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La Paura: che cos'è?
di Maria Luisa Gargiulo
Approfondiremo il tema dei comportamenti inadeguati in immersione, delle paure, degli attacchi di panico, di quelle emozioni e di tutti quei sentimenti particolarmente problematici per il sommozzatore, per chi insegna subacquea, si occupa di emergenze e fa salvamento.
Prima di parlare della paura in immersione, delle differenze e delle possibilità delle varie tecniche per affrontarla e delle sfumature tra paura, angoscia, panico ecc, in questo articolo conosciamo meglio questo stato emotivo tanto frequente quanto a volte indesiderato.
Che cos'è la paura.
La paura è un'emozione che interessa in misura variabile ogni essere umano, lasciando molto spesso tracce indelebili nella sua mente, che possono riemergere in forma più o meno drammatica sia a livello cosciente che nei sogni. La paura è un'emozione che può generare grossi problemi di adattamento e che in casi estremi può dare la morte alla persona che ne è vittima. Ma è anche un'esperienza quotidiana, un meccanismo di allarme che generalmente consideriamo negativo, un'esperienza da evitare quando ci sentiamo impotenti, deboli, spaventati da qualcosa di pericoloso. In effetti, come ogni reazione psicofisiologica anche la paura ha le sue "ragioni", ossia ciò che ci accade dovrebbe servirci per vivere meglio.
La paura non costituisce semplicemente una meccanica e istintiva risposta a un pericolo, ma piuttosto una modalità complessa messa in atto dagli individui per relazionarsi all'ambiente ed esplorarlo contenendo i rischi. Inoltre, in modo analogo a qualsiasi altra esperienza emotiva, essa non è semplicemente un modo di sentire, ma un vero e proprio sistema, costituito da più componenti e fasi, il cui funzionamento accade lungo una linea temporale di azione ben precisa.
Pertanto la paura non è qualcosa di negativo, come una patologia da evitare, infatti, lo studio delle emozioni, sia a livello neurofisiologico sia psicologico, porta a capovolgere questo luogo comune, mostrando come solo grazie alla paura è possibile affrontare in modo adeguato il pericolo.
La paura va vista come una reazione al pericolo e pertanto positiva. Essa è tra le emozioni una delle più antiche e riveste un valore adattivo enorme.
Il nostro "sistema organismo" attribuisce una importanza gerarchica fondamentale a questa emozione perché legata alla nostra sicurezza e sopravvivenza. L'evoluzione ha predisposto il sistema nervoso umano in modo tale che una forte paura abbia la precedenza su qualsiasi altra cosa nella mente e nel corpo. L'organismo di fronte ad un evento minacciante reagisce con comportamenti che l'essere umano ha in comune con numerosi altri animali. Fiutare il pericolo, allertare l'attenzione, esaminare la situazione bloccare ogni altra attività.
La paura interviene sulla soglia d'allarme ossia sulla nostra capacità di mobilitarci alla presenza di un evento (sensibilizzazione). Ciò sta ad indicare che particolari eventi sono interpretati come "pericolosi" dall'organismo; vi è però la possibilità di modificare la nostra soglia d'allarme e conseguentemente diminuire la nostra reazione (assuefazione).
Abbiamo parlato della paura come una risposta al pericolo. Ma cosa interviene a farci percepire uno stimolo come dannoso e a guidare la nostra conseguente condotta? Quale caratteristica deve avere uno stimolo per attivare il nostro sistema di valutazione del pericolo?
L'organismo effettua una "valutazione della minaccia" in base a vari fattori. Pertanto ancora una volta non è importante in sé e per sé quale sia l'evento esterno, ma piuttosto quale sia la valutazione che il nostro organismo ne da.
Sappiamo ad esempio che a volte le persone cercano alcuni tipi di pericolo attivamente e dandone una valutazione positiva, il loro organismo reagisce ad esso non con una reazione di paura ma di interesse.
Se consideriamo alcuni sport estremi, lo stesso esporsi al pericolo viene perseguito come una meta e diviene per chi pratica queste discipline uno dei moventi dichiarati all'azione, che origina piacere e non paura.
Molti studiosi si sono interrogati su cosa succeda dentro di noi quando siamo di fronte ad un evento e quale sia il modo in cui il nostro sistema di valutazione regoli le proprie attività.
Una delle interpretazioni più felici è quella che vede il sistema valutativo in 5 livelli.
Se potessimo monitorare al rallentatore il processo che in realtà è molto rapido e spesso inconsapevole potremmo scandire 5 momenti di valutazione fondamentali:
1) novità o prevedibilità: l'organismo si attiva di fronte a stimoli che siano nuovi, non categorizzati in altre precedenti esperienze, oppure improbabili rispetto al contesto in cui accadono, cioè inattesi;
2) piacevolezza o spiacevolezza: l'organismo valuta il grado di piacere che trae dall'esperienza che sta vivendo;
3) funzionalità rispetto ai bisogni: l'organismo valuta l'esperienza in base alla sua utilità o meno rispetto a quanto si sia prefisso di raggiungere, ai bisogni immediati che prova in quel momento;
4) gestibilità della situazione: valutazione dell'impatto dello stimolo sugli scopi della persona e sulla sua facilità di gestirlo (coping);
5) compatibilità con le norme sociali: l'organismo valuta quanto e se il nuovo elemento possa essere più o meno coerente, più o meno compatibile con i principi ed i valori dell'individuo.
Cosa ci succede quando abbiamo paura?
In genere, colui che è in preda a una violenta paura si guarda intorno circospetto, inibisce l'azione fino a immobilizzarsi, trema, piange, si fa piccolo e se può si nasconde; si allontana velocemente dallo stimolo temuto e cerca di raggiungere una fonte di sicurezza; può anche inciampare, balbettare o svenire.
Darwin, che condusse nel 1872 uno studio comparato sulle espressioni delle emozioni, descrisse in questo modo gli effetti della paura nell'uomo: "La paura è spesso preceduta da stupore ( ... ). Gli occhi e la bocca si spalancano, le sopracciglia si alzano. L'uomo spaventato sta dapprima immobile e senza respirare come una statua, oppure s'accoccola istintivamente come per sottrarsi alla vista del suo nemico. Il cuore batte a colpi precipitosi e violenti ( ... ) la pelle impallidisce come all'inizio di una sincope ( ...). Nei casi di intenso spavento si produce una traspirazione sorprendente; questo fenomeno è tanto più rilevante perché in quel momento la superficie cutanea è fredda, da cui il termine popolare di "sudori freddi" ( ... ) inoltre i peli si rizzano e dei brividi percorrono i muscoli superficiali. Nello stesso tempo in cui la circolazione si altera, la respirazione precipita. Le ghiandole salivari funzionano in modo imperfetto: la bocca diventa asciutta e si apre e chiude spesso. Ho anche notato che in situazioni di leggera paura vi è la tendenza a sbadigliareÉ.".
Questo studioso ci sta raccontando di un insieme di accadimenti repentini e coordinati, di una tempesta di modificazioni: l'organismo pare essere completamente dedicato a questo.
Si chiama "arousal" questa attivazione psicofisica globale governata da quella combinazione di segnali elettrici e di trasmettitori chimici su cui si basa il nostro sistema nervoso centrale (arousal corticale) e comprende inoltre modificazioni fisiologiche del sistema nervoso autonomo (arousal simpatico) oltre a variazioni. muscolari. Queste reazioni caratterizzano la cosiddetta reazione di emergenza. Tale attivazione è connessa a cambiamenti ormonali.
Che succede nel cervello?
Il circuito primitivo
Il primo meccanismo che si attiva è quello chiamato del "circuito primitivo". Esso porta a termine l'esame generando una reazione emotiva, positiva o negativa, a qualsiasi oggetto e sensazione entri nel nostro campo di azione. Valuta ogni elemento individuandone la dannosità. Il circuito della paura ci predispone al pericolo ancora prima di comprendere quale sia l'eventuale minaccia perché agisce al di fuori del diretto controllo conscio o razionale.
Ha sede nella profondità dell'encefalo in una struttura antichissima: il sistema limbico. Esso è formato oltre che dal talamo e dall'ipotalamo, dall'ippocampo e dalla amigdala.
Da queste strutture Sono esaminati gli elementi essenziali di una condizione di pericolo, non i dettagli. L'amigdala, in particolare, sembra in grado di memorizzare semplici ed elementari ricordi di sensazioni che abbiamo imparato a temere.
L'ipotalamo regola le funzioni automatiche del corpo, come il mantenimento degli organi interni e la secrezione di alcuni importanti ormoni. Questi comprendono l'ormone chiave delle emergenze, il fattore di rilascio della corticotropina, o Crf, che prepara l'intero organismo alla lotta o alla fuga con una cascata di ormoni e di altre sostanze nel corpo e nel cervello.
Una struttura vitale di tessuto è il locus coeruleus che controlla la secrezione di un'importante sostanza di emergenza, la noradrenalina.
Altri sistemi di neurotrasmettitori situati in questa regione producono serotonina, dopamina, acetilcolina e adrenalina. Differenti combinazioni di questi e di altri neurotrasmettitori diffusi in aree specifiche del cervello possono produrre differenti livelli di paura.
Il circuito primitivo è molto rapido ma poco preciso.
Il circuito razionale
Successivamente il nostro cervello lavora per affinare la propria reazione agli stimoli. Questo perfezionamento avviene facendo filtrare le informazioni attraverso la corteccia, che raccoglie i flussi di dati in arrivo dai sistemi sensoriali, e li collega con la nostra memoria. Mentre si genera un'immagine sempre più chiara e dettagliata, Sulla base di queste informazioni, è possibile riesaminare la decisione iniziale e valutarne la correttezza, adattando la reazione alla nuova valutazione. Il collegamento tra la corteccia e il sistema limbico è quello che viene chiamato "circuito razionale".
Questo è più lento e più elaborato. Opera entro i massicci lobi frontali della corteccia cerebrale, in particolare nella corteccia prefrontale, situata appena dietro la fronte. Questo complesso apparato sottopone a un'analisi altamente sofisticata le informazioni ricevute dal circuito primitivo e dalla corteccia. Ci permette di valutare e analizzare razionalmente una paura specifica e di soppesare molte diverse possibilità e opzioni, comprese alcune risposte assai più articolate di tipi di lotta e di fuga, prevedendo per esempio la negoziazione.
L'analisi di questo secondo circuito è più lenta, ma anche più approfondita rispetto a quella istantanea del circuito primitivo.
Il circuito conscio
L'Ultimo circuito, da alcuni ritenuto il più potente, ancora molto discusso e parzialmente sconosciuto, è il circuito conscio. E' un'elaborazione del sistema di vigilanza ed è il decisore supremo. E' a livello del conscio che vengono prese le decisioni tra le possibilità offerte dal circuito razionale. Può cercare di arrestare la reazione di fuga o di lotta scatenata dal circuito primitivo. Il conscio è caratterizzato dalla autoconsapevolezza, ossia dalla coscienza di provare paura. E questa consapevolezza che ci permette di distinguere una più primitiva e semplice reazione al pericolo da ciò che può essere più propriamente chiamata emozione di paura.
Durante tutta la reazione di arousal vengono rilasciate endorfine che limitano o impediscono di percepire il dolore durante la reazione alla minaccia.
Esempio di una reazione di paura
Proverò a raccontare ciò che potrebbe accadere a chiunque di noi nel giro di pochi attimi, rallentando il racconto per poterlo meglio descrivere.
Siamo in immersione e stiamo nuotando lungo una parete, al margine estremo del campo visivo, mezzo oscurato dalla struttura semiopaca della maschera, il nostro circuito della paura ha individuato una confusa macchia grigia in movimento nella nostra direzione. Il circuito primitivo prepara immediatamente i nostri ormoni e il nostro sistema nervoso autonomo si prepara alla reazione di lotta o di fuga. L'ipotalamo segnala alla ghiandola pituitaria di secernere gli ormoni dell'emergenza. I muscoli si contraggono, gli occhi si spalancano, la pressione sanguigna si innalza e le pupille si dilatano.
Il circuito razionale è adesso in grado di elaborare l'informazione specificamente derivante dalla minaccia. "qualcosa di sconosciuto ed inatteso si sta avvicinando".
Il circuito primitivo segnala all'ipotalamo di preparare la reazione. Le ghiandole surrenali cominciano a secernere adrenalina nel circolo ematico. Contemporaneamente il locus coeruleus nella formazione reticolare rilascia grandi quantità di noradrenalina direttamente nel cervello, aumentandone la reattività. L'ippocampo e l'amigdala vengono sollecitati a conservare più facilmente i ricordi. L'equilibrio chimico è precario. Troppa noradrenalina nel cervello può sopraffare l'intero sistema, portando al panico e alla confusione, anziché alla vigilanza e all'attenzione.
Per un istante ci immobilizziamo trattenendo il fiato, Ma il circuito conscio che regola il comportamento è ancora in grado di controllare e modulare alcune reazioni: "devo continuare sempre a respirare".
Durante il nostro corso di subacquea, abbiamo imparato a contrapporre volontariamente l'azione respiratoria alla nostra tendenza all'apnea che si verifica quando siamo stupiti o spaventati.
La reazione primitiva di trattenere il fiato è un comportamento che cerca di renderci meno visibili a un predatore. Allo stesso tempo trattenere il fiato fa sì che si produca meno rumore e perciò che si richiami meno l'attenzione, oltre a permettere di udire più distintamente i suoni intorno a noi. Ma abbiamo saputo contrapporre a questa tendenza così biologicamente prepotente, adatta forse sulla terraferma e magari in una foresta, un apprendimento consapevole.
Ci giriamo per affrontare il pericoloso elemento minacciante. Questo comportamento ci offre la possibilità di avere il tempo e le informazioni per valutare la scelta tra la lotta o la fuga, ma non ci impedisce di reagire visceralmente come è imposto dal nostro circuito primitivo. Il cuore galoppa e il viso impallidisce, mentre sangue carico di adrenalina affluisce nei muscoli. Sentiamo la bocca ancor più arida, perché il circuito primitivo della paura blocca l'apparato digerente, comprese le ghiandole salivari.
Vediamo un grosso squalo pinna bianca agitarsi a poca distanza da noi. Una delle caratteristiche dello stupore e della paura è quella di farci tendere a socchiudere la bocca, ma anche questa predisposizione dettata dal circuito primitivo deve essere intercettata dal circuito razionale che fa prevalere quasi immediatamente l'abitudine a tenerci stretto in bocca il nostro erogatore.
Il circuito primitivo ha segnalato alla corteccia prefrontale di stare in massima all'erta e mentre il circuito razionale produce e soppesa freneticamente le opzioni, decidiamo consciamente: "questa specie non è pericolosa".
Anche se interviene un elemento a far cessare il pericolo Nel cervello, l'amigdala - i cui circuiti elettrochimici pulsano ancora, dopo il rischio che abbiamo corso segnala insistentemente all'ippocampo: "ricordati di quell'elemento". La nostra attivazione da evitamento si trasforma in curiosità ed eccitazione. Siamo ancora tesi ma non interpretiamo più la nostra agitazione come paura bensì forse come interesse.
La lotta, la fuga e altre strategie
Ad un livello viscerale come ad uno più raffinato esistono delle tipologie di reazione che si sostanziano in alcune strategie comportamentali. La lotta o la fuga sono i due opposti che esemplificano la scelta tra evitare e affrontare i problemi.
Esistono, infatti, strategie di "monitoraggio" o di "negazione" del problema o dell'evento problematico; ci sono, infatti, modi di affrontare il pericolo che comportano un suo diretto controllo, altri che invece si basano sul prendere le distanze da esso, in senso reale oppure psicologico.
Sono osservabili reazioni di "fuga, lotta o ritirata strategica" anche tra gli animali. Come spesso accade alcune di queste reazioni sono efficaci solo se consentono un comportamento elastico e flessibile, mentre se portate all'estremo finiscono per essere patologiche.
1) Immobilità - A volte la persona si blocca come per essere meno visibile al suo aggressore, paralisi questo però portato all'estremo genera la famosa "impotenza appresa" che per alcuni autori porta alla depressione caratterizzata proprio da un senso di ineluttabile sconfitta.
2) Evitamento - Nascondere l'elemento problematico o nascondersi ad esso, tapparsi occhi o le orecchie. Questo modo di reagire è efficace solo se temporaneo perché può essere utilizzato dall'individuo per prendersi il tempo necessario per organizzare le proprie forze. Se invece questa modalità è usata in maniera sistematica, ci troviamo di fronte ad una reazione inefficace oltre che psicotica.
3) Diluizione e negazione - La prima determina un'esposizione graduale allo stimolo, la seconda un evitamento. La negazione e disfunzionale perché non consente all'individuo un efficace esame di realtà e così lo rende vulnerabile.
4) Frustrazione collera - La reazione di rabbia e aggressività comporta una modificazione nell'aspetto e nel comportamento in senso negativo; divenire spaventosi serve per intimidire l'avversario. Da questo può scaturire la
5) Reazione di attacco con tutte le sue implicazioni fisiologiche. Il segnale di pericolo trasforma il nostro organismo come se si trattasse di una macchina da combattimento. L'accrescimento della forza è dovuto a una combinazione di adrenalina, noradrenalina e di altri ormoni dello stress. L'azione di questi ormoni consente alle persone che si trovano in situazioni di forte paura di compiere a volte atti di eroismo che richiedono straordinarie capacità fisiche. Il circuito primitivo della paura segnala al fegato di rilasciare le sue riserve di zuccheri nel circolo sanguigno. Stimolato dall'adrenalina il fegato diventa più efficiente nel produrre nuove riserve di glucosio, cioè il combustibile usato dai muscoli. Il respiro si fa più profondo e veloce e la capacità polmonare aumenta spingendo più ossigeno. La milza si contrae, emettendo altri globuli rossi che incrementano la capacità del sangue di trasportare ossigeno. Una maggiore quantità di sangue ricco di ossigeno e di zuccheri affluisce nei grandi muscoli delle braccia e delle gambe.
6) Sottomissione pacificazione - Si tratta del tentativo di scampare al pericolo accettando il ruolo di colui che ha perso e che si arrende concedendo al vincitore tutte le facoltà di gestire ciò che verrà successivamente. È una modalità di reazione che mira a stabilire una relazione asimmetrica (vincitore /vinto) dove il potere viene esercitato anche attraverso i più svariati simboli. Di solito però, dopo la sottomissione vi è una fase di pacificazione nella quale l'aggressore non ha più bisogno di esercitare comportamenti realmente minacciosi ma solo a volte di evocarli vagamente. In questa fase chi ha il potere utilizza il comportamento di fare delle concessioni ed elargizioni bonarie come ulteriore modalità per sottolineare la propria posizione di dominio. Questa situazione potrebbe dare alla persona che si è sottomessa la possibilità di "rifarsi" approfittando del momento di tregua.
7) La riconversione - Consiste nella ridefinizione della situazione che viene "ristrutturata" secondo una nuova ottica più positiva o comunque differente da quella che spaventava.
Questa strategia Può aiutare non solo ad allentare la tensione, ma anche a favorire un salutare distacco dall'evento che ci sta schiacciando. Vedere dall'alto significa, infatti, anche "staccarsi-da-terra", porre una maggiore distanza tra noi e il pericolo, non nel senso che ci si allontana fisicamente, ma che si dà modo alla nostra mente di elaborare, valutare e ricostruire l'esperienza che si sta vivendo, per negativa e spaventosa che sia.
In conclusione la paura scatena la reazione immediata del circuito primitivo che attiva la reazione di fuga o di attacco, queste che sono geneticamente determinate per millenni hanno rappresentato la nostra unica ancora di salvezza. In realtà però quando noi possediamo informazioni che ci indicano che la strategia di comportamento più adatta è un'altra, o quando il rischio che corriamo è tollerabile, occorre mediare razionalmente la nostra tendenza all'azione. A questo punto intervengono come mediatori i meccanismi più lenti ma più complessi del circuito razionale così da impedirci di agire in modo riflesso scappando o attaccando. Le variabili di sorpresa, novità, abitudine, rivestono una grande importanza perché ci consentono di modulare le nostre risposte, un altro fattore è determinato dal significato che gli accadimenti hanno per l'individuo.
La paura per concludere non può essere evitata ma deve essere "gestita".
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