Adriana Pannitteri Madri assassine Diario da Castiglione delle Stiviere Alberto Gaffi Editore, Roma (Pag.120 - euro 10,00)
Recensione di Alessio Degli Incerti La malattia, il dolore, non vanno giudicati. Guai a cadere nella trappola della condanna. La sofferenza va compresa e se possibile curata. Cosa si cela dietro quella che gli psichiatri chiamano la follia mostruosa della normalità? Adriana Pannitteri, giornalista Rai, con questo libro ci conduce in un viaggio negli oscuri e delicati territori della mente umana, laggiù dove spesso si annida la follia che induce improvvisamente a compiere il gesto estremo. Il racconto della Pannitteri si focalizza sulla vita allinterno dellospedale psichiatrico giudiziario di Castiglione delle Stiviere, nel Mantovano, quello che un tempo veniva orrendamente definito Ômanicomio criminale. Castiglione è lunico ospedale psichiatrico in Italia a ospitare le madri che hanno ucciso i loro figli. Queste donne rivelano per la prima volta il loro drammatico vissuto di sofferenza e solitudine. Il figlicidio è uno dei delitti più abominevoli e inspiegabili, ma il merito della Pannitteri è quello di indagare la realtà dei fatti cercando di capire, di scoprire cosa davvero esiste dietro questi gesti, che solo una lettura superficiale può giustificare attraverso il ricorso allabusatissimo termine follia. Le storie, le confessioni delle donne ascoltate dalla Pannitteri si alternano al racconto immaginario di Maria Grazia, una bambina che ha avuto una mamma malata di depressione. Le donne uccidono i figli piccoli per il rifiuto della loro progressiva autonomia. Soltanto le madri, è bene ricordarlo, uccidono i neonati. Per i figlicidi, quelli che avvengono dopo il primo anno detà, lultimo rapporto dellorganizzazione mondiale della sanità offre invece una chiave di lettura tutta sociologica. Le donne uccidono in misura maggiore i loro figli perché sono più vulnerabili e sole, vivono lo stress di madri e donne lavoratrici, la svalutazione della loro condizione sociale da un lato e dallaltro lesigenza di soddisfare modelli di perfezione che un tempo si chiedevano solamente alle principesse o alle dive del cinema. Talvolta le madri uccidono ciò che non sono riuscite ad amare, la loro stessa identità. Eliminando il loro bambino, spiegano i medici, è come se cancellassero la loro insoddisfazione ma anche la parte di sé che non amano, che non riconoscono e che dunque non accettano. La vera malattia nella maggior parte dei casi è il silenzio, o peggio ancora lindifferenza di un familiare, di un marito troppo distratto o assente, come nel caso di Simona. Lautrice in questo suo resoconto riesce ad essere essenziale, scarna, autentica, senza per questo cadere nel patetismo finto-consolatorio. Il libro è inoltre illuminato dalla preziosa e autorevole testimonianza, nella postfazione, di Annelore Homberg, psichiatra e psicoterapeuta, nonché docente incaricata presso lUniversità di Foggia. Il racconto di Adriana è anche il tentativo - rispettoso mi pare - di sapere di più su come si origina questa malattia che è la psicosi gravissima. Una prima cosa che veniamo a sapere è che non sono malattie che si creano da un giorno allaltro. La dicitura Ôraptus che i giornalisti usano sempre è sbagliata e fuorviante. Il diario in cui la Pannitteri, con rigore e, nello stesso tempo, sentita partecipazione, raccoglie le testimonianze di queste madri appare dunque un libro importante, delicato, che può senza dubbio aiutare a comprendere, oltre alla malattia altrui, anche le colpevoli manchevolezze della nostra sensibilità. Quelle madri non hanno volti maligni, come pensava Lombroso, ma solo ombre, battiti di cigliaÉchi guarda davvero negli occhi delle madri che stanno male? Adriana Pannitteri nasce a Roma nel 1961. E giornalista e lavora al TG1 della Rai dove dal 2001 conduce anche i telegiornali delle edizioni del mattino. E il suo primo libro. Indice
Seconda parte - La brutta stagione Postfazione di Annelore Homberg Bibliografia |