CONTEMPORARY PSYCHOANALYSIS
VOL. 36, N. 4 / 2000
|
Book reviews
What Makes Therapists Tick?
Claire Basescu
saggio-recensione di: Joseph Reppen, editor, Why
I Became a Psychotherapist. Northvale, NJ: Aronson, 1998
|
Il libro qui recensito contiene 31 saggi scritti da altrettanti terapeuti
(due terzi uomini e un terzo donne) sui motivi per cui decisero di diventare
terapeuti. Il curatore (Reppen) dirigeva la rivista Psychoanalytic Books,
(che ora ha cessato le pubblicazioni) ed è un noto autore, avendo scritto vari libri su diversi argomenti.
La Basescu mostra come praticamente tutti gli intervistati siano entusiasti
delle soddisfazioni che provengono dal loro mestiere di terapeuti, quasi
come se ciò possa significare una negazione difensiva, di tipo maniacale,
delle difficoltà e anche della noia che a volte si incontrano seguendo
pazienti difficili. Solo una terapeuta (forse non a caso una donna - va
segnalato che le terapeute donne, che sono maggioritarie nelle professioni
di aiuto, in questo libro sono sottorappresentate, essendo solo 1/3) accenna
di sfuggita alla fatica di dover sempre avere a che fare con pazienti disturbati,
e implicitamente rimpiange di non aver scelto un altro mestiere. Quanto
ai motivi per cui ciascuno ha deciso di fare questo mestiere da grande,
vediamo le motivazioni più disparate, e anche qui raccontate in
modo spesso romanzesco o poetico, forse troppo autocelebrativo. Nessuno
dice che non sa esattamente perché ha scelto di fare questo mestiere,
o che l'ha scelto per aver fallito in altre professioni. L'impressione
che ne risulta è che le motivazioni fornite non abbiano un reale
potere esplicativo, ma che siano costruzioni ad hoc o post hoc, razionalizzazioni
rassicuratorie che i terapeuti si danno per autoconvincersi di fare il
più bel mestiere del mondo. Se poi guardiamo a come implicitamente
o esplicitamente ciascuno definisce l'essenza del proprio lavoro, che molti
ritengono strettamente collegata al motivo per cui l'hanno scelto, assistiamo
a un panorama molto variegato di teorie, modelli e raffigurazioni: "analizzare
come la gente immagina se stessi, gli altri e il mondo" (Michael Adams),
"capire cosa tiene unito il mondo nella sua intima essenza" (Maria Bergmann),
"esplorare la natura del legami e delle separazioni tra le persone" (Michael
Eigen), "liberare il vero Sé dalle prigioni degli adattamenti avvenuti
nell'infanzia" (Althea Horner), "la terapia è una serie di cadute
in agiti col paziente, e poi in una serie di tentativi di uscirne fuori"
(Edgar Levenson), e così via. Come osserva ironicamente l'autrice,
non c'è che dire, il pluralismo in psicoanalisi è vivo e
vegeto! |
|