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Parthenope Bion Talamo
L'apporto di Bion alla psicoanalisi |
Vorrei innanzitutto ringraziare molto il Professor Pisani per questo invito di cui mi sento molto onorata e sono anche molto felice di avere una opportunità di tornare a Roma anche se molto di corsa. Io ho vissuto a Roma per dieci anni quindi ho un sentimento di affetto nei confronti della città. Ho pensato stasera di parlare nella maniera più semplice possibile anche perché Bion è un autore molto difficile, la cui opera si ramifica in varie parti. Cercherò di dare una indicazione della sua persona perché ritengo che qualsiasi psicoanalista o chiunque lavori nel campo della psiche o nel campo delle relazioni umane abbia come strumento primario in realtà se stesso e anche molte teorie, molte conoscenze, molto studio alle spalle. Lo strumento con cui noi ci mettiamo in contatto con i nostri pazienti è sostanzialmente la nostra personalità, per cui mi sembra che parlare di uno scrittore, di un teorico nel campo della psicoanalisi tralasciando totalmente la sua storia personale si rischia di creare una sorta di fenomeno nel vuoto che non ha molto senso. Bion è nato in India nel 1897, questo è il motivo per cui si fa il convegno a Torino l'anno prossimo proprio per il centenario. Egli proveniva da una famiglia che non era strettamente inglese, anzi era molto poco inglese in realtà, nel senso che suo padre era di origine svizzero - tedesca, con una forte impronta religiosa protestante, non conformista e faceva l'ingegnere civile. Ha sposato una donna che era figlia di un missionario, sempre non conformista, e probabilmente di una donna indiana e quindi mia nonna era di razza mista, per cui razze miste per razze miste alla fine si ha una sorta di ibrido euroasiatico. Ibrido che si è rivelato molto importante nello sviluppo ulteriore di quello che era allora un bambino; perché Bion ha certamente assorbito moltissimo della cultura indiana, molto di più di quanto non facevano la maggior parte dei bambini, diciamo colonialisti dell'epoca, proprio per il lavoro che faceva suo padre, che era ingegnere civile è che ha costruito alcune tra le prime ferrovie dell'India e lunghissimi canali di irrigazione (lunghi anche 1600 - 1700 chilometri) il cui tracciato, come anche quello delle ferrovie, passava spesso attraverso zone non abitate (compresa anche la giungla). Allora la famiglia seguiva il cantiere e si spostavano di mese in mese, come si spostava il cantiere; praticamente un piccolo nucleo civile europeo e un grandissimo numero di indiani per cui mio padre quando era piccolo sicuramente sapeva per esempio l'indostano, lo parlava correntemente cosa che ha poi dimenticato totalmente. Mi raccontò un collega di Bombay, che ha sentito Bion parlare nell'ultimo anno della sua vita, che aveva fatto una conferenza in cui ha parlato anche del Bhagavadgita; allora parlando di testi sacri aveva un fortissimo accento inglese ma quando invece ha accennato anche una filastrocca in indostano non aveva nessuno accento; quindi c'era certamente un livello, una stratificazione che era diventata del tutto inconscia di una conoscenza di una lingua indoeuropea che è stata completamente dimenticata. Questo tipo di dettaglio biografico potrebbe sembrare completamente irrilevante, se non fosse per il fatto che nell'ultimo libro che ha scritto c'è tutta una serie di personaggi che sono Bion stesso in vari momenti della sua vita; quindi con l'idea di un solo individuo che ha moltissimi livelli interni. Nel testo che si chiama "Cogitations" che è uscito recentemente da Armando, afferma che per lui l'essere umano è un palinsesto in cui si possono vedere tante stratificazioni quasi come qualsiasi strada romana, dove puoi trovare dall'etrusco, al romano, al barocco, al rinascimentale, e al moderno anche in un solo colpo d'occhio; questa era l'idea di Bion di un essere umano. Come molti bambini dell'epoca fu mandato in Inghilterra a scuola e lasciò la scuola nel 1917 per arruolarsi come carrista. Quindi fece l'ultimo anno della Prima Guerra Mondiale, che fu per lui un'esperienza atroce, un'esperienza di morte, di carneficina letteralmente e di non comprensione. Un'esperienza in cui si è incontrato, violentemente, anche con la stupidita', per esempio la stupidità dei capi militari. I carri armati dell'epoca erano estremamente pesanti molto di più di oggi, erano praticamente scatole di acciaio, più o meno semoventi, e furono mandati a combattere in certe zone della Fiandra, paludose, dove tranquillamente affondavano. Uno del rischi per gli equipaggi era di morire affogati, non solo di morire ammazzati dai tedeschi. A un certo punto riuscì comunque a sopravvivere a questa esperienza di guerra, di carneficina e anche all'esperienza di essere stato considerato un eroe, che era per lui incomprensibile, nel senso che ebbe l'equivalente della medaglia d'argento al valore militare per un suo comportamento in battaglia che lui diceva sempre, essere stato dettato dalla codardia e dal terrore. Aveva mandato il carro avanti ed aveva fatto scendere l'equipaggio che camminava dietro il carro che si muoveva a 7-8 chilometri l'ora. Quindi era molto lento, perché era chiaro che se fossero rimasti dentro il carro probabilmente sarebbero morti tutti perché i tedeschi erano riusciti ad individuare la posizione del carro e lo stavano bombardando; il carro ovviamente avrebbe potuto benissimo cadere in mano nemica e questo sarebbe stato abbastanza catastrofico perché i tedeschi non avevano carri armati. Era una invenzione inglese, e quindi sarebbe stato come dare pronto per l'uso un giocattolo costosissimo in mano al nemico; un po' come oggigiorno dare una testata nucleare gratis. Per loro fortuna il carro esplose e l'equipaggio riuscì ad impadronirsi di una postazione tedesca con la mitragliatrice. Ebbero così questa medaglia d'argento al valore militare, che Bion continuò a ripetere per tutta la sua vita, che era veramente una medaglia alla codardia e alla stupidità. Per cui aveva questa idea della guerra e di queste grandi imprese ed era estremamente disincantato; e tutto questo a 21 anni, quindi molto giovane, quando forse non si dovrebbero fare esperienze di questo tipo. Difatti credo che fosse in cuor suo un pacifista. Tutta la sua vita, anche se ha scritto pochissimo, quasi niente, sull'aggressività, ha continuato a comprare libri sulle guerre, sulla bellicosità dell'essere umano, sull'aggressività che sfocia in guerra fino all'anno della sua morte. Quindi era evidentemente un problema che comunque lo toccava molto e ha continuato ad essere un problema pertinente per lui. Poi seguirono studi di storia all'Università di Oxford e poi di medicina all'Università di Londra, dopodiché divenne psicoterapeuta alla Tavistock negli anni '30 e nel '37 cominciò un'analisi personale con John Rickmann. Questi era un analista molto interessante che aveva passato molti anni in Unione Sovietica ed era molto entusiasta del sistema sovietico; credo che Rickmann abbia visto il meglio del sistema sovietico perché e' tornato in occidente credo negli anni 30; comunque tutto lo sviluppo, la cura del sociale, la cura dell'individuo nella società è qualcosa che certamente influenzò moltissimo Rickmann e probabilmente attraverso lui credo anche molto Bion. Difatti "Esperienze nei gruppi" è un testo in cui si intravede un impegno sociale estremamente forte, non soltanto patriottico. Certo è un testo che è stato scritto in tempo di guerra di nuovo, ma proprio sullo sfondo si sente lo sforzo dell'individuo di rendere il gruppo vivibile, utilizzabile e creativo. Poi dovette terminare l'analisi con Rickmann perché si trovarono a lavorare insieme, in quanto psichiatri militari entrambi. Nel '45 riprese un'analisi didattica con Melanie Klein. Didattica, si fa per dire, perché era all'epoca direttore della clinica della Tavistock, ed aveva pazienti in cura, cosa che per un allievo della Società Britannica non era accettato. Ma lui disse che non poteva lasciare i suoi pazienti: A) perché non poteva lasciare i suoi pazienti e B) perché non aveva altri mezzi per mantenersi. Per cui la Società Britannica pervenne ad un compromesso molto inglese; e c'è nel verbale dell'incontro della riunione del comitato didattico la decisione che Bion sarebbe stato trattato come se fosse uno studente. Allora nel '51 fece II suo lavoro per diventare un membro associato. Poi fece una carriera molto rapida. Aveva già una certa età (a quel punto 54 anni), divenne membro ordinario e didatta nel giro di pochi anni. negli anni '60 ebbe diversi ruoli istituzionali tra cui quello di Presidente della Società Britannica e poi nel '67 fu invitato per due o tre settimane in California per tenere delle conferenze. Decise di trasferirsi in California agli inizi del '68 dove ebbe varie vicende istituzionali. In realtà i californiani, avendolo assaggiato un po', non erano poi tanto entusiasti, almeno una buona parte. Soprattutto l'istituzione californiana non era entusiasta di Bion che era ritenuto troppo sovversivo; comunque visse lì gli ultimi anni della sua vita. Tornò in Inghilterra nel '79, rimase pochi mesi prima di morire. Allora questo dà un poco una idea del suo percorso umano che è intimamente legato con il suo percorso di intellettuale e di teorico. Direi che si può dividere in due filoni principali la sua opera: quella che è molto nota, penso anche a molti di voi, è l'opera sui gruppi che però in realtà non si ferma alla "Esperienze nei gruppi" anche se non ha scritto altri testi specificamente dedicati ai gruppi. Si trova soprattutto nei lavori dal '70 in poi, da "Attenzione e interpretazione" fino a tutti i vari seminari clinici, le lezioni brasiliane, quelle romane, "Cogitations", che è una specie di brogliaccio di appunti presi dalla fine degli anni 50 fino a tutti gli anni '70, e soprattutto in "Memoria del futuro". In questi lavori si trovano continuamente riferimenti ai gruppi e riferimenti a quello che si può considerare l'individuo nel gruppo ma anche il gruppo nell'individuo. Quando prima ho detto dell'idea di Bion che l'essere umano è una sorta di palinsesto mi riferivo proprio a questa sua idea dell'individuo come un gruppo che si può quasi srotolare; non so se avete presenti i quadri di Klimt con i vasi cinesi o coreani srotolati come sfondo del quadro o come vestito della donna, l'idea di Bion di un individuo è un po' di questo tipo qua, che se tu guardi dentro l'individuo vedrai un intero gruppo di persone. Questo è un concetto molto interessante che ha, a mio avviso, delle radici molto lunghe anche nella cultura inglese. Direi che la forma letteraria o artistica che più di altre caratterizza la cultura inglese è proprio il teatro, la poesia e il teatro che nella figura di Shakespeare comunque si coniugano assieme. Tuttora il teatro in Inghilterra è una forma estremamente importante, un veicolo estremamente importante di comunicazione sociale. Negli anni '50, probabilmente adesso la situazione non è cosi rosea, a Londra c'erano 500 teatri. Molti movimenti sociali e pacifisti, per esempio hanno avuto importante voce teatrale: basti pensare a ... (incomprensibile nella registrazione il cognome dell'autore) per quanto riguarda tutta la politica irlandese. Per noi il teatro è significativo come forma di protesta sociale, denuncia sociale, descrizione della società. Credo che Bion abbia preso molto l'idea dell'individuo come gruppo da questa idea di cose che si possono vedere in un palcoscenico, cioè persone che si parlano tra loro e si forma un discorso coerente tra le varie voci. In Inghilterra nel '300 per esempio si fecero, come in molti paesi europei, delle recite il giorno di Corpus Cristi, delle storie bibliche. Questo però in Inghilterra ha avuto uno sviluppo che in altri paesi europei, che io sappia, non ha avuto; non si recitavano le storie bibliche ma si recitavano anche drammi, detti le moralità e misteri. Le moralità sono molto interessanti perché i personaggi in scena sono personaggi come la temperanza, l'ira, il pudore cioè qualità mentali a cui si da voce e che si fanno interagire tra di loro. Ora credo che Bion abbia avuto molto questo tipo di cosa anche sullo sfondo della mente scrivendo "Memoria del futuro", che è un libro di 400-500 pagine di testo di cui i primi sette capitoli sono apparentemente di tipo narrativo. Tutti gli altri sono a forma di dialogo, dialoghi in alcune parti in cui i personaggi sono chiariti, altri in cui non si sa chi è che sta parlando ma che comunque è dialogato. Questo per me è qualcosa che Bion ha fatto con varie intenzioni non soltanto una; però una di queste intenzioni era proprio di far presente come un solo individuo in realtà parla con una molteplicità di voci, di cui se ne possono sentire poche contemporaneamente ma quasi sempre più di una. E' difficile che una persona, non necessariamente un paziente ma chiunque in interazione con altri, sia totalmente univoco; si può prendere l'esempio da un mio collega e anche allievo di Bion che è Meltzer. Mi ha sempre divertito, in modo amichevole, che quando Meltzer parla, parla con un accento americano, ma avendo vissuto per molti anni in Inghilterra ha una mimica facciale e di mano che è totalmente inglese. Allora credo che potreste fare anche probabilmente dei commenti analoghi rispetto a me, ma questo è qualcosa che è importante poter vedere anche nei pazienti. Un paziente ci dice qualcosa, e magari in maniera accorata, però si può avere anche l'impressione che contemporaneamente con il corpo sta dando un altro messaggio, non necessariamente in contrasto, ma comunque un messaggio che dà maggiore dimensionalità a quello che dice la voce soltanto. Credo sia un po' lo stesso tipo di cosa per qualsiasi musicista che potrebbe dire: tu credi che stai sentendo una sola nota ma quella nota ha tanti armonici e noi come analisti sia con i pazienti in analisi individuali, sia in gruppo dobbiamo sempre cercare di captare gli armonici e sentire queste altre voci collaterali, o questi altri gesti o espressioni del viso o modo di sedersi o di sdraiarsi o quello che è. E questo è qualcosa che a Bion stava molto a cuore. Aveva bisogno di esprimere questo tipo di concetto in questo libro cosi strano. Perché i testi di Bion si suddividono a seconda dei periodi in maniera molto netta: i primi libri, che sono quelli più aridi, più ostici, direi, con l'eccezione di "Memoria del futuro", che non scherza, sono quelli degli anni '50 e dei primi anni '60. Sono "Apprendere dall'esperienza", "Elementi della psicanalisi", "Trasformazioni", e poi quello che è stato tradotto orrendamente in italiano con "Analisi degli schizofrenici e metodo analitico" mentre il titolo in inglese è "Second Thoughts (selected Papers of Psychoanalisis)", "I Secondi Pensieri", che sarebbe piuttosto un commento dopo, che sono una serie di brevi lavori con un commento finale scritto diversi anni dopo la prima pubblicazione dei testi. Tutti questi libri qui sono piuttosto difficili da leggere anche perché sono stati scritti in un'epoca in cui le pressioni sociali su Bion, come sugli altri analisti inglesi erano parecchio forti. In Inghilterra la psicoanalisi non e mai stata vista di buon occhio. Quando Bion era all'Università e già' cominciava ad interessarsi di psicoanalisi e c'era tradotto pochissimo Freud in inglese, e siamo negli anni '20, gli dicevano:" ma che ti interessi di quella roba li è tutto organizzato dagli austriaci, da ebrei, ma lascia perdere non è inglese!" Quindi c'era comunque una prevenzione piuttosto forte contro la psicoanalisi tanto che quando io ero a scuola quando le famiglie di due delle mie compagne di scuola, questo accadeva negli anni '50, vennero a sapere che io ero figlia di un psicoanalista fu vietato alle ragazze di frequentare casa mia, perché eravamo considerati un po' appestati. Una situazione di questo tipo in Italia oggi è assolutamente inconcepibile anche perché gli italiani sono comunque più tolleranti degli inglesi; però in Inghilterra si sentiva molto questo, e si sentiva molto la pressione sociale all'interno della società psicoanalitica britannica di far si che la psicoanalisi fosse il più scientifico possibile. Se si va a guardare "Cogitations", che la mia matrigna ha ben pensato di fare uscire nel '90 in inglese, si vede che negli anni '50 e '60 ci sono moltissimi passi anche lunghi che sono estremamente rivelatori. Per esempio concetti alquanto incomprensibili come quello di elemento alfa, di elemento beta, di barriera di contatto, di funzione alfa credo che non ho la possibilità di provarli dati alla mano. Molti di questi brani non sono datati, ma io credo che questi siano brani che Bion ha tolto dai testi che poi ha deciso di pubblicare e penso che li abbia tolti perché sono brani molto introspettivi: Nel brano in cui lui veramente spiega che cosa è per lui un elemento alfa prende un esempio di un immagine mentale che gli viene in mente e questo è stato, almeno per me, una rivelazione, io a quel punto ho capito che cosa volesse dire per elemento alfa che non avevo capito prima. lo credo che li abbia tolti dai testi degli anni '60 questi brani perché erano troppo personali e perché si sentiva il bisogno allora di dare almeno una parvenza scientifica alla psicoanalisi ma prendendo secondo me un atteggiamento non così foriero di ulteriori sviluppi, oggigiorno abbiamo meno remore di parlare dei nostri processi mentali, anche perché ci sono degli scienziati come (incomprensibile la registrazione audio) che Bion cita molto che in realtà scriveva nel 1908 (?). Questi hanno parlato delle loro esperienze emotive e mentali all'interno della teorizzazione scientifica, in questo modo dando una parvenza di accettabilità sociale a questo tipo di discorso che prima non c'era. Allora Bion lascia l'Inghilterra nel 68 e c'è una sorta di rilassamento di questo aspetto rigido del suo scrivere e un po' arido. Il testo più leggibile di tutti e' proprio "Attenzione e interpretazione" che ha scritto quando era già negli Stati Uniti. E' un testo in cui spiega molto chiaramente quello che intende ed è un testo in cui parla delle difficoltà del mistico come lui lo chiama rispetto al gruppo, del mistico del genio, cioè dell'individuo che ha delle idee nuove e che deve confrontarsi con il gruppo e che può essere anche bloccato completamente dal gruppo, perché il gruppo non ama le idee nuove. Contemporaneamente all'uscita di "Attenzione e interpretazione" Bion ha insegnato molto in Brasile e in Argentina trovando lì più che in California delle persone disposte ad essere avventurose. Lui è stato estremamente colpito dalla celebrazione per il ventennale di Brasilia a cui è stato invitato, ed è stato anche colpito dalla costruzione stessa di Brasilia, che è una città curiosissima, artificiale finche' si vuole perché lì non c'era niente, ma è l'espressione della capacità di un uomo, cioè del Presidente brasiliano dell'epoca, di mettere in pratica un sogno. Curiosamente non era un suo sogno ma era un sogno di don Bosco che quasi un secolo prima aveva scritto ad un amico missionario in Brasile, che aveva sognato una notte che tra il 15o e il 20o parallelo un giorno ci sarebbe stato un grandissimo lago e sarebbe sorta una città ed è esattamente quello che il Presidente brasiliano ha fatto: Ha preso il sogno di don Bosco, hanno bloccato l'uscita di una vallata di questo altipiano, non particolarmente arido, ma per migliaia di chilometri quadrati crescono cespugli molto alti, non c'è niente, hanno fatto questo lago artificiale, c'erano 4-5 fiumi che lo alimentano quindi la possibilità di elettricità ed hanno costruito questa città straordinaria. Allora Bion credo avesse l'idea che il Brasile fosse un paese dove uno poteva avere delle idee e metterle in pratica, che era qualcosa che aveva cercato penso per tutta la sua vita. Difatti il primo editore di "Memoria del futuro", dei primi due volumi, era un editore brasiliano di Rio. Questo testo che è il culmine dell'opera di Bion è un testo di nuovo molto difficile da leggere ma per motivi diversi, laddove uno si attacca ad elementi della psicoanalisi o prende dall'esperienza ed ha la sensazione che lì c'è qualcosa di estremamente difficile da capire. Quando si cerca di leggere "Memoria del futuro" la prima reazione dopo poche pagine è che qui c'è qualcosa molto difficile da provare emotivamente, perché l'altro grande piede dove sta questo libro, il punto di appoggio, è proprio la consapevolezza di Bion che la maggior parte dei testi psicoanalitici sono noiosi e sono noiosi perché non c'è l'emozione di cui si dovrebbe parlare. Quello che lui ha cercato di fare proprio come struttura della scrittura era di fare arrivare emozione dentro il lettore e poi discuterla, però non è molto piacevole avere qualcuno che ti evoca le tue emozioni continuamente. Difatti è un libro che arrivati all'ottavo e al nono capitolo, una psicoanalista romana di mia conoscenza una signora anziana molto perbene, ha preso il libro e lo ha buttato dall'altro lato della stanza dicendo: non lo guarderò mai più, poi l'ha ripreso e l'ha finito. Perché fa questo effetto? E' un libro che fa disperare, che fa arrabbiare, che fa piangere, che fa ridere moltissimo, è un libro che veramente cerca di portare la commedia umana in mente al lettore e poi lo discute dal punto di vista psicoanalitico; quindi con gli strumenti euristici che uno psicoanalista può avere a disposizione. Però è un libro che fa delle richieste al lettore che sono fortissime. Non è un libro di quelli che uno può leggere tranquillamente la sera e poi andare a dormire, è meglio di no! Anzi il sistema migliore per leggerlo è di trovare un gruppo di amici o di persone almeno con cui non si è in cattivi rapporti e di leggerlo capitolo per capitolo a voce alta magari prendendo le varie parti e recitandolo mentre si legge e poi discutere non tanto quello che il libro vuole dire ma quello che è successo dentro. Nella sua recensione di questo testo Lussana dice che leggere "Memorie del futuro" è un po' come cambiare vita ed è cosi perché è un cambiare vita almeno dal punto di vista della psicoanalisi e della scrittura psicoanalitica, perché è veramente un libro molto sovversivo. E' sovversivo come erano molti dei concetti di Bion che però sono passati sotto silenzio perché avvolti in una carta da pacchi poco attraente. Credo che sia più a metà di "Elementi della psicoanalisi", ma non sono sicura, potrebbe essere anche "Apprendere dall'esperienza". Bion commenta tranquillamente che la sua teoria degli elementi alfa, elementi beta e della funzione alfa può adeguatamente sostituire la teoria freudiana del processo primario e del processo secondario. lo sospetto che il libro fosse talmente difficile che nessuno dei suoi colleghi della società britannica sia arrivato fino a quel punto perché altrimenti l'avrebbero cacciato dalla società anziché farlo presidente e quindi si è un po' salvato perché i libri sono cosi poco leggibili. Oggi li leggiamo meglio, oggi conosciamo di più, abbiamo più dimestichezza e non ci sembra cosi strano il suo modo di fare. Però allora negli anni '60 era semplicemente illeggibile. Lui era molto sovversivo per certi versi rispetto alla teoria freudiana ma era anche molto freudiano, molto di più', di quanto fosse kleiniano. Anche se ha fatto un grande uso del concetto di identificazione proiettiva, lo ha molto sviluppato, sviluppando anche un accenno della Klein e cioè che c'è una forma fisiologica di identificazione proiettiva e non soltanto la forma patologica. La forma fisiologica è ciò che permette la trasmissione della capacità di pensare da una generazione all'altra. Questo è uno sviluppo nuovo rispetto alle teorie freudiane sul pensiero, di cui tra l'altro Freud ha parlato pochissimo. Se si va a guardare il dizionario della psicoanalisi di Laplance e Pontalis non c'è una voce ne' per pensiero ne' per pensare, che sono concetti che sono stati veramente introdotti nella psicoanalisi più da Bion. Già dalla Klein veramente con il lavoro sul simbolismo della scuola kleiniana inglese, ma ancora di più da Bion che appunto a mio avviso è poco kleiniano. Un altro modo in cui Bion è molto diverso da Freud anche se ancora vicino a lui è una sorta di recupero delle teorie freudiane sulla sessualità, non sullo sviluppo psicosessuale dell'individuo ma piuttosto sull'idea che c'è una base psicotico - somatica che è sul confine, se cosi si può dire, tra soma sessuale e quello che diventa psiche. In "Cogitations" c'è' una sezione che si chiama megateoria che è scritto abbastanza tardi nella vita di Bion in cui parla di interpretazione in forma di seno e interpretazione in forma di pene. Si spiega poco, devo ammettere su questo, però in realtà credo che stia facendo riferimento ad una forma estremamente primitiva di protopensiero che è molto vulnerabile alle pulsioni sessuali. Credo è qualcosa che avviene, se così si può dire, su questo livello che è molto vicino ad un impulso fisico bruto, se si vuole dire di riprodursi, che ha pochissimo a che fare con il mentale. Causa dei problemi perché la persona che porta questo dentro di se si sente in balia di una sessualità che non può in nessun modo controllare. Allora credo che quando Bion parla di interpretazione in forma di seno o di pene sta parlando di formulazione mentale verbale che hanno a che fare con questo livello protomentale, che di nuovo è il livello che è sotto quello degli assunti di base. Questi concetti teorici descrivono che cosa succede in un gruppo quando il gruppo non riesce a funzionare in una maniera adeguata, usando il pensiero razionale, conscio, pensato. Bion era molto interessato, credo in tutta la sua vita, a creare dentro l'individuo una sorta di struttura mentale che permette il pensiero che è composto di sessualità, di istinti, di emozioni fortissime e di razionalità. Per lui queste cose qui non possono essere in realtà separate sono sempre mescolate assieme e sono come un cavo di tanti fili che lo compongono e "Memorie del futuro", per tornare a questo testo finale è un tentativo di far vedere i fili che compongono questo cavo e come funzionano. Per Bion un individuo con un gruppo interno non può mai prescindere dal gruppo esterno in cui si trova: cioè quello che l'individuo è capace di fare o di dire o di pensare dipende in grande misura dal benestare del gruppo. Se il gruppo glielo concede può avere ed esprimere un idea nuova, se il gruppo non glielo concede no. Questo credo che sia in grande parte uno de motivi per cui Bion ha scelto di andare a vivere in un posto che non era l'Inghilterra dove sentiva ii gruppo troppo piccolo, troppo chiuso, troppo rigidamente o kleiniano o freudiano o winnicottiano e lui aveva bisogno di poter essere se stesso. Questo tipo di discorso però non riguarda solo quel particolare psicoanalista in quel particolare momento storico, riguarda anche tutti noi, riguarda anche quello che noi possiamo dire quando noi ci troviamo nel gruppo e questo ci riporta alla storia della identificazione proiettiva realistica. Quando un bambino nasce e viene messo in braccio alla mamma fa, perché è fatto così, delle identificazioni proiettive realistiche, urla ha qualcosa che non va', e la mamma dice poverino è fame e gli dà il seno. Allora con questa esperienza ripetuta il bambino comincia a rendersi conto che c'è un rapporto tra uno stato di terribile, catastrofico malessere e uno stato di benessere. Comincia l'interazione con un'altra persona e questo è vero se sta urlando perché è sporco, perché deve fare il ruttino o altro. C'è un'altra figura umana che dice delle cose, mette in parole quello che sta succedendo e fa delle cose, per far andare avanti la situazione, per cambiarla, per metterla in moto. Questa è l'identificazione proiettiva realistica, il bambino proietta dentro la madre una sensazione atroce e la madre dice ci faccio qualcosa con questo. Noi abbiamo anche delle identificazioni proiettive realistiche. Io rispetto a voi, per esempio, posso pensare che mi ascolterete e tutto sommato mi sembra che questo sia stato confermato dalla mia esperienza fino a questo punto. Possiamo anche avere delle identificazioni proiettive non realistiche però. Per esempio essere incapace di parlare in un gruppo di persone perché abbiamo delle fantasie inconsce rispetto a quello che il gruppo ci farà se proviamo. Ci sono delle situazioni in cui queste fantasie sono state anche convalidate dal comportamento del gruppo. Basti pensare al Savonarola, Giordano Bruno. Galileo se l'è scampata, ma molti non se lo sono scampata. Quindi l'individuo ha ragione di avere paura del gruppo perché il gruppo può tollerarlo ma può anche non tollerarlo. Lui può essere un individuo tollerabile ma potrebbe anche essere un individuo che non è tollerabile. Allora è molto importante che un'analista, sia che lavori da solo con pazienti singoli, sia se lavora in un gruppo, tenga sempre in mente il fatto che l'individuo ha su di sé delle pressioni gruppali e che anche l'analista ha su di sé delle pressioni gruppali che provengono, chiunque ha lavorato con i parenti degli psicotici saprà qualcosa su questo, o dal gruppo sociale del paziente o dai propri gruppi sociali. La cosa più atroce che si può fare ad uno psicoanalista è dire "Però non l'ha detto Freud", quando esce fuori con una nuova idea, non l'avrà detto Freud ma l'ho detto io, ma non tutti i gruppi accettano questo. Quello che voglio dire è che Bion, come analista era, a mio avviso veramente significativo perché ha contestualizzato l'individuo molto di più di quanto non abbia fatto Freud o la Klein, ma in un modo che era forse simile ad alcuni degli analisti che sono andati negli Stati Uniti e ad alcuni aspetti della prima psicoanalisi, cioè gli aspetti sociali: la clinica di Berlino per esempio, come la clinica londinese di psicoanalisi. Questa contestualizzazione dell'individuo è molto importante nella teorizzazione psicoanalitica contemporanea perché ci permette anche di cominciare a parlare di gruppi sociali che non sono gruppi terapeutici. Molto lavoro è stato fatto in Inghilterra e negli Stati Uniti attraverso (registrazione audio non comprensibile) e gli istituti (registrazione audio non comprensibile) negli Stati Uniti sui comportamenti gruppali e dell'individuo nei gruppi in contesti industriali per esempio. Si è fatto moltissimo lavoro sui problemi sindacali, per esempio, utilizzando i concetti di Bion che è una ramificazione non strettamente psicoterapeutica ma estremamente importante dal punto di vista sociale. Però Bion ha fatto un lavoro importante anche sullo sviluppo del pensiero partendo dagli psicotici, ma riferendosi alle persone meno psicotiche. Lui divideva gli psicotici in due classi, gli psicotici sani e gli psicotici insani, che è una suddivisione molto utile in realtà perché ci permette di parlare di tutti noi senza essere fraintesi come la Klein è stata fraintesa quando parlava delle proiezioni schizoparanoidi nei bambini piccoli e tutti dicevano ma i bambini non sono matti. Ma non era quello che stava dicendo, e Bion è stato importante anche per il modo in cui ha molto battuto sull'importanza centrale dell'emozione nella vita dell'individuo e nella capacita' di pensare dell'individuo per i pensieri che sono fecondi e che possano svilupparsi ed io spero anche creare un dibattito ora tra noi.
Giampà
Parthenope
Pisani
Parthenope
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