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CONTEMPORARY PSYCHOANALYSIS - N. 2 / 1999

Letter to the Editor from 

Stephen A. Mitchell 


In questa "lettera al direttore" Mitchell entra nel merito del confronto tra Frankel e Hirsch pubblicato nei primi due articoli del n. 4/1998 della rivista, stimolati a loro volta dal lungo saggio-recensione di Irwin Hirsch (pubblicato sul n. 4/1997) del libro di Lewis Aron A Meeting of Minds: Mutuality in Psychoanalysis (Hillsdale, NJ: Analytic Press, 1996) (vedi le segnalazioni su Psicoterapia e Scienze Umane, rispettivamente nei n. 2/1999 e n. 1/1998). L'argomento del confronto era la identità della psicoanalisi interpersonale e la definizione del termine "relazionale", e Mitchell, anche quale protagonista di questo movimento, ripercorre la storia di questi concetti cercando di fare chiarezza. Secondo Mitchell, che si definisce uno psicoanalista "interpersonale", il termine "relazionale" fu introdotto da Greenberg e da lui stesso nel loro noto libro del 1983 (Le relazioni oggettuali nella teoria psicoanalitica. Bologna: Il Mulino, 1986) allo scopo di designare quella vasta area, che si andava profilando nella psicoanalisi contemporanea, che includeva sia la scuola inglese delle relazioni oggettuali (Fairbairn e altri) che la psicoanalisi interpersonale americana (Sullivan e altri). Come è noto, e secondo la concezione ipersemplificata che hanno molti, mentre Sullivan privilegiava l'interesse per i rapporti interpersonali in quanto tali (cioè esterni, comportamentali), la scuola inglese privilegiava l'interesse per gli oggetti interni, le relazioni oggettuali interioriozzate, era cioè una teoria dell'intrapsichico. E' per questo motivo che molti interpersonalisti della vecchia generazione guardarono con sospetto alla scuola inglese, ritenendola una forma mascherata di "freudismo", in quanto secondo loro lo spartiacque centrale in psicoanalisi era tra le teorie interpersonali e quelle intrapsichiche. Mitchell invece ha sempre ritenuto che il vero spartiacque era tra la teoria delle pulsioni e una teoria relazionale della mente, ed è per questo che ha sempre ritenuto che la scuola inglese delle relazioni oggettuali fosse perfettamente compatibile con la scuola interpersonale americana, anzi, che essa fosse un arricchimento di quest'ultima. Questa "lettera al direttore" di Mitchell è preziosa perché ci permette di capire alcuni recenti sviluppi del movimento interpersonalista americano nei suoi aspetti sia sociologici che teorici.

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