Modalita comunicative in rete: lapproccio affettivoAlessandra Maghini
Ciò che in primo luogo colpisce del fenomeno Internet - e, quindi, attrae e seduce o respinge e spaventa - è lo stravolgimento subito dalla comunicazione, in particolare la comunicazione di emozioni, stati danimo e affetti. La comunicazione è, tra le capacità umane, quella che consente alluomo non solo di esistere (individualmente e socialmente) ma di definire la propria identità. Comunicando luomo rappresenta se stesso e gli altri e si inserisce nella dimensione spazio-temporale del mondo. Anche nella comunicazione si ripropongono allora quelle regole che scandiscono levoluzione umana, seguendone le modificazioni e le innovazioni. Internet costituisce un mezzo altro per comunicare e, come ogni media, concorre a determinare le leggi stesse della comunicazione (ovvero la forma, la struttura, il contenutoÉ). Diversamente dagli altri canali comunicativi, Internet tuttavia non segue le leggi logiche dello spazio e del tempo, anzi, pare stravolgerne le coordinate. Quello che si presenta ai nostri occhi è dunque un mondo privo di confini definiti, in cui è lutente stesso a decidere i tempi e i modi. Cambiano insomma i parametri spazio-temporali e lutente passa da una concezione di spazio chiuso, che induce contenimento e, quindi, sicurezza, ma anche immobilità e dipendenza, ad una rappresentazione di spazio aperto, libero e senza confini, ma anche pericoloso e autonomizzante. Ugualmente, il tempo perde la sua dimensione cronologica e storicizzata, per acquisire carattere di sincronicità e simmetria, attribuendo sempre meno peso ai significati e alle cause per porre invece maggiore attenzione ai rapporti e agli scambi. Lindividuo viene iniziato a una nuova dimensione, quella del virtuale, che può spingersi fino allestremo e pare essere senza fine, alimentata dal desiderio di sapere, di conoscere, di vedereÉ in una parola: di comunicare. Questa ricerca della comunicazione è innanzitutto bisogno di liberare se stessi, entrando in contatto con il potenzialmente infinito. Lindividuo si libera dei propri vincoli e limiti terreni (geografici, temporali e, non ultimo, corporei) e, lasciando tutto ciò che di reale lo lega fattualmente al finito, assume una nuova consistenza, immateriale e virtuale, che lo porta nel cyberspazio. Il cyberspazio costituisce un enorme magazzino non solo di informazioni e notizie, ma anche di emozioni, cui lutente sa di poter attingere nei momenti di solitudine, di vuoto relazionale o di noia. E qui egli trova altri navigatori che, come lui, cercano gli altri comunicando un po di se stessi. La creazione di un cyberspazio e la possibilità di navigare in esso richiede tuttavia la capacità di orientarsi, per non perdersi nellesplorazione di questo spazio nuovo e sterminato. Si viene così a creare un paradosso: per sfuggire i propri limiti e conquistare la libertà, lutente non può muoversi senza coordinate e deve individuare delle traiettorie che gli segnino il cammino senza intrappolarlo. Per non smarrirsi servono dei punti di riferimento, anche solo virtuali. Si creano così le comunità virtuali, veri e propri luoghi immaginari, liberi dallo spazio e dal tempo e soggetti solo alle regole della comunicazione. Qui lindividuo può proporsi per nuovi contatti, o anche ri-proporsi, più e più volte, tante quante saranno le identità assunte. La comunicazione - priva della parola, dello sguardo e della vicinanza fisica - diviene veicolo unico del contatto umano: con il computer si inviano e ricevono emozioni e si costruiscono affetti. Perché allora così tante persone cercano e scambiano comunicazione in Internet? Ciò che appare subito evidente sono i numerosi rinforzi di cui lutente può agevolarsi: la certezza di essere ascoltati, la possibilità di dare di sé unimmagine comunque positiva, il vantaggio di rimanere anonimi, la scelta del ritmo di evoluzione di una relazioneÉ e il tutto con costi di comunicazione decisamente bassi. La grande chance offerta alluomo è allora non solo quella di poter comunicare, bensì di comunicare se stesso. Nelle chat ci si racconta non necessariamente per quello che si è, ma come si vorrebbe essere o si desidererebbe essere visti dagli altri; si può insomma trascendere il dato di realtà per vagare con la fantasia alla costruzione di un nuovo (o di molti nuovi) Sé ideale: si può giocare ad essere qualcun altro, o altre parti di sé. La velocità con cui tutto ciò può avvenire ne rafforza inoltre la portata gratificante: non bisogna assoggettarsi neppure al tempo per divenire e trasformarsi, ma si è subito, contro ogni legge fisica dellevoluzione, e altrettanto repentinamente si può tornare indietro o annullare tutto, basta un altro click! Certo questo meccanismo fa intuire i rischi di una tale potenza. Tutte le varietà di comunicazione telematica (le Chat line, le-mail, i newsgroups, le mailing list ecc.) condividono la garanzia di anonimato e la possibilità di uninterazione asincrona. Il non trovarsi faccia-a-faccia permette già di per sé una maggiore libertà di espressione, che facilita la vicinanza emotiva e apre alla confidenza. La comunicazione, poi, non avviene in tempo reale, ma segue il ritmo dettato dallutente e dagli eventuali interlocutori: può esservi uno scambio immediato di informazioni, una sorta cioè di dialogo botta e risposta, o, al contrario, si può soffermarsi a riflettere, manovrando il ritmo della conversazioneÉ al limite si può addirittura sparire, se lansia e laspettativa diventano intollerabili, interrompendo la comunicazione. In altre parole lo scambio comunicazionale telematico consente la libertà espressiva di una lettera ma al ritmo veloce di una conversazione; inoltre, nelle-mail si può sopperire alla mancanza di contatto visivo - che, quindi, impedisce la comunicazione non verbale, fatta di gesti, mimica facciale, postura, espressioni, tono della voce, respiroÉ - con laggiunta di simboli ed espressioni (i cosiddetti emoticons, cioè le faccine), suoni e immagini capaci di creare latmosfera desiderata e far attribuire dallinterlocutore il giusto significato al nostro messaggio. In Pragmatica della comunicazione umana (1967), Watzlavick, Beavin e Jackson spiegano come luomo sia il solo organismo capace di utilizzare moduli comunicativi sia analogici che numerici: il linguaggio numerico è costituito dai simboli che abitualmente usiamo nel parlare e nello scrivere, mentre il linguaggio analogico si esprime attraverso la comunicazione non verbale. Il linguaggio analogico è chiaramente il linguaggio della relazione. La comunicazione in Internet si basa su una forma numerica del linguaggio, ma accade che le applicazioni telematiche preferite dagli utenti siano invece quelle più tipicamente relazionali, come le chat e le e-mail. Il linguaggio digitale scritto, scelto come tramite per stabilire un contatto telematico, si rivela così essere uno strumento comunicativo insufficiente e inadeguato, poiché manca dei principali attributi paralinguistici relazionali. Per scambiarsi informazioni, per cercarsi e per proporsi, ecco che si deve allora ricorrere ad un nuovo linguaggio, preso a prestito dal sistema alfabetico e grafico. Nel mondo segnico e simbolico in cui ci muoviamo, le tecnologie informatiche confermano come le parole e le immagini siano oggi la forma principale attraverso cui si esprime la moderna creatività. Diviene allora difficile valutare se la fantasia, nei suoi aspetti onnipotenti e narcisistici, costituisca una soddisfazione allucinatoria dei desideri e dellimmaginario umano o, in più, individui nuove vie di realizzazione della creatività. Si tratta - compito tuttaltro che facile - di stabilire se lutilizzo di nuove vie di comunicazione assuma il significato di una fuga dalla realtà - ovvero, di un agito, che evita limpatto con il reale, minaccioso e finito - o, al contrario, rappresenti una nuova modalità creativa, relazionale e interpersonale, che usa fantasia e immaginario per ottimizzare la nostra capacità di simbolizzazione. Mancando gli elementi essenziali della comunicazione non verbale, accade anche che nelle persone possano intervenire processi compensativi dellinformazione mancante, supportati da proiezioni e attribuzioni di senso, volte a gratificare le aspettative dellindividuo. Le relazioni virtuali possono pertanto apparire come particolarmente attraenti, poiché permettono un inconscio soddisfacimento delle nostre fantasie e danno forma ai nostri ideali. Ovviamente in questo caso i rischi di una eccessiva idealizzazione - di sé e dellaltro - aumentano, poiché tutto è costruito dalla fantasia e sulla fantasia, non più ancorata al dato concreto. Avviene talvolta, come tentativo di arginare questo rischio, che i partners della relazione virtuale decidano di svelare la propria identità, o sentano il bisogno di incontrarsi personalmente, per vedere come realmente si è. La relazione può diventare sempre più forte e condurre al desiderio di incontrare laltro nel mondo reale, telefonandosi o vedendosi, per diminuire così lenorme potenza esercitata dal cyberspazio e rientrare in quei confini spazio-temporali di cui si sente il confortante bisogno rassicurativo. Al contrario può accadere invece che lansia sorta dalla eccessiva vicinanza emotiva porti lutente ad arrestarsi di fronte alla complessità di un legame affettivo, spingendolo alla fuga, vista come unica via possibile per preservarsi dal temuto e ignoto impatto con la realtà, luogo di confronto e possibile delusione. In fin dei conti, cambia il canale comunicativo ma il ruolo che vi attribuiamo rimane lo stesso: comunicare ed essere ascoltati, in uno spazio che ci accolga e ci contenga. La dimensione relazionale di Internet - comunicazionale e affettiva - ne costituisce indubbiamente lattrattiva maggiore. Internet offre la grande opportunità di utilizzare un modo nuovo per comunicare le nostre emozioni, per raccontarle in libertà, che è libertà dalle regole spaziali, temporali e grammaticali e non va confusa con unassenza di regole - come si può riduttivamente pensare -, al contrario è una creazione di regole nuove, diverse da quelle che in passato abbiamo conosciuto e usato, forse più vicine alla nostro voler essere.
AA.VV. (1997). Internet, Illusioni e Realtà, in Telèma, n° 8, primavera, 1997. |