla possibilità che gli stimoli
esterni siano troppo forti e non colpiscano l'individuo su punti di vulnerabilità.
Da un punto di vista cognitivo, si può dire che un meccanismo di difesa difende l'Io, cioè un organismo capace di rappresentazioni e di regolazione cognitiva. Lo difende dalla sofferenza psichica, cioè dalla sofferenza dovuta a rappresentazioni, il cui punto fondamentale è l'assunzione di compromissione di uno o più scopi. I meccanismi di difesa operano sia sugli scopi sia sulle assunzioni che causano sofferenza, modificandone vuoi il contesto vuoi il contenuto. Perché venga applicata una difesa, va tenuto conto sia di alcuni vincoli generali di plausibilità cognitiva, sia di possibili differenze individuali.
Concludendo
In altre parole la persona si difende dalla realtà in base al significato soggettivo che essa riveste. Spesso una difesa viene allestita quando due credenze o due scopi appaiono dissonanti tra loro, oppure quando ciò che la persona esperisce è dissonante con uno di essi. Ad esempio quando due presupposti ad un ragionamento o ad una credenza sono così importanti per l'equilibrio della persona, che se essa si rende conto che qualcosa potrebbe mettere in dubbio uno più di questi presupposti, quest'ultima viene negata.
Nel caso di specie osserveremmo i seguenti presupposti :
- io sono un bravo sub
- gli incidenti subacquei capitano a chi non sa andare sott'acqua.
La difesa che viene allestita è la "negazione dei sintomi", che ha esattamente lo scopo di conservare la veridicità dei due presupposti elencati sopra, i quali, differentemente, sarebbero messi in discussione. Infatti l'unico compromesso possibile in questa situazione è proprio quello di negare i sintomi di una malattia da decompressione per conservare l'equilibrio attraverso una distorsione cognitiva della realtà.
Le distorsioni cognitive sono errori sistematici di ragionamento che si rendono evidenti nella sofferenza psicologica. Comprendono: inferenza arbitraria, astrazione selettiva, eccesso di generalizzazione, esagerazione e minimizzazione, personalizzazione, pensiero dicotomico.
Perciò uno dei modi per risolvere il problema è:
- io non sto vivendo un incidente subacqueo
che corrisponde pari pari a quella "sindrome del diniego" di cui si faceva cenno all'inizio di questo articolo. La ricaduta in termini sociali e di medicina dell'emergenza appare ovvia: chi soccorre o chi assiste anche casualmente ad un incidente avente come soggetto una persona che tende a negare, avrà maggiore difficoltà a comprendere la situazione perché ci saranno elementi soggettivi che emergeranno con ritardo, racconti fatti a mezza bocca, sintomi vergognosamente celati.
Ovviamente la negazione se si può osservare nel momento successivo all'incidente, a maggior ragione esiste prima di esso: sappiamo bene che ci sono alcuni piccoli indizi della possibile presenza di un problema fisico o della pericolosità di un certo comportamento, i quali potrebbero essere utilizzati dal sommozzatore prima dell'effettivo insorgere del problema stesso. Tali informazioni possono essere utilizzate per fare delle scelte, prendere decisioni, modificare il proprio comportamento. Ebbene a mio avviso la pericolosità del meccanismo della negazione raggiunge il suo massimo danno proprio quando il sommozzatore non esercita la propria capacità di prevenzione dei rischi perché nega a se stesso l'esistenza di segnali o sintomi specifici annullandoli, oppure razionalizza o interpreta, attribuendo loro un significato non realistico e distorto dalla difesa.
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