Nel centenario della nascita di Erich Fromm
Attualità di Erich Fromm Marco Bacciagaluppi Un autore citato da Paul Roazen, in un inedito che mi ha appena mandato, parla di Fromm come di un "intellettuale dimenticato", e di tutta la scuola neofreudiana come di un "fallimento" nella storia intellettuale. In questo centenario dobbiamo chiederci se queste valutazioni sono giuste, oppure se Fromm ha ancora dei contributi da dare alla società in generale e alla psicoanalisi in particolare. Questa seconda domanda è particolarmente attuale, perché si sa che Fromm è sempre stato più letto dal pubblico non specializzato, mentre la sua influenza sulla psicoanalisi sembra in questo momento trascurabile. Per rispondere a queste domande mi sono rivolto al mio libro preferito di Fromm, Man for Himself (Dalla parte dell'uomo). Citerò direttamente dall'originale inglese. All'inizio Fromm afferma che "per sapere ciò che è bene e ciò che è male per l'uomo si deve conoscere la natura dell'uomo", e aggiunge: "il carattere produttivo costituisce la fonte e la base della virtù";"il vizio, in ultima analisi, è l'indifferenza verso di sé e la propria automutilazione". Nei capitoli successivi Fromm esamina una serie di concetti contrapposti: l'autorità razionale e quella irrazionale; l'etica umanistica e quella autoritaria; la coscienza umanistica e quella autoritaria. Per quanto riguarda quest'ultima scrive: "La coscienza autoritaria è ciò che Freud ha descritto come super-Io". La coscienza umanistica, invece, "è la voce del nostro vero Sé che ci richiama a noi stessi...per diventare ciò che siamo potenzialmente" (corsivo di Fromm). Ne risulta una dialettica tra vero e falso Sé in risposta a rapporti alienati. Già in Escape from Freedom (Fuga dalla libertà) ha sviluppato questo tema molto prima di Winnicott, che ne ha scritto per la prima volta nel 1960, e descrive questa dialettica a livello dei sistemi religiosi e politici . Tutti i temi di Fromm si possono ricondurre all'opposizione, al livello sia individuale che sociale, tra un vero Sé radicato nella natura dell'uomo e delle strutture autoritarie alienate. Come Fromm chiarì molto più tardi, in The Anatomy of Human Destructiveness (L'anatomia della distruttività umana), tali strutture si svilupparono solo nelle società agricole avanzate. Non appartengono all'ambiente preistorico dell'uomo ma rappresentano uno sviluppo innaturale. Mentre la natura dell'uomo è il risultato di un adattamento genetico all'ambiente preistorico, l'adattamento fenotipico ad un ambiente innaturale dà luogo a vari tipi di carattere improduttivi, nei quali la vita frustrata porta alla distruttività. Una premessa fondamentale di Fromm è che esista una "natura dell'uomo" e che possa essere descritta. Dapprima, Fromm la definì specialmente in termini della tradizione filosofica e mistica. Si riferiva continuamente ad autori come Aristotele, Meister Eckhart e Spinoza. Più tardi, nell'Anatomia della distruttività umana, Fromm si avvicinò ad una definizione evoluzionistica: "la costituzione biologica dell'uomo è la fonte delle norme per vivere. L'uomo ha la possibilità di crescere e svilupparsi completamente, purché le condizioni esterne date conducano a questo scopo" (corsivo di Fromm). Si potrebbe dire che sotto la pressione di un'evoluzione culturale distorta, la specie umana ha sviluppato una serie di falsi Sé (quelle che Fromm chiama strutture di carattere improduttive), e che lo scopo di Fromm sia di aiutare il vero Sé umano ad emergere. Perché ciò avvenga, Fromm avverte che non basta l'insight. In Dalla parte dell'uomo scrive: "Un terzo fattore indispensabile, l'insight razionale, può diventare efficace solo se sono presenti altre due condizioni, l'insoddisfazione soggettiva per uno scopo definito culturalmente, e la base socioeconomica per un mutamento". Mentre, nell'attuale prospettiva relazionale, l'altro fattore di cambiamento è considerato una nuova esperienza di rapporto, qui Fromm, evidentemente sotto l'influenza di Marx, si rifà ad una prospettiva più ampia. Questo ci porta ai potenti strumenti concettuali forniti da Fromm e tuttora largamente inutilizzati dalla comunità psicoanalitica. In un lavoro del 1932, "Il metodo e la funzione di una psicologia sociale analitica", Fromm descrive il rapporto tra diversi livelli di organizzazione. E' la struttura socioeconomica, attraverso la famiglia, che dà l'impronta al carattere individuale. In questo, le condizioni socioeconomiche prevalgono sulle risorse istintuali. Più tardi, nell'Appendice a Fuga dalla libertà, Fromm definì i tratti di carattere condivisi in una società come il carattere sociale. Ancora più tardi, nello studio empirico condotto assieme a Michael Maccoby nel 1970 (Social Character in a Mexican Village) (Il carattere sociale in un villaggio messicano) egli descrive il meccanismo della selezione sociale: quando le condizioni socioeconomiche cambiano, il carattere sociale prevalente può non più essere adatto, e possono venire selezionati tratti di carattere finora in minoranza. Il meccanismo del mutamento è la selezione sociale piuttosto che l'adattamento individuale. Poiché i tratti caratteriali possono essere profondamente radicati, si può formare una discrepanza tra il carattere sociale e i mutamenti socioeconomici. Ciò spiega il fallimento di molte rivoluzioni. Una delle rivoluzioni fallite - un esempio di fuga dalla libertà - è stata la psicoanalisi freudiana, in cui la struttura autoritaria si è ben presto riaffermata. Per riportare Fromm di attualità, dopo un lungo periodo di trascuratezza da parte della psicoanalisi, bisogna ristabilire dei collegamenti. A mio parere, può essere utile considerare Fromm come un esponente di un indirizzo alternativo nella psicoanalisi che è stato iniziato da Ferenczi e poi si è mosso in due direzioni: il Middle Group inglese (ora chiamato Independent Group) e l'indirizzo interpersonale-culturale americano. Alcuni punti nell'opera di Fromm possono richiedere una revisione. Egli è diventato sempre più pessimista riguardo alla società moderna, e tendeva ad ascrivere l'alienazione all'industrializzazione e alla tecnologia. Ma se, come comincia a riconoscere nell'Anatomia della distruttività umana, le origini dell'alienazione sono molto più antiche e risalgono alle società agricole avanzate, la società moderna, al contrario, può contribuire ad un superamento dell'alienazione. Un esempio è rappresentato dalla riduzione nelle dimensioni delle famiglie. Le grandi famiglie e la sovrapopolazione sono tipiche della cultura contadina. Le società di cacciatori-raccoglitori sono caratterizzate da gruppi familiari molto più piccoli. Nella riduzione delle dimensioni delle famiglie ci può essere una convergenza tra la società moderna e il nostro adattamento preistorico. Anche l'importanza data da Fromm alla famiglia può richiedere una revisione. Nel suo lavoro del 1932 ne riconobbe l'importanza, ma poi cambiò idea. In un capitolo inedito di Avere o essere? egli scrive: "le condizioni specifiche dell'esistenza umana e la struttura della società sono di importanza più fondamentale della famiglia" (p. 95 del manoscritto originale). Gli sviluppi recenti come la teoria dell'attaccamento confermano la primitiva importanza data da Fromm alla famiglia, piuttosto che la sottovalutazione che ne fece più tardi. In conclusione, il contributo di Fromm ad un nuovo paradigma è la concezione dell'uomo come il risultato di una dialettica tra evoluzione biologica e culturale. Se dovessimo riassumere ciò che Fromm rappresenta come forza morale, potremmo dire, per usare le sue stesse parole citate all'inizio, che egli "ci richiama a noi stessi". Bibliografia
Fromm E. (1932): (ber Methode und Aufgabe einer analytischen Sozialpsychologie. Zeitschr. Sozialforsch. 1-2, 28-54. Trad. inglese: The method and function of an analytic social psychology. In: The Crisis of Psychoanalysis. Essays on Freud, Marx and Social Psychology. Holt, Rinehart & Winston, New York 1970. Trad. it.: Metodo e funzione di una psicologia analitica sociale (sic(. In: La crisi della psicoanalisi. Mondadori, Milano 1971.
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