In questa "lettera al direttore" Mitchell entra nel merito del confronto
tra Frankel e Hirsch pubblicato nei primi due articoli del n. 4/1998 della
rivista, stimolati a loro volta dal lungo saggio-recensione di Irwin Hirsch
(pubblicato sul n. 4/1997) del libro di Lewis Aron A Meeting of Minds:
Mutuality in Psychoanalysis (Hillsdale, NJ: Analytic Press, 1996) (vedi
le segnalazioni su Psicoterapia
e Scienze Umane, rispettivamente nei n. 2/1999 e n. 1/1998). L'argomento
del confronto era la identità della psicoanalisi interpersonale
e la definizione del termine "relazionale", e Mitchell, anche quale protagonista
di questo movimento, ripercorre la storia di questi concetti cercando di
fare chiarezza. Secondo Mitchell, che si definisce uno psicoanalista "interpersonale",
il termine "relazionale" fu introdotto da Greenberg e da lui stesso nel
loro noto libro del 1983 (Le relazioni oggettuali nella teoria psicoanalitica.
Bologna: Il Mulino, 1986) allo scopo di designare quella vasta area, che
si andava profilando nella psicoanalisi contemporanea, che includeva sia
la scuola inglese delle relazioni oggettuali (Fairbairn e altri) che la
psicoanalisi interpersonale americana (Sullivan e altri). Come è
noto, e secondo la concezione ipersemplificata che hanno molti, mentre
Sullivan privilegiava l'interesse per i rapporti interpersonali in quanto
tali (cioè esterni, comportamentali), la scuola inglese privilegiava
l'interesse per gli oggetti interni, le relazioni oggettuali interioriozzate,
era cioè una teoria dell'intrapsichico. E' per questo motivo che
molti interpersonalisti della vecchia generazione guardarono con sospetto
alla scuola inglese, ritenendola una forma mascherata di "freudismo", in
quanto secondo loro lo spartiacque centrale in psicoanalisi era tra le
teorie interpersonali e quelle intrapsichiche. Mitchell invece ha sempre
ritenuto che il vero spartiacque era tra la teoria delle pulsioni e una
teoria relazionale della mente, ed è per questo che ha sempre ritenuto
che la scuola inglese delle relazioni oggettuali fosse perfettamente compatibile
con la scuola interpersonale americana, anzi, che essa fosse un arricchimento
di quest'ultima. Questa "lettera al direttore" di Mitchell è preziosa
perché ci permette di capire alcuni recenti sviluppi del movimento
interpersonalista americano nei suoi aspetti sia sociologici che teorici. |