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di Neuropsichiatria, Psicoterapia e Gruppo Analisi |
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Epistolario freudiano
Dr.ssa M. A. Ferrante Il Dr. S. Zipparri presenta la Dr.ssa M. A. Ferrante che è psicologa e psicoterapeuta. Ne sottolinea la creatività che è sempre emersa nei vari seminari da lei tenuti. Stasera ci parlerà dell’epistolario freudiano. La dr.ssa Ferrante inizia la sua relazione (t) EPISTOLARIO FREUDIANO [ Nella prefazione agli “Epistolari Freudiani (Lettere alla fidanzata e ad altri corrispondenti, 1873-1939), il figlio di Freud, Ernst, sottolinea la meticolosità del padre nel rispondere con immediatezza a coloro, tanti, che corrisposero con lui durante la sua abbastanza lunga esistenza. Ernst ha potuto raccogliere un gran numero di lettere presso amici, parenti ed istituzioni; più di quattromila. Ma, a suo avviso, non è possibile sapere il numero di tutte le lettere spedite da Freud, molte delle quali andate perdute. Come giustamente fa notare Ernst, è soprattutto tramite l’epistolario che possiamo cogliere gli aspetti più genuini ed immediati della personalità di Freud; soprattutto attraverso le lettere indirizzate a Martha. Prima che iniziasse la quasi quotidiana corrispondenza con la fidanzata, Freud ha indirizzato alcune lettere ad amici, coetanei e colleghi di liceo. Nel testo pubblicato dalla Boringhieri troviamo due lettere: la prima datata “Vienna, 12 giugno 1873”, indirizzata a Emil Fluss e la seconda, molto breve, datata “Vienna, 6 agosto 1878”, inviata a Wilhelm Knoepfmacher. Freud ha 17 anni quando scrive ad Emil e 22 anni, ne 1878, quando comunica con Wilhelm. La lettera ad Emil rivela la vena ironica umoristica del futuro psicoanalista. Freud ha appena conseguito la maturità liceale con brillanti risultati, a parte il “sufficiente” nella traduzione dal tedesco al latino. Freud è, come si rileverà in tutte le lettere rivolte a colleghi e conoscenti, molto ossequioso; all’amico coetaneo si rivolge con il “Lei”, (L maiuscola). E’ interessante cogliere in questa missiva il riferimento alla traduzione di un brano in lingua greca: “Il lavoro di greco, per il quale era stato dato un passo di trentatré versi dal “Edipo Re”, è riuscito meglio, lodevole: l’unico; anche questo passo l’avevo già letto da me, e non ne ho fatto un segreto”. (Lettera ad Emil Fluss in “Sigmund Freud, Epistolari, trad. It. 1990, Torino, pag.4). Nella stessa lettera Freud comunica all’amico di aver visitato per due volte l’Esposizone Universale di Vienna dove ha trovato interessanti gli “oggetti d’arte e gli effetti d’insieme”. I primi lavori di Freud, pubblicati nel 1877, sono inviati all’amico Knoepfmacher. Ne parla nella lettera del 1878 dove, fra l’altro, lo ringrazia per l’aiuto, non sappiamo quale, che gli ha dato in un momento difficile: “Se c’è un Dio, prenderà nota del tuo comportamento per ricompensartene mille volte, e se non c’è, vi è almeno un uomo che se lo ricorderà, che avrà una ragione in più per conservarti il suo affetto”, (op.cit., pag.7). Le lettere a Martha, quelle pubblicate, circa un centinaio, coprono un arco di tempo che va dal mese di giugno del 1882, Freud ha 26 anni, al mese di maggio del 1886, anno del matrimonio con Martha.Il ritmo di spedizione è di circa due-tre lettere al mese. Freud si rivolge a Martha con teneri appellativi variandoli in ogni lettera. Sono rare le ripetizioni della stessa intestazione: “ amata piccola Martha; cara principessina; mia diletta; amata fanciulla; mia dolce principessina; mio caro tesoro; mio dolce tesoro; amore, tesoro, diletta; amore mio caro “ etc... Le lettere seguono gli spostamenti di Freud. Egli scrive a Martha soprattutto da Vienna dove risiede. Alcune lettere partono da Lipsia, 1883; molte da Parigi dove soggiornerà per quattro mesi (ottobre 1885-febbraio 1886) e da Berlino, nel 1886. ANALISI DEL CONTENUTO DELLE LETTERE INDIRIZZATE A MARTHA BERNAYS L’analisi, mancando le lettere di Martha, rimane, purtroppo mutilata. La corrispondenza scritta fra due individui, legati da un rapporto amoroso, è intimamente collegata ai contenuti delle lettere di andata, come dire, e ai contenuti della lettere di ritorno. Pertanto, è inevitabile interpretare i contenuti dell’epistolario freudiano, dove emergano dei dubbi, con prudenza interpretativa. Dalle lettere a Martha ho estrapolato gli argomenti sui quali Freud ritorna spesso; segno dell’attenzione posta nei loro confronti. Prima, però, sottolineo la fluidità della scrittura freudiana. Lo psicoanalista, come del resto si evince anche dalle opere scientifiche, ha facilità a trasmettere con la penna non solo la narrazione di eventi relativi alle sue attività ed al suo vissuto quotidiano e le emozioni che li accompagnano, ma ogni altro genere di informazioni per il lettore; siano esse di medicina, di psicoanalisi, di teatro o di arte. Un dato saliente nelle lettere di Freud alla fidanzata è la maniera con la quale le si rivolge: più che le lettere di un amante sembrano essere le lettere che un amico indirizza ad una fanciulla pura, immagine di favola, “principessina”, come spesso la chiama. “Se potessi sapere che cosa fai in questo momento! Sei in giardino e guardi verso la strada solitaria? Ahimé, io non passo più di lì per stringerti la mano, il manto fatato che mi ha portato a te è strappato, i cavalli alati che le fate soavi erano solite mandare e le fate stesse, non ritornano più...”.(Dalla lettera del 14 agosto 1882, op.cit., pag. 22). Né in questa, né in nessun’altra lettera Freud evoca, con desiderio erotico e passione, una parte del corpo di Martha; vorrebbe stringerle la mano! Perché si astiene dal palesare la voglia di stringerla, di toccarla, di possederla? Reticenza? Controllo? O veramente l’ama così, come si ama una fanciullina della quale si deve avere il massimo rispetto? Sembra paradossale che proprio Freud, accusato di aver eccessivamente rimarcato il ruolo della sessualità, debba poi comportarsi, nell’intimità sua, come un puritano. Gli anni delle lettere a Martha sono gli anni della formazione di Freud. Alla fidanzata comunica ogni evento relativo non solo alle prime esperienze di laboratorio, alle prime pubblicazioni, ma anche gli incontri con i colleghi e collaboratori, le rivalità e le gelosie. La informa sulla propria salute e sullo stato dell’umore che sono sempre molto variabili. A volte afferma di sentirsi in forma, tal’altra lamenta uno stato di benessere alquanto precario. Un tema ricorrente è quello relativo al denaro. Freud non fa mistero della consapevolezza che il denaro rende la vita più piacevole ed attenua i crucci. A Martha comunica il resoconto delle entrate e delle spese, con meticolosità : “Mia cara piccola Martha, come siamo poveri! Se dovessimofar sapere che vogliamo vivere insieme e ci domandassero: che cosa avete con voi per questo fine? Null’altro se non il fatto che ci amiamo a vicenda. E nient’altro? Abbiamo pure bisogno di due o tre stanzette per abitarvi mangiare e ricevere un ospite, e di un focolare sul quale non si spenga il fuoco per i pranzi. E tutto quello che deve esserci. Tavole e sedie, letti, specchi, un orologio che ricordi ai beati mortali il trascorrere del tempo, una poltrona per le ore di placida fantasticheria, tappeti, perché la padrona di casa possa facilmente tener pulito il pavimento, biancheria con graziosi nastri nei cassetti e vestitucci di taglio nuovo e cappelli con fiori artificiali, quadri alle pareti, bicchieri per l’acqua di tutti i giorni e per il vino della festa, piatti e scodelle, un poco di provviste se d’un tratto abbiamo fame o viene un ospite, un bel mazzo di chiavi tintinnante e tante altre cose di cui si può godere...”. (Dalla lettera del 18 agosto 1882, di notte, op. cit., pag. 25). Molto indicative sono le lettere spedite da Parigi (ottobre 1885-febbraio 1886). In tali lettere Freud enfatizza la stima e gli apprezzamenti, tutti positivi, nei confronti di Charcot il quale, a sua volta, riconosce le eccellenti doti di Freud. Nella lettera del 10 febbraio 1886, (op.cit, pp., 178-179) dopo aver esordito affermando che Parigi è un incanto, Freud descrive, nei dettagli, l’invito a cena dai Charcot: “L’ho avuto (Charcot) per un quarto d’ora tutto per me; durante quel tempo gli ho raccontato molte cose, prima di tutto la notizia dell’ambulatorio pediatrico...poi della mia partenza, poi di una piccola teoria che ho fatto sul caso che mi è stato asseganto e che gli è molto piaciuta, poi della traduzione e così via....Un poco alla volta, sono venuti tutti gli ospiti e siamo andati a tavola. Erano, oltre alla famiglia Charcot (quattro persone), lo scultore, autore della statua recentemente inauguratadi Claude Bernard, (professore di fisiologia a Parigi), Richet, l’assistente principale di Charcot con la moglie, abbastanza nuda (cosa che è impossibile rimproverare ad una donna bella) ma del resto muta come una statua, un M. Mendelssohn ebreo di Varsavia, che era stato assistente di Charcot......, un M. Arene,....M. Toffano, un pittore italiano e io. Ero accanto a M.lle Charcot...”. Aggiunge che la figlia di Charcot ha vent’anni, è piccola ma molto bella e si muove con disinvoltura. Giungono altri invitati che Freud descrive sottolineando di ognuno l’aspetto fisico e l’abbigliamento. La serata si conclude a mezzanotte e mezza quando Freud si reca con la moglie di Giles de la Tourette per ricevere da lei un lavoro (quale?) promessogli. Sembra che il nostro abbia qualità diplomatiche che gli valgono la benevolenza e la simpatia di molti. Ma, Freud non ebbe molta fortuna con Josef Breuer, o, la ebbe all’inizio della loro collaborazione. L’amicizia si incrinò quando venne meno la condivisione relativa al trattamento dell’isteria. Ma torniamo alle lettere indirizzate, dopo il matrimonio, alla moglie, ai figli, ai parenti. Ora, l’intestazione delle lettere è: alla famiglia Freud, “miei cari”, e la frase di chiusura : ” vostro papà”. Alcune delle lettere alla famiglia furono inviate da Roma (1907), lettere dove Freud descrive le sue giornate romane: le serate al teatro, i monumenti, in particolar modo. Nella lettera alla moglie del 24 settembre 1907, :” Pensati la mia gioia quando, dopo tanta solitudine, oggi ho visto in Vaticano un caro volto”. Il riconoscimento tuttavia è stato unilaterale, perché era la Gradiva ( bassorilievo che ha ispirato il romanzo dello scrittore tedesco Wilhelm Jensen, romanzo dal quale Freud ha tratto un saggio analitico). Freud non trascura di scrivere alla suocera ed alla cognata Minna per informarle sulla nascita della sua primogenita, Mathilde, che porta il nome della moglie di Breuer. Sulla descrizione della figlioletta si attarda definendola, infine,”terribilmente brutta” (lettera del 16ottobre 1887). E’ probabile che fosse vero perché in una lettera indirizzata alla ragazza Freud la rassicura scrivendole che non è brutta come lei crede di essere e che, del resto, la bellezza non è tutto nella donna. Sembra accertato che Freud abbia avuto una relazione con la cognata Minna la quale visse, da nubile, nella casa dei Freud. Nell’epistolario, alla data del 15 settembre 1908, da Salò, lago di Garda, si legge la lettera indirizzata alla famiglia: “Minna si sta riposando in camera sua, io penso di mangiare la mia melagrana (dieci centimetri), poi fumerò e farò un altro solitario. Come vedete, nei miei tardi anni, sto dando prova di molta abilità nel godere la vita”. Freud è in vacanza, da solo, con la cognata. Si addebitano a Jung i primi pettegolezzi relativi alla relazione amorosa di Freud con la cognata. Sembra che lo psicoanalista svizzero si sia vendicato del collega austriaco diffamandolo. Sembra, ancora, che in realtà Freud abbia trascorso anche due settimane di vacanza con la cognata, nell’agosto del 1898, in un elegante albergo delle Alpi, lo Schweizerhaus di Aloja. E’ noto a tutti che Freud fece uso di cocaina. Probabilmente non per lungo tempo ed a dosi non massive, consapevole degli effetti deleteri di tale droga, che garantisce piaceri immediati, ma distrugge lentamente. Della cocaina si interessò da medico, ne studiò i meccanismi d’azione e la consigliò anche a qualche suo paziente. Nella lettera a Martha del 2 febbraio 1886, spedita da Parigi, scrive: “Quel poco di cocaina che ho preso mi rende chiacchierone, mia cara...” .e, subito dopo: “Quante stupide confessioni (le comunicò la benevolenza di Breuer nei suoi confronti) ti faccio, mio dolce tesoro, e assolutamente senza motivo, se non fosse la cocaina che mi fa parlare” (op.cit., pp.173;175). Alle 24,30 dello stesso giorno Freud riprende la penna ed alla lettera già scritta aggiunge: “Grazie a Dio è finita, e posso subito dirti che avevo ragione. Una noia da scoppiare (a casa di Charcot), solo quel poco di cocaina mi ha salvato”. L’uso dell’avverbio “poco” è dettato dalla prudenza comunicando della cocaina a Martha, oppure, realmente, le dosi che assumeva erano minime? LETTERE A BREUER (in Epistolari, Lettere alla fidanzata e ad altricorrispondenti, 1873-1939”, trad. it. 1990, Boringhieri, Torino).Le poche lettere che abbiamo, indirizzate a Breuer, denotano il passaggio da un tono amabile ed ossequioso: ”Stimato amico, sono piacevolmente sorpreso nell’apprendere che Ella ha fatto visita con Sua moglie, da Amburgo, alla mia piccola ragazza.....Il Signore (E’ credente, oppure è un modo di dire?) La ricompensi con un magnifico viaggio per la villeggiatura....” ( lettera dell’1 di settembre 1886 scritta da Olmutz dove Freud è medico militare (op.cit., pag., 188). Nella missiva a Breuer del 7 gennaio 1898, il tono cambia : “ Per quanto riguarda il mio debito, non posssono esservi dubbi sulla sua consistenza. Non l’ho mai dimenticato e mi sono sempre proposto di estinguerlo” (op.cit., pag. 202) Sembra che nel problema fosse coinvolta la comune paziente,: la signorina N. N. che doveva dell’onorario a Freud. Breuer critica il collega per la “richiesta” di denaro ad N.N., e Freud si difende. Moltissime lettere Freud ha indirizzato a colleghi e conoscenti, tanti, soprattutto a partire dal 1899. Nomino alcune delle persone con le quali ha scambiato una o più lettere: Heinrich Gomperz e consorte; Karl Abraham, Sandor Ferenczi, Ludwig Binswanger, Georg Groddeck, Maria Montessori, Ernest Jones, Marie Bonaparte, Thomas Mann, Albert Einstein La lettera allo scienziato, molto breve, rivela la capacità di Freud di cavarsela con ironia e buonumore anche nelle situazioni imbarazzanti:”……..Ella mi ammirava solo “per cortesia”, Sebbene io spesso mi sia chiesto che cosa ci sia da ammirare quando una cosa non è vera, o meglio non ha un rilevante contenuto di verità.Ella è più giovane di me; fin quando raggiungerà la mia età posso sperare che diventi un mio seguace. Ma siccome non potrò vivere personalmente questo avvenimento, ne gioisco ora, in anticipo...”.(Lettera del 3 maggio 1936). (op.cit., pp., 357-358). LETTERE TRA FREUD E LOU ANDREAS SALOME’ 1912-1936 (Epistolari, Eros e Conoscenza, Lettere tra Freud Lou Andreas Salomé”, trad.it., 1990, Torino, Boringhieri.) Lou Andreas Salomé nasce a San Pietroburgo il 12 febbraio 1861. Scrittrice e poetessa, aderisce, sia pure in maniera autonoma, alla Psicoanalisi. Dopo aver partecipato al Congresso di Weimar, nel 1911, esercita la Psicoanalisi. Nel 1887 sposa l’iranista Friedrich Carl Andreas; un matrimonio bianco che, tuttavia, servì a cementare un rapporto difficile. Lou ebbe il suo primo rapporto sessuale a trent’anni. Conobbe uomini famosi, alcuni dei quali divennero suoi amanti: il deputato Georg Ledebour, il poeta Rainer Maria Rilke, più giovane della Andreas Salomé, morto a 51 anni. Fu amata da Paul Rée, filosofo. Abile nell’intessere relazioni con uomini di elevata cultura ed intelligenza, Lou fu inquieta ed originale. L’analisi dell’epistolario: “Lou Andreas Salomé-Sigmund Freud” è facilitata dalla possibilità di leggere i contenuti delle missive che i due si scambiarono nell’arco di 24 anni con ritmo serrato. Lou , soprattutto, mantenne viva e sempre più forte l’amicizia tramite la corrispondenza, anche se numerosi sono stati gli incontri con Freud. Le lettere della donna sono più lunghe di quelle speditele da Freud. La psicoanalista trova le parole, sicuramente sincere, per adulare Freud ed esprimergli continuamente la sua grande ammirazione. Inizialmente, Freud intesta le lettere con: “gentile o gentilissima Signora” “stimatissima Signora” e poi con : “cara o carissima Lou; o “mia cara Lou”: La chiusura: “suo Freud”. Lou si rivolge a Sigmund quasi sempre con : “caro” o “carissimo professore”. Non mi soffermo sul contenuto della corrispondenza che tratta temi scentifici; richieste da parte di Lou di lavori di Freud e consigli di supervisione, ma sui toni affettuosi e familiari che mettono in rilievo la reciproca simpatia. Lou chiede a Freud una fotografia(di Freud) e Freud, a sua volta, ne chiede una a Lou. Vienna, 10 novembre 1912 : ”Ho sentito la sua mancanza alla lezione di ieri ...Ho preso la cattiva abitudine di rivolgere sempre il mio discorso a una persona particolare tra il pubblico, e ieri fissavo come incantato il posto vuoto che era stato riservato a Lei. Con i miei auguri, Suo devoto Freud”. (Boringhieri, op.cit.) Fra Lou e la famiglia dello psicoanalista nasce una calda amicizia che spesso è rafforzata dal soggiorno di Lou, la quale è amica soprattutto di Anna, in casa Freud. Lou segue con apprensione gli eventi della guerra che hanno coinvolto tutti e tre i figli di Freud. Gottinga, 10 dicembe 1918 (cartolina postale) :”Con un affettuoso ringraziamento per la Sua cartolina che mi dà notizie sul suo primogenito; ad essa prima o poi spero farà seguito un’altra ancora più rassicurante. Mi mandi solo una parola, se ha un minuto libero! Saluti affettuosi a Lei e ai Suoi, Sua Lou Andreas”. Vienna, 9 maggio 1920, :”Con l’augurio di poterLa rivedere prima che siamo divenuti “vecchi come il cucco e piccoli piccoli”, con sincera devozione Suo Freud”. Lo psicoanalista, il quale ha sempre apprezzato il denaro, è generoso nei confronti di Lou che, sembra, non avesse grande disponibilità per affrontare le spese quotidiane. Salzberg, 8 settembre 1922 : ”Carissima Lou, da Anna ho appreso con rammarico che Lei non sta bene e che è costretta al riposo. Naturalmente, sono certo che si sarà ristabilita prima del viaggio a Berlino; ma questa lettera nasce anche da una altro motivo....So anche, dalla medesima limpida fonte, a quali privazioni Lei sia solita sottoporsi. Non dovrà più essere così, e per questo ho stabilito di portarmi appresso a Berlino una piccola somma in valuta pregiata che possa alleviarle un pò la situazione finché non le avremo trovato uno o più pazienti come si deve. I miei pazienti stranieri mi hanno obbligato a guadagnare denaro persinodurante le ferie, e io vorrei averLa compartecipe di questa pratica estiva per l’importo di cento dollari...Spedisco oggi stesso sul Suo conto ventimila marchi, che spero Le giungano entro breve...Cordialmente, suo Freud”. (op.cit., pp.115-116). E da Gottinga, dopo l’8 settembre 1922 : ”...Mi vergogno perciò di dover spendere per me tanti soldi, denaro che è il frutto sofferto del Suo lavoro delle vacanze. E’ questa la mia unica riserva. Per il resto, di fronte a Lei, non mi vergogno mai e di nulla, ma avverto solo il piacere della gratitudine...Sua Lou”. (op.cit., pag. 116). CARTEGGIO FREUD-WILHELM FLIESS (1887-1904) Le lettere scritte da Freud A Fliess sono state recuperate dalla principessa Marie Bonaparte, psicoanalista, allieva di Freud. Sono circa 300, scritte dal 1887 al 1904. Non si sono ritrovate le lettere di Fliess indirizzate a Freud. Wilhelm Fliess è un otorinolaringoiatra di Berlino che incontra Freud partecipando ad una sua lezione.La prima lettera di Freud a Fliess è datata novembre 1887; Freud ha 31 anni; Fliess ha 29annni.In essa lo psicoanalista viennese scrive: “Lei mi ha lasciato una profonda impressione, la quale potrebbe facilmente indurmi a comunicarLe schiettamente in quale categoria di uomini sento di doverla collocare”.Come nelle lettere indirizzate alla fidanzata e come in quelle indirizzate a Lou Andreas Salomé, Freud utilizza nelle lettere, inizialmente un’intestazione rispettosa, ma poco confidenziale, per passare, poi, ad una più intima e familiare: da “Egregio amico e collega” a “Stimato amico”, e nel 1892 utilizza nei confronti dell’amico, il “tu” al posto del “Lei “. L’amicizia, particolarmente affettuosa, si intensifica nel 1897 allorché Freud comunica a Fliess la scoperta del complesso di Edipo. Nel 1898 così scrive Freud a Fliess: “Sono contento ancora una volta di aver capito che mi era necessario amarti per poter arricchire la mia vita”. L’interpretazione della frase “mi era necessario amarti” può essere interpretata, secondo quanto alcuni affermano, come un vero trasporto amoroso omosessuale. Secondo altri, come frase che rinvia ad una forte corrispondenza, affettuosa, rinsaldata dalla comune passione per l’arte, la letteratura e per la ricerca scientifica. Infatti, nelle lettere inviate a Fliess, Freud, molto spesso, comunica all’amico eventi riguardanti la sua vita familiare. Come l’amicizia con Breuer e con Jung, anche questa con Fliess è destinata a chiudersi. Fliess lavora sul tema della bisessualità che, a suo avviso,è presente in tutti. Il numero 28 è riferibile alla componente femminile; il numero 23 alla componente maschile. Freud, inizialmente, sembra condividere tale teoria, tanto da scrivere a Fliess, nel 1899: “Non ci può essere alcun sostituto per il contatto che una particolare, quasi femminile parte di me richiede”. E, nel 1901: “Come sai nella mia vita una donna non è mai stato il sostituto di un compagno, di un amico”. La rottura fra i due, presente già da qualche tempo, diventa una vera crepa allorché Fliess rimprovera severamente Freud per aver comunicato, tramite il suo allievo Swoboda, ad Otto Weininger, psicologo e filosofo, le sue scoperte circa la bisessualità. Freud, in data 23 luglio 1904 scrive a Fliess: “...Le idee non si brevettano: Chi le ha, può trattenerle e fa benissimo, se tiene alla sua priorità. Ma se le lascia fluire liberamente, queste vanno per la loro strada. Inoltre, a quell’epoca mi erano già noti i testi scientifici dove l’idea della bisessualità è usata per spiegare l’inversione”. Nella lettera che Freud spedisce all’editore Magnus Hirschfeld di Berlino, Fliess è definito dallo psicoanalista :“Uomo ambizioso che nella sua solitudine ha perso la capacità di giudicare...Non è piacevole per me parlare con durezza di un uomo al quale sono stato legato per più di dodici anni dalla più intima amicizia”. ALTRE LETTERE in op. cit. 1990 Lettera a Sandor Ferenczi, Grundlsee-Rebenburg, 16 settembre 1930, (pp.333-334). “Caro amico, innanzitutto La ringrazio vivamente per le care parole in occasione ella morte di mia madre. Ha avuto un effetto strano su di me, questo grande evento. Non dolore, né cordoglo, il che probabilmente si spiega con le circostanze secondarie (l’età avanzata, la compassione per il suo stato disperato verso la fine) e insieme un senso di liberazione, di assoluzione che credo altresì di capire. Non potevo morire finché lei viveva, ora posso. in qualche modo, negli strati più profondi i valori della vita si sono sensibilmente mutati. Non ero al funerale, anche lì mi ha rappesentato Anna............. Mi fa piacere che Lei lavori. Tra i rallegramenti per il premio, le condoglianze per la mia mortale malattia e per la morte di mia madre, i disagi della persistente astinenza dal fumo, non riesco a far nulla”. Lettera ad Ernest Jones, Vienna, 1 gennaio 1929 (in occasione del 50° compleanno di Jones, pag. 320).“Dear Jones,...Io L’ho sempre annoverato tra gli intimi della mia famiglia e così continuerò a fare, e questo, al di là dei nostri dissensi-che di rado mancano in seno a una famiglia, e anche tra noi non sono mancati-sottolinea un fondo di affetto al quale si può sempre attingere. Credo che sia cominciato quando L’accompagnai (a Worcester) alla stazione. Certo, non sono portato a esprimere un simile affetto, sicché facilmente passo per un freddo, ma nella mia famiglia tutti sanno come stanno le cose...Con i più affettuosi auguri per il Suo prossimo decennio, Suo fedele Freud.” Lettera a Marie Bonaparte, Londra, 28 aprile 1939“Mia cara Marie, da molto tempo non Le scrivo, mentre Lei prende i bagni nell’azzurro mare. Suppongo che sappia perché e che lo intuisca dalla mia scrittura. (Neppure la penna è ormai la medesima, essa mi ha lasciato come il medico personale e altri organi esterni). Non sto bene, le mie sofferenze e le conseguenze della cura collaborano nel determinare una situazione che mi è ignota. Hanno tentato di crearmi attorno un’atmosfera di ottimismo: il carcinoma è diminuito, i fenomeni di reazione sono passeggeri. Io non ci credo e non mi piace di essere ingannato.” Lettera a Kata (psicoanalista) e Lajos Levy (direttore dell’ospedale di Budapest), Vienna 11 giugno 1923. (Freud ha 67 anni) “...Da Amburgo avevamo portato con noi il figlio minore di Sophie, Heinele, che ha quattro anni e mezzo.....Era un bambino affascinante; io stesso non ho mai voluto bene ad una persona, certamente mai a un bambino, come a lui. Purtroppo era molto malaticcio, sempre con la febbre, uno di quei bambini il cui sviluppo spirituale avviene a spese della salute fisica....Questo Heinele si è ammalato di nuovo, quattordici giorni fa: si tratta di una tubercolosi miliare, dunque il bambino è perduto...Sopporto male questa perdita, credo di non aver mai passato un momento più difficile, forse la prostrazione è aumentata dalla mia malattia...Con molto affetto, vostro Freud.” Lettera a Amalie Freud, Vienna, 26 gennaio 1920 “ Cara mamma, oggi devo darti una triste notizia. La nostra cara fiorente Sophie è morta ieri mattina per una improvvisa influenza con pleurite. L’abbiamo saputo a mezzogiorno da una telefonata con Minna a Reichenhall. Oliver ed Ernst sono partiti da Berlino per andare da Max. Robert e Mathilde partiranno il 29 di questo mese par essere vicini al poveretto rimasto solo...E’ il primo dei nostri figli cui dobbiamo sopravvivere..tuo Sigm.” OSSERVAZIONI CONCLUSIVEUno scarto significativo separa lo stato d’animo di Freud, come si rileva dalle lettere a Martha, dallo stato d’animo dello psicoanalista che traspare dalle lettere indirizzate a Lou Andreas Salomé ed ancor più drammaticamente da quelle scritte a parenti ed amici a partire dagli Anni Venti del secolo scorso. Non basta addebitare all’anzianità lo stato di prostrazione rilevabile nelle missive di Freud spedite quando aveva poco più di sessant’anni. La causa a monte è soprattutto nelle tante perdite affettive che Freud ha dovuto a malapena tollerare. La grave malattia che lo colpì si aggiunse alla sofferenza dello spirito. Nelle lettere a Martha, anche quando l’umore varia per qualche delusione professionale o per la precarietà economica, scopriamo un giovane battagliero, volenteroso, ironico e caricato di belle speranze. Dalle lettere a Lou conosciamo l’inizio del calvario freudiano: la guerra: i tre figli richiamati alle armi; la morte di uno di loro, Martin, e poi. la morte di Sophie, “la figlia della domenica”; la morte del nipotino Heinele. Troppi lutti, troppi anche per un uomo che sull’elaborazione del lutto ha scritto e trattato con i suoi pazienti. Le tantissime lettere scritte da Freud durante tutta la sua vita; dall’adolescenza fino a pochi giorni dalla morte, mettono in evidenza il grande bisogno di affetto che lo psicoanalista cercava nei parenti e negli amici. Ha perduto due figli ed un nipote; ha perduto l’amicizia di alcuni colleghi, per cause che non trattiamo qui. Tutto ciò determina il desiderio di morte:” Lei sa che Anna non verrà alla riunione di Parigi, perché non può lasciarmi; divento sempre meno indipendente e sempre più dipendente da lei. Qualcosa che troncasse questo crudele processo verrebbe molto a proposito. (dalla lettera a Marie Bonaparte, già citata).] Fa seguito alla relazione il dialogo tra i partecipanti (r): Il Prof. R.Pisani evidenzia come la relatrice abbia rappresentato, in maniera simpatica, una storia che ha certamente a che fare con la scienza ma dalla quale sono emersi soprattutto gli aspetti umani. Chiede chiarimenti sull’epistolario tra Freud e Jung che sono andati d’accordo fino al 1914. La Dr.ssa Ferrante chiarisce che non ha inserito questo aspetto, perché l’epistolario tra Freud e Jung è impostato sul versante delle ricerche scientifiche, mentre lei ha privilegiato quello affettivo. Il Prof. I.Majore sottolinea che il rapporto tra Freud e Jung non si è sviluppato solo tramite lettere, ma anche tramite conversazioni riportate nella prefazione alla “Teoria dell’inconscio” di Jung. Aggiunge che quando Jung era ancora allievo di Freud raccontò al maestro un sogno nel quale egli scavava e trovava delle ossa di morto. Freud lo interpretò come se Jung volesse ucciderlo. Jung se ne risentì affermando che il suo sogno significava che era destinato a trovare le vestigia dell’uomo. Questo chiarisce l’evoluzione del loro rapporto e della iniziale differenziazione. Prof. R.Pisani rammenta il libro di Majore“Elementi di psicoanalisi” (1968), che è un testo chiarissimo circa i concetti psicoanalitici e anche circa quelli fondamentali di Foulkes: una sintesi concettuale mirabile. Il Prof. I.Majore aggiunge di aver poi apportato dei cambiamenti al suo libro in relazione alla biografia di Jones su Freud, della cui sistemazione si è personalmente occupato. Per quanto concerne Freud e l’uso di cocaina afferma che, all’epoca, non si sapeva ancora che fosse una droga e non si aveva idea degli effetti che provocava.. Per la Dr.ssa G. Sgattoni i rapporti sociali e personali avevano un’ impronta diversa rispetto a quelli di oggi. La Dr.ssa Ferrante non pensa che si possa escludere che, forse, era uno stile di scrittura propria allo psicanalista viennese. La Dr.ssa A.M. Meoni evidenzia che della panoramica presentata colpisce la normalità con cui Freud scrive queste lettere che mancano di autoanalisi e d’ introspezione. La Dr.ssa A.M. Meoni, è colpita dal fatto che sebbene il percorso conoscitivo di Freud sia nato da un fenomeno naturale di autoanalisi, l’uomo Freud non si è sottratto ad un desiderio di normalità. La Dr.ssa Ferrante rileva che Freud non si sofferma nelle lettere a Marta su aspetti psicoanalitici, così come invece si constata in quelle scritte a Salomè. Nelle prime resta nell’ambito di una tonalità affettiva, rivolto ai ricordi di viaggi, alla descrizione dei monumenti, agli incontri ed alle esperienze condivise. La Dr.ssa G. Gargano esprime una considerazione a proposito dei tradimenti coniugali di Freud. Ha avuto sei figli dalla moglie, ma il rapporto con la cognata e con Salomè le sembrano più forti di quelli stabiliti con Martha perché connotati da maggiore intesa; rapporti impostati più sull’Es che sull’Io. La Dr.ssa Ferrante ipotizza che malgrado i sei figli e sebbene sia stato attento e severo nella pratica psicoanalitica, abbia avuto qualche momento di debolezza, di rottura. Il Prof. Majore fa presente che Freud in uno dei suoi scritti parla della sessualità facendo trapelare di aver sempre avuto un rapporto più che corretto nei confronti delle sue pazienti. La Dr.ssa Taborra evidenzia che anche per Jung è stata la stessa cosa: con Emma, la moglie, aveva un rapporto analogo a quello di Freud con Marta, anche se tra loro c’è stata intesa ad altri livelli. Il Dr. V. Lusetti, aggiunge che Freud non ha avuto una vita sessuale molto ricca; da quello che sappiamo. Il Prof. Pisani considera che la moglie di Freud doveva essere una specie di sergente delle guardie svizzere: preordinava tutta la giornata a marito e figli, dicendo loro quello che dovevano fare. Il Prof. Majore evidenzia che il rapporto di Freud con la cognata era per Freud una garanzia perché c’era il vincolo parentale. Gran parte della sessualità di Freud era sublimata in terapia. Le pazienti non gli parlavano di sessualità, ma gli portavano l’angoscia, la morte a cui lui attribuiva sfondo sessuale. Freud aveva adoperato in terapia la sessualità proprio per combattere la malattia. Il Prof.Pisani richiama la divisione degli istinti basilari studiati da Freud: Eros e Thanatos. Il Prof. Majore fa presente che Freud opponeva sempre la tematica sessuale alla malattia. Secondo la sua teoria, infatti, nella malattia erano sempre coinvolti i livelli sessuali, alcuni dei quali spesso non vengono superati. Ai suoi tempi le cose che aveva intuito non le poteva comunicare liberamente. Il Dr. Lusetti trova curioso che da un lato si cerchi di attribuire a Freud le peggiori nefandezze, dall’altro di frugare nella sua vita per trovare cose che non ci sono. Per la Dr.ssa Ferrante è il destino dei grandi che sono esposti alle intemperie. Per il Prof. Majore non è solo il destino: nel caso di Freud l’essere esposto alle intemperie è dovuto soprattutto alla disciplina di cui si è interessato. Il Dr. Lusetti chiede alla relatrice se ha avuto modo di leggere e se c’è stato, uno scambio di lettere fra Freud ed Adler. Il Prof. Majore si riporta alle considerazioni della Dr.ssa Ferrante su Freud persona affascinante e un “bell’uomo” anche in età avanzata e cita lo stesso Freud quando scrive a Jung e rimprovera quest’ultimo dicendo che non bisogna abbandonarsi all’Es, ma bisogna contenere l’Es. La Dr.ssa E.Cerignoli ha letto l’epistolario tra Jung e Sabine Spielrein e, forse perchè a quei tempi non era consentito, anche lui ha avuto grosse resistenze ad abbandonarsi all’es. Questa situazione l’ha messo in conflitto con Freud. Anche Sabine conosceva Freud e si era creato una sorta di triangolo. La Dr.ssa Taborra sottolinea che il rapporto di Jung con Sabine è stato molto conflittuale, poi lui ha ceduto rompendo il legame con la moglie che, successivamente, ha poi tentato di recuperare. La Dr.ssa Cerignoli evidenzia che Jung ha rinnegato Sabine, ma che in questa vicenda hanno probabilmente avuto un ruolo importante l’amore e la sessualità e il triangolo. Una vicenda che, di fatto, ha anche messo in contrapposizione Jung e Freud, che dovevano insieme salvare la psicoanalisi che stava emergendo. La Dr.ssa Taborra aggiunge che, tra l’altro, Jung aveva visto in Sabine i propri aspetti deliranti. Il Prof.Majore ha dovuto riprendere in terapia tre pazienti che aveva mandato dal suo supervisore e che stavano molto peggio, dopo che questa persona aveva agito sessualmente il proprio contro transfert. Il Prof.Pisani evidenzia ancora la distruttività dell’amore da transfert: nell’abusare del transfert a scopi sessuali si delinea un abuso pedofilo, perchè la paziente è una bambina che si offre. Il Prof. Majore sottolinea che non è amore, ma sfruttamento. La Dr.ssa Meoni espone tre modulazioni che attribuisce al medesimo fenomeno. La prima prospettiva è quella delinquenziale: consiste nell’ approfittarsi di una persona in stato di suggestione e riguarda diverse categorie di medici. C’è poi una dimensione specifica della psicoanalisi che è quella di correre una situazione di rischio rappresentata dal controllo del contro transfert. La terapia di per se è vanificata se non c’è contro transfert, che però va riconosciuto e non agito, ma interpretato per comprendere il paziente. È un lavoro difficile che può portare a cadute di scienza, di conoscenza, di esperienza. La terza dimensione riguarda il momento storico delineato dalla relatrice. La fine dell’800- primi 900 siamo abituati a considerarli una liberazione post-psicoanalitica ma in realtà la psicoanalisi è frutto di una modificazione culturale e sociale già in pectore che parte dai poeti maledetti e sviluppa in tutti i modi possibili in cultura dell’ Es, anche se non si sapeva cosa fosse l’Es. La vicenda di Rilke o di Nietzsche appartiene a quel momento in cui Freud viaggia sullo stesso treno. Prima si parlava della cocaina: certo Freud non era un tossicodipendente, ma come tutti i poeti maledetti e gli intellettuali, sperimentava le sostanze come era anche una moda. Il Prof. Majore , pensa che quando accadono fatti, come le conversioni, di personaggi importanti è difficile dire quanto siano il prodotto di una evoluzione collettiva e quanto invece i personaggi stessi ne siano gli antesignani: aspetti probabilmente compresenti. Freud invece che era ebreo, ha avuto la capacità, e la qualità, di essere ebreo ed occidentale e di non cedere a nessuno di questi aspetti, ma di contenerli nella psicoanalisi. Si assiste invece molto spesso a conversioni ed è interessante che gli ebrei più evoluti diventano cristiani come Marx. Il Prof. Pisani chiede chiarimenti a Majore sul collettivo arcaico che è massificante. Il Prof. Majore specifica che il collettivo di cui parla è organizzazione. Organizza anche il collettivo, lo contiene e lo trasforma. Il Prof. Pisani chiede se lo trasforma al servizio della maturità poiché un conto è la massificazione dei contenuti arcaici, un altro conto è un processo di maturazione che mira all’affermazione della libertà individuale e del rispetto degli altri: quello è il collettivo arcaico questa è la gruppoanalisi. La Dr.ssa Meoni aggiunge che il collettivo primitivo, socialmente parlando, è un’attribuzione delle società più povere; a mano a mano che c’è meno competitività per il territorio e le risorse può esprimersi cristianamente col perdono e la tolleranza, ma solo se c’è la possibilità di spartirsi le cose, altrimenti è cannibalico. Il Prof. Majore evidenzia come capiti che il collettivo primitivo prenda il sopravvento: è quello che avviene nel caso di guerre anche se giustificato da motivazioni quali la difesa della democrazia. Il Prof. Pisani sottolinea che questo è il collettivo della massa basato su una biocultura orale-cannibalica ma il collettivo di cui parla lui, che gli ha insegnato Foulkes, è il collettivo basato sulla biocultura genitale che significa socialità, scambio, descritto da Freud in “Psicologia delle masse e analisi dell’Io” e da Bion con gli assunti di base. Il Prof. Majore rileva che comunque il collettivo primitivo è sempre in agguato; Il Prof. Pisani conclude affermando che tutto il mondo viaggia sul collettivo arcaico non genitale. Note di redazione (t) testo di relazione fornito dal relatore Dr.ssa M. A. Ferrante (r) elaborazione testi dialogo da registrazione vocale a cura di Dr.ssa Antonella Giordani Antonella Giordani agior@inwind.it e Anna Maria Meoni agupart@hotmail.com |
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