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RIVISTA SEMESTRALE |
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La riparazione in Oncologia A cura di Valentina Nesci
Roma, 13 Aprile, 2010. In questo nuovo numero PM ha intervistato il Prof. Eugenio Farallo della Facoltà di Medicina e Chirurgia dell’Università Cattolica del Sacro Cuore, a Roma. Il Prof. Farallo è il Dirigente Medico Responsabile della UOC di Chirurgia Plastica del Dipartimento di Scienze Chirurgiche (diretto dal Prof. Marco Castagneto) nel Policlinico Universitario “Agostino Gemelli”. Con il Prof. Farallo abbiamo proseguito il discorso del numero precedente di Strumenti in Psico-Oncologia rivolgendogli alcune domande sul tema della riparazione nella cura dei malati di cancro. Domanda 1: Può parlarci della sua esperienza nel campo della Chirurgia Ricostruttiva con malati oncologici? Risposta 1: Qui al Gemelli è dal 1970 che esiste una Struttura di Chirurgia Ricostruttiva dedicata alla cura non solo dei malati oncologici ma anche di quelli che hanno malformazioni congenite ed esiti di traumi. Si tratta di pazienti inviati dai Colleghi di tutti i Reparti e di tutte le specializzazioni: Dermatologia, Ginecologia, Clinica Otorinolaringoiatrica, Neurochirurgia, Ortopedia, eccetera. Spesso l’intervento del chirurgo ricostruttore avviene in contemporanea a quello demolitore, proprio per prevenire e/o ridurre al massimo gli effetti traumatici dell’operazione ed in particolare per evitare al paziente un più o meno lungo periodo di disagio tra il tempo dell’intervento demolitivo e quello dell’intervento ricostruttivo, che ripara la precedente perdita dell’integrità psico-fisica. Domanda 2: Quale è il paziente che le è rimasto più impresso? Può raccontarci la sua vicenda clinica? Risposta 2: Si certo… Gli interventi otorino sono tra i più devastanti, sul piano psicologico, e tra i meno studiati nella Letteratura scientifica psico-oncologica, come se si preferisse, a livello inconscio, negarne l’esistenza perturbante. Ricordo il caso di un paziente che era affetto da un carcinoma della lingua e che avrebbe dovuto sottoporsi a demolizione subtotale della lingua e del pavimento orale con danno estetico e funzionale notevolissimo. Quest’uomo era disperato… Temeva che l’intervento chirurgico lo avrebbe condannato ad un destino di emarginazione, sia in seno alla famiglia che nei suoi contesto sociali consueti (lavoro, vita di relazione fuori casa). La programmazione dell’intervento ricostruttivo nello stesso tempo di quello demolitivo ha consentito non solo una migliore radicalità chirurgica ma anche una più rapida ripresa funzionale (masticazione, deglutizione, fonazione) ed estetica. Gli esiti del doppio intervento (demolitivo e ricostruttivo) ha consentito, grazie alla piena sinergia tra le due équipes chirurgiche, una ottima ripresa. Il paziente, infatti, ha avuto soli lievi deficit fonatori, peraltro trattabili con terapia foniatrica e riabilitazione logopedica. Il paziente è tornato alla vita di tutti i giorni invece che sprofondare, come si temeva all’inizio, in una depressione con ritiro ed isolamento sociale.
Il Prof. Eugenio Farallo Domanda 3: Quali sono le gratificazioni e quali le frustrazioni di un chirurgo che lavora in questo campo? Risposta 3: La gratificazione è evidente già nella vicenda che ho appena raccontato e consiste nel riuscire a reintegrare il paziente in tempi brevi nel suo sentimento di sé e nella sua vita di relazione. Talvolta, però, malgrado tutto, il recupero funzionale del paziente non è ottimale e, purtroppo, a volte, anche un decorso post-operatorio valido può essere vanificato da una ripresa della malattia oncologica di base. Il chirurgo ricostruttore si sente allora frustrato… Forse perché si identifica con il suo paziente… con la sua “creatura”… Nell’intervento ricostruttore, infatti, c’è in gioco qualcosa che richiama l’operare artistico e l’operatore può desiderare, a livello inconscio, ovviamente, che la propria “opera d’arte” fosse immortale… Più il chirurgo è ancorato alla realtà e ne riconosce i limiti, meno è esposto al rischio di vivere come frustrante l’inevitabile imperfezione o l’eterna perfettibilità del proprio operare. Domanda 4: Quali sono gli ultimi progressi della chirurgia ricostruttiva che possiamo segnalare ai Lettori di PM e quali le prospettive della ricerca scientifica? Risposta 4: Sicuramente al giorno d’oggi è più semplice riparare le grosse perdite di sostanza, rispetto al passato grazie alle nuove tecniche microchirurgiche che consentono il prelievo di grandi quantità di tessuto osteo-cutaneo-muscolare ed il suo successivo inserimento nell’area interessata. Le suture microchirurgiche dei vasi arteriosi e venosi che collegano la zona ricevente con il tessuto che va a ricostruirla (lembo libero vascolarizzato) realizzano un lavoro di riparazione che ha una grande importanza non solo per la qualità di vita del paziente ma anche per la sua salute, e cioè per il suo stato di benessere psico-fisico inteso in modo olistico. |
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