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PSYCHOMEDIA
SETTING INDIVIDUALE
Psicoanalisi



Transfert, controtransfert e contesti socioculturali negli incontri preliminari
alla psicoterapia psicoanalitica. (Versione italiana)

Antonio Suman, Antonino Brignone



La versione in inglese di questo articolo è stata pubblicata sul British Journal of Psychotherapy Vol. 17, n.4, 2001, con il titolo: "Transference, Countertransference, Society and Culture: before and during the first encounter".



Il nostro contributo si sofferma sul primo incontro col paziente ed il contesto sociale e culturale nel quale si svolge. Vogliamo offrire qualche spunto di riflessione sui movimenti di transfert e controtransfert che si sviluppano nel paziente e nel terapeuta prima del contatto e nell'incontro reale, e che possono o meno motivare alla prosecuzione di un lavoro psicoterapeutico psicoanalitico.

I fattori culturali
Per Eizirik ( 1997) i complessi cambiamenti in atto nella realtà' (economici, sociali, educativi, religiosi e politici, sia a livello locale, sia a livello generale) influenzano in vario modo i fattori culturali, e nei centri urbani, che condividono preoccupazioni analoghe, si va sviluppando una crescente tendenza verso la globalizzazione, ed abbiamo a che fare con somiglianze maggiori delle differenze.
Per Van der Leeuw (1980) l'apporto di una massa d'informazioni viene comunemente considerato crescita mentale, mentre in realtà' un ambiente saturo di stimoli cognitivi conduce alla superficialità', impedisce il pensiero indipendente e produce processi di livellamento; di conseguenza il silenzio, la solitudine e la privacy vengono compromessi; la congestione altera la coscienza dello spazio mentale, esperienza di cui l'uomo ha bisogno per vivere.
Per Simone (2000) televisione e computer hanno portato cambiamenti sul nostro modo di pensare, trasformando il pensiero da analitico, strutturato e sequenziale, in globale, olistico, ma anche vago e generico. Per quest'autore siamo entrati già' in una fase in cui le cose che sappiamo, da quelle elementari a quelle complesse, non le conosciamo per averle lette, come accadeva prima, ma per averle viste in Tv, al cinema, o sullo schermo di un computer; oppure per averle sentite da una radio o da un amplificatore collegato al nostro orecchio.
Sotto l'insieme delle spinte culturali suddette anche la patologia psichica si va modificando, e diventano sempre pi frequenti le sindromi cui fanno difetto la verbalizzazione e la simbolizzazione. Ci riferiamo ai disturbi psicosomatici, ai disturbi da attacco di panico, alle perversioni, alle organizzazioni borderline di personalità', ai disturbi alimentari, alle depressioni cosiddette mascherate, all'ipocondria, ecc.; patologie per le quali si rendono necessari studi di nuove strategie d’intervento psicoanalitico.

Un paziente 27enne al primo colloquio adduce come problema il proprio atteggiamento introverso e scarsamente comunicativo, e uno stato dell'umore depresso. Da qualche anno vive insieme alla sua ragazza, che è in psicoterapia per un disturbo alimentare, ma ultimamente il loro rapporto si e' deteriorato. I momenti di intimita' sessuale tra loro si sono diradati mentre aumenta il tempo pomeridiano che lui trascorre davanti al computer. Con questo strumento in parte lavora, ma in parte si dedica alla vista di donne nude con grandi seni che danno origine ad un eccitamento sessuale e ad un'attivita' masturbatoria. Il grande seno eccitante lo porta a parlare della madre e della lontananza emotiva che ha sempre sperimentato nel rapporto con lei (che a sua volta ha avuto una madre schizofrenica) e del senso di vuoto interiore che cerca di combattere riempiedosi di stimoli visivi e fantasie diurne.


L'uso delle immagini del computer per l'attivita' masturbatoria ricorda quello piu' tradizionale delle riviste pornografiche; ma mentre queste ultime richiedono uno spazio segreto di fruizione, il computer, che e' anche strumento di lavoro o di comunicazione attraverso le chat lines, confonde ed annulla i confini tra l'attivita' segreta e l'attivita' manifesta, potenziando contemporaneamente la spinta all'isolamento dall'ambiente circostante.
Siamo di fronte a cambiamenti dei paradigmi culturali, in gran parte impensabili fino a pochi anni fa, che fanno presagire non trascurabili modificazioni del modo di pensare, dell’immagine del S, della concezione della sessualità e del rapporto con il mondo in generale. Ed possibile prospettarsi, per il futuro, un incremento di organizzazioni mentali di base molto poco strutturate, per esempio di tipo gruppale, e senza una definita gerarchia di valori o differenze di ruoli, che possono derivare dalle rapide trasformazioni in atto nelle società occidentali, in cui si vanno perdendo le strutture tradizionali.
Sono gia' in atto ad esempio profondi cambiamenti strutturali della famiglia, quali l’instabilità dei matrimoni e l'alta incidenza delle separazioni, la prevalenza di famiglie nucleari ristrette, la separazione tra sessualità e riproduzione, (compreso il controllo delle nascite e le fecondazioni eterologhe), il dato statistico che in molti paesi occidentali quasi un terzo delle nascite avviene al di fuori del matrimonio, il riconoscimento delle coppie di fatto, la richiesta di adozioni da parte di coppie omosessuali.
Le conseguenze di questi cambiamenti sul funzionamento del pensiero per il lavoro psicoterapico, non sono ancora valutabili appieno, ma Kernberg (1989) nota un abbassamento dell'interesse per la psicoanalisi anche da parte delle lite culturali ed intellettuali, a favore di una tendenza all'efficienza o all'adattamento. Persino tra i pi' giovani il percepirsi diversi dagli altri, isolati o emarginati dalla comunità, sembra diventato il vissuto pi' temibile; ma la tendenza al conformismo ed all'omologazione produce come naturale conseguenza una coartazione della personalità ed una riduzione della creatività.


Un esempio di perdita di contenuti individuali originali e del prevalere del ruolo dell'immagine possiamo trovarlo nel film "American Beauty". Il film, che si apre e si chiude con una sequenza video, propone lo sviluppo generale di un'ossessione per "l'immagine" (intesa come apparenza); l'immagine rappresenta sempre meno la complessità della soggettività ed ricercata piuttosto per nascondere la dimensione sottostante (l'immagine del successo professionale, l'immagine del bravo ragazzo, l'immagine della ninfetta, l'immagine del corpo attraente, l'immagine dell'uomo tutto d'un pezzo), col risultato di scambiare l’immagine per la realtà nella sua totalità. L'evoluzione drammatica del film e' affidata difatti al formarsi, in uno dei personaggi, di un'immagine della realtà' distorta dalla proiezione dei suoi desideri omosessuali.
Inoltre il dilagante uso dei video e delle riprese, da parte del protagonista pi giovane del film, suggerisce il diffondersi di un sentimento di insufficienza nei confronti delle capacita' mnesiche e contenitive dello spazio mentale interno, ed il diffondersi tra i giovani del bisogno di protesi tecniche per svolgere anche le funzioni più semplici. Il film affida ai video persino la "comprensione della bellezza" della realtà' circostante, ma questa si riduce ad un sacchetto di plastica gonfiato e sballottato dal vento, che viene ripreso con sofisticati mezzi tecnici.


Il transfert preformato del paziente
I pazienti che non si lasciano scoraggiare dal clima culturale prevalente e dalla diffusa offerta di percorsi terapeutici diversi e/o abbreviati, e decidono di tentare invece la strada della psicoterapia psicoanalitica, sono comunque influenzati nelle aspettative e nelle speranze da una qualche conoscenza sulla psicoanalisi, risultante dall'ascolto d'esperienze altrui, dalla lettura di libri e di articoli divulgativi, dalla visione di film o di servizi televisivi; da dati insomma non privi d'imprecisioni, pregiudizi e distorsioni.
Di conseguenza, già' prima del primo incontro si producono nel paziente fantasie consce ed inconsce, a volte anche sogni, sul terapeuta o sull'incontro stesso. Queste fantasie si organizzano come un transfert preformato di tipo culturale, e le andiamo scoprendo durante il primo colloquio oppure pi tardi, a processo avanzato, quando sarà il paziente stesso a confidarci le sue attese e le prime impressioni dell'inizio, viste ormai da molta distanza.

Alla fine del primo colloquio, un paziente racconta un sogno della notte precedente. Nel sogno un ladro arriva dalla terrazza della sua casa e il paziente si chiede come potra' impedirgli di entrare in casa.
L'aspettativa con cui il paziente era arrivato alla richiesta di terapia conteneva dunque la paura di essere derubato piuttosto che arricchito, dal lavoro terapeutico.
Il racconto del sogno alla fine del colloquio potrebbe assumere sia il significato di una conferma delle aspettative negative, sia quello di una riduzione delle ansie che consente il racconto del sogno; e' solo il clima emotivo presente in seduta che pu' far capire al terapeuta cosa stia realmente accadendo.

Il transfert preformato esercita comunque nei primi incontri un'influenza che non pu' essere trascurata. Le fantasie ed i vissuti sul terapeuta possono avere un peso maggiore della malattia stessa, e l'esplorazione di queste aspettative del paziente pu fornirci elementi di conoscenza di un qualche rilievo, nel momento così incerto dei primi contatti in cui in gioco il futuro del rapporto.
Spesso vediamo come il paziente abbia organizzato le proprie fantasie d'attesa secondo modelli precostituiti derivanti da esperienze o da conoscenze pregresse: a volte possiamo riconoscere in azione un modello medico, in cui i ruoli sono distinti (“io le dico i miei disturbi e tocca a lei curarmi”), o un modello scolastico (“sono qui perch lei m'insegni a comportarmi nel modo giusto”); altre volte prevale un modello religioso (“sono qui e devo confessarle tutto”) o un modello magico, frequente negli psicotici (“aspetto che lei mi faccia guarire”), o ancora un modello poliziesco (devo scoprire il trauma causale). Questi modelli affiancano il modello familiare, che verosimilmente si svilupperà nelle sue varie articolazioni nel processo terapeutico successivo.
L'insieme delle fantasie che danno origine ad un transfert preformato conduce a ciò che Meltzer (1967) chiama una pseudo-collaborazione o pseudo-transfert, transfert questo che tende a scomparire alla prima interpretazione significativa che il terapeuta farà; solo allora, infatti, il paziente si renderà conto che si fatto un immagine della terapia diversa da come gli appare nella realtà dell'incontro, e comprenderà che pu trarre un beneficio maggiore dalle interpretazioni piuttosto che dalla relazione stereotipata.
Talvolta pero' il paziente utilizza lo pseudo-transfert come forma di resistenza per tempi pi lunghi, come nell'esempio seguente:

Una paziente, indirizzata da una amica curata con buon esito da uno di noi, si presentata con richiesta di psicoterapia, poco dopo un episodio psicotico centrato su esperienze di trasformazione della realtà e sulla sensazione allucinatoria di essere stata invasa dai pidocchi. La paziente, presa la decisione della cura, si sottoponeva anche ad un lungo viaggio per arrivarci, e tuttavia non sembrava veramente interessata ai propri disturbi, pur essendo in grado di riconoscerne la gravità. Sembrava pi interessata ad argomenti di scarso rilievo coi quali tendeva ad occupare il tempo. Si cap poi che la scelta di quel terapeuta era stata determinata dall'intensa rivalità con l'amica e dal desiderio di mostrare la sua 'superiorità' su di lei attraverso la 'potenza' dei propri disturbi e l'incapacità del terapeuta ad affrontarli. Col disvelamento e l'analisi del transfert preformato fu possibile superare l'impasse, avviare l'alleanza terapeutica e portare avanti la terapia per alcuni anni.


Il controtransfert preformato del terapeuta
Tutti noi terapeuti abbiamo sperimentato una qualche forma di reazione al paziente prima di conoscerlo. Le nostre fantasie si mettono in moto, a volte in seguito alla telefonata di richiesta, altre in seguito al rapporto che abbiamo con la persona che lo invia o al modo con cui l'ha presentato; come di fronte ad ogni situazione nuova abbiamo, pi o meno consapevolmente, ansie e resistenze mescolate ad interesse e curiosità. Forse quel particolare tipo di paziente ci crea dei problemi? C' rimasta impressa in mente qualche frase che c'incuriosisce? Il collega ci ha inviato una persona intrattabile per liberarsene? Oppure ci sentiamo lusingati e pensiamo di dover fare bella figura? E in questo caso dobbiamo fare i conti con le pressioni del nostro narcisismo.
A volte consapevolmente, altre meno, mettiamo insieme i pochi dati in nostro possesso e organizziamo, anche riconoscendone l'assoluta precarietà e vaghezza, un primo abbozzo di riflessione sulla situazione. Generalmente si ritiene che queste fantasie, che organizzano un controtransfert preformato, debbano essere rapidamente eliminate come oggetti ingombranti, perch non sorgono propriamente nella relazione; tuttavia il terapeuta potrà soffermarsi ad analizzare queste proprie fantasie e idee preformate sul paziente per non lasciarsene condizionare, ma senza troppa fretta di sbarazzarsene.
Ci sembrato di poter assimilare la situazione sopra descritta, "mutatis mutandis", con quella di una madre nell'attesa di un bambino. Prima della nascita ci sono fantasie sul bambino, ma di solito il bambino reale non corrisponde ad esse; per entrare in contatto con il bambino vero, la madre deve essere in grado di contenere le sue proiezioni e modificare l'immagine preformata che si era costruita. Tuttavia le fantasie della gestazione hanno una funzione preparatoria che crediamo necessaria per costituire uno spazio mentale d'aiuto alla formazione del bambino. Analogamente ci troviamo, come terapeuti, a creare uno spazio, nella realtà interna non meno che in quella esterna, per un nuovo paziente annunciato; spazio che e' il precursore di ci che in seguito sarà il setting.

Un esempio ci viene da una collega in supervisione: "Da qualche mese mi imbatto frequentemente, nei corridoi del Servizio, in una signora piccola e bruna, con una gran massa di capelli e due occhi grandi neri che cercano un contatto e scivolano via, uno sguardo 'implorante'." La terapeuta sa che la signora è l nell'attesa del figlio, un bambino autistico.
La collega che segue il bambino un giorno le chiede di prendere in psicoterapia la madre. La nostra terapeuta ha conservato, dentro di sé, la sensazione forte di una persona che chiede disperatamente aiuto, ma nei primi due colloqui la paziente si presenta nel suo ruolo di madre del bambino autistico e parla dei suoi problemi familiari attuali. Al terzo colloquio - al quale la terapeuta arriva con qualche ritardo - la paziente riferisce un ricordo infantile in cui una cagna allontana il proprio cucciolo per stare con lei. La relazione ha una svolta con la prima interpretazione che rende evidente come il ritardo della terapeuta abbia messo in moto nella paziente delle fantasie di separazione, che le permettano di costituire una linea di confine fra s e il bambino. Ella si pu presentare ora come soggetto della richiesta d'aiuto. Nello stesso tempo, l'interpretazione permette alla terapeuta di associare l'impressione dello sguardo implorante con la comunicazione verbale, e che si avvii cos il processo terapeutico.

Il primo incontro
Abbiamo visto come entrambi gli attori, consapevolmente o meno, giungano al primo incontro portandosi appresso un bagaglio di fantasie, di ansie e di difese; ed e' proprio la reciproca ignoranza che attiva queste incertezze.
A proposito del primo incontro Bion (1978) dice: "Un individuo viene a trovarmi; egli crede che io sia uno psicoanalista; io credo che egli sia un paziente. Di fatto non lo so...." e continua affermando che per le prime tre sedute dobbiamo "passare il tempo, finche sappiamo con chi stiamo parlando". Chiediamoci quindi quali siano i fattori specifici dell'incontro psicoterapeutico psicoanalitico che permettono di "passare il tempo" in modo da trasformarlo in relazione terapeutica.
Tanto per cominciare, quando parliamo di primo incontro consideriamo sia la prima intervista sia alcune eventuali sedute esplorative; lo scopo di questi primi colloqui quello di trarre previsioni sulla possibilità di effettuare un lavoro psicoterapeutico con quel paziente. Da un punto di vista strettamente tecnico, essi ci consentono di formulare una diagnosi, di farci un'idea dell'analizzabilità del paziente attraverso le interpretazioni d'assaggio, ed infine di stabilire il contratto.
Potremmo dire che gli elementi sostanziali da valutare all'inizio di una psicoterapia psicoanalitica sono: la presenza di sofferenza, la capacità di introspezione, la richiesta d'aiuto, il desiderio di cambiamento, la capacità di tollerare le frustrazioni. E' inoltre necessario tentare di farsi un'idea non solo della patologia del paziente ma anche del contesto culturale nel quale egli vive, e delle fantasie, aspettative, desideri e bisogni che porta con s al momento dell'incontro e che non vengono in gran parte dichiarati esplicitamente.

Il paziente al primo incontro col terapeuta
Occorre porre una particolare attenzione alla relazione transferale che si attiva nel paziente incontrando la persona reale del terapeuta.
Nel momento del contatto, accanto ai transfert preformati si va attivando nella mente di entrambi i membri della coppia, una relazione transferale, prodotta nel paziente dal contatto con la persona reale del terapeuta e nel terapeuta dal contatto con la persona reale del paziente. Questo transfert primitivo, che si va fantasmatizzando nelle pieghe dell'interazione reale, potrebbe essere descritto come una sorta di "reazione chimica" incoscia, attraverso cui il paziente seleziona una parte di s o un oggetto interno da proiettare sul terapeuta; in qualche misura, un processo analogo avviene anche nel terapeuta.
Il transfert che si seleziona nel contatto con la persona reale del terapeuta entra in oscillazione con il transfert culturalmente preformato; pu' accadere ad esempio che un transfert preformato basato sulla fantasia di incontrare un personaggio severo di matrice superegoica venga mitigato o ribaltato dall'attivarsi, nell'incontro reale, della fantasia di aver trovato il proprio genitore ideale. Il riconoscimento di questo transfert primitivo o di "immediata attivazione" si basa in gran parte sull'intuito e sulla capacità di cogliere in noi stessi sensazioni controtransferali, ma questo transfert appare di non facile esplorazione, poich da un lato non disponiamo di sufficienti elementi conoscitivi e dall'altro non ci sentiamo nemmeno autorizzati ad interpretazioni precoci di transfert.
Tuttavia questo transfert primitivo o di immediata attivazione inconscia pu rapidamente determinare il destino del progetto psicoterapico. Possiamo vederlo in azione negli esempi successivi.

Un paziente, che ha già fatto una psicoterapia con una terapeuta in un'altra città, vive una nuova fase della sua vita con una compagna dalla quale aspetta un figlio. La gravidanza coincide pero' con il riattivarsi della sintomatologia precedente caratterizzata da una sorta di "indebolimento", un'incapacità ad esprimere il proprio punto di vista: lo scivolare in una sorta di passività aggressiva.
Nel corso del primo colloquio il racconto del paziente si va spostando dalla situazione contingente, che lo vede alle prese con le ansie relative alla futura paternità ed alla relazione di coppia, al ricordo di quanto sia stato difficile il rapporto con il padre e col fratello, vissuto ancora oggi come un pericoloso rivale. Queste tematiche, che da un lato appaiono connesse con l'attivazione conflittuale di una identificazione col padre e di una fantasia che il nascituro si configuri come un fratello detronizzante, dall'altro esprimono il presentificarsi nell'interazione di un fantasma transferale in cui la proiezione di questi oggetti interni (padre, fratello) sul terapeuta impedirà di fatto al paziente di dare un seguito alla sua richiesta di aiuto.

In questo secondo caso la paziente descrive in una lettera di commiato le impressioni avute nei due colloqui iniziali e le riflessioni successive.

La paziente una donna di 33 anni, coniugata da due, e richiede un colloquio su sollecitazione della madre. Presenta una condotta alimentare di tipo anoressico con irregolarità mestruali; segue regole di vita molto rigide e da un anno ha sospeso i rapporti sessuali.
Racconta come la madre, pur nelle difficoltà economiche, abbia consentito ai quattro figli di studiare, laurearsi e sviluppare la propria personalità. Quest'immagine positiva della sua famiglia d'origine viene pero' contraddetta quando racconta di essere venuta via da casa "sbattendo la porta" dopo furibondi litigi con la madre e le sorelle. Da allora ha vissuto per conto proprio fino al matrimonio.
Il terapeuta si convince dell'opportunità di una psicoterapia psicoanalitica ed evidenzia alla paziente la rinuncia alla parte affettiva ed istintiva della vita e la valorizzazione invece di razionalità ed intellettualizzazione; la paziente sembra concordare con queste osservazioni, ma annulla il terzo appuntamento e spiega nella lettera i motivi della rinuncia a proseguire.
Scrive di voler fare da sola perch teme che "l'analisi sia poco pi che un'illusione"; vede "il pericolo di entrare in un quadro semplificato, uniformato, appiattito; in percorsi di dissotterramento interiore schematici e predefiniti che tolgono il senso (e il gusto) della ricerca...". Il terapeuta le appare come "il direttore esterno della sua vita che deciderà il ritmo, il tono, le sottolineature per arrivare ad una nuova visione e percezione della propria vita e quindi del vivere stesso".
Quanto scritto nella lettera consente di scorgere l'attivarsi, nei due colloqui iniziali, insieme con elementi culturali derivate da varie fonti, della proiezione sul terapeuta di un oggetto interno superegoico, di derivazione materna, che come la madre finirebbe col dirigere la sua vita. A questa eventualità la paziente si ribella, cos come si e' ribellata alla madre, pur riconoscendole di averle permesso di studiare e farsi una cultura.

Il terapeuta al primo incontro col paziente
Come abbiamo già’ detto, quando un paziente chiama, il terapeuta dovrà riconoscere e controllare le fantasie, le reazioni e le inclinazioni della propria mente,
Ma come definire ci che prova il terapeuta nell'incontro reale ? E soprattutto, quali funzioni entrano in gioco? Il controtransfert potrà essere utilizzato fin dall'inizio per capire il paziente, ma un atteggiamento tendente all'interpretazione precoce (Bartmeir, 1943) pu derivare da una difesa contro l'ansia dell'incontro. Ed anche restringere la propria attenzione alla sola storia della malattia può segnalare una resistenza controtransferale.
Dopo il primo incontro il terapeuta, si trova ad ascoltare i propri stati d'animo di fronte alla nuova richiesta, e a dover valutare la propria disponibilità ad iniziare un percorso psicoterapeutico. Egli dovrà esaminare i fattori personali che incidono nelle sue scelte: per es. il bisogno di avere un nuovo paziente per motivi economici, il carico di lavoro e il tempo a disposizione, la necessità di avere del materiale per una supervisione, l'interesse scientifico per le problematiche presentate, la sfida per la difficoltà del caso (qui il narcisismo pu esercitare la sua potente azione), il contatto umano o l'empatia, l'interesse stimolato da quella persona e da quella patologia, la possibilità di offrire aiuto confrontandosi con eventuali casi già noti che paiono avere delle somiglianze, la considerazione dell'adeguatezza del proprio modello di lavoro per quel caso specifico, ecc..

Per esempio: la presenza di un sogno nel quale trasportava dei carichi pesanti, fatto la notte seguente un primo colloquio, ha consentito ad uno di noi di rendersi conto della propria indisponibilità controtransferale ad accogliere un paziente fortemente "raccomandato" da un collega.

Ad ogni modo il riconoscimento del terapeuta degli elementi controtransferali, che sono entrati in gioco nel primo contatto col paziente, costituisce il modo migliore per accogliere un paziente e mettergli a disposizione uno spazio mentale..

Nel colloquio di valutazione, un musicista di 35 anni chiede una psicoterapia per dei blocchi improvvisi nelle situazioni sociali, attacchi di panico da lui collegati ai sentimenti di gelosia nei confronti della sua nuova compagna, e tormentosi sentimenti di colpa nei confronti della ex-moglie. Riferisce anche la sensazione di essere una persona insignificante e senza valore.
Dopo il colloquio il terapeuta riflette sul fatto che, nonostante avesse saputo dalla collega inviante che il paziente un musicista di valore ed avesse avuto l’aspettativa di incontrare una persona interessante, durante il colloquio non solo si e' formata in lui l’impressione viva di avere di fronte una persona senza valore, ma ha vissuto la stessa emozione riferita a se stesso; una sorta di controtransfert concordante.
La valutazione della gravita’ della patologia presentata e del contrasto tra aspettative e vissuto sperimentato nell'incontro reale, conduce il terapeuta alla scelta, non abituale, di effettuare la psicoterapia sul lettino, nonostante l’unico trattamento possibile per il paziente fosse quello monosettimanale.
La scelta del lettino si e' configurata quasi come un “valore aggiunto” di cui entrambi, terapeuta e paziente, avevano bisogno per iniziare a lavorare.


Alcune note conclusive
I cambiamenti sociali e culturali cui abbiamo accennato all'inizio esercitano una pressione sul nostro modo di pensare e sugli aspetti intimi personali della nostra vita, di cui spesso non siamo consapevoli, e questi segneranno il lavoro psicoterapico in modi di cui siamo ancora solo parzialmente consapevoli.
Anche il vissuto nei confronti dell’autorità, che trae origine dalle relazioni familiari in trasformazione, appare profondamente mutato; e questo non pu non influenzare la mente del paziente e quella del terapeuta allorch s’incontrano nei colloqui di valutazione.
Gli elementi descritti come transfert preformato e transfert che si attiva nell'incontro reale, sono presenti sia nel paziente sia nel terapeuta, e giocano un ruolo centrale che potr aiutare a sviluppare o estinguere il rapporto psicoterapeutico. Nel tempo dell'incontro tendono difatti a convergere i molti vissuti che terapeuta e paziente hanno sperimentato nel tempo passato, le loro pi varie esperienze, e l'influenza di culture diverse. La distanza tra loro deve essere ridotta fin dall'inizio per permettere il formarsi di uno spazio potenziale comune, una realt condivisa, che dia l'avvio ad identificazioni reciproche.
Lo scopo dell'incontro non dovrebbe essere inteso come svelamento delle fantasie che vengono a caratterizzare il transfert, nel senso di una loro segnalazione al paziente; ma quello di trovare delle formulazioni che coinvolgano la persona reale, consentendole di fare una nuova esperienza relazionale. L'incontro dovrebbe fornire cio' una situazione che sia capace di riorganizzare gli elementi offerti dal racconto e dalle emozioni del paziente, permettendo l'ingresso di nuovi significati.
Dopo queste valutazioni si potr indicare al paziente il setting pi idoneo al trattamento: vis à vis o lettino, o la frequenza delle sedute ecc.. Ma sul setting non ci dilungheremo poich le sue caratteristiche sono, in psicoterapia psicoanalitica, più differenziate che in psicoanalisi, ed occorrerebbe una trattazione specifica.
In conclusione, i fattori terapeutici del primo incontro ci sembrano connessi oltre che alla specificit del setting, alla capacit del terapeuta di prestare attenzione alle fantasie che fin dall'inizio vanno a formare il transfert e il controtransfert, ed alle reazioni del paziente alle prime formulazioni interpretative. Ma ci che permette davvero di creare una relazione , dalla parte del paziente, la sua urgenza di comunicare e, dalla parte del terapeuta, la capacit di provare un reale interesse per la persona del paziente, per le vicende della sua storia passata e presente.
In questa prospettiva chiaro che la psicoterapia inizia fin dal primo incontro a prescindere dalla successiva prosecuzione.

Bibliografia:
Bartmeier L.H. (1943); Psychoanalytic Review, XXX. 386-389.
Bion W.R.; Four discussions with W.R. Bion, Clunic press, Pertshire.
Eizirik C.L.; Psychoanalysis today: challenges in culture, Int. J. Psychoanalysis, Buenos Aires, January 1997.
Harley (1986); Child analysis 1947-1984. A retrospective. Psychoanal. St. Child. 41, 129-153.
Kernberg, O. (1989); The temptations of conventionality. Int. J. Psycho-Anal., v.16, p. 191-205.
Simone R. (2000). La terza fase. Forme del sapere che stiamo perdendo. Bari, Editori Laterza
Meltzer D. (1967); The Psychoanalytic Process. London, Heinemann.
Van der Leeuw P.J. (1980); Modern times and the psychoanalyst today, Int. Rev. Psycho.Anal, 7, 137-145.

Notes:
Note 1:
Harley (1986) writes about 'preformed, or ready-made transferences [which] should not be confused with the fantasies and the expectations regarding the treatment before it begins', while we think it useful to distinguish between a 'pre-formed' and 'primitive transferences'.
Note 2:
We might say that the fundamental elements to be assessed at the beginning of psychoanalytical psychotherapy are: the presence of suffering, the capacity for introspection, the request for help, the desire to change, the capacity to tolerate frustration.

Antonio Suman - Psychiatrist, Psychoanalytic Psychotherapist, President Italian Section EFPP
Antonino Brignone - Psychiatrist, Psychoanalytic Psychotherapyst AFPP.
Via Bandi 5, 50137, Florence

Una prima versione dell'articolo stata presentata al Congresso di Roma della SIEFPP (1995) da Suman A. e Cassese S.


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