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PSYCHOMEDIA
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TERAPIA NEL SETTING GRUPPALE
Psicoterapia di Gruppo
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Quali emozioni e relazioni interpersonali si esprimono nel processo gruppale?
Valutazione psicometrica quantitativa e qualitativa degli esiti di una psicoterapia di gruppo ambulatoriale a tempo determinato
di Monica Mambelli, Monia Fantuzzi e Laura Caroli
INTRODUZIONE
Questo lavoro si colloca all'interno di un'esperienza consolidata di psicoterapia di gruppo in ambito ambulatoriale nel contesto del Centro di Salute Mentale dell'A.USL di Forlì(1).
L'impianto teorico di riferimento è quello gruppoanalitico.
La complessa vita di un gruppo terapeutico, in particolare all'interno di un contesto istituzionale, impone di considerare importante anche gli aspetti di valutazione dell'efficacia della psicoterapia.
Il vertice di osservazione da noi adottato è stato quello di monitorare, mediante l'uso di strumenti psicometrici, l'andamento sintomatologico, del clima emotivo e le modalità relazionali nelle diverse fasi del processo gruppale. Questo lavoro è stato scritto dopo la conclusione di questo percorso di psicoterapia di gruppo.
DESCRIZIONE DEL GRUPPO
Si tratta di un gruppo terapeutico omogeneo a tempo determinato, della durata di nove mesi, formato inizialmente da otto pazienti, tutti utenti del Centro Salute Mentale , che hanno fatto richiesta di intraprendere un percorso di psicoterapia.
I pazienti sopra descritti che presentano diagnosi di disturbo di personalità, durante il percorso sono diventati sei a seguito di due interruzioni avvenute nei primi mesi. Il gruppo è stato condotto da una psicoterapeuta(2)( del Centro Salute Mentale, con la presenza di un'osservatrice partecipante psicologa specializzanda della COIRAG .
A questo proposito riteniamo importante esplicitare gli elementi che hanno dato forma all'assetto di lavoro e alla relazione terapeuta-osservatrice, fuori e dentro il gruppo, tenendo conto di quanto si trova in letteratura.
Corbella afferma "(...)la relazione fra terapeuta e osservatore è di primaria importanza..." si tratta di "(...) un rapporto dinamico che si svolge nel tempo e viene a cointeressare numerose variabili.(...) Risentimento e competitività, fastidio della dipendenza, paura di essere criticati, senso di colpa, di impotenza e isolamento accompagnano la relazione osservatore-terapeuta, osservatore-gruppo e quando non sono coscienti vengono scotomizzati e rischiano di essere agiti nel setting terapeutico". (Corbella, 2003).
L'organizzazione del lavoro ha previsto momenti strutturati di riflessione fra la psicoterapeuta e l'osservatrice fuori dal gruppo, su quanto avvenuto in seduta. Questo assetto ha consentito una sintonia di lavoro che ha avuto risonanza anche dentro il gruppo.
Gli stimoli che nascevano da queste riflessioni sono divenuti infatti materiale prezioso su cui spesso si è potuto lavorare con il gruppo.
In ambito istituzionale, il gruppo di psicoterapia a tempo determinato è uno strumento a cui si fa sempre più riferimento di fronte alle "nuove patologie" caratterizzate dalla predisposizione alla dipendenza e dalla fragilità del Sé, tratti della personalità presenti nei pazienti di questo gruppo, oggetto di studio.
Come dice Corbella "(...) i gruppi a termine presentificano il limite temporale; la consapevolezza del termine necessita dell'elaborazione della separazione e questo stimola il movimento verso l'individuazione riducendo inevitabilmente la possibilità di stasi (tipica dei gruppi omogenei), a volte difensiva rispetto al cambiamento, che caratterizza l'area della fusionalità (...)" (Corbella, 2003).
A questo proposito Zucca sottolinea che "(...) in questa cultura della fretta e della avidità, del tutto e subito, nulla si può veramente gustare perché non c'è mai un tempo tranquillo e stabile per poterlo fare e per potere vivere una storia. In questa cultura dell'avere sotto controllo non debbono esserci confini: c'è l'esilio ma non la separazione che prepara la vera distinzione. Il futuro diventa a breve termine così come la memoria." (Zucca Alessandrelli, 2005).
Il gruppo a tempo determinato, per la sua specifica connotazione, si propone l'obiettivo di condurre questi pazienti a vivere un'esperienza emotiva condivisa, dove l'elemento "confine" è dato anche dal tempo che traccia un limite predefinito.
Il gruppo, iniziato nel mese di febbraio 2006 e concluso nel mese di novembre 2006, si inserisce all'interno di un contesto di cura più ampio e va inteso come "episodio di trattamento" con l'obiettivo di favorire un processo di conoscenza e accettazione delle parti più fragili e vulnerabili del Sé.
Tutti i pazienti che compongono il gruppo sono contemporaneamente seguiti anche dallo psichiatra del servizio con impostato un trattamento farmacologico, che nel corso del percorso psicoterapeutico in accordo con il loro psichiatra che si è sempre confrontato con il terapeuta di gruppo, hanno gradualmente sospeso. Inoltre durante il trattamento di psicoterapia di gruppo non ci sono mai stati ne interventi di urgenza ne ricoveri.
Corbella afferma infatti: "(..) questi gruppi vanno concepiti come "episodi di trattamento" (Budman,Gurman, 1988) che si attuano in particolari contesti a volte in concomitanza con altri tipi di cure, e che a seconda dei bisogni, aprono alla possibilità di essere un riferimento nella vita del paziente sia al passato (come ricordo di una esperienza che ha avuto e dato valore) sia al futuro (come possibile progetto di lavoro). Questo è possibile all'interno di una visione del "prendersi cura" che valorizza un tipo di approccio multimodale, un approccio che implica l'integrazione armonica di diversi tipi di interventi a differenti livelli di realtà." (Corbella, 2003).
DESCRIZIONE DELL'AMBITO VALUTATIVO E DEGLI STRUMENTI
E' stata da noi scelta una batteria di test per la valutazione dell'efficacia della psicoterapia di gruppo, in grado di monitorare ed esplorare tre aree: 1) sintomatologica (SCL-90-R), 2) emozionale (Group Climate Questionnaire (GCQ), 3) relazionale (Carta di Rete).
La somministrazione e l'elaborazione sono state curate da una psicologa specializzanda(3)( della scuola Riza Medicina Psicosomatica.
Abbiamo distinto il piano valutativo da quello terapeutico con l'intento di non creare interferenze al setting gruppale, pur mantenendo un collegamento fra i due ambiti.
Nella fase conclusiva, ogni paziente individualmente ha ricevuto la restituzione dei risultati dei test.
The Symptom Checklist- 90 revised (SCL-90-R)
La SCL-90-R (Derogatis, 1977) è un questionario multidimensionale di autovalutazione per lo screening di un ampio range di problemi psichiatrici. La scala misura la sintomatologia dell'ultima settimana, fino al momento della valutazione.
Essendo una scala adatta per la valutazione del decorso clinico abbiamo fatto una somministrazione prima del trattamento e una al post-trattamento.
Group Climate Questionnaire (GCQ)
Lo strumento Group Climate Questionnaire (MacKenzie et al., 1987) consiste in 12 item che possono essere misurati in una scala da 0 a 6. Contiene 3 sottoscale:
* "Coinvolgimento": indicatore di coesione, di fiducia, di appartenenza e di confronto,
* "Conflitto": indicatore di conflitto interpersonale, di rifiuto, di sfiducia, di tensione
* "Evitamento": indicatore di riluttanza ad affrontare i problemi nel corso della seduta
E' un questionario che richiede ai pazienti di annotare episodi importanti avvenuti in seduta e il relativo significato personale percepito. I risultati vengono mostrati semplicemente come punteggi item medi per ogni subscala. Per questo lavoro, abbiamo optato per una somministrazione mensile del questionario per tutta la durata del percorso terapeutico.
Carta di rete
La Carta di rete (Sanicola, 1997) è uno strumento descrittivo che permette di rappresentare graficamente la rete sociale del paziente mediante simboli appositamente predisposti.
La rete viene considerata secondo un'ottica che privilegia il soggetto che si pone al centro della propria dimensione sociale considerando i legami diretti che ha con gli altri.
La scelta è tra diversi tipi di legame: Normale, Forte, Debole, Interrotto, Rotto, Discontinuo, Ambivalente, Conflittuale.
La somministrazione è avvenuta prima del trattamento e dopo il trattamento.
Questo strumento, assolve a due funzioni: una valutativa, in quanto permette di confrontare la situazione di un paziente prima e dopo un intervento di psicoterapia; e una mentalizzante, consentendo una riflessione sul significato attribuito alla propria storia relazionale
Il test che in questo lavoro verrà maggiormente approfondito è il Group Climate Questionnaire (GCQ), degli altri due tests verranno riportati i risulati con un breve commento.
LE FASI DEL PROCESSO GRUPPALE: le relazioni interpersonali e la costruzione dell'intimità emotiva.
Per osservare le dinamiche gruppali abbiamo fatto riferimento alla teorizzazione sul "ciclo di vita del gruppo" di Fasolo.
L'autore sottolinea come all'interno di questo ciclo possano essere distinte tre fasi di sviluppo:
- prima fase, di avvio, in cui si lavora sulla strutturazione, impostazione di una cultura comune e di una solida fiducia di base;
- seconda fase,intermedia o del pieno "gioco di squadra", caratterizzata da un confronto più attivamente elaborativo;
- terza fase, di conclusione, che si identifica come fase di verifica e di elaborazione di tutti gli aspetti emozionali legati alla separazione e all'elaborazione del lutto.
Abbiamo osservato l'evoluzione del clima emotivo nelle diverse fasi del processo gruppale, comparando i risultati dello strumento "clima di gruppo" con i contenuti emersi nelle sedute nelle quali è stato applicato il test.
Dai "clima di gruppo" della prima fase, come si può rilevare dal grafico, si assiste ad un aumento della sottoscala del Coinvolgimento, dell'Evitamento e del Conflitto.
Si osserva una discrepanza fra quanto emerge dai risultati del test e dai contenuti delle sedute, dove risulta che il conflitto è negato e spostato sul terapeuta mediante l'identificazione proiettiva.
Pertanto, quanto emerge nelle sedute può essere ricondotto ad una mancanza di consapevolezza dei vissuti emozionali attivi in quanto, in questa fase iniziale, prevale il bisogno del gruppo di ricercare elementi di omogeneità e di fusionalità.
Neri afferma: " Lo stato gruppale nascente è caratterizzato oltre che dalla speranza messianica, dall'illusione(...)". "L'illusione gruppale risponde ad un desiderio di sicurezza, di preservazione dell'unità dell'Io minacciata (...)" (Neri, 2004).
Il fenomeno dell'illusione gruppale, con il prevalere di un pensiero arcaico, consiste nel vedere il terapeuta e il gruppo in modo fortemente idealizzato, con funzioni onnipotenti e magiche, capaci di preservare dall'angoscia di smarrimento totale.
Neri sottolinea infatti "(...) l'importanza e la significatività, nello stato gruppale nascente, dell'emergenza di fenomeni di depersonalizzazione e di deindividualizzazione."(Neri, 2004)
Tutto questo è indispensabile per creare una cultura fondata sulla fiducia di base, affinché il gruppo possa evolvere.
Ci sembra interessante riportare testualmente alcuni contenuti clinici della quinta ed ottava seduta, relativi alla negazione dell'aggressività e del conflitto, che esprimono ancora il bisogno del gruppo di preservare gli aspetti di fusionalità.
Alessio è portavoce di una paura di essere prevaricato e inghiottito dal gruppo, ma non riesce a riconoscerla all'interno di questo e la riferisce al gruppo dei coetanei in adolescenza.
Alessio: (...) Ho riflettuto sul gruppo e sul fatto di come sia stato da una parte protettivo, dall'altra pericoloso perché c'era il rischio di perdere la propria integrità, intesa un po' come identità personale.
Terapeuta: é molto interessante questo aspetto che riferisce, a proposito di questo gruppo cosa sente?
Alessio: no, qui non sento lo stesso rischio! Io probabilmente ho delle esperienze di gruppo un po' forti che mi influenzano: al tempo dell'università ero entrato nel gruppo di Comunione e Liberazione. Si tratta di un gruppo cattolico che funziona quasi come una setta, ti fanno il lavaggio del cervello, non c'è libertà di pensiero. Predicano l'amore per Dio, in realtà sotto ci sono interessi politici. Ci sono regole ferree da rispettare e se non le rispetti i tuoi amici ti fanno sentire in colpa. C'è una gerarchia molto precisa; io penso che dietro a tutto ci siano degli psicologi che hanno proprio studiato a tavolino come influenzare così le persone. Io poi ero molto fragile, loro mi stavano vicino quindi ci sono cascato.
Queste prime sedute sono state caratterizzate da una buona circolarità e scambio di esperienze personali ed emozionali, che ci hanno portato a riflettere sul bisogno del gruppo di "abitare" anche l'area preverbale, necessaria per dare forma alla sua propria identità: il gruppo in questa fase comunica più sulla base di un canale associativo che non riflessivo.
Come afferma Corbella "(..) l'aspetto trasformativo è dato dalla possibilità di riattualizzare il tempo della relazione con l'oggetto primario e quindi entrare nell'area del difetto originario per riparare il percorso del "Sé Grandioso" (base per lo sviluppo del "vero Sé") e di fare magari per la prima volta esperienze fusionali rassicuranti, all'interno del gruppo vissuto come holding e in seguito, di risintetizzare e integrare, grazie agli opportuni interventi del terapeuta, gli oggetti parziali in un oggetto totale. (...) L'esperienza, che il movimento regressivo rende possibile, si situa ad un livello preverbale; in questo contesto il linguaggio perde il significato convenzionale adulto e le parole vengono usate come una sorta di oggetto transizionale(..)." (Corbella, 2003)
L'atmosfera emotiva che si crea in questa prima fase, ci riporta al concetto di "socialità sincretica" espresso da Neri.
" (...) La socialità sincretica è la base per lo sviluppo delle funzioni della socialità evoluta; mantiene in vita "gli aspetti che non cambiano" dell'identità. (...)La nozione di socialità sincretica applicata al piccolo gruppo aiuta a valorizzare i vissuti sensoriali, propriocettivi e cenestesici. Questi vissuti - condivisione di ritmi fisiologici, comune percezione dello spazio, regolazione collettiva del tono dell'umore - sono un fondamento essenziale dell'esperienza di appartenenza. Altri fattori alimentano la socialità sincretica e confermano l'esperienza del gruppo come qualcosa di conosciuto, stabile ed affidabile: la costanza dell'orario e della stanza, l'assidua presenza fisica degli altri membri, l'atteggiamento del conduttore del gruppo nei suoi aspetti più ripetitivi.
E' evidente come il livello sincretico, non verbale, e il livello evoluto della relazione non siano separabili, ma al contrario, risultino strettamente interdipendenti." (Neri, 2006)
"(...)Nel corso del lavoro condiviso, in concomitanza con il costituirsi di un clima di fiducia e di accoglimento, è possibile cominciare a sentire, anche se in modo confuso, che insieme si sta bene; da questo iniziale star bene insieme si origina la possibilità di una fusionalità più autentica e profonda nell'evolversi del processo gruppale. Il gruppo stesso viene quindi più volte sperimentato come quell'ambiente "sufficientemente buono" in cui si può, con fiducia, lasciarsi andare anche a un'esperienza arcaica e che quindi può fungere da sostituto adeguato dell'oggetto primario.(...)" (Corbella, 2003)
Questi sono i presupposti che permettono al gruppo di "traghettare" alla fase intermedia del processo gruppale, caratterizzata dall'avvio di un'attività elaborativa.
Come si può evincere dal grafico, l'andamento della sottoscala del Coinvolgimento ci indica che il clima emotivo del gruppo è caratterizzato dal mantenimento, durante questa fase, di un buon livello di coesione,di fiducia, di senso di appartenenza e di confronto.
Il valore di questa sottoscala, pur mantenendosi alto, tende a decrescere, tranne che nella diciannovesima seduta, la quale si differenzia anche nelle altre due sottoscale: l'evitamento aumenta rispetto alle altre sedute, il conflitto diminuisce.
A inizio seduta Marina, dopo la pausa estiva durata un mese, esprime, sia fisicamente che verbalmente, grande felicità e piacere nel rivedere il gruppo: questa manifestazione affettiva ha sottolineato il valore del gruppo rinforzando il senso di appartenenza di ciascuno. Pertanto si sperimenta una forte vicinanza emotiva di cui si fa portavoce Antonio: "pensando all'intimità all'interno del gruppo mi viene in mente l'abbraccio iniziale di Marina, si è trattato di un gesto spontaneo, all'inizio io sono rimasto rigido perché di solito quando sento invadere il mio spazio vitale mi irrigidisco, mi allontano come difesa; stasera però subito dopo ho provato piacere perché ho sentito che c'era spontaneità da parte sua.".
Questo clima emotivo iniziale ha consentito di vivere il gruppo come "contenitore" capace di accogliere anche le parti più fragili, bisognose e mai condivise.
I partecipanti entrano in risonanza su temi legati alle esperienze di intimità sessuale, si apre un confronto fra le donne e gli uomini del gruppo con un bisogno di condividere anche esperienze dolorose vissute da ognuno in solitudine.
Vediamo che l'intimità è il frutto di un'atmosfera di empatia e di una particolare coloritura emozionale: l'altro partecipa emotivamente perché ciò che viene narrato entra in risonanza con aspetti della propria storia.
Come si può evincere dal grafico, i risultati del "clima di gruppo" indicano un bisogno del gruppo di esprimere e di trovare al suo interno, rispecchiamento, empatia e condivisione.
La fragilità narcisistica di questi pazienti rende difficile mantenere costante l'oggetto in assenza di esso, questo funzionamento psichico può aiutarci a comprendere il forte bisogno ma anche la capacità del gruppo nella seduta di ripresa di ritrovare un clima di fiducia e di coesione.
Per tanto l'impennata del livello di coinvolgimento e di evitamento registrata nel grafico, trova una possibile spiegazione nelle dinamiche di gruppo sopra descritte.
L'attivazione del processo elaborativo era gia stata avviata prima della sospensione estiva, la cui ripresa ha comportato un bisogno di continuità a livello di rassicurazione affettiva necessario per l'avanzamento. A tale proposito riportiamo alcune esemplificazioni cliniche.
Francesco apre la decima seduta con una richiesta di spiegazione relativa ad un'affermazione, che lo aveva infastidito, fatta da Marina nella seduta precedente "gli uomini non hanno le palle!". A tale proposito Marina riporta la seguente riflessione: anch'io ho pensato molto ai contenuti della seduta scorsa... alla fine della seduta ho avuto una reazione di pianto fino a casa. Mi è tornato in mente il rapporto con mio padre, ho pianto le lacrime che non avevo pianto quando è morto. Ho provato senso di colpa per non essere stata presente alla sua morte e ho sentito un forte rimpianto per non aver avuto con lui un rapporto da adulta e l'occasione di chiarire certe cose, di chiedergli come era stata la sua vita, la sua infanzia. Io non so nulla di lui, forse il suo modo aggressivo e violento aveva origine nella sua storia, forse reagiva così come difesa. Tutto questo mi ha aperto gli occhi sul mio rapporto con gli uomini così difficile e sfiduciato e ora mi sento meno arrabbiata con loro. Ho pensato agli uomini di questo gruppo e mi sono accorta che mi piacciono. Mi hanno fatto comprendere che la forza è data anche dal prendere contatto con le proprie debolezze, dall'ammettere di avere bisogno e quindi accettare di farsi aiutare. Proprio come stanno facendo gli uomini di questo gruppo.
Marina è portavoce di un senso positivo di appartenenza al gruppo, attraverso il riconoscimento di valore dei "maschi".
Sembra farsi strada il riconoscimento del proprio diritto ad essere nel mondo e il rispetto di sé e dell'altro.
Il tema della colpa, gia emerso in precedenza e ripreso in questa seduta, ha permesso al gruppo di guardare ai significati. "Dichiararsi o dichiarare l'altro colpevole è un mezzo per mascherare le problematiche e i conflitti sottostanti, mantenendo inalterate le fantasie difensive di onnipotenza.
Il passaggio dall'esibizione della colpa all'assunzione di responsabilità, si affronta come tema gruppale essenzialmente nelle situazioni in cui il gruppo regredisce alla fase adolescenziale" (o gruppo dei pari) (Corbella, 2003).
Emergono in questa seduta spinte verso l'autonomia, con l'espressione di movimenti aggressivi- riparativi rivolti alle figure genitoriali che tendono a mantenere i figli in uno stato di dipendenza.
Antonio: a volte reagisco con aggressività ai modi invadenti di mio padre cercando di mantenere il mio spazio di autonomia; ad esempio di solito lui fa la denuncia dei redditi, quando ha visto le ricevute della psicoterapia ha chiesto di cosa si trattava, io gli ho risposto in modo deciso che erano cose mie, se voleva farmi questo piacere bene, altrimenti avrei fatto da solo.
Romano riconosce nelle modalità del padre di Antonio modalità molto fastidiose simili in suo padre e riporta alcune sue frasi: non riuscirai a comprarti una casa, resta qui con noi che ti conviene...l'acquisto di una casa è per persone ricche, non per operai come te.
Ci si interroga se veramente i genitori fanno il bene dei figli o invece ci sia una sorta di manipolazione attraverso la svalutazione delle loro risorse, con lo scopo di mantenere un rapporto funzionale al potere del genitore e non alla crescita di figli.
Da parte di tutto il gruppo emerge la fatica a tentare di scardinare l'idealizzazione del genitore con difficoltà a riconoscere ed esprimere i vissuti di rabbia e di aggressività nei loro confronti. Se da una parte ci sono quindi spinte che bloccano, paralizzano e non rendono possibile l'acquisizione dell'autonomia, dall'altra emergono spinte iniziali verso un processo di separazione-individuazione.
"(..)Il passaggio da posizioni fusionali a movimenti di separazione-individuazione avverrà per i singoli componenti più volte nel processo gruppale (tempo a spirale) e il terapeuta dovrà fare in modo che, diversamente da quanto accaduto nella famiglia di origine, questo passaggio inevitabilmente doloroso e faticoso non avvenga mai in modo traumatico ma graduale e condiviso e che queste esperienze rimangano nella storia del gruppo come serbatoio di energia a cui accedere nei momenti di fatica e difficoltà." (Corbella 1999)
A questo punto entriamo nella Fase Finale caratterizzata dall'elaborazione del processo separativo.
Come si osserva dal grafico il livello di coinvolgimento risulta elevato, ciò trova riscontro anche nel fatto che tutti i pazienti hanno partecipato con continuità e serietà a tutto il percorso psicoterapeutico, mantenendo e coltivando la cultura dell'ascolto non giudicante e della fiducia, che ha permesso il riconoscimento e l' espressione delle emozioni di sé e del gruppo.
L'attivazione della funzione riflessiva ha portato il gruppo ad accompagnare gli stati emotivi legati alla fase separativa e al loro riconoscimento ed elaborazione.
A questo proposito è interessante vedere, in questa fase, il movimento della sottoscala del Conflitto:
quando il gruppo è condotto dalla terapeuta a prendere contatto con gli aspetti separativi, il livello di conflitto aumenta e viene espresso anche attraverso accesi diverbi fra i membri dello stesso.
L'emergere di questi conflitti, che hanno creato un forte clima di tensione ha permesso nelle sedute successive di ripensare a quanto avvenuto, descrivendo il conflitto con questa metafora: "Credo che succeda un po' come quando si uniscono una sostanza basica e una sostanza acida: mescolate in determinate quantità servono a depurare l'acqua, in quantità troppo elevate creano un' esplosione".
La metafora lascia intravedere la possibilità di un passaggio dalla dialettica degli opposti alla dialettica dei distinti, consentendo di recuperare il valore della diversità, di cui ogni persona è portatrice all'interno del gruppo, dove l'altro, il diverso, non è più un nemico ma è necessario per la comprensione di sé.
Se non si è capaci di modulare l'incontro con il diverso e il pericolo che esso comporta, non affronteremo mai neppure la nostra autentica naturalità. Ma una volta accettato il valore del diverso e della separatezza si possono di nuovo ricercare i punti di contatto (Corbella 2003) .... quando si uniscono una sostanza basica e una sostanza acida: mescolate in determinate quantità servono a depurare l'acqua.....
Portavoce di questi contenuti è Romano: io ora sento anche il bisogno di spiegare le mie ali e provare ad utilizzarle, non mi sento angosciato da questa cosa... mi è venuta in mente l'immagine della gabbianella e del gatto di Sepulveda e ho pensato al fatto che se il gatto non lasciava andare la gabbanella questa non avrebbe mai potuto scoprire chi era veramente. Certamente questa scoperta le costa tanta fatica ma poi le fa trovare tutta la sua libertà.
Interessante in questa fase è il passaggio da un funzionamento mentale prevalentemente di tipo concreto ad un' attivazione del pensiero simbolico rappresentazionale testimoniato anche dall'uso di metafore da parte del gruppo.
A tale proposito ci sembra importante riportare la metafora che sintetizza il senso di questa esperienza terapeutica.
Romano "pensando mi è venuto in mente l'immagine di una casa in ristrutturazione, cioè di case antiche, all'interno delle quali, attraverso la ristrutturazione (che si avvale anche di tecnologie moderne) viene valorizzato ciò che già c'è e non funziona. Questo fa sì che le case ritornino ad essere belle ed accoglienti. Io mi sento proprio così, come una casa in ristrutturazione, sento di avere iniziato questo processo di aggiustamento che dovrà essere portato avanti nel tempo; del resto poi le case, anche una volta concluse, hanno sempre bisogno di interventi di manutenzione.
Testimonianza di un avviato "lavoro di ristrutturazione" c'è data anche dai risultati dell'SCL90 e della Carta di Rete.
Dal confronto dei dati emersi dal test/re-test (somministrato all'inizio e alla fine del percorso di psicoterapia) dell' SCL90, si può evincere che il valore dell'indice globale di sintomatologia è complessivamente diminuito.
Questo risultato può portarci a riflettere sul fatto che l'attivazione di un processo di mentalizzazione si accompagna ad una diminuzione della sintomatologia, che ha assunto nuove significazioni.
Come si può notare dal grafico, il test/re-test (somministrato all'inizio e alla fine del percorso di psicoterapia) della Carta di Rete mostra, a livello generale, una tendenza al cambiamento nell'area relazionale.
Questi risultati ci permettono di osservare che il setting gruppale favorisce, attraverso un'esperienza che privilegia gli aspetti interpersonali, un ampliamento e un cambiamento della rete sociale e relazionale che può essere visto come fattore protettivo per il mantenimento della salute.
RIFLESSIONI CONCLUSIVE
Come abbiamo già detto sopra, un elemento fondante del progetto di lavoro, insieme a tanti altri, è stato quello di monitorare, mediante la valutazione psicometrica, l'efficacia della psicoterapia di gruppo, mantenendo distinti il piano valutativo e il piano terapeutico.
L'aspetto valutativo rappresenta una parte di grande valore sia per il contesto istituzionale, nel dare continuità e vita alle terapie di gruppo, sia per i pazienti, nell'avere degli strumenti oggettivi che consentano di ripensare al lavoro svolto.
Il valore di questo percorso di cura è dato dalla condivisione di esperienze emozionali e umane rese possibili grazie alla cultura specifica che il gruppo ha coltivato fino a diventare patrimonio condiviso che resterà come ricordo nella mente di ciascuno così da poterne fare riferimento per l'accesso ad esperienze nuove, come viatico al cambiamento.
Può accadere di sentire il tempo di conclusione come prematuro, di avvertire il bisogno di continuare l' esperienza terapeutica e di sentirsi non accolti completamente nei propri bisogni.
Tutti hanno diritto di portarsi via un'eredità, compresi coloro che sentono il limite doloroso del tempo, mantenendo come costante l'attenzione sul valore dell'esperienza compresi i limiti.
Tutto ciò è stato possibile grazie al recupero della dimensione individuale, arricchita dall'esperienza di gruppo. (....) grazie a un costruttivo movimento di individuazione, il passato che isolava viene superato dal presente che unisce. In questa situazione la dialettica presente-passato, anziché essere giocata con la carta dell'oscuramento della realtà, attuato grazie al meccanismo di coazione, di (4)
Anche per me, in quanto psicoterapeuta, questa esperienza di gruppo, farà parte dell'eredità che questo Servizio mi lascia dopo quattordici anni di lavoro e dedizione ed esperienze di spessore umano molto profondo: aver compreso la validità e l'efficacia della psicoterapia di gruppo.
Tuttavia l'intento principale di questo lavoro scritto è quello di condividere questo patrimonio con la comunità dei colleghi, in modo tale da poter lasciare testimonianza del valore di questi percorsi di cura.
ABSTRACT
QUALI EMOZIONI E RELAZIONI INTERPERSONALI SI ESPRIMONO NEL PROCESSO GRUPPALE?
Valutazione psicometrica quantitativa e qualitativa degli esiti di una psicoterapia di gruppo ambulatoriale a tempo determinato, di Monica Mambelli, Monia Fantuzzi e Laura Caroli
Questo lavoro si colloca all'interno di un'esperienza consolidata di psicoterapia di gruppo in ambito ambulatoriale nel contesto di un Centro di Salute Mentale.
Il vertice di osservazione da noi adottato è stato quello di monitorare, mediante l'uso di strumenti psicometrici, l'andamento del clima emotivo e le modalità relazionali nelle diverse fasi del processo gruppale.
Parole chiave: gruppo di cura, clima emotivo di gruppo, dentro-fuori il gruppo.
Bibliografia
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Corbella, S. (2005), Il gruppo omogeneo: la modulazione del Noi,in Corbella S., Girelli R.,
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Neri, C. (2001), Gruppo, Borla, Roma.
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Neri, C., Correale A., Fadda P. (1994), Letture bioniane, Borla, Roma.
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Zucca Alessandrelli, C. (2005), La liquidità dell'addiction, Quaderni degli Argonauti,10.
Note:
(1) Direttore del Dipartimento di Salute Mentale Dott. Luigi Missiroli medico-psichiatra
(2) Dott.ssa Monica Mambelli Dirigente Psicologa C.S.M. A.USL Forlì, socia Argo
(3) Dott.ssa Laura Caroli
(4) Dott.ssa Monia Fantuzzi, psicologa specializzanda Coirag
(5) Un particolare ringraziamento alla Dott.ssa Silvia Corbella per la sua generosità e il suo brillante contributo in qualità di supervisore
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