Sommario
1. Contesto Con questa relazione cercherò di dar conto di alcuni aspetti dellesperienza di promozione e sostegno dellallattamento al seno sviluppata dallagosto 2000 fino al gennaio 2002 in una parte del territorio dellULSS 20 di Verona, una parte di circa 110.000 abitanti, in cui opera il punto nascita dellOspedale di Soave, dove nel 2001 sono avvenuti 1235 parti. Si tratta di un lavoro volto a favorire una trasformazione qualitativa di una istituzione, intesa come sistema di gruppi, attraverso un complesso intervento di sostegno e sviluppo di una rete di competenze non solo individuali ma anche gruppali e istituzionali.
I motivi che portano ad occuparsi di allattamento naturale credo possano qui essere dati per acquisiti: oltre che in una consolidata letteratura scientifica, si rintracciano nei progetti di promozione della salute su scala regionale, nazionale e internazionale, e si allineano in particolare al terzo obiettivo (garantire a tutti una buona partenza di vita) del documento della regione europea dellOMS denominato Health 21, 21 obiettivi per il 21° secolo. (1998) Per lAzienda ULSS 20 si tratta di rispondere alla sollecitazione regionale per un radicamento nel Veneto delle politiche dellOMS, ma soprattutto di esprimere la precisa volontà locale di perseguire in un disegno integrato processo di aziendalizzazione, promozione della qualità e obiettivi di promozione della salute, questi ultimi con particolare riguardo ai principi che vedono la comunità come protagonista della propria salute (Carta di Ottawa 1984, Verona Initiative 2000). Il tutto utilizzando al meglio le capacità degli operatori, valorizzando in particolare la risorsa formazione.
Una forte volontà trasformativa da parte dellistituzione, della Direzione Aziendale, è una premessa fondamentale: la Direzione infatti è un anello indispensabile della rete che va considerata in modo accurato affinché i cambiamenti siano istituzionalmente riconosciuti, sostenuti e possano diventare stabili. Potremmo parlare, utilizzando un altro linguaggio, della necessità di sostenere innanzitutto la genitorialità interna al progetto. In questo senso questo progetto è un laboratorio, tuttora in atto, che accanto alle azioni tenta anche di aprire una riflessione ed una ricerca sulle metodologie più adatte per affrontare i nodi via via emergenti quando si lavora con approccio clinico ad un progetto di trasformazione qualitativa di una soggettualità gruppale. Tra questi quello della rete, oggetto molto inseguito ma talvolta evanescente.
Premetto subito che liniziativa, faticosa ed entusiasmante, innestata su un terreno favorevole per sensibilità ed esperienze precedentemente maturate, ha consentito di certificare il punto nascita con prestigioso riconoscimento di Ospedale Amico del Bambino secondo i criteri UNICEF/OMS, raggiungendo i dieci obiettivi previsti dalla Dichiarazione degli Innocenti di Firenze del 1990 per la promozione della Baby Friendly Hospital Initiative. (vedasi allegato) Costruire un percorso assegnando 10 obiettivi specifici già sostenuti da evidenze scientifiche e poter usufruire di un sistema di valutazione consolidato ha costituito per il gruppo di progetto, assieme a qualche problema, un vantaggio e una sfida. In effetti in Italia solo molto recentemente due strutture (Bassano del Grappa VI e Soave -VR) hanno ottenuto il riconoscimento internazionale di Baby Friendly Hospital. Ben diversa invece la diffusione dei Baby Friendly Hospital su scala mondiale (circa 15.000 gli ospedali certificati) con una prevalenza nei paesi in via di sviluppo. In Europa (circa 200 nel 96), oltre alleccellenza raggiunta in Svezia e un buona diffusione in Scandinavia e Danimarca, si segnalano esperienze nei Paesi dellEst e più sporadiche in Gran Bretagna. Le prime certificazioni italiane smentiscono i timori, o lalibi, che la nostra organizzazione sanitaria, ritenuta a ragione strutturalmente e anche culturalmente di ostacolo allallattamento materno, sia immodificabile e non contenga invece risorse attive in solitudine che attendono solo di essere connesse. Ragioni complesse socio-culturali (atteggiamenti della popolazione, realtà socioeconomiche, ecc.) e di organizzazione sociosanitaria (parcellizzazione, vuoti o ridondanze di intervento, abitudini assistenziali e culturali sedimentate) spiegano le maggiori difficoltà di alcuni paesi Occidentali ad orientarsi nella direzione auspicata, e anche dove vi è sensibilità e motivazione del personale, molti vincoli locali intervengono nellostacolare il raggiungimento degli obiettivi. Personalmente ritengo che la buona riuscita del progetto e lefficacia delle procedure risentano in modo determinante, data la natura dellobiettivo, del clima organizzativo interno e dellassetto relazionale verso lesterno con cui viene accolta la coppia madre bambino, sia nel punto nascita che sul territorio. Quello dellatmosfera emotiva di un gruppo di lavoro, e la rete è una particolare configurazione di gruppo, è a mio parere fondamentale, tanto più rilevante quanto più legato alle emozioni è il compito a cui il gruppo è chiamato, e la gravidanza, il parto e lallattamento sono un formidabile condensato di eventi biologici e di emozioni corrispondenti. È uno dei punti che intendo approfondire. Il raggiungimento completo dellobiettivo dellOMS allattamento al seno esclusivo fino al sesto mese e lindicazione del latte materno come latte di scelta dopo linizio del divezzamento ed almeno per tutto il primo anno di vita, necessita del massimo coinvolgimento del microambiente (partner e famiglia allargata), dei servizi sociosanitari e della comunità. Aver perseguito il riconoscimento di Ospedale Amico del Bambino ha fornito loccasione per migliorare le performance del punto nascita per raggiungere gli standard desiderati, ma soprattutto di costruire un progetto in cui la rete assume un ruolo privilegiato, soprattutto nella successiva fase di mantenimento. Infatti il buon esito del lavoro fatto nellULSS 20 si misura per ora solo sul dato relativo allallattamento alla dimissione, molto buono: una media superiore al 97,80% nellultimo trimestre dellanno di allattamento pieno secondo i parametri OMS (98,60% a dicembre), con il 90,68 % di allattamento esclusivo (94,44% a dicembre). Inoltre ad una prima osservazione la soddisfazione percepita, non ancora rilevata con strumenti standardizzati, appare molto elevata, sia negli operatori che nelle mamme. Questultime peraltro hanno risposto molto positivamente alle interviste dei valutatori dellUNICEF. Non abbiamo invece, per ora, dati raccolti in modo rigoroso sul proseguimento dellallattamento dopo la dimissione. Nel 1999 una ricerca, con qualche dubbio sul rigore dei rilevamenti, a fronte di un allattamento pieno alla dimissione pari all89,1% (esclusivo 80,1%), segnalava ad un mese un allattamento pieno del 63,3% (esclusivo 49,8 %).
A di là del successo ottenuto, il progetto è stato loccasione per iniziare la sperimentazione di un modello di lavoro basato sulla ricerca della qualità attraverso la massima integrazione tra operatori, tra servizi ed in particolare tra ospedale e territorio. In particolare si è colta loccasione per coinvolgere i pediatri di libera scelta nella presa in carico precoce del neonato, con particolare riguardo alle situazioni di rischio, nel follow-up, ma soprattutto nel progetto nella sua interezza e nel clima organizzativo della rete creata per realizzarlo NellOspedale fin dal 1995 erano state introdotte pratiche di qualità, consolidando cambiamenti importanti nella gestione del parto, del Rooming-in e dellallattamento. I punti di forza di partenza erano:
Come si vede tutti gli elementi di forza risultano evidentemente legati alle attività ospedaliere. Questo Comitato ha individuato nel dettaglio criticità carenze e corrispondenti azioni da compiere, proponendo 7 sottoprogetti attribuiti ad altrettanti sottogruppi:
Per quel che riguarda i pediatri di libera scelta, che nel territorio di riferimento sono 17, due hanno fatto parte del comitato promotore e sono stati molto attivi nei sottogruppi dimissione, informazione, follow-up, formazione. Inoltre 16 su 17 hanno partecipato ai percorsi formativi poi realizzati. Il tutto grazie anche ad una forte spinta culturale della locale ACP ed un convinto contributo della segreteria della FIMP (ribadendo anche qui limportanza del riconoscimento istituzionale). Sinteticamente questa collaborazioni ha individuato tre obiettivi concreti per i pediatri di libera scelta:
Questo attraverso alcuni strumenti prodotti in modo condiviso:
La strategia progettuale di passare una impostazione dallalto in basso ad una più condivisa (da top-down a bottom-up) ha senzaltro favorito quel positivo clima di gruppo che ha consentito il superamento dei tanti ostacoli organizzativi normalmente presenti in un progetto di questo tipo. Altrettanto e maggior ragione questo è avvenuto per quel che riguarda il percorso formativo che è stato costruito con una attenzione particolare alla ricognizione dei reali bisogni formativi degli operatori ed alla successiva negoziazione, con correzioni anche in corso dopera, con lo staff dei formatori (che hanno colto pienamente la sfida). Sono stati predisposti 5 moduli di circa 25 persone, in modo che in ciascuno fossero presenti tutti i diversi operatori, con molta attenzione alla multiprofessionalità ed alla diversità delle strutture di appartenenza. Hanno partecipato complessivamente 128 operatori sui 132 invitati (26 del territorio, 106 dellospedale). Sono anche state testate le conoscenze sia in ingresso che in uscita e cercato di trovare il miglior denominatore comune per poter lavorare insieme. È stato proposto come base il corso standard Unicef/OMS di 18 ore Promozione e Pratica dellAllattamento al Seno (intensivo ed intenso e condotto in modo impeccabile) curato dallUfficio per la Cooperazione Internazionale dellIstituto Burlo Garofolo e condotto dal Gruppo di Lavoro per lAllattamento al Seno (Glase), valorizzando per quanto possibile particolare la parte clinica e pratica. Laspetto più rilevante per la rete è stata lopportunità di una condivisione tra personale medico e non medico dellospedale e del territorio dei contenuti, delle preoccupazioni, del linguaggio, delle perplessità, delle nuove scoperte, degli obiettivi e di un entusiasmo progettuale degno di nota. Soprattutto per i pediatri di libera scelta distribuiti nei cinque moduli - ed in genere per il personale del territorio è stata loccasione di condividere per tre giorni una quotidianità, più abituale per il personale ospedaliero. Fin qui le cose fatte, con i risultati già riferiti.
Mi sono soffermato in modo particolare sulléquipe e sugli operatori non perché le donne gravide con le loro famiglie, successivamente puerpere con i loro bambini, non siano le vere protagoniste del processo ma perché il progetto è un progetto che mira alla creazione/trasformazione della rete istituzionale. Il nostro problema è aiutare gli operatori a fare un indispensabile passo indietro rispetto ad abitudini consolidate e ad assumere una nuova forma di presenza, restituendo lo spazio ai veri protagonisti ed alle loro spontanee capacità di esprimersi e svilupparsi secondo il percorso a cui sono già naturalmente predisposti, come troviamo anche tra i principi del Counseling. Questo prefigura un compito particolare: creare una rete di sostegno che sorregga lastensione dalle azioni tradizionali - una volta riconosciute nel loro potenziale dannoso (dalla separazione della madre e del bambino, agli orari, alle tettarelle e i succhiotti, alla glucosata, ecc., in sintesi a quella lunga serie di sassolini che finiamo per disseminare lungo la faticosa strada della conquista dellequilibrio ottimale tra richiesta ed erogazione di latte materno) - e le sostituisca con attività concrete su un nuovo registro, quello dell ascolto e dellosservazione, della consulenza delicata e competente, dellappoggio fornito con tempestività nel momento del bisogno e ritirato con altrettanta tempestività nel momento della crescita di una maggiore autonomia. Sto affermando che il sostegno della genitorialità nel caso dellallattamento al seno passa qui in un modo indiretto, attraverso una attenzione particolare alla rete istituzionale, fatta dai curanti del territorio, dai curanti dellarea ospedaliera, dalla stessa dirigenza aziendale. Si potrebbe con altre parole chiedersi come sostenere il genitore istituzionale nel movimento alterno tra il codice materno dellascolto, della accoglienza e dellaccudimento, e il codice paterno della decisione, dellintervento di separazione. Si tratta di promuovere il benessere istituzionale, sostenere la salute degli operatori della salute o, in altre parole, di prendersi cura del sistema di cura.
Credo che abbiamo tutti lesperienza di come molti progetti e modificazioni organizzative conseguenti trovino poi nella traduzione pratica grandi difficoltà: semplicemente non succede nel momento vero che ciò che si è appreso venga utilizzato e ciò che si è concordato venga fatto. Nelle aziende si parla del fattore umano. Nel progetto Baby Friendly questo fattore umano si sintetizza in diverse immagini. Una fra tutte: i ciucci sono tassativamente vietati, in realtà è più corretto dire che non servono; ma finché questo secondo aspetto non si sostituisce culturalmente al primo cè una fase in cui vengono tenuti nascosti dalle madri che se lo sono portato da casa, quando non sono comprati di nascosto dal personale per ragioni di sopravvivenza. Come mostra il caso dei ciucci le difficoltà incontrate nel promuovere il BFH c/o lOspedale di Soave sono schematicamente classificabili in tre ordini, strettamente interdipendenti, ma che vanno affrontati con strumenti differenziati:
Livello Organizzativo: Sul piano organizzativo sia in ospedale che sul territorio il problema più consistente riguarda le risorse. È un problema oggettivo, ma in parte dipende anche dalla percezione degli operatori. In particolare:
Interventi necessari:
Livello Cognitivo: Dalla ricognizione ante-formazione a Soave le informazioni sullallattamento non risultavano omogenee, bensì differenziate tra e allinterno dei diversi profili professionali e servizi, anche se alcuni principi di base erano stati assimilati e cera una sensibilità diffusa soddisfacente. Interventi necessari:
Livello affettivo/emotivo: Il progetto ha messo in luce un incrocio complesso di temi e di livelli di lettura della componente affettivo/emotiva in cui tutti gli operatori sono coinvolti su scala singola e gruppale, nelle relazioni sia con le degenti che con i colleghi, tutti elementi interdipendenti, con precise risonanze nel mondo interno del singolo. Possiamo grossolanamente distinguere due ordini di problemi affettivo/emotivi:
Presupposto: ogni cambiamento istituzionale, in particolare nelle reti trasversali ai servizi ed alle categorie professionali, sollecita ansie specifiche e configurazioni tipiche di difesa (diffidenza e altre forme di resistenza, spostamenti e proiezioni), sia individuali che di gruppo. A Soave sono state registrati in particolare:
Presupposto: ogni cambiamento organizzativo risuona nella disposizione affettiva individuale e nel clima istituzionale in modo connesso al compito (in questo caso della promozione dellallattamento). A Soave tra laltro si sono rilevati:
Interventi necessari:
A questi tre livelli va aggiunta la problematica economica per i medici, che finora è emersa solo per quel che riguarda larea ospedaliera (perdita di sponsorizzazioni delle case del latte stimata per la solo pediatria di oltre 30 milioni lanno tra convegni e sussidi di varia natura).
Oltre ai limiti e alle prospettive nella creazione di reti di sostegno alla genitorialità, credo sia necessaria una parentesi, che peraltro può rispondere alla domanda circa il loro significato, la finalità. Che si debba parlare di reti mi sembra quasi scontato: un soggetto collettivo richiede una risposta da parte di un sistema, di un gruppo: il problema dellallattamento al seno è un problema di una coppia immersa in una comunità e sulla quale intervengono soggetti diversi. Ma con quale filosofia? Lottica allinterno della quale si muove oggi il sistema sanitario fatica a riscattarsi da un concetto di salute semplificatorio e causalistico, quello di assenza di malattia o, a ben vedere, del suo rovescio, il perseguimento del completo benessere psicofisico (OMS). Fatica a farsi strada lidea di salute come processo complesso e non come bene perseguito, perduto, riconquistato, perso per sempre. Se si tratta di un bene la persona è portata a richiederlo alla struttura, al medico che ne è considerato depositario, inducendo interventi complementari. Anche di qui deriva a mio parere sia leccesso di investimento sul potere taumaturgico del farmaco e il sempre più ansioso e rivendicativo ricorso alla struttura ospedaliero o allambulatorio, sia la facilità con cui per luna o laltra ragione si passa ancora con troppa disinvoltura allallattamento artificiale: per le accorate preghiere di sostegno da mamme esauste o per le ansiose richieste, e talvolta anche qualche perentoria intimazione, da parte di nonne o padri impazienti verso una montata lattea che sembra non arrivare mai o un latte vissuto come insufficiente quando non velenoso (potremmo completare il quadro con la corollaria, ma non tanto, facilità di penetrazione del marketing farmaceutico e delle case del latte). È dimostrato che una adeguata preparazione in gravidanza e lallargamento ai familiari delle informazioni diminuisce questi ostacoli, ma credo che sia importante condividere la filosofia che deve ispirare gli attori di questa preparazione, con un intervento che riconosca le capacità autoregolative della natura, e che intervenga a loro protezione. Paradossalmente, visto il sospetto di aridità che grava sulle scienze più astratte, potremmo trarre aiuto da una definizione di un computer scientist che ha trattato la salute come una caratteristica dei sistemi complessi non deterministici, sistemi caratterizzati da un elevata non-linearità, come sono in realtà soprattutto i viventi (e come empiricamente sa chi si occupa di clinica): In realtà la salute è labito giornaliero della vita:
Potremmo così definire la salute la capacità soggettiva di una persona di passare da uno squilibrio allaltro. (Buscema). Se le cose stanno così va da sé che la posizione delloperatore della salute sarà più orientata a valorizzare e sostenere le risorse del soggetto, della coppia, della famiglia, della comunità, piuttosto che ad agire in sostituzione o a fornire sostituti. Sostenere e non sostituire diventa anche il compito dello staff del progetto: aiutare gli operatori del sistema sanitario a progettare la propria trasformazione. Così, a cascata, il compito degli operatori sanitari diventa quello di fare un passo indietro, per lasciare alla coppia madre bambino lo spazio per sviluppare il suo specifico progetto di gestione della nutrizione, di chiedere e succhiare e offrire e svuotare. È una questione insieme pratica e di assetto mentale, per intervenire in modo corretto è necessario essere intimamente consapevoli del ruolo sussidiario (termine molto in uso anche in sanità) del proprio intervento. Un collega psichiatra che si è occupato a lungo di pazienti gravi e degli effetti trasformativi dellosservazione diretta (senza intervento attivo) nelle dinamiche familiari ed istituzionali ricordava la duplice valenza del verbo assistere: aiutare ma anche stare a guardare (Nosè).
La cultura psicoanalitica applicata alle istituzioni suggerisce che le attività e la loro organizzazione siano profondamente condizionate da risposte difensive rispetto ad una angoscia specifica legata alloggetto del proprio interesse. Per dare un esempio quindi di quanto ho appena sottolineato rispetto alle difficoltà affettive/emotive da trattare presento una breve sequenza presa da un modulo formativo che riguarda una pediatra di libera scelta. Dopo una partecipazione silenziosa la collega si apre. Si sta parlando dei segni di sofferenza del bambino: cali di peso, interruzioni dellallattamento per 24 ore, insomma i momenti più ansiogeni in cui occorrono nervi saldi e molta fiducia nella natura, ma anche linee guida precise per prendersi una responsabilità in netta controtendenza con quanto appreso, personalmente sperimentato su se stessi e con i propri pazienti, e ancora di uso comune nella gran maggioranza dei colleghi. Ce nè abbastanza per spaventarsi e il gruppo non sembra ancora particolarmente attrezzato a darsi reciproca consulenza. La sequenza è grossolanamente la seguente: mi complimento, siete stati chiari e convincenti: le evidenze a favore dellallattamento e dei passi per sostenerlo sono chiare e sono daccordo (parte cognitiva), ma non me la sento di togliere il ciuccio o, in certi casi limitati dare aggiunte, penso anche alla mia esperienza personale di rooming-in e penso che se avrò un altro bambino chiederò che mi venga tenuto un po più distante dellultima volta (attraversamento personale, verità emotiva) e credo che voi siate troppo estremisti sullallattamento al seno, un po talebani, non credo che applicherò queste cose con i miei pazienti perché non sono daccordo di togliere il ciuccio e anche sul rooming-in ho grosse perplessità (ristrutturazione cognitiva dopo lattraversamento emotivo). Il lavoro di gruppo rischia di polarizzarsi sulla disapprovazione per levidente contraddizione in cui cade la collega che qualcuno, che non si sente talebano, non manca di segnalare. In un intervento però viene ringraziata la collega della voce di sofferenza e di critica che porta, che dà voce alle ansie delle madri, alle difficoltà concrete in cui poi si troveranno gli operatori, che ci aiuta a scendere da un avamposto un po idealizzato e che mette di fronte alla realtà dei problemi. Altre voci del gruppo intervengono a vario titolo sul rooming-in notturno, criticandolo prima indirettamente, poi portando esempi in cui sembra impossibile realizzarlo. Il problema della obbligatorietà accende gli animi e ci si potrebbe trovare schierati in favorevoli e contrari. e così sembra. Poi pian piano vengono introdotti due elementi che rendono meno ansiogeno il tutto: il tempo e il gruppo. Viene sottolineato da una formatrice, generosa della propria esperienza e che accenna anche al proprio allattamento mancato, quanta sofferenza e spaesamento aveva preceduto il lento periodo di ristrutturazione cognitiva che aveva fatto seguito al suo primo contatto con il problema allattamento: Nessuno si aspetta da domani una capacità operativa su tutte le madri, in particolare ora che solo in parte sono state aiutate ad allattare ed informate dei modi corretti. La collega parla allora del proprio background universitario, e riceve consenso, della varietà dei suoi pazienti provenienti da punti nascita con abitudini e prescrizioni molto diverse, ancor più varia nella sue pregresse esperienza di guardia pediatrica , e trova consenso, del senso di solitudine che il pediatra di libera scelta si trova a vivere davanti allansia delle madri, e riceve consenso e promesse di collaborazione. Tutto questo consenso fa pensare che il discorso che viene proposto alla fine sulla consapevolezza di essere parte di una rete, una rete di reciproco sostegno rappresentata dalla comunità dei colleghi sulla quale si può fare affidamento, possa diventare concreto e non teorico o consolatorio. In sintesi: davanti allansia del compito, pur compreso cognitivamente, può prendere il sopravvento una verità emotiva, sostenuta da attraversamenti personali non elaborati, che ristruttura in senso ansiolitico i dati cognitivi, attraverso un accantonamento (più o meno consapevole) delle evidenze appena incontrate. Su queste evidenze è possibile tenere aperto lo sguardo a condizione che si introduca un tempo, si crei cioè lo spazio da interporre tra la domanda e il fare, cioè lo spazio del pensare, che prevede la sospensione del giudizio e dellazione e quindi lallenamento a sostare nellincertezza, ad assistere prima di tutto osservando, prerequisito di ogni genuina ricerca, reso praticabile dalla fiducia in un sostegno gruppale. Per il resto del modulo il clima è molto buono e il consenso finale sulla formazione unanime, e di certo non per compiacenza. Ma quale emozione può essere così forte da interferire in questo modo? Durante una delle prime riunioni con un gruppo di puericultrici, creato il clima adatto, una di loro si sfogò così: piuttosto che al nido meglio la chirurgia dove almeno si vive o si muore!. Questa immagine di morte che accompagna la nascita e la crescita è in effetti il fantasma (ma anche la eventualità purtroppo concreta, benché rara) con la quale si deve fare i conti, con il senso di colpa che dalle mamme trasmigra a cascata sugli operatori più vicini e via via negli altri livelli istituzionali e dal quale ci si difende con lintervento sostitutivo o con l evitamento, per tenere a bada sensi di colpa e impotenza. Racconta Bettelheim: Hansel e Gretel comincia in modo realistico. I genitori sono poveri e si preoccupano di come potranno provvedere ai loro figlioletti. Una sera discutono della loro situazione e cercano un sistema per risolverla. Anche considerata a questo livello superficiale, la fiaba popolare comunica unimportante, benché spiacevole verità: la povertà e le privazioni non migliorano il carattere delluomo, anzi lo rendono più egoista, meno sensibile alle sofferenze altrui, e quindi incline a commettere cattive azioni. Le fiabe esprimono in parole ed in azioni ciò che succede nella mente dei bambini. Rispecchiando lansia dominante del bambino H. e G. credono che i loro genitori stiano complottando per abbandonarli e conclude Un bambino piccolo che si sveglia affamato nelloscurità della notte si sente minacciato di completo rifiuto ed abbandono che egli percepisce sotto forma di paura della morte per fame. Questo è lo spettacolo a cui nessuno vorrebbe assistere.
Potremmo concludere che per promuovere una rete sorretta da competenze non solo individuali ma anche gruppali e istituzionali nel caso nostro per il sostegno dellallattamento, ma con un evidente valore aggiunto anche su altri futuri obiettivi, tutti i protagonisti hanno bisogno di rinunciare a qualcosa che in realtà prelude allapertura verso nuove opportunità. Innanzitutto una rinuncia al proprio narcisismo; non siamo noi che facciamo nascere e crescere: assistiamo ad un (e assistiamo un) evento straordinario. La stessa rinuncia narcisistica che ci permette di vedere la diversità come ricchezza: non lo facciamo da soli e ma siamo comunque parte di un gruppo, allinterno del quale anche il conflitto può diventare una risorsa per lapprendimento se ci alleniamo ad accettare le emozioni ed utilizzarle come strumento di indagine e conoscenza a più livelli, incluso il livello della soggettualità istituzionale. È questultimo, come la ricerca psicosocioanalitica ci suggerisce, un modo diverso di affrontare il compito clinico, nella sua accezione originaria di chinarsi ad ascoltare, è un altro modo di vedere la malattia e la salute. Quando il luogo naturale della malattia diventa la casa [ ] lo sguardo osserva la malattia non più solo dalla griglia delle forme patologiche ma anche da quelle delle configurazioni ambigue e mutevoli della salute (Ferrara). Come sostiene Foucault la vocazione di questa medicina a domicilio è di essere rispettosa delle virtù autoterapeutiche della natura e dellambiente, forze che vanno aiutate dallintervento medico, ma non violentate.
* Questo scritto riprende con lievi integrazioni il testo della relazione al Convegno Fare un bambino...e aiutarlo a crescere, Il sostegno alla genitorialità: finalità prospettive e limiti, promosso da Acep - Bologna 18 gennaio 2002. ** Leonardo Speri e' psicologo psicoterapeuta, gruppoanalista, Dirigente, Responsabile Promozione della Salute - Dipartimento di Staff - ULSS 20 Verona, project leader del progetto di certificazione qualità OMS UNICEF presso l'Ospedale di Soave, membro ARIELE PSICOTERAPIA, ASVEGRA, membro dello staff di ricerca "Sogno e Istituzione"del Centro Studi e Ricerche COIRAG, redattore della rivista "Gruppi nella clinica, nelle istituzioni, nella società". |