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PSYCHOMEDIA
COMUNITÀ TERAPEUTICHE
CT Salute Mentale


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From: BOB HINSHELWOOD <101364.2334@compuserve.com>
To: marco longo <mlongo@mbox.vol.it>
Subject: paper for PSYCHOMEDIA


UNA CULTURA DELL'INDAGINE:
LA VITA IN UNA SALA DEGLI SPECCHI

di Peter Griffiths a R. Hinshelwood

Presentato alla conferenza della Società Internazionale
per lo Studio Psicoanalitico delle Organizzazioni, Luglio 1995
Traduzione di Laura Selvaggi (Psychomedia)

--> TESTO ORIGINALE IN INGLESE

ABSTRACT.

Questo articolo descrive il lavoro in una comunità terapeutica dedicata alla cultura dell'indagine. Lo scopo è quello di creare un collegamento tra questo lavoro e la psicoanalisi, la tradizione delle comunità terapeutiche, l'attuale concetto di attività riflessiva e la metafora dello spazio riflessivo dei gruppi e delle organizzazioni. La collocazione della psicoanalisi al centro del compito primario, rende la consulenza interna il concetto fondamentale del lavoro della comunità. Tutte le istituzioni devono combattere per conservare uno spazio all'interno del quale la cultura dell'indagine possa funzionare adeguatamente. La stessa psicoanalisi può essere utilizzata in modo perverso per chiudere questo spazio. Guardiamo allo sviluppo del Cassel Hospital dal punto di vista dell'approccio di Main alla comunità terapeutica. È in parte la storia della lotta per mantenere una cultura di indagine. Vengono descritti brevemente il sistema sociotecnico fondato sulla natura diadica della psicoanalisi e le sue implicazioni per un'organizzazione che tenta di continuare l'indagine sulle proprie dinamiche. Vengono descritti dettagliatamente altri processi collegati che funzionano come difese sociali e che devono essere superati per tenere aperto lo spazio di riflessione e di indagine.



Una proprietà peculiare delle comunità terapeutiche e di molte unità residenziali di psicoterapia è la consapevolezza psicodinamica dell'organizzazione stessa. Il concetto di cultura dell'indagine si è sviluppato negli ultimi anni come marchio di garanzia della comunità terapeutica (Main 1967, 1983; Norton 1992). Lavorare all'interno di un'istituzione specializzata nell'insight potrebbe sembrare completamente invidiabile. In realtà [la comunità terapeutica], come tutte le organizzazioni, è assediata dai suoi stessi problemi. Il tentativo di fungere da consulenti interni comporta dei dilemmi e questo articolo è lo studio, basato su un caso particolare, di come una tale cultura possa essere generata, persa e ritrovata in una comunità terapeutica psicoanalitica. In questa lotta tra l'aprire ed il chiudere uno spazio di indagine, la stessa conoscenza psicoanalitica diventa un discorso che da una parte contribuisce, ma dall'altra distoglie dall'indagine.

L'ISTITUZIONE. UNA COMUNITÀ TERAPEUTICA PSICOANALITICA.

L'istituzione su cui si basa questo studio è stata sviluppata da Main (1946, 1983) dal 1946 al 1976 per creare un modello di ospedale che esplorasse se stesso in tutti i suoi sistemi. Main ha lavorato sul problema del morale nelle unità di combattimento e negli individui durante la Seconda Guerra Mondiale, sottolineando l'importanza delle influenze gruppali e della reciprocità sullo sviluppo a livello gruppale di sistemi di difesa psicologica dalla depressione, dalla disaffezione e dal panico individuali. Sul campo si incontravano unità ben funzionanti, con alto morale di gruppo, che sostenevano un significativo numero di uomini con evidenti crolli individuali, i quali si rifiutavano di marcare visita e continuavano a combattere. Altri reparti invece sembravano unirsi per costituire un insieme infelice e inefficiente, con patologie reattive, lamentele, delinquenza e disturbi psicosomatici generalizzati anche tra uomini con note personali di salute stabile.... Qualunque fosse la differenza tra le unità, essa non aveva niente a che fare con la struttura sociale.... Sembrava essere qualcosa di più vago e di più importante; era la cultura, il folklore in base al quale il sistema stava funzionando (Main 1977). Questa reciprocità tra le persone reali ha portato Main alla conclusione che le rappresentazioni reali sono tanto importanti quanto gli istinti e le fantasie interne che esprimono.

A Northfield, Main iniziò un training sul pensiero di gruppo, prima ancora che il termine venisse coniato (Main 1946, 1983; Rickman 19**). Applicò queste riflessioni sulle unità di combattimento all'ambiente ospedaliero e riconobbe come un normale ospedale metta in atto strutture difensive socialmente accettate. Ad esempio -[...] solo ruoli di salute o malattia vengono messi in gioco; lo staff può essere solo sano, sapiente, gentile, potente ed attivo, mentre i pazienti possono essere solo malati, sofferenti, ignoranti, passivi, obbedienti e grati ... Nella maggior parte degli ospedali gli operatori sono lì poiché cercano di curare quelli meno capaci di loro, mentre i pazienti sperano di trovare altri più capaci di loro. Il forte e il debole si incontrano e si opprimono reciprocamente per agire in una collusione non solo realistica, ma anche fantastica ... Il potente richiederà inconsciamente agli altri di essere deboli, i deboli richiederanno agli altri di essere potenti. Operatori e pazienti diventano così, in un certo senso, inevitabilmente creature gli uni degli altri -(Main 1975).

Main pensò che questo assunto di base, sebbene potesse servire ad alcuni scopi in un ospedale generale, non era sicuramente appropriato in un ospedale per pazienti nevrotici. Ed è proprio alla comprensione di questo sistema di mutua proiezione che Main ha dedicato la propria riflessione psicoanalitica. Era convinto che questo modo di pensare e di collegare fosse un'applicazione ed un'estensione del metodo di Freud (Main 1983). Main riconobbe che, come comunità di sistemi interdipendenti, l'istituzione stessa, dall'individuo all'ospedale nel suo complesso, aveva bisogno per la sua salute di cure e attenzione. -Ogni sistema sovraordinato [l'ospedale] è in relazione gerarchica con i sistemi di livello inferiore [un paziente] e deve essere studiato per se stesso, perché possa comprendere e sostenere il lavoro del sistema subordinato- (Main, 1983, p. 206). Così nacque il concetto di comunità terapeutica (Main, 1946, 1983).

Main era consapevole del bisogno di chiarezza della struttura e dei ruoli ad ogni livello, e del fatto che [la chiarezza] aumenta l'efficienza e diminuisce l'ansia ed i conflitti. Credeva che la cultura, il folklore attivo in ogni organizzazione fossero influenzati ed ispirati in modo decisivo dal modo in cui le menti dell'organizzazione entravano in relazione tra loro. Main (1983) suggerì che il segno distintivo di una tale organizzazione fosse: -non una forma particolare di struttura sociale, ma una cultura dell'indagine. Ciò richiede e stabilisce strumenti di indagine sui problemi personali, interpersonali e intersistemici, lo studio degli impulsi, delle difese e delle relazioni così come vengono espresse e negoziate socialmente- (Main 1983, p. 217). Attraverso il continuo sviluppo e l'applicazione dei principi della comunità terapeutica (Main 1946 e Barnes 1968), l'ospedale raggiunse quella che fu chiamata cultura dell'indagine(Main 1983), stabilendo di utilizzare attivamente la totalità degli aspetti domestici e ricreativi della vita di tutti i giorni al servizio del lavoro terapeutico, così che le ragioni dei fallimenti in queste situazioni quotidiane potessero essere esplorate e discusse.

Psicoanalisi applicata.

La psicoanalisi non viene praticata all'interno dell'ospedale. Il trattamento comprende almeno tre aspetti collegati:

1. terapia psicoanalitica individuale;

2. contemporanea assistenza psicosociale (Barnes 1968, Kennedy 1986), che ha luogo nel contesto della Comunità Terapeutica;

3. partecipazione attiva dei pazienti nella comunità reale. L'ambiente di vita e di lavoro dei degenti forma la base di un milieu terapeutico e la cornice all'interno della quale gli infermieri lavorano con i pazienti.

Ai pazienti, durante la loro permanenza, si richiede di partecipare attivamente alla vita dell'ospedale condividento il lavoro, le attività domestiche e sociali con gli altri (altri pazienti ed infermieri). L'ospedale è organizzato intorno a questi compiti:

1. I pazienti si prendono la responsabilità reale di molti compiti quotidiani: cucina, pulizia, giardinaggio, ecc. Vengono promossi a posizioni scelte di responsabilità per la gestione dei molti gruppi addetti ai vari lavori.

2. Tutti i pazienti sono seguiti da uno staff di infermieri; in primo luogo sono associati ad un operatore chiave (o infermiere-primario) ed in secondo luogo, sono affiancati da un infermiere in tutte le posizioni scelte (nelle quali cioè gestiscono un'attività ed una responsabilità). Ad esempio, per ogni compito direttivo è previsto un infermiere-manager che lavori insieme al paziente-manager.

3. L'insieme di questo complesso sistema di attività è continuamente esaminato nei suoi fallimenti e nei suoi successi. Un sistema di riunioni, supervisionato da un Comitato Direttivo della Comunità (composto prevalentemente da operatori), due riunioni di comunità e riunioni relative alle varie attività (composte per lo più da pazienti), riferisce e registra osservazioni sull'andamento della Comunità e discute problemi ed idee per migliorare.

4. Parallelamente, c'è un sistema psicoterapeutico nel quale ogni infermiere è associato ad uno psicoanalista, che conduce con i pazienti una psicoterapia di due sedute a settimana.

Il programma terapeutico dell'ospedale è una struttura integrata di riunioni, tra lo staff ed i pazienti, tra medici ed infermieri, tra primari e assistenti. L'integrazione di questi aspetti differenti del trattamento fornisce un programma strutturato in modo prevedibile (James 1987). In effetti, ha una funzione di contenimento per gli aspetti proiettati dei pazienti simile a quella di una seduta analitica. L'intezione è quella di modellare la pratica, ogni volta che è possibile, sulla base psicoanalitica. La psicoanalisi viene applicata nel programma di trattamento in due modi, secondo quello che è conosciuto come approccio duale (Janssen, 19**). Le due forme di trattamento vengono chiamate all'interno dell'ospedale la comunità e la terapia.

La comunità: I pazienti vivono nella comunità dell'ospedale, che è controllata in gran parte dagli infermieri. I pazienti raggiungono posizioni di prestigio che comportano reale responsabilità nelle gestione dei molti gruppi che provvedono alle varie attività. Tutti i pazienti sono seguiti non solo dal loro infermiere-primario, ma anche da un secondo infermiere quando occupano posizioni di comando, ad esempio per ogni ruolo di responsabilità è previsto un infermiere che lavori a fianco del paziente addetto (Barnes 1968, Griffiths e Leach 19**). Il ruolo degli infermieri non è quello di prendersi cura direttamente dei pazienti, bensì quello di sostenerli nelle loro capacità di prendersi cura l'uno dell'altro e della comunità nel suo complesso. Perciò gli infermieri hanno sviluppato una prassi specifica, conosciuta come assistenza Cassel, che si basa su una visione psicoanalitica dello sviluppo del paziente attraverso l'attività e l'assunzione di responsabilità, nonché del senso di colpa che ne deriva. È l'applicazione della psicoanalisi ad un contesto non-verbale (o meno verbale).

La terapia: Ogni paziente, compresi i bambini abbastanza grandi per parlare, usufruiscono di una terapia psicoanalitica (o di una psicoterapia infantile) due volte alla settimana. È un tipo di intervento psicoanalitico adattato al lavoro con i degenti (Bell 1995). Si tratta inoltre di una terapia breve. Il terapeuta impiega nella sua mente i concetto di transfert e controtransfert, ma deve essere particolarmente attento alle varie forme di scissione del transfert e di transfert multiplo che si attivano nel setting terapeutico più ampio. Ciò diventa estremamente difficile, ma, poiché il paziente vive allâinterno del setting, l'intensità del transfert è estremamente amplificata, con un potenziale aumento dell'efficacia. Data l'intensità del transfert attivo, il controtransfert che gli individui ed i gruppi sperimentano è molto intenso e l'equipe ha bisogno di notevole sostegno e di supervisione per conservare un senso coerente di Sé e del proprio lavoro.

La cultura dell'indagine: Comunque, è la capacità di continuare l'indagine che deve essere sostenuta (Hinshelwood 1994). Uno dei modi per sostenere l'indagine è chiarire qual è il punto centrale del lavoro. Nel corso degli anni sono stati raggiunti modelli estremamente chiari di psicoterapia con pazienti interni e di assistenza psicosociale (Barnes 1968, Kennedy et al. 1987, Bell 1995). Solo sullo sfondo di un modello chiaro è possibile indagare su ogni aspetto della prassi corrente. Sebbene la creazione di un progetto esplicito sia una funzione importante nella supervisione degli infermieri primari e dei terapisti, sono necessarie altre componenti strutturali. I due aspetti della terapia devono essere portati avanti insieme con accortezza, ed i modi sottili (e molto appariscenti) con cui i pazienti provocano risposte diverse nei vari membri dell'equipe costituiscono da un lato un aspetto familiare del lavoro, dall'altro un importante indicatore del modo in cui il paziente sta elaborando la propria esperienza. L'infermiere-primario ed il terapeuta sono figure chiave in questo processo ed esistono strutture ufficiali ed informali in cui il sistema infermiere-terapeuta può esaminare se stesso, nonché periodi di supervisione espressamente dedicati ad essa.

Si tratta di un importante spazio di riflessione, che può contenere ed integrare l'intera esperienza controtransferale di questa cruciale coppia. Inoltre, ogni settimana, l'intero ospedale si riunisce per discutere i movimenti controtranferali sorti all'interno dell'equipe nella sua totalità. Queste tensioni emergono in termini di singoli pazienti ed episodi, così come in termini di dinamiche istituzionali dell'equipe (i suoi sottogruppi, la sua autorità ed i suoi rapporti con l'esterno).

Un'altra caratteristica rilevante è la suddivisione in tre reparti, che si occupano rispettivamente di famiglie, di adulti e di adolescenti. Uno dei vantaggi di questa suddivisione è la possibilità di uno scambio di opinioni tra le tre equipe. Un reparto in difficoltà può ottenere aiuto dai commenti e dalle domande dei membri di un altro. Uno di noi (Griffiths) ha il ruolo di condurre dei Gruppi di Apprendimento attraverso l'Azione (Pedler) con i gruppi di infermieri dell'ospedale. Questi corsi erano sorti inizialmente per aiutare gli infermieri a definire il proprio ruolo e ad entrare in relazione con il sistema in cui lavorano. Ciò implica l'analisi a vari livelli dei ruoli, della struttura sociale e della cultura di lavoro ed è un compito collaborativo. Comunque, attraverso il compito ed il conseguente rispecchiamento e condivisione dei frammenti di esperienze emotive degli altri, abbiamo iniziato ad identificare un'area latente di esperienza istituzionale, che aveva il potere sia di disturbare, sia di liberare gli infermieri nella ridefinizione dei rapporti di ruolo tra di loro e rispetto agli altri.

Queste specifiche componenti strutturali - la supervisione della coppia infermiere-terapista, gli incontri sulle tensioni nell'equipe, il sistema interativo di reparti, l'impegno di un membro dello staff nella ricerca-intervento - costituiscono il mezzo per istituire una cultura autoriflessiva dell'indagine. In qualche modo essi rappresentano dei primi tentativi di mettere in pratica quello che adesso è formalmente richiesto nel Servizio Sanitario come verifica clinica. Comunque, come aveva già messo a fuoco Main, non sono tanto importanti le componenti strutturali, quanto il modo in cui funzionano, la cultura. Inserire uno spazio per la riflessione all'interno dell'orario non significa necessariamente che ci sia la volontà degli individui di indagare su se stessi e tra di loro circa la propria attività. Esiste una complessa interazione tra usare uno spazio riflessivo per l'indagine ed usarlo per cose che sono molto lontane dall'indagine.

LIBERTÀ DAL PENSIERO.

Main sapeva bene che queste facoltà critiche, inserite in una cultura organizzativa dell'indagine, potevano spesso deteriorarsi e sparire. Come in ogni tentativio umano, potevano sorgere problemi. E ciò accadeva spesso, poiché esigere dall'equipe, e dai pazienti, un atteggiamento di indagine sulle dinamiche poco conosciute, ed inconsce, è pesante da un punto di vista emotivo. In una comunità terapeutica funzionante, una cultura della ricerca-intervento, l'analisi dei ruoli, della struttura sociale e della cultura di lavoro, inspirate alla teoria psicodinamica e alla teoria dei sistemi sociali, devono essere continuamente spinte ad andare avanti. Illustreremo come la maggiore o minore capacità di indagine delle organizzazioni sia comparabile alle dinamiche che, durante una psicoanalisi, portano un paziente ad avvicinarsi o ad allontanarsi dall'insight. E proprio a questi momenti, in cui l'istituzione gira a largo dalla sua continua indagine nei vari ambiti, Main ha diretto la sua attenzione nell'articolo sull'apprendimento e la libertà dal pensiero.

In Conoscenza, apprendimento e libertà dal pensiero, Main (1967) descrive come le idee e le teorie diventino oggetti interni della mente e possano subire tutte le vicissitudini delle relazioni oggettuali. Le idee possono passare da una persona all'altra e cambiare residenza all'interno della mente, spostandosi dalle aree pensanti dell'Io alla moralità rigida dell'Ideale dell'Io e del Super-Io. Egli suggerisce che questa promozione gerarchica delle idee, dall'Io al Super-Io, operi sia a livello individuale sia a livello gruppale e intergenerazionale. L'insegnamento, la conoscenza e la cultura possono essere usate dalle generazioni successive per evitare il pensiero, con i sentimenti e le ansie che lo accompagnano. Questo processo ha diversi effetti. Protegge l'individuo ed il gruppo dalla sofferenza emotiva, dall'incertezza e dall'ansia di ripensare le proprie tecniche e i propri problemi. Evita loro di dover trovare soluzioni proprie. L'equipe cerca ed utilizza precedenti e conoscenze già esistenti. Le spiegazioni delle azioni diventanto la pedissequa ripetizione di soluzioni già apprese o proprie di una generazione precedente. Quelli che erano strumenti mentali degni di interesse, diventano semplici credenze, insiemi di regole che non possono essere messe in discussione e che limitano il pensiero. E la cultura dell'indagine si perde.

Tentativi di discutere queste spiegazioni incontrano inizialmente un benevolo disinteresse (o un falso interesse), poi sentimenti di persecuzione e di offesa perché le venerate regole fondamentali sono state messe in dubbio. Dalla tecnica flessibile scaturiscono procedure rigide e le idee diventano principi etici. Gli individui e le organizzazioni passano dal possedere un'idea, all'essere posseduti da essa. Soprattutto la qualità del pensiero nell'istituzione lascia il posto ad una sterile ripetizione di ciò che già si sa e già è stato fatto. E questo si verifica nonostante le capacità dei singoli. La tradizione ha la meglio sul travaglio. È ben noto come le comunità terapeutiche debbano continuamente rigenerarsi e riaffermare la propria fedeltà all'indagine e alla consapevolezza. Norton osserva che -Il peso della consapevolezza ricade sull'equipe in virtù del suo particolare ruolo e funzione nella comunità. Ciò richiede fedeltà ai principi e all'ideologia basilari della comunità terapeutica, sia pure in modo riflessivo- (corsivo nostro). (Norton, 1992, pp. 22-23).

Routinizzazione: Manning (1979) ha suggerito che le comunità terapeutiche abbiano alcune caratteristiche in comune con le innovazioni scientifiche ed i movimenti sociali. Câè una fase iniziale di innovazione dinamica, spesso attribuibile all'entusiasmo di pochi o anche di una sola persona, seguita da una più ampia adesione all'idea; a questo punto l'idea entra nella routine e viene istituzionalizzata. Poiché la base della comunità terapeutica è l'interazione spontanea tra le persone, la crescita del movimento delle comunità terapeutiche si scontra con un paradosso: -Inevitabilmente [l'espansione] ha prodotto istanze di standardizzazione e conformismo - l'antitesti dell'innovazione- (Hinshelwood e Manning, 1979, p. XII). Questo paradosso dell'anti-istituzione (Punch 1974) può annullare gli sforzi del movimento delle comunità terapeutiche. Manning (1979) osserva che le comunità terapeutiche hanno subito un pressione esterna sempre più forte a passare da esperimento a forma convenzionale di trattamento, da innovazione ad erogazione di beni in termini di cura e miglioramento dei pazienti. Quindi, uno degli attacchi alla cultura dell'indagine era dovuto alle pressione esterna a concentrarsi per fornire un servizio; l'altro alla soddisfazione interna per il sufficiente sviluppo delle idee. Naturalmente questi fenomeni non sono durante la loro permanenza,esclusivi delle comunità terapeutiche, ma si verificano in tutte le organizzazioni.

CASO CLINICO.

In questo studio illustreremo attraverso un caso le dinamiche di allontanamento e avvicinamento dalla cultura dell'indagine, prima con un breve resoconto storico, poi con alcune descrizioni dettagliate dei processi che minacciano tale cultura. Sebbene il lavoro dell'ospedale fosse ancora basato sul modello che abbiamo descritto, quando Main se ne andò nel 1976, ci fu un periodo di confusione. Il potere organizzativo centrale e l'autorità di Main furono rimpiazzati da un comitato di specialisti medici che non riuscivano a trovare uno scopo comune. Rayner (1989) parla di quel periodo in modo commovente: -La struttura sociale alterata dell'ospedale si spaccò in più parti. Molte voci predicevano un imminente collasso- (p. XXVI). La riflessione dello staff sulla propria attività aveva perso vigore. Un segno di ciò era la minore produzione di articoli sul lavoro dell'ospedale rispetto ai tre decenni precedenti. Notevoli eccezioni furono due studi esterni (Denford et al. 1983; Rosser et al. 1987) che dimostravano l'efficacia dei metodi adottati. Tuttavia, è interessante il fatto che fino a poco tempo fa nessuno di questi due articoli era presente nella biblioteca dell'ospedale!

Il declino della cultura dell'indagine era probabilmente aggravato da molti altri fattori; una cultura individualistica e introspettiva di matrice psicodinamica; l'aspettativa, sia esterna che interna all'ospedale (l'ex Cassel staff), che le idee sarebbero state affermate e riportate (forse conservate per i posteri). Gli operatori tendono a rimanere per molti anni nell'ospedale e ciò produce una forte cultura residua, una cultura, però, che è difficile contestare e resiste alle nuove idee. Gli operatori che se ne sono andati, spesso pensano al tempo del Cassel come ad un periodo fertile della loro crescita professionale. Alcuni di questi ex-operatori si augurano che il Cassel rimanga come lo hanno lasciato e questo desiderio è rintracciabile nel Cassel stesso in un modi espliciti e talvolta più invisibili. Alcuni luminari esterni ci hanno detto che avevamo forse privilegiato un tipo cultura rivolta all'interno (rispetto ad una cultura rivolta all'esterno). Una delle risposte alla frammentazione dei tardi anni '70 fu l'invito di consulenti esterni per scegliere la strada da seguire. Gli esperti lavorarono per alcuni anni con l'equipe e non mancarono idee e proposte. In ogni modo, la proposta più radicale di ridefininire completamente il ruolo della terapia rispetto al ruolo degli infermieri (James e Wilson 1981) non è mai stata accettata o condivisa e continua a generare controversie ogni volta che se ne parla.

La decisione di creare un organo che si occupasse della comunità terapeutica in sé, il Comitato Direttivo della Comunità, era stata presa, ma, fino a poco tempo fa, non era stata data ad esso l'autorità per svolgere il suo compito adeguatamente. La cultura comunitaria dell'indagine, che Main aveva immaginato, era ghettizzata in questo comitato privo di autorità, consentendo ad altri gruppi dell'ospedale di andare per la propria strada senza considerare i bisogni (ed i conflitti ad essi associati) degli altri e della comunità nel suo complesso. Furono avanzate proposte radicali dall'opposizione interna e venne stimolato il conflitto tra i primari e tra le diverse discipline. Ne derivò il prematuro pensionamento dell'esperto che aveva iniziato la consulenza. Due articoli di quel periodo furono pubblicati in seguito (Kennedy et al. 1987). Comunque la qualità radicale delle loro insinuazioni ed obbiezioni venne sminuita e le proposte non furono mai messe in pratica completamente. Molti degli scritti furono lasciati a coprirsi di polvere negli archivi fino a tempi recenti. Era difficile sapere dove si trovassero. La conoscenza della loro esistenza era stata, come già era accaduto, soppressa e rimossa dalla memoria collettiva dell'ospedale. Negli anni '80 ci furono numerose minacce di chiusura, ma di lieve entità; nel gennaio del 1990 arrivo la più grave. Il direttore generale dell'autorità sanitaria stabilì la chiusura per l'autunno del 1990. La storia e gli effetti di questa minaccia, e di come sia stata superata, è già stata scritta altrove (Hartnup 1994, Robinson 1994).

Il periodo di lotta.

C'erano stati molti tentativi di rigenarare la cultura negli ultimi 20 anni. Uno degli specialisti, eletto come presidente del Comitato Medico Esecutivo nei primi anni '80, tentò di coinvolgere una consulenza esterna nella ri-valutazione della struttura sociale e degli scopi terapeutici dell'ospedale. Ne seguì una quantità di cambiamenti nella pratica e nella struttura dell'ospedale (James 1984): lo sviluppo di una supervisione regolare della coppia infermiere-psicoterapeuta e l'istituzione di un Community Management Team (Comitato Direttivo della Comunità) per sovrintendere e controllare il lavoro complessivo dell'intera comunità. Di fronte a quella minaccia esterna, nel 1990, l'ospedale era ancora abbastanza vivace da produrre un leader per una battaglia vittoriosa. Ciò condusse inoltre ad una rivalutazione del lavoro di Tom Main, in un'importante conferenza internazionale del 1993 intitolata Tom Main e Dopo - La sua eredità, che ebbe un gran successo. Un infermiere, che aveva lavorato al Cassel, alla fine della conferenza disse : -Forse ora Tom Main può finalmente riposare in pace e l'ospedale può continuare il lavoro che lui ha iniziato, nel contesto attuale. Il capo, il Presidente Medico, si ritirò subito dopo questa conferenza e fu nominato un Direttore Clinico.

Il cambiamento di nome per il capo del Cassel implica un significativo cambiamento del rapporto tra potere e autorità nella posizione direttiva (Obholzer 1994). Fu nominato un nuovo Capo Infermiere poco tempo dopo. Fu convocata un'agenzia esterna per aiutare a definire e ridefinire i nostri rapporti con l'ambiente fuori dall'ospedale; ciò era ancor più necessario sotto lo stimolo degli enormi cambiamenti strutturali e direttivi che avevano luogo nel Servizio Sanitario Nazionale. Questa iniziativa mise in luce la limitatezza dei nostri rapporti con l'ambiente esterno, con le minacce esterne che ci attendevano, con le nostre forze e con le opportunità che esistevano.

I più grandi sforzi di rigenerazione sono stati compiuti a partire da allora. La creazione di un nuovo Reparto per Adolescenti - un cambiamento importantissimo nel tessuto socio-strutturale dell'ospedale - nacque da questa prova. Iniziarono inoltre una graduale e continua rivalutazione del lavoro interno all'ospedale, una rivalutazione dell'autorità, la ridefinizione delle relazioni tra le diverse equipe, una nuova importanza del concetto di comunità, delle strutture sociali e delle attività terapeutiche, nonché un esame delle relazioni con il mondo esterno. Il Corso di Assistenza Psicosociale è stato riconosciuto dall'università e completamente riesaminato. Gli infermieri hanno inoltre ricominciato a chiarire il proprio ruolo, attraverso specifici Corsi di Apprendimento attraverso lâAzione (Pedler 1991), rivolti sia al modello di assistenza psicosociale utilizzato, sia ai ruoli assunti in relazione ad esso. Forse, se assistiamo adesso al risveglio di una cultura innovativa all'interno dell'ospedale, è merito della minaccia di chiusura, della sopravvivenza e del vantaggio insito nel modo di pensare commerciale che tale minaccia aveva portato al Cassel. Nonostante queste tendenze positive, l'indagine al Cassel sopravvive in una tensione tra discussioni creative e fenomeni di ostruzione. Nella seconda parte di questo articolo metteremo a fuoco alcuni modi in cui una cultura dell'indagine può essere ostacolata.

Fattori che attenuano una cultura dell'indagine psicoanalitica.

La descrizione di Main del rigido sistema di dogmi, che esclude il pensiero attivo e l'iniziativa dall'indagine reale, è un vivido resoconto. Come ha commentato Bell (1990), è applicabile per molti aspetti sia al Cassel Hospital, sia in generale alle organizzazioni sociali.

Contraddizioni: Proposto da Main come un conflitto, potrebbe facilmente esere un conflitto insolubile. È molto vicino alla contraddizione che abbiamo rilevato in Manning (vedi sopra) tra innovazione e routine. Sono in stretta relazione anche le osservazioni di Bott (1976) sulla caratteristica presenza di contraddizioni nel lavoro delle organizzazioni sanitarie. La sua versione individuava nell'ospedale psichiatrico tradizionale la contraddizione tra cura e custodia. La comunità terapeutica non fa eccezione e non è aliena da tali contraddizioni. Il nostro tentativo terapeutico, se da un lato deriva dal metodo di Freud dell'ascolto non giudicante, dall'altro è anche un pezzo di vita reale, nel senso che limiti sociali e di comportamento devono essere posti e mantenuti. I sintomi e la natura priva di contenimento degli individui, pur trovando ascolto nella nostra comunità, devono anche essere contenuti e controllati entro alcuni limiti concordati. L'indagine deve procedere insieme al controllo.

Al Cassel Hospital questa contraddizione è stata rappresentata in un modo molto specifico, largamente influenzato dalla cornice psicoanalitica di riferimento e piuttosto diverso da quello della maggior parte delle comunità terapeutiche. Viene mantenuta una profonda divisione tra l'aspetto privato degli individui, tenuto all'interno della riservatezza della terapia psicoanalitica individuale, e l'aspetto pubblico che essi esprimono con il loro comportamento nella comunità. È facile per l'indagine ed il controllo seguire questa divisione - a detrimento di entrambi. Contraddizioni di questo tipo - indagine versus etica rigida, innovazione versus routine, cura versus custodia, ascolto versus controllo, vita privata versus comportamento pubblico - sono endemiche all'interno della società e conferiscono autenticità alla comunità terapeutica. Ci sono tensioni, alcune sempre presenti ed altre ricorrenti, con cui convivere. Possono essere risolte solo tollerandole, senza polarizzarsi in un modo o nell'altro - troppo ascolto o troppo controllo, ad esempio. Si può convivere con esse solo valutando di volta in volta il giusto equilibrio. Deve esserci perciò un continuo riconoscimento delle contraddizioni, non una loro eliminazione. La forma più evidente di questa ubiquitaria contraddizione sociale è, come abbiamo già sottolineato, quella tra la privatezza del mondo interno e l'aspetto pubblico del comportamento nella comunità. Ed abbiamo bisogno di fermarci un momento su questo, perché è un'area particolarmente rischiosa per la nostra comunità.

L'individuo e la coppia: L'idea centrale del sistema sociotecnico del Cassel Hospital deriva dalla psicoanalisi e perciò, inevitabilmente, la coppia costituisce un punto di riferimento particolare per il pensiero e spesso per l'azione. Molti pazienti vivono il lavoro in coppia come qualcosa di intensamente intimo e privato, e questo dà un'importanza particolare alla psicoterapia nella coppia analista-paziente. Ciò è implicito in tutta la psicoanalisi e nelle forme di intervento da essa derivate. In un ospedale/comunità ad indirizzo psicoanalitico, forse non è sorprendente che il centro della comprensione dell'esperienza emotiva debba essere trovato nello spazio tra la coppia. Eisold (1994) porta l'attenzione sull'importanza di questa configurazione, parlando dell'intolleranza della diversità nelle istituzioni psicoanalitiche. Egli osserva: -La supremazia del coinvolgimento della coppia genera una grande ambivalenza nel migliore dei casi, risentimento per le costrizioni della vita dell'organizzazione nel peggiore; l'organizzazione viene vista più facilmente come intrusiva e diviene l'oggetto di attacchi con maggiore prontezza- (p. 793) L'istituzione ospedaliera viene compresa, nella mente dei suoi membri, come un insieme di relazioni e affilliazioni basate sulla coppia. Non è una grande impresa in sé. L'indagine è diretta allo spazio all'interno della coppia. La conoscenza ed il pensiero degli operatori - attraverso l'esperienza dello spazio emotivo condiviso dentro l'istituzione - è molto meno compreso. I pazienti perseguono un risultato individuale. Ciò è realistico, ma distoglie la loro attenzione dal lavoro dell'organizzazione. Comunque, questa enfasi può anche essere aumentata dalla patologia narcisistica che grava su di loro.

A tutto ciò che accade nella coppia, tra infermiere e paziente, terapeuta e paziente, terapeuta e infermiere, è data la massima importanza, sia dai pazienti, sia dalle istituzioni che adottano una psicoterapia psicoanalitica. Gli infermieri vengono al Cassel spesso motivati dal desiderio di svolgere un lavoro uno-a-uno con i pazienti. Durante l'apprendistato, imparano che il loro ruolo risiede nell'uso terapeutico del proprio senso di sé, nel proprio spazio di lavoro con i pazienti. Gli infermieri fanno regolarmente delle supervisioni, ma inevitabilmente su base duale. Molti infermieri cominciano una terapia personale mentre lavorano all'ospedale, questo bisogno è indotto dalla risonanza del lavoro che svolgono con i pazienti. Tuttavia si tratta sempre di terapie individuali psicoanalitiche, e l'accoppiamento si ripete ancora. I terapeuti che vengono a lavorare al Cassel Hospital, hanno già completato la loro formazione o devono concluderla all'ospedale. Quelli già abilitati, hanno tutti una formazione in psicoterapia psicoanalitica duale. I tirocinanti, vengono per specializzarsi in Psicoterapia e sono regolarmente incoraggiati ad intraprendere nello stesso tempo un training in psicoanalisi individuale o in psicoterapia psicoanalitica. Il lavoro ed il pensiero di questi terapeuti è quindi basato sull'attenzione e la comprensione dell'esperienza emotiva nello spazio della coppia. Pazienti bisognosi, che cercano l'accoppiamento ideale (Denford & Griffiths 1993; Mason 1994), vengono all'ospedale e trovano infermieri e terapisti in cerca di pazienti; tutti arrivano con motivazioni consce o inconsce basate molto spesso sulla nozione di coppia terapeutica.

In termini storici, l'accoppiamento è proliferato in tutto l'ospedale. Ha avuto inizio con Tom Main e Doreen Weddell e continua la stirpe con gli attuali Direttore Clinico e Capo Sala. L'accoppiamento continua nei reparti. Ci sono lo Specialista e l'Infermiere Capo, il Terapista e l'Infermiere per ogni paziente, una coppia di Presidenti scelti tra i pazienti per ogni unità produttiva e un altro paio per la Comunità. Ogni attività all'interno dell'ospedale prevede una coppia, un infermiere e un paziente che se ne fanno carico e si dividono la responsabilità ed il prestigio. Gli aspetti duali, adatti al setting psicoanalitico, vengono usati per esplorare, dare un nome e un senso a quello che accade nella comunità e nell'organizzazione. Questa comprensione si basa sui concetti di transfert e controtransfert, riattivazione, ripetizione e identificazione proiettiva. La prova di ciò è rintracciabile nelle riunioni dell'equipe, nelle riunioni degli infermieri, nella supervisione individuale e comunitaria, e nelle riunioni dell'intero staff dell'ospedale.

Sembrerebbe che in un'istituzione impregnata di idee psicoanalitiche debba esistere un'inevitabile tensione, una tensione tra l'estrema attenzione della psicoanalisi per la coppia e l'indagine psicoanalitica sul sistema sociale. Queste due direzioni dell'indagine psicoanalitica sono da un lato ovviamente complementari, ma dall'altro contrapposte. Non vogliamo certo suggerire che questa elaborazione del sistema socio-tecnico come caduta in un improprio individualismo succeda da sola. Il risultato è che l'indagine tende a distorcersi in uno sguardo fisso sulla coppia. Questo è l'effetto non solo della centralità del complesso d'edipo nella psicoanalisi, ma anche della scelta di praticare psicoterapie individuali. Molta della tensione insita nel continuare l'indagine è quindi legata al tentativo di separare il più possibile il controllo dall'indagine, piuttosto che alla comprensione del fatto che confini così rigidi non possono esistere nella comunità.

Metodi specifici per porre fine all'indagine.

L'esperienza al Cassel ha messo in luce alcuni modi per eliminare lo spazio riflessivo per l'indagine. Nella descrizione di Menzies (1960) di un gruppo di infermieri di un ospedale generale, veniva esaminata con precisione una serie di tecniche difensive. Queste tecniche consistono in pratiche concrete volte a proteggere l'individuo dall'esperienza traumatica che altrimenti potrebbe trovarsi di fronte nel proprio lavoro. In quell'esempio, le giovani infermiere erano ogni giorno in contatto prolungato con persone che soffrivano, mutilate o morenti. Se le infermiere fossero entrate in relazione in modo troppo stretto o emotivo con la sofferenza dei pazienti, avrebbero sofferto molto anche loro. La prassi lavorativa quindi si era sviluppata in modo da tenere le infermiere ad una distanza emotiva di sicurezza dai pazienti. Analogamente, secondo noi, in una comunità terapeutica possono svilupparsi prassi che creano una distanza tra l'equipe e l'indagine (e tra i pazientie e l'indagine), imponendo una libertà dal pensiero. Questi fenomeni di cultura dellâanti-inchiesta vengono utilizzati e sono necessari per difendersi dall'esperienza degli individui dentro l'ospedale. Spesso non rappresentano tanto una resistenza ad affrontare l'ignoto, quanto un modo per evitare che l'ignoto venga conosciuto.

L'orario pieno: La maggior parte dell'orario lavorativo è composto da una pletora di riunioni, ognuna delle quali inizia appena l'altra finisce. Sebbene le riunioni siano viste come una parte del lavoro quotidiano e considerate un contenimento per i pazienti, spesso sono fissate su assunti indiscussi. Le riunioni stesse spesso rispecchiano l'orario con un ordine del giorno pieno fino all'inverosimile. Questo ritmo forsennato impedisce il pensiero e l'indagine, evitando la fastidiosa angoscia di non essere all'altezza del compito. Gran parte del senso di colpa, fallimento e depressione nascono dalle aspettative idealizzate dei nostri pazienti e dalle nostre idealizzate motivazioni riparative (Meinrath e Roberts 1982).

La proiezione della disperazione: Questo evitamento si raggiunge enfatizzando quanto i pazienti siano difficili - casi senza speranza, alla fine della strada. Riflettendo la percezione dei pazienti che il trattamento è la loro ultima possibilità, l'ultima speranza (Denford e Griffiths 1993), l'equipe può provare sollievo pensando che qualsiasi cosa faccia, per quanto inadeguata, è meglio di niente. La disperazione così coltivata può intorpidire la curiosità circa le reali possibilità di alcuni pazienti.

Spiegazioni/interpretazioni paranoidi: È facile ascoltare nell'equipe frasi come :-Mi sono sentito attaccato-, o -Tu ovviamente eri stato attaccato- oppure -Questo è un attacco all'istituzione-, quando si parla dei pazienti. In questi casi ci si sofferma su quanto i pazienti siano sgradevoli o mostruosi. La loro intima cattiveria è data per scontato. Un'indagine sulle loro reali possibilità è cancellata. Questo atteggiamento, apparentemente critico e svalutativo verso i pazienti, riflette in realtà la vulnerabilità dell'equipe. I pazienti si sentono addolorati, deprivati, frustrati o delusi (delusi dall'equipe), e l'equipe stessa è sensibile alla delusione. L'atteggiamento paranoide elude la tensione legata al fatto che i pazienti sono al tempo stesso aggressivi e grati, e anche quella legata al fatto che l'equipe si sente sadica (e a volte lo è) quando ha bisogno di pazienti collaborativi.

L'atteggiamento dell'ultimo minuto: Spesso prevale un'atmosfera di crisi, di emergenza. Le necessità a breve scadenza predominano, negli ultimi tempi spesso esacerbate da considerazioni economiche. Si diffonde un senso di essere appena in tempo, all'ultimo minuto. Ciò paralizza lo spazio per rivedere l'esperienza presente, o per sviluppare una visione di quella futura. La pianificazione, anche in termini di giorni o settimane, è sopraffatta dalla gestione della crisi. I piani commerciali dell'ospedale tendono ad affermare ciò che facciamo piuttosto che ciò che potremmo fare. In un ospedale svalutato dall'imminente chiusura, l'ansia per la sopravvivenza può comprensibilmente essere evitata cancellando il futuro stesso. Comunque, è almeno altrettanto importante l'evitamento in questo del futuro incerto dei pazienti senza speranza.

Tribalismo: Essendo strutturalmente suddiviso in tre reparti, l'ospedale può tendere ad un pericolosissimo difetto, la scissione istituzionale, perché la separazione tra le unità cliniche può trasformarsi in opposizione. Ogni primario conserva gelosamente l'autonomia di azione del suo reparto. Ogni equipe funziona come una tribù pensando solo ai popri interessi. Pur censurato come anti-comunitario, questo atteggiamento viene poi mantenuto come se nessuno potesse cambiarlo. Il tribalismo impoverisce l'indagine sul lavoro difficile, perché colloca comodamente l'angoscia per tale lavoro in un altro reparto. Un esempio è costituito dalla riunione dei primari di ogni reparto, che si tiene alla fine della settimana con un ordine del giorno rituale, in cui la descrizione meccanica delle questioni e preoccupazioni cliniche di ciascun reparto è accolta dagli altri con una rispettosa indifferenza. Ci si era recentemente accordati per ridefinire lo scopo di questa riunione come una discussione più aperta, per favorire una maggiore creatività del pensiero sui problemi che affliggono i vari reparti singolarmente o nel loro complesso. Era impressionante quanto i partecipanti si sentissero a disagio e vulnerabili con questo nuovo formato. I tentativi di ridefinire la riunione, o di concluderla presto, erano tipici in quel periodo.

Relazioni tra le figure professionali: Così come esistono rivalità tribali tra i reparti, esistono rivalità tra le discipline. Le differenze di status, di stipendio, di motivazione al lavoro, di attività e di conoscenze e di assunti fondamentali sono ovviamente naturali. Stokes (1994) ha recentemente scritto un articolo sulla difficoltà delle equipe multidsciplinari e del quadro confuso e conflittuale che spesso si presenta quando differenti gruppi professionali mobilitano diversi assunti di base in modo sofisticato, nel corso del loro lavoro. L'assunto di accoppiamento attivo tra analista e paziente può spesso scontrarsi con quello di dipendenza o di attacco/fuga, orientato alla realtà degli infermieri durante il lavoro nella comunità. Il problema, per ogni istituzione, è come mediare e convivere con le diversità, le gelosie e le rivalità. Diversamente dai reparti, le divisioni tribali non sono una scelta; l'equipe multidisciplinare è un punto d'onore del Cassel Hospital. Può però diventare un feticcio ed essere difficile da mettere in discussione. Così, i conflitti interdisciplinari vengono nascosti mella motivazione superegoica di contenere il bisogno di un fronte unito per evitare la scissione nel paziente. In aggiunta, anche le relazioni tra i reparti possono essere nascoste sotto i difficili rapporti tra discipline.

La rivalità tra discipline è anche alimentata dall'enfasi che i pazienti pongono sulle differenze tra di esse. I terapeuti vengono spesso percepiti come coloro che forniscono lo spazio pieno di speranza per il pensiero ed il sentimento. I terapeuti sono presenti per i pazienti in modo regolare e costante, secondo la modalità uno a uno. D'altro canto gli infermieri sono presenti in modo costante/incostante, a causa dei cambiamenti di turno e dei giorni di riposo che compensano le ore extra in caso di emergenza; i pazienti devono contendersi tra loro il tempo degli infermieri. Gli infermieri sono considerati dai pazienti (e dai terapisti) responsabili dei pazienti e dei loro bisogni durante la vita di comunità, per tutto il tempo in cui i pazienti non sono con il terapeuta. I pazienti sono spesso dipendenti in modo ostile dagli infermieri per questa assistenza. Questa assistenza ha un carattere spesso provocatorio, nel senso che tende a porre il paziente di fronte sia alle loro responsabilità quotidiane, sia agli effetti delle sue azioni sugli altri. Può crearsi una pericolosa scissione tra il terapeuta, empatico e comprensivo, e l'infermiere, che richiama all'ordine ed esercita il controllo sociale. E spesso in questa scissione i terapeuti sono glorificati come i guardiani delle funzioni del pensiero, mentre gli infermieri sono quelli che reagiscono e si agitano. Le differenze tra discipline nellâattività lavorativa potrebbero rappresentare un arricchimento, se non costituissero una crepa che consente di sostituire l'allontanamento alle contraddizioni e di evitare la tensione.

Pseudomutualità: Un'altra risposta alle penose disparità all'interno dello staff è un mondo di pseudo-reciprocità, all'interno del quale la differenziazione è evitata grazie ad un egualitarismo sentimentale. Gustafson (1976): -In una simile cultura , l'indagine e lo sviluppo vengono visti come irrilevanti, a volte come sfumature, altre volte come una minaccia-. Gustafson osserva che in tale cultura chiunque metta in dubbio la ragionevolezza di tale cultura sarà emarginato o messo in una posizione di impotenza.

L'abuso della psicoanalisi.

Quattro ulteriori fenomeni contribuiscono alla notevole sofisticazione delle idee psicoanalitiche che esiste al Cassel Hospitale. Si tratta, essenzialmente, di una perversione e non di una semplice negazione della conoscenza. Sono fenomeni simili quelli individuati da Joseph (1989) e da Steiner (1993) nel lavoro psicoanalitico.

Interpretazioni rituali: Basandosi su interpretazioni duali, la comprensione psicoanalitica può eliminare - come abbiamo già detto - ogni possibilità di indagine sulle dinamiche dell'organizzazione e sulla ricchezza del sistema multistratificato. Ma non si tratta solo della naturale conseguenza del fatto che l'attività dell'organizzazione si basa sull'dea di diade. L'evitamento è più deliberato. Insight psicoanalitici ripetitivi possono essere preferiti agli apsetti sconosciuti dei pazienti. Le vacanze degli operatori in estate, durante le feste di Natale, i licenziamenti, eccetera possono essere invocati ritualisticamente come cause di una moltitudine di sintomi individuali ed istituzionali, che rimangono in larga parte inesplorati. L'assenza di rabbia nella comunità è invariabilmente la prova di rabbia repressa; l'espressione della rabbia è una negazione della tristezza, le manifestazioni di tristezza sono false perché escludono l'ambivalenza e così via. È possibile, in modo sottile, attribuirsi la saggezza di un supervisore attraverso queste formule magiche, spesso simpateticamente intonate; e così quello che sembra riflessione è in effetti un superiore distacco da un'angoscia, che in questo modo viene messa a tacere.

L'individuo colletivo: Altre volte, si esamina la situazione dell'ospedale in base ai di meccanismi individuali descritti dalla psicoanalisi. Trasposte a livello dell'organizzazione, le fantasie inconsce scoperte negli individui vengono ritrovate come entità collettive. Possono spesso essere vissute come un'imposizione sui singoli membi e certamente impediscono di sforzarsi di riconoscere gli attributi ed i problemi reali degli individui, omogeneizzati a livello dell'organizzazione.

Interpretazione competitiva: In molte riunioni, la tentazione di fare interpretazioni, di tipo gruppale o individuale, colpisce più persone nello stesso tempo. Si rischia una competizione. Le interpretazioni in serie, nelle quali ognuna tende ad interpretare la precedente, conduce ad una sorta di tavolo degli interpreti che si contendono il Premio Nobel dell'interpretazione (Main 1975). L'insight che si ottiene da questi tentativi è minimo. Uno degli effetti è che il lavoro concreto e l'attività decisionale faticano ad andare avanti in quello che uno di noi (Griffiths) ha chiamato l'analisi-paralisi. A quel punto, con crescente frustrazione per l'inautenticità della discussione, un intervento conclusivo riassume tutte le interpretazioni come se fossero un gioco. L'implicazione è che bisogna smetterla nell'interesse delle questioni concrete del lavoro clinico. Ancora, l'agonia del non sapere e dell'essere in alto mare è sommerso dalla competizione. La competizione può essere utile per stimolare l'impegno, ma in questo caso sembra avere più che altro lo scopo di prevalere sull'altro. La comprensione psicoanalitica si riduce qui ad un modo per affermare la propria superiore conoscenza, e non è certo il raggio di oscurità che Bion proponeva.

Disciplina: Il costante equilibrio tra controllo sociale e comprensione può facilmente essere disturbato in una istituzione terapeutica. Spesso si attribuisce alla funzione degli psicoterapeuti un'autorità, che va al di là del loro reale campo - o della loro efficacia. Si chiede loro di utilizzare l'interpretazione per affermare una forma di controllo sociale su pazienti che presentano un comportamento deviato. La psicoanalisi viene rimossa, per un eccesso di angoscia, dal suo compito di indagare e di capire l'individuo ed il contesto istituzionale in cui vive, per diventare il super-io dell'individuo.

Questi ultimi quattro processi mostrano come le stesse interpretazioni psicoanalitiche possano essere utilizzate specificamente per escludere il pensiero e l'indagine di tipo psicoanalitico. Queste modalità apertamente ostruzionistiche di utilizzare della psicoanalisi ricordano la perversione della verità, tipica nei disturbi di personalità dei pazienti che curiamo con la psicoterapia. E queste caratteristiche dell'ospedale potrebbero essere in rapporto causale con il compito che abbiamo assunto.

CONCLUSIONI.

Se consideriamo queste varie manovre dal punto di vista privilegiato della psicoanalisi, comprendiamo che sono per lo più inconsce e che tale funzione inconscia protegge i singoli individui all'interno della cultura da alcune esperienze dolorose.

L'angoscia: Nell'ambiente relativamente sicuro di un seminario, gli infermieri sono riusciti a parlare di alcune angosce che, secondo loro, sono collegate alla natura del loro lavoro: -Pensieri e sogni bizzarri, paura di fallire, empatizzare con il dolore, riconoscere la propria pazzia, esposizione e vulnerabilità, paura della distruttività e di essere distrutti, terrori senza nome, paura della persecuzione e paura di riconoscere nel gruppo allargato la propria pazzia-. Nel corso dell'esperienza, una certa protezione è assicurata dai vari accorgimenti che eliminano lo spazio di riflessione. L'ansia può essere espressa a nome dell'organizzazione da alcuni, che rappresentano l'angoscia di tutti. Bisogna notare come i singoli infermieri o i singoli psicoterapeuti siano spesso sipnti dagli altri a parlare delle preoccupazioni e delle ansie per un particolare paziente con cui stanno lavorando. Gli altri sono sempre pronti ad offrire aiuto, sostegno e consiglio, ma si rifiutano di condividere l'esperienza comune. Ad esempio, un'infermiera era stata recentemente costretta da un'altra a parlare dei suoi sentimenti verso uno dei suoi pazienti, che si era suicidato un anno prima (era l'anniversario della morte). L'infermiera era chiaramente, e forse prevedibilmente, a disagio, non solo per il ricordo dell'evento, ma anche perché le era stato chiesto di parlarne a nome del gruppo. La paura che un paziente tenti il suicidio è sempre presente al Cassel, perché la maggior parte dei nostri pazienti ha cronicamente tendenze suicidarie ed il trattamento comporta sempre il rischio di mettere in atto di eventi precedenti. Così il ricordo forzato di questa infermiera serviva come contenitore per le paure negate di tutti. Molte di queste angosce sono manifestazioni di uno stesso problema, che è stato più volte riscontrato nelle professioni di assistenza (Menzies 1959, Hinshelwood 1994).

Difese sociali: Le modalità di lavoro delle strutture sociali non sono necessariamente terapeutiche. Spesso vengono mantenute anche se, a livello individuale, questo fatto può essere riconosciuto. A livello di gruppo, tali modalità non possono essere cambiate. Troppo spesso gli individui hanno un'esperienza intensa, frustrante e spaventosa, di queste difese sociali. Non possono dare inizio ad alcun cambiamento, anche se i benefici sono assolutamente chiari, perché si sentono in presenza di un opprimente super-io [di gruppo] dell'ospedale, che frustra ogni tentativo di cambiare la prassi. Naturalmente, questo super-io esiste e non esiste. Esiste nella mente dei dipendenti ed è proiettato in questa cosa anonima ed amorfa chiamata cultura del Cassel; quindi, al di là della paura, della sua natura globale e persecutoria, viene negato lo spazio collettivo di dialogo per indagare in quella realtà vissuta ed esperita. Un aspetto del problema consiste nel fatto che la riununcia a queste tecniche di difesa e razionalizzazione implica dubbi, rappresenta un viaggio nell'ignoto e può sembrare intollerabile. Entrare in contatto con la mentalità primitiva presente nell'istituzione (difese dal conoscere e dal voler conoscere) richiederebbe la rinuncia ad un assunto importante: che l'esperienza emotiva è strettamente limitata alla propria pelle o quella dell'altro, la coppia.

Questo assunto è stato determinato inconsciamente per scopi difensivi ed è diventato il cuore del sistema sociale di difesa contro l'angoscia persecutoria e depressiva. Protegge l'equipe dal dolore e dall'orrore tipici del nostro lavoro: abusi fisici e sessuali, infanticidio, assassinio e pensieri omicidi, violenza al sé, eccetera. Il postulato di Menzies (1959) è comunemente accettato: è probabile che la resistenza al cambiamento sociale sia maggiore nelle istituzioni in cui i sistemi di difesa sociale sono dominati da meccanismi di difesa primitivi. Menzies ha messo in luce il fatto che, in queste istituzioni, cambiamenti fondamentali possono avvenire solo con grande difficoltà: -È purtroppo vero che i sistemi di difesa paranoidi impediscono un vero insight sulla natura dei problemi ed una valutazione realistica della loro entità. Perciò, troppo spesso, non è possibile intraprendere nessuna azione finché la crisi non è molto vicina o è già in corso- (p. 42). Menzies insisteva nel dire che il sistema sociale di difesa, sebbene necessario, danneggia la capacità delle infermiere di funzionare e genera una maggiore angoscia. Armstrong (1991) osserva che: -Paradossalmente, questa negazione, lungi dal liberare l'individuo dalla matrice dell'esperienza emotiva collettiva, lo imprigiona saldamente al suo interno. Più si rinnega questa esperienza, più essa diventa immodificabile; più è immodificabile, più deve essere rinnegata- (pag. 6). Noi affermiamo che una cultura dell'indagine fa paura per gli stessi motivi per cui fa paura un cambiamento sociale. La cultura dell'indagine, in realtà, è tesa, nelle parole di Menzies, ad indagare nell'attività divensiva della società - e perciò è destabilizzante.

Il posto della psicoanalisi: Un'organizzazione sofisticata da un punto di vista psicoanalitico chiaramente ha la possibilità di comprendere l'interazione tra angosce, difese sociali e impasse organizzativi senza soluzione. Comunque, come abbiamo già affermato, questa sofisticazione può trasformarsi in un metodo sofisticato di scalzare l'indagine ed aderire strettamente al già noto. La prevedibile trasformazione di molte interpretazioni in logori e stereotipati luoghi comuni è l'equivalente della routinizzazione osservata nella comunità terapeutica in generale. Inoltre, le interpretazioni di routine creano, misericordiosamente, una distanza dalle orribili esperienze alle quali dovrebbero essere indirizzate, e garantiscono una periodo di tregua dall'esperienza del lavoro. La psicoanalisi, come la comunità terapeutica, dispone della potenzialità sia di produrre un cambiamento innovativo nelle persone, sia di ridurre a routine la cultura dell'indagine. Questo destino dell'utilità della psicoanalisi nell'ospedale non è casuale. In effetti è l'essenza stessa della analisi. Il continuo uso delle relazioni psicoanalitiche per attività non-indagatorie è conosciuta come transfert. Ed è interessante notare come sia l'analisi del transfert, per eccellenza, a rivelare la parte ignota che è stata scacciata. Probabilmente per le organizzazioni è un po' diverso. Questi impasse nel combiamento organizzativo, dei quali ci potremmo lamentare tanto, sono del massimo interesse proprio perché nascondono (e quindi rivelano) i punti di massima angoscia e sofferenza all'interno del lavoro. Dovremmo sentirci incoraggiati dalla presenza di simili indicatori per le aree in cui l'angoscia è più presente ed è necessario un maggiore contenimento.

La natura dell'indagine: Seguendo le indicazioni di Bion (159), potremmo dire che il pensare è il processo creativo di creare legami tra pensieri. Ed il pensare terapeutico comporta soprattutto la creazione di legami di contenimento - di contenimento emotivo. E quindi, come abbiamo già detto, il pensare sui sentimenti ed il sentimento nel pensare. A livello di istituzione, che cosa comporta questa indagine che crea connessioni emotive? In un recente articolo, uno di noi (Hinshelwood) ha indagato su questo genere di legami nel piccolo gruppo terapeutico (Hinshelwood, 1994). Era possibile osservare vari tipi di processi di collegamento attivi tra le persone del gruppo. I legami che venivano costruiti mano a mano che ciascuna persona parlava, differivano per il grado di vicinanza o lontananza emotiva da ciò che aveva detto la persona precedente. Si poteva ricavare il tipo caratteristico di collegamento - volto a smorzare i contributi di ciascuno o a ravvivarli con risposte appropriate e sensibili. Era inoltre possibile seguire gli effetti delle descrizioni che il terapeuta forniva di questi processi: a volte i suoi interventi servivano a rendere tollerabile un dialogo più stretto, altre volte finivano sullo stesso binario morto. Queste osservazioni riguardavano un piccolo gruppo di psicoterapia. Esiste a livello di organizzazione qualcosa che possa essere comparato con il legame interno tra pensiero e sentimento di un individuo, o con il delicato collegamento interpersonale (o il contrario) in un gruppo? Armstrong (1991) suggerisce che chi decide di adottare un approccio psicoanalitico alla vita delle organizzazioni, deve saper vigilare sullâistituzione insita in se stesso e nella sua relazione con tale approccio. Ciò non ha a che fare solo con il sopravvivere in un'istituzione, ma con l'-apprendere le opportunità insite in determinate configurazioni emotive; la configurazione presente tra gli individui in uno spazio definito, è una configurazione che è replicata all'interno- (pag. 7).

L'esperienza emotiva all'interno delle istituzioni è situata nell'interazione tra la persona, il gruppo ed il sistema. L'attenzione, le formulazioni e le interpretazioni rivolte all'esperienza emotiva hanno le potenzialità per nuovi pensieri e trasformazioni. Un modo per promuovere ciò è indicare le relazioni a livello gruppale come scopo primario del lavoro istituzionale. Il fine sarebbe quindi stabilire la cultura dell'indagine su quanto ogni sottogruppo può entrare in un rapporto di sensibilità con le espressioni emotive di un altro gruppo, con una riflessione collaborativa sullâesperienza del gruppo degli altri. Menzies ha prestato particolare attenzione alle differenze reali tra la pratica psicoanalitica e la consulenza ad orientamento psicoanalitico. L'istituzione nella mente dei membri dell'istituzione e la loro esperienza emotiva possono essere elicitate semplicemente attraverso le loro rappresentazioni nella realtà della vita comune. La mia ricerca-intervento (Griffith) guarda quindi ad entrambe le cose: al mondo reale del lavoro e della comunità, e all'esperienza latente ed inconscia dell'istituzione e dei rapporti di ruolo nell'equipe. Prevedendo e ratificando un tempo per assumere, in un luogo sicuro, il compito di ridefinire i ruoli, possiamo scoprire e riflettere sullo spazio emotivo istituzionale latente. Questo articolo è nato dall'indagine sulla struttura e sulla cultura dellâospedale ed ha contribuito ad essa; in qualche modo è già datato. Ma è una registrazione di alcune riflessioni abbiamo inziato. Questa è l'essenza della pratica di una comunità terapeutica, sviluppare e utilizzare attività che portano allâapertura di uno spazio di indagine.

Consulenza interna: In questo paese, la maggior parte del lavoro e del pensiero circa l'importanza della comprensione psicoanalitica nelle organizzazioni deriva da consulenti esterni chiamati nell'organizzazione, che conservano i vantaggi di una posizione che non è veramente dentro, né veramente fuori rispetto all'organizzazione. Anche nel lavoro dei consulenti esterni esiste comunque l'assunzione implicita che un'organizzazione possa raggiungere la consapevolezza delle proprio dinamiche psichiche. Alcune aziende e organizzazioni hanno un proprio dipartimento specializzato nella consapevolezza psicodinamica. Spesso gli psicoterapeuti, all'interno del dipartimento psichiatrico, assumono il ruolo di spazio pensante per la comprensione dei processi inconsci del reparto. In tutti i casi la consapevolezza che si sviluppa è la funzione, ed in prima istanza la proprietà, di un segmento definito dell'organizzazione. La funzione che sviluppa una consapevolezza psicodinamica, che si tratti di un consulente esterno o di un segmento interno (potremmo chiamarlo consulente interno), ha l'opportunità di restare in questa ambiguamente produttiva posizione mezzo dentro e mezzo fuori.

Differenti organizzazioni ratificano l'uso della comprensione psicoanalitica in una varietà di forme. Uno dei problemi consiste nella poca chiarezza o nel grave sovvertitimento di questa scelta. La funzione è relegata nel suo ambito e non viene ascoltata. Il confine intorno a tale funzione diventa il luogo di relazioni gruppali distorte o perverse. E questo può accadere anche quando la funzione è una consulenza esterna. Il resto dell'organizzazione rimane inconsapevole. Abbiamo provato a descrivere un'istituzione che è organizzata differentemente rispetto all'insight su se stessa. In questo caso c'è un tentativo di fare della riflessione una parte del compito primario, e di riconoscere che la riflessione sulle vicissitudini del compito primario è essa stessa la principale spinta terapeutica. A tal fine lottiamo per aprire uno spazio di riflessione per l'indagine, nel quale possano essere trovate, vissute e meditate nuove esperienze. Almeno questa è l'essenza della nostra comunità terapeutica, e noi lottiamo continuamente perché questo spazio non sia chiuso. Questo articolo non ha eliminato le difficoltà del lavoro della comunità terapeutica e della funzione centrale della consulenza interna per creare tale spazio di riflessione per l'indagine. Il modo in cui abbiamo descritto il nostro lavoro rischia di dare un'impressione di pessimismo, crediamo però che sia semplicemente realistico non proporre un'istituzione ideale, ma proporre l'investigazione su un'istituzione che realisticamente riconosce i suoi difetti e riflette creativamente su di essi. Errare è umano, e non possiamo aspettarci di meglio dalle organizzazioni. Riflettere sugli errori dei nostri metodi è psicoanaliticamente divino, e possiamo aspettarci che la nostra organizzazione ci arrivi faticosamente.

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