Maurizio Mottola Nell'ambito di Sanit 2009 6° Forum Internazionale della Salute, venerdì 26 giugno 2009 si è svolto al Palazzo dei Congressi di Roma il convegno La Riforma dell'assistenza psichiatrica in Italia. Allo psichiatra dell'ASL Napoli 1 Centro Vincenzo Spatuzzi, segretario nazionale dell'Associazione Italiana Psichiatri (AipsiMed), che vi ha partecipato con la relazione Dalla legge quadro 180 a un moderno schema legislativo sulla salute mentale per l'Italia in Europa, abbiamo posto alcune domande. Qual è l'attuale stato dell'assistenza psichiatrica in Italia ed in particolare a Napoli ed in Campania? Quando ci si ritrova a pensare, parlare e scrivere di amore e di morte, operazione preliminare è calarsi in una condizione pressoché simile, vale a dire ri-trovarsi nei pressi di quella zona confine della mente, un pò borderline, che trovasi tra Eros e Tanatos. Così quando mi trovo a riflettere, tutti i giorni, d'una legge come la 180, non posso ricercare un linguaggio, una metrica ed una prosodia fatta di numeri, casistiche, organizzazioni, istituzioni assistenziali, trattamenti sanitari obbligatori, suicidi, che non renderebbero assolutamente l'idea di quanto abbia amato quell'idea utopica, quella stessa che oggi voglio che muoia così com'è, perché rappresentativa solo di un totem ideologico e che si allontani da me, definitamene, per tradursi al più presto in vera assistenza che sostenga pazienti, famiglie e noi stessi, i medici psichiatri, persone tutte che hanno nell'attualità solo da perderci dalla cosiddetta presa in carico elusa, voluttuaria, velleitaria, non finanziata. Ancor più stigmatizzante è l'intervento psichiatrico con i caratteri della psicopolizia oppure che surroghi o sostituisca il 118 della continuità assistenziale, come avviene solo in Campania, sottendendo un'organizzazione di cui ancora non riesco e non voglio comprenderne il senso. Come si fa a rimanere freddi laddove in 31 anni non si è assolutamente riusciti a garantire un minimo di rispetto della dignità della persona malata psichicamente? Si può mettere la testa sul cuscino la notte sapendo che abbiamo messo le persone, a noi particolarmente affidate ed a noi incarcerate dalla cosiddetta "presa in carico", all'interno di strutture territoriali di riabilitazione, assai carenti qualora esistenti e quando va bene, ma in tristi servizi psichiatrici di diagnosi e cura (SPDC) per sette giorni o in case di cura nuovi cronicari? E si è mai portata avanti la prevenzione dei disturbi di comportamento e delle condotte pericolosamente psicopatiche in età evolutiva? Potrò mai dormire questa e tutte le altre notti, anche in quelle che mi vedono pronto disponibile per l'emergenza, sapendo che al nostro unico alleato in questa guerra nazionale, le famiglie, non è garantita la sicurezza che qualcuno un giorno si occupi per legge del congiunto nel "dopodiloro" (grandemente giustificata è la preoccupazione delle famiglie)? E gli ammalati più gravi, ancorché ricevere trattamenti adeguati, costanti e per il tempo che ci vuole, possono ancora giovarsi dei sette giorni del trattamento sanitario obbligatorio (T.S.O.) nel servizio psichiatrico di diagnosi e cura (SPDC) dell'ospedale civile, settimana temporale in cui non si può curare e far passare nemmeno il raffreddore comune? Si può dare al malato affidatomi il diritto di ricevere cure personalizzate, differenziate per patologia, od offrirgli il giusto e congruo tempo d'ascolto nel momento in cui lo psichiatra della A.S.L. è gravato oltre che del controllo sociale, anche di anziani, minori, handicappati, tossicodipendenti, che tra i loro problemi lasciano emergere come assai doloroso e preoccupante proprio il disturbo mentale, per il cui intervento le apposite unità operative assolutamente non sono attrezzate anche sotto l'aspetto organizzativo? Che dire poi del sociale, dei poveri in particolare, che è tutto sulle gracili spalle psichiatriche, a cui è devoluto talvolta neppure il 3% del budget sanitario? Sì, oggi sento la necessità non solo simbolica e sincronica, di salvarmi e con me di salvare malati e familiari. Nel settore psichiatrico la questione meridionale non esiste più: i pazienti di Napoli o di Varese, per dirne una, so con certezza che ricevono un'assistenza democraticamente degradata ed entrambe le città si trovano nella serie B degli aventi diritto alla salute. Ovviamente se il tutto viene paragonato alle altre malattie del corpo. Sono cocentemente deluso, amareggiato ed addolorato non tanto e non solo perché battuto, ma perché l'idea, tal quale una donna (o un uomo) che ho tanto amato, mi ha sconfitto tradendomi e col mio peggior nemico, il cinismo. Sento raggelante il senso della sconfitta e la legge, la 180, quella che ho tanto amato, quella stessa che pur piena di lacune e difetti agli occhi di tutti volevo far passare per umana, truccata, bella almeno dentro e che difendevo con le unghie e con i denti, non ha resistito alla prova del difensivismo, del carrierismo, del potere, del relativismo, dei soldi, mostrandosi brutta e laida proprio a me che, giovanissimo amante appassionato, la trovavo splendida e affascinante. Ma non mi ha ancora vinto. Gli aspetti psicosociali dei disturbi psichiatrici -tra cui prevenzione, riabilitazione e reinserimento sociale- vanno trattati al pari degli aspetti clinici, per non ridurre l'assistenza psichiatrica a meri interventi di urgenza ed emergenza: qual è l'esperienza maturata in tale ambito? Gli aspetti riabilitativi, preventivi e di reinserimento non fanno parte di uno step voluttuario nel corso del processo di guarigione, come può esserlo per le altre malattie del soma, come una cardiopatia ad esempio, ma in psichiatria gli interventi psicosociali si identificano con il progetto di cura stesso, sono indissolubilmente legati alla clinica: senza di essi non può esservi né restituito ad integrum nè nessuna guarigione. Troppo poche e parcellizzate sono le esperienze positive in campo psicosociale che, a 31 anni dalla promulgazione della legge 180, non solo non fanno parte del doveroso armamentario dell'intervento psichiatrico, ma di essi non si è sviluppata ancora la cultura che possa sottenderne le buone pratiche. Qual è a suo avviso un moderno schema legislativo sulla salute mentale per l'Italia in Europa? Non so se moderno, ma perlomeno attuale. La strategia per il miglioramento dell'assistenza dovrebbe anche in Italia fondarsi su alcuni di questi punti. Nuove strutture e nuovi servizi, meglio definiti, che vadano incontro alle necessità degli utenti con ovvio rispetto della legge sui diritti umani; investimenti adeguati; bandire dalle pratiche assistenziali psichiatriche quelle che sono le ideologie egemoni, quelle che hanno certezze sulle cause dei disturbi mentali. Dare invece rilievo alle malattie ed al carico di sofferenza ed impegno di familiari ed operatori, facendo uscire il disturbo dalla metafisica narrativa o mitologica, per farla entrare a buon diritto nell'ambito della Medicina Evidence Based. Che si prenda atto che le malattie mentali esistono e non sarà la libertà a farle sparire ope legis. Quindi Servizi hard sulla crisi e soft nell'intervento a distanza, prodromico già della riabilitazione da eseguirsi in reparti moderni, puliti, per tutto il tempo che ci vuole e con personale esperto, umano ed incentivato. Che si dividano le problematiche psichiatriche per fornire ad ogni persona unicuisque suum e non a tutti la stessa sbobba di sempre. Psicoterapia a coloro che se ne giovano per caratteristiche interiori, controllo e protezione, e rassicurazione a coloro che anche indirettamente ce lo chiedono o ce lo fanno capire. Sostenere fino a sostituire le famiglie, in cui non penso proprio o non penso più che le madri picconino i figli che hanno con gioia aspettato, voluto e partorito, finché in età giovanili diventino schizofrenici quei figli, dimostrando così la schizofrenogenicità di quelle madri: quale perversione! Andare obbligatoriamente al domicilio, sui luoghi di lavoro, di studio o di intrattenimento ludico, dove alberga quel disagio che in virtù della sua contorsione patologica e patologizzante rifiuta qualsiasi intervento. Non è diminuendo i posti letto che diminuiscono i nuovi casi, la comorbidità e la comorbilità, ma doterei quegli spazi sanitari di ogni confort possibile: i manicomi non sono questi e indietro non si tornerà mai più. Se la splendida legge, di cui tanto si dice, in 31 anni di disonorato servizio non è riuscita a proporsi quale lenitiva del dolore acuto e cronico, quello peggiore, quello mentale, di malati importanti e delle loro famiglie, vuol dire che col mutare degli scenari sociali, esistenziali ed ideologici, vuol dire che era inapplicabile. Così com'è ora. Grazie per l'interessamento, visto che sui media l'unico argomento che non tira è proprio quello del disagio psicologico che, ovviamente, si porta appresso la scotomizzazione sul cosa mettere in campo per farvi fronte. |