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PSYCHOMEDIA
TERAPIA NEL SETTING GRUPPALE
Psicodramma



L'opaco, l'ambiguo e l'equivoco in Psicodramma

di Wanda Druetta

(articolo tratto dal n. 5 della Rivista Psicodramma Analitico, 1995)



I ruoli nello psicodramma analitico sono l'espressione delle relazioni che costituiscono il se personale , ci consentono di occupare un posto nelle reti relazionali in cui di volta in volta ci troviamo a vivere e ci orientano nella costruzione dei significati delle esperienze che facciamo di noi stessi e del mondo.

Nella loro dimensione somatica e sociale i ruoli contengono molte tracce di cui non abbiamo consapevolezza o perché le riceviamo per via genetica, o attraverso codici culturali prima che in noi si sia formata la possibilità di convalidarli e sceglierli..

Essi si attivano ad ogni nostro incontro con la realtà con una forza direzionante che prende il sopravvento su tutte le altre possibili. Ci troviamo, di conseguenza, a svolgere per lo più azioni previste e compatibili con i modelli preesistenti, senza essere in grado di ricercare per noi stessi un senso, fortemente offuscati nella nostra capacità di percepire con oggettività (ovvero senza influenze emotive dell'Ombra) e di sviluppare relazioni umane intenzionali.

Nell'ottica in cui l'individuo si interroga sul significato e sul senso della sua esistenza per comprenderne la complessità e ricercare la possibilità di trascendere i significati dati, la dimensione immaginale della psiche esplica la propria tensione creativa mettendo in discussione i propri fondamenti attraverso la formazione e l'esplorazione di immagini che va man mano costruendo e che offrono lo spazio per nuove gestalt, a volte fortemente evocative.

Dall'intreccio di "fondamenti" e "sfondamenti" , specialmente in quegli aspetti in cui maggiormente agiscono le emozioni incontrollate che accadono al di fuori dell'attività psichica dell'individuo, e dalla tensione che tra di essi si genera, si attua la ricerca dell'essere il soggetto della propria vita, lungo una strada faticosa, tortuosa densa di trappole e di piacevoli sorprese.

La dimensione sociale, la dimensione somatica e la dimensione immaginale dei ruoli stanno fra loro in rapporto circolare: la dimensione immaginale attinge alla dimensione sociale e a quella somatica per sviluppare nuove potenzialità insite nella natura umana rompendo i significati prefissati. La dimensione sociale come quella somatica contengono aspetti psichici impersonali e sanciscono l'appartenenza ad un ambiente affettivo e culturale. Da un altro lato insidiano e rendono difficile l'affermazione e lo sviluppo personale. Entrambe le dimensioni vengono trasformate dalla dimensione immaginale dando origine a nuove sintesi che possono successivamente precipitare in schemi rigidi e ritornare nel cerchio della conoscenza per ritrovare le loro capacità espressive e trasformative.

Da più parti è stata sottolineata l'importanza, non solo fisiologica ma anche socioemotiva, dell'aspetto di incompiutezza dell'essere umano rispetto agli altri esseri viventi. La condizione neotenica dell'individuo, anziché rappresentare un tratto negativo di sviluppo, costituisce la possibilità dell'individuo di continuare nel corso dell'intera vita, ad elaborare progetti come direzioni esistenziali nuove, verso cui il proprio mondo interno è orientato, e che si confrontano con le rappresentazioni di sè e degli altri già consolidate.

Vediamo ora come la rappresentazione drammatica, in una seduta di psicodramma analitico, crea la possibilità al protagonista del gioco, e al gruppo, di rapportarsi a momenti della propria esperienza, in modo critico e interrogativo, e di riattivare la tendenza a sviluppare quelle parti di sé rimaste cristallizzate e opache. Non rappresentandosi più se stesso e le relazioni con gli altri determinate da schemi rigidi, ma dotati di possibilità di creare significato e direzione al proprio agire, si attiva un processo di differenziazione e di sintesi in cui le diverse istanze personali acquistano una vita autonoma. Diventa così possibile identificarsi con gli altri mantenendo il senso della propria identità.

Alida dopo un lungo periodo in cui giocava in gruppo scene sempre uguali, con poco pathos come se il suo mondo emotivo dovesse rimanere avvolto nella nebbia, apre la seduta di psicodramma con il racconto di un sogno.

"Mi trovavo vicino ad un pescivendolo. Vicino al banco di vendita c'erano dei pesci molto grossi che nuotavano nella tinozza. Altri erano sventrati poggiati sul banco. Chiedo il prezzo di quelli vivi. Ne sono attratta ma costano troppo cari. Poi ho pensato che non avrei mangiato pesci che prima erano vivi. Ma quelli morti sembravano vecchi. Guardo meglio i pesci nella tinozza e scopro che erano grossi perché erano incinte. Invito il pescivendolo a farli partorire prima di venderle, così se non altro, avrà più pesci da vendere".

Il sogno rappresenta uno scenario articolato. La sognatrice sogna se stessa di fronte a parti sue raffigurate vive ed altre parti raffigurate morte. Deve effettuare una scelta. Alida, nel ruolo di se stessa, appare sospesa tra il suo rimanere legata agli eventi e il bisogno di rilanciarli dandosi lo spazio per confrontarsi con le parti nuove da lasciare nascere. La sua parte non attiva la porta a non insistere.

Le naselle incinte, che nuotano incuranti della scena che si sta svolgendo di fronte a loro, sono le parti vive a cui pensare, al di là della ripetizione dei modelli impressi nella sua memoria.

Acquisirli significa pensarsi una alternativa per sè separata dalla dimensione di confusione in cui le non scelte personali la collocano. Nel cambio di ruolo, assumendo la parte delle naselle, Alida si sente libera da emozioni minacciose e da atteggiamenti di debolezza.

Il sogno è collegato, nella realtà diurna, alla sua difficoltà (a cui solo di recente ha cominciato a prestare attenzione) a giocare coi figli e alla rabbia che prova verso il marito che al contrario, trova tempo e entusiasmo per divertirsi con loro. Alida teme l'invito dei figli a giocare perché è come se temesse di essere fagocitata o risucchiata in un luogo da cui non può più uscire. Ma Alida teme anche le telefonate della madre che si aspetta dalla figlia un consenso assoluto, o, se non l'ottiene, la squalifica.

La madre, fin dall'infanzia, attraverso vari rirnandi, tendeva a trattenere a sè la figlia, considerandola un qualcosa che doveva gravitare attorno a lei. La confusione era un modo di mantenersi nelle aspettative della madre che non prevedeva vestiti o regali nuovi per la figlia.

Durante la drammatizzazione della telefonata della madre, in cui le veniva chiesto di condividere una svalutazione del comportamento di un nipote, Alida avverte la paura della solitudine a cui si sarebbe esposta se non avesse aderito a questa aspettativa della madre, e ciò nonostante, riesce ad affermare il suo punto di vista che sente come una possibilità di svincolo da una adesione totale o da un rifiuto. Perché di fronte al disagio relazionale si pone nei termini di ruoli identici o complementari che la definiscono come satellite della madre?

Questo ruolo nato là ed allora, nelle vicende relazionali con la madre, come è evoluto nelle successive relazioni della sua vita? Alida in precedenza si è presentata al gruppo come figlia adeguata alle aspettative familiari e contemporaneamente lamentosa, insofferente senza mai giungere ad attivare una vera opposizione. Da giochi precedenti era emerso come in mancanza di altri modelli si fosse trovata a strutturare la propria identità sulle aspettative familiari senza la possibilità di prefigurarsi delle alternative per sé.

Spesso, nella vita reale, non sentendo su di lei alcun investimento significativo da parte dei genitori, ha tentato ruoli seduttivi, che non sono nella prospettiva di un rapporto di scambio e di reciprocità, e quindi non favoriscono la sua autonomia.

In una seduta passata, ha ricordato un episodio del suo rapporto col padre, (da cui viveva separata) quando adolescente, per corrispondere ad una sua immagine del padre, sensibile alla bellezza femminile e poco disposto a provare affetto per la figlia, sceglie come regalo per il proprio compleanno, dell'abbigliamento intimo affatto adatto alla sua età. La paziente ha sentito spesso il gruppo di psicodramma come minaccioso: il gruppo può creare per lei una situazione in cui viene controllata e assoggettata. Di conseguenza rimane silenziosa e non accetta nei giochi dei partecipanti, i ruoli che le vengono assegnati. Altre volte interpreta i ruoli affidatoli con tonalità aggressive non previste dalla parte.

Sembra cosi proporre una immagine del rapporto con l'Altro: il rapporto con l'Altro, che pure contiene aspetti di piacere, è guardato attraverso il pregiudizio che dice che gli altri sono pericolosi. Entrare in rapporto con gli Altri, secondo quest'ottica, implica stare nell'insieme di ruoli già previsti e conformarsi ad essi portando con sè anche la rabbia del proprio vincolo.

Ma accettare anche l'esistenza o la possibilità di ruoli Altri con intenzionalità diverse da quelle previste, comporta sovvertire o disorganizzare un ordine interiore preesistente che per qualche ragione si vuole mantenere o si pensa di non avere le energie per cambiare. Il sogno, precedentemente raccontato, apre nel mondo interno della paziente, uno scenario nuovo in cui i ruoli interiori della sognatrice si predispongono a nuove prospettive. Essi non sono solo più la rappresentazione di ruoli di altri interiorizzati né l'unico modo di vedere se stessa e gli altri. Nella drammatizzazione, la paziente, si trova di fronte alle sue istanze creative e assertive. In passato esse rimanevano in ombra, confuse, e non riuscivano a strutturarsi in ruoli che davano senso ai suoi impulsi aggressivi. Accanto alla dimensione di sè confusa tra le alternative vive e morte sente la forza delle istanze creative e la possibilità di iniziare un rapporto dialogico con l'inconscio.

Nel cambio di ruolo con la nasella gravida ha la possibilità di esprimere una emozione non diversamente differenziata: l'immagine della nasella gravida rappresenta una dimensione originale del ruolo femminile suo prevalente. È la parte che distinta dallo sfondo della sua storia psichica, riesce ad esplicitare il suo bisogno di autonomia dalla madre interiorizzata e a competere con le parti rinunciatarie. Le naselle rappresentano la dimensione immaginale che mette in relazione mondo esterno e mondo interiore della paziente, relazione che nella sua storia personale era stata in parte bloccata e che ora sente di poter attivare, integrando le istanze di sè prima escluse. L'attenzione della paziente, durante i cambi di ruolo, si sposta dalla recriminazione alla riflessione sul dolore che sente a cercare da sola la voce per comunicare il suo pensiero, il suo bisogno, la sua richiesta.

Appare chiaro il cambiamento di prospettiva della paziente verso i propri ruoli interni che sono ora percepiti come potenzialità autonome rispetto alla propria immagine di madre interiorizzata.

Questa nuova prospettiva, che si confronta con la sua disponibilità a lasciare andare vecchi modelli, si tradurrà successivamente in progetti affettivi che realizzano le possibilità di se stessa di porsi come soggetto di una storia personale nuova.

Il gruppo accoglie il tema delle parti di sè non riconosciute e lo sviluppa attraverso altri giochi che evidenziano il formarsi di ruoli identici a persone significative collegato al proprio sentirsi oscillare tra aderire ad un'immagine di figlio idealizzata e il proprio essere autentico. In questa prospettiva duplice è impossibile rapportarsi ad aspetti di sè di senso incerto e tendere ad una sintesi tra le proprie tendenze originarie e quelle attuali.

Adriano (altro partecipante al gruppo), gioca una situazione in cui preso dal bisogno di non essere escluso, fa al padre una richiesta impossibile che lo espone al rifiuto. Giacomo porta in gruppo un momento della sua vita attuale in cui i suoi progetti di sviluppare la carriera professionale, entrano in contrasto con quelli della moglie. Nasce una contesa di spazi e di priorità che il paziente tende a regolare salomonicamente. Ciò da un lato lo rassicura circa la minaccia del caos paventata dalla destabilizzazione, e dall'insorgere di una situazione troppo fluida, dall'altro sente la rinuncia di esprimere istanze sue propulsive come insoddisfazione che lo priva di energie e che lo costringe a vivere passivamente nel modello ereditato dal suo passato.

In un gioco successivo, Giacomo, rappresenta la volta in cui assumendo la responsabilità di proprie istanze non riconosciute in famiglia, riesce a contrapporsi al padre decidendo di interrompere il corso di studi che il padre aveva scelto per lui.

Tutta la seduta di psicodramma, si è articolata sulla relazione tra dimensione somatica, dimensione sociale e dimensione immaginate dei ruoli presentati dai protagonisti dei giochi, riflettendo la possibilità di differenziarsi dagli aspetti che Jung definisce "Persona", o come nel caso di Alida, da aspetti inglobanti della Grande Madre, e sviluppare nuove combinazioni possibili dell'insieme delle parti personali, senza temere situazioni di autonomia incontrollabile.

Lo psicodramma, in cui si alternano momenti espositivi verbali e momenti rappresentativi attivi, favorisce la disponibilità a integrare in ottiche differenti, senza la pressione della realtà contingente, i fatti relazionali della propria storia. Il "gioco" attivando sia il registro delle percezioni dei sensi che quello del corpo, sviluppa l'incisività delle intuizioni conoscitive. Esse, successivamente al loro accesso alla coscienza, possono diventare strumenti di conoscenza della realtà interna ed esterna e tradursi in progetti trasformativi sperimentabili in altri contesti di vita.

Eliana inizia la sua partecipazione al gruppo di psicodramma giocando episodi della sua vita in cui lei è nella parte di chi non può chiedere nulla per sè perché non ha mai avvertito uno spazio adeguato ai suoi bisogni, e le sue richieste affettive in genere creavano inquietudine. Gioca scene in cui, bloccata dentro ad un progetto della famiglia senza una dimensione autonoma, si trova a frequentare una scuola che non le piace, a ricevere regali riciclati, a nascondersi per non essere vista in situazioni di difficoltà, e altri avvenimenti in cui non può esprimersi per non turbare il funzionamento dell'economia familiare.

Durante i giochi sceglie scene in cui lei gioca prevalentemente ruoli che sottolineano un suo atteggiamento passivo, mortificante i tratti espressivi e attribuisce ad altri del gruppo ruoli autoassertivi. Ma dagli altri partecipanti, le vengono spesso affidati ruoli di fidanzate che si sottraggono a ruoli razionali con atteggiamenti a volte squalificanti, ruoli che lei interpreta molto bene accentuandone le tonalità affettive. In un certo momento dell'analisi, porta in gruppo questo sogno rispetto a cui sente molta rabbia.

"Mi trovo in una piazza di paese. Mi si avvicina una donna che ha un carretto su cui salgono alcune persone per essere trasportate, forse ad una festa. Io vorrei unirmi a loro. Ma la donna mi guarda intensamente poi mi offre le redini del carro e mi invita a tirarlo perché potrebbe essere mio. Io la guardo molto triste e indignata e tento di sottrarmi."

Attraverso questo sogno la sognatrice mostra di vivere la sua autonomia in modo molto ambivalente: da un lato è incoraggiata a prendere le redini della sua vita, dall'altro è molto spaventata da questa responsabilità. Avverte che la scena del sogno delinea un passaggio emotivamente difficile che si colloca al crocevia tra passività e creatività.

Il sogno è collegato alla difficoltà che vive nel presente, nel suo rapporto amoroso, incerta circa l'affetto che può chiedere e/o avere per sè. Il suo compagno le mostra un affetto spontaneo o la costringe dentro un suo progetto?

Giocando il sogno precedentemente raccontato, Eliana, mette a confronto le sue possibilità di assumere per sè un ruolo attivo emancipato da modelli o di sottomissioni o di controreazioni intransigenti. La dimensione di sè attiva protagonista della sua vita le induce molta rabbia e molta angoscia perché la sottrae al ruolo di "trasportata", ruolo che sente più inconsapevole e quindi più leggero.

La sua difficoltà a trasportare anche gli aspetti di sè non autonomi è collegato alla qualità dominante della relazione con la madre che fin dall'inizio ha mostrato fatica e sofferenza ad allevare la figlia. Avere bisogno di essere nutriti e rassicurati e la tensione materna a consolare e prendersi cura con tenerezza del bambino sono situazioni corrispondenti. Ma nell'esperienza della paziente, la relazione con la madre non si è costituita in questa atmosfera: al contrario è stato spesso ricordato l'intreccio di dovere e di dolore con cui la madre accudiva la figlia piccola.

Da giochi precedenti si era evidenziato come essere trasportata fosse un modo per rimanere identica a modelli relazioni precedenti che combinavano caratteristiche materne e paterne, senza darsi la possibilità di pensarsi con un progetto autonomo da sviluppare.

Il ruolo intrapsichico di "trasportata" si è costituito in lei prendendo a modello aspetti del padre, personaggio ammirato e di cui non ha mai potuto approfondire la conoscenza. In scene giocate in precedenza, il padre appariva occupare un posto marginale in famiglia, esprimendosi attraverso un carattere puer (affettuoso, giocherellone, ma distratto e inaffidabile).

In qualche modo tale ruolo sembra essere da lei attivato in coloro che nel presente incontra, ponendosi in un ruolo complementare al loro, vissuti come forti, capaci e creativi, e rispetto a cui in alternanza tende a sviluppare un atteggiamento iperrazionale. E quando produce un pensiero nuovo (come attraverso il sogno) deve squalificarlo per mantenersi nella dipendenza di un mondo "maschile" immaginato capace di azioni libere. Se rispetto al mondo maschile oscilla tra la dipendenza e la svalutazione, rispetto al femminile sente di non avere energie a sufficienza per scrollarsi di dosso la dipendenza.

Giocando il sogno in gruppo, avverte che i contenuti rappresentati riguardano la possibilità di mobilitare la sua capacità di comprensione al di fuori della tendenza ad attivare ruoli identici e/o complementari precedentemente strutturatosi. La trasformazione che sperimenta consiste nello scoprire di poter usare la forza per tirare il carro, acquisendo un punto di vista nuovo della propria situazione. Se può trascinare il suo carro può separarsi dalle parti inconsapevoli che vengono trasportate e rischiare un ruolo nuovo che la espone alla solitudine tipica della differenziazione dalla dimensione sociale del proprio ruolo, che la costituisce conforme a modelli rigidi e previsti. Distinguendo le aspettative e i modelli precedenti come Altra parte di sè, può sperimentare il piacere e la paura del rendersi autonoma. In questa nuova prospettiva la rabbia, l'angoscia, anziché rappresentare modi di essere compatti in opposizione alla dipendenza, entrano in rapporto dialogico tra loro e assumono un senso comprensibile nella dimensione del cambiamento possibile delle proprie modalità espressive.

La difficoltà a sottrarre le sue parti affermative, non riconosciute, alla svalutazione, incide nella sua impossibilità ad avere una relazione piena con gli Altri. Durante i vari cambi con i personaggi del sogno, realizza che il suo atteggiamento oppositivo/rinunciatario non è tanto importante per lei, ma è piuttosto il risultato di una situazione identificatoria con la madre.rassegnata a non essere oggetto di aspettative gratificanti dal marito o magari da un'"altra sè stessa" (cioè una funzione interiore apportatrice di senso). La sua difficoltà a liberarsi da tale identificazione è conseguenza all'essere imprigionata nella dinamica sociale di tale ruolo: l'accettare di sperimentare la dimensione immaginale (che con la sua funzione ludico-esplorativa attualizza la tensione mitopoietica della psiche umana) è premessa necessaria per svincolarsi da tali limiti e dare fiducia alle proprie potenzialità.

In conclusione, solo sostenendo un dialogo continuo e fluido con l'inconscio e la dimensione immaginale dei ruoli che esso ci propone, possiamo acquisire la capacità e la libertà di sviluppare le funzioni rimaste in arretrato e integrare le istanze personali differenti in configurazioni originali, muovendoci in uno spazio ambiguo e "equivoco", il mondo dei simboli, al di là dell'asservimento a insegnamenti certi e/o modelli forti. Anche in relazione a questo, per le due pazienti l'essersi sognate in questo momento di passaggio tra la conservazione di precedenti modelli e la trasformazione della dimensione dei loro ruoli è stata un'occasione di comprensione significativa della dimensione integrativa della psiche, i cui contenuti e istanze differenti e in opposizione tra loro si combinano in configurazioni originali, sottratte ad una logica lineare.

 

BIBLIOGRAFIA

  • AVERSA, Interpretazione e individuazione, Borla, 1987.
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  • TREVI M., Per uno Junghismo critico, Bompiani, Milano, 1987.



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