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PSYCHOMEDIA
Psycho-Conferences

Atti del Congresso - a cura di Ermete Ronchi:

Università degli Studi di Brescia - Cattedra di Psicologia Clinica
in collaborazione con SINOPSIS - COIRAG - PSYCHOMEDIA


Workshop C
PROFESSIONI CLINICHE E SISTEMI DI CURA: QUALE AIUTO DA INTERNET?


FORSE FINIRÀ PER CONTARE DI PIÙ “IL DETTO” RISPETTO A “CHI LO DICE”, PROMEMORIA DEL CONDUTTORE

Leonardo Speri

Psicologo, Psicoterapeuta, Responsabile Ufficio Educazione alla Salute ULSS 20 di Verona
Membro ASVEGRA (COIRAG)


Quali opportunità e quali insidie rappresenta Internet per il clinico? Chi si accosta per la prima volta, riconoscendo il proprio analfabetismo, legge con occhi vergini ciò che ben presto dimenticherà: fascino e resistenza. Fascino di un universo senza confini e contemporanea paura di essere risucchiati in un vortice senza tempo, catturati senza scampo nella rete. Il professionista “psy” non sembra discostarsi molto, quanto ad emozioni, da ogni altro neofita del grande Web. Alla fine risulta che, nella maggioranza dei casi, rimane felicemente coinvolto, convinto utilizzatore delle opportunità straordinarie offerte dalla rete.

Così suggerisce il giro di presentazione nel gruppo del WS, tutti colleghi piuttosto giovani, impegnati intensamente nella propria formazione. Poi si fa strada il terzo occhio, e l’osservazione apre ad una ricerca e a nuovi pensieri.

Il gruppo balbetta solo un poco, all’inizio, un po’ come quando si è alle prese con le prime manovre al computer, ma poi si abbandona il tono dimesso e preso coraggio del proprio non-sapere ci si autorizza ben presto a parlare.

Comunicare sembra la parola chiave. L’ E-mail è il primo oggetto di interesse. E-mail tra colleghi che si conoscono, tra servizi, per ragioni sindacali, scientifiche….col proprio analista quando condizioni del tutto speciali ti tengono lontano, consentendoti di mantenere un filo altrimenti interrotto. E qui ci si anima…

Che tipo di comunicazione? Più difficile? Più facile? Il mezzo nasconde qualche insidia? E quali trasformazioni comporta il processo di apprendimento “di e con” questo nuovo strumento e “di e con” questi nuovi stili? Quale differenza da un collegamento epistolare? Telefonico? Internet e computer come intercapedine paradossalmente necessaria per annullare distanze: mezzo che connette o che separa?

Il gruppo sbanda sul tema di un altro WS della giornata “Curare via Internet – risorsa od illusione?” In fondo non dovrebbe stupirci in un gruppo di terapeuti che attraversano l’esperienza di essere pazienti come precondizione per una più profonda comprensione di sé, dell’altro e dei processi di relazione. Si rimane dunque in tema. La didattica, la trasmissione del sapere: il modello, come nella terapia, è quello della trasmissione orale; tra allievo e maestro, dove ogni comunicazione è evento non separabile dalla fisicità della presenza.

Il gruppo ha l’occhio attento: l’apprendimento, l’accesso al sapere, è un processo complesso, implica trasformazioni, poggia su relazioni, utilizza svariati canali. In Internet viene privilegiata, per ora, la lettura. Ma non è una lettera o un libro. Cosa succede infatti se l’informazione è disponibile in un tempo virtualmente eterno e diventa indipendente dall’occorrenza dell’evento, dal soggetto e dall’atto della sua trasmissione, ma non per questo è statica e può comunque prevedere una risposta? Prende più senso una affermazione di disagio che aveva accomunato il gruppo all’inizio: quel che è difficile è “l’interattività”.

Non è tanto difficile, al confronto, la consultazione dell’immensa biblioteca disponibile nel Web. Una banca dati è assai semplice da usare: risulta invece un problema comunicare, essere interattivi, stabilire relazioni (mirate alla crescita culturale personale se si vuole stare in tema) con l’Altro.

L’Altro in Internet si colloca in un terreno incerto, su di lui si addensano fantasie, ansiogene o, all’occorrenza, idealizzanti. Un iper-io, che servendosi di un mezzo potente e ad alto contenuto tecnologico, guadagna in autorevolezza producendo un testo altrettanto autorevole, un iper-testo.

Il gruppo ritorna all’idea di un terapeuta-analista-maestro con cui si può mantenere un contatto. Qualsiasi comunicazione in quel caso, telefonica, via lettera o via Internet, regge sulla preesistenza di un setting strutturato. Si sa chi parla ed è chiara la relazione con lui. Come forse si conoscono alcuni, i più famosi, tra i colleghi che affidano, in vario modo, le loro considerazioni alla rete. Ma, riflette il gruppo, la rete è fatta di un mondo di fruitori, per lo più non specialisti, forse curiosi, forse ansiosi di sapere, con quella curiosità che tradisce la sofferenza e le angosce di chi tarda o fatica a riconoscersi paziente.

Alcuni siti medici, viene ricordato, distinguono le informazioni per addetti ai lavori e quelle per un pubblico più vasto. Questa accessibilità è una risorsa per la cura? Quanto è “democratica”? Soprattutto… quanto è sensata? Si adombrano pericoli propri di un terreno selvaggio, terra di conquista di saggi ed avventurieri. Ma, in fondo, cosa c’è di diverso rispetto alle edicole o alle librerie?

La fantasia di un possibile “accreditamento”, una certificazione di qualità etica e scientifica sui siti “psy”, che riecheggia le fantasie di un controllo istituzionale su Internet più incisivo, non porta lontano, ma segna una svolta. Introducendo nello spazio del pensiero l’elemento del pubblico, cliente/destinatario della prestazione e beneficiario ultimo del sapere e della cultura dei clinici, il gruppo non interpreta più la parte di un professionista in formazione fruitore della rete, con tutte le varie fantasie descritte, che sembrano riecheggiare una posizione schizoparanoide rispetto al Web-detentore delle risorse. Sembra invece poter sostenere depressivamente la necessità di mettersi a disposizione per la rete, disegnando un professionista-risorsa-per-gli-altri.

Chi può e deve riflettere circa gli effetti sui cittadini del Web di una così ridondante disponibilità di informazioni? Chi può introdurre il senso del limite e delle scelte, che creano separazioni ed obbligo di “scarti” ? Chi per primo deve fare i conti con l’introspezione e la fatica di queste scelte, delle loro determinanti psichiche, affettive? Queste operazioni sembrano al gruppo propedeutiche alla costruzione di “links” nei siti “psy”, alla responsabilità che come clinici professionisti ci si assume, costruendo per esempio una sorta di cartellonistica stradale della navigazione in rete, che sostenga ed aiuti a costruire delle coordinate interne, per non smarrirsi tra isole conosciute e un oceano di cose ignote.

Il limite, altra parola chiave. Evoca il tempo, la definizione di confini e lo spazio “tra”. Evoca anche la velocità e l’azzeramento delle distanze prodotto da Internet. Con le parole “subito” e “in qualsiasi momento”, il contatto sempre e velocemente disponibile sembra infliggere un duro colpo al tempo della “meditazione”. Attraverso Internet il clinico, il terapeuta, per parte sua già abbastanza alle prese con svariate pressioni sul versante dell’agire, può imparare molto ma rischia di disimparare a fermarsi e pensare.

Che fine fa in Internet lo spazio del pensiero? Pensieri prodotti a velocità vertiginose, che segnano uno scarto tra generazioni, a quali trasformazioni possono accompagnarsi, e quanto profonde? La memoria ripropone l’esperienza di allievo, ma non solo. Le pause del maestro, terapeuta, collega, il suo intervento in un istante piuttosto che in un altro, la sua attenzione per il processo introspettivo mobilitato dalla comunicazione e che riesce a leggere nell’atteggiamento “complessivo” dell’allievo, del paziente, del collega, sono elementi indispensabili. Quale aiuto se il mezzo Internet potenzialmente contraddice il messaggio? E che fine fa l’ interattività? E’ forse in questo senso che fin dall’inizio il gruppo la trovava difficile.

Forse l’ansia ha a che fare con il controllo sull’interlocutore. Diventare una risorsa, proporre qualcosa in rete, comporta un rischio, un’assunzione di responsabilità. Comporta anche una esposizione, con un feed-back sicuramente più aleatorio rispetto ad altre situazioni, per esempio davanti a un pubblico in una sala congressi o in un teatro, che, per quanto vasto, rimane in qualche modo immediatamente palpabile. Nel gruppo la domanda rimane aperta e legata ai fantasmi messi in moto da recenti proposte di aprire una discussione tra clinici dei propri casi in una lista privata, ma estesa rispetto ad un gruppo e in una dimensione “virtuale”. Il fantasma riguarda soprattutto la parte sconosciuta e idealizzata degli interlocutori possibili, ma apre un’ultima considerazione.

L’ansia può essere riferibile anche ad una resistenza al cambiamento che Internet comporta nella gestione dei saperi. L’anonimato, il non anonimato, la fantasia dello pseudonimo, il desiderio di essere riconosciuti e confermati nella propria identità, tra colleghi che si scambiano esperienze, tra cittadini del Web, sembrano fare di Internet un campo comunicativo assai aleatorio. Se non ci si conosce, per la quota che non ci si conosce, l’informazione può perdere l’alone dell’autorità di chi la enuncia. Talvolta , come in un gruppo, non si sa più a chi attribuire l’idea. Si è costretti, per farla propria, a valutarla in quanto tale, e questo forse è un piccolo aiuto per il clinico che non potendosi accontentare di validarla “perché l’ha trovata in Internet”, si trova obbligato ad impadronirsi personalmente di un pensiero.

Il gruppo del WS chiude e lascia l’impegno al recorder di riferire. Forse in rete assume più peso “ciò che è detto” più di “chi lo dice”.

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Leonardo Speri
Via Vapolicella, 57 – Parona
37025 Verona
E-mail: lesperi@tin.it

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