Paul Wachtel è un membro di vecchia data del Rapaport-Klein
Study Group, ed è un autore che si è occupato di vari problemi teorici
della psicoanalisi inerenti al tema della integrazione teorica ad alto livello
tra approcci psicoterapeutici diversi, in particolare del rapporto tra
psicoanalisi e terapia cognitivo-comportamentale (si veda il suo classico Psychoanalysis,
Behavior Therapy, and the Relational World [New York: Basic Books, 1977]
ristampato integrale dall'American Psychological Association venti anni
dopo, nel 1997, con l'aggiunta di una parte finale nuova). Wachtel, sempre su
questa linea, ha scritto anche un importante lavoro in cui fa una rilettura del
transfert in termini piagetiani, cioè tramite i concetti di schemi cognitivi di
accomodamento e assimilazione (Transference,
schema and assimilation: the relevance of Piaget to the psychoanalytic theory of
transference. Annual of Psychoanalysis, 1980, 8: 59-76). Ha scritto
vari libri (ad esempio Action and Insight. New York: Guilford, 1987), e
ha proposto un tipo di teoria e di terapia psicoanalitica da lui chiamata "psicodinamica
ciclica", in cui viene tenuto in considerazione il rinforzo della
psicopatologia, cioè dei comportamenti disadattivi (o transferali), operato
dall'ambiente. In Italia nel 1999 è stato tradotto da Bollati Boringhieri il
suo libro La comunicazione terapeutica [ed. originale: Therapeutic
Communication: Principles and Effective Practice. New York: Guilford,
1993]), che è appunto ad impostazione transteorica, in cui esamina l'impatto
del linguaggio del terapeuta sul paziente, cioè il modo con cui comunica in
psicoterapia. In questo articolo sul n. 1/2003 di Contemporary Psychoanalysis prende
in esame il ruolo possibilmente falsante della metafora in psicoanalisi, in
particolare le metafore del "profondo" e della "superficie",
e anche i concetti di regressione e fissazione ai livelli "precoci"
dello sviluppo per comprendere certe patologie adulte. Tra le varie osservazioni
fatte da Wachtel, se ne può qui citare una, ripresa da un lavoro Drew Westen
(Are "primitive" object relations really pre-oedipal? American
Journal of Orthopsychiatry, 1989, 59: 331-345), sulla tendenza a parlare di
fase "pre-edipica" per spiegare il funzionamento dei pazienti
borderline. La ricerca sullo sviluppo infantile ha infatti dimostrato che la
modalità di funzionamento esperienziale e cognitivo dei borderline (ad esempio
la loro difficoltà a tollerare i sentimenti ambivalenti, a non ricadere nel
pensiero dicotomico cioè la loro tendenza a vedere il Sé e l'oggetto come
"tutto buono" o "tutto cattivo", bianco o nero e a non
vedere i grigi, e così via) non solo è ben diversa da quella dei bambini in
fase "pre-edipica", ma molto diversa anche dai bambini in fase
"edipica", cioè più grandi. La confusione nasce dal fatto che si
tende ad attribuire alla fase edipica una modalità di esperienza e di
funzionamento cognitivo che invece, come è ben dimostrato dalla ricerca
empirica sullo sviluppo infantile, si raggiunge solo nella tarda latenza o
persino nell'adolescenza (come dice Westen, "la scissione nei borderline è
tanto pre-adolescenziale quanto pre-edipica" [op. cit., p. 335]).
Questo dipende dalla ben nota tendenza di tanti psicoanalisti a basarsi su
assunti teorici precostituiti e non sulla osservazione empirica, cioè ad essere
viziati, nel loro lavoro clinico come anche nelle loro costruzioni teoriche, dai
loro "occhiali" (spesso metapsicologici, lontani dalla clinica),
compiendo anche errori di adultomorfismo. (Westen è noto ai lettori
italiani per vari suoi lavori importanti, tra cui l'articolo "Lo status
scientifico dei processi inconsci: Freud è davvero morto?", tradotto su Psicoterapia
e scienze umane, 2001, XXXV, 4: 5-58, la cui edizione
originale inglese del 1999 è anche su Internet perché lo presentò
all'incontro annuale del 1999 del Rapaport-Klein Study Group).
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